II Commissione - Resoconto di marted́ 20 luglio 2004


Pag. 15


SEDE CONSULTIVA

Martedì 20 luglio 2004. - Presidenza del presidente Gaetano PECORELLA.

La seduta comincia alle 11.30

Modificazione di articoli della parte II della Costituzione.
C. 4862 Governo, approvato dal Senato.
(Parere alla I Commissione).
(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Italico PERLINI (FI), relatore, rileva che il disegno di legge C. 4862, approvato in prima deliberazione dal Senato, costituisce un intervento di riforma di ampio respiro: i suoi 42 articoli sostituiscono o modificano 40 degli 80 articoli che compongono la Parte II della Costituzione, concernente l'ordinamento della Repubblica, nonché 3 articoli appartenenti ad altre leggi costituzionali, modificando sostanzialmente, tra l'altro, la composizione e le funzioni delle Camere, il procedimento legislativo, la forma di Governo, le modalità di elezione e le attribuzioni del Capo dello Stato, le competenze legislative delle regioni, le modalità di composizione della Corte costituzionale e del Consiglio superiore della magistratura, il procedimento di revisione costituzionale.
Soffermandosi esclusivamente sulle parti che possono involgere la competenza della Commissione, evidenzia che l'articolo 18 del provvedimento modifica l'articolo 82 della Costituzione attribuendo alle sole Commissioni d'inchiesta bicamerali i poteri e le limitazioni dell'autorità giudiziaria nello svolgimento delle proprie indagini.
Ricorda che l'articolo 82 Costituzione prevede oggi che ciascuna Camera possa istituire commissioni di inchiesta. L'inchiesta parlamentare, nell'ambito degli strumenti volti a consentire lo svolgimento dell'attività di controllo del Parlamento, rappresenta quello più incisivo e penetrante del quale le Camere possono avvalersi per acquisire conoscenze. Appare quindi evidente la differenza con l'indagine conoscitiva, che, pur essendo anch'essa preordinata a finalità conoscitive, non attribuisce all'organo titolare dell'indagine poteri coercitivi per l'acquisizione delle informazioni.
La Costituzione non indica specificamente l'atto formale per la costituzione delle Commissioni. Nella prassi si è fatto ricorso sia ad un provvedimento legislativo, sia a deliberazioni anche di una sola Camera, potendo pertanto le Commissioni d'inchiesta configurarsi come organi bicamerali o come organi monocamerali.
L'articolo in esame interviene costituzionalizzando la duplice possibilità seguita dalla prassi di istituire commissioni d'inchiesta bicamerali o monocamerali e prevedendo che solamente le Commissioni di inchiesta bicamerali, istituite con legge approvata da entrambi i rami del Parlamento, ai sensi dell'articolo 70, terzo comma, introdotto dal provvedimento in esame, potranno procedere alle indagini con gli stessi poteri della autorità giudiziaria; le Commissioni di inchiesta monocamerali, istituite cioè con atti di indirizzo approvati da ciascuna Camera, a differenza


Pag. 16

di quanto avviene oggi, dovranno invece operare con poteri più limitati.
L'articolo 18 in esame, assente nel testo presentato dal Governo, è stato introdotto dalla Commissione su proposta del relatore.
L'articolo 40 modifica l'articolo 135 della Costituzione, relativo alla Corte Costituzionale. Fermo restando il numero complessivo dei giudici, fissato a quindici dall'articolo 135 Cost., viene stabilito che spetta al Senato la designazione dei giudici di nomina parlamentare. Viene dunque meno il concorso alla nomina da parte della Camera dei deputati.
Il numero della componente di nomina del Senato viene inoltre portato a sette. È in conseguenza ridotto il numero dei membri nominati dal Presidente della Repubblica e dalle supreme magistrature (quattro ciascuno).
Si conferma dunque anche in questo caso il ruolo di garanzia del Senato che interviene, come per l'elezione del C.S.M., nella formazione di altri organi costituzionali.
Nei riguardi della Corte costituzionale l'intervento del Senato si giustifica inoltre con la necessità di far partecipare le autonomie territoriali alla elezione dell'organo chiamato a giudicare delle controversie tra Stato centrale e regioni. È per questa ragione che per l'elezione della Consulta il Senato viene integrato dai presidenti delle giunte delle regioni e delle province autonome.
L'articolo in esame propone ulteriori modifiche all'articolo 135 Cost.
Per rafforzare l'indipendenza dei giudizi costituzionali, si prevede che, nei cinque anni successivi alla cessazione della carica, il giudice costituzionale non possa ricoprire incarichi di governo, cariche pubbliche elettive o di nomina governativa, o svolgere funzioni in organi o enti pubblici individuati dalla legge.
Inoltre, viene modificata la disciplina relativa alla scelta dei sedici cittadini chiamati ad integrare il collegio nei giudizi di accusa contro il Presidente della Repubblica: l'elenco da cui trarre a sorte i sedici membri è compilato dalla Camera e non dal Senato, come previsto dal settimo comma dell'articolo 135 Cost., ed è necessario che i cittadini iscritti nell'elenco abbiano i requisiti per l'eleggibilità a deputato e non a senatore.
L'articolo 31 del disegno di legge costituzionale interviene sull'articolo 104 della Costituzione, modificando le modalità di elezione del Consiglio superiore della magistratura.
In particolare, si propone che la quota di membri di nomina parlamentare non sia eletta dal Parlamento in seduta comune, bensì dal solo Senato federale, integrato dai Presidenti delle giunte delle regioni e delle province autonome.
Inoltre, il vice presidente del C.S.M. è nominato dal Presidente della Repubblica e non più eletto dal Consiglio.
Infine, il vice presidente può essere nominato anche tra i membri eletti dalla magistratura, e non, come è previsto ora, esclusivamente tra quelli di nomina parlamentare.
Ricorda che la disciplina relativa al Consiglio superiore della magistratura è contenuta nell'articolo 104 Cost. che provvede a indicare i 3 membri di diritto (il Presidente della Repubblica, che presiede l'organo, il primo presidente e il procuratore generale della Corte di cassazione), disporre che gli altri componenti siano eletti per 2/3 da tutti i magistrati ordinari tra gli appartenenti alle varie categorie e per 1/3 dal Parlamento in seduta comune tra i professori ordinari di università in materie giuridiche e tra gli avvocati dopo quindici anni di esercizio professionale; ai sensi del quinto comma dell'articolo 104, il vicepresidente del C.S.M. deve essere eletto tra i membri di nomina parlamentare; stabilire in 4 anni la durata in carica dei membri elettivi e la loro non rieleggibilità immediata; disporre che gli stessi membri elettivi non possano essere iscritti ad albi professionali, né far parte del Parlamento o di un Consiglio regionale.
La relativa normativa di attuazione è recata dalla legge n. 195 del 1958 il cui articolo 1, prevedendo oltre ai 3 membri di diritto, 16 componenti eletti dai magistrati


Pag. 17

e 8 di nomina parlamentare, fissa in 27 il numero complessivo dei membri del C.S.M.
La composizione del C.S.M. riflette l'esigenza, sorta in seno all'Assemblea costituente, di garantire l'autonomia della magistratura senza isolare l'ordine giudiziario dagli altri poteri dello Stato.
Dopo un ampio dibattito, l'Assemblea costituente scelse una composizione mista nella quale la prevalenza numerica della componente togata fosse bilanciata dalla attribuzione della vice presidenza attribuita ad uno dei componenti laici. La scelta di attribuire la carica di Presidente al Capo dello Stato fu vista come espressione dell'unità dello Stato.
L'attribuzione al solo Senato del potere di nominare i membri laici del C.S.M., che si ricorda era già prevista dal progetto di legge costituzionale elaborato nella XIII legislatura dalla Commissione parlamentare per le riforme costituzionali, non è contenuta nel disegno di legge presentato dal governo ed è stata proposta dall'opposizione in quanto il ruolo di garanzia attribuito al Senato federale lo renderebbe la sede più idonea, mentre è ritenuto inopportuno il coinvolgimento della Camera, quale organo di espressione della maggioranza di Governo.
L'articolo 42, sesto comma, reca una disposizione transitoria secondo la quale all'elezione suppletiva di membri del C.S.M, in caso di cessazione anticipata dall'incarico di singoli componenti già eletti dal Parlamento in seduta comune, provvede il Senato federale della Repubblica fino alla concorrenza del numero di componenti di sua competenza.

Francesco BONITO (DS-U) rileva che la nomina del vice presidente del C.S.M. da parte del Presidente della Repubblica potrebbe ledere l'autonomia della magistratura.

Gaetano PECORELLA, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire rinvia quindi il seguito del provvedimento ad altra seduta.

Decreto-legge 136/04: Disposizioni urgenti per garantire la funzionalità di taluni settori della pubblica amministrazione. Disposizioni di delega legislativa e di proroga di termini.
C. 5150 Governo, approvato dal Senato.
(Parere alla I Commissione).
(Esame e conclusione - Parere favorevole).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Italico PERLINI (FI), relatore, rileva che il decreto-legge 28 maggio 2004, n. 136, composto in origine da 8 articoli (oltre a quello relativo all'entrata in vigore), è stato ampiamente modificato e integrato dal Senato nel corso dell'esame del disegno di legge di conversione. In particolare, il Senato ha inserito 24 nuovi articoli nel testo del provvedimento e 3 ulteriori articoli in quello del disegno di legge di conversione.
Contenendo il provvedimento disposizioni di carattere eterogeneo, illustrerà esclusivamente quelle che involgono competenze della Commissione giustizia.
L'articolo 3-quinquies prevede che al Presidente della Commissione per le adozioni internazionali sia attribuita un'indennità, il cui concreto ammontare dovrà essere determinato da un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il ministro dell'economia e delle finanze. In merito si ricorda che la Commissione per le adozioni internazionali, istituita dalla legge n. 476 del 1998, garantisce che le adozioni di bambini stranieri avvengano nel rispetto dei principi stabiliti dalla Convenzione de L'Aja del 29 maggio 1993 sulla tutela dei minori e la cooperazione in materia di adozione internazionale.
L'articolo 8-sexies limita l'ambito temporale delle obbligazioni contrattuali dell'azienda Policlinico Umberto I di Roma per quanto riguarda i contratti stipulati dalla soppressa omonima azienda universitaria.
Al riguardo ricorda che il decreto-legge 341/1999 ha provveduto in particolare alla costituzione dell'Azienda Policlinico Umberto I,


Pag. 18

al fine di assicurare una migliore funzionalità delle relative strutture ospedaliere e dare attuazione al protocollo d'intesa stipulato tra la regione Lazio e l'Università La Sapienza di Roma in data 3 agosto 1999. È disposta la «successione» della nuova Azienda Policlinico Umberto I anche per i rapporti contrattuali stipulati dall'omonima azienda universitaria, in corso alla data del decreto legge, per un periodo massimo di dodici mesi.
Successivamente è stata definita una gestione separata, affidata ad un Commissario ministeriale, al fine di procedere alla liquidazione anche delle passività della cessata Azienda universitaria.
La norma in esame è volta a superare il contenzioso emerso tra l'Azienda Policlinico Umberto I ed alcune controparti contrattuali, che hanno intrapreso azioni legali anche nei confronti della nuova Azienda l'Azienda Policlinico Umberto I al fine di vedere riconosciuti crediti pregressi non ancora riscossi. Con questa disposizione interpretativa, l'Azienda Policlinico Umberto I deve, pertanto, rispondere solo delle obbligazioni contrattuali cui è stata data esecuzione successivamente alla data di istituzione dell'Azienda stessa (e cioè dal 1.10.1999).
Dalla successione dei contratti in corso verrebbero così escluse le obbligazioni di pagamento a carico (od a favore) della cessata azienda universitaria, che trovino titolo in prestazioni relative a tali contratti già eseguite, costituendo tali obbligazioni quelle attività e passività oggetto della gestione separata a tale scopo costituita.
L'articolo 8-decies dispone che l'Istituto poligrafico e zecca dello Stato, ente pubblico trasformato in società per azioni, continui ad avvalersi del patrocinio dell'Avvocatura dello Stato.
Il decreto legislativo n. 116 del 1999 aveva stabilito (articolo 1) un regime transitorio nelle more della trasformazione in società per azioni, durante il quale l'Istituto avrebbe conservato la personalità giuridica di ente pubblico economico, sotto la vigilanza del Ministro del tesoro. Tra l'altro, il regime transitorio prevedeva che fino alla trasformazione in società per azioni fosse in facoltà dell'Istituto avvalersi dell'Avvocatura generale dello Stato per la difesa e la rappresentanza davanti a qualsiasi giurisdizione (articolo 8).
Una volta operata la trasformazione in società per azioni nel 2002 è, pertanto, venuta meno la possibilità per il Poligrafico di ricorrere all'Avvocatura.
La disposizione in esame intende ripristinare tale possibilità, concedendo al Poligrafico un regime analogo a quello in vigore per altre società derivanti dalla trasformazione di enti pubblici, quali l'ANAS e il CONI. La disposizione in esame specifica che per l'Istituto poligrafico trovano applicazione sia il titolo primo del regio decreto n. 1611 del 1933, recante le modalità generali per l'esercizio della rappresentanza, citazione in giudizio e foro dello Stato, sia l'articolo 417-bis, commi primo e secondo, del codice di procedura civile.
Ricorda che l'articolo 417-bis codice di procedura penale prevede che nelle controversie sui rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, quest'ultime possano avvalersi direttamente di propri dipendenti, ma limitatamente al giudizio di primo grado. Tuttavia, anche in questi casi l'Avvocatura dello Stato può decidere di assumere direttamente la trattazione delle causa, qualora «vengano in rilievo questioni di massima o aventi notevoli riflessi economici».
L'articolo 8-undecies intende sottrarre i fondi gestiti da uffici centrali e periferici del Ministero della salute da azioni di esecuzione forzata (sequestro o pignoramento), proposte da soggetti creditori nei confronti della pubblica amministrazione e accolte da giudici amministrativi ed ordinari.
La norma sembra riguardare soprattutto le risorse direttamente finalizzate all'espletamento dei compiti istituzionali, ivi incluse le spese per l'ordinario funzionamento degli uffici; la disposizione fa riferimento anche alle somme destinate ad emolumenti al personale dipendente (e cioè indennità, straordinari, missioni eccetera) ovvero a contratto. In relazione a tali somme, tuttavia, il comma 2 salvaguarda


Pag. 19

espressamente la disciplina di cui all'articolo 156, comma 6, del codice civile (concernente il sequestro dei beni del coniuge obbligato alla corresponsione dell'assegno di mantenimento) e al decreto del Presidente della Repubblica n. 180 del 1950 (testo unico delle leggi sul sequestro, il pignoramento e la cessione degli stipendi, salari e pensioni dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni).
La norma in esame è quindi volta a salvaguardare da azioni giudiziarie i diversi uffici del Ministero che si avvalgono di aperture di credito presso le sezioni di tesoreria centrale e provinciale della Banca d'Italia. Tra questi sembra rivestire una particolare importanza, per l'entità delle risorse da esso gestite, l'ufficio incaricato di esercitare le funzioni amministrative nel campo degli indennizzi, ai sensi della legge n. 210 del 1992.
Segnala che una disciplina analoga di sottrazione di fondi statali da azioni di sequestro è contenuta nel Decreto Legge n. 313 del 1994 sulle contabilità speciali delle prefetture, delle direzioni di amministrazione delle FF.AA. e della guardia di finanza.
L'articolo 8-quaterdecies modifica parzialmente la disciplina dettata dalla legge 19 marzo 1990, n. 55, Nuove disposizioni per la prevenzione della delinquenza di tipo mafioso e di altre gravi forme di manifestazione di pericolosità sociale, per quanto attiene in particolare all'articolo 15, comma 4-bis, relativo alla sospensione dalle cariche elettive nelle regioni a seguito di condanne non definitive. A tal proposito rileva che una disposizione pressoché identica a quella in commento è già stata inserita nel testo unico sugli enti locali, attraverso l'approvazione dell'articolo 7, comma 1, lettera a-bis) del decreto-legge n. 80 del 2004, che ha modificato l'articolo 59, comma 3, del testo unico. La norma detta disposizioni sia sulle conseguenze della sospensione del componente di organo collegiale nei confronti del funzionamento del collegio - precisando che il componente sospeso non è computato ai fini della verifica del numero legale, né per la determinazione di qualsivoglia quorum o maggioranza qualificata - sia sulla cessazione dello stato di sospensione.
In particolare, quanto alla durata della sospensione, gli ultimi tre periodi del comma 4-bis precisano che la misura cessa di avere efficacia («di diritto», così come «di diritto» era iniziata) decorsi diciotto mesi oltre che, ovviamente, anche prima del termine indicato per effetto della pronuncia di sentenza di assoluzione.
Il legislatore ha tuttavia previsto un prolungamento del periodo di sospensione, per il caso in cui «l'impugnazione in punto di responsabilità» sia rigettata con sentenza non definitiva, intendendo che se durante il periodo di sospensione vi è un'ulteriore conferma, anche non definitiva, della responsabilità del soggetto, il periodo di sospensione si allunga di ulteriori dodici mesi, a decorrere dalla sentenza che ha confermato la responsabilità.
A tale proposito, l'articolo in commento dispone che, a prescindere dallo spirare dei 18 mesi di sospensione previsti a seguito di condanna in primo grado, il rigetto dell'appello proposto dall'interessato - anche se la relativa sentenza non è ancora definitiva - determini comunque il decorrere di un nuovo periodo di sospensione dalla carica, della durata massima di 12 mesi.
La sospensione dalla carica ha dunque una durata superiore ai 18 mesi non solo quando il rigetto dell'impugnazione si verifica durante i diciotto mesi (come attualmente previsto dal comma 4-bis), ma anche se, trascorsi i diciotto mesi e cessata l'originaria sospensione, il rigetto dell'appello interviene successivamente: si apre infatti in quel caso una ulteriore fase di sospensione dalla carica della durata massima di 12 mesi dal pronunciamento della sentenza di rigetto.
L'articolo 2 del disegno di legge, introdotto nel corso dell'esame al Senato, proroga o differisce i termini, in alcuni casi già scaduti, per l'esercizio di numerose deleghe legislative, e conferisce nuove deleghe in varie materie, riprendendo il contenuto di precedenti deleghe già scadute: principalmente, di quelle recate dalla


Pag. 20

Legge n. 137 del 2002 sull'organizzazione del Governo e di enti pubblici, e dalla legge di semplificazione 2001 (Legge n. 22 del 2003).
Il comma 3, introdotto da un emendamento del Governo al Senato, delega il Governo al riassetto delle disposizioni legislative vigenti, tra l'altro, in materia di proprietà letteraria e diritto d'autore. Il termine per l'esercizio di tale delega è fissato in dodici mesi dall'entrata in vigore della legge. La disposizione pertanto ripropone le deleghe di cui all'articolo 10 della legge n. 137 del 2002. Per quanto detto formula una proposta di parere favorevole.

Gaetano PECORELLA, presidente, rileva che l'articolo 8-undecies nella parte in cui prevede che i fondi gestiti dagli uffici centrali e periferici del Ministero della salute destinati a finalità di sanità pubblica ed al pagamento degli emolumenti dovuti a qualsiasi titolo al personale del Ministero siano sottratti da azioni di esecuzione forzata (sequestro o pignoramento) proposte da soggetti creditori nei confronti della pubblica amministrazione e accolte da giudici amministrativi ed ordinari, potrebbe creare una disparità di trattamento con gli altri dipendenti pubblici.

Francesco BONITO (DS-U) in relazione alle perplessità sollevate dal presidente, rileva che in via generale è disposta la impignorabilità dei fondi dei Ministeri aventi specifica destinazione e che, pertanto, la norma in esame non introduce deroghe di sorta.

La Commissione approva la proposta di parere del relatore.

D.L 168/2004: Interventi urgenti per il contenimento della spesa pubblica.
C. 5137 Governo.
(Parere alla V Commissione).
(Esame e conclusione - Parere favorevole).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Gaetano PECORELLA, presidente, in sostituzione del relatore, onorevole Bertolini, impossibilitata a partecipare alla seduta odierna, rileva che il decreto-legge in esame reca disposizioni volte principalmente a realizzare una manovra correttiva che, sulla base delle stime fornite dal Governo, ammonta, in termini di riduzione dell'indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche per l'anno 2004, a 5.502 milioni di euro.
Con riferimento al bilancio dello Stato, le riduzioni di spesa e le maggiori entrate dovrebbero comportare, per il 2004, una diminuzione del saldo netto da finanziare di 7.487 milioni di euro.
Le misure correttive contenute nel decreto-legge possono essere ricondotte ai seguenti ambiti principali di intervento:
riduzione di incentivi alle imprese e alle aree sottoutilizzate (articolo 1, commi 1-3), che dovrebbero determinare nel 2004 un miglioramento dell'indebitamento netto e del saldo netto da finanziare del bilancio dello Stato per 1.250 milioni di euro; riduzione di stanziamenti di spesa dei Ministeri (articolo 1, commi 6 e 7), che dovrebbero tradursi in un minore indebitamento netto per 2.870 milioni di euro e in un minore saldo netto da finanziare per 4.955 milioni di euro;
riduzioni di spesa della generalità delle amministrazioni pubbliche e, in particolare, delle amministrazioni diverse dallo Stato (articolo 1, commi 8-11), dai quali dovrebbe derivare in termini di indebitamento netto, un effetto correttivo di 100 milioni di euro e disposizioni di carattere fiscale (articolo 2) che dovrebbero determinare maggiori entrate pari, nel 2004, a 1.282 milioni di euro con riferimento sia all'indebitamento netto che al saldo netto da finanziare del bilancio dello Stato.

Per quanto riguarda le riduzioni di cui al numero 2), si consideri che il comma 6 dell'articolo 1 dispone le riduzioni di stanziamenti di spesa del bilancio dello Stato.


Pag. 21

In particolare, la riduzione interessa le seguenti tipologie di spesa:
autorizzazioni di spesa determinate dalla Tabella C della legge finanziaria, per un importo complessivo di 360 milioni di euro. La riduzione si applica in misura pari al 4 per cento dello stanziamento determinato dalla legge finanziaria. Per quanto di competenza si consideri che vengono interessate da tali riduzioni: la u.p.b. 3.1.5.19 (legge n. 195/1998 - Costituzione e funzionamento del C.S.M.);
la u.p.b. 3.1.2.42 (legge n. 675/1996 - Tutela delle persone rispetto al trattamento dei dati personali).
autorizzazioni di spesa aventi carattere pluriennale, compresi i fondi unici di investimento, per un importo di 1.034 milioni di euro; la riduzione è pari al 50 per cento dello stanziamento; essa peraltro non si applica alla metà degli stanziamenti previsti nei fondi unici di investimento dei Ministeri dell'ambiente, delle politiche agricole e dei beni culturali;
fondi speciali di parte corrente e di conto capitale (di cui alle tabelle A e B della legge finanziaria) per un importo complessivo di 239 milioni di euro; la riduzione è pari alle disponibilità esistenti alla data di entrata in vigore del decreto-legge. Per quanto di competenza si consideri che, relativamente al Ministero della giustizia, le riduzioni dei fondi speciali di parte corrente interessano il cento per cento delle disponibilità esistenti al momento dell'entrata in vigore del decreto;
stanziamenti discrezionali per consumi intermedi, per un importo complessivo di 1.598 milioni di euro; la riduzione è stabilita nella misura del 36 per cento delle spese non aventi natura obbligatoria; la riduzione comunque non si applica agli stanziamenti destinati alla scuola, alla sanità, alla sicurezza e a interventi di carattere sociale. Per quanto riguarda il Ministero della giustizia la riduzione ammonta a circa 126 milioni di euro;
stanziamenti discrezionali per investimenti fissi lordi, per un importo complessivo di 882 milioni di euro; la riduzione viene applicata nella misura del 30 per cento dei relativi stanziamenti, salvo che per la Difesa, per la quale si applica una percentuale di riduzione del 25 per cento; anche in questo caso sono esclusi dalla riduzione gli stanziamenti destinati alla scuola, alla sanità, alla sicurezza e a interventi di carattere sociale. Per quanto riguarda il Ministero della giustizia la riduzione ammonta a circa 290 milioni di euro;
stanziamenti discrezionali per trasferimenti correnti a imprese, per un importo complessivo di 150 milioni di euro; la riduzione riguarda le somme da assegnare a Poste italiane e a Ferrovie dello Stato, a titolo di corrispettivo relativo al contratto di programma.

Il comma 6 e la tabella 1 determinano, pertanto, una riduzione di stanziamenti di spesa iscritti nel bilancio dello Stato pari complessivamente a 4.262 milioni di euro.
In termini di indebitamento netto l'effetto correttivo è determinato in 2.540 milioni di euro.
Ai sensi di quanto previsto dal comma 6 sono comunque fatte salve le modalità di disporre variazioni compensative tra capitoli e tra u.p.b. di bilancio previste dalla legislazione vigente.
Altre disposizioni contenute nel decreto-legge, pur non esplicando un impatto correttivo, sono tuttavia rivolte a favorire il conseguimento dei risparmi di spesa previsti per le amministrazioni dello Stato e per le altre amministrazioni pubbliche. Si tratta, pertanto, di disposizioni strumentali alla realizzazione degli effetti finanziari sopra indicati.
Tali possono considerarsi le norme concernenti gli acquisti di beni e servizi attraverso le convenzioni stipulate dalla CONSIP (articolo 1, comma 4); l'obbligo per gli enti locali di comunicare il referto anche alla Corte dei conti (articolo 1, comma 5); l'attività delle scuole superiori pubbliche di formazione (articolo 1, comma 12).
Il decreto-legge reca, altresì, disposizioni che disciplinano alcuni specifici profili della finanza regionale (articolo 3).


Pag. 22

Anche in questo caso, le disposizioni in questione vengono considerate neutrali ai fini della determinazione dei saldi.
Altri interventi contenuti nel decreto-legge riguardano misure già presenti nella manovra di finanza pubblica per il 2004.
Tali interventi, pertanto, non hanno di per sé un'ulteriore incidenza correttiva, ma mirano piuttosto a garantire la realizzazione degli effetti finanziari già scontati in sede di manovra.
Si tratta, in particolare delle disposizioni rivolte a: favorire la costituzione di fondi di investimento immobiliare con apporto di beni pubblici (articolo 4); differire i termini per l'adesione alla sanatoria edilizia prevista dall'articolo 32 del decreto-legge n. 269 del 2003 (articolo 5) in conseguenza della sentenza della Corte costituzionale n. 196 del 28 giugno 2004 che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale di alcune disposizioni contenute nel medesimo articolo 32.
Dopo aver preso atto delle esigenze di ordine finanziario che rendono necessaria una manovra correttiva per la riduzione dell'indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni per il 2004 e dopo aver considerato che, pur riducendosi le disponibilità dei fondi speciali della legge finanziaria per il 2004, vengono comunque fatti salvi gli stanziamenti relativi a provvedimenti già in discussione in Parlamento, auspica che nella prossima manovra finanziaria, compatibilmente con le esigenze di bilancio, siano stanziate congrue risorse finanziarie per il settore giustizia.
Formula, pertanto, una proposta di parere favorevole, nella quale è comunque evidenziata la necessità che nella prossima manovra finanziaria siano previsti congrui fondi a favore della giustizia (vedi allegato 1)

Francesco BONITO (DS-U) rileva che la manovra in esame testimonia, a differenza di quanto più volte sostenuto dal ministro Castelli, la insufficiente attribuzione di risorse per il funzionamento della giustizia. Esprime poi preoccupazione per gli ulteriori effetti negativi che l'azzeramento degli stanziamenti a favore del Ministero della giustizia, operato con il decreto legge in esame, potrebbe causare all'organizzazione degli uffici giudiziari.

La Commissione approva la proposta di parere del relatore.

DL 159/04: Misure urgenti per favorire la ristrutturazione ed il rilancio dell'Alitalia.
C. 5152 Governo, approvato dal Senato.
(Parere alle Commissioni riunite V e IX).
(Esame e conclusione - Nulla osta).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Sergio COLA (AN), relatore, rileva che l'articolo 1 del disegno di legge in esame autorizza il Ministero dell'economia e della finanze a concedere con uno o più decreti dirigenziali adottati in conformità alla normativa comunitaria e nel rispetto dei princìpi contenuti nell'accordo tra Governo e parti sociali del 6 maggio 2004, la garanzia dello Stato per l'adempimento da parte di Alitalia-Linee aeree italiane S.p.A. delle obbligazioni principali ed accessorie dalla stessa assunte in relazione a finanziamenti, contratti da Alitalia, previo esperimento di procedura competitiva, entro il 31 ottobre 2004, il cui rimborso sarà effettuato entro dodici mesi dalla data dell'ultimo versamento all'impresa delle somme prestate e di importo in linea capitale complessivamente non superiore a euro 400 milioni.
È inoltre previsto che la garanzia dello Stato resterà in vigore fino alla scadenza del predetto termine di rimborso. Le modalità di concessione della garanzia, anche senza il beneficio di preventiva escussione, sono stabilite con i decreti ministeriali. È poi stabilito che i crediti dello Stato nei confronti di Alitalia derivanti dall'eventuale escussione della garanzia concessa ai sensi del comma 1 sono subordinati e potranno essere soddisfatti soltanto al completo soddisfacimento degli altri creditori della Società.


Pag. 23


Agli eventuali oneri derivanti dall'escussione della garanzia concessa ai sensi del comma 1 si provvede ai sensi dell'articolo 7, secondo comma, numero 2), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni.
Non essendovi aspetti di competenza della Commissione giustizia, propone pertanto che la Commissione esprima il nulla osta all'ulteriore corso del provvedimento

La Commissione approva la proposta di parere del relatore.

Riordino del settore energetico.
C. 3297/B Governo, approvato dalla Camera e modificato dal Senato.
(Parere alla X Commissione).
(Esame e conclusione - Parere favorevole).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Luigi VITALI (FI), relatore, rileva che il provvedimento in esame, approvato dalla Camera e modificato dal Senato, è finalizzato al complessivo riordino e alla riforma del settore dell'energia.
L'unica disposizione di stretta competenza della Commissione giustizia è rappresentata dall'articolo 1, comma 105, che prevede, salvo che il fatto costituisca più grave reato, la sanzione dell'arresto fino a due anni e dell'ammenda fino a 1.000.000 di euro per chiunque ometta di effettuare il conferimento di cui al comma precedente entro i termini previsti dal decreto ministeriale di cui all'ultimo periodo del comma precedente.
Difatti il comma 104 prevede, per i soggetti produttori e detentori di rifiuti radioattivi di II e III categoria, l'obbligo di conferimento di tali rifiuti per la messa in sicurezza e lo stoccaggio al deposito per i rifiuti radioattivi di II o III categoria, a seconda della rispettiva categoria di appartenenza. Inoltre è rimesso ad un decreto ministeriale la definizione dei tempi e delle modalità tecniche del conferimento.
Sempre il comma 105 prevede la sanzione amministrativa pecuniaria da 100.000 a 300.000 euro per chiunque violi le norme tecniche e le modalità di stoccaggio definite dal decreto ministeriale.
In conclusione propone di esprimere un parere favorevole.

La Commissione approva la proposta di parere del relatore.

Disposizioni per l'etichettatura di prodotti agroalimentari e in materia di agricoltura e pesca.
C. 5151 Governo, approvato dal Senato.
(Parere alla XIII Commissione).
(Esame e conclusione - Parere favorevole).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Francesco BONITO (DS-U) relatore, rileva che il disegno di legge in esame reca disposizioni urgenti per la etichettatura di alcuni prodotti alimentari, quali il «latte fresco pastorizzato» ed il «latte fresco pastorizzato di alta qualità», «la passata di pomodoro» e gli oli di oliva. In particolare sono indicate le qualità che il prodotto deve avere per ottenere il riconoscimento di prodotto di origine controllata e le modalità ed i criteri da seguire al fine di rendere chiaro al consumatore l'origine del prodotto.
Per quanto di interesse della Commissione giustizia, evidenzia che l'articolo 1-bis, recante disposizioni per la indicazione obbligatoria nell'etichettatura dell'origine dei prodotti alimentari, inserito con un emendamento approvato dal Senato, introduce l'obbligo di indicare il luogo di origine della componente agricola per tutti i prodotti alimentari, trasformati e non trasformati.
Il primo comma impone l'inserimento nella etichettatura dei prodotti alimentari posti in vendita della informazione circa il luogo d'origine o provenienza.
Il secondo comma precisa la portata del primo comma, indicando che per luogo d'origine o provenienza debba intendersi:


Pag. 24

per il prodotto alimentare non trasformato, il Paese d'origine ed eventualmente la zona di produzione del prodotto stesso e per il prodotto alimentare trasformato, la zona di coltivazione o di allevamento della materia prima agricola utilizzata nel processo produttivo.
Il terzo comma assegna ai Dicasteri agricolo e della attività produttive il termine di sei mesi per procedere all'individuazione della modalità di indicazione del luogo d'origine.
Infine il quarto comma provvede ad individuare le sanzioni amministrative da applicarsi alle ipotesi di infrazione dei precedenti tre commi, quantificandole in una ammenda compresa fra 1.66 e 9.500 euro, cui si aggiunge la sospensione della commercializzazione dei prodotti non etichettati correttamente nella ipotesi di una reitera delle suddette violazioni.
Inoltre l'articolo 2, comma 3, conferma in primo luogo il principio contenuto nell'articolo 9 del decreto legge n. 49 del 2003, secondo il quale, il prelievo versato in eccesso dai produttori in regola con i pagamenti è restituito ai produttori medesimi. Il comma 3 in esame prevede che, qualora al termine delle descritte operazioni di restituzione previste dall'articolo 9 del decreto legge n. 49 del 2003 il restante prelievo da eseguire risulti superiore a quello dovuto all'Unione Europea (aumentato del 5 per cento), l'Agea annulli il prelievo ancora dovuto dai produttori che non hanno effettuati versamenti mensili per l'importo rivelatosi in eccesso. Tale annullamento viene effettuato seguendo l'ordine di priorità stabilito dal citato articolo 9 del decreto-legge n. 49/2003.
Rimane salva la possibilità da parte delle regioni e delle province autonome di irrogare la sanzioni previste dall'articolo 5, comma 5 del decreto-legge n. 49 del 2003 consistente in una sanzione amministrativa pari al prelievo supplementare eventualmente dovuto, fermo restando l'obbligo del versamento del prelievo supplementare (sembra in tal caso da intendere per la parte non in eccesso).
Non essendovi osservazioni da fare, propone pertanto di esprimere un parere favorevole.

La Commissione approva la proposta di parere del relatore.

La seduta termina alle 12.15.

SEDE REFERENTE

Martedì 20 luglio 2004. - Presidenza del presidente Gaetano PECORELLA. - Interviene il Ministro per le pari opportunità Stefania Prestigiacomo.

La seduta comincia alle 12.15

Disposizioni in materia di unioni di fatto e di patto civile di solidarietà.
C. 795 Bellillo, C. 1232 Pecoraro Scanio, C. 1610 Soda, C. 2982 Grillini, C. 3308 Titti De Simone, C. 3893 Grillini, C. 4399 Mussolini e Turco, C. 3296 Grillini, C. 4405 Mussolini, C. 4442 Buemi, C. 4478 Bellillo, C. 4334 Rivolta e C. 4588 proposta di legge d'iniziativa del Consiglio regionale della Toscana.
(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame, rinviato l'8 luglio 2004

Giuliano PISAPIA (RC), relatore, proseguendo la relazione svolta nell'ultima seduta, ribadisce che il fenomeno della così detta. convivenza more uxorio o della famiglia di fatto, intesa come convivenza costituita da persone di sesso diverso o - ed è questo uno dei punti più controversi che la Commissione dovrà esaminare - dello stesso sesso, contraddistinta da una communio omnis vitae - nonostante l'ampia e sempre crescente diffusione sociale - non ha nel nostro ordinamento una specifica disciplina giuridica.
Peraltro, il tema della famiglia di fatto può essere inquadrato da un punto di vista costituzionale richiamando gli articoli 2 e 29 della Costituzione: il primo riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia


Pag. 25

come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, il secondo riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio.
Dalla lettura di queste due disposizioni si ricava il particolare valore e la specifica rilevanza che il costituente ha attribuito alla famiglia fondata sul matrimonio: l'articolo 29 della Costituzione stabilisce infatti che «la Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio», così riconoscendo alla famiglia legittima «una dignità superiore, in ragione dei caratteri di stabilità e certezza e della reciprocità e corrispettività di diritti e doveri, che nascono soltanto dal matrimonio», come ha sancito la Corte costituzionale nella sentenza n. 310 del 1989.
Da questa norma ha preso le mosse la giurisprudenza costituzionale per affermare, in molteplici occasioni, come nella sentenza n. 352 del 2000, che «la convivenza more uxorio è diversa dal vincolo coniugale, e a questo non meccanicamente assimilabile al fine di desumerne l'esigenza costituzionale di una parificazione di trattamento: essa, infatti, manca dei caratteri di stabilità e certezza propri del vincolo coniugale, essendo basata sull'affectio quotidiana, liberamente ed in ogni istante revocabile». Inoltre, posto che «la convivenza more uxorio rappresenta l'espressione di una scelta di libertà dalle regole che il legislatore ha sancito in dipendenza dal matrimonio», «l'estensione automatica di queste regole alla famiglia di fatto potrebbe», ad avviso della Corte, «costituire una violazione dei principi di libera determinazione delle parti.
La Corte ha quindi sempre sostenuto che non è né irragionevole né arbitrario che il legislatore adotti soluzioni diversificate per la famiglia fondata sul matrimonio, espressamente contemplata nell'articolo 29 della Costituzione, e per la famiglia di fatto, tradizionalmente ricondotta all'articolo 2 della Costituzione.
Il particolare rilievo riconosciuto alla famiglia fondata sul matrimonio non vale infatti ad escludere né l'esistenza né la garanzia di altre forme di convivenza tra persone, che non sono indifferenti né al diritto, né alla Costituzione, e che trovano una tutela - sicuramente meno forte, ma pur sempre una tutela - con particolare riferimento alla nozione di formazioni sociali costituzionalmente riconosciute, di cui all'articolo 2 della Costituzione. La Corte costituzionale, con la sentenza n. 237 del 1986, ha infatti affermato che «un consolidato rapporto, ancorché di fatto, non appare - anche a sommaria indagine - costituzionalmente irrilevante quando si abbia riguardo al rilievo offerto al riconoscimento delle formazioni sociali e alle conseguenti intrinseche manifestazioni solidaristiche».
La Corte, quindi, ha evitato di configurare la convivenza come una forma minore del rapporto coniugale, riprovata o appena tollerata. Ciò ha evitato di innescare una rincorsa verso la disciplina del matrimonio da parte di coloro che abbiano scelto di liberamente convivere.
La Corte ha quindi posto le premesse «per una considerazione giuridica dei rapporti personali e patrimoniali di coppia nelle due diverse situazioni, considerazione la quale - fermi in ogni caso i doveri e i diritti che ne derivano verso i figli e i terzi - tenga presente e quindi rispetti il maggior spazio da riconoscersi, nella convivenza, alla soggettività individuale dei conviventi; e viceversa dia, nel rapporto di coniugio, maggior rilievo alle esigenze obiettive della famiglia come tale, cioè come stabile istituzione sovraindividuale». In tal senso la Corte costituzionale si è espressa con la sentenza n. 8 del 1996.
Per quanto concerne le unioni tra persone omosessuali, di cui trattano alcune proposte di legge, evidenzia che nell'ordinamento giuridico italiano non figurano disposizioni di legge volte a disciplinare il matrimonio omosessuale, né esistono norme sulle convivenze omosessuali o sulle procedure di registrazione di tale forma di unione.
Il matrimonio tra persone dello stesso sesso è considerato dal punto di vista giuridico «inesistente». In Italia, due persone dello stesso sesso che convivono non


Pag. 26

possono quindi sposarsi e neppure vedere riconosciuta la propria convivenza come famiglia di fatto.
Se l'articolo 29 della Costituzione riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio, l'articolo 3 della stessa Costituzione prevede, in ogni caso, la pari dignità sociale e l'uguaglianza di tutti i cittadini senza distinzione di sesso nonché l'obbligo dello Stato alla rimozione degli ostacoli che limitino di fatto la libertà e l'uguaglianza dei cittadini, impedendo il pieno sviluppo della personalità umana.
Va peraltro rilevato come, fin dal 1994, la nota risoluzione del Parlamento europeo sulla parità di diritti per gli omosessuali nella Comunità» abbia invitato la Commissione europea a presentare agli Stati membri una proposta di raccomandazione sulla parità di diritti per gli omosessuali.
Tale proposta, fino ad oggi non approvata, dovrebbe avere, tra gli obiettivi, l'eliminazione degli ostacoli frapposti dagli Stati membri al matrimonio di coppie gay o ad altro istituto giuridico equivalente, garantendo i diritti del matrimonio e prevedendo la registrazione delle unioni civili, nonché cercare di porre fine alla limitazione del diritto degli omosessuali di essere genitori ovvero di adottare o avere in affidamento bambini.
In una successiva risoluzione del 16 marzo 2000 sul rispetto dei diritti umani nell'Unione europea relativa al biennio 1990-1999, il Parlamento europeo «osserva con soddisfazione che in numerosissimi Stati membri vige un crescente riconoscimento giuridico della convivenza al di fuori del matrimonio indipendentemente dal sesso; sollecita gli Stati membri che non vi abbiano già provveduto ad adeguare le proprie legislazioni per introdurre la convivenza registrata tra persone dello stesso sesso riconoscendo loro gli stessi diritti e doveri previsti dalla convivenza registrata tra uomini e donne; chiede agli Stati che non vi abbiano ancora provveduto di modificare la propria legislazione al fine di riconoscere legalmente la convivenza al di fuori del matrimonio indipendentemente dal sesso; rileva la necessità di compiere rapidi progressi nell'ambito del riconoscimento reciproco delle varie forme di convivenza legale a carattere non coniugale e dei matrimoni legali tra persone dello stesso sesso esistenti nell'UE».
Tale risoluzione, come del resto quella del 1994, potrebbe trovare accoglimento nell'ordinamento italiano seguendo una duplice direzione. Infatti, una cosa è dare una qualche forma di riconoscimento giuridico alle convivenze civili omosessuali valutando le tali coppie come «formazioni sociali» ai sensi dell'articolo 2 della Costituzione e definirne i diritti e doveri (ad esempio con l'istituzione dei Registri delle unioni civili presso i comuni e l'emanazione di una disciplina generale che ne regoli i rapporti); altra cosa, invece, è allargare la nozione di matrimonio oltre i confini costituzionali dettati dall'articolo 29, riconoscendo con legge il matrimonio omosessuale. Nella prima direzione si è posta ad esempio la disciplina francese con l'introduzione dei noti Patti civili di solidarietà (P.A.C.S.) nonché quella spagnola e portoghese, con la registrazione delle unioni, ossia un istituto che prevede solo una parte dei diritti patrimoniali e previdenziali spettanti alle coppie sposate e non necessita dell'intervento di un giudice in caso di separazione; nella direzione dei matrimoni tra persone dello stesso sesso sono, invece, andate la legislazione olandese e quella belga.
Il P.A.C.S. è un contratto concluso tra due adulti di sesso diverso o dello stesso sesso per disciplinare e organizzare la loro vita in comune. Si tratta di una negoziazione dei termini dell'unione da parte dei due partner che in sé prevedono solo un esiguo numero di diritti patrimoniali al di là degli accordi personali ed il ruolo del pubblico ufficiale è limitato alla registrazione. Il contratto non modifica lo stato civile dei contraenti, che possono decidere di scioglierlo con dichiarazione congiunta o semplicemente con il matrimonio eterosessuale.
Passando alla trattazione delle proposte di legge presentate rileva che esse possono


Pag. 27

essere suddivise in due gruppi: da un lato, vi sono le proposte che fanno derivare conseguenze giuridiche dalla circostanza che due persone convivano, dall'altro quelle che introducono nell'ordinamento un nuovo strumento patrizio volto a regolamentare la convivenza tra due persone. Rientrano nel primo gruppo le proposte di legge C. 1232 Pecoraro Scanio, C. 1610 Soda, C. 2982 Grillini, C. 3308 Titti De Simone, C. 3893 Grillini, C. 4399 Mussolini, Turco, C. 4405 Mussolini e C. 4478 Bellillo.
In particolare la proposta A.C. 1232 Pecoraro Scanio (Norme sulle unioni civili) si propone di regolare e tutelare le convivenze di fatto disciplinando la cd. unione civile. Questa è da registrare in un apposito registro presso i comuni (articolo 3). Sono considerate parti di un'unione civile i maggiorenni, anche dello stesso sesso, con una convivenza almeno annuale, risultante da certificazione anagrafica o da atto pubblico. L'unione civile viene certificata dal documento di «stato di unione civile» che registra i dati dei partecipanti all'unione, quelli relativi al domicilio e ai figli minori, nonché al regime patrimoniale (articolo 5).
Sono poi indicati gli aspetti procedurali della certificazione nel registro di cui all'articolo 3, di cui è titolare l'ufficiale di stato civile del comune (articolo 6); le cause che costituiscono impedimento all'indicata certificazione (vincolo matrimoniale o unione civile in corso) (articolo 7); l'esenzione da ogni tassa e imposta per gli atti e documenti derivanti dall'applicazione della nuova disciplina introdotta dalla proposta di legge. (articolo 8).
L'articolo 9 è relativo alla cessazione dell'unione civile per morte di uno dei due partners (articolo 11) o per separazione consensuale o unilaterale; allo stesso ufficiale di stato civile compete sia la certificazione della cessata unione che la relativa annotazione nel registro di cui all'articolo 3 (articolo 12).
Gli articoli. 10 e 14 riguardano più specificatamente gli aspetti patrimoniali dell'unione civile. L'articolo 14 prevede che fin dall'iscrizione del registro, i due conviventi scelgano il regime patrimoniale dell'unione civile; in mancanza di convenzione con atto pubblico è presunta (come per i coniugi) la comunione legale. L'articolo 10, mirando alla tutela della parte economicamente più debole, prevede, l'eventuale ricorso al giudice per la determinazione di un assegno di mantenimento.
L'articolo 15 equipara i diritti delle parti di un'unione civile a quelli dei componenti il nucleo familiare (equiparazione che si estende anche all'assistenza sanitaria e penitenziaria, articolo 17); allo stesso modo, ai figli nati o concepiti durante l'unione civile spettano i diritti dei figli legittimi (articolo 16). Il convivente parte di un'unione civile può assumere la tutela o la curatela del convivente inabilitato e incapace e, in assenza di precedente manifestazione di volontà, può assumere le veci del partner incapace di intendere e di volere per le decisioni in materia di salute, donazioni di organi, funerali, ecc. (articolo 19).
L'equiparazione del regime dell'unione civile a quello della famiglia legittima riguarda anche numerosi altri profili (articoli 20-28): i diritti successori, quelli relativi al risarcimento del danno per morte di uno dei due conviventi causato da fatto illecito, la successione nei contratti di locazione; l'inserimento nelle graduatorie delle case popolari ed in graduatorie occupazionali speciali; i diritti previdenziali e assistenziali derivanti da rapporto di lavoro.
Agli stessi fini di equiparazione ai coniugi, sono, infine dettate norme penali e processuali. L'articolo 29 della proposta in commento estende alle parti dell'unione civile sia la causa di non punibilità prevista in favore dei coniugi in caso di assistenza a partecipanti a banda armata (articolo 307, c.p.) sia quelle dettate jn numerose altre ipotesi previste dal codice penale in relazione al cd. stato di necessità (articolo 384 c.p.); l'articolo 30 prevede, infine, che come i coniugi, anche il convivente parte dell'unione civile sia esentato dall'obbligo di testimonianza nel processo penale (articolo 199 c.p.p.).


Pag. 28


La proposta di legge A.C. 1610 Soda, nei suoi 10 articoli, si propone di introdurre una regolamentazione giuridica delle unioni affettive considerate come le unioni tra due persone di maggiore età, dello stesso sesso, legate da vincoli affettivi, di solidarietà e di reciproca assistenza, morale e materiale (articolo 1), partendo dalla considerazione che attualmente la questione omosessuale ha assunto una dimensione, di presenza e di dramma, che non può più essere ignorata o sottovalutata. Il provvedimento si suddivide in III Capi. Il Capo I (articoli 1-4) attiene alla disciplina dell'unione affettiva: oltre al riconoscimento legislativo della stessa, come sopra definita, ai fini della costituzione e della pubblica registrazione, dello scioglimento e della disciplina dei rapporti tra le parti, anche in materia di successione (articolo 1), viene demandato ai comuni il compito dell'istituzione dei registri delle unioni affettive (articolo 2) e viene stabilito il principio generale dell'applicabilità alle unioni medesime delle disposizioni civili e penali relative al matrimonio, salve le eccezioni espressamente stabilite (articolo 3). Tra queste rientrano, oltre a quelle fondate nella fisiologia riproduttiva della donna, anche quelle sulla disciplina delle adozioni dei minori relative alle famiglie e ai coniugi. In ogni caso poi la costituzione dell'unione affettiva non ha effetti sullo stato dei figli dei contraenti. Viene infine espressamente salvaguardata (articolo 4) l'applicabilità all'unione affettiva delle disposizioni dei contratti collettivi di lavoro dirette a garantire l'assolvimento dell'obbligo di reciproca assistenza, relative al matrimonio e al coniuge del lavoratore.
Il Capo II (articoli 5-7) contiene disposizioni dirette a prevenire e reprimere la discriminazione motivata dall'orientamento sessuale. Attraverso la modifica dell'articolo 15 della legge n. 300 del 1970, concernente gli atti discriminatori, degli articoli 1 e 3 della legge n. 903 del 1977 e dell'articolo 4 (Azioni in giudizio) della legge 10 aprile 1991, n. 125, il provvedimento (articolo 5) assicura la tutela dei lavoratori dalle discriminazioni determinate dal loro orientamento sessuale.
Una tutela dello stesso genere viene assicurata, sotto il profilo delle sanzioni penali applicabili (articolo 6), mediante una modifica dell'articolo 3 della legge n. 654 del 1975, e dell'articolo 3 del decreto legge n. 122 del 1993.
Il Capo III (articoli 7-10), infine, detta disposizioni integrative relative al riconoscimento e alla tutela, anche penale, del diritto alla riservatezza sessuale (articolo 7), al divieto di atteggiamenti di intolleranza o discriminazione nei confronti di scolari o studenti omosessuali nell'ambito dei corsi di informazione o educazione sessuale che si svolgono nelle scuole (articolo 8), alla nullità delle clausole dei contratti di assicurazione sanitaria che facciano dipendere dall'orientamento sessuale dell'assicurato un aumento dei premi o una limitazione delle prestazioni assicurative (articolo 9) nonché al divieto, nel corso della procedura di perfezionamento di tali contratti, di ogni riferimento od indagine avente ad oggetto l'orientamento sessuale (articolo 10). La violazione di tale divieto è sanzionata dalla previsione di una sanzione pecuniaria.
La proposta di legge C. 2982 Grillini si compone di 8 articoli attraverso i quali mira a raggiungere essenzialmente due obiettivi: istituire in ogni comune il registro delle unioni civili, nel quale le coppie (di sesso diverso o dello stesso sesso) possono iscriversi depositando contestualmente un contratto attraverso il quale definiscono le modalità della loro vita in comune (articolo 1), e consentire il matrimonio tra persone dello stesso sesso (articolo 2).
Ad entrambi i rapporti così istituzionalizzati i proponenti estendono tutte le disposizioni dettate dall'ordinamento per le coppie coniugate realizzando così la piena equiparazione tra famiglia di fatto e famiglia fondata sul matrimonio (articolo 3). A tal fine l'articolo 7 contiene una delega al Governo per adeguare l'ordinamento


Pag. 29

ai principi e criteri direttivi (peraltro non esplicitati) contenuti nella proposta.
Sempre il Governo è chiamato ad adottare le opportune iniziative sia a livello comunitario che internazionale per giungere alla legalizzazione delle unioni tra persone dello stesso sesso e soprattutto per far cessare ogni relativa discriminazione (articolo 8).
La proposta di legge C. 3308 Titti De Simone è diretta a definire una organica riforma della disciplina del diritto di famiglia». Diversamente dalle altre proposte, dunque, l'A.C. 3308 non disciplina solo le unioni civili (Capo II), o le unioni tra persone dello stesso sesso (Capo I), o la convivenza di fatto (Capo VI), ma detta anche nuove disposizioni in tema di uguaglianza giuridica dei coniugi (Capo III), di separazione (Capo IV) e di adozione dei minori (Capo V). Naturalmente la Commissione si limiterà ad esaminare le disposizioni relative alle unioni civili ed alla convivenza civile. Anzitutto, la proposta di legge disciplina analiticamente tre diversi tipi di convivenza. L'unione registrata, cioè il vincolo affettivo, di solidarietà e di assistenza morale e materiale reciproca che lega due persone dello stesso sesso e che viene formalizzato attraverso la sottoscrizione di un atto registrato e assimilato all'atto di matrimonio, è disciplinata dal Capo I (articoli 1-10) che a tal fine introduce nel codice civile un apposito titolo. La proposta estende a questo tipo di rapporto le disposizioni previste dall'ordinamento per il rapporto di coniugio, quelle in tema di filiazione naturale, di impresa familiare, di adozione e affidamento, di potestà dei genitori, alimenti e atti dello stato civile, nonché in tema di interdizione, inabilitazione e le nuove disposizioni in tema di amministratore di sostegno. Il criterio che vuole assimilati i rapporti di unione registrata e di coniugio è limitato dalla previsione dell'articolo 3 della proposta di legge., ai sensi del quale «non si applicano all'unione registrata le disposizioni di maggior favore espressamente previste per la famiglia intesa come società naturale fondata sul matrimonio» né « le disposizioni relative al matrimonio che trovano fondamento nella diversità di genere tra i coniugi», tantomeno le disposizioni relative al c.d. matrimonio concordatario.
L'unione civile, cioè la formalizzazione della comunione di vita materiale e spirituale che lega due persone maggiorenni (dello stesso sesso o di sesso diverso), attraverso una registrazione e certificazione presso gli uffici comunali, allo scopo di meglio organizzare la vita di coppia e disciplinata dal Capo II (articoli 11-36) attraverso l'introduzione di un ulteriore titolo nel codice civile. La proposta estende anche a questo tipo di rapporto i diritti spettanti al nucleo familiare e disciplina oltre al regime patrimoniale dell'unione, le cause di cessazione del rapporto (es. morte di una delle parti, ovvero successivo matrimonio o unione registrata, richiesta di separazione) e gli effetti patrimoniali della separazione. Le parti dell'unione civile sono quindi equiparati ai coniugi sotto il profilo dell'accesso agli istituti dell'adozione e dell'affidamento, dei diritti di successione, previdenziali e pensionistici, della disciplina del servizio militare, del risarcimento dei danni fa fatto illecito, nonché della disciplina processual-penalistica relativa alla testimonianza e alle cause di non punibilità del fatto.
La convivenza di fatto, cioè la mera convivenza protratta per almeno un anno tra due o più persone maggiorenni, anche dello stesso sesso, dichiarata all'ufficiale dello stato civile e annotata sugli atti anagrafici, è disciplinata dal Capo VI (articoli 56-67). La proposta prevede che i conviventi possano concludere accordi scritti per disciplinare la vita in comune e le conseguenze di un'eventuale separazione; cristallizza gli orientamenti giurisprudenziali che riconducono alle obbligazioni naturali gli atti di disposizione del patrimonio necessari al rapporto di convivenza; estende ancora una volta a questo tipo di rapporto i diritti spettanti al nucleo familiare.
Gli ulteriori capi della proposta di legge intervengono invece in altri campi. Il Capo


Pag. 30

III (articoli 37-43) abroga le disposizioni del codice civile relative al divieto temporaneo per la donna divorziata di nuove nozze; prevede che i coniugi possano mantenere ciascuno il proprio cognome e che entrambi i cognomi possano essere trasmessi ai figli. Il Capo IV (articoli 44-47) abroga le disposizioni del codice civile relative all'addebito della responsabilità della separazione, mentre il Capo V (articolot. 48-55) riscrive ampie parti della legge n. 184 del 1983 in tema di adozione e affidamento dei minori. In particolare, queste ultime modifiche sono volte a consentire l'accesso agli istituti dell'adozione e dell'affidamento, oltre ai componenti di un'unione registrata e di un'unione civile, anche alle persone singole (articolo 49).
La proposta di legge C. 3893 Grillini, nei suoi 5 articoli, definisce e disciplina l'istituto dell'unione affettiva, concepita come l'unione tra due persone dello stesso sesso una delle quali almeno sia cittadino italiano o regolarmente residente nel territorio della repubblica (articolo 1).
Partendo dalla considerazione che, a differenza di quanto accade in ordinamenti diversi dal nostro, soprattutto nordeuropei, manca nel sistema giuridico italiano qualunque forma di riconoscimento e tutela di unione stabile tra persone fisiche dello stesso sesso, e tale lacuna rischia di porsi in contrasto con il divieto per il legislatore di operare discriminazioni fondate su «condizioni personali» dei cittadini, il provvedimento in esame detta una sintetica disciplina applicabile all'istituto dell'unione affettiva.
Oltre ad escludere che possa contrarre unione affettiva il soggetto già vincolato da precedente unione o matrimonio, (anche mediante le opportune modifiche all'articolo 86 c.c.), vengono richiamate per la disciplina dell'unione medesima, tutte le norme applicabili al matrimonio e ai rapporti tra i coniugi (articolo 1). Viene stabilito il mantenimento del proprio cognome da particolore dei contraenti (articolo 2), salvo decisione diversa degli stessi all'atto della celebrazione dell'unione, nel qual caso vengono richiamate, in quanto applicabili, le analoghe disposizioni legislative civili (articolo 143-bis e 156-bis c.c. e articolo 5, comma 2, legge 898 del 70). La celebrazione dell'unione non ha effetti sullo stato dei figli dei contraenti, e alla stessa non si applicano le disposizioni di cui agli articoli 89 (Divieto temporaneo di nuove nozze) e 232 (Presunzione di concepimento durante il matrimonio) del codice civile né quelle sulla disciplina delle adozioni speciali relative alle famiglie e ai coniugi.
Viene invece sancita l'applicabilità all'unione affettiva di quelle disposizioni dei contratti collettivi di lavoro dirette a garantire l'assolvimento dell'obbligo di reciproca assistenza relative al matrimonio e al coniuge del lavoratore (articolo 4), mentre l'applicabilità dei trattati internazionali è subordinata al consenso dell'altro Stato contraente (articolo 5).
Le proposte di legge, dal contenuto pressoché identico, C. 4399 Mussolini e Turco e C. 4405 Mussolini, raccogliendo le indicazioni della giurisprudenza che, sia pure gradualmente, ha da tempo avviato un'opera di progressiva, anche se ancora parziale estensione, alle unioni di fatto delle garanzie e del regime giuridico dei rapporti fondati sul matrimonio, sono dirette in particolare a «positivizzare» alcuni dei più importanti pronunciamenti della giurisprudenza, in particolare ad estendere aspetti ulteriori della disciplina propria della famiglia legittima.
Dopo aver riconosciuto e fondato sull'articolo 2 della Costituzione la tutela del rapporto tra due persone, conviventi stabilmente e legate da comunione di vita materiale e spirituale (articolo 1), vengono estese alle unioni di fatto le disposizioni di cui agli articoli 155 e ss. del codice civile, concernenti i provvedimenti relativi ai figli (articolo 2), in particolare precisando che l'abitazione della casa spetta al genitore affidatario (o a quello con cui i figli convivono) e che il giudice può imporre al genitore non affidatario titolare di un reddito più elevato di corrispondere un assegno sufficiente a mantenere il tenore di vita goduto dai figli in costanza di rapporto, da impiegare direttamente in favore dei figli o, in mancanza, da versare


Pag. 31

al genitore affidatario; su tali provvedimenti, come su tutti quelli relativi ai figli naturali viene stabilita la competenza del giudice ordinario (articolo 3).
Ai fini dell'applicazione della disciplina dell'impresa familiare di cui all'articolo 230 bis viene ricompreso nel concetto di familiare anche il convivente (articolo 4), e viene espressamente riconosciuto, in caso di decesso del convivente, al convivente superstite, il diritto d'uso - per un tempo determinato - della casa scelta come stabile dimora. A tale proposito va rilevato che la proposta C. 4405 contiene la previsione aggiuntiva del diritto del convivente superstite al riconoscimento di una percentuale dell'indennità di fine rapporto nel caso di decesso del convivente titolare di una pensione.
Viene inoltre riconosciuto ad entrambi i genitori, all'atto della nascita della prole, il diritto di ottenere licenze per paternità e per maternità dal posto di lavoro (articolo 6).
Gli articoli successivi (articoli 7-9) estendono, di volta in volta, ai genitori, anche se non uniti in matrimonio, o al convivente, le disposizioni di cui agli articoli 147 (Doveri verso i figli) e 316 (Esercizio della potestà dei genitori) del codice civile, nonché dell'articolo 572 (Maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli) del codice penale.
La proposta di legge C. 4478 Bellillo è diretta ad estendere la possibilità di accedere all'istituto dell'adozione anche alle coppie stabilmente conviventi da almeno tre anni nonché alle persone singole.
Tale finalità viene perseguita mediante la tecnica della novellazione della legge 4 maggio 1983, n. 184, in cui l'espressione «famiglia» viene sostituita con quella «coppia convivente in modo stabile e continuativo o singole persone», ovvero l'espressione «coniugi» con «adottanti», eccetera.
L'articolo 2 del progetto in esame, in conseguenza delle novità introdotte, stabilisce, modificando l'articolo 299 del codice civile, che l'adottato da una coppia di fatto acquista (e trasmette) il cognome di uno dei due componenti, «individuato di intesa tra loro».
Appartengono al secondo gruppo le proposte di legge C. 795 Belillo, C. 3296 Grillini, C. 4334 Rivolta, C. 4442 Buemi e C. 4588 Consiglio regionale della Toscana.
La proposta C. 795 Belillo introduce una disciplina convenzionale volta a regolare i rapporti tra due persone conviventi maggiorenni, sia nella fase della convivenza che alla sua eventuale cessazione. Tale disciplina si fonda su strumenti denominati accordi di convivenza (articolo 1) che, privi di requisiti formali ad substantiam, assumono forma scritta nei casi prescritti dalla legge (articolo 1350 c.c.) ovvero nell'ipotesi di cui all'articolo 5.
Mentre l'articolo 2 prevede che gli accordi possano stabilire l'obbligo di contribuzione dei conviventi alla vita comune, in proporzione ai propri mezzi e capacità (articolo 143, terzo comma, c.c.), l'articolo 3 stabilisce che gli atti di disposizione patrimoniale (proporzionali ai propri redditi), in assenza di accordi, costituiscano atti di obbligazione naturale (articolo 2034 c.c.) e siano quindi irripetibili; al contrario, si presume siano donazioni quelli eccedenti tale misura.
L'articolo 4 stabilisce la possibilità di concludere patti per regolare i reciproci rapporti patrimoniali in caso di cessazione della convivenza, per causa diversa dalla morte: sono previsti accordi per un eventuale assegno di mantenimento e per l'assegnazione della casa comune.
L'articolo 5 contempla il caso di incapacità per malattia grave di uno dei conviventi prevedendo la possibile designazione (in forma scritta) dell'altro convivente come titolare in sua vece delle decisioni in materia di salute. La norma appare coordinata con le nuove previsioni in materia di amministratore di sostegno (legge 9 gennaio 2004, n. 6).
L'articolo 6 contiene una serie di disposizioni in tema di accordi relativi ai figli che novellano il codice civile allo scopo di coordinare l'attuale disciplina sui rapporti tra genitori e i figli naturali


Pag. 32

riconosciuti con l'eventuale intervento del giudice sia durante la convivenza che alla sua eventuale cessazione.
La proposta C. 3296 Grillini si compone di 30 articoli attraverso i quali: si fornisce la definizione di «unione di fatto» e di «patto civile di solidarietà» (rispettivamente, ai sensi dell'articolo 2, «la convivenza stabile e continuativa tra due persone, di sesso diverso o dello stesso sesso, che conducono una vita di coppia» e «l'accordo tra due persone di sesso diverso o dello stesso sesso stipulato al fine di regolare i propri rapporti personali e patrimoniali relativi alla loro vita in comune); si descrivono i presupposti (articolo 3), gli effetti (articoli 9 e ss.) e le modalità di scioglimento (articolo 18 e ss.) del patto civile di solidarietà; si equiparano le due tipologie di rapporti ai rapporti familiari al fine dell'applicazione di un'ampia serie di istituti (articoli 23 e ss.).
In estrema sintesi, la proposta prevede che il patto civile di solidarietà debba avere forma scritta, ed essere redatto davanti ad un ufficiale dello stato civile (articolo 4) che provvederà poi a trascriverlo nei registri dello stato civile (articolo 5). Viene inoltre disciplinato il regime patrimoniale dei contraenti il patto, con la possibile scelta tra comunione legale, comunione convenzionale e separazione dei beni e dopo aver specificato che «ciascun contraente del patto civile di solidarietà è tenuto a provvedere alle esigenze economiche della coppia in ragione delle proprie sostanze e della propria capacità lavorativa» (articolo 11).
Inoltre, vengono estesi ai contraenti il patto civile di solidarietà i seguenti istituti previsti per il rapporto di coniugio: l'impresa familiare (articolo 14); gli obblighi alimentari (articolo 15); i titoli di preferenza nell'accesso al lavoro (articolo 16); la disciplina fiscale e previdenziale (articolo 17); la disciplina del permesso di soggiorno per motivi familiari (articolo 21) e dell'acquisto della cittadinanza (articolo 22).
Lo scioglimento del patto è automatico in caso di morte o di matrimonio di uno dei contraenti; in ogni altro caso ciascun contraente ha diritto a sciogliere il vincolo mediante atto scritto notificato: l'atto produrrà effetto trascorsi 3 mesi dalla notifica (articolo 18). Gli effetti patrimoniali dello scioglimento potranno essere regolati dalle parti, fermo restando che in caso di bisogno di una delle parti l'altra è tenuta a prestare gli alimenti per due anni (articolo 20).
Ulteriori disposizioni sono quindi dettate per estendere non solo ai contraenti il patto civile di solidarietà, ma anche, più in generale, ai conviventi di fatto ulteriori istituti previsti per il rapporto fondato sul matrimonio. Fra questi, oltre alla disciplina del servizio militare e alla successione nel contratto di locazione, si evidenzia, a titolo di esempio, l'articolo 26 della proposta di legge, in forza del quale in mancanza di una diversa volontà, manifestata per iscritto, in caso di incapacità di intendere e di volere, «tutte le decisioni relative allo stato di salute e in genere di carattere sanitario, compresa la donazione degli organi, sono adottate dall'altro contraente di un patto civile di solidarietà ovvero dall'altro membro di una coppia legata da un'unione di fatto».
Infine, la proposta in commento prevede modifiche alla disciplina processualpenalistica volte ad estendere la nozione di «prossimo congiunto» ai fini della non punibilità del fatto e della facoltà di astensione dalla testimonianza (articoli 29 e 30).
Anche il progetto C. 4334 Rivolta istituisce e disciplina il patto civile di solidarietà, diretto a regolare tutte «quelle svariate forme di convivenza fra due individui, indipendentemente dalle motivazioni che li inducono a convivere».
Il patto, la cui stipulazione è inibita ai minorenni, agli interdetti, alle persone sottoposte a tutela, alle persone già coniugate, deve essere sottoscritto dalle parti dinanzi ad un ufficiale di stato civile ed è regolato dalla vigente disciplina, sia codicistica che speciale, in materia di contratti.
Il contenuto di natura patrimoniale del patto riguarda: le modalità ed i tempi della contribuzione di entrambi i contraenti alle spese comuni; l'eventuale opzione


Pag. 33

per il regime di comunione dei beni, analogo a quello applicabile tra coniugi.
Gli effetti del patto civile vengono meno nelle seguenti ipotesi: comune accordo, decisione unilaterale, matrimonio o morte di uno dei due firmatari.
Anche la proposta in esame dispone l'estensione ai componenti la coppia di fatto (che abbiano stipulato il patto civile) di alcune garanzie che la legislazione vigente limita ai soli coniugi: ci si riferisce in particolare al diritto di successione nel contratto di locazione dell'alloggio comune ed al diritto alla reversibilità in caso di morte di uno dei due firmatari.
Come si legge nella relazione illustrativa, di cui il progetto in esame è corredato, il patto «non attribuisce, nemmeno indirettamente, ai contraenti uno status familiare» e quindi da esso «non potranno derivare in alcun modo quelle caratteristiche, quei diritti e quei doveri che sono peculiari dell'istituto della famiglia, quali ad esempio l'affidamento di minori o l'adozione».
Anche la proposta di legge C. 4442 Buemi, nei suoi 16 articoli, si propone l'obiettivo di delineare il regime giuridico applicabile alle unioni di fatto, sulla base della considerazione, evidenziata nella relazione illustrativa, che nel nostro, come in tutti gli altri Paesi occidentali, si è verificata negli ultimi decenni una trasformazione significativa nei rapporti interpersonali e nelle forme di convivenza e che questa modificazione dei costumi necessita di essere disciplinata per rispondere alle esigenze sia delle persone sia della società.
Il provvedimento in esame rimette la disciplina dell'unione in particolare ad un accordo costitutivo, in particolare, per quanto non previsto nel contenuto dell'accordo nonché per aspetti specifici, prevede un'estensione della disciplina applicabile ai rapporti tra coniugi.
L'accordo - al quale non sono applicabili le disposizioni sulla promessa di matrimonio di cui agli articoli 79-81 del codice civile - può essere stipulato tra due persone maggiorenni che non siano già unite o vincolate da precedente matrimonio, con lo scopo di organizzare la vita in comune e costituire una unione di fatto (articolo 1), deve avere un contenuto necessario (articolo 2) e deve essere presentato, con l'osservanza di determinate formalità, al sindaco del comune di residenza di uno dei due contraenti. L'accordo può anche essere modificato per comune volontà dei contraenti (articolo 12).
In una serie di disposizioni successive viene poi sancita l'equiparazione della posizione dei contraenti di fatto a quella dei componenti la famiglia legittima per quanto attiene all'applicazione delle norme relative alla successione - salvo diversa volontà manifestata nell'atto costitutivo - (articolo 4), alla concessione di mutui ed altre agevolazioni per l'acquisto o la locazione di immobili da adibire a prima abitazione (articolo 5), all'applicazione delle disposizioni legislative e contrattuali relative al rapporto di lavoro ed al sistema previdenziale (articolo 6), ai diritti ed ai doveri spettanti in tema di assistenza e decisioni in caso di morte - salvo diversa volontà delle parti manifestata nell'accordo (articolo 7) -, all'applicazione di disposizioni legislative statali e regionali riguardanti le facilitazioni, i contributi e le modalità di accesso ai servizi socio-educativi, socio-sanitari e formativi (articolo 8), all'applicazione di norme penali e di procedura penale (articolo 9), alla successione dei figli (articolo 11).
In relazione poi alla nascita di figli da un'unione di fatto viene stabilita l'attribuzione della paternità al componente maschio, purché al momento della nascita siano decorsi centottanta giorni dalla data di annotazione dell'accordo e, in caso di scioglimento, non ne siano decorsi più di trecento dalla dichiarazione della volontà di scioglimento di cui all'articolo 13. Viene inoltre espressamente disposto (articolo 4) che nei casi di abbandono del domicilio, richiesta unilaterale di scioglimento dell'unione o di decesso di uno dei contraenti che risulti locatario dell'abitazione ove essi risiedono, l'altro contraente subentri di diritto nel contratto di locazione.
Viene poi disciplinato lo scioglimento dell'unione di fatto che può avvenire, oltre che nel caso di morte di uno o entrambi


Pag. 34

i componenti, anche per la volontà di un solo contraente. A tale proposito viene specificamente introdotta una particolare procedura innanzi all'ufficiale dello stato civile (articolo 13).
A seguito dello scioglimento dell'unione, tuttavia, salvo specifiche disposizioni contenute nell'accordo costitutivo, non residuano per alcuno dei contraenti obblighi patrimoniali o non patrimoniali (articolo 15).
Viene infine sancita l'esenzione da ogni forma di imposizione fiscale degli atti e dei provvedimenti, anche giudiziari, assunti in applicazione della legge.
La proposta C. 4588, di iniziativa del Consiglio regionale della Toscana, ai sensi dell'articolo 121, secondo comma, della Costituzione, è diretta principalmente ad istituire un accordo che disciplini gli aspetti patrimoniali e non patrimoniali delle unioni di fatto: se ne individuano, in particolare, il contenuto essenziale (generalità dei contraenti, dichiarazione di non essere vincolati ad altra persona in ragione di un'altra unione di fatto o di un matrimonio, eccetera), gli effetti (le disposizioni pattizie possono riguardare tanto il periodo di durata dell'unione, quanto quello successivo alla cessazione della stessa), le forme di pubblicità (annotazione nel registro dello stato civile), la disciplina delle modificazioni intervenute successivamente alla stipulazione.
Il progetto di legge in esame, inoltre, intende estendere alcune fondamentali garanzie che l'ordinamento riserva attualmente ai soli coniugi anche ai componenti le coppie di fatto: in particolare si dispone la applicabilità a questi ultimi delle norme vigenti in materia di successione e di diritto alla abitazione (in caso di scioglimento dell'unione o di decesso di uno dei due contraenti, si stabilisce che l'altro subentri di diritto nel contratto di locazione), della disciplina relativa alle agevolazioni finanziarie, alle facilitazioni e contributi per l'accesso ai servizi socio-educativi, socio-sanitari e formativi, delle disposizioni, anche contrattuali, in materia di lavoro e previdenza, della legislazione penale.

Franco GRILLINI (DS-U), dopo aver espresso apprezzamento al relatore per la completezza della relazione svolta, ricorda che all'esame della Commissione vi sono tredici proposte di legge, tra le quali la proposta n. 3296, a sua prime firma, riguardante il patto civile di solidarietà, che è stata iscritta nel calendario della Commissione Giustizia in quota opposizione. Evidenzia che vi sono due gruppi nei quali suddividere tali proposte di legge: un primo gruppo, nel quale può iscriversi anche la sua proposta di legge C. 3893, che contiene iniziative volte a modificare la disciplina sostanziale del matrimonio, rendendolo accessibile anche a coppie dello stesso sesso; il secondo gruppo del quale fanno parte proposte volte ad introdurre nell'ordinamento italiano l'istituto del patto civile di solidarietà. Ritiene che in un momento come quello attuale sarebbe inopportuno esaminare i progetti di legge volti ad estendere il matrimonio anche alle coppie omosessuali in quanto ciò potrebbe scatenare un duro scontro sia a livello sociale che a livello politico che determinerebbe una paralisi dei lavori della Commissione. Pertanto, per senso politico e di responsabilità, ritiene che sarebbe opportuno separare le due questioni ed incentrare l'attenzione dei lavori della Commissione esclusivamente sulle proposte di legge aventi ad oggetto la disciplina del patto civile di solidarietà. Auspica infatti che in tal modo possa aprirsi un dibattito sereno e condiviso su un argomento molto sentito a livello sociale il cui esame non è più procrastinabile. Evidenzia inoltre che su tale argomento si è registrata negli ultimi tempi una disponibilità anche del mondo cattolico, come si evince dalla proposta della Conferenza episcopale della Toscana di modificare lo statuto della regione Toscana prevedendo il requisito della stabilità della coppia di fatto, anziché la soppressione di qualsiasi disposizione avente ad oggetto la convivenza more uxorio.
Al fine di approfondire tale tema propone di procedere ad un'indagine conoscitiva, ai sensi dell'articolo 79, comma 5, del regolamento.


Pag. 35


Dopo aver rilevato che l'ISTAT ha evidenziato che sono in forte crescita le coppie non sposate conviventi nella medesima residenza, che rappresentano solo una parte del fenomeno della convivenza, auspica che entro la legislatura in corso sia possibile arrivare all'approvazione di una normativa che disciplini un fenomeno tanto diffuso quanto quello della convivenza. Ritiene che, comunque; qualora ciò non fosse possibile sarebbe comunque opportuno procedere ad un attento approfondimento del tema. Rileva infine che in tutti i paesi liberi e democratici si è arrivati, come in Francia, o si sta tentando di arrivare, come negli Stati Uniti d'America ad una compiuta disciplina delle coppie di fatto.

Erminia MAZZONI (UDC) si associa alle riflessioni svolte dai deputati Grillini e Pisapia, al quale esprime soddisfazione per la relazione svolta. Evidenziando l'enorme differenza esistente fra le tredici proposte di legge presentate, esprime assoluta contrarietà a trattare congiuntamente la questione della introduzione del patto civile di solidarietà con quella relativa alla estensione dell'istituto del matrimonio anche alle coppie omosessuali. Ricorda di avere sottoscritto a titolo personale la proposta di legge C. 4334 a prima firma Rivolta, volta appunto ad introdurre la normativa sul patto civile di solidarietà. Rileva che l'introduzione di tale istituto non introdurrebbe nell'ordinamento italiano una forma surrettizia di famiglia, che sottolinea essere esclusivamente quella disciplinata dall'articolo 29 della Costituzione, secondo cui la famiglia deve essere fondata sul matrimonio. Tuttavia l'introduzione del patto civile di solidarietà sarebbe utile per colmare un vuoto normativo e per normativizzare comportamenti già sorti e consolidatisi a livello sociale. Associandosi alla proposta del deputato Grillini di separare le questioni affrontate dalle proposte di legge in esame, dichiara la propria disponibilità ad un'indagine conoscitiva ristretta esclusivamente all'approfondimento delle tematiche legate al patto civile di solidarietà.

Giuliano PISAPIA (RC), relatore, esprime apprezzamento per gli interventi dei deputati Grillini e Mazzoni. Nel ribadire la netta differenza tra le proposte di legge in esame, si associa alle considerazioni svolte sulla utilità di incentrare il dibattito in Commissione sulla sola disciplina riguardante il patto civile di solidarietà. Rileva che tale intervento sarebbe opportuno per disciplinare una materia sulla quale peraltro si è sviluppata una copiosa giurisprudenza, non sempre univoca. Quanto ai dubbi di costituzionalità avanzati da alcuni circa la competenza regionale e non statale della materia in esame, non dubita che l'argomento in oggetto rientri nella potestà legislativa esclusiva dello Stato ai sensi del secondo comma, lettera l) dell'articolo 117 della Costituzione.

Ciro FALANGA (FI) evidenzia che per puro errore materiale è stata apposta la sua firma alla proposta di legge C. 2982 dell'onorevole Grillini e non sul progetto di legge C. 3296 presentato dal medesimo deputato. Rileva infatti che è sua intenzione sostenere con la propria firma la sola proposta di legge recante norme in materia di disciplina del patto civile di solidarietà e delle unioni di fatto.

Gaetano PECORELLA, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

Diffamazione a mezzo stampa o altro mezzo di diffusione.
C. 26 Stefani, C. 385 Volontè, C. 1177 Anedda, C. 1243 Pisapia, C. 2084 Pecorella, C. 588 Cola, C. 539 Siniscalchi, C. 3021 Giulietti, C. 2764 Pisapia e C. 4355 Pisapia.
(Seguito dell'esame e rinvio).

La commissione prosegue l'esame rinviato il 14 luglio 2004.

Gaetano PECORELLA, presidente, avverte che sono stati presentati subemendamenti


Pag. 36

(vedi allegato 2) agli emendamenti 1.1000, 2.1000, 2.1001, 2.1003, 2.1004 e all'articolo aggiuntivo 3.0100 del relatore (vedi allegato al Bollettino delle Giunte e delle Commissioni del 14 luglio 2004).

Isabella BERTOLINI (FI), relatore, dopo aver raccomandato l'approvazione dei suoi emendamenti ed articoli aggiuntivi, esprime parere contrario su tutti i subemendamenti presentati.

La Commissione, con distinte votazioni approva gli emendamenti 1.1000 e 2.1000 del relatore.

Giuliano PISAPIA (RC) annuncia la sua astensione sul subemendamento Siniscalchi 0.2.1001.1, volto ad aumentare fino ai due terzi la pena nel caso in cui l'offesa sia commessa in presenza di più persone, in quanto non condivide le circostanze aggravanti ad effetto speciale.

La Commissione, con distinte votazioni, respinge il subemendamento Siniscalchi 0.2.1001.1, ed approva gli emendamenti 2.1001 e 2.1003 del relatore.

Isabella BERTOLINI (FI), relatore, riformula l'emendamento 2.1004, in quanto dalla sua formulazione potrebbero sorgere dubbi circa l'esclusione della punibilità conseguente alla rettifica della notizia diffamatoria. (vedi allegato 2)

La Commissione approva l'emendamento 2.1004 (seconda formulazione) del relatore.

Gaetano PECORELLA, presidente, stante l'assenza del presentatore, avverte che il subemendamento Siniscalchi 0.3.0100.1 è da intendersi decaduto.

Giuliano PISAPIA (RC) in relazione all'articolo aggiuntivo 3.0100 del relatore ritiene sarebbe preferibile specificare le modalità di conversione della pena detentiva in pena pecuniaria.

Nino MORMINO (FI), relativamente al medesimo articolo aggiuntivo 3.0100 del relatore, ritiene sarebbe opportuno prevedere la conversione della pena detentiva in pena pecuniaria anche con riferimento alle condanne in corso di esecuzione. Invita pertanto il relatore a riformulare il suo articolo aggiuntivo 3.0100 in tal senso.

Isabella BERTOLINI (FI), relatore, riformula il suo articolo aggiuntivo 3.0100 nel senso sopraindicato. (vedi allegato 2)

La commissione approva l'articolo aggiuntivo 3.0100 del relatore (seconda formulazione).

Gaetano PECORELLA, presidente, avverte che il testo, così come risultante dagli emendamenti verrà inviato alle Commissioni competenti per l'espressione del parere.
Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame del provvedimento ad altra seduta.

Misure contro la pedofilia.
C. 311 Mazzuca, C. 382 Buttiglione, C. 408 Mussolini, C. 593 Prestigiacomo, C. 726 Mussolini, C. 953 Butti, C. 1346 Foti, C. 1489 Marras, C. 2038 Deodato, C. 1029 Massidda, C. 2422 Francesca Martini, C. 2415 Burani Procaccini, C. 2521 Cirielli, C. 3122 Cima, C. 2669 Pecorella, C. 3691 Milanese, C. 3235 Francesca Martini, C. 4299 Santori e C. 4599 Governo.
(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame rinviato il 23 marzo 2004.

Gaetano PECORELLA, presidente, avverte che il relatore ha presentato alcune proposte di audizioni, tra cui l'audizione dei ministri per le pari opportunità, per l'innovazione e le tecnologie, per la salute e delle comunicazioni. Vengono inoltre indicate le audizioni del direttore del servizio della polizia postale e delle comunicazioni, in relazione delle modalità di indagine su internet, del presidente dell'associazione italiana Internet providers e


Pag. 37

del presidente dell'Assoprovider, in relazione alla problematica della regolamentazione di internet e di alcune associazioni di volontariato, che invita i commissari indicare. Ritiene che la previsione di specifiche audizioni dei ministri indicati dal relatore sia da considerare superflua, in quanto il Governo è rappresentato nella sua interezza, per quanto riguarda l'esame delle proposte di legge in materia di pedofilia, dal ministro per le pari opportunità. Per quanto riguarda le altre audizioni, propone di procedere già dalla prossima settimana a quella del direttore del servizio della polizia postale e delle comunicazioni. Ricorda inoltre che la Commissione parlamentare per l'infanzia ha approvato il 16 luglio 2002 un documento in materia di pedofilia, dopo aver svolto una serie di audizioni. La Commissione Giustizia, oltre a tener conto di tale documento, potrà fare riferimento alle audizioni che la Commissione per l'infanzia ha svolto in materia di pedofilia.

Il ministro Stefania PRESTIGIACOMO dichiara di condividere le osservazioni del Presidente.

Gaetano PECORELLA, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame del provvedimento ad altra seduta.

Disposizioni in materia di impugnazione del riconoscimento del figlio naturale per difetto di veridicità.
C. 1858 Turco, C. 4412 Garnero Santanchè, C. 4076 Mussolini e C. 2363 Siniscalchi.
(Seguito dell'esame e rinvio - Adozione del testo base).

La Commissione prosegue l'esame rinviato il 26 maggio 2004.

Gaetano PECORELLA, presidente, ricorda che nell'ultima seduta è stata presentata dal relatore una proposta di testo unificato (vedi il Bollettino delle Giunte e delle Commissioni pubblicato il 26 maggio 2004)

La Commissione adotta il testo unificato proposto dal relatore quale testo base.

Gaetano PECORELLA, presidente, propone di fissare il termine per la presentazione degli emendamenti a giovedì 29 luglio alle ore 12.

La Commissione concorda.

Gaetano PECORELLA, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 13.25.

COMITATO DEI NOVE

Martedì 20 luglio 2004.

Disposizioni a tutela dei diritti dei consumatori e degli utenti in materia di legittimazione ad agire.
C. 3838-3839/A.

Il Comitato si è riunito dalle 13.25 alle 13.35 e delle 19.05 alle 19.50.

COMITATO DEI NOVE

Martedì 20 luglio 2004.

Delega al Governo per la tutela dei diritti patrimoniali degli acquirenti di immobili da costruire.
C.38-B, approvato dalla Camera e modificato dal Senato.

Il Comitato si è riunito dalle 13.35 alle 13.40


Pag. 38

ATTI COMUNITARI

Martedì 20 luglio 2004 - Presidenza del presidente Gaetano PECORELLA. - Interviene il Ministro della Giustizia Roberto Castelli

La seduta comincia alle 13.40

Progetto di decisione quadro del Consiglio dell'Unione europea relativa all'applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle decisioni di confisca.
10027/04-COPEN 69.
(Esame, ai sensi dell'articolo 127 del regolamento, e rinvio).

La Commissione inizia l'esame.

Gaetano PECORELLA, presidente, avverte che il progetto di decisione quadro in esame è stato assegnato il 22 giugno 2004 alla Commissione Giustizia ai sensi dell'articolo 127 del regolamento e che da tale data la Commissione, ai sensi del secondo comma dell'articolo 127, dovrà concludere l'esame entro un mese.

Luigi VITALI (FI), relatore, illustrando il progetto di decisione quadro in esame, ricorda che il 13 giugno 2002 la Danimarca ha presentato una iniziativa volta all'adozione di una decisione quadro relativa all'applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle decisioni di confisca. L'obiettivo della decisione quadro è quello di migliorare, conformemente al principio del reciproco riconoscimento, l'esecuzione in uno Stato membro di una decisione di confisca presa da un'autorità giudiziaria penale in un altro Stato membro, tra l'altro ai fini della restituzione alla vittima di un reato. Per raggiungere tale obiettivo, le misure contenute nel progetto, sono volte a rendere immediatamente esecutiva in un paese membro una decisione di confisca presa da un altro paese senza che sia necessaria una nuova decisione del paese di esecuzione. A tal fine, il progetto prevede che il principio della doppia incriminabilità non debba essere applicato dallo Stato di esecuzione in relazione alle decisioni di confisca basate su una serie di reati specificatamente elencati.
Sul progetto di decisione quadro sono state avanzate delle riserve parlamentari da parte delle delegazioni dell'Italia, della Gran Bretagna, della Danimarca, dell'Olanda e della Svezia.
Si sofferma quindi sulle disposizioni del progetto di decisione quadro. L'articolo 1 individua gli obiettivi del progetto di decisione quadro. In particolare, questa è volta a stabilire le norme secondo le quali uno Stato membro riconosce ed esegue nel suo territorio una decisione di confisca emessa da un'autorità giudiziaria competente in materia penale di un altro Stato membro, fermo restando l'obbligo di rispettare i diritti ed i principi giuridici fondamentali di cui all'articolo 6 del trattato sull'Unione europea.
L'articolo 2 contiene le definizioni di Stato di emissione, Stato di esecuzione, decisione di confisca, bene, provento, strumenti, beni culturali appartenenti al patrimonio culturale nazionale e di reato presupposto.
Ai sensi dell'articolo 3, ogni Stato membro trasmette al segretariato generale del Consiglio dell'Unione i dati relativi alle autorità giudiziarie d'emissione e d'esecuzione competenti in applicazione del diritto nazionale.
All'articolo 4 si prevede che la proposta prevede la trasmissione dei provvedimenti di confisca da parte dell'autorità giudiziaria che li ha emessi all'autorità giudiziaria competente dello Stato membro nell'ambito del quale la persona interessata possiede beni o redditi (qualora la decisione di confisca concerna una somma di denaro) ed ha la sua residenza abituale e la sua sede in tale Stato.
L'articolo 4 bis stabilisce, tra l'altro, che una decisione di confisca può essere trasmessa a un solo Stato di esecuzione per volta; tuttavia ai sensi dell'articolo 4 bis, paragrafo 2, una decisione di confisca concernente beni specifici può essere trasmessa contemporaneamente a più di uno Stato di esecuzione in una serie di casi specificatamente individuati.


Pag. 39


L'articolo 5 individua una serie di reati per i quali la decisione di confisca dà luogo all'esecuzione senza verifica della doppia incriminabilità, qualora essi siano punibili nello Stato di emissione con una pena privativa della libertà della durata massima di almeno tre anni.
Ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 1, le autorità giudiziarie competenti dello Stato di esecuzione riconoscono le decisioni di confisca che ricevono e provvedono ad adottare le misure per la loro esecuzione immediata; è fatta salva la possibilità per le citate autorità di addurre un motivo di non riconoscimento o di non esecuzione come previsto dall'articolo 7 o di rinvio ai sensi dell'articolo 8.
L'articolo 7, paragrafo 1, stabilisce che lo Stato di esecuzione può rifiutare il riconoscimento e l'esecuzione della decisione di confisca qualora il certificato che deve corredare la decisione di confisca non sia prodotto, sia incompleto o non corrisponda manifestamente alla decisione in questione.
Qualora vi sia l'impossibilità pratica di eseguire il provvedimento di confisca (a causa della scomparsa o della distruzione del bene o qualora non si trovi nel luogo indicato dal certificato o la loro ubicazione non sia stata indicata con sufficiente precisione, o il bene sia già stato confiscato) tale evenienza deve essere notificata senza indugio alle autorità giudiziarie competenti dello Stato di emissione.
L'articolo 7, paragrafo 2, individua gli ulteriori casi nei quali le autorità giudiziarie competenti dello Stato di esecuzione possono rifiutare il riconoscimento o l'esecuzione della decisione di confisca.
L'articolo 8, paragrafo 1, stabilisce che ciascuno Stato membro adotta le disposizioni necessarie per consentire ad ogni parte interessata di disporre di mezzi di impugnazione contro il riconoscimento e l'esecuzione di una decisione di confisca a tutela dei propri diritti. Le ragioni di merito su cui si basa la decisione di confisca non possono essere impugnate.
L'articolo 9, paragrafo 1, individua i casi nei quali l'autorità giudiziaria competente dello Stato di esecuzione può rinviare l'esecuzione di un provvedimento di confisca, dandone immediata comunicazione all'autorità competente dello Stato di emissione con qualsiasi mezzo che lasci una traccia scritta.
L'articolo 10 prevede che, nel caso in cui vi siano più decisioni di confisca di una somma di denaro emesse contro la stessa persona fisica o giuridica o più decisioni di confisca lo stesso bene specifico, spetti all'autorità competente dello Stato di esecuzione decidere quale o quali decisioni di confisca dovranno essere eseguite, tenuto debito conto di tutte le circostanze.
L'articolo 11, paragrafo 1, stabilisce che le modalità di esecuzione della decisione di confisca sono disciplinate dalla legislazione dello Stato di esecuzione.
Secondo le previsioni dell'articolo 12, l'amnistia e la grazia possono essere concesse sia dallo Stato di emissione sia dallo Stato di esecuzione, mentre solo lo Stato di emissione può decidere in merito ad un'eventuale domanda di revisione della decisione di confisca.
Ai sensi dell'articolo 13, nel caso in cui lo Stato di emissione decida di privare la decisione di confisca del suo carattere esecutivo o di ritirarla, informa immediatamente lo Stato di esecuzione, che pone fine all'esecuzione della decisione.
L'articolo 14 prevede che, salvo diverso accordo tra lo Stato di emissione e quello di esecuzione, le somme ottenute con l'esecuzione della decisione di confisca siano destinate allo Stato di esecuzione, se l'importo ottenuto è inferiore o pari a 10.000 euro, e che il 50 per cento della somma ottenuta sia trasferita allo Stato di emissione in tutti gli altri caso.
L'articolo 15 prevede che l'autorità competente dello Stato di esecuzione informi senza indugio l'autorità competente dello Stato di emissione della trasmissione della decisione di confisca, di eventuali decisioni che rifiutano il riconoscimento della stessa, della mancata esecuzione della decisione, della sua avvenuta esecuzione e dell'applicazione di misure alternative, conformemente all'articolo 11, paragrafo 4.


Pag. 40


L'articolo 15 bis prevede l'obbligo a carico dello Stato di emissione di rimborsare allo Stato di esecuzione gli importi relativi al risarcimento che quest'ultimo deve versare alla parte lesa.
L'articolo 16 prevede che il certificato allegato alla decisione di confisca sia tradotto nella lingua ufficiale dello Stato di esecuzione.
L'articolo 17 ha per oggetto la spesa. L'articolo 18 regola le relazioni con altri accordo o intese, mentre l'articolo 19 contiene le norme di attuazione. L'articolo 20 ha per oggetto l'entrata in vigore. Sono inoltre previsti due allegati che contengono rispettivamente il certificato che deve corredare il provvedimento di confisca e le dichiarazioni del Consiglio concernenti la proposta di esame.

Il ministro Roberto CASTELLI dichiara di aver sottoposto alla riserva parlamentare la proposta di decisione quadro in esame in quanto ritiene che ogni atto sovranazionale che possa comportare una ingerenza nella sovranità nazionale debba essere sempre sottoposto alla valutazione del Parlamento. Ritiene, infatti, che costituisca una vero e proprio vulnus per la democrazia il procedimento di approvazione delle decisioni quadro, in quanto attribuisce ai rappresentanti dei Governi degli Stati membri il potere di impegnare i rispettivi Stati senza prevedere alcun coinvolgimento dei Parlamenti degli Stati interessati. Può quindi accadere che vengano adottati dei provvedimenti che incidano sulla sfera personale dei cittadini senza che l'organo rappresentativo del popolo possa esprimere il proprio parere. Proprio per garantire al Parlamento uno spazio di intervento nell'ambito delle procedure di adozione delle decisioni quadro, ha ritenuto opportuno utilizzare lo strumento della riserva parlamentare in ordine alla proposta di decisione quadro in esame. Attraverso un istituto che nasce dalla prassi, ma che non ha ancora una disciplina propria, il Parlamento è in grado di esprimere le proprie valutazioni circa sia l'opportunità di adottare una decisione quadro che incida sulla sfera patrimoniale dei cittadini, sia il contenuto che a tale decisione debba essere conferito.
Rileva che la proposta di decisione quadro sulla confisca presenta, sotto il profilo costituzionale, gli stessi problemi che la Camera dei deputati ha affrontato - ed il Senato sta affrontando - in occasione dell'esame della proposta di legge di attuazione della decisione quadro sul mandato di arresto europeo. Così come per questa, anche per la proposta in esame si supera il principio della doppia incriminabilità. Ciò significa che il giudice italiano potrebbe essere obbligato a dare esecuzione ad un provvedimento giudiziario di un giudice di un Paese membro nonostante che tale provvedimento abbia ad oggetto un fatto che per la legge italiana non costituisca reato. Anzi, tale fatto potrebbe essere configurabile dalla legge italiana come l'esercizio di un diritto costituzionale.
Invita, pertanto, la Commissione a valutare attentamente tutte le questioni costituzionali inerenti alla proposta di decisione quadro in esame. Ricorda, infatti, che quando la decisione quadro sarà adottata dal Consiglio dell'Unione europea, l'Italia, come gli altri Stati membri, avrà l'obbligo di darvi piena attuazione.

Niccolò GHEDINI (FI), esprime forte perplessità sulla proposta di decisione quadro in esame ed, in particolare, sull'articolo 5 che costituisce una deroga del principio della doppia incriminabilità. Ritiene che a tale principio non si possa rinunciare quando il giudice italiano viene chiamato a limitare la libertà personale dei cittadini o la loro sfera patrimoniale in conseguenza di un atto emanato da un giudice straniero, anche quando esso appartenga ad un paese membro.

Il ministro Roberto CASTELLI dichiara di condividere le perplessità manifestate dal deputato Ghedini. Tuttavia la normativa europea, sin dall'adozione della decisione quadro sul mandato d'arresto europeo, sembra aver abbandonato definitivamente il principio della doppia incriminabilità.


Pag. 41

Ricorda che in occasione dell'approvazione di tale decisione quadro aveva manifestato una serie di dubbi - fortemente criticati dai gruppi di opposizione - sulla circostanza che il magistrato di uno Stato potesse essere obbligato a dare esecuzione a provvedimenti di magistrati di altri Stati indipendentemente dalla circostanza che il fatto presupposto dal provvedimento fosse considerato lecito o illecito da parte dello Stato di esecuzione. Sottolinea che in occasione dell'esame parlamentare della proposta di legge di attuazione della decisione quadro sul mandato di arresto europeo tutti i dubbi che da lui furono espressi si sono dimostrati fondati.
Ritiene che fin quando non sarà approvata la Costituzione europea non sarà possibile adottare dei provvedimenti europei che incidano sulla sfera personale dei cittadini, in quanto tali atti necessitano di principi certi ai quali conformarsi.

Gaetano PECORELLA, presidente, ricorda che la Commissione Giustizia il 9 luglio 2003 ha approvato, ai sensi dell'articolo 127 del regolamento, un documento sul progetto di decisione quadro relativa all'esecuzione dei provvedimenti di blocco dei beni o di sequestro probatorio. Ritiene che il relatore, nel predisporre una proposta di relazione da sottoporre alla Commissione, possa tener conto dei rilievi formulati in tale documento, in quanto la proposta di decisione quadro in esame e quella sul blocco dei beni presentano le medesime questioni di costituzionalità. Nel citato documento, ad esempio, il Governo è stato invitato a condizionare il proprio assenso alla proposta di decisione quadro alla circostanza che nel testo finale della decisione quadro fosse previsto che l'autorità giudiziaria è tenuta a rifiutare l'esecuzione dei provvedimenti di blocco o di sequestro ogni volta che ciò sia necessaria per assicurare il rispetto dei principi fondamentali dell'ordinamento costituzionale dello Stato, con riguardo degli articolo 21 e 49 della Costituzione.
Rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 14.10.

AVVERTENZA

I seguenti punti all'ordine del giorno non sono stati trattati:

SEDE REFERENTE

Disposizioni in materia di inappellabilità delle sentenze di proscioglimento
C. 4604 Pecorella.

Nuove norme in materia di separazione dei coniugi e affidamento condiviso dei figli.
C. 66 Tarditi, C. 453 Cento, C. 643 Lucchese, C. 1268 Trantino, C. 1558 Vitali, C. 2344 Mussolini, C. 2233 Lucidi, C. 2576 Mantini, 4068 Mazzuca e 4027 Di Teodoro.

UFFICIO DI PRESIDENZA, INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI