TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 276 di Giovedì 6 marzo 2003

MOZIONI SULLA RIFORMA DEL SISTEMA PUBBLICO DELLA RICERCA

La Camera,
premesso che:
gli scienziati italiani hanno manifestato la loro protesta verso il Governo attraverso varie forme: appello al Presidente della Repubblica, articoli di stampa, assemblee nei centri di ricerca, un minuto di silenzio nell'aula magna del Consiglio nazionale delle ricerche ed altre;
la comunità scientifica si sente offesa per non essere stata consultata per tempo e con serietà dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, dottoressa Letizia Moratti, che ha deciso di varare una controriforma degli enti in disprezzo dei più elementari criteri di autonomia della scienza, senza presentare una bozza dei decreti nemmeno all'incontro con il Consiglio universitario nazionale del 23 gennaio 2003;
per la prima volta si vuole introdurre il comando del partiti di governo sulla ricerca scientifica, non limitandosi a nominare gli organi degli enti (presidenti e, in alcuni casi, consigli di amministrazione), ma estendendo il potere di nomina fino all'area dell'organizzazione dei laboratori, che è sempre stata regolata da concorsi pubblici sulla base dei meriti scientifici;
si vuole introdurre nell'organizzazione del Consiglio nazionale delle ricerche un nuovo livello intermedio, il dipartimento, con compiti decisionali nell'attività di ricerca, aumentando così la stratificazione gerarchica, anziché rimuoverla;
gli enti di ricerca sono impegnati da diversi anni in un processo di riforma: come si sa nessuna struttura può funzionare in maniera ottimale se subisce continue trasformazioni prive della necessaria verifica dei loro effetti, ciò che servirebbe per introdurre gli adeguamenti ritenuti necessari, ponderando in maniera consensuale e serena i risultati raggiunti;
la vera debolezza del sistema della ricerca è rappresentata dall'inefficienza del ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di cui dovrebbe essere consapevole prima di tutto il Ministro Moratti, visto che nel 2002 ha raggiunto il record del centro di spesa con la più alta quota di residui passivi nel suo bilancio e, ad esempio, ha impiegato ben 11 mesi per scrivere il decreto di trasferimento dei fondi agli enti;
oggi fanno politica della ricerca non solo il ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, ma tanti altri ministeri (attività produttive, politiche agricole e forestali, salute, economia e finanze ed altri), nonché le regioni, tutti nella più assoluta mancanza di coordinamento e nella più ampia dispersione degli interventi: di conseguenza, l'assoluta priorità della «governance» della ricerca consiste proprio nella riforma del livello governativo;
i tagli ai finanziamenti rischiano di portare alla paralisi importanti enti di ricerca: il Consiglio nazionale delle ricerche ha i soldi solo per pagare gli stipendi e mantenere gli impianti, quasi niente per la ricerca e, infatti, ha già disdetto le sue collaborazioni ai progetti europei; l'Istituto nazionale per la fisica della materia, un gioiello che opera nelle punte più avanzate della ricerca mondiale, è in via di soppressione;
l'Agenzia spaziale italiana, oltre ad abbandonare le missioni scientifiche di ricerca nel cosmo, sta bloccando da oltre un anno il programma di osservazione della terra Cosmo-Skymed, già approvato e finanziato, e non ha utilizzato fondi di bilancio 2002 per 250 milioni di euro, compromettendo sia la realizzazione di importanti programmi nazionali ed internazionali che i livelli occupazionali dell'industria spaziale italiana;
l'attuale età media dei ricercatori italiani è di circa cinquant'anni e, in molti laboratori, gli scienziati non trovano giovani ai quali trasmettere la loro esperienza, interrompendo così quel naturale scambio generazionale che è alla base del progresso scientifico;
l'attuale blocco delle assunzioni impedisce ad una nuova generazione di ricercatori italiani di dimostrare il proprio talento, costringendoli ancora ad emigrare per fare ricerca;
l'Italia è l'unico Paese europeo a diminuire l'investimento in ricerca e rischia, quindi, di perdere ulteriori posizioni nella competizione internazionale, nonché di aggravare le tendenze al declino economico;
lo sviluppo della scienza attiene al rango civile di un Paese, alla ricchezza della sua cultura, alla sostanza della sua libertà, al futuro del suoi giovani;
il futuro dei nostri enti di ricerca non si gioca su un ennesimo regolamento amministrativo, ma sulla possibilità di integrarsi sempre più con gli altri centri di ricerca europei, come, ad esempio, il Max Planck tedesco o il Cnrs francese: ciò si otterrebbe aumentando e non diminuendo i gradi di autonomia interna del sistema;
il commissario europeo Busquin ha proposto di costituire un'agenzia europea della ricerca con il compito di integrare le risorse degli enti nazionali, nonché di rendere vincolante l'obiettivo stabilito del 3 per cento del prodotto interno lordo europeo per l'investimento in ricerca entro il 2010 nel vertice di Lisbona;
le commissioni VII e X della Camera dei deputati hanno deliberato di svolgere un'indagine conoscitiva sullo stato della ricerca italiana entro il mese di aprile 2003;
la legge finanziaria per il 2003 ha stanziato un fondo speciale per la ricerca scientifica, che deve essere ripartito sulla base di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri;

impegna il Governo:

a confrontarsi regolarmente col Parlamento e, in particolare, ad attendere la conclusione dell'indagine conoscitiva delle commissioni VII e X della Camera dei deputati sullo stato della ricerca scientifica italiana, prima di adottare i decreti legislativi relativi agli enti pubblici;
ad istituire l'Assemblea della scienza, organismo elettivo del ricercatori, con compiti consultivi e propositivi sulla politica nazionale della ricerca;
a ripartire il citato fondo speciale per finanziare un programma straordinario per l'assunzione di 5.000 giovani ricercatori negli enti e nelle università per i prossimi cinque anni;
ad elaborare una proposta di riforma del livello governativo della ricerca pubblica, al fine di individuare una struttura nuova, di alta competenza, con professionalità scientifiche e non solo burocratiche, con visioni strategiche e non meramente amministrative, che abbia anche il compito di coordinare le attività di tutti i ministeri coinvolti, con un costante e trasparente dialogo con la comunità scientifica;
a sostenere l'attività degli enti di ricerca e, in particolare, a fornire al Consiglio nazionale delle ricerche le risorse necessarie per attuare i programmi in corso, a sbloccare gli investimenti dell'Agenzia spaziale italiana, ad impegnare l'Enea in un piano strategico nazionale per lo sviluppo della ricerca applicata;
a mantenere l'Istituto nazionale per la fisica della materia nella sua autonomia di istituto nazionale;
ad adottare e promuovere in sede europea le proposte del commissario Busquin sullo spazio europeo della ricerca e a caratterizzare in quella direzione la presidenza italiana nel secondo semestre del 2003.
(1-00154) (Nuova formulazione) «Violante, Castagnetti, Boato, Rizzo, Intini, Pecoraro Scanio, Pisicchio, Tocci, Cima».
(30 gennaio 2003)

La Camera,
premesso che:
l'Istituto nazionale di fisica della materia, nato cone consorzio interuniversitario è stato istituito come ente pubblico di ricerca nel 1994, (con decreto del governo Berlusconi);
le attività dell'Infm hanno ottenuto un ampio riconoscimento dimostrato dal successo ottenuto con i progetti dell'Unione europea e con la gestione efficace di grandi impianti. È stata un'innovazione vitale per il sistema italiano della scienza grazie all'introduzione di elementi cruciali di competizione e di controllo che hanno suscitato interesse internazionale. Ha sviluppato e promosso con successo un trasferimento di conoscenze e di tecnologie cruciale per l'economia italiana: la fisica della materia è infatti una disciplina chiave nei paesi con un'economia basata su una tecnologia altamente sviluppata;
le linee guida del ministero sulla ricerca pubblicate in aprile dicono che i finanziamenti pubblici sono da destinare innanzitutto agli enti che collaborano con l'industria, che eccellono nella ricerca di base per cui ricevono fondi internazionali e che a livello locale creano occupazione nella «knowledge economy». Tutti i requisiti che troviamo ampiamente dimostrati nell'attività dell'Infm;
lo schema di decreto legislativo di riordino del Consiglio nazionale delle ricerche si propone contemporaneamente di riorganizzare il Cnr e di sopprimere alcuni enti autonomi di ricerca, per creare sinergie tra gli stessi e gli istituti del Cnr compatibili. Si tratta di processi organizzativi assai complessi, di cui è difficile prevedere i tempi e l'esito finale. Ma mentre si riorganizza il Cnr vengono soppressi enti autonomi, come l'Infm, che costituiscono un fiore all'occhiello per la ricerca in Italia. Èassai difficile che possano riuscire bene due cose così complesse attuate in contemporanea e pertanto risulta più logico procedere prima alla riorganizzazione del Cnr ed in seguito prevedere gli accorpamenti che possano ritenersi utili allo sviluppo della ricerca

impegna il Governo

a riesaminare la soppressione dell'Istituto nazionale di fisica della materia ed il conseguente accorpamento quando sarà concluso il processo di riorganizzazione del Cnr previsto dallo schema del decreto legislativo.
(1-00168) «Pinotti, Labate, Bottino, Guerzoni, Rognoni, Biondi, Illy, Intini, Realacci, Ruzzante, Innocenti, Parodi, Acquarone, Mondello, Banti, Mazzarello, Maran, Zunino, Titti De Simone, Nan».
(5 marzo 2003)


MOZIONE SUL COSTO DELLA VITA

La Camera,
premesso che:
il disegno di legge di delega al Governo per la riforma fiscale statale è ancora in corso di approvazione, pertanto sono ancora in discussione i principi e criteri, su cui impostare i decreti delegati di riforma e, in particolare, i criteri di determinazione delle deduzioni a sostegno dei nuclei familiari ai fini dell'imposta sui redditi personali;
nel testo in esame non è stato previsto «il costo della vita» come criterio per adottare deduzioni maggiori dal reddito complessivo;
in occasione della discussione del disegno di legge finanziaria per l'anno 2002, in aula è stato accolto dal Governo, come raccomandazione, l'ordine del giorno n. 9/1984/30, che impegna il Governo, in considerazione del diverso tenore di vita esistente nel Paese, ad utilizzare criteri correlati al costo della vita nell'applicazione delle misure fiscali, al fine di agevolare le fasce meno abbienti ed introdurre il fattore costo della vita nella determinazione dell'indicatore socio-economico per l'accesso ai servizi sociali agevolati;
nel rapporto del Fondo monetario internazionale, elaborato a conclusione della recente missione nel nostro Paese, si evidenzia il fenomeno delle differenziazioni di salari, occupazione e redditi nell'ambito delle regioni interne del Paese, differenziazioni che richiedono l'applicazione di idonee misure per correggerne le distorsioni conseguenti; a tal proposito, il rapporto del Fondo monetario internazionale contiene espressamente l'invito al Governo a concedere «le indennità di carovita», sulla base del diverso costo della vita a livello regionale;

impegna il Governo

in occasione della revisione delle deduzioni da applicare ai redditi delle persone fisiche, ad applicare il criterio «costo della vita» nella tassazione dei redditi dei contribuenti residenti in regioni con un costo della vita più elevato, al fine di sostenere ed equiparare i redditi nelle diverse regioni del Paese.
(1-00093) «Sergio Rossi, Cè, Caparini, Pagliarini, Polledri, Rizzi, Martinelli, Guido Giuseppe Rossi, Fontanini, Francesca Martini, Didonè, Bricolo».
(4 luglio 2002)


MOZIONI SULLE INIZIATIVE PER CONTRASTARE LA PRATICA DELL'INFIBULAZIONE

La Camera,
premesso che:
è grave la situazione in Kenya dove 100 ragazze si sono rifugiate in una chiesa per proteggersi dal rischio di subire l'infibulazione, nonostante che la legge keniota consideri da un anno illegale tale pratica di mutilazione sessuale;
sempre in Kenya, un numero assai elevato di ragazze (circa 700) sono pronte a lasciare le proprie case per proteggersi dal pericolo di essere mutilate;
tale rifiuto da parte di tante giovani evidenzia che l'infibulazione non appartiene più alla cultura delle nuove generazioni keniote e, più in generale, africane;
la Commissione giustizia del Senato della Repubblica ha approvato una legge di modifica del codice penale che rende illegale l'infibulazione sul territorio nazionale;
si auspica che Governo e Parlamento si facciano congiuntamente carico di rendere quanto più celere possibile l'approvazione della predetta legge;

impegna il Governo:

a potenziare i programmi di assistenza e sensibilizzazione in quei Paesi dove la pratica è ancora consentita;
ad assicurare sostegno, eventualmente anche legale, alle ragazze che intendano evitare la pratica dell'infibulazione;
a considerare l'opportunità di concedere asilo politico nelle sedi diplomatiche italiane a quelle donne che intendano sottrarsi a tale grave mutilazione.
(1-00166) «Paoletti Tangheroni, Bertolini, Licastro Scardino, Elio Vito, Francesca Martini, Rizzi, Caligiuri, Blasi, Rivolta, Savo, Baldi, Gigli, Galvagno, Michelini, Costa, Lavagnini, Fontana, Bianchi Clerici, Bolognesi, Filippeschi, Bindi, Boato, Realacci, Montecchi, Mondello, Pinto, Milanato, Carlucci, Di Virgilio».
(27 febbraio 2003)

La Camera,
premesso che:
ogni anno 2 milioni di bambine dai 4 ai 12 anni di età, in 28 Paesi dell'Africa e in 11 Paesi del sud-est asiatico, subiscono mutilazioni genitali femminili;
nel mondo le donne che hanno subito mutilazioni genitali sono circa 100 milioni;
le donne provenienti dai Paesi della fascia subsahariana, dove vengono abitualmente praticate mutilazioni genitali femminili, sono attualmente nel nostro Paese circa 30.000 ed il numero è destinato ad aumentare;
in Italia è già presente una nuova generazione di bambine immigrate o nate nel nostro Paese, che corrono comunque il rischio di essere mutilate;
le mutilazioni genitali femminili sono parte di una struttura culturale antica e profonda, non prevista da alcuna religione, condivisa dalle donne, che, non solo la patiscono sul proprio corpo, ma che contribuiscono a trasmetterla di generazione in generazione, tramandando tale pratica di madre in figlia;
l'intervento di mutilazione viene abitualmente eseguito in condizioni igieniche precarie, con strumenti inadeguati e personale senza alcuna cognizione di carattere sanitario, cosa che determina spesso complicazioni post-operatorie, quali infezioni, emorragie, setticemie e lesioni, oltre ai problemi che si presentano alle donne al momento del rapporto sessuale e alle complicazioni ed ai rischi ai quali sono soggette insieme ai nascituri al momento del parto;
l'autodeterminazione e la salute delle donne, anche immigrate, è uno degli obiettivi che il Governo Prodi si era posto con la direttiva Prodi-Finocchiaro del 1997, in attuazione della piattaforma di Pechino, la quale condanna la violenza contro le donne, sia essa pubblica o privata, come infrazioni ai diritti umani;
le mutilazioni genitali femminili, infatti, si collocano in questo contesto e sono la palese dimostrazione della violazione dei diritti umani che interferiscono con l'integrità della persona;
le strutture sanitarie del nostro Paese sono spesso inadeguate ad affrontare problemi concernenti la natura culturale e la diversità delle questioni che le donne provenienti da altre culture e contesti sociali pongono agli operatori socio-sanitari operanti sul territorio nazionale;
in altri Paesi, quali Inghilterra e Canada, tali pratiche sono state dichiarate illegali tramite precisi provvedimenti. Negli Stati Uniti, inoltre, una giovane donna del Ghana ha ottenuto l'asilo politico, avendo riconosciuto il Governo di tale Paese la mutilazione genitale come una forma di persecuzione contro la persona;

impegna il Governo:

a verificare quanto e come tale pratica sia diffusa nel nostro Paese;
a emanare, previo concerto con la conferenza Stato-regioni, un atto di indirizzo nei confronti delle strutture sanitarie, affinché, laddove si ravvisino pratiche di mutilazione genitale femminile, queste vengano prontamente segnalate alle autorità competenti;
a promuovere un'efficace azione di prevenzione delle pratiche di mutilazioni sessuali, attraverso i consultori, le strutture sanitarie ed i soggetti che operano per garantire la piena integrazione delle persone immigrate, allo scopo di far conoscere loro la legislazione italiana al riguardo, ma anche di far loro comprendere quanto tale pratica sia disumana ed umiliante per le bambine e per le donne e quanto, a differenza del Paese d'origine, la mutilazione non costituisca requisito per l'introduzione delle stesse nel contesto sociale italiano;
a promuovere, d'intesa con le regioni, un adeguato sviluppo delle iniziative di formazione di personale socio-sanitario per affrontare in maniera adeguata i problemi derivanti dall'eventuale pregressa pratica di mutilazione sessuale dal punto di vista della salute delle donne, anche in riferimento ai rischi connessi al momento del parto, sia per la donna che per il nascituro;
a prevedere la possibilità di concedere alle donne, il cui Paese di origine consenta alla pratica della mutilazione genitale femminile, di richiedere l'asilo nel nostro Paese per sottrarsi esse stesse o le proprie bambine a simile pratica.
(1-00098) «Bolognesi, Finocchiaro, Sereni, Folena, Pinotti, Magnolfi, Zanotti, Trupia, Abbondanzieri, Alberta De Simone».
(12 luglio 2002)

La Camera,
premesso che:
in molte zone del pianeta, ammantati da motivazioni etniche, sociali, spesso religiose, permangono costumi che non è possibile accettare senza provare orrore, disgusto e pietà, come le pratiche di mutilazione genitale, dolorose, umilianti, cui sono sottoposte adolescenti e giovani donne, soprattutto nella zona africana, che si estende dall'oceano atlantico al Mar Rosso e dall'oceano indiano al mediterraneo orientale (circa 2.000.000 di casi all'anno): organismi internazionali (Oms e Onu) valutano in 100 milioni il totale delle donne viventi che hanno subito questo barbaro trattamento;
queste usanze hanno cittadinanza anche nello Yemen, nell'Oman, negli Emirati Arabi Uniti, nelle comunità musulmane dell'Indonesia, della Malesia, del Pakistan ed ora, purtroppo, anche in Europa;
esistono modi differenti per infliggere queste ferite corporali e psicologiche, come l'infibulazione, che consiste nell'asportazione della clitoride, delle piccole labbra, di almeno due terzi della parte anteriore e, di frequente, dell'intera parte media delle grandi labbra, realizzata con lamette da barba, pezzi di vetro o con uno speciale coltello, senza alcuna garanzia di igiene;
altra atroce pratica è l'escissione (clitoridectomia) e la «intermedia», che è la rimozione della clitoride e di tutte o parte delle piccole labbra e del cappuccio della clitoride;
la descrizione di queste pratiche è necessaria al fine di illustrare i contenuti di usanze, che, per la loro gravità, determinano conseguenze assai pericolose, come il pericolo di un'emorragia, shock post-operatorio, lesioni ad altri organi (uretra, vescica) e, a causa delle scarse condizioni igieniche in cui si «opera», finanche il tetano o la setticemia e altre complicazioni (ascessi vulvari, dismenorrea, emorragie, complicazioni nel parto);
queste pratiche mortificano la dignità della donna, offendono la sua femminilità e provocano danni permanenti, irreversibili, sia fisici che psicologici;
in numerosi Stati europei occidentali (come la Svezia, la Norvegia, il Belgio, alcuni Stati degli Usa, il Canada, la Gran Bretagna), a causa della presenza di comunità provenienti dagli Stati nei quali certe pratiche sono effettuate, si è provveduto all'adozione di specifiche leggi per arrestare questi penosi fenomeni che rappresentano una vera e propria persecuzione contro la persona;

impegna il Governo:

a verificare se tali pratiche, come prevedibile, esistano anche in Italia e quale sia la loro diffusione e la prevedibile consistenza numerica;
ad esercitare una consistente azione preventiva, affinché sia denunciata l'eventuale adozione di tali pratiche a livello di poliambulatori, distretti, consultori, assistenti sociali, medici e di chiunque operi a contatto di ambienti o comunità di soggetti immigrati dagli Stati interessati;
a promuovere un'iniziativa legislativa che vieti e punisca chiunque (medico e non) eserciti tali tristi, penose e violente pratiche.
(1-00106) «Giulio Conti, La Russa, Airaghi, Alboni, Amoruso, Anedda, Armani, Arrighi, Ascierto, Bellotti, Benedetti Valentini, Bocchino, Bornacin, Briguglio, Buontempo, Butti, Cannella, Canelli, Carrara, Caruso, Castellani, Catanoso, Cirielli, Cola, Giorgio Conte, Coronella, Cristaldi, Delmastro Delle Vedove, Fasano, Fatuzzo, Fiori, Foti, Fragalà, Franz, Gallo, Gamba, Geraci, Ghiglia, Alberto Giorgetti, Gironda Veraldi, La Grua, Lamorte, Landi di Chiavenna, Landolfi, La Starza, Leo, Lisi, Lo Presti, Losurdo, Maceratini, Maggi, Malgieri, Gianni Mancuso, Luigi Martini, Mazzocchi, Menia, Meroi, Messa, Migliori, Mussolini, Angela Napoli, Nespoli, Onnis, Paolone, Patarino, Antonio Pepe, Pezzella, Porcu, Raisi, Ramponi, Riccio, Ronchi, Rositani, Saglia, Saia, Garnero Santanché, Scalia, Selva, Serena, Strano, Taglialatela, Trantino, Villani Miglietta, Zaccheo, Zacchera, Di Virgilio».
(16 settembre 2002)

La Camera,
premesso che:
secondo stime dell'organizzazione mondiale della sanità, 130 milioni di donne e di bambine hanno subito mutilazioni genitali negli ultimi anni, anche se le cifre reali sono probabilmente molto più elevate, e ogni anno almeno due milioni di bambine sono ancora vittime di questa pratica tradizionale;
in almeno 28 Paesi la pratica delle mutilazioni genitali è ancora la normalità, e il fenomeno colpisce ora, attraverso l'emigrazione, anche l'Europa, gli Usa, il Canada, l'Australia. Solo nell'Unione europea si ritiene che circa 180.000 bambine, ragazze e giovani donne, siano state mutilate o rischino di esserlo;
l'infibulazione è già vietata in diversi Paesi europei, e numerose sono state le condanne internazionali contro questa pratica, come quelle venute dal Consiglio d'Europa e delle Nazioni Unite;
nella quarta Conferenza mondiale delle Nazioni unite sulle donne di Pechino del 1995.È stata adottata una piattaforma di azione nella quale la lotta alle mutilazioni genitali femminili è stata indicata fra le iniziative contro la violenza sulle donne che devono essere intraprese dai vari Governi nazionali;
il 13 marzo 2002 il Parlamento europeo, vista la relazione della Commissione per i diritti della donna e le pari opportunità e sentito il parere della Commissione per le libertà e i diritti dei cittadini, la giustizia e gli affari interni, ha approvato una risoluzione sulle «Donne e il fondamentalismo»: il documento ha sottolineato che, nel corso della storia fino ai nostri giorni, le donne sono state e sono una delle principali vittime dei fondamentalismi religiosi, denunciando tra le altre violazioni, punizioni e attentati contro l'integrità fisica e la vita delle donne, soprattutto il ricorso a pratiche culturali e tradizionali quali le mutilazioni genitali come la clitoridectomia e l'infibulazione;
nell'Unione europea nessun sistema politico e nessun movimento religioso può essere al di sopra del rispetto dei diritti fondamentali dell'uomo e delle libertà democratiche e non sarà mai ammessa alcuna violazione dei diritti umani; i diritti della donna, sanciti dai trattati e dalle convenzioni, internazionali, non possono quindi essere limitati né trasgrediti con il pretesto di interpretazioni religiose, tradizioni culturali, costumi o legislazioni;
il Parlamento europeo, nel denunciare il ricorso alle pratiche di mutilazioni genitali nell'Unione europea ha invitato gli Stati membri a prevedere concrete misure preventive e ad adottare una legislazione contro qualsiasi atto che ponga in pericolo l'integrità psicofisica e la salute della donna;
il 10 dicembre 2002, in occasione della giornata mondiale dei diritti umani, che ricorre ogni anno il 10 dicembre, è stata lanciata a Bruxelles una campagna mondiale contro le mutilazioni genitali femminili, di cui sono vittime nel mondo 130 milioni di donne e bambine;
l'obiettivo dichiarato di questa campagna, appoggiata da diverse organizzazioni non governative europee e dei Paesi in via di sviluppo, è quello di sradicare definitivamente su tutto il pianeta queste violazioni gravissime dei diritti fondamentali e dell'integrità delle donne entro 15 anni;
nel nostro Paese il fenomeno è ben presente ma sostanzialmente ancora clandestino e sommerso, e la non conoscenza della questione unita ad una sorta dì accettazione passiva di un «costume» straniero e l'inesistenza di una figura autonoma di reato non esplicitamente previsto nella legislazione italiana, può contribuire a spiegare l'assenza di segnalazioni e/o denunce a parte di medici, pediatri, operatori scolastici così come da parte di quei genitori che cominciano ad avere dubbi e a rifiutare le mutilazioni per le proprie figlie;
all'interno del dipartimento per le pari opportunità ha operato, dal 1999 fino alla primavera del 2001, la Commissione per la definizione delle linee essenziali del progetto nazionale contro le mutilazioni genitali femminili, poi sciolta nell'ambito di una riorganizzazione generale al momento dell'insediamento di questo Governo;
le campagne di informazione costituiscono la base indispensabile per un corretto approccio alla problematica delle mutilazioni genitali femminili e favorire così lo spontaneo abbandono di tali pratiche;
l'attività dì sensibilizzazione deve essere affrontata a vari livelli istituzionali, in modo da coinvolgere, anche nell'ambito delle amministrazioni locali, il sistema sanitario, il sistema sociale e quello educativo e scolastico;

impegna il Governo:

a riconoscere il diritto di asilo per le donne fuggite dai propri Paesi, perché minacciate di mutilazione;
a condizionare la nostra politica estera, modulandola anche sulla base del rispetto dei diritti fondamentali dell'uomo e della donna da parte dei Paesi stranieri, e ad adoperarsi sul piano internazionale, intervenendo sugli accordi economici e commerciali, in modo che i Governi dei Paesi terzi (con cui si sono conclusi tali accordi) siano costretti a riconoscere i diritti umani e i diritti delle donne;
a rafforzare non solo l'azione centrale, ma anche a dare linee d'intervento e supporto alle regioni e ad agire con la Conferenza Stato-regioni e le amministrazioni locali per affrontare adeguatamente questo grave problema nelle sue implicazioni, di carattere giuridico sia di carattere culturale;
ad istituire una nuova Commissione che, in base al lavoro sia svolto dalla precedente, e insieme alle altre amministrazioni dello Stato competenti, elabori un progetto di intervento per contrastare le pratiche di mutilazioni genitali femminili;
a prevedere capillari programmi di istruzione, formazione e sensibilizzazione rivolti agli operatori sanitari, assistenti sociali e insegnanti, attivando altresì tutti quegli interventi necessari di assistenza, sostegno e tutela delle vittime dì questa pratica;
ad attuare un lavoro di monitoraggio articolato con l'aiuto delle regioni e della Conferenza Stato-Regioni, al fine dì individuare quali e quante siano in Italia le comunità e le situazioni a rischio, intervenendo con l'aiuto indispensabile delle associazioni delle donne immigrate e le organizzazioni non governative che operano su questo drammatico problema, anche attraverso una adeguata campagna di informazione.
(1-00167) «Cima, Zanella, Boato, Pecoraro Scanio, Bulgarelli, Cento, Lion».
(4 marzo 2003)


MOZIONI SULLE MISURE IN FAVORE DELLA FAMIGLIA E DELLA NATALITÀ

La Camera,
premesso che:
il pressante appello del Pontefice, fatto nel corso del suo discorso alla Camera dei deputati il 14 novembre 2002, ha rilanciato il tema della caduta delle nascite nel nostro Paese;
secondo il Population Aging 2000, il rapporto presentato all'Onu nel corso della seconda Assemblea sull'invecchiamento mondiale, svoltasi recentemente a Madrid, l'Italia vanta la percentuale più alta di persone sopra i 60 anni, pari al 25 per cento, seguita da Giappone, Germania e Grecia con il 24 per cento;
il nostro Paese vanta, altresì, il triste primato della più bassa percentuale di minori di 15 anni (14,1 per cento) e si è calcolato che nel 2050 i pensionati saranno il 65 per cento della popolazione;
il numero medio di figli per donna è pari a 1,25, rapporto insoddisfacente, in quanto la realtà dei fatti ci dimostra che, di fronte ad una speranza alla vita che si avvicina agli 80 anni, un tasso di natalità che sfiori i due figli per donna è solo sufficiente a contrastare il declino e l'invecchiamento della popolazione, se associato a flussi migratori contenuti;
le 544 mila nascite del 2001, se raffrontate a quelle della Francia e Inghilterra (circa 200 mila in più), che hanno una popolazione totale simile alla nostra, confermano un preoccupante squilibrio;
il Presidente della Repubblica ha espresso chiaramente tale preoccupazione quando ha affermato che: «Una società che fa pochi figli è una società che non ha fiducia nel futuro. Dovremo dare ai giovani una maggiore fiducia e cresceranno anche le nascite»;
per invertire tale processo occorrerebbe un ritorno ad un ciclo di vita meno tardivo delle aspettative di riproduzione (oggi a ridosso dei 30 anni) per realizzare l'obiettivo dei due figli per coppia;
secondo il sociologo francese Henry Mendras dell'osservatorio francese delle congiunture politiche, il vero ostacolo ad una natalità sostenibile nel nostro Paese è costituito dalla struttura della famiglia, in cui la qualità del servizio domestico offerto dalle donne è tale da impedire ai figli l'uscita dalle mura domestiche, e dal divario della natalità tra zone geografiche unitamente ad una scarsa diffusione della scelta di fare figli al di fuori del matrimonio;
in molti Paesi europei, lo Stato ha favorito il consolidarsi di una tendenza, che, nel corso degli anni, ha portato le donne alla scelta dei due figli, attraverso interventi mirati nel settore degli asili nido e degli alloggi a favore delle coppie giovani;
in Italia, l'atteggiamento dei Governi è oscillato tra la necessità di una promozione di politiche di welfare in favore della famiglia e l'inconsistenza delle misure adottate, quasi a confermare la marginalità della famiglia come soggetto sociale. Si è assistito, cioè, al varo di misure che non avevano carattere di organicità;
il sistema pensionistico statale, diffuso in tutta l'Unione europea, si basa su una sorta di contratto tra generazioni, in base al quale i contributi di coloro che lavorano oggi pagano le pensioni di quelli che sono andati a riposo ieri. Con l'abbassamento della natalità viene ad incrinarsi quel rapporto tra pensionati e lavoratori ed il rischio sarà quello di avere in Italia la classica situazione della piramide rovesciata, contraddistinta da una vasta popolazione di anziani che grava su una ristretta popolazione di giovani con effetti economici disastrosi;
i costi di funzionamento del servizio sanitario aumenteranno inevitabilmente, se si pensa che un paziente di 85 anni ha un costo di 11 volte superiore a quello di un bambino dai 5 ai 15 anni;
le preoccupazioni delle ripercussioni di questi cambiamenti in campo previdenziale, sanitario e, soprattutto, del lavoro erano già presenti nella relazione demografica della direzione generale «Occupazione, relazioni industriali e affari sociali», pubblicata dalla Commissione europea nel 1995;

impegna il Governo:

a fornire alla famiglia un nuovo sistema di prestazioni e benefici, volto ad un potenziamento dell'istituzione familiare e diretto a favorire un incremento del tasso di natalità, in linea con il principio di sussidiarietà, fondato su sostegno e integrazione, ma non sostituzione della famiglia nello svolgimento della sua funzione sociale;
a favorire la diffusione del lavoro part time, creare infrastrutture efficienti in grado di accogliere i figli delle giovani coppie già nei primi anni;
ad attivare ogni utile iniziativa per un profondo coinvolgimento dell'opinione pubblica sull'argomento, che veda partecipi, accanto al mondo della politica, anche quello dell'economia e della cultura, al fine di garantire al nostro Paese uno sviluppo durevole ed una crescita equilibrata e sostenibile.
(1-00127) «Volontè, Ciro Alfano, Emerenzio Barbieri, Dorina Bianchi, Brusco, Riccardo Conti, Cozzi, D'Agrò, D'Alia, Degennaro, De Laurentiis, Di Giandomenico, Filippo Maria Drago, Giuseppe Drago, Follini, Giuseppe Gianni, Grillo, Anna Maria Leone, Liotta, Lucchese, Maninetti, Mazzoni, Mereu, Mongiello, Montecuollo, Naro, Peretti, Ranieli, Romano, Rotondi, Tabacci, Tanzilli, Tucci».
(21 novembre 2002)

La Camera,
premesso che:
secondo il Consiglio d'Europa, l'Italia è il Paese che ha la maggiore percentuale di anziani (18,2 per cento), seguita da Grecia e Spagna. In particolare, il nostro Mezzogiorno si conferma come l'area in cui è presente il maggiore numero di giovani, con il 17,3 per cento della popolazione, che hanno un'età compresa tra 0 e 14 anni, contro una media nazionale pari al 14,4 per cento. Il Centro e il Nord Italia presentano, al contrario, la quota maggiore di anziani over 65 (rispettivamente il 19,8 e il 19,5 per cento);
secondo dati Onu, l'età media della popolazione degli abitanti dell'Unione europea è di 38,1 anni. Nel 2050 le previsioni parlano di un'età media di 48,5 e i pensionati saranno il 65 per cento della popolazione;
secondo l'Eurostat, nel 2002 ci sono state più morti che nascite nel 43 per cento dei Paesi dell'Unione europea. Nel 2050 si prevede:
1. una diminuzione della popolazione dai 376 milioni di individui del 2000 a 364 milioni e il declino demografico maggiore si verificherà in Italia (-17 per cento), Spagna e Germania;
2. gli under 14 passeranno da 69 a 58 milioni;
3. la forza lavoro (età 15-64 anni) si ridurrà di 203 milioni. Il decremento maggiore si registrerà in Italia (-33 per cento);
4. gli ultrasessantacinquenni saranno 103 milioni (61 milioni nel 2000). Gran parte dell'incremento è rappresentato dagli over 80, il cui numero sarà triplicato alla fine del cinquantennio;
l'indice di natalità nel nostro Paese è molto basso: il numero medio di figli per donna era 2,41 nel 1960, sceso a 1,18 nel 1995 (record storico negativo), oggi è di 1,25 e si prevede che si attesterà sull'1,40 nel 2010, ampiamente sotto la soglia di riproduzione della popolazione (cioè di crescita), che è di 2,1. L'indice medio di natalità dell'Unione europea è di 1,47 figli per donna;
cinquant'anni fa nel nostro Paese eravamo 47 milioni e nascevano 900.000 bambini l'anno. Oggi siamo 10 milioni in più e nascono 350.000 bambini in meno. Con l'attuale tasso di natalità, nel 2050 saremo 52 milioni;
le forti migrazioni, lo spopolamento delle campagne, una maggiore presenza delle donne sul mercato del lavoro, l'alto costo per il mantenimento dei figli, l'inadeguatezza dell'offerta dei servizi e i mutamenti culturali nella società sono stati tra i fattori che hanno disincentivato, specialmente nei centri urbani, la natalità;
inoltre, il rallentamento, dovuto a diversi fattori, del processo di autonomia delle nuove generazioni di giovani dalle famiglie di origine sposta nel tempo il formarsi di nuove famiglie;
il nostro Paese, a differenza degli altri paesi dell'Unione europea, ha fatto fatica ad incentivare politiche di conciliazione tra il lavoro e la scelta di maternità e paternità;
fare figli è una scelta impegnativa in termini economici, di tempo, di sviluppo delle professionalità lavorative. Se non si attivano meccanismi tesi ad invertire questa tendenza, il numero degli anziani crescerà in modo vertiginoso, creando uno sbilanciamento che peserà sull'intera società;
l'invecchiamento della popolazione è un fattore che influenzerà fortemente gli equilibri finanziari, le performance economiche e il mercato del lavoro degli Stati membri dell'Unione europea nei prossimi decenni, acuendo sempre più il divario tra generazione e, quindi, l'equilibrio tra natalità e invecchiamento;

impegna il Governo:

ad intervenire al fine di predisporre azioni di sostegno alla genitorialità, attraverso l'implementazione di un sistema di servizi tesi ad incrementare la natalità, a partire dall'applicazione dell'articolo 16 della legge n. 328 del 2000, e dotando di risorse adeguate il fondo nazionale per le politiche sociali;
ad indirizzare le politiche di welfare per dare priorità agli interventi per le famiglie, che hanno figli o che ne vogliono avere, predisponendo una maggiore assistenza nella cura e nei costi dell'allevamento dei figli;
a potenziare l'offerta di servizi educativi per la prima e primissima infanzia in tutto il territorio nazionale;
a promuovere e sostenere la scelta verso la maternità responsabile delle donne, siano esse semplicemente madri o anche lavoratrici, garantendo le condizioni per una piena libertà di scelta di maternità;
ad agevolare l'impegno professionale dei genitori, facilitando l'accudimento dei figli, attraverso una riorganizzazione del mercato del lavoro che consenta percorsi lavorativi più flessibili a domanda e, comunque, finalizzati ad una ridistribuzione degli orari e dei tempi di lavoro nell'arco della giornata e della vita (part time, telelavoro, maggiore flessibilità degli orari, potenziamento dei servizi per la prima infanzia ed altri), al fine di promuovere concrete politiche di conciliazione tra vita lavorativa e vita familiare, a partire dalla piena applicazione della legge n. 53 del 2000 (Disposizione per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città);
a promuovere azioni positive capaci di superare l'esistente penalizzazione che le lavoratrici madri subiscono nei percorsi di carriera e di lavoro;
a garantire la piena applicazione della normativa della legge n. 53 del 2000 nella parte relativa ai tempi delle città, in modo da incentivare l'organizzazione dei tempi dei servizi, dei negozi e dei trasporti, che siano finalizzati a favorire politiche di conciliazione tra lavoro e famiglia;
a promuovere politiche per la casa a favore di tutte le giovani coppie, al fine di rispondere al desiderio di formazione di nuove famiglie, ma soprattutto di incentivarne la scelta di genitorialità responsabile;
a ripensare il sistema fiscale e redistributivo in funzione dei carichi familiari;
ad attivare politiche di ricongiungimento familiare per i lavoratori extracomunitari e favorire politiche di integrazione di bambini stranieri, facilitandone la piena cittadinanza nel nostro Paese;
a potenziare politiche a favore delle famiglie disponibili ad accogliere e adottare bambini senza famiglia.
(1-00163) «Violante, Bolognesi, Montecchi, Innocenti, Ruzzante, Magnolfi, Battaglia, Pollastrini, Turco, Labate, Giacco, Di Serio D'Antona, Zanotti, Petrella, Lucà, Bogi, Pisa, Alberta De Simone, Capitelli».
(20 febbraio 2003)

La Camera,
premesso che:
i dati statistici sulla diminuzione delle nascite in Italia mostrano costantemente da anni livelli molto bassi, inferiori a quelli degli altri Paesi europei;
i preoccupanti livelli di denatalità in Italia avranno in futuro pesanti ripercussioni anche sul piano sociale, economico e pensionistico;
l'articolo 31 delle Costituzione recita: «La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l'adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose. Protegge la maternità, l'infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo»;
è stato da ultimo trasmesso alle Camere, ai fini dell'espressione del parere da parte della Commissione parlamentare per l'infanzia, il piano d'azione e di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva, ai sensi dell'articolo 2 della legge 23 dicembre 1997, n. 451, che, in particolare, valorizza il diritto alla famiglia, inteso come diritto complesso, nel quale confluiscono anche i diritti dei più piccoli ad essere educati, nutriti e ad avere condizioni di vita idonee al loro sviluppo psicofisico;
sta proseguendo l'iter delle proposte e del disegno di legge recanti norme in materia di asili nido dinanzi alla XII Commissione (affari sociali) della Camera dei deputati;

impegna il Governo

ad attuare politiche di sostegno per tutte le famiglie, intese a rimuovere i fattori, anche di ordine economico, che possono ostacolare le libere scelte procreative, stimolando a tal fine anche l'azione degli enti locali;
a prendere le opportune iniziative perché il parto non sia un evento medicalizzato, che si svolge in contesti propri della cura delle malattie, ma avvenga in condizioni ed ambienti che ne mantengano la dimensione naturale;
a prendere, in particolare, iniziative per facilitare il compito dei genitori nei primi anni di vita dei figli, ivi comprese la possibilità di assistenza in casa dopo il parto, quella di svolgere lavoro a tempo parziale e secondo orari flessibili e quella di poter usufruire facilmente dei servizi di asilo nido nelle vicinanze dell'abitazione o di asili aziendali presso il luogo di lavoro, anche nell'ambito della pubblica amministrazione.
(1-00164) «Burani Procaccini, Antonio Leone».
(24 febbraio 2003)

La Camera,
premesso che:
la denatalità è un problema che investe tutte le società avanzate del mondo occidentale, a seguito della loro trasformazione post-industriale;
l'Italia, in particolare, risulta avere in ambito europeo il più basso tasso di natalità, con una media di 1,25 figli per donna;
tale andamento porterà ad avere nel 2050 una percentuale di pensionati pari al 65 per cento della popolazione complessiva ed un età media di 48,5 anni;
entro quella data l'Italia vedrà una diminuzione del 33 per cento della fascia di popolazione in età da lavoro compresa tra i 15 e i 64 anni di età, la punta più alta tra i Paesi europei;
il trend demografico rischia di porre in crisi l'intero sistema delle garanzie dello stato sociale nel nostro Paese, in particolare per quanto concerne le prestazioni previdenziali e sanitarie;
in Italia il fenomeno della denatalità assume anche caratterizzazioni territoriali tra il Nord, nel quale tale condizione ha un trend negativo costante già da tempo, e il Sud, che, comunque, si conferma l'area territoriale nella quale si concentra il maggior numero di giovani (17,3 per cento - dati Istat);
la denatalità si caratterizza come una conseguenza negativa dei mutamenti sociali ed economici verificatisi nel corso degli anni, che hanno rallentato il processo di autonomia dei giovani dalle proprie famiglie;
il subentrare di forme accentuate di flessibilità, per quanto concerne l'ingresso nel mondo del lavoro, non consente ai giovani di programmare percorsi di vita di lungo periodo, a discapito della volontà, da parte delle nuove generazioni, di formare una famiglia;
l'andamento demografico vede una crescita esponenziale della popolazione anziana, con tutto ciò che ne consegue in termini di prestazioni sociali e assistenziali, che acuiscono il divario nell'equilibrio tra natalità e invecchiamento;
il tema della non autosufficienza rappresenta una frontiera sociale importante per il futuro del nostro Paese, che, ad oggi, pone le famiglie sole davanti al problema, senza adeguato sostegno da parte della rete delle protezioni sociali;
le linee di intervento a sostegno della famiglia presentate dal Governo nell'ambito del «Libro bianco sul welfare» risultano essere una semplice enunciazione di intenti prive di prospettiva di applicazione concreta in assenza di risorse;
la denatalità e il sostegno alle famiglie non sono problemi esclusivamente finanziari e risolvibili monetizzandoli con l'obiettivo di fare più figli;
manca da parte del Governo una visione d'insieme a sostegno della famiglia, in quanto i principali provvedimenti che il Governo ha adottato, come nel caso della delega sul mercato del lavoro e dei tagli ai trasferimenti per gli enti locali, o che intende adottare, come nel caso della delega previdenziale, ridimensionano la rete di protezione della famiglia e minano il principio di costituzione materiale della solidarietà tra generazioni;

impegna il Governo

a dare piena e concreta applicazione all'articolo 16 della legge n. 328 del 2000, al fine di sostenere la genitorialità con una moderna rete di servizi tesi ad incrementare la natalità responsabile;
a dare piena attuazione alle disposizioni contenute nella legge n. 328 del 2000, concernenti i livelli essenziali ed uniformi delle prestazioni sociali, aumentando le risorse del fondo sociale nazionale;
ad applicare correttamente la legge n. 53 del 2000, in particolar modo per quanto concerne l'organizzazione dei tempi delle città, per conciliare al meglio famiglia e tempi di lavoro;
a promuovere, di concerto con le istituzioni locali, politiche per la prima casa in favore delle giovani coppie, nonché a prevedere misure di contenimento dei prezzi degli affitti;
a considerare la famiglia soggetto fiscale per una più equa politica di redistribuzione delle risorse da destinare a obiettivi di protezione sociale;
ad aumentare l'importo degli assegni familiari, estendendoli per le famiglie monoreddito anche ai figli che, al compimento del 18o anno di età, risultino impegnati in percorsi formativi, oltre la scuola secondaria superiore e, comunque, non oltre il 26o anno di età;
a promuovere politiche di contrasto della povertà per i nuclei familiari, a partire dal mantenimento dello strumento del reddito minimo di inserimento legato a percorsi formativi per la ricerca di occupazione;
a sostenere misure agevolative in favore delle famiglie che intendono adottare bambini;
a sostenere le famiglie, a cui carico vi sono persone anziane non autosufficienti, con la creazione di un fondo nazionale per la non autosufficienza a carico della fiscalità generale;
a sostenere le famiglie che hanno figli portatori di handicap con la modifica della normativa vigente in materia di congedi parentali in senso più favorevole per i genitori;
a promuovere politiche di ricongiungimento familiare per i lavoratori extracomunitari, nonché a promuovere politiche di integrazione per i bambini stranieri.
(1-00165) «Castagnetti, Loiero, Monaco, Bindi, Burtone, Fioroni, Meduri, Mosella, Bottino, Camo, Delbono, Duilio, Squeglia, Bimbi, Molinari».
(24 febbraio 2003)


MOZIONI SULLA CONFERENZA DELL'ORGANIZZAZIONE MONDIALE DEL COMMERCIO PREVISTA A CANCUN

La Camera,
premesso che:
dal 10 al 14 settembre 2003 è previsto lo svolgimento della V Conferenza ministeriale dell'Organizzazione mondiale del commercio a Cancun, in Messico;
nel corso di questa Conferenza ministeriale, i Governi membri dell'Organizzazione mondiale del commercio sono chiamati a decidere sul rafforzamento dell'attuale negoziato sul commercio dei servizi (Gats - General agreement on trade in services) in modo consensuale e, quindi, sul lancio di nuovi negoziati sul tema degli investimenti, delle regole sulla concorrenza, sugli appalti pubblici, oltre che su altri temi di grande importanza per le relazioni economiche e commerciali a livello internazionale;
prima dell'inizio della Conferenza ministeriale di Cancun, i Paesi membri dell'Organizzazione mondiale del commercio dovranno specificare quali settori attinenti ai servizi intendono liberalizzare e con quali limiti. Contemporaneamente, i Paesi membri dell'Organizzazione mondiale del commercio dovranno anche avanzare le richieste di liberalizzazione nei confronti degli altri Paesi membri;
entro il 15 gennaio 2003, la Commissione europea avrebbe dovuto consegnare ai Paesi membri dell'Unione europea una bozza del documento, contenente i settori che intende liberalizzare nell'ambito Gats;
entro il 15 febbraio 2003, i Governi dei Paesi dell'Unione europea avrebbero dovuto far pervenire alla Commissione europea le proprie annotazioni e commenti in merito a tale proposta;
entro il 31 marzo 2003, la Commissione europea dovrà ufficializzare la propria posizione nei confronti dell'Organizzazione mondiale del commercio, in merito a quali servizi intende liberalizzare nell'ambito Gats ed in quale maniera;
all'interno della categoria «servizi» nell'ambito Gats vengono comprese la maggior parte delle attività non strettamente connesse alla produzione di beni materiali, che rappresentano il 71 per cento del valore aggiunto lordo dell'economia dei Paesi membri dell'Unione europea, e, in particolare, il Gats individua le seguenti categorie, alcune di esse da considerare essenziali per il funzionamento dell'ordine pubblico: business communication (telecomunicazioni, servizi postali, audiovisivi), costruzioni e servizi ingegneristici correlati, distribuzione, istruzione, ambiente (fornitura di acqua, energia, smaltimento rifiuti), finanza, salute, turismo, cultura, sport ed eventi ricreativi, trasporti;
l'articolo 1, sezione 3, del Gats prevede che siano esclusi dalle negoziazioni i servizi forniti nell'esercizio dell'attività governativa, cioè servizi non forniti su base commerciale, né in competizione con altri fornitori;
lo stesso negoziato Gats non specifica in nessun modo cosa significhi «base commerciale» o «competizione con altri fornitori», dando luogo a pericolose ambiguità che possono portare a considerare alcuni servizi, quali l'acqua, l'istruzione a partire dalla scuola dell'obbligo, la sanità ed altri, come forniti su base commerciale;
l'eventuale liberalizzazione anche parziale dei servizi essenziali non può avvenire senza che il Parlamento italiano, la società civile e la cittadinanza siano informati tempestivamente ed in maniera esaustiva sulle conseguenze di eventuali decisioni, indipendentemente dal luogo in cui queste decisioni sono prese;
gli accordi eventualmente sottoscritti e ratificati in sede di Organizzazione mondiale del commercio sono praticamente irreversibili, a meno di non rischiare di incorrere in pesanti sanzioni per i Paesi membri, indebolendo così la loro sovranità nazionale;
i tempi per discutere, valutare e modificare le proposte e le richieste della Commissione europea sono molto stretti ed un eventuale dibattito dovrà aver luogo per permettere da una parte al Governo di analizzare le posizioni e le richieste di liberalizzazione ricevute dalla Commissione europea, dall'altra al Parlamento di proporre le modifiche ritenute necessarie, prima che il Governo comunichi alla Commissione europea la posizione italiana in vista della conferenza di Cancun;
al momento attuale si registra una mancanza di informazione della Commissione europea nei confronti del Parlamento europeo e, in misura ancora maggiore, nei confronti dei Parlamenti dei diversi Paesi membri dell'Unione europea, secondo una «tradizione di confidenzialità», così come definita dalle parole del Commissario europeo al commercio, Pascal Lamy, in una risposta scritta alle richieste di maggior trasparenza da parte della società civile europea il 2 luglio 2002;
l'Italia avrà la Presidenza dell'Unione europea nel secondo semestre del 2003 e dal 1o gennaio 2003 parteciperà alla «troika europea» e, quindi, è chiamata a seguire con particolare attenzione lo svolgimento dei lavori preparatori della V Conferenza ministeriale dell'Organizzazione mondiale del commercio di Cancun, nonché a facilitare l'elaborazione della posizione di indirizzo negoziale dell'Unione europea per il Commissario europeo al commercio;
è necessario avviare al più presto un dibattito pubblico ampio e trasparente per chiarire e approfondire la posizione del Governo italiano, in particolare nell'ambito dell'Unione europea, riguardo ai negoziati dell'Organizzazione mondiale del commercio e Gats, in particolare in Parlamento, dal momento che questo sarà in ogni caso chiamato a ratificare eventuali accordi siglati in ambito di Organizzazione mondiale del commercio;
è doveroso che il Governo italiano, in particolare, specifichi di fronte al Parlamento quali settori relativi ai servizi intende liberalizzare ed in quale maniera e quale sia la posizione della Commissione europea riguardo alle richieste di liberalizzazione già ricevute da Paesi esterni all'Unione; ed allo stesso tempo informi il Parlamento delle richieste di liberalizzazione avanzate dall'Italia e dall'Unione europea verso gli altri membri dell'Organizzazione mondiale del commercio, con particolare riguardo per le richieste di liberalizzazione avanzate nei confronti dei Paesi in via di sviluppo;
nella seduta del 5 dicembre 2002 la Camera dei deputati ha impegnato il Governo nel merito dei contenuti del negoziato;

impegna il Governo italiano:

a mantenere costantemente e tempestivamente informato il Parlamento, ed in particolare le commissioni parlamentari competenti, su quanto di sua conoscenza in merito alle decisioni ed alle posizioni della Commissione europea in materia di Organizzazione mondiale del commercio e Gats, con particolare attenzione agli indirizzi deliberati dal Parlamento il 5 dicembre 2002 sullo sviluppo sostenibile, sul debito e sulla priorità degli impegni ambientali internazionali;
a riferire sulla posizione dell'Italia e dell'Unione europea, fornendo, in particolare, informazioni su quali settori relativi ai servizi siano stati proposti per la liberalizzazione e con quali modalità e a riferire, altresì, sulle richieste di liberalizzazione avanzate dai Paesi membri dell'Unione europea, e nello specifico dall'Italia, nei confronti degli altri membri dell'Organizzazione mondiale del commercio, con particolare attenzione ai Paesi in via di sviluppo;
a sollecitare, nell'ambito del Consiglio europeo, un chiarimento riguardo all'articolo 1.3 del Gats, ovvero sulla definizione del concetto di «servizi non forniti su base commerciale, né in competizione con altri fornitori», coerentemente con l'indirizzo deliberato dal Parlamento il 5 dicembre 2002;
a tenere fede alla posizione assunta dall'Unione europea di esclusione dei prodotti culturali, e dunque del settore audiovisivo, dal negoziato Gats, in nome del particolare valore socioculturale di cui tali beni sono portatori;
ad assumere la posizione di escludere dal negoziato Gats i beni pubblici essenziali per la comunità che non possono essere considerati meri beni commerciali, quali la fornitura d'acqua, la sanità e la scuola.
(1-00139) «Crucianelli, Marcora, Sereni, Fioroni, Cento, Calzolaio, Bellillo, Bulgarelli, Bindi, Pinotti, Realacci, Innocenti, Mussi, Giovanni Bianchi, Spini, Buffo, Lolli, Fumagalli, Sciacca, Leoni, Melandri, Lucà, Panattoni, Pisa, Rocchi, Lucidi, Bandoli, Pistone, Pisicchio, Folena, Fanfani, Grandi, Bolognesi, Rizzo, Widmann, Giacco, Bielli, Tidei, Carboni, Crisci, Milanese, Cennamo, Jannone, Rotundo, Rossiello, Grillini, Bellini, Michele Ventura, De Brasi, Angioni, Raffaella Mariani, Abbondanzieri, Benvenuto, Grignaffini, Roberto Barbieri, Trupia, Perrotta, Lumia, Cima, Gasperoni, Giulietti, Boato, Oliverio, Zanella».
(22 dicembre 2002)

La Camera,
premesso che:
dal 10 al 14 settembre del 2003 si svolgerà a Cancun (Messico) la V Conferenza ministeriale dell'Organizzazione mondiale del commercio (Omc);
nel corso di questa Conferenza ministeriale, i Paesi membri dell'Organizzazione mondiale del commercio sono chiamati, tra l'altro, a decidere sull'ampliamento dell'accordo sulla liberalizzazione del commercio dei servizi (Gats-General agreement on trade in services);
entro la fine di giugno 2002, i Paesi membri dell'Organizzazione mondiale del commercio hanno presentato, come previsto dall'agenda dei negoziati stabilita al vertice di Doha, le richieste relative all'apertura di specifici mercati nell'ambito del settore dei servizi e dovranno comunicare, entro marzo 2003, le disponibilità in merito alle proprie aperture;
entro il 15 gennaio del 2003, la Commissione europea avrebbe dovuto consegnare ai Paesi membri dell'Unione europea una bozza del documento, contenente i settori che intende liberalizzare nell'ambito Gats;
la Commissione europea ha prorogato al 31 gennaio 2003 la consultazione delle società civili dei Paesi membri sul negoziato Gats;
entro il 15 febbraio del 2003, i Governi dei Paesi dell'Unione europea avrebbero dovuto far pervenire alla Commissione europea le proprie osservazioni in merito a tale proposta;
entro il 31 marzo del 2003, la Commissione europea dovrà ufficializzare la propria posizione nei confronti dell'Organizzazione mondiale del commercio, in merito a quali servizi intende liberalizzare nell'ambito Gats e con quali modalità;
all'interno della categoria «servizi» nell'ambito Gats ricadono ben 160 settori che non rientrano nella produzione di beni;
il settore dei servizi costituisce il 60 per cento del prodotto interno lordo dei Paesi più avanzati e il 50 per cento di quello degli altri Paesi;
il valore totale del commercio di servizi ammontava, già nel 1999, a 1.350 miliardi di dollari, equivalente a circa un quarto del valore totale del commercio di beni;
i Paesi industrializzati esportano il 71 per cento dei servizi totali e ne importano il 67 per cento;
nell'Unione europea i servizi assorbono i due terzi dell'economia e dell'occupazione (di cui l'80 per cento è femminile);
l'accordo Gats prevede la possibilità di escludere dalla liberalizzazione i «servizi forniti nell'esercizio dell'attività governativa», cioè servizi che «non comportano un pagamento e non sono offerti in concorrenza con altri fornitori»;
il progressivo ingresso di operatori privati nei servizi di interesse pubblico essenziale - quali la fornitura di acqua ed energia, la sanità, l'istruzione e il trasporto pubblico - favorito dalle recenti ondate di privatizzazione rende praticamente inapplicabile la definizione di «servizio pubblico» ad alcuno dei settori citati, aprendo la strada alla loro totale, obbligatoria e irreversibile liberalizzazione;
il mercato potenziale che si aprirebbe in caso di liberalizzazione ammonta a circa 3.500 miliardi di dollari l'anno per quanto riguarda la sanità, 2 mila miliardi di dollari l'anno per l'istruzione e mille miliardi di dollari l'anno per la fornitura di acqua;
i dati citati rendono evidente quale tipo di pressione stia ricevendo la Commissione europea dalle lobby delle grandi multinazionali del settore;
gli accordi eventualmente sottoscritti e ratificati in sede di Organizzazione mondiale del commercio sono praticamente irreversibili, a meno di non rischiare di incorrere in pesanti sanzioni per i Paesi membri, e intervengono su tutti i livelli di legislazione, compreso quello degli enti locali;
la natura degli accordi in oggetto tutela gli interessi delle imprese, ma non altrettanto quelli degli Stati;
secondo una prassi ormai consolidata, la Commissione europea sta conducendo negoziati così cruciali, come quelli relativi ai servizi, nella quasi totale opacità nei confronti dei Parlamentim europeo e degli Stati membri;
nonostante abbia annunciato la consultazione delle società civili dei Paesi membri, la Commissione europea continua a mancare di trasparenza, in ordine ai testi di riferimento per gli accordi, e, quindi, a vanificare ogni tentativo di intervento da parte dei cittadini;
non è ben chiaro come la Commissione europea intenda tenere conto della consultazione nell'iter dei negoziati e quali siano gli strumenti di verifica a disposizione dei cittadini;
non è chiaro, altresì, se e come il Governo italiano intenda promuovere un'analoga consultazione della società civile del nostro Paese;
l'Italia avrà la Presidenza dell'Unione europea nel secondo semestre del 2003 e dal 1o gennaio 2003 parteciperà alla «troika europea» e, quindi, è chiamata a seguire con particolare attenzione lo svolgimento dei lavori preparatori della V Conferenza ministeriale dell'Organizzazione mondiale del commercio di Cancun, nonché a facilitare l'elaborazione della posizione di indirizzo negoziale dell'Unione europea per il Commissario europeo al commercio;
i tempi per la discussione delle proposte ricevute e di quelle che l'Unione europea deve presentare sono estremamente ristretti (fine marzo 2003);
è necessario avviare al più presto un dibattito pubblico ampio e trasparente per chiarire e approfondire la posizione del Governo italiano, che coinvolga innanzitutto il Parlamento, ma anche la società civile organizzata;

impegna il Governo:

a mantenere costantemente informato il Parlamento, su quanto di sua conoscenza in merito alle decisioni ed alle posizioni della Commissione europea in materia di Organizzazione mondiale del commercio e Gats;
a rendere pubblici, attraverso i propri siti istituzionali: tutti i testi relativi ai negoziati in corso, in particolare quelli relativi ai servizi che intende liberalizzare e con quali modalità; la posizione della Commissione europea riguardo alle richieste liberalizzazione già ricevute da Paesi esterni all'Unione europea ; le richieste di liberalizzazione avanzata dall'Italia e dall'Unione europea verso gli altri membri dell'Organizzazione mondiale del commercio, con particolare riguardo per le richieste di liberalizzazione avanzate nei confronti dei Paesi in via di sviluppo;
a sollecitare la Commissione europea affinché promuova una maggiore trasparenza e un maggior coinvolgimento dei cittadini europei e dei Parlamenti nazionali ed europeo sul negoziato in corso;
a promuovere, in ambito di Organizzazione mondiale del commercio, una valutazione dell'impatto del Gats nei primi 5 anni di applicazione, da farsi con il coinvolgimento delle istanze parlamentari e delle società civili di ogni Stato membro;
a riferire al Parlamento sulla posizione dell'Italia e dell'Unione europea in merito ai servizi proposti per la liberalizzazione e alle relative modalità, con particolare attenzione ai settori della sanità, della fornitura di acqua ed energia, della scuola, dell'università e della formazione e del trasporto pubblico;
a sollecitare, nell'ambito del Consiglio europeo, un chiarimento riguardo all'articolo 1.3 del Gats, ovvero sulla definizione del concetto di servizi pubblici come «servizi non forniti su base commerciale, né in competizione con altri fornitori», promuovendo, altresì, una riformulazione che consenta l'inclusione nella definizione di «servizi pubblici» dei servizi di interesse generale, cioè di tutti quei servizi di cui l'individuo ha diritto di usufruire in quanto membro di una comunità statale e territoriale coesa;
a promuovere l'eliminazione dall'attuale accordo delle clausole che limitano la potestà degli Stati di introdurre requisiti minimi in materia di salute e sicurezza;
a tenere fede alla posizione assunta dall'Unione europea di esclusione dei prodotti culturali, e dunque del settore audiovisivo, dal negoziato Gats, in nome del particolare valore socio-politico di cui tali beni sono portatori;
ad assumere, altresì, la posizione di escludere dal negoziato Gats i servizi relativi agli investimenti, le cui richieste di liberalizzazione configurano un ritorno in sede di Organizzazione mondiale del commercio dell'Accordo multilaterale sugli investimenti (Mai), già bocciato in sede Ocse, grazie all'apposizione di firme da parte di milioni di cittadini in tutto il mondo;
a chiedere, in tutte le sedi internazionali del caso, che l'intera materia del commercio internazionale venga riportata in sede Unctad.
(1-00152) «Mantovani, Alfonso Gianni, Giordano, Mascia, Russo Spena».
(30 gennaio 2003)


INTERPELLANZE URGENTI

A)

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri e il Ministro delle comunicazioni, per sapere - premesso che:
la vicenda relativa alle dimissioni dei componenti del Consiglio di amministrazione (CdA) della RAI Baldassarre e Albertoni e gli interventi precedenti e successivi di membri del Governo hanno posto gravi interrogativi in ordine all'autonomia dell'azienda ed ai tentativi di interferenza in competenze di altre autorità istituzionali;
secondo notizie di stampa si sarebbero tenute sull'oggetto riunioni presiedute dallo stesso presidente del Consiglio, cui fanno notoriamente capo le reti televisive concorrenti, e che aveva pubblicamente dichiarato che non si sarebbe mai occupato della RAI;
si sono manifestati in queste circostanze comportamenti del presidente del Consiglio e di membri del Governo che incidono negativamente non solo sul pluralismo dell'informazione, ma anche su fondamentali caratteri della nostra democrazia -:
anche alla luce del nuovo contratto di servizio, se il Governo abbia competenze nei confronti dell'azienda Rai, in caso positivo quali siano e come intenda esercitarle sino al momento dell'entrata in vigore della nuova legge di sistema;
come intenda agire il Governo per evitare che il patente conflitto di interessi in cui versa il Presidente del Consiglio comprometta il regolare confronto tra i soggetti operanti sul mercato, danneggiando l'azienda Rai ed avvantaggiando invece il gruppo Mediaset;
quali iniziative intenda adottare per assicurare il riordino del sistema radiotelevisivo e la soluzione del problema del conflitto di interessi, in modo che siano recepiti i contenuti del messaggio del Presidente della Repubblica, dopo il bilancio fallimentare del CdA uscente e delle vistose interferenze istituzionali che l'hanno accompagnato e che ne sono seguite.
(2-00657) «Violante, Castagnetti, Boato, Rizzo, Intini, Pisicchio, Pecoraro Scanio».
(4 marzo 2003)

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri e il Ministro delle comunicazioni, per sapere - premesso che:
nelle scorse settimane si è consumato l'epilogo della fallimentare gestione del Servizio pubblico radiotelevisivo, da parte di quel che restava del Consiglio di amministrazione (CdA) Rai;
con metodi e procedure al limite della legalità, in spregio a qualsiasi rispetto delle prerogative del Parlamento e dei Presidenti delle Camere, alla cui sola autonoma determinazione spetta la nomina dei consiglieri di amministrazione della Rai, i vertici del Servizio pubblico radiotelevisivo si dimettevano e immediatamente dopo, a valle di un vertice di maggioranza, si diffondevano i nomi dei componenti in pectore del nuovo CdA aziendale;
quanto è accaduto evidenzia in tutta la sua portata politica e istituzionale l'intreccio patologico tra la questione del pluralismo dell'informazione in Italia e il terna del conflitto di interessi che permane in capo all'attuale Presidente del Consiglio;
di tutto il Parlamento era informato tramite le agenzie di stampa;
le decisioni in merito alla gestione della Rai sono state spesso in contrasto con la missione di emittente pubblica e piuttosto rispondenti ai voleri di forze politiche o di esponenti del Governo;
il Presidente della Repubblica ha dedicato al tema dell'informazione e della comunicazione il suo primo ed unico messaggio alle Camere, richiamando la necessità di garantire «pluralismo e imparzialità dell'informazione» senza le quali «non c'è democrazia»;
alla luce di tutto questo, è essenziale ridefinire la funzione del Servizio pubblico nell'ambito del sistema informativo italiano, specialmente con riferimento alla legge di sistema in discussione in questi giorni, garantendo autorevolezza e imparzialità alla emittente pubblica -:
alla luce del bilancio fallimentare del CDA Rai uscente e delle vistose interferenze istituzionali che l'hanno accompagnata e che ne sono seguite, quali iniziative intenda adottare per assicurare il riordino del sistema radiotelevisivo e la soluzione del problema del conflitto di interessi in modo che siano recepiti i contenuti del messaggio del Presidente della Repubblica e venga assicurato il ripristino di un ruolo del Parlamento nella vigilanza e nell'indirizzo, a salvaguardia del pluralismo, nei confronti del servizio pubblico radiotelevisivo.
(2-00659) «Rutelli, Castagnetti, Loiero, Monaco, Boccia, Molinari, Carra, Gentiloni Silveri, Merlo, Colasio, Pasetto».
(4 marzo 2003)

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri e il Ministro delle comunicazioni, per sapere - premesso che:
le condizioni e le motivazioni attraverso le quali si è giunti alle dimissioni dei componenti del Consiglio di amministrazione (CdA) della Rai Baldassarre ed Albertoni e gli interventi precedenti e successivi di membri del Governo sulla vicenda del servizio pubblico radiotelevisivo hanno posto gravi interrogativi in ordine all'autonomia dell'azienda ed ai tentativi di interferenza in competenze di altre autorità istituzionali;
secondo quanto pubblicato da organi di stampa si sarebbero tenute sull'oggetto riunioni presiedute dallo stesso Presidente del Consiglio, cui fanno notoriamente capo le reti televisive concorrenti, il quale aveva pubblicamente dichiarato inesistenti eventuali profili di conflitto di interessi nell'azione di governo e, in particolare, che non si sarebbe mai occupato della Rai;
si sono manifestati in queste circostanze comportamenti del Presidente del Consiglio e dei membri del Governo che incidono negativamente non solo sul pluralismo dell'informazione, ma anche su fondamentali caratteri della nostra democrazia -:
anche alla luce del nuovo contratto di servizio, se il Governo abbia competenze nei confronti dell'azienda Rai, in caso positivo quali siano e come intenda esercitarle sino al momento dell'entrata in vigore della nuova legge di sistema;
come intenda agire il Governo per evitare che il patente conflitto di interessi in cui versa il Presidente del Consiglio comprometta il regolare confronto tra i soggetti operanti sul mercato, danneggiando l'azienda Rai ed avvantaggiando invece il gruppo Mediaset;
dopo il bilancio fallimentare del CdA uscente e delle vistose interferenze istituzionali che l'hanno accompagnato e che ne sono seguite, quali iniziative intenda adottare per assicurare il riordino del sistema radiotelevisivo e la soluzione del problema del conflitto di interessi, in modo che siano recepiti i contenuti del messaggio alle Camere del Presidente della Repubblica.
(2-00661) «Boato, Rizzo, Intini, Pisicchio, Pecoraro Scanio, Albertini, Bellillo, Boselli, Buemi, Bulgarelli, Cento, Ceremigna, Cima, Armando Cossutta, Maura Cossutta, Cusumano, Detomas, Di Gioia, Diliberto, Franci, Grotto, Lion, Mastella, Mazzuca Poggiolini, Nesi, Ostillio, Pappaterra, Luigi Pepe, Pistone, Potenza, Sgobio, Vertone, Villetti, Zanella».
(4 marzo 2003)

B)

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere - premesso che:
già il quotidiano La Repubblica, in data 8 ottobre 2002 aveva pubblicato uno stralcio tratto dal libro di Magdi Allam «Bin Laden in Italia, viaggio nell'Islam radicale» con una circostanziata intervista all'Imam Abdul Qadir FadLallah Mamour della moschea di Carmagnola, nei pressi di Torino, definito l'ambasciatore di Osama Bin Laden in Italia;
l'Imam parlava senza reticenza dell'esistenza di una rete di almeno 2000 mujahidin, che vivono in Italia, addestrati alla guerriglia urbana e alle tecniche di sabotaggio;
lo stesso Imam ammetteva candidamente di avere ricevuto un addestramento militare in Libia negli anni 1987/1988 e di aver partecipato di persona alla guerra di Bosnia;
l'intervistato confessava inoltre di avere personalmente ricercato ed arruolato combattenti islamici da mandare clandestinamente in Afghanistan;
dalle sconcertanti parole di questo enigmatico personaggio emergeva quindi un quadro assolutamente allarmante, sia per i cittadini italiani, sia per i musulmani non integralisti immigrati, che desiderano vivere nel nostro paese in pace;
tali deliranti affermazioni sono state ribadite e, se possibile, aggravate nel corso nell'intervista, resa dallo stesso nel corso della puntata di Ballarò su RAI 3 di martedì 25 febbraio 2003, ripresa da un articolo del quotidiano la Stampa del 26 febbraio 2003;
in quest'ultima occasione l'Imam ha ancora parlato con disinvoltura e sfrontatezza, come se si trattasse di una circostanza del tutto naturale, della presenza in Italia di brigate di islamici, arruolati nelle moschee del nostro paese, addestrati all'uso delle armi, con tono di sfida nei confronti dello Stato democratico ed occidentale;
l'intervista si è conclusa con una dichiarazione dell'Imam inquietante e minacciosa, ad avviso degli interpellanti, che faceva riferimento al possibile verificarsi di atti di terrorismo nel nostro paese, nell'eventualità di un sostegno italiano agli Stati Uniti nella guerra all'Iraq e con l'invito alle mamme italiane a «pregare per i vostri figli alpini. Pregate tanto...»;
è del tutto palese il tono di evidente e non celata minaccia, che si coglie in tali parole;
peraltro recenti inquietanti episodi (attentati dinamitardi nei confronti di due chiese cattoliche nel padovano, sequestri di materiale esplosivo nel rodigino) costituiscono dei campanelli d'allarme di un pericolo incombente, che non possono essere ignorati -:
se il Governo sia a conoscenza dei fatti di cui parla Abdul Qadir, nelle citate interviste, in particolare del numero dei guerriglieri islamici «dormienti» presenti nel nostro paese e dei loro canali di arruolamento;
quali iniziative intenda assumere il Governo, alla luce dei fatti emersi, per reprimere, in modo efficace il fenomeno del terrorismo islamico nel nostro paese e se non ritenga il Governo opportuno ordinare l'espulsione dal paese di Abdul Qadir.
(2-00661) «Zanettin, Bertolini, Antonio Leone».
(5 marzo 2003)

C)

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle attività produttive, per sapere - premesso che:
da molto tempo si trascina una lunga vertenza tra la Finmeccanica e le organizzazioni sindacali di categoria sul futuro dello stabilimento industriale dell'Imesi sito a Carini, in provincia di Palermo;
le principali istituzioni locali e regionali hanno sostenuto le prospettive del rilancio industriale dell'unico sito oramai esistente in Sicilia del gruppo Breda-Ansaldo;
l'Imesi di Carini nel 1991 è stata ceduta a «prezzo politico» al gruppo Breda-Ansaldo dall'ESPI;
la regione Sicilia attraverso la Resais si è fatta carico di 400 lavoratori dei 500 allora in organico, con l'impegno, da parte del gruppo industriale, di realizzare nello stabilimento di Carini un processo di diversificazione produttiva, rilanciando l'azienda e portando il nuovo organico a 350 unità;
nel tempo sono stati sempre respinti i tentativi di ridimensionamento da parte del gruppo Breda-Ansaldo dello stabilimento di Carini e nel 1996 è stato sottoscritto un nuovo accordo che indicava una missione strategica quale la componentistica ad alto valore aggiunto;
Breda-Ansaldo non ha mai dato attuazione all'accordo del 1991, né a quello del 1996, bloccando a 130 unità l'organico che nell'ultimo anno è stato ulteriormente ridotto per le dimissioni del management e della struttura di staff tecnico dirigenziale di ben 7 unità, senza turnover;
è stata fortunatamente scongiurata la sciagurata ipotesi di cessione dello stabilimento di Carini da parte della Finmeccanica al signor Kurt Mayer, anche grazie all'azione sinergica delle organizzazioni sindacali e delle istituzioni locali che si sono opposte all'ipotesi di scorporo dell'Imesi del gruppo Breda-Ansaldo, rimettendo ai destini complessivi della privatizzazione della Finmeccanica il destino dello stabilimento di Carini;
viene ritenuta inaccettabile l'attivazione della procedura di cessione dell'Imesi, motivata «dalla razionalizzazione dei siti produttivi in modo da eliminare la eccessiva dispersione geografica», che di fatto, se si considera anche la cessione recente della Ferrosud di Matera, significa che gli stabilimenti al Sud sono diseconomici per la loro collocazione geografica;
visto l'aumento esponenziale di commesse recentemente acquisite da Breda-Ansaldo, quasi un milione di euro nei soli primi 9 mesi del 2002, commesse che mettono la società in condizioni di fare lavorare tutto il gruppo -:
se corrisponda al vero che sussiste un'ipotesi di cessione dell'Imesi di Carini a Keller Ferroviaria di Piero Mancini, cessione che non solo non ha motivazioni commerciali ed industriali sufficienti ma condanna il Sud all'impossibilità di una nuova industrializzazione visto che anche le aziende a partecipazione pubblica ritirano la loro presenza motivata dalle diseconomie geografiche;
se la cifra proposta dalla Keller per l'acquisto della Imesi sia notevolmente al di sotto del valore reale, questo non possa configurarsi come aiuto di Stato in contrasto con le regole comunitarie.
(2-00654) «Pinotti, Acquarone, Adduce, Agostini, Carboni, Crisci, Folena, Grandi, Innocenti, Lumia, Luongo, Paola Mariani, Mariotti, Marone, Minniti, Oliverio, Ottone, Panattoni, Piglionica, Pisa, Rava, Rognoni, Rossiello, Rotundo, Rugghia, Sciacca, Sereni, Siniscalchi, Tocci, Zanotti, Banti, Bova, Titti De Simone, Giacco».
(27 febbraio 2003)

D)

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere - premesso che:
l'aeroporto di Capodichino rappresenta una infrastruttura di primaria importanza per garantire un efficiente sistema di mobilità per la città di Napoli e per l'intera regione Campania, nonché per assicurare un servizio indispensabile a sostegno delle attività economiche del territorio;
già da tempo si è manifestata, in modo ripetuto e incomprensibile, un'azione da parte di enti che fanno capo al ministero dei trasporti, in particolare l'Enac, tesa ad ostacolare la crescita dell'aeroporto di Capodichino o peggio ancora ad acuire le condizioni di disparità di trattamento e quindi di concorrenza con altri aeroporti nazionali, in particolare in merito al molto tardivo riconoscimento della cosiddetta «gestione totale dell'aeroporto»;
la decisione intervenuta alcuni giorni fa da parte dell'Enac e della sua locale Agenzia DCA, e assunta senza alcuna motivazione ufficiale, porta a conclusione questa strisciante e incomprensibile azione di interdizione limitando ad un solo corridoio aereo l'attività di decollo e di atterraggio, con l'effetto di una riduzione sul traffico aereo nell'ordine di circa il 35 per cento nei voli garantiti ad oggi;
tale decisione, come si può facilmente comprendere, produce ripercussioni pesantissime sui conti economici della società di gestione (Gesac), compromette definitivamente ed irreparabilmente le possibilità di crescita e di sviluppo dell'aeroporto di Capodichino, produce soprattutto effetti devastanti sul tessuto economico ed imprenditoriale della città in special modo per il settore turistico, che già sconta come noto un gap infrastrutturale pesantissimo rispetto al resto del Paese -:
se non si ritenga, di fronte ad una decisione di tale gravità e dall'impatto economico e sociale devastante per la città di Napoli e per l'intero territorio regionale, di dover intervenire tempestivamente al fine di evitare il prodursi di conseguenze che darebbero un altro durissimo colpo alle prospettive imprenditoriali ed occupazionali di Napoli e della Campania.
(2-00658) «Tuccillo, Annunziata, Roberto Barbieri, Giovanni Bianchi, Gerardo Bianco, Enzo Bianco, Boccia, Carra, Cennamo, Ceremigna, De Franciscis, Alberta De Simone, Di Gioia, Gambale, Iannuzzi, Ladu, Marone, Mazzuca Poggiolini, Meduri, Merlo, Pasetto, Petrella, Piscitello, Potenza, Ruggieri, Rusconi, Siniscalchi, Squeglia, Stradiotto, Villari, Volpini».
(4 marzo 2003)