TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 315 di Mercoledì 28 maggio 2003

MOZIONI SUL COMMERCIO EQUO E SOLIDALE

La Camera,
premesso che:
il prezzo del caffè grezzo negli ultimi cinque anni è crollato dell'80 per cento, passando dai 550 dollari al quintale del 1997 agli attuali cento dollari, con costi di produzione superiori al costo di vendita;
la stessa sorte ha avuto il prezzo del cacao, il quale, dopo circa 15 anni nei quali il cacao grezzo ha aumentato il suo valore, nel 2000 ha toccato il suo record negativo ventennale e tale tendenza continua, creando notevoli problemi ai Paesi produttori e alle centinaia di migliaia di persone che vivono della coltivazione delle piante del cacao;
il caffè è la terza merce scambiata nel mondo dopo petrolio e acciaio, con una sua organizzazione, l'Organizzazione internazionale del caffè (Oic) ed una borsa internazionale;
questo crollo è dovuto ad un forte aumento della produzione, con l'aggiunta di un nuovo Paese produttore (il Vietnam), e ad un consumo dal basso tasso di crescita;
oggi il 40 per cento del mercato mondiale del caffè è nelle mani di quattro grandi multinazionali: la Procter & Gamble, la Philip Morris, la Kraft e la Nestlè;
questa grande concentrazione, secondo i dati della Banca mondiale, è una delle cause che ha fatto scendere il costo del chicco grezzo dell'80 per cento, lasciando nelle mani dei coltivatori solo il 7 per cento del prezzo finale di un etto di caffè lavorato;
la coltivazione del caffè è una risorsa fondamentale per numerosi Paesi, dall'America latina al sud-est asiatico, ed occupa oltre cinquanta milioni di lavoratori e milioni di imprese agricole, prevalentemente di piccole e medie dimensioni;
il totale della produzione mondiale, secondo i dati del 2001, è stata di 110 milioni di sacchi, 60 chili l'uno, con un consumo totale di 102 milioni di sacchi;
a seguito di questa crisi, le organizzazioni umanitarie prevedono che, solo nel centro America, circa un milione e mezzo saranno le persone ridotte alla fame;
negli ultimi anni il commercio equo e solidale si è rilevato uno dei modi più efficaci per promuovere lo sviluppo;
la Carta europea dei criteri del commercio equo e solidale recita: «Il commercio equo e solidale è un approccio alternativo al commercio convenzionale; esso promuove giustizia sociale ed economica, sviluppo sostenibile, rispetto per le persone e per l'ambiente, attraverso il commercio, l'educazione e l'azione politica. Il suo scopo è riequilibrare i rapporti con i Paesi economicamente meno sviluppati, migliorando l'accesso al mercato e le condizioni di vita dei produttori svantaggiati, attraverso una più equa distribuzione dei guadagni. Il commercio equo e solidale è una relazione paritaria fra tutti i soggetti coinvolti nella catena di commercializzazione: produttori, lavoratori, "Botteghe del mondo", importatori e consumatori. Il commercio equo e solidale:
a) promuove migliori condizioni di vita nei Paesi economicamente meno sviluppati, rimuovendo gli svantaggi sofferti dai produttori per facilitarne l'accesso al mercato;
b) tramite la vendita di prodotti, divulga informazioni sui meccanismi economici di sfruttamento, favorendo e stimolando nei consumatori la crescita di un atteggiamento alternativo al modello economico dominante e la ricerca di nuovi modelli di sviluppo;
c) organizza rapporti commerciali e di lavoro senza fini di lucro e nel rispetto e valorizzazione delle persone;
d) promuove i diritti umani, in particolare dei gruppi e delle categorie svantaggiate;
e) mira alla creazione di opportunità di lavoro a condizioni giuste, tanto nei Paesi economicamente svantaggiati come in quelli economicamente sviluppati;
f) favorisce l'incontro fra consumatori critici e produttori dei Paesi economicamente meno sviluppati;
g) sostiene l'autosviluppo economico e sociale;
h) stimola le istituzioni nazionali ed internazionali a compiere scelte economiche e commerciali a difesa dei piccoli produttori, della stabilità economica e della tutela ambientale;
i) promuove un uso equo e sostenibile delle risorse ambientali»;
nella carta italiana i criteri del commercio equo e solidale, sottoscritta dalla maggior parte delle Botteghe del mondo e degli importatori del commercio equo italiani, sono accolti questi stessi principi;
l'esperienza del commercio equo e solidale si è rilevato un importante strumento per favorire lo sviluppo dell'uomo e per promuovere regole internazionali in materia economica e commerciale ispirate a maggiore giustizia ed equità tra nord e sud del mondo;
il principale obiettivo del commercio equo e solidale, a breve termine, è fornire maggiori opportunità ai piccoli produttori e ai lavoratori dei Paesi in via di sviluppo e, in tal modo, apportare un contributo alla promozione di uno sviluppo sociale ed economico durevole per le loro popolazioni;
a più lungo termine, il commercio equo e solidale mira a orientare il sistema commerciale internazionale in un senso più equo, istituendo un esempio ed esercitando pressioni su Governi, organizzazioni internazionali e imprese, affinché ne riconoscano e adottino le componenti principali;
il commercio equo e solidale opera in senso positivo sulla sensibilizzazione globale in merito alle relazioni nord-sud, soprattutto attraverso il rafforzamento della cooperazione da cittadino a cittadino;
il commercio equo e solidale garantisce ai produttori un rapporto continuativo ed un «prezzo equo», cioè che copre i costi di produzione, di esportazione, di importazione e di distribuzione ed anche le necessità primarie del produttore. Il «prezzo equo» in alcuni casi è determinato sulla base degli standard internazionalmente riconosciuti, come ad esempio il prezzo equo minimo per il caffè, che si basa su quei 120 dollari per 100 libre fissati come prezzo minimo negli accordi internazionali, in altri le organizzazioni del commercio equo e i produttori stabiliscono di comune accordo il «prezzo equo», sulla base del costo delle materie prime, del costo del lavoro locale, della retribuzione dignitosa e regolare contro lo sfruttamento del lavoro minorile. Il «prezzo equo» viene mantenuto anche nei casi in cui crolli il prezzo, garantendo comunque al produttore, grazie all'eliminazione di tutte quelle intermediazioni speculative dalla filiera produttiva e distributiva, un sicuro guadagno;
in Europa sono nati diversi marchi di garanzia nazionali per la necessità di inserire i prodotti equo e solidali anche in canali distributivi tradizionali nazionali: il primo di essi, Max Havelaar, è stato fondato nel 1986 in Belgio, per poi diffondersi in Francia, Svizzera, Danimarca, Finlandia, Norvegia e Svezia; di seguito, sono nati TransFair International in Germania, Austria, Lussemburgo, Giappone, Stati Uniti, Canada e Italia; in Inghilterra il marchio di garanzia porta il nome di Fair Trade Foundation e in Irlanda di Irish Fair Trade Network;
in Italia, dopo la nascita del marchio di garanzia TransFair, gestito dall'associazione TransFair Italia, associazione senza scopo di lucro costituita da organizzazioni che operano nel campo della solidarietà, della cooperazione internazionale, dell'educazione allo sviluppo e aderente a FLO (Fair Trade Label Organization), nel 1994, per i prodotti del commercio equo e solidale, prima presenti in Italia solo nelle Botteghe del mondo (circa 200 punti vendita nel 1995) e in alcuni canali di piccolo dettaglio, è iniziata la diffusione in mercati più ampi e, in particolare, in alcune catene della grande distribuzione organizzata;
secondo i dati provenienti da varie agenzie di ricerca, i prodotti equi e solidali sono disponibili in circa il 35 per cento della distribuzione italiana;
dai dati relativi all'anno 2000, tratti da «Fair Trade in Europe 2001», risulta che in Italia le Botteghe del mondo - organizzazioni no profit che vendono prodotti equi e solidali - sono 374, in Europa 2.740 in 18 Paesi. I supermarket che vendono prodotti del commercio equo e solidale sono 2.620 in Italia, 43.100 in 18 Paesi europei; gli importatori sono 7, con l'esclusione delle Botteghe che importano direttamente in Italia, 97 in 18 Paesi europei; i volontari sono 1.500 in Italia, 96.000 in 18 Paesi europei, con un fatturato stimato superiore ai 16.100.000 euro in Italia, 369.000.000 euro in Europa;
numerosi comuni italiani hanno emanato specifiche delibere per favorire l'uso di prodotti equi e garantiti nelle manifestazioni pubbliche;
le regioni Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Toscana, Veneto e Umbria hanno emanato apposite leggi regionali per la promozione e lo sviluppo del commercio equo e solidale;
il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione l'8 ottobre 1991 sul sostegno attivo ai piccoli coltivatori di caffè del terzo mondo, mediante una politica mirata di approvvigionamento e di introduzione di tale prodotto di provenienza del commercio equo e solidale nelle istituzioni comunitarie;
il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sulla promozione del commercio equo e solidale fra nord e sud, la n. A3-0373/93 del 19 gennaio 1994;
nel 1998 è stata approvata dal Parlamento europeo la risoluzione n. 198/98 sul commercio equo e solidale, nella quale, tra l'altro, si chiede alla Commissione europea:
«a) di fare in modo che il sostegno al commercio equo e solidale diventi elemento integrante della politica estera di cooperazione allo sviluppo e commerciale dell'Unione europea, compreso lo sviluppo di codici di condotta per le società multinazionali operanti nei Paesi in via di sviluppo e, in particolare, di garantire un adeguato coordinamento tra le direzioni e i servizi competenti, nonché di istituire le necessarie strutture amministrative per metterlo in pratica.
b) che la promozione del commercio equo e solidale sia inserita come strumento di sviluppo nella conclusione di un nuovo accordo con i Paesi dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico (Acp)»;
la comunicazione della Commissione europea al Consiglio sul commercio equo e solidale del 1999 recita: «Va rilevato che, se il commercio equo e solidale può essere considerato come una forma di "commercio leale", di solito il termine viene utilizzato per designare pratiche commerciali non solo moralmente corrette, ma specificamente intese a rafforzare la posizione economica dei piccoli produttori, che, altrimenti, rischiano di trovarsi marginalizzati dai flussi di scambio convenzionali. Si parla più propriamente di "commercio leale" o di "pratiche commerciali moralmente corrette" in riferimento alle attività delle società multinazionali operanti nei Paesi in via di sviluppo (per esempio codici di condotta), intese a dimostrare le loro responsabilità etiche e sociali nei confronti dei dipendenti o dei soci»;
la citata comunicazione della Commissione al Consiglio del 1999 ha definito al punto due che la pratica del commercio equo e solidale favorisce particolarmente i piccoli produttori, soprattutto agricoltori e artigiani, i quali spesso vivono in regioni rurali periferiche e non producono in quantità sufficiente per esportare direttamente, cosicché dipendono da intermediari, sia per la vendita dei prodotti che per l'assunzione di credito. Alcuni di essi hanno cercato di ridurre tale dipendenza associandosi in cooperative e mettendo in comune risorse, attrezzature e competenze tecniche e, talvolta, anche servizi collettivi, come la sanità e l'istruzione;
le organizzazioni commerciali alternative possono dare una spinta decisiva allo sviluppo di queste cooperative, con il pagamento di un prezzo equo e con la prestazione di assistenza di vario tipo, dall'acquisto di un fax alla consulenza in materia di esportazioni;
tra le iniziative di questo genere possono rientrare il pagamento di anticipi ai produttori e l'instaurazione di rapporti contrattuali che offrano a questi ultimi una sicurezza a lungo termine. In questo modo viene garantita la stabilità dei redditi, facilitando la pianificazione e l'investimento, e i produttori possono esercitare un maggiore controllo sulla trasformazione e commercializzazione dei loro prodotti. Una parte del reddito può essere persino utilizzata per accrescere la capacità, per esempio in vista della costituzione di organizzazioni di produttori o per l'allestimento di strutture che permettano di aggiungere valore, come la trasformazione del caffè;
va sottolineato che i profitti ricavati dal commercio equo e solidale vanno a beneficio di un'intera comunità e non di singoli individui;
il concetto di commercio equo e solidale si applica principalmente agli scambi tra Paesi in via di sviluppo e Paesi economicamente avanzati. Esso non incide direttamente sui beni prodotti all'interno dell'Unione europea, dove le norme sociali ed ambientali sono già sancite dalla legge;
le azioni in materia di commercio equo e solidale sorgono per iniziativa di organizzazioni non governative private. Esse si basano su un sistema di incentivi, nel senso che poggiano sulla scelta dei consumatori e non cercano di manovrare il commercio o di erigere barriere per impedire l'accesso al mercato di taluni Paesi. Il consumatore ha così la possibilità di elevare il tenore di vita dei produttori nei Paesi in via di sviluppo, grazie ad un approccio sostenibile ed orientato verso il mercato;
la Commissione europea, nella comunicazione n. 366 del 2002, «Promoting an European framework for Corporate Social Responsibility», nel paragrafo 3.4, «Social and eco-labels», e nella comunicazione n. 416 del 2002, «Promoting Core Labour Standards and Improvingt Social Governance in the Context of Globalisation», paragrafo 5.3, «Private and voluntary schemes for the promotion of core labour standards: Social labelling and industry codes of conduct», sostiene la necessità di sistemi chiari di certificazione sociale e definisce, tuttavia, l'esperienza dei marchi di garanzia di commercio equo e solidale come una delle esperienze più avanzate di certificazione sociale;
i prodotti attualmente venduti nell'Unione europea, attraverso le varie iniziative di commercio equo e solidale, sono principalmente caffè, manufatti artigianali, tè, cioccolato, frutta secca, miele, zucchero, banane ed altri, tra i quali recano attualmente il marchio di garanzia di commercio equo e solidale: caffè, cacao, banane, zucchero, miele, tè, succhi, riso, fiori e palloni. Secondo le stime, il fatturato nell'Unione europea si aggirava intorno a 175 milioni di euro nel 1994 e tra i 200 e i 250 milioni di euro nel 1997;
di questo fatturato globale, il 60 per cento circa è costituito da prodotti alimentari, di cui il caffè rappresenta a sua volta la metà. Tuttavia, il caffè equo e solidale rappresenta appena il 2 per cento di tutto il caffè commercializzato nell'Unione europea;
nell'insieme, l'11 per cento della popolazione dell'Unione europea ha già acquistato prodotti equi e solidali, con ampie variazioni da un Paese all'altro, che vanno dal 3 per cento in Portogallo e Grecia al 49 per cento dei Paesi Bassi;
la libera imprenditoria, la produzione e la vendita del caffè sono minacciate dalla concentrazione in poche mani del controllo del mercato mondiale, che delocalizza la grande produzione verso aree nuove a più basso costo salariale e sociale, determinando bassissimi costi alla produzione, a cui, peraltro, non corrispondono poi investimenti di sviluppo o diminuzioni di prezzo al dettaglio. È un sistema di globalizzazione selvaggio, che, di fatto, nega qualsiasi libertà di mercato e di concorrenza leale, depredando il territorio e sfruttando le manodopere locali con forme di lavoro e di remunerazione spesso simili alla schiavitù;

impegna il Governo:

ad introdurre, a pieno titolo, il sostegno al commercio equo e solidale come elemento integrante della politica estera di cooperazione allo sviluppo e commerciale dell'Italia nei confronti dei Paesi in via di sviluppo;
ad incentivare i comportamenti etici dei singoli cittadini, delle famiglie e delle imprese, anche in occasione del prossimo disegno di legge finanziaria, attraverso una defiscalizzazione di una parte dei loro consumi eticamente indirizzati all'acquisto di prodotti della rete equo-solidale;
ad introdurre, a pieno titolo, il sostegno ai prodotti del commercio equo e solidale garantiti secondo gli standard delle organizzazioni esterne di certificazione del Fair Trade, come le organizzazioni associate in Fairtrade Labelling Organisations, ed inoltre a sostenere, allo stesso modo, i prodotti importati e commercializzati secondo i criteri stabiliti dalla carta italiana dei criteri del commercio equo e solidale immessi sul mercato italiano da importatori e Botteghe del mondo, che l'hanno sottoscritta;
a mettere in atto misure di sostegno fiscale in favore delle organizzazioni di commercio equo e solidale, al fine di far crescere, anche in Italia, come già presente nel resto d'Europa, questa importante esperienza;
a promuovere, attraverso apposite campagne informative televisive, radiofoniche e sulla carta stampata, le esperienze di commercio equo e solidale come strumento di lotta alla povertà, al fine di sensibilizzare i cittadini italiani;
a favorire la presenza nelle scuole di programmi di educazione allo sviluppo e alla solidarietà internazionale, contrasto alla povertà e lotta alla fame, per una maggiore conoscenza delle risorse naturali e per un loro uso consapevole.
(1-00110) «Fioroni, Lucà, Bindi, Bolognesi, Castagnetti, Violante, Boato, Giordano, Rizzo, Intini, Pecoraro Scanio, Abbondanzieri, Annunziata, Bandoli, Banti, Battaglia, Bettini, Giovanni Bianchi, Bimbi, Bottino, Bressa, Bulgarelli, Camo, Carra, Cento, Ciani, Maura Cossutta, Cusumano, Delbono, Detomas, Duilio, Fanfani, Franceschini, Frigato, Gentiloni Silveri, Giacco, Grillini, Iannuzzi, Labate, Ladu, Santino Adamo Loddo, Loiero, Lucidi, Maccanico, Mancini, Mantini, Mantovani, Marcora, Raffaella Mariani, Mattarella, Mazzuca Poggiolini, Meduri, Merlo, Monaco, Mosella, Olivieri, Parisi, Pistone, Realacci, Reduzzi, Rocchi, Rusconi, Ruzzante, Soro, Stradiotto, Tanoni, Valpiana, Villetti, Volpini, Zanella, Zanotti, Kessler, Pinotti, Cima».
(25 settembre 2002).

La Camera,
premesso che:
il commercio equo e solidale si pone come approccio parallelo al commercio tradizionale e con lo scopo di promuovere la giustizia sociale economica e lo sviluppo sostenibile;
tale commercio si propone di garantire ai prodotti dei Paesi in via di sviluppo il «giusto guadagno» e condizioni di lavoro dignitose, attraverso il sostegno ai progetti di autosviluppo;
il commercio equo e solidale si inserisce nel più vasto ambito della cooperazione con i Paesi in via di sviluppo (Pvs);
la crisi dei prodotti di base dei Paesi in via di sviluppo ha una molteplicità di ragioni;
si pone la necessità da un lato di promuovere il miglioramento della qualità dei prodotti, dall'altro di favorire, anche attraverso specifici progetti, la diversificazione produttiva per evitare la dipendenza delle loro economie da una monocultura predominante;
la crisi colpisce in misura maggiore le economie dei Paesi meno avanzati (Pma), un gruppo di 49 Stati particolarmente afflitti da difficili condizioni economiche;
il Governo italiano svolge un ruolo attivo nelle situazioni di emergenza economica che coinvolgono tali Paesi;
l'Italia partecipa attivamente anche con proprie risorse finanziarie alle varieiniziative e ai progetti in ambito internazionale Unctad, Omc, Itc, Fmi, organizzazioni settoriali dei prodotti di base ed altri, nonché ai progetti e alle politiche comunitarie aventi lo scopo di aiutare i Paesi in via di sviluppo a sviluppare la loro capacità ad integrarsi meglio nell'economia globale;
l'Italia, inoltre, sensibilizza il settore privato a partecipare alle iniziative per creare infrastrutture e imprese in loco, che possano creare lavoro ed aiutare le economie di questi Paesi ad una maggiore capacità produttiva e gestionale delle proprie risorse;
già nel 1998, il Parlamento europeo ha riconosciuto il commercio equo e solidale in termini politici ed economici, chiedendo l'elaborazione di criteri comuni, di un marchio unico e riconoscibile;
la recente legge delega per la riforma del sistema fiscale statale del 7 aprile 2003, n. 80, di iniziativa governativa, ha già previsto (articolo 5), sulla base dello standard comunitario, che la riforma dell'Iva sia, tra l'altro, ispirata ad «escludere dalla base imponibile dell'imposta del valore aggiunto e da ogni altra forma di imposizione a carico del soggetto passivo la quota del corrispettivo destinato dal consumatore finale a finalità etiche»;
condividendo gli sforzi che il Governo sta effettuando per l'attuazione della delega fiscale;

impegna il Governo:

a proseguire nella politica assunta, ispirata da finalità etiche.
(1-00211) «Raisi, Saglia, Mazzocchi, Arrighi, Airaghi, Gamba, Messa, Zaccheo, Garnero Santanché, Trantino, Gallo, Giorgio Conte, Strano».
(26 maggio 2003).

La Camera,
premesso che:
il commercio equo e solidale è un'attività che coinvolge più soggetti e si attua attraverso una rete mondiale complessa ed articolata;
i principali soggetti coinvolti nel commercio equo e solidale sono «Flo», l'ente di certificazione che rilascia il marchio di garanzia dei prodotti, la rete delle Botteghe del mondo e l'Ifat, l'associazione mondiale delle organizzazioni ATOs (Alternative trade organization), cioè le organizzazioni no profit, il cui lavoro consiste nel comprare prodotti (agricoli o artigianali) da piccoli produttori nelle economie più povere, pagando un prezzo che consente loro di condurre una vita dignitosa;
il commercio equo e solidale non si esaurisce nell'attività di scambio commerciale, ma contempla anche l'informazione al consumatore riguardo i produttori e i loro prodotti per mezzo di pamphlets illustrativi, che accompagnano i prodotti venduti, presentazioni con diapositive, manifestazioni, riviste, convegni e corsi di aggiornamento; inoltre, si offre anche assistenza ai produttori e addestramento professionale nello sviluppo del prodotto (o meglio del prodotto-progetto), migliorandone il marketing, nonché l'affidabilità, e facendo in modo che essi condividano la specializzazione e l'esperienza acquisite fra di loro;
nel nostro Paese esistono circa 270 botteghe di commercio equo e solidale, ma i prodotti sono venduti anche da negozi commerciali e supermercati (Coop, Esselunga);
nel nostro Paese il commercio equo e solidale è particolarmente diffuso nelle regioni settentrionali: la maggior parte degli acquisti viene fatta in Lombardia (30 per cento) e Veneto (15 per cento), ma significativi sono anche i volumi delle vendite di Trentino Alto Adige, Piemonte ed Emilia Romagna;
il commercio equo e solidale è uno strumento valido di sviluppo, perché sostiene e favorisce l'iniziativa locale nei Paesi più poveri, aiutandoli a conservare le proprie tradizioni economiche e sociali valorizzandole, eliminando alcune cause di disagio che spesso portano all'abbandono della propria terra;
il commercio equo e solidale fa leva sulla consapevolezza e la scelta critica del consumatore finale, che decide talvolta di pagare un prezzo maggiore per determinati prodotti, sia per la loro qualità che per il loro valore etico;
l'attuale Governo ha già assunto orientamenti a favore del consumo consapevole e dello sviluppo dei Paesi in ritardo, prevedendo, tra l'altro, nella legge delega per la riforma del sistema fiscale n. 80 del 2003 che la riforma dell'Iva sia, tra l'altro, ispirata ad «escludere dalla base imponibile (..) e da ogni altra forma di imposizione a carico del soggetto passivo la quota del corrispettivo destinato dal consumatore a finalità etiche»;

impegna il Governo:

a sviluppare strumenti di monitoraggio sull'attività di coloro che operano nell'ambito del commercio equo e solidale e nel rilascio del relativo marchio, al fine di offrire un'ulteriore garanzia al consumatore finale;
a studiare, in sede di conferenza Stato-regioni, metodi coordinati di sensibilizzazione dell'opinione pubblica sulla natura e sui fini del commercio equo e solidale, come strumento di lotta alla povertà, e a promuovere un'armonizzazione nelle normative e nella pianificazione commerciale in materia di sostegno ed incentivazione alla diffusione del commercio equo e solidale;
a valutare l'opportunità di mettere a punto un aggiornamento della normativa in materia di cooperazione allo sviluppo, che comprenda anche il commercio equo e solidale.
(1-00213) «Cè, Dario Galli, Polledri, Martinelli».
(27 maggio 2003).


MOZIONI SUL COSTO DELLA VITA

La Camera,
premesso che:
il cosiddetto «collegato fiscale», recante la delega al Governo per la riforma fiscale statale, recentemente approvato non prevede «il costo della vita» come criterio per l'adozione di deduzioni dal reddito complessivo;
in occasione della discussione del disegno di legge finanziaria per l'anno 2002, in aula è stato accolto dal Governo, come raccomandazione, l'ordine del giorno n. 9/1984/30, che impegna il Governo, in considerazione del diverso tenore di vita esistente nel Paese, ad utilizzare criteri correlati al costo della vita nell'applicazione delle misure fiscali, al fine di agevolare le fasce meno abbienti ed introdurre il fattore costo della vita nella determinazione dell'indicatore socio-economico per l'accesso ai servizi sociali agevolati;
nel rapporto del Fondo monetario internazionale, elaborato a conclusione della recente missione nel nostro Paese, si evidenzia il fenomeno delle differenziazioni di salari, occupazione e redditi nell'ambito delle regioni interne del Paese, differenziazioni che richiedono l'applicazione di idonee misure per correggerne le distorsioni conseguenti; a tal proposito, il rapporto del Fondo monetario internazionale contiene espressamente l'invito al Governo a concedere «le indennità di carovita», sulla base del diverso costo della vita a livello regionale;

impegna il Governo

ad adottare iniziative normative finalizzate ad introdurre il criterio del «costo della vita» ai fini delle deduzioni da applicare nella tassazione dei redditi dei contribuenti residenti in regioni con un costo della vita più elevato, al fine di sostenere ed equiparare i redditi nelle diverse regioni del Paese.
(1-00093) (Nuova formulazione) «Sergio Rossi, Cè, Caparini, Pagliarini, Polledri, Rizzi, Martinelli, Guido Giuseppe Rossi, Fontanini, Francesca Martini, Didonè, Bricolo».
(4 luglio 2002)

La Camera,
premesso che:
in occasione della discussione del disegno di legge finanziaria per l'anno 2002, in aula è stato accolto dal Governo, come raccomandazione, l'ordine del giorno n. 9/1984/30, che impegna il Governo, in considerazione del diverso tenore di vita esistente nel Paese, ad utilizzare criteri correlati al costo della vita nell'applicazione delle misure fiscali, al fine di agevolare le fasce meno abbienti ed introdurre il fattore costo della vita nella determinazione dell'indicatore socio-economico per l'accesso ai servizi sociali agevolati;
tale misura è del tutto inadeguata, in quanto, invece di introdurre il costo della vita come criterio da adottare nell'applicazione delle misure fiscali, il Governo dovrebbe impegnarsi per contenere l'aumento del costo della vita stesso;
permane una differente valutazione tra l'Istat e numerose associazioni di consumatori, in merito all'incremento reale del costo della vita;
le predette associazioni hanno chiesto all'Istat una documentazione riguardante il «paniere», che, però, non è mai giunta;
appare inderogabile una modificazione dei criteri di rilevazione sull'incremento dei prezzi che incidono sul costo della vita, dal momento che sono cambiati bisogni e stili di vita della popolazione;
l'Istat ha clamorosamente sbagliato nella valutazione dell'ultimo aumento del costo della vita, senza che nessun provvedimento sia stato preso nei confronti dei dirigenti dell'istituto;
l'inflazione programmata, su cui vengono calcolati gli aumenti retributivi dei prossimi rinnovi contrattuali, risulta essere comunque pari a circa la metà di quella statisticamente rilevata, la quale, per le ragioni suddette, viene messa in dubbio da parte di autorevoli ricerche;
può, quindi, determinarsi una diminuzione reale del potere d'acquisto per milioni di lavoratori, addirittura come conseguenza non voluta dei rinnovi contrattuali;
la liberalizzazione di molti servizi un tempo pubblici ha provocato una lievitazione dei prezzi e dei costi per i cittadini, abbassando ulteriormente la capacità d'acquisto delle famiglie italiane, che, secondo le principali associazioni dei consumatori, hanno perduto 2000 euro nel periodo che va dal 1o gennaio 2002;
il nuovo sistema di «mercato condizionato», reso operativo dal 1996 dal Governo per il monitoraggio dell'andamento dei prezzi basati sul metodo price-cap (che è determinato dal tasso di inflazione programmato, indicato nel documento di programmazione economico-finanziaria e nella relazione previsionale programmatica, al quale si sottrae la percentuale di recupero di produttività che l'autorità competente ritiene possibile ed utile da parte della società e degli enti erogatori dei servizi di pubblica utilità), non ha prodotto gli effetti desiderati. D'altro canto, il «blocco dei prezzi» promesso dal Governo è stato ridotto per portata, quantità ed entità dallo stesso al punto da renderlo inefficace;

impegna il Governo:

a garantire con appositi criteri che con l'imminente rinnovo del consiglio dell'Istat si pervenga ad una composizione dell'organismo che rappresenti la pluralità di approcci tecnici e scientifici al tema, in grado così di porre sotto osservazione e di rilevare nel modo migliore l'andamento reale del costo della vita;
a sostenere la necessità di una revisione dei sistemi di rilevazione attraverso l'individuazione di indici del costo della vita differenziati per le diverse fasce sociali, abitudini di consumo e capacità di spesa;
a sostenere la necessità di un rafforzamento dell'indagine sui consumi delle famiglie, per determinare in modo più rispondente al vero il peso all'interno del paniere delle sue componenti;
ad adottare iniziative volte all'istituzione di una commissione nazionale per la gestione dell'indice del costo della vita e del paniere, che sia rappresentativa delle parti sociali e delle associazioni dei consumatori;
a sostenere l'introduzione di un meccanismo automatico, che, almeno, permetta il riallineamento annuale dell'inflazione programmata a quella reale, con conseguente obbligo per i datori di lavoro pubblici e privati di reintegrare le retribuzioni della differenza;
ad attivarsi perché sia garantito il diritto di ogni famiglia di avere prezzi molto più contenuti per «i beni e i servizi di pubblica utilità», assicurando, tramite tale via, alcuni dei diritti negati dalle liberalizzazioni;
a far sì che nell'erogazione dei beni e dei servizi di pubblica utilità vi sia una quota che non risponda alla logica del prezzo di mercato, bensì a quella di un prezzo formato dal puro costo del bene o del servizio, fermo restando che per «prezzo di costo» va inteso il prezzo comunemente definito «di mercato», con l'esclusione della quota finanziaria riconducibile all'investimento necessario per la costruzione delle reti ed ai suoi ammortamenti, della quota fiscale diretta o accessoria attribuibile all'esercizio del servizio, nonché della quota riconducibile al profitto delle imprese;
ad attivarsi affinché la quantità del servizio da sottoporre a prezzi di costo sia rapportata alla sua natura di necessità e calcolata proporzionalmente al numero dei soggetti che costituiscono un nucleo familiare, escludendo quei nuclei familiari che hanno un reddito superiore agli 80 milioni di vecchie lire annue;
a far sì che siano definiti come beni e i servizi di pubblica utilità per il consumo familiare in primo luogo i seguenti: energia elettrica, gas per riscaldamento e alimentazione, acqua e depurazione della stessa, comunicazioni telefoniche fisse, raccolta e smaltimento dei rifiuti solidi urbani, trasporti.
(1-00174) «Alfonso Gianni, Giordano, Mascia, Russo Spena, Deiana, Titti De Simone, Mantovani, Valpiana, Vendola, Pisapia».
(24 marzo 2003)


INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

CÈ, GUIDO GIUSEPPE ROSSI, DARIO GALLI, LUCIANO DUSSIN, BALLAMAN, BIANCHI CLERICI, BRICOLO, CAPARINI, DIDONÈ, GUIDO DUSSIN, ERCOLE, FONTANINI, GIBELLI, GIANCARLO GIORGETTI, LUSSANA, MARTINELLI, FRANCESCA MARTINI, PAGLIARINI, PAROLO, POLLEDRI, RIZZI, RODEGHIERO, SERGIO ROSSI, STUCCHI e VASCON. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
nel documento approvato dalla conferenza dei presidenti delle regioni del 19 settembre 2002 era emerso che, ad un anno dall'accordo dell'8 agosto 2001 sulla spesa sanitaria, le regioni avevano portato avanti, sia pure con tempi e modalità diverse, un percorso virtuoso per il raggiungimento degli obiettivi concordati con il Governo, attuando misure di copertura e di rientro dal disavanzo, che complessivamente hanno assicurato la copertura dell'intero squilibrio finanziario dell'anno 2001;
in relazione alla verifica degli adempimenti regionali, il ministero dell'economia e delle finanze, tuttavia, aveva espresso il timore che alcune regioni si fossero limitate ad adottare misure di correzione «di facciata» (tra cui le cartolarizzazioni e gli interventi con effetti diluiti nel tempo);
secondo le rilevazioni del ministero dell'economia e delle finanze, in relazione al 2001, le uniche regioni «in regola» sarebbero state Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto, Toscana, Umbria, Marche, Basilicata e Puglia, mentre Lazio e Campania si sarebbero limitate ad interventi «di facciata» e la Sardegna sarebbe rimasta in alto mare nel ripianamento dei disavanzi pregressi;
in merito ai disavanzi relativi alla spesa sanitaria nel 2002, la «Relazione generale sulla situazione economica del Paese nel 2002» evidenzia come, nonostante gli effetti di razionalizzazione prodotti dall'accordo Stato-regioni dell'8 agosto 2001, continui a permanere un disavanzo complessivo di 3.835 milioni di euro, distribuito differentemente tra le venti regioni;
anche in relazione al 2002, si ripresenta il pericolo che alcune regioni, al fine di ripianare il disavanzo del settore sanitario, ricorrano a correttivi «di facciata» -:
quale sia il giudizio complessivo del Ministro interrogato sulla politica di bilancio delle regioni nel settore sanitario relativa all'esercizio finanziario 2002, specificando se siano in programma interventi di ripianamento dei disavanzi delle regioni che presentano gli extra-deficit più vistosi. (3-02318)
(27 maggio 2003).

LA RUSSA, AIRAGHI, ALBONI, AMORUSO, ANEDDA, ARMANI, ARRIGHI, ASCIERTO, BELLOTTI, BENEDETTI VALENTINI, BOCCHINO, BORNACIN, BRIGUGLIO, BUONTEMPO, BUTTI, CANNELLA, CANELLI, CARDIELLO, CARRARA, CARUSO, CASTELLANI, CATANOSO, CIRIELLI, COLA, GIORGIO CONTE, GIULIO CONTI, CORONELLA, CRISTALDI, DELMASTRO DELLE VEDOVE, FASANO, FATUZZO, FIORI, FOTI, FRAGALÀ, FRANZ, GALLO, GAMBA, GERACI, GHIGLIA, ALBERTO GIORGETTI, GIRONDA VERALDI, LA GRUA, LASTARZA, LAMORTE, LANDI DI CHIAVENNA, LANDOLFI, LEO, LISI, LO PRESTI, LOSURDO, MACERATINI, MAGGI, MALGIERI, GIANNI MANCUSO, LUIGI MARTINI, MAZZOCCHI, MENIA, MEROI, MESSA, MIGLIORI, MUSSOLINI, ANGELA NAPOLI, NESPOLI, ONNIS, PAOLONE, PATARINO, ANTONIO PEPE, PEZZELLA, PORCU, RAISI, RAMPONI, RICCIO, RONCHI, ROSITANI, SAGLIA, SAIA, GARNERO SANTANCHÈ, SCALIA, SELVA, SERENA, STRANO, TAGLIALATELA, TRANTINO, VILLANI MIGLIETTA, ZACCHEO e ZACCHERA. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
la razionalizzazione del sistema sanitario nazionale, attuata nel 1999 attraverso la cosiddetta «riforma Bindi», ha disposto il prepensionamento dei professori ordinari della facoltà di medicina e chirurgia, per la sola attività clinica, al compimento del sessantasettesimo anno di età e l'interruzione automatica dell'attività di ricerca sul malato;
il professore ordinario che viene destituito soltanto dall'attività medico - assistenziale continua, fino a 70/72 anni secondo la normativa universitaria, un'attività didattica penalizzata dalla mancanza di ogni contatto col malato e la sua cartella clinica;
il medico sessantasettenne è costretto ad interrompere anche la propria attività di ricerca, indipendentemente da tutti i concorsi vinti e dai finanziamenti ottenuti dal ministero della ricerca, dall'Unione europea e dagli enti privati, impoverendo l'attività didattica e penalizzando ulteriormente l'iter formativo degli studenti, già costretti ad accontentarsi di lezioni prive di applicazioni pratiche, fondamentali per un giovane medico;
ogni docente è soggetto a regole diverse, non solo a seconda della regione, ma anche da ateneo ad ateneo, dal momento che le regioni si sono regolate in pieno stile devolution, attuando autonome convenzioni con atenei oppure non attuandole affatto, e gli atenei sotto convenzione le hanno attuate con tempi differenziati, acuendo il già diffuso malcontento sull'applicazione della normativa in questione -:
se il Ministro interrogato non ritenga opportuno adottare iniziative al riguardo, in particolare, al fine di sanare la grave disparità di trattamento tra il personale docente, che ha compiuto i sessantasette anni e che deve interrompere l'attività clinica, ed i colleghi più giovani e per garantire allo studente in medicina e chirurgia ed al medico specializzando un'attività didattica ai massimi livelli, sia per l'attività di ricerca, sia per l'attività di assistenza a contatto col paziente, essendo queste attività fondamentali nell'iter formativo dei futuri medici, indipendentemente dall'età del docente. (3-02319)
(27 maggio 2003).

RUSCONI, RUGGERI, DUILIO e DELBONO. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
negli scorsi giorni la Camera dei deputati ha approvato la conversione del decreto-legge per arrestare la violenza negli stadi;
in tale occasione il Governo ha dichiarato che il 43 per cento degli stadi non risponde a condizioni di sicurezza e che la percentuale sale a dismisura per le strutture dei campionati minori;
l'istituto del credito sportivo non sembra incontrare il favore degli enti locali, già gravati da altri mutui e con vincoli finanziari noti;
i contributi a fondo perduto di regioni e province per le strutture sportive sono carenti e in progressivo calo -:
quali interventi, risorse e finanziamenti siano previsti per gli enti locali e le società sportive, in coerenza con l'articolo 90 della legge finanziaria per il 2003, per poter permettere in tempi brevi ristrutturazioni urgenti e indifferibili delle strutture sportive. (3-02320)
(27 maggio 2003).

VOLONTÈ e NARO. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
alcuni rappresentanti dei creditori che possiedono titoli dello Stato argentino, in default dal dicembre 2001, avrebbero avanzato una proposta di trasformare tali crediti vantati nei confronti dell'Argentina in investimenti;
analoghe proposte erano state già avanzate dai risparmiatori giapponesi in occasione della visita a Tokio del segretario di finanza del ministero dell'economia argentino Nielsen;
rispetto alla proposta giapponese, che richiedeva in cambio dei titoli di Stato parti del territorio argentino, la proposta italiana prevede la trasformazione dei titoli in nuovi investimenti;
il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri, onorevole Mario Baccini, avrebbe trasmesso tale proposta al suo collega argentino, Martin Redrado, nel corso dell'insediamento della commissione economica mista italo-argentina;
non risulterebbero, al momento, aziende pubbliche argentine da mettere sul mercato, così come avvenne durante gli anni ottanta, quando i titoli di Stato sono stati utilizzati per acquistare le aziende pubbliche da privatizzare con forti sconti -:
quale sia lo stato delle trattative in corso riguardo a tale vicenda, se abbia fondamento l'ipotesi di un pagamento dei debiti attraverso un titolo collegato agli introiti delle esportazioni argentine e quali siano le valutazioni del Ministro interrogato a riguardo. (3-02321)
(27 maggio 2003).

MONDELLO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
sembra sia destinato alla chiusura l'ufficio doganale di Sestri Levante, importante punto di riferimento per tante imprese del territorio;
il provvedimento dovrebbe scattare a partire dall'inizio del 2004 e ha già suscitato una serie di proteste per le conseguenze economiche ed occupazionali;
l'ufficio doganale di Sestri Levante è posto in posizione intermedia fra La Spezia e Genova e svolge un importante ruolo nell'ambito di un comprensorio vasto ed articolato, che si estende da Recco a Moneglia e che comprende le valli dell'entroterra, ove sono insediate numerose ed importanti aziende industriali esportatrici aventi rilevanza nazionale ed europea, oltre a numerose altre aziende di piccole e medie dimensioni con importanti rapporti con clienti esteri;
sotto la giurisdizione della dogana di Sestri Levante ricadono i porti turistici di Portofino, Santa Margherita Ligure, Rapallo, Chiavari e Lavagna (quest'ultimo è il più grande approdo turistico del Mediterraneo) -:
se non si ritenga opportuno riconsiderare la decisione di chiudere l'ufficio doganale di Sestri Levante, che riveste un'importanza qualificante e strategica per l'economia locale, mantenendo in funzione questo necessario pubblico ufficio. (3-02322)
(27 maggio 2003).

BOATO. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
l'Italia si appresta ad assumere la responsabilità di guida dell'Unione europea nel prossimo semestre. Anche in relazione a tale ruolo istituzionale e politico e, in generale, alla situazione europea, recentemente sono stati rinnovati appelli e iniziative in ordine al dramma costituito dal genocidio della popolazione della Cecenia;
nei diversi Stati nazionali e al Parlamento europeo nei confronti dei Paesi membri della Comunità e degli altri organismi internazionali, il 13 maggio 2003 è stato promosso, su iniziativa del deputato radicale al Parlamento europeo Olivier Dupuis, un manifesto al fine di sostenere il piano di pace «per l'indipendenza condizionata» presentato, afferma l'appello, «dal Ministro degli affari esteri della Repubblica cecena d'Ichkeria, Ilyas Akhmadov, che propone l'istituzione di un'amministrazione provvisoria delle Nazioni Unite, sulla base del disarmo dell'insieme delle forze cecene e del ritiro di tutte le forze militari e dell'amministrazione civile russe»;
tale proposta è stata sottoscritta da numerose personalità politiche e culturali della comunità internazionale e dell'Europa e sarà fra i prossimi temi di confronto nel Parlamento europeo, al pari dall'appello promosso da Adriano Sofri (il quale ha anche sottoscritto l'iniziativa di Dupuis), pubblicato sul quotidiano la Repubblica il 20 maggio 2003, per una manifestazione internazionale sulla tragedia russo-cecena;
una manifestazione, ha scritto Adriano Sofri ed hanno sottoscritto esponenti politici e istituzionali della comunità internazionale e dell'Italia (fra i quali il sindaco di Roma, Walter Veltroni, che ha invitato a Roma rappresentanti di tutte le culture politiche per un incontro internazionale che dovrebbe tenersi a giugno 2003), che sia «contro un genocidio in Europa, contro la degradazione di una fiera lotta per l'indipendenza in un capitolo del terrore internazionale (...). Le orribili stragi dei giorni scorsi provano ancora, se ce ne fosse bisogno, che non ci sarà pacificazione di quel martoriato Paese attraverso la repressione o la resistenza militare»;
tali appelli richiedono sia un'ampia mobilitazione civile e politica, sia immediati e opportuni interventi istituzionali, in primo luogo dell'Europa -:
quali siano gli impegni che il Governo italiano intenda promuovere e assumere, sia nella sua responsabilità di guida dell'Unione europea, nel prossimo semestre, sia quale Paese membro nei diversi organismi internazionali (in primis, l'Onu), o anche in sede bilaterale nei confronti della Russia, affinché tali appelli alla pace e al riconoscimento del diritto alla vita e alla democrazia del popolo ceceno abbiano un coerente e tempestivo esito istituzionale e politico. (3-02323)
(27 maggio 2003).

ALFONSO GIANNI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
in occasione delle recenti elezioni amministrative si sono verificati problemi dovuti allo smarrimento delle tessere elettorali;
del resto, l'utilizzo di tale strumento è stato autorevolmente criticato anche per quanto riguarda la riservatezza delle scelte del cittadino in materia di elezioni;
in una recentissima intervista (La Stampa del 27 maggio 2003), il Ministro interrogato ha dichiarato che non è impossibile un ritorno all'invio dei certificati elettorali, in funzione di memento pro-voto, e che molte persone hanno avuto difficoltà a ritrovare la tessera elettorale -:
se il Ministro interrogato non ravvisi la necessità di attuare quest'ultima misura - cioè l'invio dei certificati elettorali - in vista del prossimo appuntamento referendario del 15 e 16 giugno 2003 e se, nell'impossibilità di attuare quanto prima detto, non ritenga opportuno, soprattutto tramite la diffusione di spot televisivi su tutti i canali pubblici e privati, avvisare gli italiani dell'imminenza del voto e delle sue regole, così come è stato fatto in occasione della recente consultazione amministrativa. (3-02324)
(27 maggio 2003).

MARAN, RUZZANTE, INNOCENTI, CABRAS, CALZOLAIO, CRUCIANELLI, FOLENA, FUMAGALLI, MELANDRI, RANIERI, SERENI e SPINI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
nel corso di un recente incontro tenutosi a Gorizia per uno scambio di idee in merito alle sinergie da realizzare in vista del superamento dei confini, il sindaco di Nova Gorica (Slovenia), Mirko Brulc, ha affermato di aver ricevuto comunicazione da parte del Ministro degli esteri sloveno della disponibilità della vicina Repubblica di Slovenia di togliere definitivamente, il 1o maggio 2004, la rete che separa Gorizia da Nova Gorica;
si tratta di un fatto di grande valore simbolico per tutta la comunità europea, e non solo per quella italiana, di cui non può sfuggire il significato, specie se si considera che si tratta di riattivare, lungo confini sui quali si sono ammassate forze armate e ideologiche, una collaborazione che ha subito una cesura e uno strappo non facile da ricomporre nel breve periodo e che implica la messa in ombra dei motivi drammatici che hanno separato per cinquant'anni -:
quali passi intenda muovere il Governo affinché analoga disponibilità di togliere la rete venga espressa dal nostro Paese, in modo che il 1o maggio del 2004 sia anche per Gorizia e per la regione Friuli Venezia Giulia il primo giorno senza più il «muro». (3-02325)
(27 maggio 2003).