TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 410 di Mercoledì 21 gennaio 2004

MOZIONI SULLA PROROGA DELLA SPERIMENTAZIONE DEL REDDITO MINIMO D'INSERIMENTO

La Camera,
premesso che:
il 30 giugno 2003 si è conclusa l'erogazione dei benefici relativi alla sperimentazione del reddito minimo di inserimento, ponendo gli enti locali di fronte ad un vero stato di emergenza, con migliaia di famiglie prive di quello che risultava essere fino a suddetta data l'unica fonte reddituale;
nei 39 comuni nei quali vi è stata la sperimentazione, in base ai dati ufficiali, le domande presentate sono state 55.522, di cui 34.730 accolte;
il reddito minimo di inserimento nella sua sperimentazione ha consentito a migliaia di famiglie, in particolare nel Mezzogiorno, di uscire dalla soglia di povertà;
l'assegno medio mensile si aggirava sui 367 euro (circa 710 mila delle vecchie lire) ed era accompagnato da un programma redatto a livello locale di reinserimento sociale;
la legge n. 388 del 2000 ha esteso il reddito minimo di inserimento a tutti i comuni ricadenti nell'obiettivo 1 interessati da strumenti della programmazione negoziata (patti territoriali, accordi di programma, contratti d'area);
i finanziamenti per i 39 comuni sperimentatori del decreto legislativo che ha introdotto il reddito minimo di inserimento sono stati bloccati in assenza dell'atto che autorizzasse gli enti locali ad attivare il contributo, in quanto nel proporre il prolungamento dell'intervento il ministero del lavoro e delle politiche sociali ha incredibilmente dimenticato di affrontare il problema del patto di stabilità interno, creando disagio a disagio;
ad avviso dei firmatari, il Governo non ha previsto alcuna forma di finanziamento in favore delle politiche di contrasto alla povertà e all'esclusione sociale e non ha provveduto neppure a determinare un regime transitorio a sostegno di quelle amministrazioni locali che hanno terminato la sperimentazione il 30 giugno 2003, in attesa di quello che dovrebbe essere il cosiddetto reddito di ultima istanza introdotto con la legge finanziaria per il 2004;
i dati Istat resi noti nel mese di dicembre 2003 hanno evidenziato una crescita del disagio e del rischio povertà nel nostro Paese. Ad essere particolarmente a rischio sono le famiglie monoreddito con figli, gli anziani e i minori. Nel biennio 2001-2002 sono risultate 990 mila le famiglie povere in cui vivono dei minori, pari al 14,8 per cento delle famiglie con minori;
il ministero del lavoro e delle politiche sociali, in un incontro svoltosi l'8 gennaio 2003 con i rappresentanti dei 39 comuni coinvolti nella sperimentazione, ha proposto un contributo straordinario per il primo semestre dell'anno 2003, operando una stima del fabbisogno sulla base del finanziamento del reddito minimo di inserimento per l'anno 2002. Il ministero del lavoro e delle politiche sociali si è impegnato a finanziare direttamente il 50 per cento del provvedimento, coinvolgendo le regioni nel finanziamento del restante 50 per cento;
da prima nel «Patto per l'Italia» e successivamente nel «Libro bianco sulle politiche sociali» è stata prevista l'istituzione di uno strumento di sostegno al reddito di ultima istanza, «caratterizzato da elementi solidaristici e finanziato dalla fiscalità generale», nell'obiettivo di «garantire un reddito essenziale ai cittadini non assistiti da altre misure di integrazione del reddito»;
all'articolo 3, comma 101, della legge n. 350 del 2003 è stato previsto che «nei limiti delle risorse preordinate allo scopo dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali nell'ambito del Fondo nazionale per le politiche sociali di cui all'articolo 59, comma 44, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni, e detratte una quota fino a 20 milioni di euro per l'anno 2004 e fino a 40 milioni di euro per ciascuno degli anni 2005 e 2006 da destinare all'ulteriore finanziamento delle finalità previste dall'articolo 2, comma 7, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, nonché una quota di 15 milioni di euro per ciascuno degli anni 2004, 2005 e 2006 da destinare al potenziamento dell'attività di ricerca scientifica e tecnologica, lo Stato concorre al finanziamento delle regioni che istituiscono il reddito di ultima istanza quale strumento di accompagnamento economico ai programmi di reinserimento sociale, destinato ai nuclei familiari a rischio di esclusione sociale ed i cui componenti non siano beneficiari di ammortizzatori sociali destinati a soggetti privi di lavoro»;
affinché questa disposizione trovi piena applicazione saranno necessari uno o più provvedimenti attuativi da concordare con le regioni, con tempi e modalità tutte da definire, ponendo ulteriori difficoltà a migliaia di cittadini che si trovano in difficoltà economiche;
il reddito di ultima istanza si caratterizza come una misura meramente assistenziale, che non sostiene l'impegno degli enti locali nella ricerca di strumenti finalizzati al reinserimento sociale e lavorativo della persona e dei nuclei familiari;
in merito alla vicenda della soppressione del reddito minimo di inserimento si è constatato un atteggiamento colpevole da parte del Governo, che ha scaricato sugli enti locali il disagio di migliaia di famiglie, che si sono ritrovate, prive dello strumento introdotto dai Governi di centrosinistra, in condizioni di estrema difficoltà, a cui si sono aggiunti ulteriori 20 mila beneficiari a partire da ottobre 2003;

impegna il Governo:

ad affrontare retroattivamente il problema dei nuclei familiari beneficiari del reddito minimo di inserimento, che alla soppressione del citato strumento sono rimasti privi di qualsiasi sostegno alla propria condizione di disagio economico e sociale, adottando iniziative, anche normative, affinché sia garantita la sperimentazione della misura fino alla determinazione dei criteri e delle modalità di erogazione del reddito di ultima istanza introdotto con la legge finanziaria per l'anno 2004.
(1-00240)
«Bindi, Duilio, Castagnetti, Loiero, Monaco, Meduri, Burtone, Mosella, Micheli, Molinari, Iannuzzi, Ladu, Realacci, Mattarella, Lettieri, Enzo Bianco, Gerardo Bianco, Soro».
(9 luglio 2003)

La Camera,
premesso che:
il Governo sta attuando fin dal suo insediamento una serie di misure dirette a contrastare la povertà e l'esclusione sociale, quali:
a) l'aumento ad 1 milione di vecchie lire al mese delle pensioni minime;
b) la riduzione del prelievo Irpef per le fasce di reddito medio basse;
c) misure per il sostegno della natalità;
d) il rifinanziamento del Fondo nazionale per le politiche sociali nella misura massima consentita dalle attuali condizioni del bilancio dello Stato;
e) l'inserimento nella legge finanziaria per il 2004 di specifiche norme e stanziamenti per il concorso dello Stato al finanziamento delle regioni che istituiscono il reddito di ultima istanza quale strumento di accompagnamento economico ai programmi di reinserimento sociale, destinato ai nuclei familiari a rischio di esclusione sociale ed i cui componenti non siano beneficiari di ammortizzatori sociali destinati a soggetti privi di lavoro;
f) interventi efficaci che hanno determinato una diminuzione sensibile del tasso di disoccupazione, anche nelle regioni meridionali ed insulari, dove è più vasto il fenomeno della disoccupazione giovanile e di quella di lunga durata;

impegna il Governo:

a proseguire nella propria azione incisiva di contrasto della povertà e dell'esclusione sociale, rafforzando, nella misura massima consentita dalle esigenze di mantenimento dell'equilibrio della finanza pubblica, gli interventi diretti a tale fondamentale finalità.
(1-00306) «Antonio Leone».
(19 gennaio 2004)

La Camera,
premesso che:
al 30 giugno 2003 si è conclusa la sperimentazione del reddito minimo di inserimento, istituita con il decreto legislativo n. 237 del 1998, che ha costituito un importante strumento di contrasto alla povertà, una misura di «assistenza attiva», introdotta per aiutare le persone che per qualsiasi motivo si trovino a vivere con un reddito che si collochi al di sotto della soglia di povertà, adottata da quasi tutti i Paesi membri dell'Unione europea;
tale misura consentiva di erogare agli interessati un assegno mensile di circa 367 euro, erogazione inserita in un più ampio programma di reinserimento sociale e lavorativo predisposto e concordato con l'utente dagli operatori sociali del territorio;
la sperimentazione ha interessato 306 comuni (39 nella prima fase e 267 a partire dal 2001) distribuiti su tutto il territorio nazionale, oltre 42 mila famiglie e circa 165 mila persone, in particolare dislocate nelle più disagiate aree del Meridione;
i fenomeni legati alla povertà sono in preoccupante aumento. Secondo i più recenti dati Istat, infatti, la percentuale delle famiglie che hanno una spesa mensile per consumi al di sotto della soglia di povertà è pari all'11 per cento, per un ammontare complessivo di circa 2 milioni 456 mila famiglie ed un totale di 7 milioni 140 mila individui, che corrispondono al 12,4 per cento della popolazione;
il fenomeno si è ulteriormente aggravato negli ultimi mesi, in conseguenza del costante aumento dei prezzi al consumo dei generi di prima necessità;
il fenomeno della povertà si addensa nelle aree del Mezzogiorno, riguarda, in particolare, persone sole anziane, coppie con più figli e nuclei familiari con un solo genitore e tocca particolarmente i minori;
pur in presenza di risultati largamente positivi della sperimentazione e di una forte richiesta da parte dei comuni interessati, il Governo non ha ritenuto di dover proseguire la sperimentazione;
invece di estendere, come da più parti auspicato, il reddito minimo di inserimento a tutto il territorio nazionale, il Governo, prima nel cosiddetto «Patto per l'Italia» e successivamente tanto nel «Libro bianco sulle politiche sociali» che nel «Piano d'azione nazionale contro la povertà e l'esclusione sociale 2003-2005», ha previsto l'istituzione in alternativa di un reddito di «ultima istanza»;
tale strumento, che pare riproporre vecchie ricette assistenzialistiche, si è oltretutto tradotto nel comma 101 dell'articolo 3 della legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria per il 2004) in un generico impegno a «concorrere al finanziamento delle regioni che istituiscono il reddito di ultima istanza quale strumento di accompagnamento economico ai programmi di reinserimento sociale, destinato ai nuclei familiari a rischio di esclusione sociale ed i cui componenti non siano beneficiari di ammortizzatori sociali destinati a soggetti privi di lavoro»;
tale norma si inserisce in un quadro di riduzione delle risorse del Fondo per le politiche sociali e dei trasferimenti ai comuni, che renderà quantomeno improbabile la possibilità per le regioni ed i comuni di attivare nuovi interventi e prestazioni sociali, e accentua le discriminazioni tra le aree più ricche e quelle più povere del Paese;
tutto ciò rischia di indebolire l'intera rete dei servizi sociali e di sostegno alla realtà di disagio, di povertà e di esclusione sociale e rende, soprattutto, drammatica la situazione delle migliaia di famiglie interessate alla sperimentazione, che sono state private di un fondamentale sostegno economico e sociale ed hanno visto così svanire una preziosa opportunità di emergere da una situazione di povertà e di disagio;

impegna il Governo:

a reperire le risorse necessarie a garantire il ripristino del reddito minimo di inserimento nell'ambito dei 306 comuni interessati fino al 2003 alla sperimentazione e a favorire l'adozione di nuove misure legislative, che consentano, alla luce dei risultati della sperimentazione, di estendere su tutto il territorio nazionale gli strumenti e le risorse per contrastare le situazioni di povertà.
(1-00307)
«Turco, Battaglia, Violante, Agostini, Bogi, Innocenti, Montecchi, Calzolaio, Magnolfi, Nicola Rossi, Ruzzante, Bolognesi, Di Serio D'Antona, Giacco, Labate, Lucà, Petrella, Zanotti, Cennamo».
(19 gennaio 2004)



INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

PAPPATERRA. - Al Ministro delle attività produttive - Per sapere - premesso che:
con il 31 dicembre 2004 verrà a cessare l'«Accordo Multifibre», che per 10 anni ha dettato nel settore del tessile le regole del commercio internazionale e lo ha traghettato verso la liberalizzazione degli scambi;
la definitiva eliminazione delle quote muterà il paesaggio del mercato mondiale del tessile: non a caso già da qualche anno, con la scesa in campo dei Paesi asiatici, l'industria europea ne aveva largamente risentito;
il Mezzogiorno d'Italia sta già duramente pagando un prezzo alla delocalizzazione dell'industria tessile italiana nei Paesi dell'Est Europa, dove il costo della manodopera è molto più basso di quello delle industrie del comparto degli altri Paesi europei, Italia compresa;
nella regione Calabria il settore tessile ha rappresentato negli ultimi trenta anni uno dei punti di eccellenza del comparto produttivo ed ora rischia di essere smantellato, ove non si trovino soluzioni urgenti ed adeguate;
nel corso del 2003 sono state sottoposte all'attenzione del Ministro interrogato tutte le situazioni di crisi presenti in Calabria: polo tessile di San Gregorio, in provincia di Reggio Calabria, e aziende tessili di Castrovillari, Cetraro e Praia a Mare, in provincia di Cosenza;
in particolare:
a) la vertenza della Mdc (Manifattura del Crati) di Castrovillari (Cosenza), azienda del gruppo Polli, dopo una lunga serie di trattative, prima presso la task force della Presidenza del Consiglio dei ministri e poi presso il ministero delle attività produttive, non ha trovato alcuno sbocco, secondo l'interrogante, per l'indisponibilità dell'imprenditore di riferimento e per la scarsa attenzione prestata dalla regione e dal Governo nazionale, con la conseguenza che dalla fine di luglio 2003 oltre 300 lavoratori sono rimasti senza lavoro e l'azienda è stata posta in liquidazione;
b) la vertenza della Marlane di Praia a Mare (Cosenza), azienda del gruppo Marzotto, si è conclusa anch'essa negativamente, con la chiusura, per intanto, del reparto di tessitura della fabbrica e la conseguente espulsione dal lavoro di 191 unità. In questo caso l'imprenditore di riferimento, da un lato ha notificato la volontà di delocalizzare nella Repubblica Ceca le attività di Praia a Mare, dall'altro, con una decisione che sta suscitando stupore e preoccupazioni di ogni genere, vorrebbe conferire, come pubblicato su Il Sole 24 ore di mercoledì 3 dicembre 2003, i 200mila metri quadri dello stabilimento ad una società immobiliare per una nuova destinazione d'uso dell'aria produttiva;
c) la vertenza del polo tessile di San Gregorio di Reggio Calabria, gestita da un pool di imprese, non ha trovato finora sbocchi per oltre 200 lavoratori, con gravi rischi di desertificazione industriale di un'area storicamente avocata come Reggio Calabria;
d) la vertenza del polo di Cetraro (Cosenza) sta registrando il tramonto definitivo dell'esperienza di delocalizzazione di aziende del Centro-Nord d'Italia, che, utilizzando negli anni passati gli strumenti agevolativi previsti per le regioni dell'«obiettivo 1», avevano assorbito i vecchi stabilimenti della ex-Faini;
il quadro appena tracciato dà una chiara idea del forte rischio di perdere entro poco tempo quasi 1000 posti di lavoro, tenuto conto anche dei lavoratori dell'indotto che operano per conto di queste aziende;
il Governo nazionale ha tenuto sino ad oggi, ad avviso dell'interrogante, un atteggiamento di grave sottovalutazione di questi punti di crisi, nel mentre si affanna a pubblicare cifre che danno in crescita l'occupazione nel nostro Paese;
il già precario tessuto produttivo calabrese senza queste aziende rischia di perdere tale connotazione, facendo della Calabria la regione a più basso dinamismo economico e produttivo -:
quali atti intenda porre in essere con la massima urgenza, di concerto con la regione Calabria, perché siano rimosse tutte le cause che hanno ostacolato il rilancio delle aziende tessili calabresi, attraverso anche la definizione di nuovi piani industriali, affinché non vada definitivamente dispersa la lunga tradizione dell'industria tessile, che in questi anni ha rappresentato per la Calabria una valida realtà economica e produttiva. (3-02960)
(20 gennaio 2004)

ANEDDA, AIRAGHI, ALBONI, AMORUSO, ARMANI, ARRIGHI, ASCIERTO, BELLOTTI, BENEDETTI VALENTINI, BOCCHINO, BORNACIN, BRIGUGLIO, BUONTEMPO, BUTTI, CANELLI, CANNELLA, CARDIELLO, CARRARA, CARUSO, CASTELLANI, CATANOSO, CIRIELLI, COLA, GIORGIO CONTE, GIULIO CONTI, CORONELLA, CRISTALDI, DELMASTRO DELLE VEDOVE, FASANO, FATUZZO, FIORI, FOTI, FRAGALÀ, FRANZ, GALLO, GAMBA, GERACI, GHIGLIA, ALBERTO GIORGETTI, GIRONDA VERALDI, LA GRUA, LA RUSSA, LA STARZA, LAMORTE, LANDI DI CHIAVENNA, LANDOLFI, LEO, LISI, LO PRESTI, LOSURDO, MACERATINI, MAGGI, MALGIERI, GIANNI MANCUSO, LUIGI MARTINI, MAZZOCCHI, MENIA, MEROI, MESSA, MIGLIORI, ANGELA NAPOLI, NESPOLI, ONNIS, PAOLONE, PATARINO, ANTONIO PEPE, PEZZELLA, PORCU, RAISI, RAMPONI, RICCIO, RONCHI, ROSITANI, SAGLIA, SAIA, GARNERO SANTANCHÈ, SCALIA, SELVA, STRANO, TAGLIALATELA, TRANTINO, VILLANI MIGLIETTA, ZACCHEO e ZACCHERA.- Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il 17 gennaio 2003 si è svolta in tutte le sedi giudiziarie d'Italia la tradizionale cerimonia di inaugurazione del nuovo anno giudiziario, con la partecipazione del rappresentante del ministero della giustizia, del rappresentante del Consiglio superiore della magistratura e alla presenza dei magistrati;
in diverse sedi i magistrati - che su invito dell'Associazione nazionale magistrati indossavano la toga nera «in segno di lutto» - al momento dell'intervento del rappresentante del Governo hanno lasciato l'aula in segno di ulteriore e clamorosa protesta, contravvenendo, ad avviso degli interroganti, alle più elementari regole di corretti rapporti di reciproco rispetto tra Governo ed ordine giudiziario, così contribuendo ad esasperare il clima di contrapposizione tra magistratura e politica -:
quali siano le valutazioni del Governo e quali eventuali iniziative intenda assumere al fine di ricondurre il dibattito tra magistratura e potere politico in un alveo di correttezza istituzionale. (3-02961)
(20 gennaio 2004)

EMERENZIO BARBIERI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
è a tutti noto il caso Bipop Carire s.p.a., banca derivante dalla fusione per incorporazione della Cassa di risparmio di Reggio Emilia s.p.a. nell'allora Banca popolare di Brescia;
altrettanto note sono le gravi conseguenze sui risparmiatori e sul sistema di tali gravi fatti, purtroppo non isolati, ma certamente fra i più rilevanti;
il 30 novembre 2001 il Sottosegretario per l'economia e le finanze, onorevole Maria Teresa Armosino, in risposta a due interpellanze presentate al Senato della Repubblica, ha affermato che «la vicenda Bipop è emersa proprio a seguito dell'iniziativa di alcuni componenti del consiglio di amministrazione che avevano segnalato al collegio dei sindaci l'esistenza di possibili irregolarità nei conti della banca»;
nella medesima risposta si afferma che «altri accertamenti sono volti ad appurare la correttezza dei comportamenti degli organi di controllo, esterni ed interni, di Bipop Carire»;
da autorevoli organi di stampa, quali Il Corriere della Sera, Il Mondo, Il Sole 24 ore, risulta la denuncia effettuata in data 11 aprile 2001 alla Banca d'Italia da parte di alcuni consiglieri della banca, accompagnati dall'allora responsabile della divisione intermediari della Consob;
dalla ricostruzione dei fatti risulta che tali soggetti incontrarono personalmente il responsabile della vigilanza creditizia e finanziaria della Banca d'Italia, dottor Bruno Bianchi, al quale illustrarono una serie di regolarità riscontrate nella gestione della banca, ma l'incontro non fu verbalizzato, nè fu accettata una denuncia scritta;
un interessante e puntuale resoconto delle vicende è addirittura riportato in un libro scritto dal giornalista Gabriele Franzini, edito da «Editori Riuniti», dal titolo «Assalto al cielo»;
da Il Corriere della Sera del 18 gennaio 2002 risulta inoltre che la Banca d'Italia in un'ispezione del 1997 aveva segnalato gravi carenze strutturali e organizzative alla Banca popolare di Brescia;
l'ispezione di Banca d'Italia in Bipop Carire iniziò tuttavia il 24 ottobre 2001, a distanza di quasi cinque anni dall'ispezione del 1997 e dopo oltre sei mesi dalla denuncia di alcuni consiglieri, nonostante l'emergere anche sulla stampa del fenomeno delle cosiddette gestioni garantite e l'avvio dell'ispezione della Consob il 17 ottobre 2001, solo dopo che la procura della Repubblica di Brescia aveva aperto un'indagine a seguito dell'esposto di un'associazione di consumatori;
secondo l'interrogante non può non ritenersi tardivo l'avvio degli accertamenti ispettivi della Banca d'Italia, visto che venivano denunciate gravi irregolarità e la stessa riteneva la situazione di Bipop Carire ad alto rischio fin dal 1997;
è indispensabile un intervento del Governo che tuteli i piccoli risparmiatori esposti a rischi insostenibili -:
quali iniziative normative intenda adottare per garantire una corretta informazione e tutela dell'azionariato diffuso.
(3-02962)
(20 gennaio 2004)

GIACHETTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
in un articolo apparso la scorsa settimana su Economy, il business magazine della Mondadori, si legge che alcuni Ministri di questo Governo avrebbero ricevuto un avviso di richiamo dalla Banca nazionale del lavoro, per aver superato, durante il periodo festivo, i plafond di spesa di carta di credito Visa, fornita dall'istituto bancario ai membri dell'Esecutivo in base ad un accordo con il ministero dell'economia e delle finanze;
stando a quanto riportato dalla rivista Economy, sembrerebbe che tra i richiamati figurino i Ministri Bossi, Buttiglione, Marzano ed Alemanno;
tale servizio dovrebbe essere erogato per coprire spese minori, da quelle di rappresentanza, ai pranzi, alle cene, ai trasporti;
si apprende dall'articolo citato che il budget di spesa massima previsto dalla banca e concordato con il Governo corrisponderebbe di regola a 5.000 euro, mentre per alcuni Ministri, di cui non sono noti i nomi, si arriverebbe persino alla cifra di 250.000 euro;
se quanto riportato dall'articolo corrisponda al vero, quali siano i limiti di spesa della carta di credito per ogni Ministro e quali siano i Ministri che hanno superato i limiti e per quanto. (3-02963)
(20 gennaio 2004)

MASCIA e RUSSO SPENA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
in data 8 gennaio 2004 a due consiglieri regionali del Piemonte, Rocco Papandrea (Prc) e Enrico Moriconi (Verdi), è stato impedito l'accesso al centro di permanenza temporanea in corso Brunelleschi a Torino;
tale diniego è rientrato in seguito a un'apposita autorizzazione inviata dal ministero dell'interno;
il 24 luglio 2003 una delegazione, composta dai capigruppo della regione Piemonte e dai membri della commissione sanità della medesima regione, non ha potuto accedere al centro di permanenza temporanea di Torino, se non in seguito ad un intervento nei confronti del prefetto da parte degli interroganti;
prima del luglio 2003, l'accesso dei consiglieri regionali ai centri di permanenza temporanea era considerato automatico in virtù del. ruolo istituzionale da essi ricoperto;
i consiglieri regionali, così come i parlamentari, hanno, ai sensi delle lettere b) e d) dell'articolo 67 della legge n. 354 del 1975, la prerogativa di poter accedere nelle carceri, senza bisogno di alcuna autorizzazione;
nei centri di permanenza temporanea, istituiti ai sensi dell'articolo 14 del decreto legislativo n. 286 del 1998, gli stranieri irregolari sono costretti a soggiornare in attesa di espulsione e ciò li pone, di fatto, in uno stato di detenzione, pur non avendo commesso alcun reato;
oltre a criticare dal punto di vista giuridico l'esistenza stessa di tali istituti, fin dalla loro creazione, associazioni laiche e cattoliche, sindacati e forze politiche hanno posto grande attenzione alle condizioni di vita e al tipo di assistenza legale e sanitaria garantita agli interessati;
sia sul piano deontologico che politico è compito di coloro che ricoprono incarichi istituzionali farsi promotori di iniziative tese a dare risposte a quella parte della società civile impegnata ad affrontare tematiche relative all'immigrazione, soprattutto quando, come nel caso dei centri di permanenza temporanea, prevalgono aspetti contraddittori e spesso ambigui riguardo alle modalità di erogazione dei servizi per le esigenze fondamentali di cura, assistenza, promozione umana e sociale;
risulta, inoltre, che l'accesso ai centri di permanenza temporanea sia regolarmente negato a giornalisti, fotografi e cineoperatori, che, invece, previa autorizzazione da parte delle autorità competenti, possono svolgere attività d'inchiesta all'interno delle carceri;
nonostante le redazioni inviino formale richiesta, giornalisti, fotografi e cineoperatori si sono visti negare il permesso di svolgere servizi all'interno dei centri di permanenza temporanea e di accoglienza. Vengono di seguito citati i casi più recenti di cui gli interroganti sono venuti a conoscenza:
a) Report (Rai), che chiedeva di raccogliere informazioni e di visitare diversi centri di permanenza temporanea, tra cui quelli di Modena, Torino, Roma e Lecce (dicembre 2003);
b) Un mondo a colori (Rai), a cui non è stato consentito di effettuare riprese all'interno dei centri di Lampedusa e Lamezia Terme (novembre 2003);
c) settimanale Avvenimenti, che chiedeva di visitare il centro Regina Pacis di Lecce (febbraio 2003);
le ragioni addotte dalle autorità competenti a sostegno del diniego riguardano una generica difesa della privacy degli ospiti dei centri e la presunta violazione del comma 7 dell'articolo 21 del decreto del Presidente della Repubblica n. 394 del 1999;
se nel primo caso basterebbe fare appello alla discrezionalità dei professionisti della comunicazione derivante da ragioni di ordine deontologico, nonché alla possibilità da parte degli stessi stranieri di difendersi direttamente da eventuali `intrusioni' non gradite, per quanto riguarda la parte strettamente normativa, il citato comma 7 dell'articolo 21 del decreto del Presidente della Repubblica n. 394 del 1999, ad avviso degli interroganti, è da ritenersi collegato alla necessità di fornire una regolamentazione della gestione quotidiana dei centri. Esso, pertanto, non esclude, anzi presuppone solo un rinvio ad altre procedure;
l'interpretazione restrittiva che ne viene data risulta tanto più discutibile se paragonata alle procedure che consentono l'accesso di organi di stampa all'interno delle cosiddette istituzioni totali, con particolare riguardo agli istituti di pena, a cui i centri di permanenza temporanea per stranieri sono assimilabili;
considerato che le modalità di trattenimento degli immigrati rinchiusi in questi centri sono state spesso al centro di accesi dibattiti e di valutazioni contrastanti, l'inchiesta svolta in questi luoghi assume particolare importanza;
i divieti rivolti ad organi di informazione si configurano, inoltre, come gravemente lesivi della libertà di stampa garantita dall'articolo 21 della Costituzione;
le difficoltà e i divieti imposti ai rappresentanti istituzionali e agli organi di stampa, che intendono acquisire informazioni sulla realtà dei centri di permanenza temporanea nell'ambito della loro attività, sembrano sottendere la volontà da parte del Governo di marginalizzare questa discussa realtà del Paese -:
se, alla luce delle considerazioni in premessa, intenda promuovere iniziative normative tese quanto meno ad equiparare la procedura che consente ai consiglieri regionali e agli organi di stampa l'accesso ai centri permanenza temporanea a quella che agli stessi consente l'accesso negli istituti di pena e se non ritenga un atto dovuto in uno Stato di diritto il dover fornire a chi ne faccia richiesta informazioni complete e circostanziate su questi centri. (3-02964)
(20 gennaio 2004)

SPINI, RUZZANTE, INNOCENTI, MONTECCHI, MINNITI, CABRAS, CALZOLAIO, CRUCIANELLI, FOLENA, FUMAGALLI, SERENI, MELANDRI e RANIERI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il 18 febbraio 2004 si svolgerà a Berlino un vertice tra Francia, Germania e Gran Bretagna sui problemi dell'economia europea;
i Ministri degli affari esteri degli stessi Paesi avevano negoziato con l'Iran il protocollo per la sicurezza del potenziale nucleare di quel Paese;
nonostante il rilevante impegno diplomatico dispiegato nel passato dall'Italia, i negoziati per il disarmo della Libia hanno visto a livello europeo il protagonismo della sola Gran Bretagna;
alla vigilia del vertice europeo di dicembre 2003, ancora Francia, Germania e Gran Bretagna avevano raggiunto tra loro quell'accordo sui problemi della difesa, che ha poi consentito analogo accordo a livello europeo;
alcuni giorni fa il cosiddetto vertice di Weimar (Francia, Germania, Polonia) ha dichiarato possibile trovare un compromesso sul testo di Costituzione europea entro maggio 2004, data fissata per l'ingresso dei dieci nuovi Paesi membri dell'Unione europea -:
quali siano le valutazioni del Governo italiano sull'insieme di questi fatti e sulla mancata partecipazione ad essi dell'Italia e se ciò non implichi una radicale revisione della politica europea del nostro Governo, tanto più in un momento in cui, all'indomani del fallimento della conferenza intergovernativa di Roma, si pone come priorità il rilancio dell'approvazione della Costituzione europea, così come convenuta dalla Convenzione. (3-02965)
(20 gennaio 2004)

CÈ, GUIDO GIUSEPPE ROSSI, DARIO GALLI, LUCIANO DUSSIN, BALLAMAN, BIANCHI CLERICI, BRICOLO, CAPARINI, DIDONÈ, GUIDO DUSSIN, ERCOLE, FONTANINI, GIBELLI, GIANCARLO GIORGETTI, LUSSANA, FRANCESCA MARTINI, PAGLIARINI, PAROLO, POLLEDRI, RIZZI, RODEGHIERO, SERGIO ROSSI, STUCCHI e VASCON - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il recente caso Parmalat è con tutta probabilità solo all'inizio e riserverà nei prossimi mesi sorprese ancora più grandi sulle irregolarità commesse, sia da enti privati che da enti di carattere istituzionale;
già da oggi, comunque, risulta evidente l'assoluta superficialità con cui sono state condotte enormi transazioni finanziarie;
risulta assolutamente incomprensibile come primarie banche abbiano potuto emettere titoli per 20.000 miliardi delle vecchie lire, a fronte di un gruppo con un fatturato di circa 7-8 mila miliardi;
ancor più stridente risulta il confronto con quanto invece lo stesso sistema bancario pretende dalla media, piccola e piccolissima industria sul fronte delle garanzie reali per l'accesso al credito e per i parametri di bilancio richiesti alle stesse aziende -:
se il Governo abbia intenzione di intervenire in tale insostenibile situazione, adottando un'iniziativa normativa volta ad introdurre norme, che, imponendo al sistema bancario comportamenti paritari nei confronti del sistema industriale nazionale con parametri di garanzie e di trattamento (interessi, spese ed altri) il più possibile uguali per tutti, garantiscano una reale concorrenza tra istituti bancari e una situazione paritaria per tutti gli imprenditori, evitando che i privilegi concessi a pochi eletti siano poi, di fatto, pagati da tutti gli altri, che, come il caso Parmalat dimostra una volta di più, sono gli unici a fare economia vera e a produrre valore aggiunto per tutto il Paese. (3-02966)
(20 gennaio 2004)

DANIELE GALLI e TARDITI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la Società Autostrada Milano-Torino s.p.a. dal giorno 6 gennaio 2004 ha applicato un aumento sui pedaggi autostradali di circa il 4,65 per cento;
il Ministro dell'economia e finanze ha manifestato un'appropriata attenzione nei confronti di richieste di inopportuni aumenti tariffari in merito ai pedaggi autostradali;
le ripetute chiusure di alcuni tratti della stessa autostrada Milano-Torino, a causa delle cattive condizioni del manto stradale, le limitazioni di velocità a fronte dei numerosi, concomitanti e scarsamente segnalati cantieri connessi alla realizzazione di Tav, le condizioni di precaria sicurezza pregresse e contingenti della stessa autostrada ed il mancato adeguamento delle corsie a criteri di dinamicità, modernità e sicurezza sono state oggetto di iniziative istituzionali a vari livelli, tra cui un'interrogazione presentata in data 25 settembre 2003 dagli interroganti in merito alla gestione dell'autostrada Milano-Torino, un'interrogazione presentata in data 4 dicembre 2003 dal primo firmatario del presente atto di sindacato ispettivo in merito alla riduzione dei pedaggi in oggetto, a fronte del persistente disservizio nei confronti degli utenti, e un'iniziativa della regione Piemonte presso Autostrada Milano-Torino s.p.a., sempre per la riduzione dei pedaggi;
i disagi subiti dagli utenti si sono concretizzati sia in perdita di tempo, sia in effettivi danni;
le convenzioni che assicurano la gestione di tale tratta autostradale alla società in oggetto hanno reiterato il principio per cui, a fronte di un rinnovo di concessione o di aumenti delle tariffe, sarebbero dovuti corrispondere migliorie ed opere viarie collaterali, che, di fatto, non sussistono oggi -:
quali iniziative si intendano adottare per contenere i pedaggi inopportunamente corretti al rialzo da parte di Autostrada Milano-Torino s.p.a. e per migliorare le azioni di controllo, sia in merito all'effettiva osservanza di quanto stipulato in sede di convenzioni, che datano da un trentennio, sia riguardo all'effettiva necessità degli aumenti. (3-02967)
(20 gennaio 2004)