TESTO AGGIORNATO AL 1o LUGLIO 2004
Mercoledì 30 giugno 2004.
L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 8.55 alle 9.45 e dalle 14.00 alle 14.15.
Mercoledì 30 giugno 2004. - Presidenza del presidente della III Commissione, Gustavo SELVA. - Interviene il sottosegretario di Stato per gi Affari esteri, Alfredo Luigi Mantica e il sottosegretario di Stato per la difesa, Francesco Bosi.
La seduta comincia alle 19.55.
DL 160/2004: Proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali.
C. 5088 Governo.
(Esame e rinvio).
Gustavo SELVA, presidente della III Commissione e relatore, comunica che gli Uffici di Presidenza delle Commissioni riunite III e IV, riunitisi oggi, hanno stabilito che l'esame del disegno di legge C. 5088, recante proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali, inizi in questa seduta con le relazioni illustrative e l'intervento dei rappresentanti del Governo.
L'esame proseguirà nella giornata di domani, giovedì 1o luglio, al termine delle votazioni della seduta antimeridiana dell'Assemblea e fino alle 15.
La seduta, quindi, sarà sospesa per circa due ore in modo da consentire lo svolgimento da parte delle Commissioni riunite III e XIV Camera e 3o e 14o Senato dell'audizione del Ministro Frattini sulla Costituzione europea, già fissata per domani alle ore 15. La seduta riprenderà, pertanto, alle ore 17 e proseguirà fino a conclusione degli interventi (entro le ore 19). Ove necessario l'esame del decreto-legge proseguirebbe anche nella giornata di venerdì 2 luglio. Il termine per la presentazione di eventuali emendamenti al testo del decreto-legge è fissato per lunedì 5 luglio, alle 13. All'esame degli emendamenti saranno dedicate le seguenti sedute: martedì 6 luglio, a partire dalle ore 10 e non oltre le ore 11,30 ed al termine delle votazioni nella seduta pomeridiana dell'Assemblea
(fino alle ore 21); mercoledì 7 luglio, dalle ore 14 alle ore 16 ed al termine delle votazioni nella seduta pomeridiana dell'Assemblea (fino alle ore 21); giovedì 8 luglio, al termine delle votazioni nella seduta antimeridiana dell'Assemblea, fino alla votazione del mandato ai relatori (entro le ore 17).
Comunica altresì che non ha accolto le richieste di audizione dei Ministri degli Affari esteri e della Difesa, nonché le ulteriori richieste di audizioni avanzate dai rappresentanti dei gruppi di opposizione. Informa che in ogni caso i Ministri richiesti potranno intervenire in Commissione nel corso dell'esame del provvedimento.
Invita quindi i colleghi deputati a contenere i propri interventi nel limite di dieci minuti ciascuno.
Passa quindi ad illustrare il contenuto del decreto-legge in esame.
Preannuncia che, come relatore della Commissione Affari esteri, che deve trattare dei problemi politici della conversione in legge di un decreto-legge, relativi al finanziamento semestrale della missione in Iraq, ritiene di avere stavolta un compito più facile delle volte precedenti, perché ci si trova di fronte ad una nuova situazione, che apre il cuore alla speranza di vedere realizzata la missione per la quale i nostri militari si trovano in Iraq. Tale missione consiste infatti nel dare sicurezza al popolo iracheno, che è stato liberato con l'intervento anglo-americano dalla sanguinaria dittatura di Saddam Hussein; contribuire, nel contempo, a fare in modo che, nei tempi previsti, lo stesso popolo iracheno sia libero di decidere quali istituzioni parlamentari, governative e giudiziarie saranno chiamate a guidarlo.
Crede che tutti abbiamo sentito, insieme con un sospiro di sollievo, aprirsi nuove e positive strade che possono cambiare la storia geopolitica dell'area, con il consolidamento della pace.
Con due giorni di anticipo, il 28 giugno anziché il 30 giugno, come previsto dalla risoluzione n. 1546 dell'Onu, il potere è passato dall'Autorità provvisoria, guidata dall'americano Paul Bremer (e composta dagli angloamericani e da un'altra trentina di Paesi, fra cui l'Italia, terzo Paese per l'entità del contingente militare) agli iracheni e precisamente al Presidente Ghazi Al Yawar, e al Premier Al Allawy.
Si è realizzato così un evento importante, grazie anche all'azione dell'inviato speciale di Kofi Annan, l'algerino Lakdar Brahimi, per la creazione di un nuovo Iraq libero, indipendente e sovrano.
Intende dedicare il primo punto della sua relazione alla memoria dei carabinieri e dei militari, che per il raggiungimento dell'obiettivo di pace e sicurezza hanno sacrificato le loro giovani vite mentre aiutavano le popolazioni di Nassiriya.
Ricorda la sua relazione del 24 febbraio 2004, svolta in occasione della conversione in legge del precedete decreto-legge di proroga della missione in Iraq, laddove diceva: «diranno la storia e soprattutto i risultati che si vedranno alla fine della missione quale possa essere l'esito dell'Alleanza dei volenterosi: nel momento attuale non ci può essere alcun dubbio né tattico, né strategico sul fatto che l'Italia deve restare e non soltanto perché primo dovere del Governo è dare seguito alle scelte del Parlamento».
Oggi, nel chiedere il prolungamento della missione, siamo confortati dai risultati raggiunti, che ci dicono che è stata giusta la scelta del Parlamento, oggi più di prima stimolato a ripeterla, essendo essa dedicata a fornire sicurezza agli iracheni, perché possano studiare, lavorare, fare cultura, politica, avvalersi della cooperazione internazionale per dare un futuro più umano, più ricco di opportunità, ai giovani, offrendo così anche ad altri popoli dell'area l'esempio di che cosa sono capaci i principi democratici e civili se tradotti nell'esercizio del potere politico.
Gli iracheni devono sentire che l'Unione europea e la Nato, e si spera presto anche l'Onu, sono accanto a loro: ritiene che tale sia appunto la prospettiva che si sta delineando, dopo il risultato del Vertice dell'Alleanza Atlantica tenutosi il 28 e 29 giugno scorsi ad Istanbul, ed anche in seguito alle scelte che il Consiglio Europeo dei Ministri ha fatto recentemente
nominando Presidente della Commissione Europea Manuel Barroso, Primo Ministro del Portogallo.
Naturalmente la valutazione positiva meritata dalla restituzione da parte dell'Alleanza dei Volonterosi del governo dell'Iraq agli iracheni, non può far dimenticare le centinaia di civili che sono morti nella «guerriglia», che oggi non potrà più essere definita «di liberazione», essendosi rivelata opera di kamikaze terroristi, venuti da altri Paesi, o di chi ha operato per riportare al potere Saddam Hussein, che gli americani hanno già consegnato all'autorità giudiziaria irachena, la quale che dovrà giudicare i crimini commessi uccidendo centinaia di migliaia di persone ree soltanto di opporsi al regime baathista.
Anche molti Paesi arabi hanno accolto con soddisfazione il passaggio dei poteri al nuovo governi iracheno, con alcune dichiarazioni: ad esempio l'Egitto, la Giordania, il Kuwait, il Qatar, gli Emirati Arabi Uniti, il Bahrein.
Ricorda che l'arcivescovo di Baghdad Jean Benjamin Sleiman ha analizzato lo stato d'animo degli iracheni dicendo: «La speranza ora è tornata. La gente irachena, con il passaggio dei poteri, ha la sensazione di essere tornata a prendere possesso del proprio Paese. Prima non vi era tanto l'idea di essere soggiogati da una forza nemica, quanto piuttosto si sentiva con estrema sofferenza un vuoto di potere e di istituzioni».
Un vuoto - aggiunge - che il terrorismo internazionale riempiva con la violenza più disumana, quale è quella che colpisce e uccide persone inermi, o quegli iracheni che si preparavano a garantire sicurezza ai cittadini che volevano lavorare.
Il passaggio dei poteri dall'americano Paul Bremer all'iracheno Al Yawar è soltanto il primo passo di un lungo processo democratico, che continuerà a essere fortemente minacciato dai terroristi.
Ora però sarà psicologicamente chiaro agli iracheni e al resto del mondo che gli attentati terroristici non sono diretti contro le forze occupanti, ma contro il nuovo governo iracheno, scelto da tutte le forze politiche e legittimato dall'Onu.
Nessuno potrà più parlare di resistenza, perché ora c'è un governo rappresentativo, sovrano e legittimato, con il compito di garantire la sicurezza con l'aiuto della coalizione internazionale e, ora anche con il coinvolgimento della Nato, nell'addestramento dell'esercito iracheno.
Dall'altra parte c'è la guerriglia, l'inquinamento dell'informazione da parte dei nostalgici del dittatore di ieri e di oggi, e la «guerra dei terroristi» internazionali di Al Qaida.
L'Italia, con la sua azione politica specialmente nell'ambito dell'Unione Europea, della Nato e delle Nazioni Unite, fece bene fin dal momento in cui prese con il suo Parlamento la decisione di partecipare ad una missione che oggi a giusto titolo può essere definita «pacificatrice».
Non diamo nulla per scontato, ma sappiamo che il nostro contingente militare è lì, così come è stata presenta nel governo provvisorio di Paul Bremer la dottoressa Contini, cui pure il Parlamento deve rivolgere un caloroso ringraziamento per la sua azione svolta in occasione dell'attacco ai ponti di Nassiriya, il 6 aprile 2004, e dell'attacco alla sede della CPA il 14 maggio, insieme al generale Gianmarco Chiarini, comandante all'epoca del contingente italiano. Entrambi ebbero l'intelligenza di capire che le azioni della guerriglia non hanno mai avuto l'appoggio della popolazione irachena.
Anche questo è stato il contributo che l'Italia ha dato alla vera liberazione dell'Iraq, che oggi è liberazione dal terrorismo internazionale.
Tutti questi elementi, e molti altri, vanno nella stessa direzione delle scelte fatte dal Governo e dal Parlamento italiani in merito a questa missione, resistendo alle ripetute richieste di ritiro. Per tutti questi motivi «Antica Babilonia» va rifinanziata e organizzata, perché è una soluzione politica e un programma di assistenza militare che risponde alla richiesta del legittimo governo iracheno.
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P>Roberto LAVAGNINI (FI), relatore, rileva che il decreto-legge reca l'autorizzazione di una missione umanitaria, di stabilizzazione e ricostruzione in Iraq, e proroga la partecipazione italiana a varie missioni internazionali in atto nonché le relative modalità di svolgimento.
L'adozione del decreto-legge è giustificata, come risulta dal preambolo del provvedimento, dalla straordinaria necessità ed urgenza di emanare disposizioni volte ad assicurare: la prosecuzione della partecipazione italiana al processo di stabilizzazione democratica e di ricostruzione dell'Iraq e degli interventi umanitari a sostegno della popolazione; la partecipazione dei contingenti italiani alle missioni internazionali tuttora in corso e la prosecuzione dei programmi di cooperazione delle Forze di polizia italiane in Albania e nei Paesi dell'area balcanica.
Il decreto-legge determina numerosi rinvii alla legislazione vigente, secondo un procedimento consueto nei decreti che regolano la partecipazione italiana alle missioni internazionali, in conseguenza della carenza di una normativa unitaria che regolamenti i profili giuridico-economici delle missioni stesse.
Ricordo a questo riguardo che la Commissione difesa è da lungo tempo impegnata nell'esame del testo unificato delle proposte di legge di iniziativa dei deputati Ascierto (A.C. 1038), Molinari (A.C. 1108), Migliori (A.C. 1142) e Lavagnini (A.C. 1514), finalizzate a definire una disciplina generale in materia di regime giuridico e retributivo del personale militare impegnato nelle missioni internazionali all'estero, di cui auspico una positiva conclusione, vista l'importanza di una normativa organica concernente la materia delle missioni internazionali.
Ciò premesso, passo alla descrizione degli articoli del decreto-legge, soffermandomi, in particolare, su quegli aspetti del provvedimento che presentano alcuni profili problematici quanto alla loro formulazione.
Il decreto-legge è diviso in tre Capi di cui: il Capo primo (articoli 1-3) autorizza la missione umanitaria in Iraq e rinvia alle disposizioni particolari che disciplinano gli interventi; il Capo secondo (articoli 4-12) proroga la partecipazione militare italiana a varie missioni internazionali, e reca alcune connesse disposizioni; il Capo terzo (articoli 13-14), infine, dispone la relativa copertura finanziaria e disciplina l'entrata in vigore del provvedimento.
L'articolo 1 del decreto-legge autorizza la spesa di circa 20,9 milioni di euro per la realizzazione di una missione umanitaria in Iraq e ne individua le finalità, facendo anche rinvio alla risoluzione dell'ONU n. 1546. Dalla formulazione dell'articolo 1 sembra che, alla luce del nuovo quadro definito dalla Risoluzione delle Nazioni Unite n. 1546 dell'8 giugno scorso, non si intenda disporre la semplice proroga della missione umanitaria in Iraq già autorizzata dall'articolo 1 del decreto legge n. 165 del 2003, e successivamente prorogata al 30 giugno 2004 dall'articolo 1 del decreto legge n. 9 del 2004, ma si voglia piuttosto autorizzare una nuova specifica missione. Essa viene ora definita umanitaria, di ricostruzione e di stabilizzazione, mentre in precedenza non figurava quest'ultima caratteristica. Per la prima volta l'attività svolta dalla Croce Rossa Italiana, come si evince dalla relazione tecnica, è collocata nell'ambito di tale missione e viene previsto l'utilizzo di personale locale.
L'articolo 2 affida al Capo della rappresentanza diplomatica italiana a Baghdad la direzione della missione umanitaria e detta alcune norme di organizzazione.
L'articolo 3 rinvia al precedente decreto-legge n. 165 del 2003 per la definizione degli aspetti organizzativi della missione. Il comma 2, del predetto articolo prevede che per l'affidamento degli incarichi e per la stipula dei contratti di cui all'articolo 4, comma 1, del decreto-legge. n. 165 del 2003, si applicano anche le disposizioni di cui alla legge 26 febbraio 1987, n. 49. Si rileva che il riferimento alla legge n. 49 del 1987 appare piuttosto generico. Sarebbe forse opportuno indicare più in dettaglio le disposizioni di cui si intende consentire l'applicazione.
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BR>L'articolo 4 proroga fino al 31 dicembre 2004 la partecipazione di personale militare italiano alle missione internazionali in Iraq e nei diversi territori che vedono impegnato il nostro Paese. Segnalo che il comma 4 del predetto articolo, proroga, tra le altre, la missione Albit in Albania. Tuttavia, sulla base dei dati forniti dal Documento del Ministero della Difesa sulle missioni/operazioni in corso, del 10 marzo 2004, tale missione risulta conclusa nel febbraio 2004. Infatti, negli analoghi documenti pubblicati successivamente a tale data non risulta più citata né risulta compresa nel riepilogo degli oneri allegato alla relazione tecnica.
L'articolo 5 proroga al 30 giugno 2004 la partecipazione di personale delle Forze di polizia italiane ad operazioni internazionali.
L'articolo 6 prevede: l'autorizzazione al comandante del contingente militare in Iraq a disporre interventi urgenti e lavori, anche in deroga alle disposizioni di contabilità dello Stato; autorizza altresì la partecipazione alla missione umanitaria in Iraq di una delegazione di esperti militari italiani per la formazione del personale delle Forze armate irachene; il trattamento assicurativo da applicare al personale dell'Arma dei carabinieri impiegato, nell'ambito della missione umanitaria in Iraq, per il servizio di protezione e sicurezza dell'Ambasciata, della Delegazione diplomatica speciale e del Consolato generale; lo stanziamento di euro 1.240.000 per il sostegno logistico della compagnia di fanteria rumena operante in Kosovo, nell'ambito del contingente italiano inserito nella KFOR; lo stanziamento di euro 83.000 per il sostegno logistico di una compagnia di fanteria albanese da inserire nel contingente italiano impegnato nella missione in Albania.
Rileva che il comma 2 del citato articolo, nell'ambito della missione umanitaria prevista dall'articolo 1, autorizza la partecipazione di esperti militari italiani alla riorganizzazione del Ministero della difesa iracheno e alla formazione del personale delle Forze armate irachene. Trattandosi di una disposizione che riguarda la missione disciplinata dal Capo I del decreto, sarebbe forse opportuno inserirla in tale capo. Analoga osservazione può essere fatta riguardo al comma 3 del medesimo articolo 6 che attribuisce al personale dell'Arma dei carabinieri, impiegato nell'ambito della missione umanitaria in Iraq di cui all'articolo 1, per il servizio di protezione e sicurezza dell'Ambasciata d'Italia, della Delegazione diplomatica speciale e del Consolato generale, il trattamento assicurativo previsto dall'articolo 3 del decreto-legge n. 451 del 2001, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 15 del 2002.
L'articolo 7 disciplina le indennità di missione da corrispondere al personale all'estero, modulate secondo il tipo di missione in cui è impiegato.
L'articolo 8 consente di valutare il servizio prestato dagli ufficiali delle Forze armate e dell'Arma dei carabinieri nelle operazioni internazionali disciplinate dal decreto, ai fini del loro avanzamento.
L'articolo 9 definisce il limite complessivo di spesa entro il quale il Ministero della difesa, in relazione alle operazioni internazionali di cui al presente provvedimento, può ricorrere ad acquisti in economia, anche in deroga alle disposizioni di contabilità di Stato.
L'articolo 10 stabilisce l'applicazione del Codice penale militare di guerra (con le esclusioni di cui all'articolo 9, decreto-legge n. 421 del 2001, convertito dalla legge n. 6 del 2002), per il personale militare impiegato in Iraq ed in Afghanistan. Il medesimo articolo, al comma 4, stabilisce l'applicazione del Codice penale militare di pace e di alcune disposizioni del citato articolo 9 al restante personale militare all'estero. Il comma 2 dell'articolo è relativo ai reati commessi da stranieri in territorio afgano o iracheno, in danno dello Stato italiano, o di cittadini italiani partecipanti alle missioni militari.
L'articolo 11 autorizza l'ulteriore spesa di euro 800.000 per la realizzazione di uno studio epidemiologico di tipo prospettico seriale, volto all'accertamento dei livelli di uranio e di altri elementi potenzialmente tossici presenti nei campioni biologici dei
militari impiegati nelle operazioni internazionali, al fine di individuare eventuali situazioni espositive idonee a costituire fattore di rischio per la salute. Tale studio è stato disposto dall'articolo 13-ter del decreto-legge n. 9 del 2004, convertito dalla legge n. 68 del 2004. A questo riguardo, segnala che proprio ieri si è svolta in Commissione Difesa l'audizione del Direttore generale della Sanità militare che ha comunicato le modalità operative con le quali il predetto studio sarà attuato in collaborazione con i principali Centri di ricerca nazionali.
Per quanto riguarda la formulazione dell'articolo in esame, rilevo che esso nell'autorizzare l'ulteriore finanziamento dello studio epidemiologico disposto dal citato decreto-legge n. 9 del 2004, rinvia erroneamente all'articolo 13-bis anziché al 13-ter.
L'articolo 12 precisa il quadro normativo da applicare alle missioni in questione attraverso una seria di rinvii normativi.
L'articolo 13 reca la norma di copertura finanziaria, attingendo al Fondo recentemente istituito dalla legge n. 350 del 2003 (finanziaria 2004) e all'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 3, del decreto-legge n. 9 del 2004, che ha disposto la precedente proroga delle missioni.
L'articolo 14 reca la clausola di entrata in vigore.
Infine, segnala un problema di ordine generale concernente la formulazione delle diverse autorizzazioni di spesa relative alle proroghe delle varie missioni internazionali. Infatti, tali autorizzazioni anziché riferirsi al secondo semestre 2004 si riferiscono genericamente all'intero esercizio finanziario 2004, in tal modo interferendo con le corrispondenti autorizzazioni previste per le stesse missioni per il primo semestre 2004 dal decreto-legge n. 9 del 2004, convertito con modificazioni dalla legge n. 68 del 2004.
Il sottosegretario Alfredo Luigi MANTICA osserva che la Missione umanitaria, disposta dal Governo immediatamente dopo la fine delle ostilità in Iraq ed approvata dal Parlamento in data 15 aprile 2003, ha rappresentato un lodevole e tempestivo impegno istituzionale teso a favorire in un Paese stremato da decenni di dittatura e guerre, attraverso l'invio di un contingente militare, nonché di un nucleo di esperti civili, la creazione di una cornice di sicurezza entro la quale realizzare interventi di emergenza per evitare ulteriori sofferenze alla popolazione ed assicurare, nella complessa fase del post-conflitto, l'erogazione dei servizi essenziali.
La Missione, ad alta valenza politica, con il mandato di contribuire concretamente alla stabilizzazione e alla ricostruzione dell'Iraq partecipando agli sforzi di una Coalizione multinazionale, rispondeva all'appello della Risoluzione 1483 del maggio 2003 confermato e precisato con la successiva Risoluzione 1511 del novembre 2003.
La Missione si è, fin dall'inizio, inserita in un'ottica di soluzione multilaterale alla crisi irachena, tesa a conferire all'ONU un ruolo centrale, e ne ha rappresentato una delle utili e concrete premesse. Da questo punto di vista notevole è stata l'attività diplomatica condotta dal Governo, segnatamente durante il semestre di Presidenza dell'Unione Europea, per dare impulso ed unitarietà all'azione europea nonché per ampliare il consenso della comunità internazionale, azione che si è particolarmente intensificata nel corso delle settimane di negoziato che hanno preceduto l'adozione della Risoluzione 1546 che ha consacrato il recupero dell'esercizio di pieni poteri da parte irachena.
Oltre alla dislocazione nella Provincia di Dhi Qar di un contingente militare di circa 3.000 unità e all'inserimento nelle strutture dell'Autorità Provvisoria della Coalizione, che de facto ha amministrato l'Iraq fino alla fine di giugno, di 40 esperti sia pubblici che privati, il Governo ha disposto, coerentemente con quanto annunciato in Parlamento il 15 aprile 2003, una serie di interventi e programmi settoriali. Complessivamente sono stati stanziati, per la sola componente civile della missione, più di 50 milioni di euro per il periodo luglio 2003-dicembre 2004, ai
quali debbono aggiungersi i 200 milioni di euro a favore della ricostruzione che il Governo ha annunciato in occasione della Conferenza dei donatori tenutasi a Madrid nell'ottobre scorso.
Particolarmente meritevoli di menzione appaiono gli interventi a tutela del patrimonio culturale ed archeologico iracheno che hanno permesso di recuperare la maggior parte delle collezioni raccolte nel Museo Nazionale di Baghdad, che erano state messe a repentaglio dai brutali saccheggi del dopo guerra e di avviare la catalogazione di tutti i siti archeologici, nonché l'attività in campo sanitario, avviata fin dal maggio 2003, in un primo momento con un ospedale attendato, dalla Croce Rossa, il cui personale continua a svolgere una meritevole ed apprezzata azione in una struttura ospedaliera di Baghdad.
La recente proroga di ulteriori sei mesi della Missione, approvata il 22 giugno scorso dal Consiglio dei Ministri, si colloca in un contesto di legittimazione e sovranità irachena, che presenta un incoraggiante quadro multilaterale più ampio, di rinnovata coesione multinazionale di fronte alle sfide che il terrorismo e la guerriglia, che imperversano in Iraq, tuttora impongono alla Comunità internazionale. Si è infatti rafforzata la consapevolezza in seno alla Comunità internazionale che un fallimento in Iraq rappresenterebbe una gravissima minaccia alla sicurezza dell'Occidente, cosa che si traduce in una maggiore disponibilità al concerto internazionale e all'intervento di organizzazioni anche regionali.
La Risoluzione 1546, votata all'unanimità dal Consiglio di Sicurezza l'8 giugno scorso, pone la presenza di una Forza multinazionale, autorizzata dal Consiglio di Sicurezza ed invitata dalle Autorità irachene, al servizio di un processo di transizione politica verso la democrazia costituzionale, scandito da consultazioni elettorali, la cui prima fase è l'assunzione dei pieni poteri, avvenuto il 28 giugno, da parte di un Governo interinale iracheno.
Questi sviluppi positivi introducono elementi di novità accanto ad esigenze di continuità. Il prolungamento della presenza di Forze militari straniere è un'esigenza riconosciuta dal Primo Ministro Allawi, che ha inviato una sua richiesta scritta in tal senso al Consiglio di Sicurezza, positivamente riscontrata dal Segretario di Stato Powell, rappresentante del Paese sotto il cui comando la Forza multinazionale è posta. La Forza multinazionale opererà in uno spirito di partenariato con le Forze militari e di sicurezza irachene, su basi di collaborazione paritaria, nel quadro di intese e di strutture comuni come il Comitato Nazionale per la Sicurezza. La sua permanenza è dettata da imperativi di sicurezza ma le verrà chiesto, in parallelo, di provvedere all'addestramento delle Forze di polizia e dell'Esercito irachene, per potenziarne le capacità nella prospettiva di una piena assunzione delle responsabilità del mantenimento dell'ordine pubblico. L'Italia appoggia questa impostazione per il cui successo intende fare la sua parte.
L'Autorità Provvisoria della Coalizione è stata disciolta ma la Risoluzione 1546 esorta la Comunità internazionale a sostenere l'attuale fase di transizione politica in Iraq, offrendo al Governo iracheno assistenza tecnica e professionale.
L'Italia intende, di concerto con le Autorità irachene, fornire il supporto di consulenti civili in alcuni Ministeri chiave, tra cui quelli della Cultura, delle Finanze, della Pianificazione e dello Sviluppo, della Difesa. In quest'ultimo settore l'entità del coinvolgimento italiano sarà di particolare rilevanza in quanto, oltre a predisporre un intenso programma di attività di formazione, siamo stati sondati per partecipare all'istituzione di uno Staff College, di un'Unità di pianificazione ed analisi, nonché di un Istituto Nazionale per la Difesa.
Il Presidente del Consiglio ha autorevolmente illustrato in Parlamento il 20 maggio scorso, ricevendone l'approvazione, i motivi secondo i quali riteneva opportuno confermare la permanenza della Missione in Iraq.
Si tratta sostanzialmente di considerazioni di coerenza e serietà: l'Italia è stata
finora presente in Iraq, pagando un pesante tributo in termini di vittime, anche per rendere possibile il ritorno delle Nazioni Unite per svolgere il loro insostituibile ruolo di «nation building». Sarebbe quantomeno incoerente e contraddittorio ritirarsi proprio alla vigilia del ritorno dell'ONU, al quale abbiamo contribuito sul terreno con risorse umane e sacrifici.
Precisa poi che la nostra azione e apprezzata dagli iracheni e si è sempre posta a loro esclusivo vantaggio con l'intento di dare loro un futuro di pace, riconciliazione e prosperità. Intendiamo ristabilire i tradizionali rapporti di amicizia e cooperazione in tutti i settori. La riapertura dell'Ambasciata, la nomina a nostro Rappresentante del valente diplomatico che era a capo della Delegazione Diplomatica Speciale, l'istituzione di un Consolato Generale a Bassora traducono la volontà dello Stato di normalizzare le relazioni e contribuire alla legittimazione, sul piano internazionale, del nuovo Governo iracheno.
Continuerà ad operare in Iraq una Delegazione Diplomatica Speciale che sarà incaricata di dare supporto tecnico ed amministrativo alla Missione umanitaria, composta da un nucleo di esperti civili preposti alle funzioni di assistenza prevista dalla Risoluzione 1546.
La Croce Rossa rimarrà impegnata in Iraq estendendo i suoi interventi nella Provincia di Dhi Qar. Il Governo desidera, almeno in questa prima fase di consolidamento della sovranità a partire anche dalle realtà locali concentrare alcuni interventi nella zona meridionale dell'Iraq. È stato così previsto di realizzare un progetto di sostegno allo sviluppo di un sistema di piccole e medie imprese, nonché la creazione di un centro stampa per consentire ai media locali di diffondere una corretta informazione sull'attività umanitaria della Forza multinazionale e della missione italiana che ne fa parte.
La situazione in Iraq rimane fluida e irta di incertezze ma con l'approvazione della risoluzione 1546 si sono gettate le basi per futuri progressi. Sul piano internazionale l'intesa è più solida e matura; in Iraq si sono messe in moto dinamiche politiche che dovrebbero alimentare forme di competizione meno violente. Occorre isolare gli estremisti e dare fiducia nel futuro alla popolazione, fiducia che verrà alimentata da un doppio processo: la ripresa nelle mani irachene del loro destino e la solidarietà della Comunità internazionale. La Missione italiana vuole essere proprio un atto di solidarietà responsabile e fattivo.
Per quanto concerne l'Afghanistan, osserva che sono in corso le iniziative contro il terrorismo ed a favore della stabilizzazione dell'Afghanistan denominate ISAF e «Enduring Freedom».
La «International Security Assistance Force» (ISAF) è stata istituita con la Risoluzione 1386 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite alla fine del 2001. L'International Security Assistance Force («ISAF») ha il compito di garantire la sicurezza dell'Autorità Interinale Afgana, nella zona di Kabul e nelle sue aree limitrofe. Nell'aprile 2003 l'Alleanza ha deciso di accrescere il proprio impegno nell'operazione assumendone la direzione politica, tramite il Consiglio Atlantico, e il coordinamento strategico, tramite SHAPE. Con la Risoluzione 1510, approvata il 13 ottobre 2003, il Consiglio di Sicurezza ha autorizzato un ampliamento geografico e funzionale del mandato di ISAF, in un'ottica volta ad estendere l'autorità del Governo Karzai oltre la capitale afgana e a consentire l'ordinata preparazione e il corretto svolgimento delle prossime scadenze elettorali.
Dopo il dispiegamento di un «PRT» tedesco a Konduz nel nord del Paese, la NATO prevede di costituire altri PRT per permettere l'effettiva espansione della Missione ISAF al di fuori di Kabul, secondo quanto annunciato al vertice di Istanbul.
L'Italia contribuisce alla Missione ISAF con un contingente di oltre 500 uomini, ed ha dato la propria disponibilità a supportare con ulteriori sforzi l'espansione della Missione sul territorio.
In aggiunta e separatamente, l'Italia ha messo a disposizione un battaglione in ambito NRF (NATO Reaction Force), attivabile per il supporto alle operazioni elettorali.
La Missione contribuisce in maniera essenziale alla sicurezza nella capitale afgana ed alla stabilità dell'attuale governo, permettendo di raggiungere gli obiettivi fissati dalla Comunità Internazionale con gli Accordi di Petersberg del 2001, e più in generale contribuisce alla lotta contro il terrorismo internazionale in un'area critica.
In seguito alla Risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell'ONU n. 1510, la Missione può contribuire grandemente ad estendere l'autorità del Governo Karzai sull'intero territorio dell'Afghanistan.
La Risoluzione, affidando il controllo della Missione ISAF alla NATO, ha posto una notevole valenza politica sul perseguimento dei suoi obiettivi, che sono divenuti priorità dell'Alleanza, come confermato anche al recente Vertice di Istanbul.
Infine, la missione ISAF - adeguatamente rinforzata - potrà assistere l'ordinata preparazione e il corretto svolgimento delle prossime scadenze elettorali in Afghanistan, i cui esiti saranno determinanti per la stabilizzazione e il futuro del Paese; e potrà altresì assistere ad altri compiti di primaria importanza quali la lotta al narcotraffico e il processo di disarmo delle milizie irregolari (DDR).
L'operazione Enduring Freedom è stata avviata nell'ottobre 2001 dagli Stati Uniti d'America nel quadro della campagna contro il terrorismo internazionale («global war against terrorism»). L'operazione, diretta dal Comando Centrale USA - CENTCOM dislocato in Tampa - Florida, è al momento nella sua quarta fase che prevede l'impiego delle unità di terra al fine di creare un ambiente stabile e sicuro per prevenire il riemergere di focolai di terrorismo, supportare le operazioni umanitarie ed addestrare l'Esercito afgano. Questa fase dell'operazione è caratterizzata da un più spiccato orientamento umanitario volto a conquistare il favore (hearts and minds) della popolazione locale.
Tale operazione è stata autorizzata con numerose risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ed in particolar modo con la 1368 (12 settembre 2001) e la 1373 (28 settembre 2001).
Per questo motivo il Parlamento Italiano ha autorizzato, a partire dal novembre 2001 ed in più occasioni, la partecipazione di contingenti militari italiani alle operazioni condotte dalla coalizione sia in Afghanistan che nelle acque del Golfo Persico e del Mare Arabico. La massima partecipazione operativa è stata toccata con un Gruppo Tattico («Task Force Nibbio», circa 1.000 uomini) dal marzo al settembre 2003.
Il contributo Italiano all'operazione Enduring Freedom si concretizza, al momento, con una componente navale (facente parte di Euromarfor) in navigazione nell'Oceano Indiano (Task Force 150) ed un reparto dell'Aeronautica Militare operante in Kirgyzstan (5o R.O.A.).
Per quanto concerne i Balcani Occidentali, precisa che si è assistito in questi ultimi tempi a significativi progressi nel consolidamento dei processi di pacificazione in atto nella regione, oltre che ad un miglioramento delle condizioni generali di vita delle popolazioni. Fa eccezione a tale scenario complessivamente positivo il Kossovo, dove, a seguito delle violenze di marzo, la situazione rimane delicata.
Possibili progressi sul rilancio del dialogo diretto tra Belgrado e Pristina potrebbero tuttavia verificarsi a seguito della vittoria del candidato DS Tadic alle presidenziali in Serbia lo scorso 27 giugno.
In Bosnia Erzegovina il processo di riforme è a buon punto. La riforma del settore della difesa elaborata dall'Ufficio dell'Alto Rappresentante costituisce un elemento cruciale per il rafforzamento delle strutture dello Stato. È inoltre in fase avanzata di realizzazione anche la riforma della polizia.
Il Consiglio Europeo del 18 giugno scorso ha accolto favorevolmente i progressi sostanziali compiuti nei preparativi
della missione a guida europea EUFOR che succederà alla SFOR (a guida NATO) in Bosnia-Erzegovina nel prossimo dicembre. Il Consiglio ha chiesto alla futura Presidenza e al Segretario Generale/Alto Rappresentante di proseguire la pianificazione operativa per la missione. Si tratta in questo caso anche di un esempio concreto del partenariato strategico UE/ NATO nella gestione delle crisi.
Il Consiglio europeo ha inoltre adottato una politica globale nei confronti della Bosnia-Erzegovina che definisce modalità pratiche per migliorare la coerenza e l'efficacia dell'impegno dell'UE a sostegno della prospettiva europea del paese.
Particolare rilevanza assume, infine, il tema della collaborazione della Bosnia Erzegovina - ed in particolare della Repubblica Srpska - con il Tribunale Penale Internazionale per la ex Jugoslavia, requisito cruciale per il processo di avvicinamento di Sarajevo alle istituzioni europee ed euroatlantiche. La Bosnia Erzegovina dovrà compiere ulteriori sforzi in questa direzione per vedere soddisfatte le proprie aspirazioni.
In Macedonia (FYROM) si è assistito nell'ultimo anno ad un'accelerazione del processo di riforma ed al consolidamento delle istituzioni lungo le linee tracciate con gli Accordi di Ocrida. Anche dopo la morte, nel febbraio scorso, del Presidente Trajkovski, cui è succeduto l'ex Primo Ministro Crvenkovski, la Macedonia ha proseguito il cammino di avvicinamento verso le strutture europee. Il 22 marzo scorso, infatti, Skopje ha formalmente presentato la domanda di adesione alla UE ed il 1o aprile scorso è entrato in vigore l'Accordo di Stabilizzazione ed Associazione con l'Unione Europea.
L'accento continua ad essere posto soprattutto sul decentramento, da cui dipendono, in larga misura, ulteriori progressi sul fronte della definitiva normalizzazione delle relazioni inter-etniche.
La situazione è andata via via migliorando anche sotto il profilo della sicurezza. La crisi del marzo scorso nel Kossovo non ha prodotto effetti di «trascinamento». La missione di polizia dell'Unione Europea, Proxima, sta ottenendo risultati particolarmente incoraggianti nel Paese.
In Albania, nonostante gli elementi di tensione che continuano a caratterizzare il quadro politico interno, si registrano alcuni positivi risultati, soprattutto per quanto concerne la crescita economica.
Occorrerà tuttavia procedere con rapidità all'attuazione delle riforme indispensabili per proseguire il cammino verso l'UE (giustizia, pubblica amministrazione), avviato con l'inizio dei negoziati per l'Accordo di Stabilizzazione ed Associazione nel gennaio 2003, e nell'integrazione nelle strutture della NATO.
Sono in particolare necessari ulteriori sforzi nella lotta alla corruzione ed al crimine organizzato, soprattutto per quanto concerne il contrasto dei traffici illeciti. Segnali incoraggianti, in particolare grazie all'azione delle nostre forze impegnate nel Paese, si segnalano sul versante della lotta all'immigrazione clandestina.
Passando alle missioni in Africa, ricorda che l'Italia esercita, per ragioni storiche e politiche, un ruolo di particolare rilievo nel Corno d'Africa, regione all'attenzione internazionale per il suo valore strategico e la sua rilevanza sotto il profilo della sicurezza. In questo contesto, l'Italia è in prima linea nei processi di pace in corso: quello fra Etiopia ed Eritrea (il nostro unico contingente militare in Africa è parte della forza di pace UNMEE); quello per la Somalia (Conferenza di Riconciliazione Nazionale di Mbagathi) e quello per il Sudan (negoziati di Naivasha).
L'Italia è stata inoltre la fondatrice dell'IPF (IGAD Partners Forum), l'organismo che raccoglie i Paesi donatori dell'IGAD, l'organizzazione degli otto Paesi membri del Corno d'Africa.
Ricorda poi la missione delle Nazioni Unite in Etiopia ed Eritrea (UNMEE): nell'attuale fase di stallo del processo di pace tra Etiopia ed Eritrea e considerato il nostro ruolo nella regione, è indispensabile mantenere immutata la nostra partecipazione ad UNMEE. Per quanto riguarda il processo di pace, al fine di superare lo stallo e facilitare l'avvio della
demarcazione del confine, il Segretario Generale delle Nazioni Unite ha nominato il 30 gennaio 2004 Lloyd Axworthy (già Ministro degli Esteri canadese) quale proprio Inviato Speciale. In ambito UE, è stata effettuata una missione presso i due Governi (5-6 aprile 2004) per richiamare le Parti ad adempiere pienamente al verdetto della Commissione e ad avviare un dialogo in vista della normalizzazione delle relazioni, che è condizione indispensabile per il successo del processo di pace. Il 3 luglio prossimo, il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, si recherà in visita ad Asmara ed a Addis Abeba per imprimere un nuovo impulso al processo di pace, cui apporterà il proprio contributo anche la missione del Sottosegretario di Stato Sen. Mantica, il prossimo 1o luglio ad Asmara ed il 6 ad Addis Abeba. In tale quadro, il mantenimento delle attuali dimensioni della forza di pace UNMEE appare indispensabile al fine di evitare possibili innalzamenti di tensione al confine che comporterebbero rischi gravissimi per il processo di pace.
Per il processo di pace in Sudan, appare indispensabile continuare ad assicurare la partecipazione alle attività del gruppo di monitoraggio dell'Accordo sulla cessazione delle ostilità (Verification and Monitoring Team, VMT) ed alle attività della Joint Military Comission per la verifica del cessate-il-fuoco nella regione dei Monti Nuba.
Sotto l'egida dell'IGAD, sono giunti alla fase conclusiva i negoziati di pace sul Sudan nell'ambito dei quali l'Italia è uno dei quattro Paesi mediatori esterni del processo di pace (assieme a Stati Uniti, Regno Unito e Norvegia). L'intesa raggiunta sui tre protocolli di Naivasha (Kenya) firmati il 26 maggio 2004 tra il Governo di Khartoum e il Sud del Sudan rappresentato dall'SPLM/A (Sudan People's Liberation Movement/Army) di John Garang dovrebbe spianare la strada ad un accordo di pace globale da raggiungere, probabilmente, nel corso dell'estate.
In questo quadro, la presenza italiana ai meccanismi di monitoraggio degli Accordi di cessate-il-fuoco già previsti è stata finora assicurata dalla partecipazione di due ufficiali nell'ambito del Verification and Monitoring Team (VMT) istituito il 4 febbraio 2003 per monitorare quanto previsto dal Memorandum of Understanding del 15 ottobre 2002 sulla cessazione delle ostilità. Il VMT costituirà il nucleo dal quale si svilupperà la futura missione di mantenimento della pace che il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite autorizzerà con apposita Risoluzione all'indomani della firma dell'accordo finale di pace. A tal fine, la Risoluzione 1547 dell'11 giugno 2004 ha autorizzato l'invio di una missione preparatoria di tre mesi in Sudan. L'Italia sta considerando come assicurare la propria partecipazione alla futura missione di monitoraggio dell'Accordo finale di pace.
Nel frattempo, è importante assicurare la continuità della presenza italiana al monitoraggio limitato alla sola regione dei Monti Nuba, previsto dall'accordo parziale sul cessate il fuoco firmato il 19 gennaio 2002 dalle parti con la mediazione degli Stati Uniti. È quindi essenziale sostenere gli oneri finanziari per continuare ad assicurare la presenza presso la Commissione Militare Congiunta alla quale partecipano i nostri maggiori partners (Stati Uniti, Gran Bretagna, Svezia, Francia, Olanda, Norvegia, eccetera). La Commissione Militare Congiunta ha il compito di monitorare eventuali violazioni dell'accordo di cessate-il-fuoco, di controllare la smobilitazione delle truppe nella misura concordata dalle parti, di assistere le parti nella risoluzione pacifica di eventuali controversie inerenti l'accordo e di garantire l'accesso degli aiuti umanitari in tutta l'area dei Monti Nuba, attraverso la creazione di appositi corridoi.
Infine ricorda che la gravissima emergenza verificatasi nella regione sudanese del Darfur ha richiesto la partecipazione italiana al meccanismo di monitoraggio dell'Accordo di cessate-il-fuoco umanitario firmato a N'Djamena l'8 aprile 2004 dal Governo del Sudan ed i ribelli dello SLA e del JEM. Tale accordo è finalizzato a consentire l'accesso delle organizzazioni umanitarie nella regione e prevede una
missione di 120 osservatori militari dell'Unione Africana per il suo monitoraggio, in questi giorni in via di dispiegamento. L'operazione di monitoraggio fa capo ad una Commissione sul cessate-il-fuoco (Ceasefire Commission) e ad una di riferimento politico (Joint Commission) con rappresentanti delle parti, dell'Unione Europea e degli Stati Uniti. Il 28 maggio il GoS ed i ribelli hanno siglato ad Addis Abeba un accordo sulle modalità per il dispiegamento della Commissione di monitoraggio del cessate-il-fuoco e degli osservatori internazionali. Al fine di contribuire al rapido stabilimento del meccanismo di monitoraggio del cessate-il-fuoco umanitario, abbiamo risposto alla richiesta rivolta dall'Unione Europea agli Stati-membri di fornire i sei ufficiali che l'Unione invierà in Darfur, assicurando il contributo di un ufficiale delle Forze Armate italiane nell'ambito della Commissione per il cessate-il-fuoco dell'Unione Africana che sta prendendo posizione nell'area.
Gustavo SELVA, presidente della III Commissione e relatore, con riferimento a quanto rilevato dal rappresentante del Governo a proposito della difficile situazione nei Balcani, aggiunge che, a suo giudizio, è particolarmente importante porre una speciale attenzione al Kossovo, dove ha recentemente svolto una missione. Nel corso di questa ha potuto verificare il livello pienamente soddisfacente dell'azione svolta dai nostri militari in quella regione, ma non altrettanto invece per quanto riguarda l'operato della forza multinazionale delle Nazioni Unite, la quale non ha saputo adeguatamente proteggere la popolazione serba dalle distruzioni e dai massacri operati dalla parte avversa nei recenti disordini dello scorso marzo.
Il sottosegretario Francesco BOSI, nel rilevare preliminarmente come i diversi aspetti politici e amministrativi concernenti la proroga delle missioni internazionali siano stati illustrati in modo puntuale dai precedenti interventi, intende comunque segnalare due aspetti che contraddistinguono la presente proroga rispetto alla precedente.
In primo luogo, il mutato scenario giuridico in cui si svolge la missione in Iraq. A questo proposito segnala come alla luce della risoluzione del Consiglio di sicurezza dell'ONU 1546, la forza multinazionale operi dal 1o luglio 2004 a sostegno del Governo iracheno, anche al fine di assicurare lo svolgimento di libere elezioni previste a gennaio 2005. La missione del contingente italiano si svolge pertanto nell'ambito di questo nuovo quadro, fermo restando che i suoi compiti, pur rimanendo sostanzialmente immutati, saranno svolti in costante coordinamento con il Governo iracheno.
In secondo luogo, pur restando inalterate le condizioni amministrative della presente proroga rispetto alle precedenti, viene ulteriormente sviluppata la parte umanitaria della missione in Iraq, nell'ambito della quale le forze armate italiane continueranno a svolgere importanti funzioni nel campo dalla ricostruzione delle infrastrutture, della sanità, della formazione delle forze armate irachene e soprattutto dell'assistenza diretta alla popolazione.
Si riserva di intervenire in sede di replica su eventuali questioni che dovessero emergere nel corso della discussione.
Roberta PINOTTI (DS-U) chiede al Governo se risulta che vi sia una carenza di fondi da destinare al finanziamento delle missioni considerate dal decreto-legge in esame.
Il sottosegretario Alfredo Luigi MANTICA ricorda che nella conferenza internazionale per la ricostruzione dell'Iraq l'Italia si è impegnata a fornire un contributo di 200 milioni di euro. Auspica peraltro che tale impegno sia confermato per il futuro e non disatteso da eventuali difficoltà di bilancio per il Governo.
Valdo SPINI (DS-U) ribadisce la richiesta, già emersa dalla riunione dell'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, delle Commissioni riunite, svoltosi
nella giornata odierna, di procedere all'audizione del Capo di Stato maggiore della Difesa, al fine di valutare l'impatto militare complessivo delle missioni considerate dal presente decreto, anche in considerazione di quanto dichiarato a proposito delle missioni internazionali dai partecipanti al recente vertice della NATO, svoltosi ad Istanbul nei giorni scorsi.
Gustavo SELVA, presidente della III Commissione e relatore, ricorda che le richieste di audizioni avanzate in sede di ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, delle Commissioni riunite, nella riunione svoltasi nella giornata odierna, sono state tutte respinte. Ribadisce poi che non è configurabile una responsabilità politica diretta dei vertici militari di fronte al Parlamento in relazione all'operato delle Forze armate nell'ambito delle missioni internazionali, a prescindere dalla responsabilità del Governo, che pertanto è il solo soggetto abilitato a rispondere davanti al Parlamento.
La seduta termina alle 20.50.