a bloccare l'attuazione del piano presentato dalla Fiat e la chiusura degli stabilimenti;
a chiedere a Fiat di ritirare, come peraltro rivendicato anche dalle organizzazioni sindacali, il piano presentato, perché non accettabile per le ragioni esposte in premessa, ed a presentare un nuovo piano, tenuto conto che la credibilità di un nuovo piano vede come presupposti:
a respingere le richieste di procedura di sospensione dal lavoro di 8.100 lavoratori per un anno a zero ore proposte dall'azienda, in modo da consentire la distribuzione dell'attività produttiva tra tutti gli stabilimenti attraverso interventi sugli orari e le turnazioni, che prevedano l'intervento di misure e ammortizzatori sociali, quali la rotazione della cassa integrazione e i contratti di solidarietà, tali da scongiurare i licenziamenti, in modo da non allontanare per un periodo così lungo e continuato i lavoratori dai luoghi di produzione e da garantire la continuità del reddito per i lavoratori dell'indotto, anche con misure straordinarie, laddove gli stessi, in base alla legislazione vigente, fossero privi di ogni forma di intervento di sostegno al reddito;
a vigilare affinché i vertici del gruppo definiscano un piano industriale ed un piano di ristrutturazione che forniscano precise garanzie in termini di rilancio e di sviluppo dell'azienda ed evidenzino, in particolare, la determinazione a procedere alla cessione degli asset non strategici per concentrarsi sul settore automobilistico accelerandone il rinnovamento;
a verificare le azioni messe in campo da FIAT Auto contengano i presupposti affinché, ove realizzate, il gruppo possa uscire dall'emergenza economico-finanziaria, presupposto questo imprescindibile per un successivo ulteriore rilancio dell'industria dell'auto in Italia;
premesso che:
la crisi della Fiat ha raggiunto ormai un livello di grandissima preoccupazione non solo per il futuro del settore dell'auto: essa mette in discussione uno dei connotati più importanti del profilo industriale dell'Italia, ha ripercussioni su tutto il Paese e presenta particolare gravità in aree, quali quelle del Mezzogiorno, già caratterizzate da una situazione di elevata tensione sociale;
le iniziative e le lotte dei lavoratori e del sindacato, cui i firmatari del presente atto di indirizzo esprimono piena solidarietà e sostegno, nel difendere i posti di lavoro rappresentano anche un punto di riferimento decisivo per la salvaguardia del patrimonio produttivo del Paese;
il carattere strategico e centrale del settore dell'auto, la dimensione dell'indotto interessato dalla crisi, il peso della Fiat nell'attività di ricerca dell'industria italiana e il radicamento internazionale della società fanno sì che le difficoltà da essa attraversate tocchino al cuore la competitività del nostro sistema industriale e le possibilità del mantenimento stesso del ruolo attuale dell'Italia tra i Paesi più industrializzati del mondo: vengono così alla luce tutti i limiti e le inadeguatezze degli assetti del capitalismo italiano a fronte delle nuove sfide dei mercati globali;
la Fiat è uno dei simboli dell'Italia nel mondo: è un patrimonio, di persone e di idee, della cultura, della società e della storia, che, in quanto tale, nei limiti e nei termini di una politica industriale moderna e pienamente europea, va preservato e tutelato;
gravissime appaiono le responsabilità del gruppo di controllo societario della Fiat per le scelte strategiche operate in danno di una solida e innovativa presenza nell'auto;
la carenza di capacità innovativa è dimostrata, d'altra parte, anche dal fatto, non certo estraneo alla crisi, che i modelli di auto e di motori sono da un punto di vista ecologico più arretrati di quelli dei concorrenti: la Fiat non può pensare di ritirarsi in sordina dall'automobile, in forza di una pura logica di diversificazione delle proprie attività di business;
il piano industriale presentato dalla Fiat appare del tutto inadeguato ad assicurare credibili prospettive di ripresa dell'azienda;
sono molto gravi le responsabilità del Governo, che dapprima ha ignorato la gravità della situazione, per assumere poi atteggiamenti meramente declamatori e ridurre, in fine, la questione ad un semplice e drammatico problema di ammortizzazione sociale;
sono del tutto improponibili, in questo quadro, le procedure relative alla cassa integrazione guadagni ed il blocco delle attività produttive attraverso la chiusura degli impianti;
è compito del Governo aprire finalmente un vero tavolo di confronto sull'industria automobilistica, che coinvolga proprietà, sindacati e banche, al fine di avere chiarezza sul ruolo che la proprietà e le banche intendono svolgere;
il tavolo è lo strumento imprescindibile per verificare la costruzione di un piano di risanamento, consolidamento e rilancio: esso richiede un adeguato intervento finanziario da parte della proprietà, anche attraverso dismissioni di assets non riferibili al settore auto, mentre le nuove risorse vanno finalizzate esclusivamente agli interventi per il rilancio dell'industria automobilistica; le banche devono fornire il loro contributo al fine di sostenere questo sforzo con tutti gli strumenti che la legislazione vigente e le moderne tecniche finanziarie consentono;
spetta al Governo, di fronte a preoccupazioni largamente diffuse, contribuire a garantire che, in vista di eventuali accordi internazionali futuri, la presenza del settore auto in Italia non si limiti all'attività dei soli stabilimenti di produzione: devono essere esplicitamente previsti e garantiti il ruolo e la presenza dei centri direzionali e delle relative alte funzioni manageriali, con particolare riferimento alla ricerca e alla progettazione;
a subordinare l'eventuale attivazione degli ammortizzatori sociali ad un piano industriale nuovo e credibile e ad un'assunzione di responsabilità da parte dei massimi dirigenti Fiat;
ad adoperarsi per evitare la chiusura degli stabilimenti di Arese e di Termini Imerese, opponendo un netto rifiuto alle proposte della cassa integrazione guadagni a zero ore, e per contribuire alla ricerca di una soluzione che assicuri la presenza industriale automobilistica in tali realtà, attraverso il mantenimento della produzione e con l'assegnazione di nuovi modelli produttivi, da incentivare con adeguati strumenti della programmazione negoziata e con il coinvolgimento delle regioni interessate;
a promuovere le condizioni affinché l'azienda elabori nei tempi più rapidi possibili un nuovo piano industriale, articolato sulla base di chiare scelte strategiche, che tenga conto dell'evoluzione del mercato automobilistico mondiale e delle esigenze innovative in materia di mobilità eco-sostenibile e che specifichi esplicitamente le condizioni e le prospettive del piano industriale, attuando sino in fondo il metodo della concertazione con le organizzazioni sindacali;
a promuovere, sia con gli strumenti ora a disposizione, sia con il varo di nuove misure incentivanti, un aumento di capitale capace di attrarre verso la Fiat le risorse finanziarie dei fondi di investimento e di investitori istituzionali, coinvolgendo nell'operazione le banche creditrici: vanno, perciò, escluse ipotesi di acquisizione statale del capitale dell'azienda, focalizzando gli strumenti a disposizione del potere pubblico per misure finanziarie di sostegno volte a fornire alla Fiat le risorse necessarie al suo rilancio;
a vigilare affinché sia realizzato un piano di dismissioni di partecipazioni non strategiche adeguato e capace di generare risorse nuove che l'azionista dovrebbe destinare all'abbattimento del livello di indebitamento, così da diminuire il livello di rischio del sistema bancario, migliorare la situazione finanziaria dell'azienda e accrescere la qualità del credito sul mercato dei capitali;
a mettere in campo interventi di accompagnamento e garanzie che possano andare a sostegno dei piani di ricerca e sviluppo, di interventi territoriali e di ogni altra misura compatibile con le norme comunitarie;
ad attivare da subito, in collaborazione con le regioni ove è maggiore il rischio di processi di ridimensionamento della presenza industriale della Fiat, le procedure negoziali di sostegno finanziario, finalizzate all'insediamento di nuove imprese nelle aree contigue a quelle occupate dalla Fiat, in modo da permettere, nel medio termine, il rafforzamento delle realtà produttive territoriali;
a promuovere attività di ricerca, in collaborazione tra pubblico e privato, finalizzate all'utilizzo di nuove tecnologie e delle energie alternative e di minore impatto ambientale e alla progettazione di mezzi di trasporto, innovativi rispetto alle mutate esigenze di mobilità, che garantiscano un equilibrio indispensabile tra la qualità e l'economicità del prodotto, con particolare attenzione alle nuove tecnologie per l'utilizzo dell'idrogeno;
a prevedere gli strumenti necessari per il sostegno dell'occupazione anche nell'indotto;
a promuovere interventi sulla disponibilità di compensazione fiscale, per restituire alle imprese dell'indotto, nel quadro delle compatibilità comunitarie, liquidità e risorse finanziarie per affrontare questa fase di difficoltà e per estendere, inoltre, ad esse i benefici previsti per gli ammortizzatori sociali e per la ricerca e l'innovazione tecnologica;
a dare seguito, nel quadro di un rinnovato e credibile piano industriale, già a partire dalla legge finanziaria per il 2003, ad interventi a favore della promozione delle attività di ricerca e sviluppo, di incentivazione all'acquisto di veicoli ecologici e di finanziamento dei contratti d'area.
(1-00120)
«Violante, Castagnetti, Boato, Rizzo, Intini, Pisicchio, Agostini, Roberto Barbieri, Benvenuto, Bersani, Bindi, Boccia, Bogi, Buemi, Buffo, Buglio, Calzolaio, Camo, Capitelli, Carbonella, Cazzaro, Chianale, Cialente, Cima, Cordoni, Cusumano, Dameri, De Franciscis, Delbono, Diana, Duilio, Finocchiaro, Fistarol, Fumagalli, Gambale, Gambini, Gasperoni, Gentiloni Silveri, Giachetti, Guerzoni, Innocenti, Ladu, Letta, Lettieri, Loiero, Lucà, Lulli, Lumia, Magnolfi, Mantini, Mazzuca Poggiolini, Merlo, Micheli, Milana, Molinari, Monaco, Montecchi, Morgando, Motta, Nieddu, Nigra, Ostillio, Panattoni, Luigi Pepe, Piscitello, Pollastrini, Potenza, Quartiani, Raffaldini, Rava, Nicola Rossi, Ruggeri, Ruta, Ruzzante, Santagata, Sciacca, Sinisi, Squeglia, Stradiotto, Tanoni, Tolotti, Trupia, Turco, Vernetti, Villetti, Visco, Alberta De Simone, Pennacchi, Zunino, Minniti, Crisci, Ottone, Ranieri, Pisa, Martella, Marone, Cennamo, Lucidi, Luongo, Adduce, Bova, Amici, Vigni, Raffaella Mariani, Abbondanzieri, Angioni, Rognoni, Grandi, Lion, Chiti, Sandi, Bettini, Preda, Cabras, Rugghia, Bellini, Stramaccioni, Borrelli, Di Serio D'Antona, Melandri, Grignaffini, Sereni, Pinotti, Oliverio, Zanotti, Burtone, Enzo Bianco, Cardinale, Tidei, Villari, Rossiello, Caldarola, Bonito, Rotundo, Carli».
(18 novembre 2002)
premesso che:
le scelte attuate dai Governi che si sono succeduti nel nostro Paese hanno da sempre privilegiato il trasporto su strada a scapito di quello su rotaia;
per le stesse ragioni è stato privilegiato il trasporto individuale privato a scapito di quello pubblico collettivo, con pesanti conseguenze in termini di inquinamento ambientale e da traffico, che si ripercuotono sulla salute, sulla sicurezza e sui livelli di vivibilità, in particolare nelle grandi città;
il maggiore beneficiario di queste scelte è stato il gruppo Fiat;
in questi decenni, i Governi che si sono succeduti hanno favorito la progressiva concentrazione in Fiat auto di tutto il patrimonio industriale del settore (marchi e produzioni). Rappresentativa a questo proposito è la vicenda dell'Alfa Romeo;
per queste ragioni il gruppo Fiat opera in una sostanziale situazione monopolistica in tutto il settore del trasporto su gomma;
nonostante questo, negli ultimi decenni lo Stato italiano, a fronte delle crisi cicliche che hanno investito il settore, ha dovuto destinare all'industria automobilistica ingenti mezzi finanziari in termini di: sgravi contributivi, cassa integrazione ordinaria e straordinaria, mobilità e prepensionamenti, fondi per la formazione, fondi per l'occupazione, contributi per investimenti tecnologici e per l'innovazione industriale, contributi per nuovi insediamenti industriali, contributi alla ricerca ed alle esportazioni, agevolazioni sui prezzi di energia e trasporti, contributi alla rottamazione;
gli utili per quanto riguarda la proprietà, anziché essere reinvestiti nel settore dell'auto, sono stati utilizzati in settori alternativi (energia, assicurazioni, grande distribuzione, telecomunicazioni, assicurazioni, servizi finanziari ed immobiliari ed altri);
l'attuale drammatica crisi di Fiat auto, seppur all'interno di una crisi che investe tutto il settore a livello europeo e mondiale, è la conseguenza del progressivo disinteresse dell'azionista di riferimento ad investire nel settore e di gravissimi errori di strategia e di gestione, compiuti dai gruppi dirigenti via via scelti dallo stesso. Errori che hanno prodotto un continuo peggioramento della situazione aziendale, sia sui versanti dell'innovazione tecnologica e dell'innovazione di prodotto, che su quello della ricerca, in particolare: su nuovi propulsori, nuovi modelli ed utilizzo di combustibili alternativi. La conseguenza è stata: la crescente perdita di quote di mercato (13,5 per cento in meno dal 1990 ad oggi sul mercato italiano e del 3,8 per cento sul mercato europeo); una drastica riduzione dei profitti (dal 5,9 per cento del 1997 allo 0,2 del 2000, sotto zero nel 2001). L'indebitamento ha raggiunto livelli estremamente pericolosi (si parla di oltre centomila miliardi di vecchie lire). In questi anni le conseguenze, oltreché dalla collettività, sono state pagate dai lavoratori (l'occupazione diretta è passata da circa 180 mila unità - di cui 130 mila a Torino - del 1980 a meno dei 30 mila lavoratori attuali - di cui 9.900 a Torino);
il nuovo piano di ristrutturazione presentato prevede ulteriori 8.100 esuberi, per i quali è richiesta la cassa integrazione a zero ore, senza alcuna certezza di rientro al lavoro, la chiusura degli stabilimenti di Termini Imerese e di Arese e un drastico ridimensionamento di Mirafiori e Cassino. A tali esuberi vanno sommati almeno altri 25.000 lavoratori dell'indotto, di cui la maggior parte a Torino;
la crisi che investe Fiat auto è gravissima;
il piano presentato da Fiat non è un piano industriale per il rilancio del settore, ma unicamente un piano di risanamento finanziario, attraverso la riduzione dei costi, tagliando l'occupazione e riducendo strutturalmente la capacità produttiva degli impianti;
la vera finalità del piano presentato è unicamente quella del risanamento finanziario, per cedere alle migliori condizioni Fiat auto alla General Motors;
le stesse finalità sono perseguite dal pool di banche, oggi coinvolte nel piano finanziario;
General Motors non ha nessuna intenzione di mantenere nel nostro Paese un'industria automobilistica;
il vero interesse di General Motors è l'acquisizione dei marchi piu prestigiosi (Alfa Romeo ed altri) della rete distributiva ed il conseguente drastico ridimensionamento delle capacità produttive di Fiat auto, come insegna l'esperienza della Daewoo;
quindi, è a rischio la possibilità della sopravvivenza dell'industria automobilistica nel nostro Paese, con effetti disastrosi sul tessuto economico, sociale e produttivo di grandi aree (Torino, Arese, Termini Imerese, Cassino);
è nell'interesse generale del Paese il mantenimento di un'industria di produzione automobilistica;
quindi, l'interesse generale del Paese, come appare chiaro, contrasta con gli interessi della Fiat, delle banche creditrici e della General Motors;
a) una robusta ricapitalizzazione da parte di Fiat, realisticamente possibile solo a condizione che l'azienda decida di dismettere settori non strategici alla produzione industriale veicolistica (energia, assicurazioni ed altri);
b) che gli interventi previsti sulla ricerca, sui nuovi modelli, in particolare su nuovi propulsori e combustibili alternativi, siano adeguati e sostanzialmente comparabili con gli investimenti che le altre case automobilistiche impegnano in questi settori;
c) l'accelerazione dei tempi per l'uscita dei nuovi modelli;
d) la previsione del mantenimento in attività, anche durante la fase di realizzazione del nuovo piano, di tutti gli stabilimenti, attraverso una diversa dislocazione delle attuali produzioni, di date precise sull'uscita dei nuovi modelli e di livelli produttivi che garantiscano progressivamente la loro saturazione;
e) la rinuncia al ricorso alla cassa integrazione a zero ore (anticamera della mobilità e del licenziamento);
f) in alternativa, la disponibilità di Fiat a ricorrere ai contratti di solidarietà, alla cassa integrazione guadagni a rotazione, alla riduzione dell'orario di lavoro, sull'esempio di quanto già fatto da altre case automobilistiche (Volkswagen);
g) la volontà di Fiat di non avvalersi della facoltà di vendere a General Motors (Put Option) o comunque di subordinare il Put ad un esplicito impegno di General Motors, o di qualsiasi altro gruppo interessato, a mantenere in Italia un polo autonomo di produzione automobilistica (direzione, ricerca, progettazione, ed altre);
a prevedere, a valle di queste condizioni, un intervento pubblico da parte del Governo e di altri enti pubblici ed economici, che, compatibilmente con le disposizioni dell'Unione europea, apporti nuove risorse, con modalità e strumenti in grado di condizionare l'elaborazione del nuovo piano, in particolare su ricerca ed innovazione di prodotto, e di verificarne l'attuazione;
a favorire, in accordo con le regioni interessate, la creazione di distretti dell'auto nei territori dove sono presenti stabilimenti diretti ed indotto dell'auto;
a favorire, nel settore dell'indotto, oggi ancora troppo parcellizzato e Fiat/dipendente, «piani territoriali», in grado di connettere le realtà produttive con tutte le strutture di ricerca e di investimenti territoriali (università, enti locali, formazione, istituti di credito ed altri) esistenti, e a destinarvi risorse, in particolare per la ricerca e l'innovazione di prodotto, fondamentali per combattere il declino industriale, che la crisi Fiat sta paurosamente accelerando;
a dichiarare lo stato di crisi del settore dell'indotto e dei servizi legati all'auto, adottando iniziative volte a prevedere l'estensione degli ammortizzatori sociali in tutte le realtà produttive, anche sotto i quindici dipendenti;
ad adottare iniziative perché si giunga al rinnovo del parco pubblico dei mezzi di trasporto collettivi (autobus) e delle flotte pubbliche, con incentivi finalizzati esclusivamente all'acquisto di mezzi a basso impatto ambientale (nuovi propulsori e combustibili alternativi);
a verificare se esistano, sia a livello nazionale che internazionale, operatori economici ed industriali, disponibili ad entrare nel capitale Fiat, a fronte di un nuovo piano di rilancio e sviluppo;
a farsi promotore, presso l'Unione europea, della definizione di un piano per l'auto che favorisca l'attivazione di sinergie tra tutti i soggetti (pubblici e privati) che fanno ricerca, in particolare su nuovi propulsori e combustibili alternativi, con l'obiettivo di mettere a disposizione delle industrie europee i risultati, accelerando quindi un processo di produzione a basso impatto ambientale, rendendo contemporaneamente più competitiva la produzione automotoristica continentale.
(1-00121)
«Diliberto, Armando Cossutta, Rizzo, Franci, Bellillo, Petrella, Pistone, Maura Cossutta, Sgobio, Vertone».
(19 novembre 2002)
premesso che:
l'industria dell'automobile - come è testualmente affermato anche nel documento conclusivo approvato dalla X Commissione attività produttive, commercio e turismo della Camera dei deputati il 30 luglio 2002, al termine dell'indagine conoscitiva sulla crisi del settore auto - rappresenta il comparto più significativo dell'industria manifatturiera nazionale e fornisce un contributo di estrema importanza per quanto riguarda l'attività di ricerca e sviluppo, l'introduzione di nuove tecnologie e la creazione dell'occupazione;
l'industria dell'automobile italiana è concentrata nella Fiat;
quest'ultima conosce una crisi di proporzioni senza precedenti. È continua e procede in modo accelerato la perdita di quote di mercato internazionale e interno (infatti, il marchio Fiat è passato in Europa dal 10,1 per cento del 1990 al 7,2 per cento del 2001, sino a toccare il 6,8 per cento nel 2002; la quota del marchio Lancia, pari al 2,3 per cento nel 1990 è scesa all'1 per cento nel 2001 e allo 0,8 per cento nei primi quattro mesi del 2002; il marchio Alfa Romeo è passato tra il 1990 e il 2002 dal 1,5 per cento all'1,3 per cento; la quota Fiat è scesa in Italia dal 36 per cento del 1990 al 24 per cento dei primi quattro mesi del 2002; quella della Lancia dal 9,9 per cento al 4,4 per cento; quella Alfa Romeo dal 5,6 per cento al 3,7 per cento). La Fiat ha proceduto ad una riduzione dell'occupazione che nell'ultimo ventennio del precedente secolo ha interessato decine e decine di migliaia di unità di lavoratori (solo negli stabilimenti torinesi in quel periodo l'occupazione è diminuita di quasi centomila unità), malgrado il rilevantissimo impegno della finanza pubblica speso in vari modi a sostenere l'azienda (che, secondo la Commissione attività produttive, commercio e turismo della Camera dei deputati non è inferiore agli undici mila miliardi di vecchie lire solo negli ultimi dieci anni, valutazione che i sottoscrittori del presente atto di indirizzo considerano in difetto);
l'accordo tra il gruppo Fiat e General Motors non ha prodotto risultati positivi dal punto di vista produttivo e occupazionale, anzi ha accompagnato e accelerato i processi negativi su entrambi i terreni ed ha tolto da Fiat e dal nostro Paese la produzione dei motori a benzina;
la proprietà e il management del gruppo Fiat si dimostrano sempre meno interessati alla produzione automobilistica e potenziano l'impegno e la diversificazione delle iniziative del gruppo verso altri settori, dalle assicurazioni all'energia;
il piano industriale della Fiat è stato respinto da tutti i sindacati e prevede la messa in cassa integrazione straordinaria non a rotazione per 8.100 lavoratori per la durata di un anno, con la sospensione della produzione, e quindi la prospettiva della chiusura definitiva di stabilimenti che hanno fatto la storia industriale del gruppo, quali quelli di Arese e di Termini Imerese;
l'azienda - fatto che non ha precedenti - ha poi dichiarato che oltre la metà dei lavoratori sospesi, quindi oltre 4.000, non ha alcuna possibilità di rientrare al lavoro, configurando così un procedimento di messa in mobilità e di licenziamento collettivo in luogo di una sospensione con integrazione salariale;
tutto questo sembra preludere ad un'eliminazione di produzioni, di siti produttivi e di occupazione considerati sgraditi alla General Motors, al fine di vendere a quest'ultima alle condizioni ad essa più gradite. Come si sa, infatti, in base all'accordo stipulato con la General Motors, il gruppo Fiat avrà la possibilità di esercitare nel 2004 il diritto di opzione circa la vendita del rimanente 80 per cento del capitale Fiat alla stessa General Motors. Non è un caso che le scadenze per la creazione, costruzione e commercializzazione di nuovi modelli, previsti nel piano industriale, si concentrino tutte nel 2005;
quindi, appare del tutto disatteso l'auspicio contenuto nel documento parlamentare prima richiamato, in base al quale il gruppo Fiat dovrebbe essere chiamato ad assumere iniziative rapide e chiarificatrici, al fine di evitare che il Paese si ritrovi privo nel 2004 di una presenza industriale di estrema, e sarebbe meglio dire esclusiva, rilevanza nel settore automobilistico;
il comportamento fin qui tenuto dal Governo appare del tutto inadeguato a fronteggiare una crisi di tali proporzioni che rischia di privare il nostro sistema industriale di un altro punto di eccellenza e di competitività, dopo l'abbandono di chimica, farmaceutica, telecomunicazioni, informatica e avionica;
a prevedere un impegno pubblico tale da garantire la sostanziale e prevalente pubblicizzazione dell'azienda, fino all'acquisizione integrale della proprietà della Fiat auto, per impedire la svendita dell'intera industria automobilistica del nostro Paese al colosso americano della General Motors;
a promuovere l'istituzione di un fondo gestito da un'agenzia a maggioranza pubblica, con la partecipazione degli enti locali, per la progettazione e l'innovazione della mobilità delle persone e delle cose sul territorio, urbano e extraurbano, e quindi dei tipi e degli usi dell'automobile, e per intensificare la ricerca e la sperimentazione nel campo dei motori ecocompatibili, come quello all'idrogeno;
a favorire una profonda riorganizzazione del lavoro nel settore, con l'immediato obiettivo di una difesa dell'occupazione attraverso la riduzione strutturale stabile dell'orario di lavoro, almeno a 35 ore settimanali a parità di retribuzione.
(1-00122)
«Bertinotti, Alfonso Gianni, Giordano, Deiana, Titti De Simone, Mantovani, Mascia, Pisapia, Russo Spena, Valpiana, Vendola».
(19 novembre 2002)
premesso che:
la crisi del gruppo FIAT ha origini remote e deriva da scelte strategiche volte a concentrare la presenza dell'azienda a livello nazionale ed in alcuni paesi emergenti e dell'est europeo, rinunciando a competere sui mercati dei paesi occidentali più avanzati attraverso i necessari investimenti in nuove tecnologie ed in nuovi prodotti;
le attuali difficoltà del gruppo si manifestano quando il mercato internazionale dell'auto attraversa una fase di stagnazione e risulta caratterizzato da un'accentuata competizione, una bassa redditività ad una elevata sovrapproduzione;
in questo quadro, già di per sé negativo per tutti i produttori, la FIAT ha perso in questi ultimi anni significative quote di mercato nei confronti di tutti i principali concorrenti alcuni dei quali, esemplare il caso di Citroen e Peugeot, dopo avere affrontato con successo complessi processi di ristrutturazione e di riorganizzazione aziendale, hanno invece incrementato i volumi produttivi ed occupano oggi posizioni di primo piano;
l'industria automobilistica, di cui la FIAT rappresenta la massima espressione alimentando tra l'altro, in larga misura l'indotto del settore, costituisce il comparto più significativo dell'industria manifatturiera nazionale e fornisce un contributo di fondamentale importanza per quanto riguarda la creazione di occupazione nonché in termini di attività di ricerca e sviluppo e di introduzione di nuove tecnologie a beneficio dell'intero sistema produttivo;
bisogna operare in ogni direzione per mantenere in Italia un'industria automobilistica forte e, quindi, l'intero ciclo di produzione dell'automobile ed in primo luogo la direzione dei marchi, della ricerca e dello sviluppo;
l'attuale piano industriale del gruppo, come rilevato dalle organizzazioni sindacali, da esponenti del Governo e da numerosi esperti indipendenti, appare inadeguato per quanto concerne la tempistica prevista per il lancio dei nuovi modelli e l'adeguamento della rete distributiva;
l'attuale stato del gruppo FIAT è, in larga misura, insieme causa ed effetto di una strategia di diversificazione degli investimenti dagli esiti tutt'altro che soddisfacenti e che ha, al contrario, contribuito in maniera determinante ad elevare il livello dell'indebitamento;
il rilancio del settore auto dei gruppo FIAT può avvenire solo se, consapevole della necessità di una decisa inversione di tendenza, la proprietà sceglie di concentrarsi sul core business, dismettendo le partecipazioni non strategiche e colmando il gap in termini di investimenti nelle innovazioni di prodotto, ed innanzitutto in ricerca e sviluppo, che caratterizza attualmente la FIAT rispetto a tutti i maggiori produttori europei;
la crisi della FIAT che ha radici profonde e natura strutturale, potrà essere superata e l'azienda, allo stato affetta da un'elevata sovracapacità produttiva, potrà conoscere una nuova fase di crescita solo avviando un processò di profondo rinnovamento:
a garantire che i predetti piani assicurino la permanenza in Italia di un polo produttivo unitario che, facendo leva su marchi di elevato contenuto tecnologico, nonché di grande attrattiva e notorietà, quali Ferrari, Maserati e Alfa Romeo, continui a sviluppare quelle capacità progettuali, di sperimentazione produttiva e di applicazione tecnologica che rappresentano il «cervello» dell'industria automobilistica;
a verificare che il contenuto dei piani in questione sia condiviso dalle banche creditrici, con particolare riferimento al livello degli investimenti ed alla quota dei proventi derivanti dalle cessione delle partecipazioni non strategiche che dovranno essere destinati alla riduzione del livello di indebitamento, favorendo, con le modalità ritenute più opportune, l'individuazione di nuove fonti di finanziamento private;
a chiedere alla FIAT precise garanzie e ad effettuare specifici interventi affinché l'attivazione degli ammortizzatori sociali, che appare ormai necessaria al fine di consentire di affrontare con successo la crisi del gruppo evitando il ricorso ai licenziamenti, non comporti la perdita del posto di lavoro da parte delle maestranze interessate;
a tal fine la FIAT dovrà impegnarsi a reimpiegare, al termine del periodo di cassa integrazione, la massima parte dei lavoratori coinvolti e dovranno essere altresì promosse le seguenti misure:
a) eventuale riconversione degli stabilimenti (in nessun caso bisognerà consentire la semplice chiusura) a produzioni industriali affini al settore dell'auto (componentistica, rinnovo e smaltimento di autoveicoli ed altre), assicurando a tutti i lavoratori attualmente occupati la conservazione del posto di lavoro e tenendo altresì presente gli effetti di tali processi sui lavoratori dell'indotto;
b) ricorso agli strumenti della programmazione negoziata (accordi di programma, contratti di programma, contratti d'area, patti territoriali) ed alle risorse comunitarie con specifico riferimento alle aree, comprese quello dell'indotto, interessate dalla crisi della FIAT;
c) attivazione mirata di tutti gli strumenti formativi finalizzata alla permanenza nel mercato del lavoro dei lavoratori dell'azienda e dei lavoratori dell'indotto interessati;
a promuovere interventi di sostegno all'attività di ricerca e sviluppo mirati al settore dell'automobile, alle grandi ed alle piccole e medie imprese, con l'obiettivo, in particolare, di coinvolgere i centri di ricerca universitari e di avviare iniziative miste, pubblico-private, con finalità specifiche di ricerca applicata alla tecnologia autoveicolistica ed orientate, tra l'altro, ai profili del risparmio energetico, eco-ambientali, ai nuovi propulsori, ai nuovi materiali ed alla sicurezza dei veicoli.
(1-00129)
(nuova formulazione) «Volontè, Tabacci, Giuseppe Drago, Mongiello, Ciro Alfano, Dorina Bianchi, Grillo, Mereu, Peretti, Tanzilli».
(25 novembre 2002)
premesso che:
la crisi dell'industria automobilistica italiana dipende innanzitutto da una fase recessiva del mercato a livello mondiale ma anche dalle politiche assistenzialiste dei precedenti Governi e, non ultimo, da alcuni errori strategici e gestionali compiuti a partire dagli anni '90 dalla proprietà e dal management del gruppo del Lingotto;
l'importanza dell'industria dell'auto nel nostro Paese é emersa in termini molto chiari nel corso dell'indagine conoscitiva svolta dalla X Commissione permanente (Attività produttive, commercio e turismo) della Camera dei Deputati ed è ben riepilogata nel documento conclusivo del 30 luglio 2002;
negli ultimi anni il gruppo FIAT ha concentrato la propria presenza nel mercato nazionale e nei Paesi emergenti con particolare attenzione all'Est europeo ed all'America Latina;
nell'anno in corso si stanno registrando flessioni della domanda di automobili del 5 per cento in Europa, del 15 per cento in Italia, del 20 per cento in Polonia, del 57 per cento in Turchia e del 12 per cento in Brasile, solo per citare alcuni dei territori nei quali l'industria italiana ha concentrato i propri investimenti;
dalla fine del 2001 il gruppo FIAT ha assunto una serie di provvedimenti di carattere industriale e finanziario diretti a contrastare la crisi, con particolare riguardo all'indebitamento che nel primo trimestre del 2002 ammontava a 6,6 miliardi di Euro;
le difficoltà della casa automobilistica italiana iniziarono in verità nella seconda metà del passato decennio, come è testimoniato da un risultato negativo della gestione caratteristica a partire già dall'esercizio 1998, nonostante gli interventi adottati dal Governo dell'epoca a sostegno della domanda di mercato, e poi mantenutosi costantemente negativo con ampiezza anzi progressivamente crescente;
gli organici del gruppo FIAT Auto diminuirono di conseguenza, scendendo dalle circa 115 mila unità di metà degli anni Novanta a 82.553 a fine 1999, 74.292 a fine 2000, 59.126 a fine giugno 2001, dunque dimezzandosi in sei anni nonostante le politiche attente all'occupazione intraprese dai Governi precedenti, per giungere poi a 54.860 unità a fine giugno 2002;
nel corso del 2001 sono state cedute alcune attività di Magneti Marelli, sono stati deliberati l'aumento di capitale di FIAT S.p.A., la quotazione in Borsa della Ferrari, e la cessione a fermo di parte di quest'ultima; inoltre FIAT ha stipulato un'intesa complessiva con il sistema del credito perseguendo una strategia di rafforzamento finanziario;
un ruolo fondamentale nell'azione di ristrutturazione è attribuito all'alleanza con General Motors che pone FIAT Auto nella condizione di competere con vantaggi di costo accedendo alle risorse globali del principale costruttore di automobili del mondo;
la vigente legislazione europea e le esperienze passate impediscono di concepire interventi pubblici di sostegno all'industria automobilistica con effetti certi e duraturi; si rammentano in particolare i provvedimenti di rottamazione che hanno favorito tutte le case, determinando un rimbalzo negativo a termine senza incidere sulla competitività dell'impresa nazionale, mentre i recenti eco-incentivi sono apparsi strumento più adeguato finalizzato agli obiettivi di riduzione dell'impatto negativo del mercato e che ha favorito il rinnovo di un parco auto circolante più compatibile con le esigenze ambientali;
considerato che:
una politica industriale per il comparto automobilistico deve stimolare l'innovazione e la trasformazione delle imprese, agendo sulla leva della ricerca e dello sviluppo al fine di favorire l'aggiornamento tecnologico;
la FIAT Auto ha presentato un piano di ristrutturazione dell'azienda volto al risanamento della gestione economica e al rilancio industriale essenzialmente basato su: investimenti annui tra il 2003 e il 2005 pari a 1.100 milioni di euro in ricerca e sviluppo e a 1.500 milioni di euro in nuove immobilizzazioni tecniche materiali, per un totale di 2.600 milioni di euro ogni anno; il lancio di numerosi modelli nuovi di auto e altri, frutto di restyling; il miglioramento della qualità del prodotto e dei sistemi di vendita; l'aumento del grado di utilizzo della capacità produttiva installata attraverso la riduzione transitoria di quest'ultima, una conseguente ulteriore riduzione degli organici che scenderebbero a 50.557 unità al 1o luglio 2003, il ricorso alla cassa integrazione guadagni e alla mobilità;
il Governo ha tempestivamente avviato un tavolo di consultazione con l'azienda e le parti sociali ed ha intrapreso una verifica della rispondenza dei contenuti del piano agli interessi del Paese;
a concedere le procedure relative alla cassa integrazione guadagni esclusivamente a seguito dell'impegno di FIAT a fissare una data certa per la ripresa produttiva di Termini Imerese e di Arese;
a valutare ipotesi di riconversione industriale solo attraverso strumenti di programmazione negoziata con il coinvolgimento delle regioni interessate;
a vigilare sul forte e crescente coinvolgimento delle banche nei confronti delle vicende del sistema industriale, affinché le stesse accompagnino lo sviluppo del comparto produttivo più significativo del Paese, con particolare attenzione alle piccole e medie imprese dell'indotto che gravita intorno al mondo FIAT;
a garantire adeguati strumenti di sostegno alla ricerca ed all'innovazione tecnologica con particolare riguardo alle aziende dell'indotto dell'industria automobilistica;
a mantenere aperto con l'azienda e le parti sociali un tavolo di confronto, dove misurare i progressi realizzati, stemperando in tal modo le tensioni di carattere sociale che rischiano di risultare controproducenti rispetto a possibili compartecipazioni straniere e alla necessità più complessiva di attirare in Italia possibili investimenti;
a sviluppare azioni di marketing territoriale per attirare investimenti produttivi anche di industrie estere nelle aree con maggiori difficoltà occupazionali;
ad adoperarsi in ogni modo affinché i programmi di investimento pubblico nelle infrastrutture possano da un lato attenuare il problema occupazionale, e dall'altro migliorare la competitività dello stesso settore;
a valutare l'opportunità di adotare iniziative normative volte a prorogare per un anno o almeno per sei mesi le disposizioni di cui all'articolo 2 del decreto-legge 8 luglio 2002, n. 138, convertito con modificazioni dalla legge 8 agosto 2002, n. 178, al fine di sostenere ulteriormente la domanda di autoveicoli, nonché iniziative volte a sopprimere del tutto l'imposta di bollo e gli emolumenti dovuti agli uffici del Pubblico Registro, utilizzando come relativa copertura finanziaria i maggiori introiti IVA derivanti dal maggior sviluppo dell'attività di sostituzione del parco auto che una simile riforma renderebbe possibile.
(1-00130)
«Elio Vito, La Russa, Volontè, Cè, Moroni».
(25 novembre 2002)