A) Interpellanza:
B)
C)
D)
E)
F)
G)
VIII Commissione permanente (Ambiente):
in data 1o luglio 2000, con decorrenza 1o gennaio 2000, la Banca Mediterranea è stata incorporata dalla Banca di Roma, dando vita ad un nuovo soggetto bancario autonomo denominato Nuova Banca Mediterranea Spa con capitale sociale totalitario della Banca di Roma;
l'intero progetto, illustrato in diverse occasioni presso la regione Basilicata da parte dei massimi vertici della Banca di Roma, veniva giudicato positivamente anche in considerazione delle interessenze di carattere economico legate ai servizi di tesoreria e del fatto che il progetto consolidava una significativa quota di mercato, nonché la valorizzazione del marchio e non ultimo la salvaguardia dei livelli occupazionali sul territorio;
purtroppo, a distanza di pochi mesi, la Banca di Roma, disattendendo tutte le promesse e gli impegni, ha posto in vendita, mediante un'asta competitiva, l'istituto di credito lucano, definito sino a poco tempo prima quale «strategico» per il gruppo Banca di Roma;
in data 2 agosto 2001, la Banca popolare di Bari ha offerto cinquecentocinquanta miliardi di lire per l'acquisizione dell'intero pacchetto di maggioranza della Nuova Banca Mediterranea dal gruppo Banca di Roma;
la Banca popolare di Bari ha battuto, sulla base di non meglio specificate condizioni contrattuali accessorie, la concorrenza di altri due istituti di credito interessati all'acquisto della Banca Mediterranea, quali la Banca popolare di Bergamo e il Credito valtellinese;
in data 4 ottobre 2001, il presidente della Banca popolare di Bari, in una conferenza stampa, ha annunciato la cessione di una trentina di sportelli della Mediterranea a Veneto banca che, con un esborso di centotrentasette miliardi di lire, acquisterà il venticinque per cento della mediterranea per poi uscirne con l'acquisizione degli sportelli;
è stato anche annunciato che nell'assemblea dei soci prevista il 15 ottobre 2001, la Banca popolare di Bari avrebbe varato un aumento di capitale di centonove miliardi di lire;
nella nuova Banca Mediterranea un quindici per cento è destinato alla Cattolica assicurazioni e, dopo l'uscita di Veneto banca, la ridefinizione del pacchetto azionario della Mediterranea sarà costituito da un ottanta per cento dalla Banca popolare di Bari e dal venti per cento della Cattolica;
la Banca di Roma, nonostante quanto sia avvenuto e nonostante la Mediterranea sia ancora una sua controllata, a tutt'oggi ancora non ha provveduto ad informare le organizzazioni sindacali di categoria nel merito della procedura di cessione dell'istituto di credito;
da quando la Banca Mediterranea è una controllata della Banca di Roma, quest'ultima non ha mai provveduto ad una valorizzazione del marchio e della autonomia dell'istituto di credito che aveva sede in Basilicata tanto da ritardarne persino l'inserimento nel piano industriale;
a giudizio degli interpellanti è evidente che il ruolo assunto dalla Banca di Roma sin dal 1994 si è rivelato un impegno assai fittizio per l'economia delle regioni interessate e per i «soci piccoli risparmiatori» e che di fatto ha evidenziato un depauperamento della realtà regionale lucana;
ancora una volta la politica del credito nel Mezzogiorno segna una sconfitta con buona pace di chi auspicava un polo bancario autenticamente meridionale;
tale situazione sta alimentando dubbi e preoccupazioni tra i lavoratori della Banca Mediterranea che è presente nel Mezzogiorno con settantotto sportelli, settecentonovanta dipendenti, per un valore di tremiladuecento miliardi di raccolta diretta e milleseicento miliardi di impieghi;
una particolare attenzione va riservata nei confronti della struttura della Banca di Roma denominata centro servizi di Potenza nata all'indomani della operazione di fusione-scorporo presso cui prestano servizio oltre cento addetti per attività in gran parte direttamente connesse al funzionamento della controllata Banca Mediterranea;
per tali lavoratori occorre un progetto di salvaguardia ben definito, unitamente a quelli della controllata Star service, il cui caso è all'attenzione del competente magistrato del lavoro, e della società esattoriale Sem;
le organizzazioni sindacali di categoria hanno formulato più volte la richiesta di un confronto con la Banca di Roma e i probabili nuovi acquirenti senza avere risposte;
il credito rappresenta una variabile imprescindibile per lo sviluppo economico e l'incertezza sul futuro è l'unica cosa di cui i risparmiatori e il mondo imprenditoriale non hanno bisogno -:
quali iniziative il Governo intenda adottare, nell'ambito delle proprie competenze, in relazione alla vicenda della Banca Mediterranea, finalizzate alla salvaguardia dei livelli occupazionali e della capacità operativa, in considerazione della rilevanza economica e sociale che essa riveste in Basilicata e nel Mezzogiorno.
(2-00095)
«Molinari, Adduce, Boccia, Lettieri, Luongo, Potenza».
(11 ottobre 2001)
circolano voci insistenti sulla possibile cessione da parte della Banca di Roma della controllata Banca Mediterranea in relazione ad una serie di dinamiche finanziarie che si stanno determinando in questi giorni;
periodicamente, dalle cronache finanziarie, la Banca Mediterranea risulta oggetto di attenzione in relazione ad operazioni di rilevante interesse economico, come nel caso della scalata Fiat alla Montedison;
la Banca Mediterranea, con sede a Potenza, ha circa ottanta sportelli e dopo anni difficili, nel secondo semestre del 2000, è tornata all'utile;
questo istituto di credito rappresenta, per il Mezzogiorno, una realtà significativa ed importante che opera in tre regioni Basilicata,Puglia e Campania;
l'interessamento, da parte di un istituto di credito del nord, non può, pur nell'autonomia delle parti, non interessare il Governo soprattutto in relazione al ruolo che la politica del credito riveste per lo sviluppo economico e produttivo della Basilicata e dell'intero Mezzogiorno;
il rincorrersi di notizie sta determinando tra i lavoratori una crescente incertezza in assenza di dinamiche precise sul futuro dell'istituto di credito, con possibili conseguenze negative anche tra quanti apprezzano l'operato della banca mediterranea, come operatori economici imprenditori e clienti -:
se sia al corrente di quanto sta avvenendo in relazione al futuro della Banca Mediterranea che all'interrogante appare estremamente penalizzante per i lavoratori e per gli operatori economici e quali iniziative di propria competenza intenda adottare per evitare che nella politica del credito si acuisca il divario fra le aree economicamente forti del Paese e il sud. (3-00072)
(10 luglio 2001)
l'Istituto Tagliacarne, a seguito di elaborazione dei dati della Banca d'Italia relativi all'anno 2000, ha offerto un quadro significativo delle difficoltà che incontrano i giovani imprenditori rispetto al mondo del credito bancario;
il vecchio pregiudizio secondo cui nel sud mancherebbe la cultura dell'impresa viene smascherato attraverso i dati offerti dal predetto istituto, che confermano come un'azienda che voglia nascere ed operare in Calabria paga un costo del denaro che sfiora il 10,5 per cento, mentre la stessa impresa che voglia nascere ed operare in Lombardia affronta un costo finanziario del 5,6 per cento;
le banche, d'altra parte, evidenziano che gli impieghi in Calabria registrano sofferenze pari al 23,3 per cento contro un rischio che, in Lombardia, si attesta al 3,2 per cento e che dunque è normale, in tale quadro, la lievitazione del costo del denaro;
si ha inoltre la sensazione che gli istituti di credito, nel Mezzogiorno, preferiscano la raccolta e la gestione del risparmio anziché gli impieghi;
è evidente che si genera un meccanismo perverso che, in buona sostanza, congela ogni possibilità di serio sviluppo delle attività produttive nelle aree più deboli del sud, e segnatamente in Calabria;
appare necessario un intervento equilibratore che consenta di offrire all'imprenditoria del Mezzogiorno pari opportunità rispetto all'imprenditoria delle aree già sviluppate del nord -:
quali iniziative il Governo intenda assumere al fine di garantire alle imprese del Mezzogiorno, e segnatamente della Calabria, pari opportunità, dal punto di vista degli oneri finanziari derivanti dalle risorse creditizie, rispetto alle imprese delle aree più sviluppate del nord del Paese. (3-00082)
(11 luglio 2001)
l'Istituto Tagliacarne, sulla base dei dati forniti dalla Banca d'Italia, ha promosso una ricerca resa nota da Il Sole 24 ore il 9 luglio 2001;
dalla ricerca emerge la conferma di una differenza enorme nei tassi di credito praticati dagli istituti di credito meridionali rispetto a quelli praticati nel nord del Paese;
risulta una differenza media di oltre 2 punti percentuali in quanto si passa dal 9,01 per cento praticato a Potenza, Matera, Avellino, Cosenza, Reggio Calabria al 6,61 medio praticato nelle aree economicamente forti di Milano, Torino, Lecco, Lodi, Parma, Prato;
la differenza maggiore tra sofferenze ed impieghi si registra al sud, dove le sofferenze raggiungono mediamente quasi il 20 per cento con il picco della Calabria che svetta al 23,3 per cento mentre nel nord-ovest addirittura è al 3,4 per cento;
la ricerca pone in evidenza come questa differenza trovi la ragione d'essere nella struttura imprenditoriale del Mezzogiorno, in quanto oggettivamente più debole e frammentata e con una maggiore incidenza del sommerso che poi si riflette nella trasparenza dei bilanci;
è paradossale che nel Mezzogiorno la raccolta supera gli impieghi e gli istituti di credito convogliano il denaro in quelle regioni del nord dove c'è maggiore redditività e minori rischi;
le imprese meridionali infatti lamentano che gli istituti di credito pongono la loro attenzione maggiormente alle garanzie che allo sviluppo del progetto imprenditoriale, con il rischio purtroppo di spingerli verso mercati alternativi;
l'assenza di concorrenza ha inoltre determinato che le banche esterne che si sono trovate ad operare nelle realtà meridionali, anziché elevare gli standard competitivi, si sono adattate agli standard dei sistemi locali -:
quali iniziative intenda adottare affinché si eviti che il sistema creditizio penalizzi il tessuto economico e produttivo del Mezzogiorno, soprattutto in relazione alle piccole e medie imprese, in quanto l'economia del Paese ha il bisogno di un sud maggiormente competitivo agendo innanzitutto sulla leva del credito.
(3-00164)
(1o agosto 2001)
la Consip Spa ha emanato un bando di gara in data 1o agosto 2001, ai sensi della procedura aperta ex decreto legislativo n. 157 del 1995, al fine di espletare un appalto che si prefigge di dotare una larga parte della pubblica amministrazione di un servizio integrato fisso-mobile-internet-messaggistica unificata;
ai fini di cui sopra, l'articolo 14 del suddetto bando di gara (in particolare le lettere a, b, e e d) prescrive, sostanzialmente, che l'impresa o il consorzio partecipante dispongano di autorizzazioni e licenza per tutti i servizi inclusi nell'oggetto dell'appalto;
in tal modo il bando riduce drasticamente il numero dei soggetti in grado di partecipare alla gara formulando una propria offerta: di fatto solo due operatori, Tim e Wind, hanno tutti i requisiti;
d'altra parte, benché esistano circa seicento operatori abilitati a fornire servizi di connettività su protocollo IP (dati ed accesso ad internet) e circa centocinquanta operatori titolari di licenza individuale per lo svolgimento di servizi di telefonia fissa, la richiesta di un'offerta integrata dei diversi servizi di connettività in protocollo IP, di telefonia fissa e di telefonia mobile, oltre che di messaggistica unificata (piuttosto che di ciascuno di tali servizi con disponibilità ad essere interoperabile con gli altri, come peraltro imposto dalla normativa in materia di telecomunicazioni), ha fatto sì che la gara fosse aperta alla partecipazione di massimo quattro operatori;
solo quattro sono gli operatori abilitati alla fornitura di servizi di telefonia mobile attualmente operativi; peraltro, di questi, solo Tim e Wind forniscono servizi di connettività IP, di telefonia fissa e telefonia mobile, mentre Omnitel-Vodafone e Blu sono solo operatori mobili;
volendo poi ipotizzare che questi ultimi possano «consorziarsi» con operatori fissi o internet service providers, il numero massimo di partecipanti alla gara è comunque di quattro soggetti;
l'obiettivo perseguito ad avviso dell'interrogante non imponeva necessariamente una simile limitazione del numero dei concorrenti e le sue disposizioni risultano quindi sproporzionate rispetto alle finalità di cui sopra;
ad avviso dell'interrogante si poteva ad esempio procedere a gare diverse per i tre diversi settori (fisso, mobile, servizi multimediali), ciascuno dei quali presenta un diverso grado di concorrenza sul mercato, e prevede, piuttosto, un'integrazione a livello operativo, così come la tecnologia attualmente già consente -:
se il Ministro interrogato non ritenga illegittimo il bando di gara Consip, di cui alle premesse, per violazione dell'obbligo di parità di trattamento (articolo 3 direttiva 92/50/CEE, come modificata da direttiva 97/52/CEE), nonché dei principi di non discriminazione e proporzionalità ai quali deve informarsi ogni atto della pubblica amministrazione;
se il Ministro interrogato non ravvisi l'intellegittimità del bando di gara Consip per violazione dei principi generali della libera concorrenza e della par condicio tra le imprese concorrenti;
se non si ravvisi anche una possibile violazione degli obblighi di pubblicità imposti dal decreto legislativo n. 157 del 1995, come modificato dal decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 65 (in attuazione della direttiva 92/50/CEE, modificata dalla direttiva 97/52/CEE), in materia di appalti di pubblici servizi;
se non sia il caso, nell'ambito dei poteri di vigilanza del Ministro interrogato, di invitare la Consip ad annullare il bando tenendo conto anche di diverse sentenze del tribunale amministrativo regionale e del Consiglio di Stato;
se non sia, in alternativa, il caso, evitando slittamenti di tempi, aggravio di costi ed una generale inefficienza del sistema, di sospendere il bando, modificandone i contenuti, al fine di favorire realmente la concorrenza ed il libero mercato.
(3-00288)
(9 ottobre 2001)
il Ministro dell'economia e delle finanze, attraverso la sua controllata Consip, ha indetto una gara per la fornitura di servizi di telefonia fissa, telefonia mobile, connettività IP e servizi accessori alla pubblica amministrazione;
l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, nell'ambito della sua attività consultiva, sosteneva, nel parere del 28 luglio 1999 (atto Senato 180), che telefonia fissa e mobile «sono due servizi distinti che appartengono a due mercati distinti, e chiariva che il frazionamento in lotti» ... «relativamente ai due servizi di telefonia fissa e mobile sembra idoneo a consentire la partecipazione alla gara anche di soggetti che non dispongano, cumulativamente, delle licenze per la fornitura di entrambi i servizi, permettendo un più ampio confronto concorrenziale» ed auspicava che una nuova procedura di gara per la realizzazione di un servizio di telefonia integrato per la pubblica amministrazione avvenisse solo quando potesse essere assicurata la partecipazione alla gara di un adeguato numero di operatori;
la circolare del 5 agosto 1999 del ministero del tesoro, bilancio e programmazione economica che forniva alle amministrazioni centrali dello stato indicazioni essenziali di livello operativo, per assicurare la più ampia concorrenza, proponeva «due distinti percorsi procedurali, uno per l'assegnazione del servizio di telefonia fissa e l'altro per quello di telefonia mobile»;
rispetto al 1999, quando sul mercato erano solo due gli operatori con un'offerta integrata di telefonia fissa e mobile, nulla è cambiato, in quanto nessun altro licenziatario propone servizi di telefonia integrata;
peraltro, entrambi i suddetti gestori, unici ad offrire servizi di telefonia integrata, sono tuttora partecipati dallo Stato;
nel capitolato tecnico è previsto che ogni candidato dovrà garantire entro ventiquattro mesi l'attivazione del servizio di fornitura del local loop, cioè il possesso di linee proprie, almeno per il cinquanta per cento dei numeri telefonici delle quattrocentomila amministrazioni aderenti alla convenzione, distribuite su tutto il territorio italiano, condizione non praticabile per un nuovo entrante;
il bando di gara prescrive «di procedere all'aggiudicazione anche in presenza di una sola offerta valida»;
pertanto, potrebbe configurarsi un episodio di distorsione del mercato e di mancato rispetto dei principi di libera concorrenza -:
se il Governo sia a conoscenza dei fatti e quali iniziative eventualmente intenda adottare al fine di correggere la procedura sopra descritta. (3-00426)
(19 novembre 2001)
(ex 5-00300 del 19 ottobre 2001)
il Ministro delle comunicazioni, nella recente audizione in commissione, ha diffuso il programma per lo sviluppo e la diffusione in Italia delle nuove tecnologie di trasmissione radio-televisiva digitale su frequenze terrestri e da satellite e per l'introduzione dei sistemi audiovisivi terrestri a larga banda, contenuto nel decreto ministeriale del 24 luglio 2001-:
se non sia il caso di inserire nel suddetto decreto elementi attualmente del tutto assenti di sostegno e di incentivazione relativi all'ingresso di nuovi soggetti nel mercato della radio-diffusione digitale televisivo;
per quale motivo il settore della radiofonia non venga assolutamente considerato, sebbene si renda necessario, anche per questo settore, un piano di sostegno che sia almeno equivalente a quello previsto per la televisione;
per quale motivo il wireless local loop, banda 26 ghz, venga ritenuto uno strumento adeguato per la trasmissione di programmi televisi, mentre, al contrario, presenta una serie di limiti tecnologici;
per quale motivo, in merito alla promozione dell'acquisto di ricevitori digitali da parte degli utenti, il decreto faccia riferimento solamente al decoder unico e non anche ai dispositivi per la funzione internet a larga banda, come invece, esplicitamente previsto dall'articolo 22 della legge n. 57 del 2000;
se non sia infine il caso di prevedere nel suddetto programma che anche il fornitore di contenuti possa avere accesso alla capacità trasmissiva dell'operatore di rete. (3-00175)
(2 agosto 2001)
il processo riorganizzativo della Telecom in Basilicata rischia di determinare un significativo ridimensionamento e conseguenti tagli occupazionali in particolare per l'area di Matera;
la riorganizzazione porterà il trasferimento nella sede di Bari di tutti i lavoratori dell'area commerciale (il servizio 187), del servizio 182 segnalazioni guasti, del 12 informazioni elenco abbonati e del servizio assistenza clienti;
la Telecom Italia sta facendo recapitare in questi giorni ai dipendenti di Matera la lettera con l'avvio delle procedure di mobilità e trasferimento;
la proposta Telecom Italia di telelavoro domiciliare destinata ai lavoratori interessati alla mobilità, è stata giudicata dalle organizzazioni sindacali insufficiente in quanto, se da un lato può attenuare i disagi, dall'altra è in contrasto con i contenuti dell'accordo del 28 marzo 2000 che annunciavano investimenti mirati e concrete risposte occupazionali soprattutto nel Mezzogiorno -:
se non ritenga opportuno intervenire facendosi garante del rispetto dell'accordo del marzo 2000, affinché il processo di riorganizzazione Telecom mantenga per Matera tutti i servizi presenti senza procedere ad alcuna razionalizzazione.
(3-00182)
(3 agosto 2001)
nella notte fra il 29 ed il 30 agosto 2001, sul territorio della provincia di Biella, si è scatenato un violento temporale che ha provocato seri problemi alle linee elettriche ed agli impianti telefonici;
dopo quindici giorni molte linee telefoniche erano ancora disattivate;
nel corso delle due settimane successive al temporale un numero impressionante di imprese è rimasto isolato con gravissimi danni produttivi e commerciali;
gli stessi sindaci dei comuni biellesi interessati hanno fortemente (ma inutilmente) protestato;
è sembrato a tutti che Telecom sia stata deficitaria sotto il profilo degli interventi riparatori e che, comunque, non disponga di una struttura parametrata alle caratteristiche di un'area ad altissima densità produttiva e commerciale come il biellese -:
quali iniziative intenda assumere il Governo affinché siano adeguatamente tutelati i diritti degli utenti con riferimento ad un servizio pubblico essenziale.
(3-00208)
(18 settembre 2001)
FOTI ed altri: Modifica all'articolo 4 della legge 9 dicembre 1998, n. 431, in materia di contratti-tipo di locazione di immobili (La Commissione ha elaborato un nuovo testo). (1296)