TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 314 di Marted́ 27 maggio 2003

INTERPELLANZA ED INTERROGAZIONI

A) Interpellanza

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere - premesso che:
il 18 marzo 2002 la procura della Repubblica presso il tribunale di Bari ha dato esecuzione a misure custodiali nei confronti del presidente dell'Eurispes per illeciti asseritamente consumati nella gestione dei corsi di formazione in Puglia alla fine degli anni novanta;
già dal primo mattino dello stesso giorno (18 marzo 2002), notizie Ansa riferivano ogni dettaglio sull'indagine e, addirittura, il testo dell'interrogatorio reso al pubblico ministero, dottor Roberto Rossi, da un teste a nome Petrelli, mentre la stessa fonte giornalistica riportava, tra virgolette, dichiarazioni del pubblico ministero secondo cui «L'Eurispes continua ad essere un pericoloso centro di illecito arricchimento»;
l'Ansa riportava, altresì, dichiarazioni testuali del pubblico ministero, dottor Roberto Rossi, nei confronti dei suoi stessi indagati, i quali venivano definiti «come soggetti altamente pericolosi» che avevano realizzato una «gestione arbitraria e predatoria del denaro pubblico»;
nel tardo pomeriggio del 18 marzo 2002 (esattamente alle ore 19.19), l'Ansa diffondeva un altro comunicato, attribuito in modo testuale al pubblico ministero, dottor Roberto Rossi, secondo cui «alle indagini ha collaborato l'allora pubblico ministero in servizio all'Olaf Nicola Piacente. A questo proposito devo dire, con dispiacere, che Piacente è stato estromesso dall'Olaf, privandoci di una collaborazione di prim'ordine. A Bruxelles sono sconcertati per questo episodio, dato che i magistrati italiani sono molto apprezzati all'estero» -:
se sia lecita e rispettosa dei principi e delle norme positive (stabilite dalla Costituzione e dal processo penale) la realizzazione di una conferenza stampa illustrativa di un'attività di indagine coperta da segreto investigativo e se nel corso della stessa possano essere diffusi particolari e dettagli istruttori ancora in via di accertamento, verifica e confronto;
se siano lecite e rispettose delle norme positive le dichiarazioni degli organi di un ufficio inquirente (nella specie l'affermazione del pubblico ministero, dottor Roberto Rossi) contro una istituzione culturale di rilievo pubblico (l'Eurispes), che, per fatto notorio, non può essere esecutrice in sé di alcuna attività delittuosa, trattandosi di una persona giuridica;
se sia lecito e rispettoso delle norme positive offendere gli indagati con gli epiteti «pericolosi predatori», in disprezzo non solo del principio di garanzia che qualifica un soggetto non colpevole prima della definitiva pronuncia di un giudice, ma della stessa dignità dell'ufficio del pubblico ministero, che in nessun modo può travalicare i limiti di continenza nelle espressioni verbali;
se possa ritenersi vero e possibile quanto riferito dal pubblico ministero, dottor Roberto Rossi, circa una collaborazione all'indagine da parte del dottor Nicola Piacente (asseritamene membro dell'Ufficio europeo di lotta antifrode-Olaf), considerata la circostanza che il predetto dottor Piacente non è mai stato assunto dall'Olaf, bensì dal Tribunale de L'Aja per i crimini commessi nella ex Jugoslavia e che lo stesso non ha mai (neanche per un solo giorno) potuto rivestire la funzione di investigatore presso l'Olaf, causa l'espresso diniego opposto dal ministero della giustizia e dal Presidente del Consiglio dei ministri;
se non siano, pertanto, frutto di fervida immaginazione del pubblico ministero, dottor Roberto Rossi, i costernati rilievi di Bruxelles sulla mai avvenuta «rimozione» del dottor Piacente;
se il Ministro interpellato, dinanzi a tali pesanti violazioni, intenda promuovere ogni doverosa attività di approfondimento delle circostanze di cui sopra ed assumere le eventuali conseguenti iniziative di propria competenza.
(2-00286)
«Mastella, Boato, Malgieri, Volontè, Mancini, Boccia, Intini, Deodato».
(21 marzo 2002)

B) Interrogazione

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 266 del codice penale, al primo comma, testualmente recita: «Chiunque istiga i militari a disobbedire alle leggi o a violare il giuramento dato o i doveri della disciplina militare o altri doveri inerenti al proprio stato, ovvero fa a militari l'apologia di fatti contrari alle leggi, al giuramento, alla disciplina o ad altri doveri militari, è punito, per ciò solo, se il fatto non costituisce un più grave delitto, con la reclusione da uno a tre anni»;
l'articolo 266 del codice penale, al secondo comma, testualmente recita: «La pena è della reclusione da due a cinque anni se il fatto è commesso pubblicamente», mentre il successivo quarto comma specifica che il reato si considera avvenuto pubblicamente quando il fatto è commesso «in una riunione che, per il luogo in cui è tenuta, o per il numero degli intervenuti, o per lo scopo od oggetto di essa, abbia carattere di riunione non privata»;
il reato previsto e punito dall'articolo 266 del codice penale è procedibile d'ufficio;
la norma incriminatrice è particolarmente importante, in quanto mira a preservare l'ordine interno delle forze armate - e quindi l'ordine pubblico militare - considerate quale organo fondamentale e indispensabile per la difesa della Patria e la conservazione delle istituzioni, come risulta sulla base della dottrina prevalente;
considerato il rilievo del bene giuridico tutelato, il legislatore ha scelto di anticipare la soglia di tutela, vietando condotte come l'istigazione e l'apologia, che sono meramente prodromiche di effettivi comportamenti antidoverosi da parte del personale che compone le forze armate, indipendentemente dal pericolo che potrebbe derivare all'istituzione dall'effettiva violazione dei precetti la cui inosservanza, tramite la condotta vietata, si vuole indurre;
è bene ricordare che il soggetto passivo del reato previsto e punito dall'articolo 266 del codice penale è lo Stato italiano, come titolare del bene giuridico protetto dalla norma, mentre i militari - cui è diretta l'istigazione - non sono soggetti passivi del delitto, perché non sono i soggetti titolari del bene tutelato, ma oggetto dell'istigazione;
i giornali quotidiani, con riferimento alla manifestazione del 10 novembre 2001 svoltasi a Roma, hanno riferito che Luca Casarini avrebbe invitato i soldati di leva «a disertare» (si veda Libero dell'11 novembre 2001, alla pagina 8);
pare evidente che nel fatto, così come riportato dai giornali, si possa ritenere integrata, sia sotto il profilo soggettivo che sotto il profilo oggettivo, la fattispecie di cui all'articolo 266 del codice penale, con l'aggravante prevista dal secondo comma del citato articolo, per essere stato il fatto commesso pubblicamente, cioè nell'ambito di una manifestazione che ha radunato decine di migliaia di persone;
essendo lo Stato il soggetto passivo del reato, ed essendo il reato procedibile d'ufficio, è di tutta evidenza la necessità, per lo Stato medesimo, di seguire con attenzione l'evolversi della situazione, per valutare, altresì, la necessità o quanto meno l'opportunità di provvedere alla costituzione di parte civile nei confronti di Luca Casarini, se ed in quanto abbia commesso il reato di cui si tratta -:
se le notizie riportate dalla stampa circa l'istigazione, da parte di Luca Casarini, alla diserzione rivolta ai militari di leva rispondano a verità e se, dunque, risulti iscritto, il predetto, nel registro generale delle notizie di reato della procura della Repubblica presso il tribunale di Roma;
se, laddove si proceda nei confronti di Luca Casarini per il reato previsto e punito dall'articolo 266 del codice penale, lo Stato, soggetto passivo del reato, intenda costituirsi parte civile per ottenere la giusta punizione di legge ed il ristoro dei danni non patrimoniali subiti.(3-00413)
(13 novembre 2001)

C) Interrogazione

ZANETTIN. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
è in corso l'informatizzazione dell'area civile degli uffici giudiziari del tribunale di Vicenza. Verranno installati nuovi programmi per la gestione informatizzata del contenzioso civile, in particolare il programma «Polis», un pacchetto applicativo che consentirà l'archiviazione e la diffusione dei provvedimenti emessi in materia civile, il cui utilizzo avrebbe dovuto trovare applicazione già dal mese di gennaio 2003;
per l'installazione di questi programmi e il loro utilizzo l'utente necessita, tuttavia, di un pc con prestazioni elevate (pentium III, con una ram di almeno 1 kb);
al contrario, i magistrati del tribunale hanno attualmente in dotazione nella quasi totalità un desk-top del tutto insufficiente ed obsoleto per gestire le installazioni di cui sopra, così come le cancellerie;
appare assurdo che magistrati e cancellieri del tribunale di Vicenza non siano nelle condizioni di svolgere la propria attività con mezzi informatici adeguati alle necessità -:
come si intenda intervenire affinché al più presto magistrati e cancellerie del tribunale di Vicenza vengano dotati di mezzi informatici aggiornati ed efficienti.
(3-01760)
(22 dicembre 2002)

D) Interrogazione

SINISCALCHI, CENNAMO, PETRELLA e RANIERI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
nei primi giorni di febbraio 2003 si è paralizzata l'attività del tribunale di Napoli, sia nella sede del centro direzionale, sia in quella del vecchio edificio di Castel Capuano;
le cause della paralisi vanno ricercate nell'interruzione di tutti i servizi di riscaldamento, igienici e di manutenzione, particolarmente importanti nelle condizioni climatiche verificatesi;
lo sciopero degli addetti alla manutenzione è stato redatto per la salvaguardia di 70 posti di lavoro divenuti a rischio dopo la convenzione che affida ad una associazione di imprese questo tipo di servizi;
sulla questione si sono espressi, sin dal mese di dicembre 2002 e, poi, in occasione dell'inaugurazione dell'anno giudiziario, sia il Consiglio dell'ordine forense, sia l'Associazione nazionale magistrati, che hanno denunziato le inadempienze del Governo sul più volte denunciato problema delle infrastrutture giudiziarie di Napoli;
tra l'altro, viene denunciato dagli avvocati e dai giudici che il ministero della giustizia non risulterebbe ancora aver messo a disposizione i fondi per la stipula dei contratti di appalto per manutenzione e servizi -:
quali interventi immediati abbia intenzione di adottare per consentire il ripristino delle attività giudiziali interrotte con enorme pregiudizio dell'utenza e quali stanziamenti abbia deciso di deliberare.
(3-01929)
(12 febbraio 2003)

E) Interrogazioni

RONCHI, BRIGUGLIO e MALGIERI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
dopo l'assoluzione nel 2000 di un imputato al quale era stato riconosciuto il possesso per uso terapeutico di 8230 dosi di cannabis, un'altra persona, trovata con oltre 3400 dosi di hashish, è stata assolta dal tribunale di Roma con la stessa motivazione, ovvero perché il fatto non costituisce reato, essendo le dosi in possesso dell'imputato destinate ad uso terapeutico;
la cannabis contiene un centinaio di principi attivi che si sono rivelati efficaci nella cura di numerose patologie, il cui elenco è in continua espansione: si va dal comune mal di testa ad affezioni particolarmente gravi, come l'asma, il glaucoma, i disturbi neurovegetativi, l'epilessia;
in Italia la coltivazione e la trasformazione della cannabis è ammessa solo per uso tessile, cioè per produrre fibre e tessuti: è, pertanto, precluso l'impiego di tale pianta nel campo terapeutico;
all'estero, ed esattamente negli Usa, in Israele, in Germania, in Gran Bretagna e nei Paesi Bassi, sono in commercio, dietro prescrizione medica, due cannabinoidi impiegati per la cura degli effetti collaterali della chemioterapia e per stimolare l'appetito nei malati di Aids; per il 2002, inoltre, sarà possibile utilizzarli anche per combattere gli spasmi della sclerosi multipla -:
se sia in atto o in programma una sperimentazione sugli effetti terapeutici della cannabis, che consenta una volta per tutte di fare chiarezza su tale materia e, quindi, evitare il rischio attuale di incorrere, da un lato all'uso spontaneo ed improprio dei cannabinoidi e dall'altro all'instaurazione di situazioni speculative da parte o a danno di soggetti non incriminabili.(3-00487)
(28 novembre 2001)

BULGARELLI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
i derivati della pianta cannabis indica hanno comprovate proprietà farmacologiche (antiemetiche, analgesiche e anticonvulsivanti), conosciute fin dall'antichità. Tra gli impieghi moderni spicca il trattamento contro l'intensa nausea conseguente alla chemioterapia antitumorale: numerosi studi climici controllati hanno documentato la maggiore efficacia del Thc rispetto alle alternative disponibili per il trattamento del glaucoma, dell'anoressia e di altre patologie. Ma è soprattutto con la sclerosi multipla che la cannabis ha dato risultati insperati, riuscendo a dominare gli spasmi muscolari e non solo. Gli endocannabinoidi, di cui il più noto è probabilmente l'anandamide, offrono un'interessante prospettiva per le malattie del sistema nervoso. Oltre agli effetti già noti sul sistema nervoso centrale, possono anche esercitare attività cardiovascolari diverse: riducono la pressione arteriosa e rallentano il battito cardiaco. Gli endocannabinoidi attivano particolari recettori, chiamati Cb, presenti nel cuore, nei vasi sanguigni, nel cervello e in molte altre sedi. Secondo il professor Vincenzo Di Marzo, docente napoletano attualmente impegnato all'Università di Richmond nei più avanzati studi sugli endocannabinoidi, i recettori Cb 1 sembrano anche regolare la tipica proliferazione delle cellule che si verifica nell'arteriosclerosi e nei tumori, aprendo così interessanti possibilità per la sintesi di nuovi farmaci;
il signor Vici Lino, nato a Rimini il 12 aprile 1938, ex assessore, ex presidente di quartiere ed ex presidente di aziende municipalizzate, soffre dal 1989 di sclerosi multipla secondariamente progressiva:
la cannabis gli permette di recuperare una mobilità articolare quasi normale, perché, dice, «mi scioglie i muscoli, diminuiscono i dolori e riesco a camminare»;
esiste sul mercato internazionale un farmaco appositamente studiato, il Marinol, un medicinale a base di cannabis, che serve a rilassare la muscolatura e lenire così gli atroci dolori provocati dagli spasmi della sclerosi;
un articolo pubblicato il 14 dicembre 2002 su La Voce di Rimini riporta un episodio di disobbedienza, di cui Vici e altri sono stati protagonisti a Rimini. Un medico prescrisse a Lino Vici una dose di 5 milligrammi di Marinol. Davanti a fotografi e giornalisti, Lino Vici è stato accompagnato nella farmacia di piazza Cavour da Rita Bernardini e Werther Casali: i tre hanno chiesto alla farmacista il medicinale, ma quest'ultima gli ha risposto che non lo aveva e, comunque, non avrebbe potuto venderlo. A questo punto in piena folla, a Lino Vici sono state consegnate due bustine di marijuana con la dose esatta prescritta dal medico al paziente. Sono intervenuti alcuni poliziotti che assistevano all'iniziativa in borghese. «Gli spacciatori» sono stati accompagnati in questura e le bustine sono state sequestrate. Dopo le analisi di laboratorio, che hanno confermato che la sostanza nelle bustine era cannabis, Lino Vici è stato segnalato alla prefettura come assuntore di droghe;
questo è uno dei tanti casi in cui, a causa dell'arretratezza della legislazione nazionale, lo Stato nega l'unica possibilità di veder alleviati i dolori causati da un male terribile come la sclerosi multipla;
in questa legislatura, da diverse parti politiche della minoranza e della maggioranza, sono state presentate diverse proposte di legge per l'adozione della cannabis a fine terapeutico;
la cannabis è una sostanza facilmente reperibile in tutt'Italia ricorrendo al mercato nero -:
quali siano le intenzioni e le valutazioni del Ministro interrogato circa l'uso terapeutico della cannabis, quali eventuali ragioni esistano per procrastinare l'impiego di questa sostanza scarsamente tossica in ambito farmacologico e, in particolare, se non sia opportuno permettere in via «sperimentale» l'assunzione di farmaci a base di cannabis in casi estremamente gravi, come quello del Vici di cui si è fatta menzione in premessa.(3-02308)
(26 maggio 2003)
(ex 4-05236 del 29 gennaio 2003)

F) Interrogazione

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
mentre le vittime degli incidenti stradali suscitano grande interesse, le vittime degli errori sanitari, di gran lunga più numerose, sembrano suscitare un interesse decisamente inferiore;
ben 14.000 sono i pazienti che ogni anno muoiono per errori, per la maggior parte evitabili;
peraltro, i 14.000 morti fanno parte della più ampia schiera dei 320.000 pazienti che ogni anno sono vittime di errori o di eventi avversi durante il ricovero;
il sistema sanitario, a causa di questa incredibile statistica, esborsa annualmente l'astronomica somma di 175 milioni di euro (riferita all'anno 2000) a titolo di premi assicurativi;
10 miliardi di euro - e cioè quasi l'1 per cento del prodotto interno lordo - è la somma spesa a causa della disorganizzazione e degli errori nel sistema sanitario;
i dati sovrariportati, elaborati dal Cireas (politecnico di Milano), in collaborazione con Zurich consulting, inducono a ritenere che, con adeguati interventi, sia possibile liberare ingenti risorse finanziarie e, soprattutto, ridurre la terribile strage di 14.000 morti l'anno;
anche a seguito di significative affermazioni del Ministro interrogato (confronta Panorama del 18 luglio 2002, alla pagina 48), sono in corso interessanti sperimentazioni;
presso l'ospedale San Raffaele di Milano sono state attivate sei squadre di «gestione del rischio», che, coordinate da un risk manager, cercano di capire come, dove e perché si verificano gli errori all'interno della struttura sanitaria;
è doveroso ricordare che la «sinistrosità» si traduce, ovviamente, in forti aumenti dei premi assicurativi, aumentati del 400 per cento negli ultimi 10 anni;
ciononostante, le compagnie assicuratrici, attraverso l'Ania, affermano che, nel settore, le perdite sono enormi, con risarcimenti che ammontano al 250 per cento degli incassi;
la strage sanitaria, in primo luogo, e le risorse finanziarie sprecate esigono un'attenta analisi del problema e, quindi, l'assunzione di adeguati provvedimenti per contenere ed anzi ridurre il fenomeno;
l'analisi del problema e lo studio degli interventi possibili potrebbe giovarsi di una proficua sinergia con le stesse compagnie assicuratrici, che certamente avrebbero interesse ad investire risorse in un settore che riduce cospicuamente gli utili d'impresa -:
se siano rispondenti a verità i dati pubblicati su Panorama del 18 luglio 2002 sulle vittime degli errori sanitari e sui costi che conseguentemente si riflettono sul sistema;
se siano allo studio strumenti di intervento per contenere e ridurre il fenomeno;
se non si ritenga efficace il sistema organizzato in modo sistematico presso l'ospedale San Raffaele di Milano;
se non si ritenga possibile richiedere, in forma sinergica, un intervento delle compagnie di assicurazione per contribuire allo studio ed alla ricerca delle cause degli errori sanitari.(3-01246)
(19 luglio 2002)

G) Interrogazione

GRILLINI, GRIGNAFFINI, BUFFO, GIACCO, ZANOTTI, ZUNINO, REALACCI, BOLOGNESI e LOLLI. - Ai Ministri della salute e dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
dagli organi di stampa si apprende che in una scuola media di Bressanone uno studente di 12 anni è stato sospeso per una settimana dalla preside dell'istituto per aver portato in classe ed esibito ai compagni una scatola di preservativi;
il provvedimento appare abnorme e, comunque, sproporzionato rispetto al semplice possesso di una scatola di profilattici;
nella scuola, in generale, non esiste tuttora alcuna iniziativa di informazione sessuale o di igiene sessuale, volta a fornire informazioni essenziali nella lotta alla diffusione delle malattie a trasmissione sessuale e, in particolare, dell'Aids;
il problema dell'informazione e prevenzione tra i giovani è di grande urgenza, viste le preoccupanti statistiche sulla diffusione in età giovanile delle malattie a trasmissione sessuale -:
se i Ministri interrogati non ritengano di censurare e, altresì, intervenire rispetto all'abnorme provvedimento adottato dalla direzione dell'istituto di Bressanone;
se, in considerazione del grave problema della diffusione delle malattie a trasmissione sessuale, non sia intenzione dei Ministri interrogati avviare seri e diffusi programmi di informazione e prevenzione in tutti gli istituti scolastici italiani.(3-01437)
(4 ottobre 2002)

H) Interrogazione

MIGLIORI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il servizio medico d'urgenza (118) rappresenta il primo ed insostituibile elemento di intervento del servizio sanitario nazionale;
pur considerando le specifiche competenze in materia delle regioni, il Governo è comunque abilitato ad esprimere al riguardo pareri o direttive;
in particolare, l'azienda sanitaria locale n. 10 della regione Toscana, comprendente la parte sud del comune di Firenze ed i comuni del Chianti fiorentino, sta dando vita ad una «riorganizzazione» di tale servizio nel senso di sostituire, anche nel territorio extraurbano, le postazioni presidiate dal medico con personale infermieristico;
tale impostazione sarebbe da addebitare a motivi economici non facilmente dimostrabili;
tale decisione, che incontra una motivata opposizione nel comune di San Casciano Val di Pesa, sede sia di guardia medica che di emergenza territoriale, appare lesiva dei più elementari diritti alla salute dei cittadini di San Casciano, in quanto la condizione collinare del comune, le difficoltà di collegamento e i tempi tecnici per raggiungere il primo ospedale possibile determinerebbero difficili condizioni di tutela in condizioni di emergenza ed urgenza senza la presenza medica;
sia l'Arciconfraternita della misericordia che sindacati locali si sono attivati, tramite la raccolta di circa 5.000 firme, per contrastare la suddetta realtà -:
se il Ministro interrogato non consideri necessario addivenire - in sede di conferenza Stato-regioni - ad un'intesa nella quale si precisi che la difficoltà di collegamento stradale rappresenta una priorità, rispetto ad ogni altra valutazione, per quanto riguarda l'organizzazione territoriale del servizio d'urgenza (118).
(3-01509)
(22 ottobre 2002)


MOZIONI SUL COMMERCIO EQUO E SOLIDALE

La Camera,
premesso che:
il prezzo del caffè grezzo negli ultimi cinque anni è crollato dell'80 per cento, passando dai 550 dollari al quintale del 1997 agli attuali cento dollari, con costi di produzione superiori al costo di vendita;
la stessa sorte ha avuto il prezzo del cacao, il quale, dopo circa 15 anni nei quali il cacao grezzo ha aumentato il suo valore, nel 2000 ha toccato il suo record negativo ventennale e tale tendenza continua, creando notevoli problemi ai Paesi produttori e alle centinaia di migliaia di persone che vivono della coltivazione delle piante del cacao;
il caffè è la terza merce scambiata nel mondo dopo petrolio e acciaio, con una sua organizzazione, l'Organizzazione internazionale del caffè (Oic) ed una borsa internazionale;
questo crollo è dovuto ad un forte aumento della produzione, con l'aggiunta di un nuovo Paese produttore (il Vietnam), e ad un consumo dal basso tasso di crescita;
oggi il 40 per cento del mercato mondiale del caffè è nelle mani di quattro grandi multinazionali: la Procter & Gamble, la Philip Morris, la Kraft e la Nestlè;
questa grande concentrazione, secondo i dati della Banca mondiale, è una delle cause che ha fatto scendere il costo del chicco grezzo dell'80 per cento, lasciando nelle mani dei coltivatori solo il 7 per cento del prezzo finale di un etto di caffè lavorato;
la coltivazione del caffè è una risorsa fondamentale per numerosi Paesi, dall'America latina al sud-est asiatico, ed occupa oltre cinquanta milioni di lavoratori e milioni di imprese agricole, prevalentemente di piccole e medie dimensioni;
il totale della produzione mondiale, secondo i dati del 2001, è stata di 110 milioni di sacchi, 60 chili l'uno, con un consumo totale di 102 milioni di sacchi;
a seguito di questa crisi, le organizzazioni umanitarie prevedono che, solo nel centro America, circa un milione e mezzo saranno le persone ridotte alla fame;
negli ultimi anni il commercio equo e solidale si è rilevato uno dei modi più efficaci per promuovere lo sviluppo;
la Carta europea dei criteri del commercio equo e solidale recita: «Il commercio equo e solidale è un approccio alternativo al commercio convenzionale; esso promuove giustizia sociale ed economica, sviluppo sostenibile, rispetto per le persone e per l'ambiente, attraverso il commercio, l'educazione e l'azione politica. Il suo scopo è riequilibrare i rapporti con i Paesi economicamente meno sviluppati, migliorando l'accesso al mercato e le condizioni di vita dei produttori svantaggiati, attraverso una più equa distribuzione dei guadagni. Il commercio equo e solidale è una relazione paritaria fra tutti i soggetti coinvolti nella catena di commercializzazione: produttori, lavoratori, "Botteghe del mondo", importatori e consumatori. Il commercio equo e solidale:
a) promuove migliori condizioni di vita nei Paesi economicamente meno sviluppati, rimuovendo gli svantaggi sofferti dai produttori per facilitarne l'accesso al mercato;
b) tramite la vendita di prodotti, divulga informazioni sui meccanismi economici di sfruttamento, favorendo e stimolando nei consumatori la crescita di un atteggiamento alternativo al modello economico dominante e la ricerca di nuovi modelli di sviluppo;
c) organizza rapporti commerciali e di lavoro senza fini di lucro e nel rispetto e valorizzazione delle persone;
d) promuove i diritti umani, in particolare dei gruppi e delle categorie svantaggiate;
e) mira alla creazione di opportunità di lavoro a condizioni giuste, tanto nei Paesi economicamente svantaggiati come in quelli economicamente sviluppati;
f) favorisce l'incontro fra consumatori critici e produttori dei Paesi economicamente meno sviluppati;
g) sostiene l'autosviluppo economico e sociale;
h) stimola le istituzioni nazionali ed internazionali a compiere scelte economiche e commerciali a difesa dei piccoli produttori, della stabilità economica e della tutela ambientale;
i) promuove un uso equo e sostenibile delle risorse ambientali»;
nella carta italiana i criteri del commercio equo e solidale, sottoscritta dalla maggior parte delle Botteghe del mondo e degli importatori del commercio equo italiani, sono accolti questi stessi principi;
l'esperienza del commercio equo e solidale si è rilevato un importante strumento per favorire lo sviluppo dell'uomo e per promuovere regole internazionali in materia economica e commerciale ispirate a maggiore giustizia ed equità tra nord e sud del mondo;
il principale obiettivo del commercio equo e solidale, a breve termine, è fornire maggiori opportunità ai piccoli produttori e ai lavoratori dei Paesi in via di sviluppo e, in tal modo, apportare un contributo alla promozione di uno sviluppo sociale ed economico durevole per le loro popolazioni;
a più lungo termine, il commercio equo e solidale mira a orientare il sistema commerciale internazionale in un senso più equo, istituendo un esempio ed esercitando pressioni su Governi, organizzazioni internazionali e imprese, affinché ne riconoscano e adottino le componenti principali;
il commercio equo e solidale opera in senso positivo sulla sensibilizzazione globale in merito alle relazioni nord-sud, soprattutto attraverso il rafforzamento della cooperazione da cittadino a cittadino;
il commercio equo e solidale garantisce ai produttori un rapporto continuativo ed un «prezzo equo», cioè che copre i costi di produzione, di esportazione, di importazione e di distribuzione ed anche le necessità primarie del produttore. Il «prezzo equo» in alcuni casi è determinato sulla base degli standard internazionalmente riconosciuti, come ad esempio il prezzo equo minimo per il caffè, che si basa su quei 120 dollari per 100 libre fissati come prezzo minimo negli accordi internazionali, in altri le organizzazioni del commercio equo e i produttori stabiliscono di comune accordo il «prezzo equo», sulla base del costo delle materie prime, del costo del lavoro locale, della retribuzione dignitosa e regolare contro lo sfruttamento del lavoro minorile. Il «prezzo equo» viene mantenuto anche nei casi in cui crolli il prezzo, garantendo comunque al produttore, grazie all'eliminazione di tutte quelle intermediazioni speculative dalla filiera produttiva e distributiva, un sicuro guadagno;
in Europa sono nati diversi marchi di garanzia nazionali per la necessità di inserire i prodotti equo e solidali anche in canali distributivi tradizionali nazionali: il primo di essi, Max Havelaar, è stato fondato nel 1986 in Belgio, per poi diffondersi in Francia, Svizzera, Danimarca, Finlandia, Norvegia e Svezia; di seguito, sono nati TransFair International in Germania, Austria, Lussemburgo, Giappone, Stati Uniti, Canada e Italia; in Inghilterra il marchio di garanzia porta il nome di Fair Trade Foundation e in Irlanda di Irish Fair Trade Network;
in Italia, dopo la nascita del marchio di garanzia TransFair, gestito dall'associazione TransFair Italia, associazione senza scopo di lucro costituita da organizzazioni che operano nel campo della solidarietà, della cooperazione internazionale, dell'educazione allo sviluppo e aderente a FLO (Fair Trade Label Organization), nel 1994, per i prodotti del commercio equo e solidale, prima presenti in Italia solo nelle Botteghe del mondo (circa 200 punti vendita nel 1995) e in alcuni canali di piccolo dettaglio, è iniziata la diffusione in mercati più ampi e, in particolare, in alcune catene della grande distribuzione organizzata;
secondo i dati provenienti da varie agenzie di ricerca, i prodotti equi e solidali sono disponibili in circa il 35 per cento della distribuzione italiana;
dai dati relativi all'anno 2000, tratti da «Fair Trade in Europe 2001», risulta che in Italia le Botteghe del mondo - organizzazioni no profit che vendono prodotti equi e solidali - sono 374, in Europa 2.740 in 18 Paesi. I supermarket che vendono prodotti del commercio equo e solidale sono 2.620 in Italia, 43.100 in 18 Paesi europei; gli importatori sono 7, con l'esclusione delle Botteghe che importano direttamente in Italia, 97 in 18 Paesi europei; i volontari sono 1.500 in Italia, 96.000 in 18 Paesi europei, con un fatturato stimato superiore ai 16.100.000 euro in Italia, 369.000.000 euro in Europa;
numerosi comuni italiani hanno emanato specifiche delibere per favorire l'uso di prodotti equi e garantiti nelle manifestazioni pubbliche;
le regioni Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Toscana, Veneto e Umbria hanno emanato apposite leggi regionali per la promozione e lo sviluppo del commercio equo e solidale;
il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione l'8 ottobre 1991 sul sostegno attivo ai piccoli coltivatori di caffè del terzo mondo, mediante una politica mirata di approvvigionamento e di introduzione di tale prodotto di provenienza del commercio equo e solidale nelle istituzioni comunitarie;
il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sulla promozione del commercio equo e solidale fra nord e sud, la n. A3-0373/93 del 19 gennaio 1994;
nel 1998 è stata approvata dal Parlamento europeo la risoluzione n. 198/98 sul commercio equo e solidale, nella quale, tra l'altro, si chiede alla Commissione europea:
«a) di fare in modo che il sostegno al commercio equo e solidale diventi elemento integrante della politica estera di cooperazione allo sviluppo e commerciale dell'Unione europea, compreso lo sviluppo di codici di condotta per le società multinazionali operanti nei Paesi in via di sviluppo e, in particolare, di garantire un adeguato coordinamento tra le direzioni e i servizi competenti, nonché di istituire le necessarie strutture amministrative per metterlo in pratica.
b) che la promozione del commercio equo e solidale sia inserita come strumento di sviluppo nella conclusione di un nuovo accordo con i Paesi dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico (Acp)»;
la comunicazione della Commissione europea al Consiglio sul commercio equo e solidale del 1999 recita: «Va rilevato che, se il commercio equo e solidale può essere considerato come una forma di "commercio leale", di solito il termine viene utilizzato per designare pratiche commerciali non solo moralmente corrette, ma specificamente intese a rafforzare la posizione economica dei piccoli produttori, che, altrimenti, rischiano di trovarsi marginalizzati dai flussi di scambio convenzionali. Si parla più propriamente di "commercio leale" o di "pratiche commerciali moralmente corrette" in riferimento alle attività delle società multinazionali operanti nei Paesi in via di sviluppo (per esempio codici di condotta), intese a dimostrare le loro responsabilità etiche e sociali nei confronti dei dipendenti o dei soci»;
la citata comunicazione della Commissione al Consiglio del 1999 ha definito al punto due che la pratica del commercio equo e solidale favorisce particolarmente i piccoli produttori, soprattutto agricoltori e artigiani, i quali spesso vivono in regioni rurali periferiche e non producono in quantità sufficiente per esportare direttamente, cosicché dipendono da intermediari, sia per la vendita dei prodotti che per l'assunzione di credito. Alcuni di essi hanno cercato di ridurre tale dipendenza associandosi in cooperative e mettendo in comune risorse, attrezzature e competenze tecniche e, talvolta, anche servizi collettivi, come la sanità e l'istruzione;
le organizzazioni commerciali alternative possono dare una spinta decisiva allo sviluppo di queste cooperative, con il pagamento di un prezzo equo e con la prestazione di assistenza di vario tipo, dall'acquisto di un fax alla consulenza in materia di esportazioni;
tra le iniziative di questo genere possono rientrare il pagamento di anticipi ai produttori e l'instaurazione di rapporti contrattuali che offrano a questi ultimi una sicurezza a lungo termine. In questo modo viene garantita la stabilità dei redditi, facilitando la pianificazione e l'investimento, e i produttori possono esercitare un maggiore controllo sulla trasformazione e commercializzazione dei loro prodotti. Una parte del reddito può essere persino utilizzata per accrescere la capacità, per esempio in vista della costituzione di organizzazioni di produttori o per l'allestimento di strutture che permettano di aggiungere valore, come la trasformazione del caffè;
va sottolineato che i profitti ricavati dal commercio equo e solidale vanno a beneficio di un'intera comunità e non di singoli individui;
il concetto di commercio equo e solidale si applica principalmente agli scambi tra Paesi in via di sviluppo e Paesi economicamente avanzati. Esso non incide direttamente sui beni prodotti all'interno dell'Unione europea, dove le norme sociali ed ambientali sono già sancite dalla legge;
le azioni in materia di commercio equo e solidale sorgono per iniziativa di organizzazioni non governative private. Esse si basano su un sistema di incentivi, nel senso che poggiano sulla scelta dei consumatori e non cercano di manovrare il commercio o di erigere barriere per impedire l'accesso al mercato di taluni Paesi. Il consumatore ha così la possibilità di elevare il tenore di vita dei produttori nei Paesi in via di sviluppo, grazie ad un approccio sostenibile ed orientato verso il mercato;
la Commissione europea, nella comunicazione n. 366 del 2002, «Promoting an European framework for Corporate Social Responsibility», nel paragrafo 3.4, «Social and eco-labels», e nella comunicazione n. 416 del 2002, «Promoting Core Labour Standards and Improvingt Social Governance in the Context of Globalisation», paragrafo 5.3, «Private and voluntary schemes for the promotion of core labour standards: Social labelling and industry codes of conduct», sostiene la necessità di sistemi chiari di certificazione sociale e definisce, tuttavia, l'esperienza dei marchi di garanzia di commercio equo e solidale come una delle esperienze più avanzate di certificazione sociale;
i prodotti attualmente venduti nell'Unione europea, attraverso le varie iniziative di commercio equo e solidale, sono principalmente caffè, manufatti artigianali, tè, cioccolato, frutta secca, miele, zucchero, banane ed altri, tra i quali recano attualmente il marchio di garanzia di commercio equo e solidale: caffè, cacao, banane, zucchero, miele, tè, succhi, riso, fiori e palloni. Secondo le stime, il fatturato nell'Unione europea si aggirava intorno a 175 milioni di euro nel 1994 e tra i 200 e i 250 milioni di euro nel 1997;
di questo fatturato globale, il 60 per cento circa è costituito da prodotti alimentari, di cui il caffè rappresenta a sua volta la metà. Tuttavia, il caffè equo e solidale rappresenta appena il 2 per cento di tutto il caffè commercializzato nell'Unione europea;
nell'insieme, l'11 per cento della popolazione dell'Unione europea ha già acquistato prodotti equi e solidali, con ampie variazioni da un Paese all'altro, che vanno dal 3 per cento in Portogallo e Grecia al 49 per cento dei Paesi Bassi;
la libera imprenditoria, la produzione e la vendita del caffè sono minacciate dalla concentrazione in poche mani del controllo del mercato mondiale, che delocalizza la grande produzione verso aree nuove a più basso costo salariale e sociale, determinando bassissimi costi alla produzione, a cui, peraltro, non corrispondono poi investimenti di sviluppo o diminuzioni di prezzo al dettaglio. È un sistema di globalizzazione selvaggio, che, di fatto, nega qualsiasi libertà di mercato e di concorrenza leale, depredando il territorio e sfruttando le manodopere locali con forme di lavoro e di remunerazione spesso simili alla schiavitù;

impegna il Governo:

ad introdurre, a pieno titolo, il sostegno al commercio equo e solidale come elemento integrante della politica estera di cooperazione allo sviluppo e commerciale dell'Italia nei confronti dei Paesi in via di sviluppo;
ad incentivare i comportamenti etici dei singoli cittadini, delle famiglie e delle imprese, anche in occasione del prossimo disegno di legge finanziaria, attraverso una defiscalizzazione di una parte dei loro consumi eticamente indirizzati all'acquisto di prodotti della rete equo-solidale;
ad introdurre, a pieno titolo, il sostegno ai prodotti del commercio equo e solidale garantiti secondo gli standard delle organizzazioni esterne di certificazione del Fair Trade, come le organizzazioni associate in Fairtrade Labelling Organisations, ed inoltre a sostenere, allo stesso modo, i prodotti importati e commercializzati secondo i criteri stabiliti dalla carta italiana dei criteri del commercio equo e solidale immessi sul mercato italiano da importatori e Botteghe del mondo, che l'hanno sottoscritta;
a mettere in atto misure di sostegno fiscale in favore delle organizzazioni di commercio equo e solidale, al fine di far crescere, anche in Italia, come già presente nel resto d'Europa, questa importante esperienza;
a promuovere, attraverso apposite campagne informative televisive, radiofoniche e sulla carta stampata, le esperienze di commercio equo e solidale come strumento di lotta alla povertà, al fine di sensibilizzare i cittadini italiani;
a favorire la presenza nelle scuole di programmi di educazione allo sviluppo e alla solidarietà internazionale, contrasto alla povertà e lotta alla fame, per una maggiore conoscenza delle risorse naturali e per un loro uso consapevole.
(1-00110)
«Fioroni, Lucà, Bindi, Bolognesi, Castagnetti, Violante, Boato, Giordano, Rizzo, Intini, Pecoraro Scanio, Abbondanzieri, Annunziata, Bandoli, Banti, Battaglia, Bettini, Giovanni Bianchi, Bimbi, Bottino, Bressa, Bulgarelli, Camo, Carra, Cento, Ciani, Maura Cossutta, Cusumano, Delbono, Detomas, Duilio, Fanfani, Franceschini, Frigato, Gentiloni Silveri, Giacco, Grillini, Iannuzzi, Labate, Ladu, Santino Adamo Loddo, Loiero, Lucidi, Maccanico, Mancini, Mantini, Mantovani, Marcora, Raffaella Mariani, Mattarella, Mazzuca Poggiolini, Meduri, Merlo, Monaco, Mosella, Olivieri, Parisi, Pistone, Realacci, Reduzzi, Rocchi, Rusconi, Ruzzante, Soro, Stradiotto, Tanoni, Valpiana, Villetti, Volpini, Zanella, Zanotti, Kessler, Pinotti, Cima».
(25 settembre 2002)

La Camera,
premesso che:
il commercio equo e solidale si pone come approccio parallelo al commercio tradizionale e con lo scopo di promuovere la giustizia sociale economica e lo sviluppo sostenibile;
tale commercio si propone di garantire ai prodotti dei Paesi in via di sviluppo il «giusto guadagno» e condizioni di lavoro dignitose, attraverso il sostegno ai progetti di autosviluppo;
il commercio equo e solidale si inserisce nel più vasto ambito della cooperazione con i Paesi in via di sviluppo (Pvs);
la crisi dei prodotti di base dei Paesi in via di sviluppo ha una molteplicità di ragioni;
si pone la necessità da un lato di promuovere il miglioramento della qualità dei prodotti, dall'altro di favorire, anche attraverso specifici progetti, la diversificazione produttiva per evitare la dipendenza delle loro economie da una monocultura predominante;
la crisi colpisce in misura maggiore le economie dei Paesi meno avanzati (Pma), un gruppo di 49 Stati particolarmente afflitti da difficili condizioni economiche;
il Governo italiano svolge un ruolo attivo nelle situazioni di emergenza economica che coinvolgono tali Paesi;
l'Italia partecipa attivamente anche con proprie risorse finanziarie alle varie iniziative e ai progetti in ambito internazionale Unctad, Omc, Itc, Fmi, organizzazioni settoriali dei prodotti di base ed altri, nonché ai progetti e alle politiche comunitarie aventi lo scopo di aiutare i Paesi in via di sviluppo a sviluppare la loro capacità ad integrarsi meglio nell'economia globale;
l'Italia, inoltre, sensibilizza il settore privato a partecipare alle iniziative per creare infrastrutture e imprese in loco, che possano creare lavoro ed aiutare le economie di questi Paesi ad una maggiore capacità produttiva e gestionale delle proprie risorse;
già nel 1998, il Parlamento europeo ha riconosciuto il commercio equo e solidale in termini politici ed economici, chiedendo l'elaborazione di criteri comuni, di un marchio unico e riconoscibile;
la recente legge delega per la riforma del sistema fiscale statale del 7 aprile 2003, n. 80, di iniziativa governativa, ha già previsto (articolo 5), sulla base dello standard comunitario, che la riforma dell'Iva sia, tra l'altro, ispirata ad «escludere dalla base imponibile dell'imposta del valore aggiunto e da ogni altra forma di imposizione a carico del soggetto passivo la quota del corrispettivo destinato dal consumatore finale a finalità etiche»;
condividendo gli sforzi che il Governo sta effettuando per l'attuazione della delega fiscale;

impegna il Governo:

a proseguire nella politica assunta, ispirata da finalità etiche.
(1-00211)
«Raisi, Saglia, Mazzocchi, Arrighi, Airaghi, Gamba, Messa, Zaccheo, Garnero Santanchè, Trantino, Gallo, Giorgio Conte, Strano».
(26 maggio 2003)


MOZIONI SUL COSTO DELLA VITA

La Camera,
premesso che:
il cosiddetto «collegato fiscale», recante la delega al Governo per la riforma fiscale statale, recentemente approvato non prevede «il costo della vita» come criterio per l'adozione di deduzioni dal reddito complessivo;
in occasione della discussione del disegno di legge finanziaria per l'anno 2002, in aula è stato accolto dal Governo, come raccomandazione, l'ordine del giorno n. 9/1984/30, che impegna il Governo, in considerazione del diverso tenore di vita esistente nel Paese, ad utilizzare criteri correlati al costo della vita nell'applicazione delle misure fiscali, al fine di agevolare le fasce meno abbienti ed introdurre il fattore costo della vita nella determinazione dell'indicatore socio-economico per l'accesso ai servizi sociali agevolati;
nel rapporto del Fondo monetario internazionale, elaborato a conclusione della recente missione nel nostro Paese, si evidenzia il fenomeno delle differenziazioni di salari, occupazione e redditi nell'ambito delle regioni interne del Paese, differenziazioni che richiedono l'applicazione di idonee misure per correggerne le distorsioni conseguenti; a tal proposito, il rapporto del Fondo monetario internazionale contiene espressamente l'invito al Governo a concedere «le indennità di carovita», sulla base del diverso costo della vita a livello regionale;

impegna il Governo

ad adottare iniziative normative finalizzate ad introdurre il criterio del «costo della vita» ai fini delle deduzioni da applicare nella tassazione dei redditi dei contribuenti residenti in regioni con un costo della vita più elevato, al fine di sostenere ed equiparare i redditi nelle diverse regioni del Paese.
(1-00093)
(Nuova formulazione) «Sergio Rossi, Cè, Caparini, Pagliarini, Polledri, Rizzi, Martinelli, Guido Giuseppe Rossi, Fontanini, Francesca Martini, Didonè, Bricolo».
(4 luglio 2002)

La Camera,
premesso che:
in occasione della discussione del disegno di legge finanziaria per l'anno 2002, in aula è stato accolto dal Governo, come raccomandazione, l'ordine del giorno n. 9/1984/30, che impegna il Governo, in considerazione del diverso tenore di vita esistente nel Paese, ad utilizzare criteri correlati al costo della vita nell'applicazione delle misure fiscali, al fine di agevolare le fasce meno abbienti ed introdurre il fattore costo della vita nella determinazione dell'indicatore socio-economico per l'accesso ai servizi sociali agevolati;
tale misura è del tutto inadeguata, in quanto, invece di introdurre il costo della vita come criterio da adottare nell'applicazione delle misure fiscali, il Governo dovrebbe impegnarsi per contenere l'aumento del costo della vita stesso;
permane una differente valutazione tra l'Istat e numerose associazioni di consumatori, in merito all'incremento reale del costo della vita;
le predette associazioni hanno chiesto all'Istat una documentazione riguardante il «paniere», che, però, non è mai giunta;
appare inderogabile una modificazione dei criteri di rilevazione sull'incremento dei prezzi che incidono sul costo della vita, dal momento che sono cambiati bisogni e stili di vita della popolazione;
l'Istat ha clamorosamente sbagliato nella valutazione dell'ultimo aumento del costo della vita, senza che nessun provvedimento sia stato preso nei confronti dei dirigenti dell'istituto;
l'inflazione programmata, su cui vengono calcolati gli aumenti retributivi dei prossimi rinnovi contrattuali, risulta essere comunque pari a circa la metà di quella statisticamente rilevata, la quale, per le ragioni suddette, viene messa in dubbio da parte di autorevoli ricerche;
può, quindi, determinarsi una diminuzione reale del potere d'acquisto per milioni di lavoratori, addirittura come conseguenza non voluta dei rinnovi contrattuali;
la liberalizzazione di molti servizi un tempo pubblici ha provocato una lievitazione dei prezzi e dei costi per i cittadini, abbassando ulteriormente la capacità d'acquisto delle famiglie italiane, che, secondo le principali associazioni dei consumatori, hanno perduto 2000 euro nel periodo che va dal 1o gennaio 2002;
il nuovo sistema di «mercato condizionato», reso operativo dal 1996 dal Governo per il monitoraggio dell'andamento dei prezzi basati sul metodo price-cap (che è determinato dal tasso di inflazione programmato, indicato nel documento di programmazione economico-finanziaria e nella relazione previsionale programmatica, al quale si sottrae la percentuale di recupero di produttività che l'autorità competente ritiene possibile ed utile da parte della società e degli enti erogatori dei servizi di pubblica utilità), non ha prodotto gli effetti desiderati. D'altro canto, il «blocco dei prezzi» promesso dal Governo è stato ridotto per portata, quantità ed entità dallo stesso al punto da renderlo inefficace;

impegna il Governo:

a garantire con appositi criteri che con l'imminente rinnovo del consiglio dell'Istat si pervenga ad una composizione dell'organismo che rappresenti la pluralità di approcci tecnici e scientifici al tema, in grado così di porre sotto osservazione e di rilevare nel modo migliore l'andamento reale del costo della vita;
a sostenere la necessità di una revisione dei sistemi di rilevazione attraverso l'individuazione di indici del costo della vita differenziati per le diverse fasce sociali, abitudini di consumo e capacità di spesa;
a sostenere la necessità di un rafforzamento dell'indagine sui consumi delle famiglie, per determinare in modo più rispondente al vero il peso all'interno del paniere delle sue componenti;
ad adottare iniziative volte all'istituzione di una commissione nazionale per la gestione dell'indice del costo della vita e del paniere, che sia rappresentativa delle parti sociali e delle associazioni dei consumatori;
a sostenere l'introduzione di un meccanismo automatico, che, almeno, permetta il riallineamento annuale dell'inflazione programmata a quella reale, con conseguente obbligo per i datori di lavoro pubblici e privati di reintegrare le retribuzioni della differenza;
ad attivarsi perché sia garantito il diritto di ogni famiglia di avere prezzi molto più contenuti per «i beni e i servizi di pubblica utilità», assicurando, tramite tale via, alcuni dei diritti negati dalle liberalizzazioni;
a far sì che nell'erogazione dei beni e dei servizi di pubblica utilità vi sia una quota che non risponda alla logica del prezzo di mercato, bensì a quella di un prezzo formato dal puro costo del bene o del servizio, fermo restando che per «prezzo di costo» va inteso il prezzo comunemente definito «di mercato», con l'esclusione della quota finanziaria riconducibile all'investimento necessario per la costruzione delle reti ed ai suoi ammortamenti, della quota fiscale diretta o accessoria attribuibile all'esercizio del servizio, nonché della quota riconducibile al profitto delle imprese;
ad attivarsi affinché la quantità del servizio da sottoporre a prezzi di costo sia rapportata alla sua natura di necessità e calcolata proporzionalmente al numero dei soggetti che costituiscono un nucleo familiare, escludendo quei nuclei familiari che hanno un reddito superiore agli 80 milioni di vecchie lire annue;
a far sì che siano definiti come beni e i servizi di pubblica utilità per il consumo familiare in primo luogo i seguenti: energia elettrica, gas per riscaldamento e alimentazione, acqua e depurazione della stessa, comunicazioni telefoniche fisse, raccolta e smaltimento dei rifiuti solidi urbani, trasporti.
(1-00174)
«Alfonso Gianni, Giordano, Mascia, Russo Spena, Deiana, Titti De Simone, Mantovani, Valpiana, Vendola, Pisapia».
(24 marzo 2003)