TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 146 di Giovedì 16 maggio 2002

MOZIONE CONCERNENTE LA DESTINAZIONE DELLE RISORSE INVESTITE DALLE FONDAZIONI

La Camera,
tenuto conto dell'approvazione in sede di discussione della legge finanziaria per il 2002 dell'ordine del giorno 9/1984/142 relativo alle fondazioni;
tenuto conto che tale ordine del giorno impegna il Governo «ad emanare opportuni indirizzi alle fondazioni affinché vincolino alle regioni dell'obiettivo 1 (Basilicata, Campania, Calabria, Puglia, Sicilia, Sardegna) 1/3 delle risorse che esse destinano ai settori di cui al comma 1 dell'articolo 9 della legge finanziaria»;
tenuto conto che è in corso di definizione il regolamento attuativo di detta legge relativa alle fondazioni;

impegna il Governo

a recepire, in linea con l'indirizzo dato dalla Camera dei deputati con l'approvazione del citato ordine del giorno, l'indicazione nel regolamento attuativo di vincolare 1/3 delle risorse investite dalle fondazioni alle regioni dell'obiettivo 1.
(1-00056)
«Tuccillo, Paolo Russo, Boccia, Landolfi, Soro, Maione, Cesaro, Rotondi, Siniscalchi, Ranieri, De Franciscis, Iannuzzi, Annunziata, Petrella, Burtone, De Luca, Gerardo Bianco, Molinari, Russo Spena, Azzolini, Antonio Russo, Di Gioia, Squeglia, Piglionica, Cola, Roberto Barbieri, Ostillio, Mussolini, Marone, Minniti, Cennamo, Mancini, D'Alia».
(27 febbraio 2002)



MOZIONI CONCERNENTI IL CONTRIBUTO DELL'ITALIA ALLO SVILUPPO DEI PAESI PIÙ POVERI

La Camera,
premesso che:
in occasione della firma del protocollo di intesa per la cooperazione nel settore agricolo ed agro-industriale tra la Fao e il Governo italiano, il 29 gennaio 2002, il Presidente del Consiglio dei ministri e Ministro degli affari esteri ad interim, onorevole Silvio Berlusconi, ha dichiarato che al prossimo G8, che si terrà in Canada, chiederà di portare l'aiuto per lo sviluppo dei Paesi più poveri dallo 0,7 all'1 per cento del prodotto interno lordo;
l'Italia, quale membro del G8, dell'Unione europea e dell'Ocse, dall'adozione degli indirizzi del Cipe del 1995 ispira le proprie attività di cooperazione al perseguimento degli obiettivi di sviluppo consolidati nel documento Ocse del 1996, finalizzati principalmente alla lotta contro la povertà nei Paesi in via di sviluppo (PVS);
nel settembre del 2000 l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato la «Dichiarazione del millennio», in cui vengono definiti gli obiettivi internazionali di sviluppo che bisogna perseguire;
l'obiettivo centrale rimane quello di ridurre del 50 per cento entro il 2015 il numero delle persone che vivono in condizioni di estrema povertà, ossia con meno di un dollaro al giorno;
la partecipazione attiva dell'Italia ai finanziamenti e ai programmi di aiuto ai Paesi in via di sviluppo non corrisponde solo ad un generico impegno morale, ma segue le indicazioni di un più profondo intento che è quello di portare a tutti i popoli della terra sviluppo, dignità, diritti. Sono questi gli ambiziosi obiettivi dell'Italia per contribuire alla realizzazione di un mondo di pace, per fare in modo che i conflitti interni di ogni singolo popolo non sfocino più in azioni estreme, come è accaduto l'11 settembre 2001;
a marzo 2002 si è tenuta la conferenza Onu su «Finanza e sviluppo» a Monterrey, in Messico e in tale incontro i Governi, le organizzazioni non governative, insieme alle istituzioni finanziarie internazionali (Banca mondiale e Fondo monetario internazionale), all'Organizzazione mondiale del commercio e alle principali agenzie Onu, si sono confrontati sui nodi più controversi dell'attuale sistema finanziario internazionale, discutendo di aiuto pubblico allo sviluppo, di commercio, di debito estero, ma anche di flussi finanziari e di possibili sistemi di tassazione;
il vertice mondiale sullo sviluppo sostenibile (Rio + 10) si terrà dal 2 all'11 settembre 2002 a Johannesburg (Sudafrica) con lo scopo di riesaminare i risultati a dieci anni dalla conferenza delle Nazioni Unite sull'ambiente e lo sviluppo, che si è svolta a Rio de Janeiro (Brasile) nel 1992. Il vertice mondiale sarà un'occasione unica per incoraggiare la realizzazione degli obiettivi fissati a Rio de Janeiro e per definire nuovi impegni politici da parte di tutti i Paesi nel cammino verso lo sviluppo sostenibile;
inoltre, il grave fenomeno della povertà assume dimensioni sempre più ampie, nonostante che tutti i Governi abbiano affermato ed affermino la loro ferma volontà di combatterlo ed eliminarlo. Purtroppo, si è trattato e si tratta soltanto di dichiarazioni alle quali non hanno fatto seguito concrete e precise azioni;
a partire dal 2000 si è registrata, a livello internazionale, un'inversione della tendenza positiva che si era avviata nel biennio 1998-1999, dopo le riduzioni dell'aiuto ai Paesi in via di sviluppo nel periodo 1992-1997;
la partecipazione italiana alla cooperazione allo sviluppo nel 2000 ha registrato un calo pari al 14,3 per cento e tra i Paesi donatori l'Italia è scivolata dal settimo al decimo posto. In rapporto al prodotto interno lordo, l'Italia risulta addirittura ventunesima su 22 Paesi Ocse, con un impegno pari allo 0,13 per cento del prodotto interno lordo;
gli stanziamenti per l'aiuto pubblico, come risulta dal bilancio assestato 2001 e da quello a legislazione vigente 2002, pur non delineando una diminuzione degli aiuti, non indicano nemmeno un vero e proprio rilancio, non discostandosi di molto dallo 0,13 per cento del prodotto interno lordo realizzato nel 2000;
la situazione appare in tutta la sua gravità se si confrontano i dati attuali con quelli del passato e, in particolare, con quelli del 1985, quando, anche a seguito di un movimento parlamentare sul problema della lotta contro la fame nel mondo, si pervenne ad uno stanziamento complessivo di ben 3.629 miliardi di lire, corrispondenti allo 0,26 per cento del prodotto interno lordo. Con questi aiuti l'Italia balzò al 5o posto nella cooperazione;
il Parlamento ha approvato a larga maggioranza una comune mozione in vista del vertice Fao del giugno 2002, in cui tra l'altro si impegnava il Governo a concentrare la cooperazione italiana allo sviluppo nel triennio 2002-2004 anche su programmi integrati di lotta alla fame, lotta alla siccità e alla desertificazione, sviluppo sostenibile; ad aumentare le risorse ordinarie per la lotta contro la fame nel mondo, portando gradualmente entro cinque anni allo 0,70 per cento del prodotto interno lordo la percentuale delle risorse da impegnare per lo sviluppo nel terzo mondo;
le risorse per la cooperazione allo sviluppo stanziate da questo Governo per gli anni 2002-2004 non ci indicano chiaramente un'inversione di tendenza, ma solo deboli accenni per una partecipazione italiana, che certo non riuscirà, ancora una volta, a rispettare la raccomandazione, datata 1970, delle Nazioni Unite che indica come soglia base per gli aiuti l'impiego dello 0,7 per cento del prodotto interno lordo;
il consolidarsi dei grandi processi di internazionalizzazione della economia, gli impegni derivanti dalla partecipazione alla stessa Unione europea, ci pongono di fronte a nuove sfide e all'esigenza di superare ostacoli e lentezze che impediscono l'iniziativa del nostro Paese;
si impone, quindi, una riflessione politica approfondita, al fine di individuare orientamenti e scelte che diano sicurezza al Paese per i prossimi anni, una riflessione adeguata, che tenga conto dell'aumento della distanza tra il Nord e il Sud del mondo e della differenziazione avvenuta nel sud per Paesi e per aree regionali;
i fondi destinati alla cooperazione allo sviluppo sono ormai del tutto insufficienti a garantire una nostra reale presenza nelle aree geografiche dove abbiamo deciso di concentrare la nostra azione;
anche in Italia, così come sta avvenendo anche negli altri Paesi industrializzati, si è aperto un dibattito sulla revisione della normativa che regola la cooperazione allo sviluppo;
l'attuale stato di crisi operativa in cui si trova la direzione della cooperazione allo sviluppo impone provvedimenti globali e coerenti;
il nostro Paese, in prosecuzione degli impegni presi dai Governi negli anni scorsi e al G8 di Genova, ha assunto una posizione di leadership internazionale sulla questione del debito dei Paesi in via di sviluppo ed ha indicato la necessità di accompagnare alla cancellazione del debito una serie di misure di interventi strutturali per avviare a soluzione il dramma della povertà nel mondo;

impegna il Governo

a portare nel triennio 2002-2004 l'aiuto dell'Italia per lo sviluppo dei Paesi più poveri all'1 per cento del prodotto interno lordo;
ad invertire la tendenza che ha prodotto la progressiva stabilizzazione del bilancio della cooperazione e, a partire dall'assestamento del bilancio 2002, a raddoppiare le somme stanziate per l'aiuto pubblico allo sviluppo dall'Italia;
a dare seguito alle proposte già formulate ed accolte in occasione del G8 di Genova, in cui l'Italia ha dichiarato di voler portare dall'attuale 0,14 per cento del prodotto interno lordo allo 0,30 per cento del prodotto interno lordo l'impegno per la cooperazione a partire dalla prossima legge finanziaria;
a portare a termine gli impegni già presi per diminuire la povertà nel mondo;
a realizzare un sistema di incentivi per promuovere i prodotti del commercio equo e i titoli finanziari etici;
a concentrare la cooperazione italiana allo sviluppo nel triennio 2002-2004 anche su programmi integrati per lo sviluppo sostenibile, lotta alla fame, lotta alla siccità e alla desertificazione;
a realizzare una maggiore collaborazione con le organizzazioni non governative, anche allo scopo di raccogliere proposte ed iniziative di chi la cooperazione la vive in prima persona;
ad attuare gli impegni internazionali e normativi per la remissione del debito ai Paesi poveri.
(1-00058)
«Realacci, Vigni, Abbondanzieri, Albertini, Annunziata, Battaglia, Bellillo, Bellini, Benvenuto, Giovanni Bianchi, Enzo Bianco, Bimbi, Boccia, Buffo, Camo, Carbonella, Castagnetti, Cento, Ciani, Cima, Crucianelli, De Brasi, Diana, Duilio, Fistarol, Franci, Giacco, Iannuzzi, Lettieri, Lion, Maccanico, Marcora, Raffaella Mariani, Marini, Mazzuca Poggiolini, Meduri, Melandri, Micheli, Montecchi, Mosella, Motta, Mussi, Pinotti, Piscitello, Pistelli, Pistone, Rocchi, Rutelli, Ruzzante, Sereni, Squeglia, Tocci, Volpini, Zanotti».
(5 marzo 2002)

La Camera,
premesso che:
la conferenza Onu di Monterrey su «Finanza e sviluppo» ha profondamente deluso le aspettative riposte, affrontando solo in minima parte i punti della «Dichiarazione del millennio», sottoscritta nel settembre del 2000 dai Capi di Stato e di Governo di 156 Paesi;
durante i due anni di lavori preparatori alla conferenza dl Monterrey, il documento politico è stato progressivamente annacquato ed impoverito, con la cancellazione di tutte le proposte realmente innovative: dall'ipotesi di una tassa sulle transazioni valutarie e su una carbon tax, alla creazione di un'organizzazione che si occupasse di controversie in materia fiscale con il compito di combattere la competizione e l'evasione fiscale. Interi paragrafi che affrontavano il tema dei controlli sui capitali, in particolare quelli di breve periodo e fortemente destabilizzanti, il tema dell'arbitrariato come meccanismo per affrontare il debito estero di tutti i Paesi sono stati colpevolmente evasi;
analoga fine hanno fatto tutta una serie di impegni, da parte dei Paesi donatori, ad aumentare il livello dell'aiuto pubblico allo sviluppo finalizzato ai raggiungimento dei Millennium development goals (gli obiettivi di sviluppo e di lotta alla povertà sottoscritti all'Assemblea del millennio);
alla luce di questo fallimento acquistano ancora più importanza nella lotta alla povertà la conferenza della Fao di Roma prevista per il giugno 2002 e quella denominata Rio+10, in programma a Joannesburg dal 2 all'11 settembre 2002;
entrambe le conferenze possono porre rimedio alla logica mercantile che ha ispirato l'Organizzazione mondiale per il commercio in materia di brevettabilità della materia vivente e di accesso ad una risorsa fondamentale per l'umanità come l'acqua;

impegna il Governo:

a sostenere e proporre alle conferenze della Fao e di Rio+10:
il varo di un trattato internazionale per la condivisione del patrimonio genetico con il fine di proibire, nei Paesi in via di sviluppo che possiedono la più grande ricchezza in biodiversità, ogni brevetto su piante, microrganismi, animali e parti del corpo umano, rifiutando la concessione dei diritti di proprietà intellettuale su qualsiasi organismo vivente e su qualsiasi parte di esso;
il varo di un trattato internazionale per l'accesso all'acqua come bene comune, patrimonio dell'umanità e diritto umano imprescrittibile, proibendone ogni privatizzazione e salvaguardandola dagli sprechi dell'agricoltura intensiva e delle attività industriali inquinanti;
l'aumento dell'aiuto pubblico allo sviluppo e la preparazione di un calendario vincolante per il raggiungimento dello 0,7 per cento del prodotto interno lordo;
il miglioramento della qualità e dell'efficacia dell'aiuto finalizzato alla riduzione della povertà;
l'utilizzo di un approccio fondato sugli indicatori di sviluppo umano nella misurazione della sostenibilità del debito estero e la cancellazione del debito ai Paesi più poveri;
l'equa e trasparente procedura di arbitrariato sul debito;
la cooperazione internazionale in materia fiscale, anche attraverso l'adozione di una tassa minima sullo spostamento dei capitali finanziari a breve termine (speculativi), al fine di reperire risorse da destinare alla lotta alla fame, alla siccità ed alla povertà;
una maggiore partecipazione nei meccanismi decisionali economici globali e il monitoraggio sulla realizzazione degli obiettivi di sviluppo contenuti nella «Dichiarazione del millennio», da parte delle organizzazioni non governative e, più in generale, della cosiddetta società civile.
(1-00062)
«Mantovani, Bertinotti, Deiana, Titti De Simone, Alfonso Gianni, Giordano, Mascia, Pisapia, Russo Spena, Valpiana, Vendola».
(11 aprile 2002)

La Camera,
premesso che:
si è svolta a Monterrey dal 18 al 22 marzo 2002 la conferenza Onu su «Finanza e sviluppo», per fare il punto sulle iniziative in favore dei Paesi poveri;
prima della Conferenza, il 6 marzo 2002, la Camera dei deputati aveva approvato la risoluzione 8/00009, contenente una serie di impegni per il Governo, non tutti pienamente rispettati;
la conferenza di Monterrey è stata promossa in vista del vertice mondiale sullo sviluppo sostenibile, che si svolgerà a Johannesburg dal 26 agosto al 4 settembre 2002, dieci anni dopo la conferenza Onu su ambiente e sviluppo di Rio, quando fu concordato l'obiettivo di portare ad almeno lo 0,7 per cento del prodotto interno lordo l'aiuto per lo sviluppo dei Paesi più poveri per ridurre significativamente la povertà almeno entro il 2015;
siamo ancora molto lontani dallo 0,7 per cento e nel documento «Monterrey consensus» (73 articoli adottati per acclamazione) non sono stati specificati obblighi vincolanti a carico dei Paesi industrializzati in merito alla quota di prodotto interno lordo da devolvere in aiuti allo sviluppo né riferimenti ad una loro precisa scadenza, né sono state concordate iniziative concrete e rilevanti sulle politiche commerciali, sulle transazioni finanziarie e sul debito dei Paesi poveri, giustificando una diffusa delusione per i risultati della conferenza di Monterrey e una diffusa preoccupazione per la preparazione del vertice di Johannesburg;
a Monterrey il Presidente della Commissione europea Prodi ha comunque annunciato che i Paesi membri della Unione europea raggiungeranno in media almeno la quota di 0,39 per cento del prodotto interno lordo in aiuti allo sviluppo entro il 2006 con un aumento annuo complessivo di circa 8 miliardi di euro;
non sono state concordate o annunciate significative riforme delle istituzioni e degli organismi finanziari mondiali, nonostante positive e precise proposte contenute nella risoluzione finale del forum global della società civile, approvata da oltre 700 organizzazioni non governative di 80 Paesi il 16 marzo 2002;
il Parlamento italiano ha già approvato in questa legislatura atti di indirizzo sul vertice Fao, sulla ratifica del protocollo di Kyoto, sulla remissione del debito dei Paesi poveri, sull'aumento dalla quota del prodotto interno lordo da destinare all'aiuto;

impegna il Governo

a portare entro il 2006 l'aiuto dell'Italia per lo sviluppo dei Paesi più poveri all'1 per cento del prodotto interno lordo;
a raddoppiare l'attuale quota già a partire dal prossimo Documento di programmazione economica e finanziaria e dal prossimo disegno di legge finanziaria 2003;
a valutare ogni intervento alla luce della sostenibilità ambientale, della riduzione delle emissioni di gas serra, della lotta alla siccità e alla desertificazione, della tutela della biodiversità, in particolare predisponendo una scheda di valutazione della quantità dei livelli di emissione di gas serra connessa ad ogni progetto pubblico o privato promosso in altri Paesi con l'assistenza e il contributo di istituzioni pubbliche italiane;
ad introdurre la deducibilità totale dei contributi versati alle organizzazioni non governative per la realizzazione di progetti nei Paesi in via di sviluppo per un massimo dell'1 per cento del reddito imponibile e almeno dello 0,7 per cento già a partire dal 2003;
a semplificare ed accelerare le procedure per l'istruttoria e la registrazione dei progetti di cooperazione bilaterale, valutando l'impatto reale e concreto sulle condizioni di vita dei poveri;
a realizzare un sistema di incentivi per promuovere il consumo equo e solidale, i marchi sociali, i titoli finanziari etici;
a concentrare le risorse delle cooperazione italiana allo sviluppo nel triennio 2003-2005 sui programmi integrati per lo sviluppo sostenibile, lotta alla fame, lotta alla siccità e alla desertificazione;
a sostenere le iniziative per la remissione del debito estero dei Paesi più poveri, contro le attività speculative, per l'abolizione dei paradisi fiscali e per l'eliminazione dei dazi sui prodotti dei Paesi poveri;
a preparare la presenza italiana al vertice di Roma sulla lotta alla fame e al vertice di Johannesburg valorizzando le iniziative già promosse per programmi integrati di sviluppo sostenibile, come la campagna «Prima della pioggia», avviata con l'Unione delle province italiane, il progetto Keita in Niger e altre iniziative analoghe;
a promuovere iniziative, affinché a Johannesburg si concentri la discussione e la scelta sul nesso povertà-ambiente; si fissino impegni concreti per la riduzione dell'effetto serra prevedendo sanzioni per chi violi le norme; si proceda sulla riforma della gestione delle politiche per lo sviluppo sostenibile eliminando decisioni contraddittorie (come quelle relative a grandi dighe) e rafforzando il coordinamento delle politiche globali (cambiamenti climatici, desertificazione, biodiversità); si proponga l'adozione di uno strumento di azione come l'Agenda XXI rurale per l'appoggio diretto alle comunità locali dei Paesi poveri, in particolare nelle aree aride e secche; si garantisca il diritto all'acqua come bene comune di tutte le specie viventi; si promuova una effettiva riforma degli istituti finanziari mondiali.
(1-00063)
«Violante, Calzolaio, Innocenti, Montecchi, Agostini, Bogi, Ruzzante, Nicola Rossi, Magnolfi, Crucianelli, Ranieri, Spini, Mussi, Folena, Sereni, Cabras, Fumagalli, Melandri, Vigni».
(11 aprile 2002)

La Camera,
premesso che:
la lotta alla povertà globale è uno degli obiettivi prioritari che la comunità dei Paesi economicamente più progrediti deve perseguire sin dall'immediato presente per instaurare una società prospera e pacifica senza confini nazionali, fondata sul più profondo rispetto della dignità umana, scongiurando la minaccia della sofferenza e della fame in ogni parte del globo, insieme ai pericoli della guerra e del terrorismo;
l'Italia, quale membro del G8, dell'Unione europea e dell'Ocse, ispira le proprie attività di cooperazione al perseguimento degli obiettivi di sviluppo consolidati nel documento Ocse del 1996, finalizzati principalmente alla lotta contro la povertà nei Paesi in via di sviluppo (Pvs);
in occasione della firma del protocollo di intesa per la cooperazione nel settore agricolo ed agro-industriale tra la Fao e il Governo italiano, il 29 gennaio 2002, il Presidente del Consiglio dei ministri e Ministro degli affari esteri ad interim ha dichiarato che al prossimo G8, che si terrà in Canada, chiederà di portare all'1 per cento la quota del prodotto interno lordo da destinare agli aiuti allo sviluppo;
il Governo italiano, coerentemente con le decisioni dei Consigli europei di Goteborg e di Laeken, ha dichiarato di perseguire l'obiettivo di portare l'aiuto per lo sviluppo dei Paesi più poveri allo 0,7 per cento del prodotto interno lordo; promuove, inoltre, alcune tra le formule più innovative di finanziamento allo sviluppo, fra cui rientrano le iniziative di partenariato pubblico-privato, come il Fondo globale per la lotta contro l'Aids, la malaria e la tubercolosi, o l'iniziativa New partnership for african development, nell'ambito della quale l'Italia è in prima linea;
nell'obiettivo di pervenire ad una gestione sostenibile e partecipativa del patrimonio di risorse economiche ed ambientali comune all'intera umanità, è auspicabile la creazione di organismi internazionali quali un Consiglio per la sicurezza economica e sociale, nonché un'organizzazione mondiale per la tutela dell'ambiente, anche secondo quanto suggerito dal Presidente Chirac nella recente conferenza Onu «Finanza e sviluppo», svoltasi a Monterrey dal 18 al 22 marzo 2002;
nella conferenza di Monterrey, i Governi, le organizzazioni non governative, le istituzioni finanziarie internazionali (Banca mondiale e Fondo monetario internazionale), l'Organizzazione mondiale del commercio e le principali agenzie Onu si sono confrontati sui temi più controversi nell'ambito dell'aiuto pubblico allo sviluppo;
la conferenza di Monterrey è stata promossa in vista del vertice mondiale sullo sviluppo sostenibile, che si svolgerà a Johannesburg dal 26 agosto al 4 settembre 2002 con lo scopo di riesaminare i risultati a dieci anni dalla conferenza delle Nazioni Unite sull'ambiente e lo sviluppo, svoltasi a Rio de Janeiro nel 1992; il vertice mondiale di Johannesburg sarà infatti l'occasione per incoraggiare il raggiungimento degli obiettivi fissati a Rio de Janeiro, quando fu concordato l'obiettivo di portare ad almeno lo 0,7 per cento del prodotto interno lordo l'aiuto per lo sviluppo dei Paesi più poveri, allo scopo di ridurre significativamente la povertà almeno entro il 2015;
nel documento Monterrey consensus, adottato per acclamazione al termine della conferenza, non sono stati specificati obblighi vincolanti a carico dei Paesi industrializzati in merito alla quota di prodotto interno lordo da devolvere in aiuti allo sviluppo, né riferimenti ad una loro precisa scadenza;
a Monterrey il Presidente della Commissione europea Prodi ha annunciato che i Paesi membri dell'Unione europea raggiungeranno in media almeno la quota di 0,39 per cento del prodotto interno lordo in aiuti allo sviluppo entro il 2006, con un aumento annuo complessivo di circa 8 miliardi di euro;
il Parlamento italiano ha manifestato la propria attenzione per i temi indicati, approvando in questa legislatura atti di indirizzo sul prossimo vertice Fao, che si svolgerà nel giugno del 2002, sulla remissione del debito dei Paesi poveri e sull'aumento dalla quota del prodotto interno lordo da destinare agli aiuti allo sviluppo;
la III Commissione (affari esteri e comunitari) ha già adottato un atto di indirizzo, che in questa sede occorre recuperare, promuovendo una deliberazione dell'intera Camera;

impegna il Governo

ad operare un significativo aumento dei fondi per la cooperazione, con l'impegno a perseguire l'obiettivo, già annunciato, dello 0,7 per cento del prodotto interno lordo, con progressivi aumenti degli stanziamenti per l'aiuto pubblico allo sviluppo;
a valutare ogni intervento alla luce della sostenibilità ambientale, della riduzione delle emissioni di gas serra, della lotta alla siccità e alla desertificazione, della tutela della biodiversità, anche destinando a tal fine le risorse della cooperazione italiana allo sviluppo per il biennio 2002-2004;
a valutare l'utilizzo dei diritti speciali di prelievo e di fonti innovative ed aggiuntive di finanziamento a favore dei paesi in via di sviluppo;
a monitorare l'impatto dei flussi finanziari pubblici, sia bilaterali che multilaterali, sugli obiettivi unanimemente accettati, i Millenium development goals;
a considerare il possibile impatto sui processi di sviluppo di iniziative per il commercio equo e solidale e i marchi sociali;
a procedere nel completamento delle iniziative intraprese per la cancellazione del debito estero dei Paesi più poveri e maggiormente indebitati e per favorire la sostenibilità dei futuri impegni finanziari di tali Paesi; a promuovere le iniziative contro le attività speculative, per l'abolizione dei paradisi fiscali e per rendere coerente il commercio internazionale con gli aiuti allo sviluppo;
a sostenere il «Piano di azione per l'Africa» deciso dal G8 di Genova e che verrà approvato dal vertice di Kananaskis in Canada;
a procedere con urgenza all'elaborazione di un progetto di riforma della disciplina normativa in materia di cooperazione allo sviluppo;
a realizzare una maggiore collaborazione con le organizzazioni non governative e un efficace supporto alla relativa azione;
a portare a termine gli impegni già presi per diminuire la povertà nel mondo e semplificare ed accelerare le procedure per l'istruttoria e la registrazione dei progetti di cooperazione bilaterale, valutando l'impatto reale e concreto sulle condizioni di vita dei poveri;
a delineare anche in sede europea impegni concreti per l'assistenza allo sviluppo;
a preparare la presenza italiana al vertice di Johannesburg valorizzando le iniziative già promosse per programmi integrati di sviluppo sostenibile e operando affinché a Johannesburg la discussione si concentri sul nesso povertà-ambiente; a tal fine è necessario che siano ribaditi e concretamente attuati gli impegni per la riduzione dell'effetto serra; che si esprima sostegno alla riforma della gestione delle politiche per lo sviluppo sostenibile, rafforzando il coordinamento delle politiche globali (cambiamenti climatici, desertificazione, biodiversità); che si sottolinei la priorità da riservare, nell'ambito dell'attuazione dell'Agenda XXI, al settore rurale e all'appoggio diretto alle comunità locali dei Paesi poveri, in particolare nelle aree aride e secche; che si garantisca il diritto all'acqua come bene comune di tutte le specie viventi e che si promuova un'effettiva riforma degli istituti finanziari mondiali;
a dare seguito alle proposte già formulate ed accolte in occasione del G8 di Genova, in cui l'Italia ha dichiarato di voler portare l'impegno per la cooperazione dall'attuale 0,14 per cento del prodotto interno lordo allo 0,33 per cento nel 2006, come da impegni presi nell'ambito del Consiglio europeo di Barcellona;
a promuovere nuove forme di mobilitazione delle risorse per incrementare i flussi di aiuto, fra cui in particolare la proposta di introdurre una de-tax per la devoluzione di risorse finanziarie a favore di iniziative etiche di sostegno a progetti e programmi di sviluppo;
a dare seguito all'iniziativa intrapresa dalla conferenza internazionale sull'e-government, svoltasi a Palermo dal 10 all'11 aprile scorso e organizzata dal Governo italiano in collaborazione con le Nazioni Unite, per promuovere l'uso della tecnologia informatica al fine di migliorare l'efficienza e la trasparenza dell'amministrazione nei Paesi in via di sviluppo, favorendone contestualmente il rafforzamento dei modelli partecipativi e democratici.
(1-00067)
«Landi di Chiavenna, Michelini, Naro, Rizzi, Ronchi, Franz, Rivolta, Paoletti Tangheroni, Parolo, Angela Napoli».
(24 aprile 2002)



INTERPELLANZE URGENTI

A)

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri e i Ministri della giustizia e degli affari esteri, per sapere - premesso che:
il neofascista Delfo Zorzi è stato, congiuntamente con altri imputati, condannato all'ergastolo nel processo per la strage di Piazza Fontana;
lo stesso Zorzi è anche indagato nel procedimento in corso per la strage di Piazza della Loggia (Brescia, 28 maggio 1974);
Delfo Zorzi è da anni in Giappone, per sfuggire, evidentemente, alla giustizia italiana;
il Governo giapponese, per quanto riguarda l'estradizione, aveva posto al Ministro della giustizia del precedente Governo la condizione che vi fosse una sentenza di condanna. Questa condanna ora c'è -:
quali azioni decise e determinate il Governo italiano voglia porre in essere, affinché il Governo giapponese, tenendo fede all'impegno preso, conceda l'estradizione di Delfo Zorzi in Italia, anche tenendo conto che finora gli unici atti compiuti dal Governo italiano per ottenere l'estradizione sembrano essere del tutto formali e burocratici, mentre invece occorre dare una risposta positiva agli appelli che allo stesso Presidente del Consiglio dei ministri hanno rivolto le associazioni dei familiari delle stragi di Piazza Fontana e di Piazza della Loggia.
(2-00289)
«Russo Spena, Giordano, Bielli, Bulgarelli, Cento».
(3 aprile 2002).

B)

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere - premesso che:
il sistema penitenziario conta ormai oltre 55.000 detenuti, cifra che è ben al di sopra delle effettive capienze ottimali, calcolate in circa 38.000 presenze;
tale ingravescente situazione viene ad essere resa ad alto rischio sia per la possibilità di incremento di gesti etero-autolesionistici, sia per l'incremento della presenza di portatori di disagi fisici e psichici, che rappresentano una grossa parte dell'intera popolazione detenuta, come i tossicodipendenti (oltre il 40 per cento del totale), i malati di infezioni da Hiv, i portatori di malattie gastrointestinali ed infettive;
una particolare attenzione va posta anche nei riguardi dei malati psichici, seminfermi mentali ed internati negli ospedali psichiatrici giudiziari, che, tra l'altro, avrebbero dovuto essere ridimensionati se non addirittura resi obsoleti, in ragione degli effetti della legge 180 del 1978;
le gravi carenze che si sono venute a creare nel settore dell'assistenza sanitaria in termini farmaceutici, di personale, di strutture e quindi di assistenza psicologica e medica impongono l'attuazione di un nuovo ed efficace assetto organizzativo e gestionale, che veda rispettate le giuste competenze sanitarie a carico del ministero della salute, delle regioni e delle aziende sanitarie locali, con la salvaguardia assoluta delle competenze giudiziarie e penitenziarie in tema di sicurezza;
è indispensabile, quindi, che venga attuata ogni forma di tutela della salute in carcere con impegno degli organi specialisticamente competenti in materia ed una maggiore valorizzazione del volontariato, che già interviene efficacemente nelle carceri italiane da lungo tempo -:
quali iniziative urgentissime intenda mettere in atto, al fine di garantire il rispetto dei diritti alla salute dei cittadini detenuti, con la realizzazione di una pari opportunità di accesso alle cure ed una responsabilizzazione dei competenti organi di tutela dello stato di salute.
(2-00306)
«Mario Pepe, Antonio Barbieri, Bertolini, Canelli, Carlucci, Ferro, Filippo Maria Drago, Fragalà, Gigli, Intini, Lamorte, Lazzari, Leo, Licastro Scardino, Marinello, Mazzoni, Moroni, Palmieri, Paoletti Tangheroni, Pecorella, Romano, Santulli, Sanza, Sardelli, Schmidt, Tarantino, Verdini, Villetti, Vitali, Alfredo Vito, Zanetta, Zanettin».
(19 aprile 2002).

C)

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere - premesso che:
l'articolo 4 della legge n. 23 del 1996, legge-quadro sull'edilizia scolastica, al comma 1, prevede l'intervento della Cassa depositi e prestiti per la concessione agli enti territoriali competenti di mutui ventennali, con onere di ammortamento a totale carico dello Stato, comprensivo della capitalizzazione degli interessi di preammortamento, per interventi straordinari di edilizia scolastica;
gli impegni assunti a partire dal 1996 sono stati sostanzialmente mantenuti fino al 2001 con un investimento complessivo di oltre 1.500 milioni di euro, che ha consentito l'attuazione di circa 9.000 opere di edilizia scolastica;
il finanziamento è concepito nell'ottica di supporto dello Stato agli enti locali competenti per materia, che, nel 2004, avranno l'obbligo dell'adeguamento e messa a norma degli edifici adibiti all'uso scolastico, pena sanzioni penali, come stabilito dalla legge n. 626 del 19 settembre 1994;
la legge finanziaria per il 2002 non prevede il rifinanziamento della suddetta norma per il 2003, ma solo a partire dal 2004, non permettendo, dunque, l'avvio del terzo piano triennale di programmazione regionale per l'edilizia scolastica, che dovrebbe partire nel 2002;
la decisione condizionerà l'azione di rinnovamento avviata con la riforma del sistema scolastico e farà ricadere sugli enti locali tutti i gravosi oneri imposti dalla normativa per la sicurezza degli edifici fissati dalla legge n. 265 del 3 agosto 1999, che ha concentrato al 31 dicembre 2004 la scadenza per il completamento dei piani relativi all'adeguamento degli impianti esistenti (elettrici, messa a terra, riscaldamento, antincendi, idraulici, sanitari e fognari, telefonici, eccetera) e l'adozione di svariate altre misure di sicurezza;
la situazione è particolarmente grave anche in considerazione del fatto che, per il 2002, gli enti locali non avranno a disposizione risorse proprie da investire, perché dovranno rispettare vincoli di bilancio e di spesa, in presenza di drastici tagli ai trasferimenti dello Stato, come stabilito dall'ultima legge finanziaria;
le varie associazioni sindacali hanno già posto in evidenza per tempo che il problema dell'edilizia scolastica, nonostante l'intervento dello Stato, non sia stato in realtà ancora risolto, risultando una delle emergenze di questo Paese;
il degrado colpisce in maniera particolare le scuole medie superiori e i dati ufficiali, relativi al 2001, denunciano un degrado edilizio allarmante. Gli impianti esistenti risultano tutti scadenti a partire dai tetti (68,62 per cento), dagli impianti elettrici (75,96 per cento), passando per gli impianti fognari (47,72 per cento), gli impianti di riscaldamento (59,34 per cento) e arrivando agli impianti idrici (55,72 per cento) ed ai pavimenti (53,25 per cento) -:
se non ritenga che l'edilizia scolastica debba trovare ampio spazio nel rilancio delle opere pubbliche deciso dal Governo;
quali siano stati gli ostacoli che hanno impedito il rifinanziamento della suddetta norma;
se intenda rifinanziare i piani triennali della legge 23 del 1996, quantomeno per il triennio 2002-2004.
(2-00297) «Colasio, Lusetti, Boccia».
(11 aprile 2002).

D)

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere - premesso che:
in risposta all'interrogazione presentata dal gruppo consiliare Lega Nord, relativamente all'attività della «scuola araba» aperta presso la moschea di via Massarotti, nel comune di Cremona, l'assessore alle politiche educative del comune di Cremona ha dato delle delucidazioni poco chiare, contraddittorie ed ha interpretato il secondo comma dell'articolo 111 del decreto legislativo 297 del 1994, «Testo unico sull'istruzione», in modo errato;
l'assessore ha sostenuto, in una prima analisi, che la scuola opera come non riconosciuta dallo Stato italiano e in quanto tale essa non ha richiesto né ottenuto autorizzazioni; smentendosi, successivamente, ha dichiarato che la scuola ha iniziato un percorso finalizzato ad ottenere la parità scolastica secondo la legge italiana;
in giustificazione del fatto che la scuola non è attualmente riconosciuta e, quindi, che la frequenza ad essa non costituisce adempimento dell'obbligo scolastico previsto dalla legge italiana, l'assessore del comune di Cremona ha fatto esplicito riferimento al disposto dell'articolo 111 del decreto legislativo 297 del 1994, sostenendo possibile legalmente la soluzione di ovviare all'obbligo scolastico, laddove vi sia una dichiarazione di assunzione autonoma della responsabilità di provvedere all'istruzione dei propri figli da parte dei genitori;
il secondo comma dell'articolo 111 del decreto legislativo 297 del 1994 stabilisce: «I genitori dell'obbligato o chi ne fa le veci che intendono provvedere direttamente all'istruzione dell'obbligo devono dimostrare di averne la capacità tecnica od economica e darne comunicazione anno per anno alla competente autorità»;
la ratio di questo articolo è ovvia e di facile interpretazione, ossia si lascia la possibilità di decidere che i genitori assumano con responsabilità il compito di istruire i propri figli, avendo però l'obbligo di attenersi, in linea di massima, ai principi educativi e culturali stabiliti dai programmi del ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca a livello nazionale;
inoltre, sempre l'articolo 111 prevede che anno per anno deve esserne data comunicazione alle autorità competenti: va sottolineato che l'assessore comunale non ha fatto nessun accenno all'adempimento di questa scadenza da parte dei genitori dei bambini che frequentano la scuola islamica;
le «madrase» sono note come centri di formazione e di indottrinamento religioso;
i bambini che frequentano la scuola di via Massarotti non ricevono altro insegnamento se non quello impartito dagli insegnanti scelti dai responsabili della moschea;
i bambini vengono in questo modo esclusi dai programmi educativi e culturali stabiliti dal ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e, quindi, dalle attività scolastiche dei loro coetanei di nazionalità italiana;
una politica non attenta ha contribuito al brulicare del fondamentalismo religioso islamico;
il rispetto delle diverse culture è un dovere e una fonte di crescita e di sviluppo per il nostro Paese, in un ottica, però, di salvaguardia della nostra identità nazionale -:
se il Ministro interpellato sia a conoscenza dei fatti esposti e quali provvedimenti di propria competenza intenda adottare.
(2-00313) «Cè, Gibelli».
(23 aprile 2002).

E)

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere - premesso che:
secondo un impegno ripetutamente sancito in sede di Unione europea nell'ambito di numerose risoluzioni, oltre che nel piano d'azione sulla società dell'informazione, gli Stati membri sono vincolati ad attivare tempestivamente adeguate politiche di sviluppo della web economy, con particolare riguardo per le applicazioni delle metodologie di e-learning alla formazione di grado superiore (a questo settore, infatti, viene attribuito in gran parte il compito di accrescere la competitività del sistema economico europeo a livello internazionale);
in tale quadro, proseguendo in un percorso già iniziato da parecchi lustri, i principali Paesi dell'Unione europea hanno implementato la costituzione di università aperte a distanza (open university), dedicate esclusivamente all'erogazione di corsi di laurea supportati dalla telematica e dalla multimedialità, mentre in Italia si registra un notevole ritardo in un settore di tale rilevanza sul piano economico e culturale;
a fronte di proposte già presentate ufficialmente che vanno esattamente in questa direzione, il ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha risposto con un decreto ministeriale in data 8 maggio 2001 (programmazione del sistema universitario), che rinvia l'istituzione di nuove università al prossimo triennio 2004-2006, indicando in tal modo tempi inaccettabili, se si pensa alla velocità delle dinamiche di sviluppo della new economy;
il decreto del Presidente della Repubblica 27 gennaio 1998, n. 25 (che prevede solo fattispecie di università tradizionali di tipo territoriale), di fatto preclude ogni possibilità di dare vita a moderni atenei di tipo telematico. Tale normativa andrebbe dunque integrata con una regolamentazione specifica in grado di prevedere l'istituzione di università aperte a distanza -:
quali iniziative intenda adottare per sanare al più presto questa situazione che relega l'Italia agli ultimi posti rispetto agli altri Paesi membri dell'Unione europea e per garantire l'armonizzazione delle politiche nazionali con quelle comunitarie nel settore della formazione superiore e dell'educazione continua.
(2-00326) «Volontè, Ranieli».
(14 maggio 2002)

F)

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere - premesso che:
il Governo ha espresso l'intenzione di privatizzare i settori dell'università e della ricerca;
in una lettera pubblicata sul quotidiano Il Corriere della sera del 1o marzo 2002, i Ministri Moratti e Tremonti dichiaravano esplicitamente l'intento di voler procedere alla trasformazione delle università e degli enti di ricerca in fondazioni di diritto privato (articolo 28, legge finanziaria per il 2002);
a partire dalla scuola e dalla formazione, sono ormai evidenti i segnali di una volontà di completa destrutturazione del sistema pubblico di formazione e ricerca;
la riduzione dei finanziamenti, il rifiuto del sapere inteso come pensiero critico, il privilegiare formazione e ricerca suggerite direttamente dal mondo della produzione sono tutti elementi pericolosi che possono mettere in discussione l'autonomia e la libertà della ricerca scientifica;
di fatto questo passaggio costituisce un grave attacco alle istituzioni universitarie - il più grave dal dopoguerra ad oggi - lesivo dei principi costituzionali di autonomia delle istituzioni di alta cultura, di libertà di insegnamento e di ricerca, di diritto allo studio;
sorge il dubbio che il vero obiettivo perseguito dal Governo, attraverso politiche di riduzione delle risorse e del personale - e di conseguenza anche dell'offerta formativa e delle competenze - sia quello di dequalificare il servizio pubblico a vantaggio di pochi centri privati, subordinando la creatività culturale e scientifica a logiche di contabilità aziendale;
di fatto si trasferirà sulle famiglie l'onere di pagare il prezzo della formazione superiore universitaria, e anche a caro prezzo -:
quali siano le intenzioni del Governo e quali iniziative intenda assumere in riferimento alla trasformazione delle università in fondazioni;
quali saranno le ripercussioni sullo stato giuridico e sul trattamento di lavoro del personale tecnico-amministrativo e docente;
se non ritenga che il rispetto dei principi costituzionali di libertà di ricerca e di insegnamento e di diritto allo studio, la garanzia e il rafforzamento della qualità dell'insegnamento e della ricerca possano essere garantiti soltanto da un'università pubblica, che tuteli gli studenti e i lavoratori e i loro diritti.
(2-00328)
«Titti De Simone, Tocci, Giordano».
(14 maggio 2002)

G)

I sottoscritti chiedono di interpellare i Ministri dell'interno, della salute, del lavoro e delle politiche sociali e dell'economia e delle finanze, per sapere - premesso che:
l'articolo 97, comma 2, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (legge finanziaria per il 2001), ha espressamente esonerato i cittadini affetti dalla sindrome di down, i soggetti portatori di gravi menomazioni fisiche permanenti, nonché i soggetti disabili mentali gravi dalla ripetizione annuale delle visite mediche finalizzate all'accertamento della disabilità;
nonostante l'entrata in vigore della citata legge, alcune commissioni mediche di verifica periferiche per le pensioni di guerra e di invalidità civile del Veneto nel corso dell'anno 2001 ed anche nel corrente anno 2002 hanno ugualmente proceduto ad effettuare nei confronti di molti disabili mentali gravi le visite mediche di verifica dei requisiti prescritti per usufruire delle provvidenze legate all'invalidità;
a fronte di questa arbitraria disapplicazione della legge, sono stati investiti i difensori civici di diverse città e province del Veneto, i quali hanno posto il quesito al Ministro dell'economia e delle finanze;
la direzione generale del ministero dell'economia e delle finanze ha fornito una risposta, che sottolinea una distinzione tra visite mediche finalizzate all'accertamento della disabilità e controlli nei confronti dei beneficiari di sussidi economici effettuati previo sorteggio tra i nominati presenti nella banca dati e, quindi, non riconosce alcuna connessione tra l'attività di verifica svolta e l'articolo 97, comma 2, della legge 388 del 2000;
corrisponde al vero che a tutt'oggi non vi sono norme indicanti l'obbligo da parte degli invalidi civili di sottoporsi a visite annuali di revisione, ma solamente a verifiche disposte secondo un programma annuale del ministero stesso, ma è altrettanto vero che lo scopo di detti controlli è quello di accertare la permanenza del possesso dei requisiti sanitari prescritti per usufruire dei trattamenti economici di invalidità civile;
il principio affermato all'articolo 97, comma 2, della legge 388 del 2000 è quello, costituzionalmente garantito, del rispetto della persona e della dignità umana anche dei disabili, laddove, purtroppo, la loro condizione di gravità oltre ad essere drammaticamente irreversibile, il più delle volte è destinata anche a peggiorare. Ed è proprio quell'odiosa e faticosa ripetizione delle visite mediche finalizzate all'accertamento della permanenza nella condizione di disabilità che la legge finanziaria per il 2001 con l'articolo 97, comma 2, aveva voluto eliminare -:
quali siano le iniziative che il Governo intenda assumere ai fini della corretta e coerente applicazione di quanto il legislatore ha stabilito con l'articolo 97, comma 2, della legge 388 del 2000.
(2-00305)
«Frigato, Annunziata, Bimbi, Bindi, Boccia, Bottino, Bressa, Burtone, Carra, Colasio, Delbono, Duilio, Fistarol, Fusillo, Giachetti, Grotto, Iannuzzi, Ladu, Santino Adamo Loddo, Lusetti, Marcora, Meduri, Merlo, Molinari, Monaco, Morgando, Mosella, Pasetto, Potenza, Realacci, Reduzzi, Rocchi, Ruggeri, Soro, Stradiotto, Tuccillo».
(17 aprile 2002).

H)

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere - premesso che:
la holding «Sviluppo Italia», società controllata dal ministero dell'economia e delle finanze, ha deciso di sospendere «fino a data da destinarsi» i corsi di formazione finalizzati alla concessione dei cosiddetti prestiti d'onore del valore di 26 mila euro, di cui il 60 per cento a fondo perduto;
la formula del prestito d'onore è stata introdotta nel 1998, con i Governi di centrosinistra, e ha dato significativi risultati nel corso di questi anni in termini di nuovi posti di lavoro per giovani, soprattutto del Mezzogiorno;
dal 1998 ad oggi, infatti, sono stati creati nel Mezzogiorno oltre 33 mila posti di lavoro grazie allo strumento del prestito d'onore;
il prestito d'onore prevede un finanziamento a fondo perduto fino ad un massimo di 16 mila euro ed un prestito agevolato fino ad un massimo di 11 mila euro da restituire in 5 anni;
i prestiti vengono concessi ai giovani disoccupati ed aspiranti imprenditori, che hanno presentato idee di iniziativa economica ritenute degne di fiducia per serietà e prospettive di successo;
sulla base di indiscrezioni apparse sugli organi di informazione, il nuovo management di «Sviluppo Italia», che proprio in questi giorni aveva predisposto l'avvio delle lezioni propedeutiche al rilascio del prestito per diecimila persone, la quasi totalità del sud, ha deciso di sospendere i corsi per verificare se vi siano risorse economiche adeguate per il prosieguo dell'esperienza;
cronache di stampa riportano allusioni fatte dalla nuova dirigenza verso chi li ha preceduti sulla disponibilità delle risorse per rispondere alle domande pervenute;
l'ultima legge finanziaria ha proceduto ad un rifinanziamento dell'esperienza del prestito d'onore, in considerazione della sua efficacia come strumento di politica attiva del lavoro -:
in base a quali motivazioni si sia proceduto alla sospensione dei corsi finalizzati alla concessione del prestito e quali iniziative intenda promuovere celermente affinché venga fatta chiarezza, al fine di non paralizzare l'attività legata a questo strumento che ha consentito la creazione di migliaia di posti di lavoro.
(2-00327)
«Loiero, Molinari, Boccia, Ladu, Iannuzzi, Morgando, Letta, Meduri, Lettieri, Squeglia, Annunziata».
(14 maggio 2002)

I)

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro degli affari esteri, per sapere - premesso che:
la drammatica situazione di conflitto tra lo Stato d'Israele e l'Autorità nazionale palestinese, venutasi a creare a seguito dei numerosi attentati terroristici suicidi e dell'occupazione, da parte delle truppe israeliane, dei territori amministrati dall' Autorità nazionale palestinese, sta comportando gravissime perdite tra la popolazione civile inerme ed estese quanto inaccettabili violazioni dei diritti umani;
il perdurare della crisi sta mettendo in serie difficoltà proprio i Governi più moderati dei Paesi mediorientali, col conseguente rischio di un allargamento del conflitto alle aree confinanti e di preoccupanti ripercussioni sulla stabilità internazionale e sulla tenuta dell'economia mondiale;
l'occupazione militare dei territori amministrati dall'Autorità nazionale palestinese disposta dal Governo israeliano non può considerarsi fatto interno di quello Stato, ma si configura come l'invasione di un territorio autonomo governato da un'istituzione riconosciuta internazionalmente;
anche per questo motivo recenti risoluzioni delle Nazioni Unite e numerose prese di posizione dell'intera comunità internazionale hanno chiesto l'immediato ritiro delle truppe israeliane e l'inefficacia di tali richiami esige una concreta reazione, pena la credibilità stessa delle istituzioni internazionali e l'accusa di utilizzare due pesi e due misure;
per porre fine alla situazione di conflitto, creando le condizioni per il dispiegarsi di una pace giusta e duratura, che garantisca al contempo al popolo palestinese il diritto all'autodeterminazione ed allo Stato d'Israele la sicurezza dei propri confini e l'incolumità della propria popolazione civile, è indispensabile riportare al più presto i contendenti al tavolo del confronto politico, e a questo scopo è anzitutto necessario disporre un immediato cessate il fuoco ed un completo ritiro delle truppe israeliane dai territori amministrati dall' Autorità nazionale palestinese;
le numerose e reiterate raccomandazioni giunte in tal senso al Governo israeliano da parte dell'Unione europea, del Governo degli Stati Uniti ed anche della Santa Sede non sono valse, sino ad oggi, a sortire alcun significativo effetto nelle decisioni dell'Esecutivo israeliano e la recrudescenza dell'intervento armato israeliano, coinvolgendo anche la popolazione civile palestinese, sta anzi rischiando di alimentare il consenso verso le frange terroriste;
ai rappresentanti dell'Unione europea, impegnati nel tentativo di ricercare uno spiraglio per la riapertura del dialogo, il Governo israeliano ha addirittura impedito con la forza di incontrare il Presidente dell' Autorità nazionale palestinese, legittimo rappresentante dei cittadini palestinesi, e tale atto d'interdizione si configura come una grave violazione del diritto internazionale;
è interesse strategico dell'Unione europea rappresentarsi alla comunità internazionale come entità che persegue la pace ed il rispetto dei diritti umani e proprio i buoni rapporti che l'Unione europea può vantare sia coi Paesi arabi sia con Israele, sia con gli Stati Uniti sia con la Russia, affidano ad essa, più che ad altri, la responsabilità di proporsi come mediatrice attiva tra le parti in lotta;
il fallimento sin qui riscontrato delle pressioni politiche rivolte al Governo israeliano rende necessario attivare strumenti più persuasivi, capaci di indurre quel Governo ad ordinare un immediato e completo ritiro dai territori che, secondo gli accordi internazionali, sono assegnati all'amministrazione autonoma dell' Autorità nazionale palestinese, creando così le condizioni minime necessarie per un totale cessate il fuoco e per la ripresa del dialogo;
il 1o giugno 2000 è entrato in vigore, quale parte della politica di collaborazione euro-mediterranea, l'accordo di cooperazione euro-israeliano (EU-Israel association agreement), finalizzato a promuovere una maggiore integrazione economica tra gli Stati membri dell'Unione europea e lo Stato d'Israele, in una cornice di accresciute relazioni politiche fondate sui principi fissati nella Carta delle Nazioni Unite;
in particolare, l'articolo 2 del EU-Israel association agreement recita testualmente che «Le relazioni tra le parti, al pari delle previsioni dello stesso accordo, dovranno essere basate sul rispetto dei diritti umani e dei principi democratici, che guida la loro politica interna ed internazionale e costituisce un essenziale elemento di questo accordo»;
la sospensione temporanea di tale accordo di cooperazione può costituire una misura adeguatamente persuasiva nei confronti di Israele per ottenere quanto le semplici raccomandazioni non sono riuscite a sortire;
in ogni caso, anche a seguito del completo ritiro delle truppe israeliane dai territori amministrati dall'Autorità nazionale palestinese, sarà comunque necessario, per garantire il reale rispetto del cessate il fuoco e per creare le condizioni per un sincero dialogo tra le parti, un proseguimento dell'impegno della comunità internazionale, attraverso l'invio di una consistente missione civile di osservatori nei territori palestinesi;
gli osservatori internazionali dovranno vigilare sul rispetto del cessate il fuoco, sul rispetto dei confini e sul rispetto dei diritti umani da ambo le parti, nonché sull'attività delle istituzioni dell' Autorità nazionale palestinese, anche in relazione alla lotta al terrorismo -:
se non ritenga necessario avanzare presso le istituzioni dell'Unione europea la proposta di sospendere temporaneamente l'EU-Israel association agreement, sino a quando le forze armate israeliane non avranno effettuato un completo ed incondizionato ritiro dai territori sottoposti all' Autorità nazionale palestinese;
se non ritenga opportuno farsi promotore in sede internazionale della proposta di inviare nei territori palestinesi, non appena sarà raggiunto il cessate il fuoco, una consistente missione civile di osservatori internazionali, al fine di garantire le condizioni per il dialogo tra le parti.
(2-00307)
«Kessler, Angioni, Battaglia, Bielli, Bonito, Buemi, Carboni, Crisci, Crucianelli, Dameri, Titti De Simone, Deiana, Detomas, Fumagalli, Gambini, Giacco, Grignaffini, Leoni, Lolli, Mantini, Mantovani, Paola Mariani, Motta, Nannicini, Nieddu, Panattoni, Pennacchi, Pinotti, Pistone, Quartiani, Rognoni, Ruggieri, Vianello, Marcora».
(19 aprile 2002).

L)

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri e il Ministro degli affari esteri, per sapere - premesso che:
il 16 dicembre 2001 si sono svolte in Madagascar le elezioni presidenziali che hanno visto contrapporsi principalmente due candidati: il Presidente uscente Didier Ratsiraka, al potere da 25 anni, ed il sindaco di Antananarivo, Marc Ravalomanana;
il 25 gennaio 2001 l'Alta Corte Costituzionale del Madagascar ha reso noto il risultato delle votazioni, attribuendo a Marc Ravolomanana il 46,44 per cento dei voti e all'uscente Presidente Ratsiraka il 40,61 per cento dei suffragi, mentre gli altri quattro candidati hanno ottenuto un risultato modesto: l'Alta Corte Costituzionale ha, pertanto, disposto lo svolgimento di un secondo turno elettorale;
la decisione non è stata accettata da Marc Ravalomanana e dai suoi numerosi sostenitori, che hanno contestato con forza i risultati elettorali, sui quali peserebbero forti sospetti di brogli;
prima delle elezioni il Governo del Presidente Ratsiraka non ha autorizzato la presenza di osservatori stranieri che vigilassero sulle operazioni di voto e dopo l'Alta Corte Costituzionale, i cui membri sono stati tutti nominati dal Presidente uscente, ha respinto ogni richiesta di confronto dei risultati ottenuti dai diversi candidati in ciascun seggio;
dopo settimane di fortissima tensione e violenti scontri che hanno provocato numerosi morti e feriti e di fatto la divisione in due del Paese, con la decisione del 22 febbraio di Ravalomanana di autoproclamarsi presidente del Madagascar, i due principali contendenti hanno raggiunto il 18 aprile a Dakar, in Senegal, un accordo che prevede nuove elezioni entro sei mesi, sotto la garanzia di osservatori delle Nazioni Unite, dell'Unione europea e dell'Organizzazione dell'unità africana;
l'ondata di violenze ed intimidazioni che ha sconvolto il Paese ha colpito anche la Chiesa cattolica, forte di 3 milioni e mezzo di fedeli su una popolazione di 16 milioni di abitanti, ritenuta colpevole di essere troppo vicina al Kmmr (Comitato pro Ravalomanana);
secondo quanto riferito dall'agenzia giornalistica Misna (Missionary service news agency), ci sono stati diversi attacchi contro missionari nell'estremo sud del Madagascar, in modo particolare contro le opere ecclesiali gestite dalle suore nazarene della passione;
«al momento non sembra esistere pericolo per l'incolumità fisica dei nostri connazionali (circa un migliaio)», secondo quanto riferito in Commissione affari esteri della Camera dei deputati, il 13 marzo 2002, dal Sottosegretario Cosimo Ventucci -:
in quale modo l'azione politica e diplomatica del nostro Paese si qualificherà, nell'ambito dell'Unione europea e delle organizzazioni internazionali, in modo di assicurare pace e stabilità in questo Paese e nell'intera regione, anche in considerazione dei rapporti che l'Italia ha con il Madagascar;
se non si ritenga opportuno, nell'ambito delle decisioni che saranno prese nelle diverse sedi internazionali, prevedere la disponibilità dell'Italia a collaborare fattivamente anche con l'invio di propri osservatori, ciò in considerazione del numero di missionari e volontari italiani presenti in Madagascar;
se non si ritenga necessario prevedere l'invio di aiuti alimentari e medicinali, in considerazione della crisi verificatesi nel rifornimento di questi generi nel Paese a seguito dei disordini delle ultime settimane, che avrebbero causato, secondo diverse organizzazioni non governative, migliaia di morti, soprattutto bambini.
(2-00309)
«Castagnetti, Monaco, Boccia, Delbono, Colasio, Carra, Carbonella, Bimbi».
(23 aprile 2002).

M)

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere - premesso che:
l'applicazione della legge n. 328 dell'8 novembre 2000, «legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali», richiede precisi adempimenti da parte del Governo e del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con procedure e scadenze predeterminate;
a tutt'oggi, nonostante le ripetute dichiarazioni del Ministro Maroni di volere applicare la legge quadro di riforma dei servizi sociali, nessun provvedimento tra quelli previsti è stato emanato -:
quali provvedimenti il Ministro interpellato intenda adottare, in particolare a riguardo degli articoli di seguito elencati, nella consapevolezza che si tratti di adempimenti urgenti, fondamentali e indispensabili per consentire il pieno dispiegamento dei poteri delle regioni e delle autonomie locali nella programmazione e nelle realizzazione di un compiuto e qualificato sistema di interventi e servizi sociali e per garantire in tutto il Paese livelli essenziali e omogenei di interventi e prestazioni sociali:
a) articolo 12 «Figure professionali sociali»;
b) articolo 13 «Carta dei servizi sociali»;
c) articolo 24 «Delega al Governo per il riordino degli emolumenti derivanti da invalidità civile, cecità e sordomutismo»;
con quali atti, con quali strumenti e con quali iniziative intenda garantire i cittadini italiani riguardo all'applicazione in tutto il Paese dei «livelli essenziali delle prestazioni sociali», previsti dall'articolo 22 della legge n. 328 del 2000, definiti dal piano sociale nazionale, tenuto conto della loro rilevanza costituzionale, dopo l'approvazione della legge di «Modifica del Titolo V della seconda parte della Costituzione»;
quali regioni e province autonome abbiano provveduto ad approvare la legge regionale per l'organizzazione dei servizi sociali e il piano sociale regionale, con riferimento alle norme e agli indirizzi contenuti nella legge quadro n. 328 del 2000, e nel Piano nazionale;
quali provvedimenti intenda adottare affinché il ministero sia in grado di svolgere le funzioni di «indirizzo, di coordinamento e di regolazione delle politiche sociali», di cui all'articolo 9 della legge quadro n. 328 del 2000;
quali impegni il Governo intenda assumere per garantire nel prossimo triennio al Fondo sociale nazionale un incremento di risorse finanziarie che consenta di applicare le leggi approvate dal Parlamento;
quali azioni di supporto e di cooperazione intenda promuovere con le regioni, i comuni e le aziende sanitarie per la realizzazione della piena integrazione delle persone disabili e, in particolare, per l'attivazione dei progetti individuali di cui all'articolo 14 della legge n. 328 del 2000, anche in relazione alla decisione adottata dal Ministro della salute Sirchia sui livelli essenziali d'assistenza, con la quale si cancellano le cure per la riabilitazione previste invece nell'Aic sull'integrazione socio sanitaria, visto che le cure di riabilitazione sono decisive sia per l'attuazione del progetto personalizzato che per il sostegno domiciliare;
quali interventi conoscitivi siano stati realizzati per verificare che le somme stanziate per «il sostegno domiciliare per le persone anziane non autosufficienti» siano state impiegate dalle regioni per la priorità indicata all'articolo 15, comma 3, e, in particolare, per il «potenziamento delle attività di assistenza domiciliare integrata» e quale seguito intenda dare alla politica di aiuto alle persone non autosufficienti già iniziata con il Piano sociale nazionale 2001-2003;
quali siano i programmi attuati o le iniziative in atto per la rilevazione delle esperienze riferite al reddito minimo d'inserimento, di cui all'articolo 23 della legge n. 328 del 2000, ed entro quando intenda trasmettere al Parlamento la relazione sulla valutazione della sperimentazione dell'applicazione dello stesso istituto del reddito minimo d'inserimento;
quali risultati abbiano prodotto gli interventi, di cui all'articolo 28 della legge n. 328 del 2000, «per le situazioni di povertà estrema e senza fissa dimora» e quali indirizzi di politica sociale intenda seguire per debellare, in collaborazione con regioni e autonomie locali, la pesante situazione di povertà e di abbandono che riguarda aree non ristrette della società italiana;
quali siano le intese e gli accordi stabiliti dal Ministro interpellato con le regioni e le autonomie locali per l'applicazione della legge n. 328 del 2000, e se sussistano situazioni di grave ritardo nell'utilizzazione delle risorse assegnate, tali che motivino anche il ricorso ai poteri sostitutivi, di cui all'articolo 15, comma 4, e all'articolo 20, comma 11, della citata legge;
entro quanto tempo intenda soddisfare l'obbligo della presentazione al Parlamento della relazione annuale, di cui all'articolo 18, comma 5, della citata legge-quadro sui risultati conseguiti rispetto agli obiettivi fissati dal piano nazionale, con particolare riferimento ai costi e all'efficacia degli interventi con la predisposizione delle indicazioni per l'ulteriore programmazione;
se il sistema informativo dei servizi sociali (Sis), di cui all'articolo 21 della legge n. 328 del 2000, e la relativa commissione che ha il compito di formulare proposte sui contenuti, il modello e gli strumenti attraverso i quali dare attuazione ai diversi livelli operativi (Stato, regioni, province, comuni) al sistema stesso, siano una delle priorità indicate dal piano sociale nazionale, visto che nella stesura dei piani regionali e di zona è, infatti, evidenziata l'assoluta frammentarietà e la non tempestività delle informazioni per una compiuta conoscenza del bisogni sociali necessari per la programmazione, la gestione e la valutazione delle politiche sociali, per la promozione e l'attivazione dei progetti europei, per il coordinamento con le strutture sanitarie, formative, con le politiche del lavoro.
(2-00318) «Violante, Turco, Battaglia».
(6 maggio 2002)