La Camera,
premesso che:
il pressante appello del Pontefice, fatto nel corso del suo discorso alla Camera dei deputati il 14 novembre 2002, ha rilanciato il tema della caduta delle nascite nel nostro Paese;
secondo il Population Aging 2000, il rapporto presentato all'Onu nel corso della seconda Assemblea sull'invecchiamento mondiale, svoltasi recentemente a Madrid, l'Italia vanta la percentuale più alta di persone sopra i 60 anni, pari al 25 per cento, seguita da Giappone, Germania e Grecia con il 24 per cento;
il nostro Paese vanta, altresì, il triste primato della più bassa percentuale di minori di 15 anni (14,1 per cento) e si è calcolato che nel 2050 i pensionati saranno il 65 per cento della popolazione;
il numero medio di figli per donna è pari a 1,25, rapporto insoddisfacente, in quanto la realtà dei fatti ci dimostra che, di fronte ad una speranza alla vita che si avvicina agli 80 anni, un tasso di natalità che sfiori i due figli per donna è solo sufficiente a contrastare il declino e l'invecchiamento della popolazione, se associato a flussi migratori contenuti;
le 544 mila nascite del 2001, se raffrontate a quelle della Francia e Inghilterra (circa 200 mila in più), che hanno una popolazione totale simile alla nostra, confermano un preoccupante squilibrio;
il Presidente della Repubblica ha espresso chiaramente tale preoccupazione quando ha affermato che: «Una società che fa pochi figli è una società che non ha fiducia nel futuro. Dovremo dare ai giovani una maggiore fiducia e cresceranno anche le nascite»;
per invertire tale processo occorrerebbe un ritorno ad un ciclo di vita meno tardivo delle aspettative di riproduzione (oggi a ridosso dei 30 anni) per realizzare l'obiettivo dei due figli per coppia;
secondo il sociologo francese Henry Mendras dell'osservatorio francese delle congiunture politiche, il vero ostacolo ad una natalità sostenibile nel nostro Paese è costituito dalla struttura della famiglia, in cui la qualità del servizio domestico offerto dalle donne è tale da impedire ai figli l'uscita dalle mura domestiche, e dal divario della natalità tra zone geografiche unitamente ad una scarsa diffusione della scelta di fare figli al di fuori del matrimonio;
in molti Paesi europei, lo Stato ha favorito il consolidarsi di una tendenza, che, nel corso degli anni, ha portato le donne alla scelta dei due figli, attraverso interventi mirati nel settore degli asili nido e degli alloggi a favore delle coppie giovani;
in Italia, l'atteggiamento dei Governi è oscillato tra la necessità di una promozione di politiche di welfare in favore della famiglia e l'inconsistenza delle misure adottate, quasi a confermare la marginalità della famiglia come soggetto sociale. Si è assistito, cioè, al varo di misure che non avevano carattere di organicità;
il sistema pensionistico statale, diffuso in tutta l'Unione europea, si basa su una sorta di contratto tra generazioni, in base al quale i contributi di coloro che lavorano oggi pagano le pensioni di quelli che sono andati a riposo ieri. Con l'abbassamento della natalità viene ad incrinarsi quel rapporto tra pensionati e lavoratori ed il rischio sarà quello di avere in Italia la classica situazione della piramide rovesciata, contraddistinta da una vasta popolazione di anziani che grava su una ristretta popolazione di giovani con effetti economici disastrosi;
i costi di funzionamento del servizio sanitario aumenteranno inevitabilmente, se si pensa che un paziente di 85 anni ha un costo di 11 volte superiore a quello di un bambino dai 5 ai 15 anni;
le preoccupazioni delle ripercussioni di questi cambiamenti in campo previdenziale, sanitario e, soprattutto, del lavoro erano già presenti nella relazione demografica della direzione generale «Occupazione, relazioni industriali e affari sociali», pubblicata dalla Commissione europea nel 1995;
a fornire alla famiglia un nuovo sistema di prestazioni e benefici, volto ad un potenziamento dell'istituzione familiare e diretto a favorire un incremento del tasso di natalità, in linea con il principio di sussidiarietà, fondato su sostegno e integrazione, ma non sostituzione della famiglia nello svolgimento della sua funzione sociale;
a favorire la diffusione del lavoro part time, creare infrastrutture efficienti in grado di accogliere i figli delle giovani coppie già nei primi anni;
ad attivare ogni utile iniziativa per un profondo coinvolgimento dell'opinione pubblica sull'argomento, che veda partecipi, accanto al mondo della politica, anche quello dell'economia e della cultura, al fine di garantire al nostro Paese uno sviluppo durevole ed una crescita equilibrata e sostenibile.
(1-00127)
«Volontè, Ciro Alfano, Emerenzio Barbieri, Dorina Bianchi, Brusco, Riccardo Conti, Cozzi, D'Agrò, D'Alia, Degennaro, De Laurentiis, Di Giandomenico, Filippo Maria Drago, Giuseppe Drago, Follini, Giuseppe Gianni, Grillo, Anna Maria Leone, Liotta, Lucchese, Maninetti, Mazzoni, Mereu, Mongiello, Montecuollo, Naro, Peretti, Ranieli, Romano, Rotondi, Tabacci, Tanzilli, Tucci».
(21 novembre 2002)
La Camera,
premesso che:
secondo il Consiglio d'Europa, l'Italia è il Paese che ha la maggiore percentuale di anziani (18,2 per cento), seguita da Grecia e Spagna. In particolare, il nostro Mezzogiorno si conferma come l'area in cui è presente il maggiore numero di giovani, con il 17,3 per cento della popolazione, che hanno un'età compresa tra 0 e 14 anni, contro una media nazionale pari al 14,4 per cento. Il Centro e il Nord Italia presentano, al contrario, la quota maggiore di anziani over 65 (rispettivamente il 19,8 e il 19,5 per cento);
secondo dati Onu, l'età media della popolazione degli abitanti dell'Unione europea è di 38,1 anni. Nel 2050 le previsioni parlano di un'età media di 48,5 e i pensionati saranno il 65 per cento della popolazione;
secondo l'Eurostat, nel 2002 ci sono state più morti che nascite nel 43 per cento dei Paesi dell'Unione europea. Nel 2050 si prevede:
1. una diminuzione della popolazione dai 376 milioni di individui del 2000 a 364 milioni e il declino demografico maggiore si verificherà in Italia (-17 per cento), Spagna e Germania;
2. gli under 14 passeranno da 69 a 58 milioni;
3. la forza lavoro (età 15-64 anni) si ridurrà di 203 milioni. Il decremento maggiore si registrerà in Italia (-33 per cento);
4. gli ultrasessantacinquenni saranno 103 milioni (61 milioni nel 2000). Gran parte dell'incremento è rappresentato dagli over 80, il cui numero sarà triplicato alla fine del cinquantennio;
l'indice di natalità nel nostro Paese è molto basso: il numero medio di figli per donna era 2,41 nel 1960, sceso a 1,18 nel 1995 (record storico negativo), oggi è di 1,25 e si prevede che si attesterà sull'1,40 nel 2010, ampiamente sotto la soglia di riproduzione della popolazione (cioè di crescita), che è di 2,1. L'indice medio di natalità dell'Unione europea è di 1,47 figli per donna;
cinquant'anni fa nel nostro Paese eravamo 47 milioni e nascevano 900.000 bambini l'anno. Oggi siamo 10 milioni in più e nascono 350.000 bambini in meno. Con l'attuale tasso di natalità, nel 2050 saremo 52 milioni;
le forti migrazioni, lo spopolamento delle campagne, una maggiore presenza delle donne sul mercato del lavoro, l'alto costo per il mantenimento dei figli, l'inadeguatezza dell'offerta dei servizi e i mutamenti culturali nella società sono stati tra i fattori che hanno disincentivato, specialmente nei centri urbani, la natalità;
inoltre, il rallentamento, dovuto a diversi fattori, del processo di autonomia delle nuove generazioni di giovani dalle famiglie di origine sposta nel tempo il formarsi di nuove famiglie;
il nostro Paese, a differenza degli altri paesi dell'Unione europea, ha fatto fatica ad incentivare politiche di conciliazione tra il lavoro e la scelta di maternità e paternità;
fare figli è una scelta impegnativa in termini economici, di tempo, di sviluppo delle professionalità lavorative. Se non si attivano meccanismi tesi ad invertire questa tendenza, il numero degli anziani crescerà in modo vertiginoso, creando uno sbilanciamento che peserà sull'intera società;
l'invecchiamento della popolazione è un fattore che influenzerà fortemente gli equilibri finanziari, le performance economiche e il mercato del lavoro degli Stati membri dell'Unione europea nei prossimi decenni, acuendo sempre più il divario tra generazione e, quindi, l'equilibrio tra natalità e invecchiamento;
ad intervenire al fine di predisporre azioni di sostegno alla genitorialità, attraverso l'implementazione di un sistema di servizi tesi ad incrementare la natalità, a partire dall'applicazione dell'articolo 16 della legge n. 328 del 2000, e dotando di risorse adeguate il fondo nazionale per le politiche sociali;
ad indirizzare le politiche di welfare per dare priorità agli interventi per le famiglie, che hanno figli o che ne vogliono avere, predisponendo una maggiore assistenza nella cura e nei costi dell'allevamento dei figli;
a potenziare l'offerta di servizi educativi per la prima e primissima infanzia in tutto il territorio nazionale;
a promuovere e sostenere la scelta verso la maternità responsabile delle donne, siano esse semplicemente madri o anche lavoratrici, garantendo le condizioni per una piena libertà di scelta di maternità;
ad agevolare l'impegno professionale dei genitori, facilitando l'accudimento dei figli, attraverso una riorganizzazione del mercato del lavoro che consenta percorsi lavorativi più flessibili a domanda e, comunque, finalizzati ad una ridistribuzione degli orari e dei tempi di lavoro nell'arco della giornata e della vita (part time, telelavoro, maggiore flessibilità degli orari, potenziamento dei servizi per la prima infanzia ed altri), al fine di promuovere concrete politiche di conciliazione tra vita lavorativa e vita familiare, a partire dalla piena applicazione della legge n. 53 del 2000 (Disposizione per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città);
a promuovere azioni positive capaci di superare l'esistente penalizzazione che le lavoratrici madri subiscono nei percorsi di carriera e di lavoro;
a garantire la piena applicazione della normativa della legge n. 53 del 2000 nella parte relativa ai tempi delle città, in modo da incentivare l'organizzazione dei tempi dei servizi, dei negozi e dei trasporti, che siano finalizzati a favorire politiche di conciliazione tra lavoro e famiglia;
a promuovere politiche per la casa a favore di tutte le giovani coppie, al fine di rispondere al desiderio di formazione di nuove famiglie, ma soprattutto di incentivarne la scelta di genitorialità responsabile;
a ripensare il sistema fiscale e redistributivo in funzione dei carichi familiari;
ad attivare politiche di ricongiungimento familiare per i lavoratori extracomunitari e favorire politiche di integrazione di bambini stranieri, facilitandone la piena cittadinanza nel nostro Paese;
a potenziare politiche a favore delle famiglie disponibili ad accogliere e adottare bambini senza famiglia.
(1-00163)
«Violante, Bolognesi, Montecchi, Innocenti, Ruzzante, Magnolfi, Battaglia, Pollastrini, Turco, Labate, Giacco, Di Serio D'Antona, Zanotti, Petrella, Lucà, Bogi, Pisa, Alberta De Simone, Capitelli».
(20 febbraio 2003)
La Camera,
premesso che:
i dati statistici sulla diminuzione delle nascite in Italia mostrano costantemente da anni livelli molto bassi, inferiori a quelli degli altri Paesi europei;
i preoccupanti livelli di denatalità in Italia avranno in futuro pesanti ripercussioni anche sul piano sociale, economico e pensionistico;
l'articolo 31 delle Costituzione recita: «La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l'adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose. Protegge la maternità, l'infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo»;
è stato da ultimo trasmesso alle Camere, ai fini dell'espressione del parere da parte della Commissione parlamentare per l'infanzia, il piano d'azione e di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva, ai sensi dell'articolo 2 della legge 23 dicembre 1997, n. 451, che, in particolare, valorizza il diritto alla famiglia, inteso come diritto complesso, nel quale confluiscono anche i diritti dei più piccoli ad essere educati, nutriti e ad avere condizioni di vita idonee al loro sviluppo psicofisico;
sta proseguendo l'iter delle proposte e del disegno di legge recanti norme in materia di asili nido dinanzi alla XII Commissione (affari sociali) della Camera dei deputati;
ad attuare politiche di sostegno per tutte le famiglie, intese a rimuovere i fattori, anche di ordine economico, che possono ostacolare le libere scelte procreative, stimolando a tal fine anche l'azione degli enti locali;
a prendere le opportune iniziative perché il parto non sia un evento medicalizzato, che si svolge in contesti propri della cura delle malattie, ma avvenga in condizioni ed ambienti che ne mantengano la dimensione naturale;
a prendere, in particolare, iniziative per facilitare il compito dei genitori nei primi anni di vita dei figli, ivi comprese la possibilità di assistenza in casa dopo il parto, quella di svolgere lavoro a tempo parziale e secondo orari flessibili e quella di poter usufruire facilmente dei servizi di asilo nido nelle vicinanze dell'abitazione o di asili aziendali presso il luogo di lavoro, anche nell'ambito della pubblica amministrazione.
(1-00164)
«Burani Procaccini, Antonio Leone».
(24 febbraio 2003)
La Camera,
premesso che:
la denatalità è un problema che investe tutte le società avanzate del mondo occidentale, a seguito della loro trasformazione post-industriale;
l'Italia, in particolare, risulta avere in ambito europeo il più basso tasso di natalità, con una media di 1,25 figli per donna;
tale andamento porterà ad avere nel 2050 una percentuale di pensionati pari al 65 per cento della popolazione complessiva ed un età media di 48,5 anni;
entro quella data l'Italia vedrà una diminuzione del 33 per cento della fascia di popolazione in età da lavoro compresa tra i 15 e i 64 anni di età, la punta più alta tra i Paesi europei;
il trend demografico rischia di porre in crisi l'intero sistema delle garanzie dello stato sociale nel nostro Paese, in particolare per quanto concerne le prestazioni previdenziali e sanitarie;
in Italia il fenomeno della denatalità assume anche caratterizzazioni territoriali tra il Nord, nel quale tale condizione ha un trend negativo costante già da tempo, e il Sud, che, comunque, si conferma l'area territoriale nella quale si concentra il maggior numero di giovani (17,3 per cento - dati Istat);
la denatalità si caratterizza come una conseguenza negativa dei mutamenti sociali ed economici verificatisi nel corso degli anni, che hanno rallentato il processo di autonomia dei giovani dalle proprie famiglie;
il subentrare di forme accentuate di flessibilità, per quanto concerne l'ingresso nel mondo del lavoro, non consente ai giovani di programmare percorsi di vita di lungo periodo, a discapito della volontà, da parte delle nuove generazioni, di formare una famiglia;
l'andamento demografico vede una crescita esponenziale della popolazione anziana, con tutto ciò che ne consegue in termini di prestazioni sociali e assistenziali, che acuiscono il divario nell'equilibrio tra natalità e invecchiamento;
il tema della non autosufficienza rappresenta una frontiera sociale importante per il futuro del nostro Paese, che, ad oggi, pone le famiglie sole davanti al problema, senza adeguato sostegno da parte della rete delle protezioni sociali;
le linee di intervento a sostegno della famiglia presentate dal Governo nell'ambito del «Libro bianco sul welfare» risultano essere una semplice enunciazione di intenti prive di prospettiva di applicazione concreta in assenza di risorse;
la denatalità e il sostegno alle famiglie non sono problemi esclusivamente finanziari e risolvibili monetizzandoli con l'obiettivo di fare più figli;
manca da parte del Governo una visione d'insieme a sostegno della famiglia, in quanto i principali provvedimenti che il Governo ha adottato, come nel caso della delega sul mercato del lavoro e dei tagli ai trasferimenti per gli enti locali, o che intende adottare, come nel caso della delega previdenziale, ridimensionano la rete di protezione della famiglia e minano il principio di costituzione materiale della solidarietà tra generazioni;
a dare piena e concreta applicazione all'articolo 16 della legge n. 328 del 2000, al fine di sostenere la genitorialità con una moderna rete di servizi tesi ad incrementare la natalità responsabile;
a dare piena attuazione alle disposizioni contenute nella legge n. 328 del 2000, concernenti i livelli essenziali ed uniformi delle prestazioni sociali, aumentando le risorse del fondo sociale nazionale;
ad applicare correttamente la legge n. 53 del 2000, in particolar modo per quanto concerne l'organizzazione dei tempi delle città, per conciliare al meglio famiglia e tempi di lavoro;
a promuovere, di concerto con le istituzioni locali, politiche per la prima casa in favore delle giovani coppie, nonché a prevedere misure di contenimento dei prezzi degli affitti;
a considerare la famiglia soggetto fiscale per una più equa politica di redistribuzione delle risorse da destinare a obiettivi di protezione sociale;
ad aumentare l'importo degli assegni familiari, estendendoli per le famiglie monoreddito anche ai figli che, al compimento del 18o anno di età, risultino impegnati in percorsi formativi, oltre la scuola secondaria superiore e, comunque, non oltre il 26o anno di età;
a promuovere politiche di contrasto della povertà per i nuclei familiari, a partire dal mantenimento dello strumento del reddito minimo di inserimento legato a percorsi formativi per la ricerca di occupazione;
a sostenere misure agevolative in favore delle famiglie che intendono adottare bambini;
a sostenere le famiglie, a cui carico vi sono persone anziane non autosufficienti, con la creazione di un fondo nazionale per la non autosufficienza a carico della fiscalità generale;
a sostenere le famiglie che hanno figli portatori di handicap con la modifica della normativa vigente in materia di congedi parentali in senso più favorevole per i genitori;
a promuovere politiche di ricongiungimento familiare per i lavoratori extracomunitari, nonché a promuovere politiche di integrazione per i bambini stranieri.
(1-00165)
«Castagnetti, Loiero, Monaco, Bindi, Burtone, Fioroni, Meduri, Mosella, Bottino, Camo, Delbono, Duilio, Squeglia, Bimbi, Molinari».
(24 febbraio 2003)
La VIII Commissione,
ad assoggettare a valutazione di impatto ambientale, ai sensi della legge n. 443 del 2001, l'opera definita nella delibera Cipe del 21 dicembre 2001: «Progetto per la salvaguardia della laguna e della città di Venezia: sistema MO.SE.», nonché le opere complementari di cui al bando del 13 luglio 2002.
premesso che:
con sentenza n. 1350 del 22 giugno del 2000 il tribunale amministrativo regionale del Veneto (prima sezione) ha annullato il decreto del 24 dicembre 1998 del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, emanato di concerto con il Ministro per i beni e le attività culturali, con cui è stato espresso giudizio negativo di compatibilità ambientale al progetto di regolazione dei flussi di marea alle bocche di porto della laguna di Venezia, presentato dal magistrato alle acque di Venezia;
la valutazione di impatto ambientale dell'opera in discussione era stata decisa, con deliberazione del 4 luglio 1995, dal comitato di cui all'articolo 4 della legge n. 798 del 1984 e definita con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri del 1o febbraio 1996 e del 27 settembre 1997;
il progetto di regolazione dei flussi di marea alle bocche di porto della laguna di Venezia è stato inserito nel 1o programma delle infrastrutture strategiche (delibera n. 21 del 2001 CIPE, allegato 1, «Progetto per la salvaguardia della laguna e della città di Venezia: sistema MO.SE.», ai sensi della legge 21 dicembre 2001, n. 443);
il decreto legislativo 20 agosto 2002, n. 190 (attuazione della legge 21 dicembre 2001, n. 443, per la realizzazione delle infrastrutture e degli insediamenti produttivi strategici e di interesse nazionale), all'articolo 1, comma 1, recita: «Il presente decreto legge regola la progettazione, l'approvazione dei progetti e la realizzazione delle infrastrutture strategiche di preminente interesse nazionale (...) individuati a mezzo del programma di cui al comma 1 dell'articolo 1 della legge 21 dicembre 2001, n. 443». Al comma 4: «Le amministrazioni dello Stato, gli enti pubblici nazionali ed i loro concessionari applicano, per le proprie attività contrattuali ed organizzative, relative alla realizzazione delle infrastrutture di cui al comma 1, le norme del presente decreto legislativo»;
lo stesso decreto legislativo n. 190 del 2002, all'articolo 17, comma 2, recita: «Il procedimento di valutazione di impatto ambientale è obbligatorio e vincolante per tutte le opere ad esso soggette a norma delle vigenti disposizioni ed è concluso, secondo le previsioni del presente capo, prima dell'avvio dei lavori» e all'articolo 18, comma 3: «Il progetto comprendente lo studio di impatto ambientale, relativo ad una delle opere di cui all'articolo 17, comma 1, è trasmesso dal soggetto proponente al ministero dell'ambiente e della tutela del territorio»;
in data 13 luglio 2002 il presidente del magistrato alle acque di Venezia, ingegner Maria Giovanna Piva, per conto del ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ha pubblicato su Il Gazzettino di Venezia la richiesta di compatibilità ambientale sul « progetto per la realizzazione di una diga foranea davanti a ciascuna bocca di porto, il sollevamento del fondale della bocca di Malamocco a - 14 metri e, sempre per questa bocca di porto, una conca di navigazione per le grandi navi»;
tale procedura è considerata dal magistrato alle acque di Venezia «a completamento della procedura di valutazione di impatto ambientale della opere mobili» (legge n. 349 del 1986);
la procedura di valutazione di impatto ambientale è stata affidata alla regione Veneto e, conseguentemente, il ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, con lettera del 29 luglio 2002 (prot. 9151/VIA/B.30-1), ha osservato che: «I progetti per la natura e finalità non sono classificabili in alcuna delle categorie di opere individuate nell'allegato II della direttiva dell'Unione europea sulla valutazione di impatto ambientale, allegato che lo Stato italiano ha delegato per le procedure di valutazione di impatto ambientale alle regioni» e, conseguentemente, ha chiesto alla regione Veneto «di non voler ammettere in istruttoria l'istanza presentata e di invitare il proponente ad attivare la prevista procedura di valutazione di impatto ambientale, ai sensi dell'articolo 6 della legge n. 349 del 1986»;
tale situazione può portare ad una paralisi decisionale e ad un evidente conflitto di interessi tra i ministeri interessati;
(7-00162)
«Vianello, Anna Maria Leone, Pappaterra, Realacci, Zanella, Lion, Vendola».
(30 settembre 2002)