A)
I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri e il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, per sapere - premesso che:
come è stato evidenziato in precedenti e numerosi atti ispettivi dell'interrogante (n. 4-00854 dell'8 novembre 2001, n. 4-03999 del 30 settembre 2002, n. 4-06159 del 29 aprile 2003, n. 4-06659 del 18 giugno 2003, n. 4-06757 del 26 giugno 2003 e n. 4-07390 del 17 settembre 2003) - ai quali non è stata data alcuna risposta - l'assegnazione dei poteri commissariali per la gestione dell'emergenza rifiuti in Campania si è rivelata una scelta fallimentare sul piano dell'efficacia e illegittima sul piano normativo. Riguardo al secondo punto, va sottolineato, come il Consiglio di Stato abbia più volte annullato l'illegittima attribuzione dei poteri commissariali per l'emergenza rifiuti in Campania (sentenza n. 6809 del 13 dicembre 2002 - ordinanza del 2 luglio 2003); ciò nonostante il Governo ha ribadito lo stato di emergenza per la situazione dei rifiuti in Campania, riconfermando i poteri al presidente della giunta regionale;
la gestione del commissario-presidente della regione è stata caratterizzata da notevoli sprechi, come ha affermato la Corte dei conti - sezione centrale di controllo - con la deliberazione n. 31 del 2001, che evidenziava quanto segue: «ordinanze lacunose e non coerenti con il disegno della legge n. 225 del 1992 - inefficienza organizzativa della gestione - utilizzazione di personale verosimilmente eccessiva e indifferenziata, con conseguenti costi elevati e scarsa produttività complessiva - nomina di subcommissari non previsti da nessuna ordinanza - nessuna azione per i rifiuti speciali, tossici e nocivi - nessun intervento per la raccolta differenziata - nessuna messa in sicurezza di discariche esaurite»;
anche la gestione delle deleghe commissariali per la bonifica, da parte del commissario-presidente della regione ha dato adito a non poche perplessità sul piano dell'efficacia degli interventi, del corretto utilizzo delle risorse pubbliche e delle procedure di affidamento degli appalti;
risulta agli interpellanti che le risorse impiegate per l'emergenza rifiuti dal commissario-presidente della regione Campania ammontano a migliaia di miliardi di vecchie lire, gran parte delle quali utilizzate per pagare appalti affidati in deroga alle disposizioni di legge - in base ai poteri conferitegli - e per il pagamento di onerose consulenze;
va aggiunto anche che la struttura commissariale ha assunto dimensioni pletoriche rispetto alla natura di organismo transitorio ed emergenziale, con l'assegnazione di numerose persone distaccate da altre amministrazioni pubbliche e con diverse assunzioni a tempo determinato effettuate senza alcuna procedura selettiva;
nonostante le risorse assegnate e gli enormi poteri commissariali, i risultati conseguiti dal presidente della regione Campania sono, secondo gli interpellanti, praticamente nulli. Il territorio campano risulta ancora caratterizzato da degrado ambientale (vedi vicenda diossina) e dall'emergenza rifiuti. Anche per quanto riguarda i termovalorizzatori, che completano il ciclo dei rifiuti, siamo all'«anno zero», soprattutto perché il commissario-presidente della regione ne ha delocalizzato uno da Battipaglia (Salerno) a S. Maria La Fossa (Caserta), modificando, così, il piano dei rifiuti e accumulando ritardi. A questo proposito, si ricorda che il sindaco di S. Maria La Fossa, con istanza del 23 gennaio 2003, ha chiesto al Ministro interpellato che sia disposta un'indagine suppletiva di valutazione di impatto ambientale, al fine di verificare la sostenibilità territoriale del progetto di delocalizzazione, tenuto conto del tempo trascorso (tre anni) e del fatto che a confine con la zona in questione è stato previsto, con legge regionale, un aeroporto internazionale. Ciò è stato evidenziato dal primo firmatario del presente atto di sindacato ispettivo con l'interrogazione a risposta scritta n. 4-06159 del 29 aprile 2003, al quale non è stata data risposta. Al riguardo, va ricordato che i collaboratori del commissario-presidente sono stati denunciati dall'autorità giudiziaria per alcuni presunti illeciti commessi nell'esercizio delle funzioni. In particolare, il subcommissario, professor Vanoli, e il dirigente della Fibe, ingegner Cattaneo, sono accusati di aver modificato il ciclo dei rifiuti in violazione del decreto legislativo n. 22 del 1997;
anche nel settore della depurazione delle acque il fallimento della gestione commissariale è totale, come dimostrato dallo stato in cui versa il canale dei Regi Lagni, che versa i liquami in mare senza alcun trattamento, e dalle condizioni in cui si trova il litorale domitio-flegreo;
anche la magistratura campana molto spesso è dovuta intervenire con atti di sequestro di impianti non tenuti a norma di legge, rilevando omissioni e abusi;
il 27 febbraio 2004 il presidente della regione Campania si è dimesso dalla carica di commissario straordinario per l'emergenza rifiuti e, in sua sostituzione, è stato nominato il prefetto Catenacci;
le dimissioni del presidente Bassolino, motivate dall'interessato con riferimento alle imminenti elezioni europee, sono, ad avviso degli interpellanti, una chiara fuga dalle responsabilità di una gestione disastrosa e fallimentare. Sembra che tali dimissioni non abbiano riguardato le cariche di commissario per le bonifiche e tutela delle acque. Ciò risulta quanto mai singolare, in considerazione del carattere di complementarietà delle ultime due cariche rispetto a quella relativa ai rifiuti e in ragione del fallimento del commissario in merito alle iniziative per la bonifica del territorio e la depurazione delle acque -:
per quale motivo il Governo abbia prorogato lo stato di emergenza per la gestione dei rifiuti in Campania anche in presenza di diverse pronunce del Consiglio di Stato che ne dichiaravano la illegittimità;
per quali motivi il Governo, a seguito delle dimissioni del presidente Bassolino da commissario per l'emergenza rifiuti, presentate il 27 febbraio 2004, non abbia provveduto a riattribuire le funzioni in materia agli enti competenti, ai sensi del decreto legislativo n. 22 del 1997;
per quali motivi il Governo, nell'accettare le dimissioni del presidente Bassolino da commissario per l'emergenza rifiuti, non abbia provveduto a revocargli i due complementari incarichi commissariali per le bonifiche e per la tutela delle acque;
per quali motivi il Ministro interpellato non disponga una nuova indagine suppletiva di valutazione di impatto ambientale sul termovalorizzatore delocalizzato, così come richiedono invano il sindaco e consiglio comunale di S. Maria La Fossa;
quali siano i dati veri relativi alle risorse trasferite dal Governo al commissariato per i rifiuti, le bonifiche e la tutela delle acque da gennaio 1999 ad oggi e quali siano le modalità di utilizzo delle stesse, con particolare riferimento agli appalti affidati (anche relativamente alle procedure eseguite), alle consulenze attribuite e al personale impiegato.
(2-01099)
«Coronella, Cosentino, Landolfi, Santulli, Maione, Airaghi, Gioacchino Alfano, Arrighi, Bellotti, Carrara, Caruso, Cirielli, Di Virgilio, Fasano, Fontana, Ghiglia, Lamorte, Landi di Chiavenna, Leccisi, Lo Presti, Maggi, Malgieri, Massidda, Menia, Milanese, Nespoli, Patarino, Antonio Pepe, Perrotta, Pezzella, Raisi, Riccio, Ronchi, Antonio Russo, Saia, Spina Diana, Stagno d'Alcontres».
(2 marzo 2004)
B)
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere - premesso che:
l'Alta commissione per la verifica dei dati, composta dal governatore della Banca d'Italia, dal presidente dell'Istat, dal ragioniere generale dello Stato, dal direttore generale del ministero dell'economia e delle finanze e dal Ministro interpellato, dopo due anni di indagini approfondite, ha riscontrato che lo squilibrio finanziario ereditato dal precedente Governo ammonta a circa 30.600 miliardi di vecchie lire (per un totale di 15,8 miliardi di euro);
dei menzionati 30.600 miliardi di vecchie lire, almeno 5.100 sarebbero direttamente riconducibili ad una serie di errori materiali, quali: la comunicazione sbagliata di un istituto di credito (cioè un pagamento conteggiato male) per circa 1.700 miliardi di vecchie lire ed errate contabilizzazioni per 1.600 miliardi di vecchie lire, rilevandosi, altresì, che 2.100 miliardi di vecchie lire, sotto forma di prestiti a favore di enti esterni con rimborso a carico dello Stato, non sarebbero mai stati conteggiati;
circa 4.100 miliardi di vecchie lire risulterebbero misteriosamente «non spiegati» e tuttora sarebbero oggetto di investigazione;
la commissione tecnica impegnata nelle valutazioni è lungi dall'avere terminato il proprio compito, data la difficoltà di districarsi negli intricati meandri della contabilità di Stato;
l'abnorme e macroscopico divario venutosi a creare tra il fabbisogno e l'indebitamento dello Stato, unicamente attribuibile alla gestione finanziaria del precedente Esecutivo, ha prodotto un impatto negativo sui conti del Paese, al punto da rappresentarne un serio freno allo sviluppo;
l'impossibilità da parte dell'attuale Esecutivo di ridurre la pressione fiscale e di intraprendere importanti misure a favore dell'economia è direttamente riconducibile al menzionato «vuoto finanziario», che per taluni aspetti, soprattutto per l'entità delle cifre, ricorda il crac Parmalat;
in presenza di dati contabili poco affidabili, ereditati dal precedente Governo, è stata pesantemente condizionata la stesura delle ultime leggi finanziarie -:
se quanto esposto nella premessa corrisponda a verità;
se il Governo intenda procedere ad un ulteriore approfondimento della materia, al fine di accertare eventuali responsabilità a carico degli organi contabili, riconducibili sia a negligenza che, eventualmente, ad una scelta volontaria;
se, stante la presente situazione congiunturale, il Governo non ritenga prioritaria una riduzione dell'attuale carico fiscale allo scopo di rilanciare l'economia del Paese.
(2-01080) «Polledri, Cè».
(23 febbraio 2004)
C)
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere - premesso che:
con interpellanza urgente n. 2-00785, presentata in data 4 giugno 2003, veniva chiesto un chiarimento di natura interpretativa in merito alla sospensione dei termini fissati per gli adempimenti tributari, in favore di quei soggetti che, alla data del 29 ottobre 2002, risultassero avere la residenza, la sede legale o la sede operativa in quei comuni della provincia di Catania interessati dallo sciame sismico connesso all'attività eruttiva dell'Etna;
con ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri del 2 ottobre 2003, n. 3315, recante «disposizioni urgenti di protezione civile», i termini relativi ad adempimenti di obblighi tributari, già sospesi fino al 31 marzo 2003 dal decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 14 novembre 2002 e successivamente fino al 30 giugno 2003 dall'articolo 18 dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri del 18 aprile 2003, n. 3282, sono stati ulteriormente differiti al 31 marzo 2004;
secondo l'interpretazione fornita dal dipartimento per le politiche fiscali e dall'agenzia delle entrate a seguito della prima proroga, la sospensione dei termini doveva intendersi estesa anche agli adempimenti aventi scadenza tra il 1o aprile 2003 ed il 30 giugno 2003 e non invece solo a quelli sospesi tra il 29 ottobre 2002 e il 31 marzo 2003;
all'orientamento interpretativo suddetto ha aderito anche la direzione regionale della Sicilia, con nota protocollo n. 2003/59725/80 del 3 luglio 2003;
dall'interpretazione letterale dell'ultima ordinanza non si evince chiaramente se dal 29 ottobre 2002 (data iniziale della sospensione) al 31 marzo 2004 vengano sospese tutte le scadenze o se rimangano sospese solo le scadenze maturate fino al 31 marzo 2003 e successivamente fino al 30 giugno 2003 e molti contribuenti non sanno se l'iva di ottobre 2003 o gli acconti di novembre 2003 andranno rateizzati a partire da aprile 2004;
l'ufficio dell'agenzia delle entrate di Acireale ha ritenuto - stante l'invariato tenore letterale delle norme con cui sono state disposte la prima e la seconda proroga - che l'interpretazione data dal dipartimento per le politiche fiscali e dell'agenzia delle entrate possa essere adottata anche in occasione della seconda proroga, disposta con ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri del 2 ottobre 2003, n. 3315, ovvero per i termini aventi scadenza tra il 1o novembre 2003 ed il 31 marzo 2004;
nell'ordinanza in questione si parla di differimento di termini «già sospesi» e, in particolare al comma 2 dell'articolo 10, di «sospensioni» al plurale, così da lasciare intendere un'ulteriore sospensione riferita a tutto il periodo compreso tra il 29 ottobre 2002 ed il 31 marzo 2004;
allo stato attuale risulta che gran parte delle imprese e dei cittadini residenti nei comuni terremotati abbiano deciso di non uniformarsi all'interpretazione estensiva degli uffici territoriali e, quindi, di non pagare -:
quali iniziative il Ministro interpellato intenda adottare affinché l'agenzia delle entrate possa chiarire definitivamente ed inequivocabilmente la questione relativa alla sospensione dei versamenti tributari a favore dei cittadini residenti nei territori della provincia di Catania colpiti dal sisma del 2002.
(2-01081) «Anedda, Catanoso, Cristaldi».
(24 febbraio 2004)
D)
I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere, premesso che:
nell'intervista rilasciata il 25 febbraio 2004 a Il Corriere della sera sulla vicenda dei bond argentini, il Ministro delle finanze della Repubblica argentina, Roberto Lavagna, ha dichiarato: «Chi ha deciso che l'Argentina deve prima pagare il Fondo monetario internazionale e poi i privati? Il G7» e «Il Governo italiano si è astenuto sul nostro piano all'ultima delibera del Fondo monetario internazionale, in sostanza ci ha votato contro. Chi dovrebbe sentirsi più offeso?»;
sempre secondo Lavagna, viceversa, l'Argentina sarebbe stata disponibile ad «offrire un rimborso differenziato» fra «poveri pensionati» e «fondi avvoltoi che hanno comprato il nostro debito per pura speculazione». Il Ministro argentino ha ricordato, inoltre, che «il G7 o il Fondo monetario internazionale, loro sì, potrebbero studiare una proposta per differenziare i piccoli dai grandi creditori»;
in tal modo il Governo, secondo gli interpellanti, ha colpevolmente lasciato soli ed indifesi non solo i 450 mila risparmiatori italiani, con i loro oltre 14 miliardi di euro di obbligazioni argentine in default dal dicembre 2001, ma anche lo stesso sistema bancario italiano in ulteriore crisi di credibilità;
tale comportamento, evidentemente negativo anche sul piano dei rapporti internazionali, non fa che confermare l'atteggiamento di disimpegno del Governo italiano nei confronti dei piccoli risparmiatori e del risparmio nazionale, già emerso sin dai tempi delle prime iniziative dell'Ulivo in Commissione finanze (aprile 2002) e in Assemblea (settembre 2002) e culminato nell'evasiva risposta resa l'11 febbraio 2004 dal Ministro per i rapporti con il parlamento nella seduta di interrogazioni a risposta immediata alla Camera dei deputati;
il predetto comportamento è tanto più sorprendente, considerato che i risparmiatori italiani sono il gruppo nazionale di gran lunga maggiore fra i sottoscrittori dei titoli pubblici dell'Argentina, Paese legato a noi da una storia ormai ultracentenaria di amicizia e di vicinanza ideale -:
quali siano i motivi della mancata attivazione dell'Italia in sede di G7 per privilegiare la miriade dei piccoli investitori nazionali in bond argentini (che erano a suo tempo ignari e tenuti accuratamente all'oscuro del rating ormai deteriorato del debito argentino), anziché i fondi speculativi e le istituzioni finanziarie internazionali, come etica economica e interesse nazionale avrebbero preteso;
quali siano i motivi dell'astensione, che è stata, secondo gli interpellanti, correttamente interpretata dalla controparte come un rifiuto sul piano di rientro del debito argentino in sede di Fondo monetario internazionale.
(2-01092)
«Benvenuto, Olivieri, Boato, Mariotti, Preda, Michele Ventura, Marcora, Panattoni, Lettieri, Sedioli, Albonetti, Bottino, Nannicini, Guerzoni, Nieddu, Rava, Bettini, Cazzaro, Zunino, Frigato, Widmann, Carbonella, Trupia, Zanotti, Giacco, Maran, Marone, Borrelli, Santino Adamo Loddo, Tonino Loddo, Magnolfi, Giovanni Bianchi, Raffaella Mariani, Angioni, Bogi, Buglio, Galeazzi».
(2 marzo 2004)
E)
I sottoscritti chiedono di interpellare i Ministri dell'economia e delle finanze, del lavoro e delle politiche sociali e delle comunicazioni, per sapere - premesso che:
Poste Italiane, azienda soggetta al controllo da parte della Corte dei conti, in palese controtendenza rispetto alla politica del Governo e del suo unico azionista, il ministero della economia e delle finanze, sta perseverando in una politica di pensionamento anticipato «consensuale» del personale che ha maturato 35 anni di contribuzione, erogando consistenti incentivi economici;
tale politica, in contrasto con il suo unico azionista e, secondo gli interpellanti, con gli interessi del Paese, produce tra l'altro forti squilibri sugli organici del personale, con conseguenze che in diverse realtà territoriali incidono negativamente sulla qualità del servizio erogato ai cittadini. Tale indirizzo aziendale ha causato e continua a causare migliaia di pensionamenti in tutta Italia, gravando pesantemente sul fondo pensionistico dello Stato. Il tutto avviene, per il personale fino alla qualifica di quadro, su base consensuale e volontaria;
diversamente, invece, l'azienda Poste Italiane si comporta nei confronti del personale dirigente, specie verso i direttori di filiale (ex direttori provinciali) che non intendono accettare la proposta di pensionamento anticipato consensuale. Gli stessi da oltre un anno sono oggetto di un comportamento che agli interpellanti appare essere un vero e proprio mobbing: risulta, infatti, agli interpellanti che non sarebbe stato erogato loro il premio di fine anno relativo agli obiettivi raggiunti nel 2002; sarebbero stati illegittimamente esclusi dalla convocazione avvenuta il 15 dicembre 2003 da parte della direzione centrale del personale, con la quale la società avrebbe comunicato ai dirigenti i criteri per la loro valutazione relativa al 2004;
gli stessi dirigenti, inoltre, verrebbero ripetutamente e informalmente convocati dalla direzione centrale risorse umane e sottoposti a pressioni per accettare un pensionamento «consensuale anticipato», previa erogazione di incentivi economici, peraltro differenziati. Non farebbe mistero, inoltre, l'azienda che per coloro che non accettano il pensionamento «consensuale anticipato» sono previsti, a seconda della singola posizione in atto coperta nell'azienda, provvedimenti di sollevamento dalla funzione, trasferimenti, affiancamenti, demansionamenti (coperti sulla carta da incarichi fatiscenti, strumentali e finalizzati ad una palese mortificazione);
a fronte di quanto sopra esposto, si registrano nella società Poste Italiane assunzioni di dirigenti provenienti da Telecom, Siemens e da altre società, personale che sarebbe privo di esperienza nel campo postale, finanziario e assicurativo, che, come è noto, sono oggi gli assi portanti della nuova azienda Poste Italiane. Diversamente, i dirigenti che si intende pensionare a tutti i costi sono altamente professionalizzati e negli anni sono stati oggetto di un'intensa e, peraltro, costosa formazione;
la ratio del comportamento usato dalla società Poste Italiane nei confronti di questi dirigenti che intendono continuare a prestare la loro attività lavorativa sino al compimento del 65o anno di età, così come previsto dall'apposito contratto di lavoro, secondo gli interpellanti, è da ricercarsi nell'esigenza dell'azienda, che, avendo assunto oltre 160 nuovi dirigenti, di cui 43 nel primo semestre del 2003, deve ridurre il numero complessivo dei dirigenti, a seguito dei rilievi mossi in merito dalla Corte dei conti nella relazione annuale ai due rami del Parlamento;
la Corte rileva che il numero complessivo dei dirigenti ha registrato un incremento del 44 per cento e il costo complessivo è lievitato del 59 per cento; che, pur comprendendo le ragioni che hanno determinato l'entrata in azienda del personale in questione, è da guardare con preoccupazione il fatto che il fenomeno, iniziato nel 1998, non si è ancora concluso, nonostante sia stata completata la fase di risanamento nel 2002 e che tali assunzioni continuano ad essere fonti di perplessità, poiché risultano essere in contrasto con la politica di riduzione dell'organico e contenimento dei costi operata dalla società negli ultimi anni;
l'azienda Poste Italiane, pertanto, a fronte dei citati rilievi della Corte dei conti per un ingiustificato aumento dei dirigenti non compensato dalle fuoriuscite fisiologiche e da quelle incentivate, sta realizzando pressioni tali da integrare, secondo gli interpellanti, un vero e proprio mobbing nei confronti di quei dirigenti che hanno raggiunto la contribuzione necessaria per il pensionamento, per cercare affannosamente e con tutti i mezzi di realizzare economie al fine di ridurre il personale in questione. Infatti, i dirigenti che resistono ai pressanti e molteplici inviti per accettare una risoluzione consensuale incentivata, oggetto del mobbing di cui sopra, sono costretti a lavorare e a produrre in una situazione di estremo disagio, essendo noto ai colleghi, ma anche al personale da essi dipendente che l'azienda, in ogni modo e a qualunque costo, intende sostituirli;
occorre, altresì, denunciare che, a quanto risulta agli interpellanti, ai dirigenti da «pensione consensuale», in specie ai direttori di filiale, i più esposti alle pressioni aziendali, sarebbero stati assegnati obiettivi di vendita non solo sproporzionati alle potenzialità del territorio, ma agli stessi criteri stabiliti dalla società. Peraltro, risulta agli interpellanti che agli stessi verrebbe attribuito un personale insufficiente nei loro uffici; contestualmente, le richieste e le segnalazioni necessarie ad una normale attività di gestione resterebbero disattese e senza alcuna risposta. Ciò nonostante, i predetti direttori di Filiale sono riusciti, con uno sforzo fuori del comune, non solo a gestire i servizi loro affidati, ma a raggiungere, in qualche caso anche a superare, gli obiettivi di vendita loro assegnati per il 2003 -:
se i Ministri interpellati, con gli strumenti messi loro a disposizione dalla legislazione vigente, vogliano:
a) disporre un'approfondita e accurata inchiesta, al fine di appurare le responsabilità di quanto denunziato e contestualmente agire per far cessare immediatamente l'inaccettabile comportamento di Poste Italiane;
b) garantire che nessuna iniziativa discriminatoria di alcun tipo venga effettuata dall'azienda Poste Italiane nei confronti dei dirigenti in questione, specie quelli applicati quali direttori di filiale che intendano proseguire la loro attività lavorativa sino al compimento del 65o anno di età;
c) agire affinché vengano erogati i premi annuali maturati per il raggiungimento degli obiettivi del 2002 e 2003.
(2-01090)
«Bressa, Boccia».
(1o marzo 2004)
F)
Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere - premesso che:
la società di revisione Price Waterhouse, incaricata, dopo una gara di appalto, di controllare il bilancio 2003 della società Poste Italiane, avrebbe accertato una distrazione di fondi pari a 104 milioni di euro;
secondo la società, subentrata alla Ernest Young, nei conti aziendali ci sarebbero voci di entrate e di uscite che non corrisponderebbero alla realtà e i report mensili, che dovrebbero fornire l'aggiornamento periodico sulla situazione finanziaria, sarebbero stati falsificati, in modo da non far risultare il deficit, che riguarderebbe, in particolare, la gestione dei prestiti ottenuti dalla azienda;
l'amministratore delegato Sarmi avrebbe già sospeso dal servizio il direttore dell'area «Finanza», in attesa dell'elenco completo degli interventi contestati;
gli interventi di «sostegno del debito» vengano effettuati attraverso alcune banche d'affari;
la revisione del bilancio dell'anno 2003 è in corso e potrebbe far registrare ulteriori perdite -:
se l'ammanco registrato sia dovuto a distrazioni imputabili ad investimenti sbagliati o ad altre ragioni, come mai la precedente società di revisione non abbia mai certificato questo disavanzo e quali iniziative intenda adottare per tutelare gli azionisti e la clientela.
(2-01094)
«Volontè, Giuseppe Gianni».
(2 marzo 2004)
G)
Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere - premesso che:
martedì 10 febbraio 2004 nel municipio di Civitavecchia (Roma) si è svolta una seduta del consiglio comunale, avente ad oggetto la revisione dell'accordo tra Enel e comune per la conversione a carbone della centrale di Tor Valdaliga Nord;
secondo gli interpellanti, la presenza devastante su migliaia di ettari di territorio comunale di una simile struttura e le pesantissime servitù di elettrodotto che comporterà avranno un impatto rovinoso sullo sviluppo economico del territorio, sull'agricoltura, sull'attività portuale, sul paesaggio, sul turismo e sulla qualità dell'aria e delle acque costiere;
l'inquinamento della nuova centrale a carbone non riguarderà, dunque, solo la popolazione limitrofa, ma, secondo valutazioni scientifiche, sarebbe in grado ad arrivare fino a 300 chilometri di distanza, provocando un impatto gravissimo sulla salute pubblica degli abitanti di una vasta zona dell'alto Lazio, già provata da decine di anni di inquinamento. Ricerche mediche territoriali hanno, infatti, mostrato come le condizioni sanitarie dei cittadini e del comprensorio, causa l'inquinamento, sono progressivamente peggiorate, tanto da collocare Civitavecchia al primo posto nella regione, per morbilità e mortalità;
alla seduta del consiglio comunale hanno partecipato numerosi cittadini, oltre ad associazioni contrarie alla riconversione della centrale a carbone, che nel corso della seduta hanno espresso il loro dissenso contro le decisioni del sindaco e della giunta di confermare l'accordo già stipulato con l'Enel;
questa protesta democratica dei cittadini e delle cittadine, oltre che delle associazioni e dei comitati no-coke, è stata volutamente strumentalizzata da alcuni consiglieri e da una parte della stampa locale come un'aggressione al consiglio comunale stesso, mentre non risulta nessun comportamento, né atto intimidatorio, da parte di alcuno dei presenti, né nell'aula consiliare e tanto meno nel corso del corteo, che, pur svolgendosi in un clima sicuramente teso, è stato pacifico e non violento, come dimostrato dalle numerose forze dell'ordine presenti, che non hanno, in alcun momento, ritenuto di dover intervenire -:
se il Ministro interpellato abbia una conoscenza precisa dei fatti;
in che modo intenda continuare a garantire la libera manifestazione del dissenso anche verso le istituzioni, al fine di non alimentare motivi di tensione dovuti all'interpretazione del dissenso stesso come fatto illegale e pericoloso.
(2-01073) «Giordano».
(17 febbraio 2004)
H)
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere - premesso che:
è stata confermata dagli enti locali interessati la notizia che a far data da dicembre 2003 il titolare del progetto e della realizzazione del passante del nodo di Firenze per la linea di alta velocità/alta capacità non sarà più Tav, ma la società Rfi delle Ferrovie dello Stato;
non sono ancora chiare le motivazioni di tale scelta, poiché Tav rimane titolare dei progetti degli altri importanti nodi per la linea di alta velocità/alta capacità (Napoli, Bologna ed altri) e, quindi, non appare convincente la motivazione che vi sarebbe un particolare interesse all'interoperabilità di tale progetto alla rete delle Ferrovie dello Stato, poiché lo stesso problema si porrebbe negli altri nodi;
a fine dicembre 2003 si è realizzata la conferenza dei servizi sul nodo di Firenze, che ha approvato il progetto di nodo e di stazione, rimanendo ancora esclusa al momento la sola approvazione del cosiddetto imbocco nord, e questo risultato si è conseguito a seguito di accordi realizzati nel corso del tempo da diversi e numerosi enti, che hanno tutti dato il loro consenso, grazie ad una complessa trattativa di cui Tav è stata la garante -:
quali siano state le reali motivazioni che hanno spinto a questa scelta di sostituzione in corso d'opera dell'interlocutore degli enti locali, scelta che, a parere degli interpellanti, rischia di allungare ulteriormente i tempi di realizzazione del nodo di Firenze, come minimo per il necessario tempo di passaggio di consegne, nel quadro di ricorrenti richieste di revisione di progetti già approvati e di messa in discussione di opere vicine alla cantierizzazione e già in parte cantierate per le opere propedeutiche alla realizzazione del passaggio dell'alta velocità a Firenze e per la realizzazione della nuova stazione ferroviaria sotterranea;
quali iniziative si intendano adottare affinché vengano rispettati gli impegni assunti in relazione ai contenuti ed ai tempi di realizzazione fin qui sottoscritti.
(2-01089)
«Bellini, Battaglia, Bielli, Borrelli, Buffo, Carli, Cordoni, Crucianelli, Filippeschi, Fluvi, Franci, Magnolfi, Raffaella Mariani, Mussi, Bova, Calzolaio, Cialente, Crisci, Dameri, Innocenti, Lulli, Maran, Mariotti, Nannicini, Nieddu, Pennacchi, Raffaldini, Spini, Susini, Michele Ventura, Vigni».
(1o marzo 2004)
I)
I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri e il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere - premesso che:
il mandato quadriennale del presidente dell'autorità portuale di Ancona è venuto a scadenza alla fine del mese di agosto 2003;
il Ministro interpellato ha scelto, nell'ambito della terna proposta dagli enti competenti, il ragionier Giorgio Castaldi, sul quale non si è raggiunta la prescritta intesa con la regione Marche, che ha ritenuto «non idonea» la scelta ministeriale;
il Ministro interpellato, con decreto del 15 ottobre 2003, ha nominato un commissario all'autorità portuale di Ancona e, con nota del 20 ottobre 2003, è tornato a rivolgere agli enti competenti la richiesta finalizzata a nuove designazioni;
la reiterazione dell'atto di impulso del procedimento di nomina ha prodotto la convergenza dei comuni di Ancona e Falconara Marittima, la provincia di Ancona e la camera di commercio, industria e artigianato di Ancona sulla designazione del signor Giovanni Montanari, che lo stesso ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha ritenuto valido, tanto che ha scritto: «dall'esame del cui curriculum professionale risulta indiscutibilmente evidente l'alta qualifica professionale nel settore dell'economia dei trasporti e nel settore portuale»;
il Ministro interpellato, con nota del 18 dicembre 2003, ha effettuato una richiesta di parere al Consiglio di Stato, II sezione consultiva, su eventuali profili di incompatibilità del signor Giovanni Montanari tra gli incarichi di presidente della Confederazione italiana armatori (Confitarma) e di presidente dell'autorità portuale di Ancona;
il Consiglio di Stato, II sezione consultiva, si è pronunciato con parere espresso nell'adunanza del 18 febbraio 2004 non solo sul caso concreto, bensì sulla soluzione di una delicata questione che può presentare caratteri di generalità: «il tema delle incompatibilità e del conflitto di interessi riguarderebbero non tanto la carica del presidente di Confitarma, ma proprio il ruolo di armatore (discorso analogo viene svolto per gli appartenenti alle altre categorie contemplate nella lettera i) del comma 1 dell'articolo 9 della legge n. 84 del 1994»: rappresentanti degli armatori, degli imprenditori di cui agli articoli 16 e 18, degli spedizionieri, degli agenti marittimi e raccomandatari e degli autotrasportatori operanti nell'ambito del porto, unitamente designati dalle organizzazioni di categoria);
inoltre, il parere, sempre a sostegno dell'esistenza del conflitto d'interessi e dell'incompatibilità cita:
a) l'articolo 63 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, «ai sensi del quale non possono ricoprire la carica di sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale, provinciale o circoscrizionale l'amministratore o il dirigente con poteri di rappresentanza o di coordinamento di ente, istituto o azienda soggetti a vigilanza rispettivamente da parte del comune o della provincia (situazione di intensa analogia con quella dell'armatore, soggetto, nell'ambito delle operazioni portuali, alla vigilanza dell'autorità portuale)»;
b) l'articolo 2 della legge 13 febbraio 1953, n. 60, secondo il quale i membri del Parlamento non possono ricoprire cariche, né esercitare funzioni di amministratore, presidente, liquidatore, sindaco o revisore, direttore generale o centrale, consulente legale o amministrativo con prestazioni a carattere permanente, in associazioni o enti che gestiscono servizi di qualunque genere per conto dello Stato o della pubblica amministrazione o ai quali lo Stato contribuisca in via ordinaria, direttamente o indirettamente;
c) l'articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, in virtù del quale non sono eleggibili coloro che, in proprio o in qualità di rappresentanti legali di società o di imprese private, risultino vincolati con lo Stato per contratti di opere o di somministrazioni oppure per concessioni o autorizzazioni amministrative di notevole entità economica, che importino l'obbligo di adempimenti specifici, l'osservanza di norme generali o particolari protettive del pubblico interesse, alle quali la concessione o l'autorizzazione è sottoposta;
si tratta, come è evidente, di fattispecie nelle quali secondo gli interpellanti rientrano lo stesso Ministro interpellato con le proprie aziende e ancor più lo stesso Presidente del Consiglio dei ministri per le concessioni statali televisive alle proprie aziende;
inoltre, è probabile che anche in altri porti vi siano situazioni di incompatibilità e di conflitto di interessi, ad esempio il commissario, nominato dal Ministro interpellato, al porto di Livorno, quello in designazione a Venezia e lo stesso designato in precedenza proprio all'autorità portuale di Ancona, gia componente del comitato portuale: nel caso dell'autorità portuale di Ancona retto per due mandati dal dottor Alessandro Pavlidi, anch'esso incompatibile, in quanto già appartenente alle forze armate, il divieto è stato rimosso dallo stesso con le dimissioni dalla marina militare italiana;
la gestione commissariale si sta protraendo da troppi mesi ed il porto internazionale di Ancona sta già subendo una profonda crisi, tanto da aver perso nel 2003 il 20 per cento del traffico container ed ha registrato una contrazione su tutte le tipologie di merci ad eccezione dei prodotti petroliferi;
le istituzioni marchigiane e le forze sociali ed imprenditoriali auspicano la rapida conclusione della nomina del presidente dell'autorità portuale di Ancona -:
se siano stati avviati i doverosi contatti con la regione Marche per procedere alla nomina del presidente dell'autorità portuale dorica e se il designato abbia risolto i profili di incompatibilità e di conflitto di interessi, così come evidenziati dal suddetto parere;
se tali profili siano presenti in altre autorità portuali, a partire dal porto di Livorno, e come intendano risolverli;
se i medesimi profili di incompatibilità e di conflitto di interessi in capo al Ministro interpellato, al Presidente del Consiglio dei ministri e a responsabili di enti pubblici e società per azioni a prevalente capitale pubblico siano stati esaminati e come intendano porvi rimedio.
(2-01096)
«Duca, Raffaldini, Adduce, Albonetti, De Luca, Mazzarello, Panattoni, Rognoni, Susini, Tidei, Abbondanzieri, Agostini, Bolognesi, Bonito, Capitelli, Cennamo, Fumagalli, Gasperoni, Grignaffini, Kessler, Labate, Lolli, Lucà, Paola Mariani, Martella, Rotundo, Sandi, Sandri, Siniscalchi, Soda, Stramaccioni, Tocci, Tolotti, Zani, Calzolaio, Carli, Cialente, Dameri, Folena, Franci, Giacco, Grandi, Lulli, Motta, Mussi, Pinotti, Ruzzante, Spini, Vigni».
(2 marzo 2004)
L)
I sottoscritti chiedono di interpellare i Ministri del lavoro e delle politiche sociali e della giustizia, per sapere - premesso che:
le prime conclusioni dei periti nominati dal magistrato e dagli indagati nell'ambito dell'inchiesta sul crollo della palazzina del «Museo del mare» di Genova, dove perse la vita il carpentiere di trent'anni Albert Kolgjegja, hanno stabilito che la concausa dell'incidente sarebbe il calcestruzzo delle solette, ovvero l'amalgama difettosa degli strati di cemento tra una gettata e l'altra;
secondo l'ipotesi del professor Augusto Capecchi, consulente dell'architetto Consuegra, una spiegazione al problema citato potrebbe essere che il cemento provenisse da fabbricazioni diverse, per cui la composizione poteva risultare differente tra una gettata e l'altra, tesi dimostrata anche dal colore diverso delle gettate stesse;
sarebbe emersa, infine, un'ulteriore notizia secondo cui l'ingegnere spagnolo Jesus Jimenez Canas, autore del progetto strutturale al centro dell'inchiesta, non sarebbe abilitato a lavorare in Italia per la mancanza di un'autorizzazione ministeriale -:
ferme restando le competenze della commissione di consulenti nominati per fare chiarezza sul crollo dell'8 novembre 2003, se corrisponda al vero che l'ingegner Canas non è abilitato ad operare sul territorio nazionale;
quale sia stato l'esito dell'inchiesta disposta dal Ministro Maroni a seguito del grave incidente.
(2-01083)
«Bornacin, Airaghi, Alboni, Armani, Briguglio, Butti, Canelli, Cannella, Castellani, Catanoso, Cirielli, Cristaldi, Foti, Gamba, Garnero Santanché, Ghiglia, La Starza, Lamorte, Landolfi, Gianni Mancuso, Luigi Martini, Menia, Migliori, Angela Napoli, Antonio Pepe, Raisi, Saglia, Saia, Strano, Taglialatela, Carrara, Giorgio Conte, Geraci, Losurdo, Maggi, Meroi, Onnis, Porcu, Ramponi, Riccio, Scalia».
(24 febbraio 2004)
M)
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, per sapere - premesso che:
la regione Lombardia ha deliberato nel settembre 2003 il provvedimento «Linee di indirizzo per la definizione di nuove unità di offerta dell'area socio-sanitaria per le persone disabili gravi»;
nell'ottica deleteria della politica sanitaria, che separa nettamente e scriteriatamente l'assistenza dalla sanità, con questa delibera tutti i disabili gravi vengono riuniti in un'unica categoria da 0 a 65 anni di età. Viene previsto soltanto un anno di trattamento riabilitativo, dopo il quale si dovrà decidere se questo bambino o adulto ha ottenuto benefici e raggiunto risultati, altrimenti passerà dalla riabilitazione ai servizi assistenziali;
sino a ieri, inoltre, la retta per curare le persone disabili gravi era a totale carico dello Stato. Oggi i genitori devono fare una scelta: o tenere a casa i figli disabili, senza un minimo di aiuto, oppure avviarli in centri diurni di assistenza con l'onere di contribuire. Infatti, il sistema sanitario nazionale, con la nuova ripartizione dei costi, pagherebbe il 70 per cento delle rette di frequenza, mentre il restante 30 per cento ricadrebbe sulle famiglie degli utenti o, in alternativa, sui comuni di residenza. Le rette comprendono la copertura di un regime semi-residenziale con prestazioni diagnostiche, terapeutiche e socio-riabilitative per disabili gravi;
anche a Mantova alla «Casa del sole» di San Silvestro, che ospita bambini disabili gravi, questa delibera sta provocando un grandissimo disagio nelle oltre 150 famiglie che ne utilizzano i servizi, un senso di abbandono e lesione dei diritti fondamentali dei disabili, che va ben oltre la partecipazione di un qualche contributo;
sulla delibera, ci sono almeno tre questioni poste in modo sbagliato e non confortate da giustificazioni alcune:
a) separazione fra sanità e assistenza. Pure in quest'ottica gestionale è sbagliato non considerare i diversi fabbisogni legati alle diverse situazioni personali e familiari. Non distinguere le domande di cure ed assistenza in funzione dell'età, ma rispondere in modo uguale a tutti i disabili che vanno da zero a 65 anni, non ha alcuna giustificazione scientifica, anzi il contrario. Il disabile, specie in età evolutiva (come è il caso della «Casa del sole» di Mantova), ha assoluto bisogno di essere curato e non solo assistito;
b) durata di un solo anno del trattamento riabilitativo. La delibera ha posto un anno per decidere del futuro di una persona, di un bambino disabile grave. Gli obiettivi dell'autonomia, dello sviluppo, dell'interazione con l'ambiente e le persone circostanti, dell'inserimento sociale e dell'educazione sono fondanti per la crescita dei giovani disabili, soprattutto in età evolutiva, che scardinano il mero e ridicolo criterio temporale dell'anno;
c) cultura mercantile dello scambio fra offerta del servizio e domanda del consumatore. Questa cultura non può appartenere alla questione dei bambini disabili ridotti a componenti del mercato. Il problema cui dobbiamo rispondere è: le persone disabili che nascono in una famiglia sono una questione che riguarda solo quella famiglia o appartiene all'intera comunità? Chiedere un contributo per la retta alle famiglie significa non credere che sia l'intera società a doversene fare carico, con la fiscalità generale, per coprire economicamente le spese dei servizi. Non può essere la famiglia utente a dover contribuire perché usa un servizio. Le famiglie direttamente e personalmente coinvolte pagano già un ticket umano, sociale e d'amore incommensurabile -:
se ritenga che a seguito della delibera della giunta regionale, di cui si è detta in premessa, nella regione Lombardia possano ritenersi garantiti i livelli essenziali di assistenza determinati dallo Stato ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, della Costituzione.
(2-01088)
«Ruggeri, Giovanni Bianchi, Gerardo Bianco, Bimbi, Boccia, Bottino, Burtone, Camo, Carbonella, Carra, Castagnetti, Colasio, Delbono, Duilio, Fioroni, Franceschini, Frigato, Gentiloni Silveri, Giachetti, Iannuzzi, Lettieri, Santino Adamo Loddo, Tonino Loddo, Loiero, Lusetti, Mantini, Marcora, Mattarella, Merlo, Monaco, Morgando, Mosella, Pasetto, Pinza, Piscitello, Realacci, Reduzzi, Rosato, Rusconi, Sinisi, Squeglia, Stradiotto, Volpini».
(1o marzo 2004)
N)
I sottoscritti chiedono di interpellare i Ministri delle politiche agricole e forestali e per le politiche comunitarie, per sapere - premesso che:
nella nostra bilancia commerciale l'esportazione del vino è calcolabile in 2,5 miliardi di euro, costituendo la principale voce dell'export agro-alimentare;
a seguito dell'approvazione del recente regolamento comunitario, ben 17 vini italiani di grande tradizione sono minacciati nell'immagine e nel mercato da prodotti non originali ed extracomunitari, che potrebbero essere posti in vendita come vini italiani, traendo in inganno gli acquirenti che indirizzano il loro acquisto verso un prodotto italiano e finiscono con il comprare la sua imitazione, ma con una denominazione che farebbe credere essere originale del nostro Paese;
i vincoli, previsti nel regolamento comunitario per i Paesi produttori extracomunitari, non appaiono tali da scoraggiare la realizzazione di un prodotto che è imitazione di quello genuino italiano;
il mercato mondiale attualmente è invaso da prodotti extracomunitari che si chiamano «Amarone», «Cannellino», «Brunello», «Est! Est! Est!», «Falerno», «Governo all'uso toscano», «Gutturnio», «Lacrima Christi», «Lambiccato», «Morellino», «Recioto», «Sciacchetrà», «Sforzato», «Torcolato», «Vergine», «Vino Nobile», «Vin Santo»;
a fronte di un fatturato di vini italiani originali pari a circa 397 milioni di dollari, il giro d'affari per i vini imitativi supera i 546 milioni di dollari e il volume d'affari riguardante vini che in qualche modo richiamano i prodotti italiani supera i 943 milioni di dollari -:
quali siano le valutazioni del Governo su quanto citato in premessa;
quali iniziative il Governo intenda adottare per la tutela dei vini italiani e per assicurare che i marchi italiani non vengano, nel settore agro-alimentare, imitati con l'autorizzazione dell'Unione europea, minacciando la qualità della nostra immagine costruita in decenni dagli imprenditori italiani.
(2-01091)
«Anedda, Cristaldi, Losurdo, Bellotti, Catanoso, Franz, La Grua, Patarino, Riccio, Maggi, Gamba, Villani Miglietta, Gironda Veraldi, Messa, Maceratini, Cannella, Benedetti Valentini, Antonio Pepe, Castellani, Butti, Airaghi, Strano».
(1o marzo 2004)
O)
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro per i beni e le attività culturali, per sapere - premesso che:
in Italia sono ormai oltre 13 milioni i cittadini che praticano lo sport al di fuori delle federazioni sportive nazionali del Coni e questo numero è in costante crescita;
gli atleti tesserati dalle federazioni sportive nazionali sono meno di 4 milioni e questo numero è in costante flessione, al punto che nell'arco di qualche anno il sistema dello sport federale ha perso il 16 per cento dei tesserati;
la «dichiarazione di Nizza» (relativa alle caratteristiche specifiche dello sport e alle sue funzioni sociali di cui tenere conto nell'attuazione delle politiche comuni) e numerosi altri documenti comunitari richiamano all'opportunità di promuovere lo sport per tutti;
lo stesso Cio richiama da 10 anni la necessità che ovunque si promuova e si sostenga lo sport per tutti;
nel novembre 2004 l'Italia ospiterà a Roma, su mandato del Cio medesimo, il decimo congresso mondiale dello sport per tutti;
il sostegno allo sport per tutti rientrava anche tra gli impegni elettorali assunti da Forza Italia nei confronti del mondo dello sport (punto 10: «Sport per tutti - Sostenere lo »sport per tutti«, che rappresenta il settore che più da vicino può coinvolgere la generalità dei cittadini, assicurando per tutte le fasce di età, il pieno diritto ad una pratica motoria anche valorizzando l'attività degli enti di promozione sportiva»);
secondo gli interpellanti, la riforma del Coni varata dal Governo (approvata in Consiglio dei ministri il 23 dicembre 2003) ha riconsegnato al Coni quella funzione esclusiva di «federazione delle federazioni», voluta dal fascismo nel 1942 e abolita dal decreto legislativo n. 242 del 1999;
tale funzione si è esplicata per oltre mezzo secolo nel sostegno esclusivo allo sport orientato alla selezione e alla prestazione, con ciò penalizzando la diffusione dello sport per tutti;
la suddetta riforma ha abolito il «comitato sport per tutti», istituito all'interno del Coni dal decreto legislativo n. 242 del 1999, proprio per far rientrare esplicitamente tra le funzioni del Coni anche la promozione dello sport per tutti;
l'abolizione di tale comitato è stata illustrata dal Sottosegretario Pescante all'associazionismo degli sport per tutti come derivante dalla necessità di farne oggetto di separato e specifico provvedimento;
nella nota di accompagnamento alla riforma del Coni appena varata dal Governo si prefigura ora che lo sport per tutti diventi sic et simpliciter materia di accordi tra le strutture territoriali del Coni e le regioni e gli enti locali, di fatto lavandosene le mani;
la legge costituzionale n. 3 del 2001, che il Governo assume a pretesto per abbandonare nelle mani delle regioni e le sedi territoriali del Coni la materia dello sport per tutti, ha sì inserito l'ordinamento sportivo tra le materie di «legislazione concorrente», per le quali spetta alle regioni la potestà legislativa, ma ha riservato alla legislazione dello Stato la determinazione dei principi fondamentali -:
se il Governo non ritenga che lo sviluppo dello sport per tutti debba rientrare tra i compiti del Coni e, in caso affermativo, se intenda adottare le opportune iniziative normative di modifica del decreto legislativo di riordino del Coni varato dal Governo, anche al fine di non lasciare la materia in questione alla mercè di accordi tra strutture territoriali del Coni e istituzioni locali;
in che modo il Governo intenda dare riconoscimento e sostegno all'associazionismo che promuove la pratica sportiva di molti, quella che sta a cuore a 13 milioni di cittadini.
(2-01098) «Mosella, Colasio, Boccia».
(2 marzo 2004)
P)
I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri e il Ministro per i rapporti con il Parlamento, per sapere - premesso che:
la legge n. 64 del 2001 ha istituito il servizio civile nazionale come strumento atto a concorrere, in alternativa al servizio militare obbligatorio, alla difesa della Patria con mezzi ed attività non militari: favorire la realizzazione dei principi costituzionali di solidarietà sociale; promuovere la solidarietà e la cooperazione, a livello nazionale ed internazionale, con particolare riguardo alla tutela dei diritti sociali, ai servizi alla persona ed all'educazione alla pace fra i popoli; partecipare alla salvaguardia e tutela del patrimonio della nazione, con particolare riguardo ai settori ambientale, anche sotto l'aspetto dell'agricoltura in zona di montagna, forestale, storico-artistico, culturale e della protezione civile; contribuire alla formazione civica, sociale, culturale e professionale dei giovani, mediante attività svolte anche in enti ed amministrazioni operanti all'estero;
la suddetta legge, all'articolo 2, comma 2, delegava il Governo ad emanare uno o più decreti legislativi, aventi ad oggetto: l'individuazione dei soggetti ammessi a prestare volontariamente servizio civile; la definizione delle modalità di accesso a detto servizio; la durata del servizio stesso, in relazione alle differenti tipologie di progetti di impiego; i correlati trattamenti giuridici ed economici;
in data 5 aprile 2002, veniva emanato il decreto legislativo n. 77, recante «disciplina del servizio civile nazionale»;
il suddetto decreto legislativo, all'articolo 3, relativo ai requisiti di ammissione e durata del servizio cita: al comma 1, «sono ammessi a svolgere il servizio civile, a loro domanda, senza distinzioni di sesso i cittadini italiani»; al comma 2, «costituisce causa di esclusione dal servizio civile l'aver riportato condanna anche non definitiva alla pena della reclusione superiore ad un anno per delitto non colposo ovvero ad una pena anche di entità inferiore per un delitto contro la persona o concernente detenzione, uso, porto, trasporto, importazione o esportazione illecita di armi o materie esplodenti ovvero per delitti riguardanti l'appartenenza o il favoreggiamento a gruppi eversivi terroristici, o di criminalità organizzata» ; al comma 4, «l'orario di svolgimento del servizio è stabilito in relazione alla natura del progetto e prevede, comunque, un impegno settimanale complessivo compreso tra un minimo di trenta ed un massimo di trentasei ore»;
il suddetto decreto legislativo, all'articolo 6, relativo ai progetti, ai commi 4 e 5, cita: «l'ufficio nazionale esamina ed approva i progetti di rilevanza nazionale, presentati dalle amministrazioni centrali dello Stato e dagli enti pubblici e privati nazionali, sentite le regioni, le province autonome interessate, nonché quelli di servizio civile all'estero. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano esaminano ed approvano i progetti presentati dagli enti ed organizzazioni che svolgono attività nell'ambito delle competenze regionali o delle province autonome sul loro territorio, avendo cura di comunicare all'ufficio nazionale, in ordine di priorità, i progetti approvati entro il 31 ottobre dell'anno precedente quello di riferimento. Entro trenta giorni dalla comunicazione l'ufficio nazionale esprime il suo nullaosta»;
il suddetto decreto legislativo, all'articolo 8, relativo al rapporto di servizio civile cita: al comma 1, «nel limite massimo dei giovani da ammettere al servizio civile di cui all'articolo 7, gli enti o le organizzazioni ammesse stipulano contratti con i soggetti selezionati, al fine dell'impiego nei progetti approvati» e, al comma 5, «il contratto redatto in base agli schemi predisposti dall'ufficio nazionale per il servizio civile e sottoscritto dalle parti è inviato al medesimo ufficio ovvero alle regioni o alle province autonome di Trento e Bolzano. Verificata la sussistenza delle condizioni di legge e dei requisiti di cui all'articolo 3, il contratto è approvato. Dell'approvazione le regioni danno immediata notizia all'ufficio nazionale, trasmettendo copia del contratto. Il contratto approvato acquista efficacia ed è denominato contratto per il servizio civile nazionale»;
il suddetto decreto legislativo, all'articolo 9, relativo al trattamento economico e giuridico, al comma 5, prevede che: «l'assistenza sanitaria agli ammessi a prestare attività di servizio civile è fornita dal servizio sanitario nazionale. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 68 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, le certificazioni sanitarie a favore di chi presta il servizio civile sono rilasciate gratuitamente da parte delle strutture del servizio sanitario nazionale e sono rimborsate a carico del fondo nazionale»;
il suddetto decreto legislativo, all'articolo 10, relativo ai doveri e alle incompatibilità, al comma 2, cita: «la prestazione del servizio civile è incompatibile con lo svolgimento di qualsiasi attività di lavoro subordinato o autonomo»;
il suddetto decreto legislativo, infine, all'articolo 13, relativo all'inserimento nel mondo del lavoro e ai crediti formativi, ai commi 3 e 4, cita: «le università degli studi possono riconoscere crediti formativi ai fini del conseguimento di titoli di studio da esse rilasciati, per attività formative prestate nel corso del servizio civile, rilevanti per il curriculum degli studi. A decorrere dal 1o gennaio 2006, nei concorsi relativi all'accesso nelle carriere iniziali del corpo nazionale dei vigili del fuoco e del corpo forestale dello Stato, sono determinate riserve di posti nella misura del 10 per cento per coloro che hanno svolto per almeno dodici mesi il servizio civile nelle attività istituzionali di detti corpi. A tal fine sono comunque fatti salvi i requisiti di ammissione previsti da ciascuna amministrazione»;
la legge n. 64 del 2001 rappresenta, senza alcun dubbio, una nuova opportunità formativa ed esperienziale per le giovani generazioni, destinata a garantire, anche dopo la sospensione del servizio di leva obbligatorio e, quindi, dell'obiezione di coscienza, la continuità di un'esperienza ormai trentennale, quella del servizio civile, che, coinvolgendo circa cinquecentomila giovani, ha rappresentato una «palestra» di cittadinanza attiva e di educazione alla solidarietà e alla cooperazione ed è una risorsa ormai indispensabile per molti dei servizi sociali, culturali e ambientali forniti dagli enti locali e dalle associazioni no profit di tutt'Italia -:
se il Governo non intenda, nelle more dell'entrata in vigore del decreto legislativo n. 77 del 5 aprile 2002, prevista per la data del 1o gennaio 2005, adottare iniziative normative volte a modificare la disciplina del servizio civile, rendendola più vicina alle esigenze degli attori (enti e giovani), e nello specifico:
a) per ciò che riguarda i requisiti di ammissione e durata del servizio: ad aprire il servizio anche ai cittadini non italiani e a quanti abbiano già prestato servizio civile obbligatorio o servizio militare, fermo restando il requisito dell'età; a riconsiderare la norma contenuta al comma 2 dell'articolo 3, che è in evidente contrasto con l'alto valore formativo e pedagogico del servizio ed appare come un retaggio della disciplina restrittiva relativa all'obiezione; a riconsiderare il minimo orario di servizio settimanale alla luce dei già numerosi progetti svolti con minimi inferiori (24 o 25 ore settimanali) che hanno dato esiti lusinghieri, con la previsione, inoltre, della possibilità di un esercizio più «flessibile», che possa cioè spalmare in tre anni l'attuale monte ore annuo di 1200 ore;
b) per ciò che riguarda i progetti, a rendere meno lungo e complesso l'iter di approvazione;
c) per ciò che riguarda il rapporto di servizio civile, a restituire certezza di rapporto e snellezza di procedure, attraverso la previsione di un soggetto unico atto a stipulare e approvare i contratti (per esempio, l'ufficio nazionale per il servizio civile, com'è adesso), che continui, peraltro, a farsi carico delle assicurazioni per i volontari, evitando di scaricare costi enormi sugli enti, che rischierebbero di non poterli sopportare;
d) per ciò che riguarda il trattamento economico e giuridico, a garantire ai giovani quanto disposto relativamente all'assistenza sanitaria, magari attraverso un'apposita convenzione tra l'ufficio nazionale per il servizio civile e il ministero della salute, prevista ma non ancora attuata;
e) per ciò che riguarda i doveri e le incompatibilità, ad eliminare l'incomprensibile incompatibilità tra servizio civile e «qualsiasi attività di lavoro», posto che lo stesso decreto legislativo n. 77 del 2002, all'articolo 9, comma 1, sostiene che «l'attività svolta nell'ambito dei progetti di servizio civile non determina l'instaurazione di un rapporto di lavoro e non comporta la sospensione e la cancellazione dalle liste di collocamento o dalle liste di mobilità»;
f) per ciò che riguarda l'inserimento nel mondo del lavoro e ai crediti formativi, a stabilire con il concorso del ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca la concessione di un certo numero di crediti formativi liberi a seguito della esperienza di servizio civile, nonché a prevedere un'esenzione dal pagamento delle tasse universitarie per gli studenti in servizio; ad estendere, infine, le riserve di posti previste dall'articolo 13, comma 4, del decreto legislativo n. 77 del 2002 a tutti i giovani che hanno svolto il servizio civile e a tutte le amministrazioni pubbliche.
(2-01087)
«Ruzzante, Labate, Montecchi, Rognoni, Adduce, Albonetti, Amici, Bandoli, Bellini, Benvenuto, Bettini, Bielli, Bogi, Borrelli, Buffo, Carli, Magnolfi, Olivieri, Petrella, Cennamo, Chiaromonte, Cordoni, Crucianelli, Di Serio D'Antona, Duca, Filippeschi, Fluvi, Gasperoni, Giacco, Giulietti, Guerzoni, Raffaella Mariani, Cazzaro, Trupia, Sandi».
(26 febbraio 2004)