Giunta per le autorizzazioni - Mercoledì 4 febbraio 2004


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ALLEGATO

RELAZIONE DEL PRESIDENTE, ON. VINCENZO SINISCALCHI, SULLA MISSIONE DI UNA DELEGAZIONE DELLA GIUNTA PER LE AUTORIZZAZIONI A WASHINGTON, DC, USA

Indice

1. Premessa.
2. Scopi della missione.
3. Il rapporto tra il legislativo e il giudiziario.
3.1. Il colloquio con M. Duchesne.
3.2. Il colloquio con C. Johnson.
3.3. Le immunità parlamentari: i colloqui con l'Office of the General Counsel.
4. Il rapporto tra il legislativo e l'esecutivo: il potere d'inchiesta.
5. La corruzione politica: finanziamento delle campagne elettorali e indagini sulla corruzione.
5.1. Il finanziamento delle campagne elettorali federali.
5.2. Le indagini sulla corruzione politica: il colloquio presso l'FBI.
6. Gli incontri con le Commissioni parlamentari.

1. Premessa.

Autorizzata dal Presidente della Camera, onorevole Pier Ferdinando Casini, si è svolta, dal 21 al 25 settembre 2003, una missione di studio della Giunta per le autorizzazioni negli Stati Uniti.
Hanno fatto parte della delegazione, guidata dal Presidente della Giunta, onorevole Vincenzo SINISCALCHI (DS-U), i deputati Valter BIELLI (DS-U), Sergio COLA (AN), Giuseppe FANFANI (MARGH-U), Giovanni KESSLER (DS-U), Erminia MAZZONI (UDC) e Vincenzo MILIOTO (Misto-LdrNPsi).
Gli incontri sono stati assistiti da un servizio d'interpretariato simultaneo. La quasi totalità di essi è stata registrata. In alcuni casi, per mancanza del supporto magnetico, si è proceduto a una resocontazione sommaria diretta. Successivamente i nastri sono stati trascritti e la parte in inglese è stata tradotta. Ai testi sono poi state apportate le ordinarie correzioni formali, d'uso nell'attività di resocontazione. La presente relazione si base dunque su tale materiale, riportandone ampi stralci. La versione integrale dei resoconti è disponibile presso gli uffici della Giunta nonché sui siti internet dei membri della delegazione che ne hanno fatto richiesta.
L'organizzazione della visita di studio e i conseguenti esiti documentali sono stati curati dalla segreteria della Giunta per le autorizzazioni.
A quasi tutti gli incontri hanno partecipato anche l'avvocato generale della House of Representatives, Geraldine GENNET, e il suo assistente, l'avvocato David PLOTINSKY. A entrambe il Presidente della Giunta e i membri della delegazione rivolgono un sincero ringraziamento per l'impegno profuso nel consentire alla missione di conseguire al massimo grado i suoi fini.
Il Presidente della Giunta e i membri della delegazione sono grati altresì all'ambasciata d'Italia a Washington per l'aiuto fornito e alle interpreti per l'elevata qualità del lavoro prestato.

2. Scopi della missione.

Nel quadro dell'attività conoscitiva deliberata all'inizio della legislatura e come prosieguo rispetto alla missione svolta in Spagna, la Giunta intendeva avere momento


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di approfondimento dei temi dell'immunità parlamentare negli Stati Uniti e, più in generale, dei rapporti tra il legislativo e il giudiziario. In secondo luogo era intenzione della delegazione affrontare temi i quali - pur non pertenendo direttamente alla materia delle immunità parlamentari - sono di sostanziale interesse per l'attività della Giunta in quanto inerenti alle problematiche della vita politico-istituzionale da cui possono scaturire procedimenti parlamentari in materia di prerogative. Da ultimo ma non per importanza, la delegazione voleva ha incontrare esponenti di due Commissioni parlamentari competenti in materie che lato sensu possono assimilarsi alle nostre prerogative: l'House Administration Committee e la Standards of Official Conduct Committee (cosiddetta Ethics Committee). A unanime giudizio della delegazione, questi scopi sono stati tutti raggiunti essendo la missione risultata assai intensa e proficua. I temi affrontati dagli incontri sono stati tutti di estrema attualità e di enorme interesse per il Parlamento italiano. L'aver interloquito con soggetti così qualificati e l'aver raccolto una tale ricchezza di spunti non potrà che risultare di giovamento per i lavori e l'immagine dell'istituzione parlamentare.

3. Il rapporto tra il legislativo e il giudiziario.

La caratteristica fondamentale dell'ordinamento federale statunitense è la separazione dei poteri. Il legislativo, l'esecutivo e il giudiziario sono concepiti come organismi rigidamente indipendenti l'uno rispetto all'altro in funzione di uno svolgimento autonomo delle rispettive funzioni e in chiave di reciproco controllo.
Il legislativo federale è costituito da un parlamento bicamerale (il Congresso), composto dalla Camera (la House of Representatives) di 435 membri e il Senato di 100 componenti. La prima si rinnova per intero e il secondo per un terzo, ogni 2 anni. Le legislature si contano a ogni rinnovo della Camera, mentre il Senato è considerato un organo permanente. La Camera elegge il proprio Speaker tra gli esponenti del partito di maggioranza, mentre presiede di diritto il Senato il vicepresidente degli Stati Uniti. Non è previsto l'istituto dello scioglimento anticipato.
L'esecutivo è costituito dal Presidente degli Stati Uniti, eletto ogni 4 anni insieme al vicepresidente, che ne prende il posto in caso di dimissioni o morte o impedimento.
Il giudiziario è composto da corti federali di primo grado, da corti d'appello federali costituite in 12 circuiti e da una Corte suprema composta da 9 giudici vitalizi. L'ufficio della pubblica accusa presso questi organi è tenuto da esponenti del ministero della giustizia.
Per approfondire i temi legati al concreto funzionamento di questa ripartizione di attribuzioni e del sistema dei checks and balances la delegazione ha visitato la Corte suprema, interloquendo con il Fellow della Corte stessa, Matthew Duchesne; e ha svolto incontri con il General Counsel della House of Representatives, Geraldine Gennet e con il Parliamentarian della House of Representatives, Charles Johnson. Tali colloqui hanno evidenziato l'esistenza nell'ordinamento americano di effettivi controlli incrociati tra i diversi poteri dello Stato e allo stesso tempo l'estrema delicatezza dei temi coinvolti nell'esercizio di tali controlli e la complessità dei relativi procedimenti parlamentari. A quest'ultimo riguardo sono emerse con nettezza le questioni attinenti all'advice and consent del Senato sulle nomine presidenziali dei giudici e all'impeachment.

3.1. Il colloquio con M. Duchesne.

Per comprendere quanto appena affermato, giova riportare testualmente un passo dell'esposizione preparata dall'ospite per la delegazione:
Matthew DUCHESNE. - «[...] Qui negli USA abbiamo una Costituzione che prevede tre poteri dello Stato distinti ma uguali. Spesso sono considerati indipendenti l'uno dall'altro, ma questo non è del tutto vero. Ciascuno ha la propria sfera di attribuzione, per la quale è responsabile. Il potere è stato suddiviso in tre parti uguali per evitare che ciascuno dei rami abusasse del proprio. Tuttavia, non sono completamente


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indipendenti. Infatti, nel sistema è presente un insieme di procedure volte a impedire alle istituzioni statali di commettere abusi. In tal modo, oltre alla separazione dei poteri, questo sistema ha lo scopo di impedire la concentrazione del potere. Ciascun ramo ha un certo grado di autorità che consente di controllare le attività degli altri. Quindi, da questo punto di vista, non sono realmente indipendenti in quanto ciascuno, in una certa misura, è sotto il potere degli altri. Comincerò a parlare delle procedure volte a impedire gli abusi tra il potere giudiziario e quello legislativo.
Questo è il punto in cui vediamo la maggior parte di controlli esercitati dal potere legislativo su quello giudiziario. Il potere legislativo è considerato quello più rappresentativo dagli elettori, mentre quello giudiziario, al cui vertice sta la Corte Suprema, è considerato quello meno rappresentativo perché non viene eletto ma nominato. Pertanto, ci sono delle cose che il Congresso può fare per esercitare un certo controllo sul potere giudiziario. Innanzitutto, soltanto il Congresso ha il potere di spesa. Ha il potere di accantonare fondi, di aumentare il prelievo fiscale e pertanto controlla il bilancio degli altri organi, compresa la magistratura. La magistratura formula il proprio bilancio, ma può decidere come spendere il proprio denaro soltanto dopo l'approvazione del Congresso. Inoltre, il Congresso ha il potere di aumentare o ridurre il numero di giudici della Corte Suprema. Attualmente i giudici sono 9 e il numero è rimasto invariato dal 1865. Ma prima di questa data erano di meno e qualche volta sono stati anche di più. Comunque, il Congresso può decidere di cambiare il numero dei giudici. Cosa ancora più importante, il Congresso ha il potere di istituire o di abolire i tribunali di primo grado. Il nostro sistema giudiziario consiste di tre livelli. Il primo è rappresentato dalle corti federali di primo grado. Sono queste corti che svolgono la maggior parte del lavoro. È qui che vengono intentate e si decidono la maggior parte delle cause. Poi abbiamo una corte d'appello intermedia e al di sopra di questa c'è la Corte Suprema. L'unica corte istituita dalla nostra Costituzione è la Corte Suprema. Per il resto, la Costituzione affida al Congresso il compito di istituire i tribunali di primo grado, di stabilire il numero dei giudici e la loro giurisdizione. Come vedete, il Congresso ha poteri piuttosto ampi. Inoltre, il Congresso ha anche il potere di mettere in stato di accusa i giudici della Corte Suprema o dei tribunali di primo grado. Sotto alcuni aspetti, la messa in stato di accusa è molto simile a un processo, sotto altri è completamente diversa. In un tribunale di primo grado, per essere imputati e poi condannati bisogna avere commesso un reato specifico, mentre quando si è messi in stato di accusa, i fatti per i quali un giudice può essere destituito dalla carica sono piuttosto vaghi. In ogni modo, soltanto il Congresso ha il potere di destituire un giudice dalla carica.
Il Senato [...] può confermare o meno la designazione di un giudice. Le designazioni di cui si parla di più sono generalmente quelle dei giudici della Corte Suprema, ma questo riguarda la nomina di tutti i giudici federali, i cosiddetti giudici dell'articolo III, che sono designati dal Presidente e confermati dal Senato. Infine, il Congresso ha un altro potere abbastanza ovvio. Le corti, in particolare la Corte Suprema, hanno l'ultima parola su come interpretare una legge federale o la Costituzione. Ma quando una legge è in contrasto con la Costituzione, se il Congresso non è d'accordo con l'interpretazione che la Corte ha dato a quella legge, il Congresso può modificarla. Pertanto il Congresso ha l'autorità di intervenire sulla decisione della Corte per quanto riguarda le leggi, ma non può farlo quando si tratta della Costituzione. Se la Corte dice che una legge è incostituzionale, il Congresso non può mettere in discussione questa decisione. L'unica cosa che può fare è tentare di emendare la Costituzione, ma questo è un processo molto complesso e, di norma, infruttuoso. Questo è il genere di controllo che la magistratura esercita sul potere legislativo. Pur essendo l'unico, è estremamente potente. Ora parlerò invece delle procedure volte a impedire gli abusi tra la magistratura e il potere esecutivo.


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Il potere esecutivo esercita essenzialmente due tipi di controllo sulla magistratura. Innanzitutto, il Presidente designa i giudici della Corte Suprema e tutti i giudici che rientrano nell'articolo III. Inoltre, il Presidente ha il potere di concedere la grazia in tutte le cause penali. Se un tribunale dichiara qualcuno colpevole di un delitto e il Presidente è convinto che la condanna sia ingiusta, può concedere la grazia al condannato. L'unica eccezione è la messa in stato di accusa, ma questo non rientra nelle competenze dei tribunali o della Corte Suprema, bensì in quelle del Congresso. In questo caso, il Presidente non può concedere la grazia. Al contrario, i tribunali hanno il potere di dichiarare illegali e incostituzionali gli atti esecutivi e con questo mi riferisco a tutti gli atti del potere esecutivo, il quale ha un controllo e un'autorità molto ampi ed estesi su tutti gli Stati Uniti. Dichiarare illegittimo un atto significa semplicemente che il Presidente si è comportato in maniera non conforme alla legge approvata dal Congresso. Il termine incostituzionale implica la stessa cosa, ma a un livello superiore. Un'azione compiuta dal Presidente può essere dichiarata incostituzionale. A differenza del Congresso, il Presidente non ha l'autorità di modificare la legge o la Costituzione. Questa è una descrizione sommaria delle procedure volte a impedire gli abusi fra i tre poteri. [...] Posso fare un altro esempio. Poiché si tratta del ramo esecutivo e il Presidente e le persone che costituiscono il ramo esecutivo sono coloro che applicano la legge, sia nelle cause penali e in quelle civili, la magistratura può contestare il modo di agire dell'amministrazione. Per esempio, può contestare il modo in cui ha gestito un mandato di perquisizione o un'intercettazione o un arresto. Tuttavia, c'è un settore in cui i tribunali non vogliono essere coinvolti. Ci sono alcuni tipi di controversie o dispute che le parti tentano di portare in tribunale, ma che i tribunali non sono in grado di risolvere per vari motivi. Uno dei motivi potrebbe essere la political question, da risolvere in altra sede, presso un altro ramo del potere. Per esempio, la Costituzione stabilisce delle procedure specifiche per apportare degli emendamenti alla stessa. Tuttavia, il Congresso può scegliere la procedura da seguire tra quelle elencate nella Costituzione. Qualche anno fa è stata sollevata la questione su quanto tempo possa intercorrere tra la proposta di un emendamento e la sua approvazione da parte degli Stati. La questione fu portata davanti ai tribunali ed essi hanno detto che - poiché si trattava di una political question - la decisione spettava al Congresso. Un altro esempio: il ramo legislativo ha il potere di mettere in stato di accusa un membro del potere esecutivo, della magistratura o lo stesso Presidente, com'è successo qualche anno fa al Presidente Clinton. In ogni caso, è il ramo legislativo a condurre il processo. Tuttavia, la Costituzione non è molto chiara sul modo di condurre questo processo, anche se usa il termine «processo». Nel 1993, il Congresso ha messo in stato di accusa e processato un giudice federale in un tribunale di primo grado. Dopo essere stato condannato, il giudice destituito ha impugnato le procedure usate in tribunale sostenendo che non erano legittime. La risposta del tribunale è stata che quando il Congresso mette una persona in stato di accusa, il tipo di processo è diverso da quello tipico dei tribunali penali. [...] La Costituzione stabilisce che la Camera dei Rappresentanti è la sola ad avere potere di impeachment. Questo significa che è la Camera dei Rappresentanti a formulare le accuse formali (articles of impeachment), mentre il Senato giudica l'impeachment. Il Senato ha bisogno del quorum per qualsiasi azione che intraprende, ma per condannare occorrono i due terzi dei componenti.».
Rispondendo poi a domande di componenti la delegazione, l'avvocato Duchesne ha ricordato il caso della mancata conferma da parte del Senato dell'avvocato Estrada nominato da Gorge W. Bush a giudice della corte d'appello del circuito del Distretto di Columbia e precisato che - pur tra notevoli polemiche e perplessità dottrinali - la decisione della Corte Suprema del 2000 di risolvere la contesa elettorale tra Bush e Gore sia stata accettata,


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nessuno negando la legittimità del Presidente in carica. A domanda del deputato Bielli, l'avvocato Duchesne ha altresì illustrato che non vi sono proposte negli Stati Uniti volte ad alterare la composizione della Corte Suprema.

3.2. Il colloquio con C. Johnson.

Il dottor Johnson - al momento della missione - rivestiva la più alta carica amministrativa non-partisan nella House of Representatives, quella del Parliamentarian. A tale carica lo Speaker prepone solitamente il massimo esperto procedurale tra i funzionari di carriera. La delegazione ha ritenuto di incontrarlo a motivo del suo servizio quarantennale presso il Congresso, ciò che lo ha reso protagonista e testimone diretto degli eventi più significativi degli ultimi decenni al Congresso, dall'impeacment di Nixon a quello di Clinton, dalle inchieste parlamentari più note alle riforme legislative più radicali e controverse degli anni 90.
Quanto ai rapporti tra i poteri del Congresso e le attribuzioni giudiziarie, egli ha illustrato un caso di rilevante di interesse, quello del rappresentante Powell che era stato espulso dalla Camera nel 1966. Vale la pena al proposito riportare un passaggio testuale dell'esposizione del dottor Johnson e dell'interlocuzione dei membri della delegazione:
«Charles JOHNSON - La prima denuncia importante nei confronti della condotta di un membro che io ricordi fu contro Adam Clayton Powell, un membro afro-americano, eletto nello Stato del New York che a quel tempo era presidente democratico della Commissione Istruzione e Lavoro. Era stato accusato di uso illecito di denaro pubblico. Poiché la Ethics Committee non esisteva, fu creata una Commissione speciale la quale propose che egli fosse multato, destituito dalla carica di presidente e retrocesso al livello più basso. [...].

Vincenzo SINISCALCHI - Che significa retrocesso?

Charles JOHNSON - Privato delle cariche diverse dall'essere deputato. Questo fatto avvenne nel 1966. Però, visto che la Camera non giudicò sufficiente questa punizione, decise di espellerlo con un voto a maggioranza semplice. Secondo la nostra Costituzione, e questo è alla base della creazione della Ethics Committee, ciascuna Camera può punire i propri membri per condotta scorretta e, con la maggioranza qualificata dei due terzi, espellere i propri membri, ma non prevede che ciò possa avvenire a maggioranza semplice. Fino a quel momento, si erano avuti casi di mancata convalida a maggioranza semplice soltanto nei casi in cui un membro appena proclamato non avesse soddisfatto uno dei requisiti della Costituzione, cioè se non aveva l'età giusta, se al momento delle elezioni non era residente in quello Stato o se non aveva la cittadinanza americana. Infatti i requisiti sono: avere raggiunto il 25o anno di età, avere la residenza e la cittadinanza e prestare giuramento. Se non si soddisfano questi requisiti si può non essere convalidati. Ma se si soddisfano questi requisiti e si commettono atti impropri o non consoni alla funzione bisogna essere prima insediati e poi espulsi a maggioranza dei due terzi. Nella sua saggezza, la Camera decise a maggioranza di voti di non far prestare giuramento a Powell, cioè di non convalidarlo.

Vincenzo SINISCALCHI - Questo fu fatto a maggioranza semplice?

Sergio COLA - Ma questa decisione è stata presa così senza una norma di riferimento?

Charles JOHNSON - Sì, la decisione di espellere un membro per cattiva condotta fu presa senza il sostegno dei precedenti.

Sergio COLA - Praticamente non hanno convalidato la sua elezione a maggioranza semplice. La Costituzione questo non lo prevede, ma prevede l'espulsione a maggioranza dei due terzi. Allora loro non l'hanno neanche convalidato.

Giuseppe FANFANI - Quindi non è stato tanto che mancassero i precedenti, quanto che mancava un fondamento costituzionale.


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Charles JOHNSON - La mancanza del fondamento costituzionale fu in seguito il motivo per cui la questione fu portata fino alla Corte Suprema. Qui stiamo parlando del caso Powell, prima dell'esistenza della Ethics Committee. Nei due gradi di merito le corti decisero che la Camera aveva il diritto, ai sensi della Costituzione, di punire i propri membri. Infatti, il voto a favore dell'espulsione del rappresentante eletto Powell era superiore al voto richiesto di due terzi. Il problema fu che il caso non era stato trattato come un'espulsione, ma come una non convalida. Quando il caso fu portato alla Corte Suprema, questa riformò la decisione dei tribunali di primo e secondo grado e disse che la Camera non aveva alcun potere di individuare nuovi requisiti per l'elettorato passivo e quindi trattare il caso come una non convalida. Insomma, la Camera avrebbe dovuto insediare il membro e poi espellerlo a maggioranza dei due terzi. Ho menzionato questo caso perché è avvenuto prima dell'istituzione della Ethics Committee, verso la metà degli anni 70. All'inizio degli anni 70 ci rendemmo conto della necessità di una Ethics Committee che vigilasse sulla condotta ufficiale dei membri».
Come è evidente, l'interesse del caso Powell è legato all'istituto della convalida riservata, che può avere riflessi sulla tutela giurisdizionale assicurata ai singoli cittadini dal potere giudiziario. Quanto più ampia è la riserva di convalida delle elezioni (e quindi l'autonomia del parlamento) tanto più stretta è la tutela giurisdizionale offerta ai terzi.
Di grande interesse al proposito del concreto funzionamento dell'istituto dell'impeachment e delle sue implicazioni di procedura parlamentare è il racconto del dottor Johnson sul caso Clinton del 1998. Anche qui giova riportare il passo testuale del colloquio.

«Charles JOHNSON - Ora vorrei parlarvi dell'impeachment di Clinton e poi sarò lieto di rispondere alle vostre domande. L'affare Clinton è storia abbastanza recente. Lo scandalo Lewinsky scoppiò a gennaio 1998 e il giorno successivo il Presidente Clinton fece il discorso sullo Stato dell'Unione proprio qui. Visto quello che era successo, non sapevamo nemmeno se si sarebbe presentato, se sarebbe stato troppo imbarazzato per farlo. Ma fece il discorso e, secondo la tradizione, il Presidente, il vice presidente e lo Speaker erano seduti sul podio e i senatori e tutti gli ambasciatori erano presenti, assieme ai ministri e ai giudici della Corte Suprema. La prima cosa che fece il Presidente fu consegnare allo Speaker una copia del discorso e poi cominciò il discorso. La sera dopo in televisione, durante il suo programma, David Letterman fece vedere due fotografie. [...] Nell'altra fotografia si vedeva Clinton consegnare allo Speaker Gingrich la copia del discorso e, mostrando la foto, Letterman disse: «Ecco il presidente mentre dà allo Speaker il suo nuovo libro dal titolo «Consigli sul sesso per grassottelli». Poi indicò me nella foto dicendo: «E che ne dite di quest'altro?» Questa non sembra una battuta: ma dovete sapere che io somiglio moltissimo a Kenneth Starr, il procuratore indipendente incaricato di indagare sul caso Lewinsky. Spesso la gente mi scambia per lui e quando lo fa un deputato gli dico: «Salve, ecco il suo mandato di comparizione!» Questa situazione ha dato inizio a uno strano rapporto tra l'esecutivo e questo procuratore indipendente che era un funzionario giudiziario nominato dal tribunale per avviare le indagini sul Presidente Clinton. Sei mesi dopo un grosso camion ci porta 34 scatole contenenti le testimonianze rese dinnanzi alla Grand Jury. Così le testimonianze della Grand Jury furono presentate al Congresso a settembre 1998, data in cui fu avviata l'indagine della Commissione Giustizia che durò tre mesi e culminò con i capi di imputazione votati dalla Camera. L'indagine ebbe inizio a settembre quando la Camera votò per accettare queste 34 scatole contenenti le testimonianze segrete rese alla Grand Jury. Ma la Camera decise di renderle pubbliche nello stesso giorno in cui le accettò. Secondo me decidere di rendere pubblici i documenti ancor prima


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di esaminarli fu una cosa insensata. Tutti i documenti furono pubblicati su Internet. Allo stesso tempo, la Camera incaricò la Commissione Giustizia di svolgere le indagini. Le indagini proseguirono anche dopo l'elezione del nuovo Congresso che si tennero a novembre 1998. A novembre la Commissione non aveva ancora concluso le indagini, ma il mandato dei membri del Congresso non scade fino a gennaio dell'anno successivo e il periodo tra novembre e gennaio viene definito «sessione dei politici non rieletti» perché del Congresso continuano a fare parte membri non rieletti o membri che vanno in pensione, non c'è una sostituzione immediata come in Inghilterra o in Italia. C'è un periodo intermedio di due mesi sul quale molti non sono d'accordo perché questi membri non rieletti o che vanno in pensione continuano a votare, come nel caso dell'impeachment di Clinton in cui hanno votato sui capi di imputazione. Quel giorno - sabato, 19 dicembre - la Camera era divisa in due. Gingrich aveva annunciato le sue dimissioni e i repubblicani avevano scelto come Speaker Robert Livingston, il presidente dell'Appropriations Committee. Costui quello stesso giorno aveva però annunciato il ritiro della sua candidatura, dal momento che la sua moralità era stata messa in dubbio, perché si era venuto a sapere che aveva avuto rapporti extra-coniugali. Non si trattava della sua condotta ufficiale, ma a causa di tali fatti personali, che erano venuti alla luce, non voleva che il suo partito fosse costretto a eleggerlo Speaker. Fece questo annuncio lo stesso giorno in cui la Camera avrebbe dovuto votare sui capi di imputazione di Clinton. A quel punto, l'atteggiamento della Camera cambiò completamente, nel senso che la questione principale da risolvere divenne l'elezione del nuovo Speaker e per due ore non si parlò d'altro. Alla fine, emerse la candidatura di Hastert e poi, gradualmente, il dibattito si spostò nuovamente sull'impeachment. Vi racconto questo perché vorrei dirvi qual è stato il consiglio più importante che abbia dato in 40 anni di servizio. I democratici si resero conto che la condotta di Clinton non era stata esemplare e che bisognava sanzionarlo almeno per la sua indiscrezione, se non per le sue bugie. Come sapete, aveva mentito alla Grand Jury e la falsa testimonianza era il principale capo di imputazione. Tuttavia, il partito democratico non riteneva che la condotta di Clinton fosse così grave da meritare l'impeachment in quanto era più che altro un comportamento privato. Però i democratici volevano sanzionare il Presidente degli Stati Uniti e secondo il nostro sistema di separazione dei poteri, la Costituzione non prevede una punizione diversa dalla destituzione per il Presidente o un altro esponente dell'esecutivo. L'unico rimedio previsto è l'impeachment, il processo e la destituzione da parte del Senato. Tuttavia i democratici erano determinati a proporre la censura come alternativa all'impeachment e lo fecero come emendamento finale. Noi informammo lo Speaker che, secondo il regolamento della Camera, l'emendamento - volto a sostituire la proposta d'impeachment con una di censura - era estraneo per materia. Probabilmente la norma più importante della Camera dei Rappresentanti è quella che stabilisce che un emendamento deve essere germain (conferente, non estraneo alla materia, n.d.t.) alla questione in esame. Inoltre, nel corso dei 200 anni di storia della Camera, non esistevano precedenti perché non era mai stata proposta una censura contro un Presidente. Come ho detto, l'impeachment è un rimedio che implica la destituzione, ed è un rimedio che non ha intrinseci connotati penali. Non è un voto di sfiducia o una censura, provvedimenti che, secondo la Costituzione, possono essere presi soltanto nei confronti dei propri membri, ma non del Presidente o di un funzionario dell'esecutivo.

Sergio COLA - Ma al presidente si faceva inizialmente carico solo di un comportamento non irreprensibile moralmente. Solo dopo la procedura gli si pervenne a contestare di aver mentito alla Grand Jury.

Charles JOHNSON - I capi d'imputazione formulati dalla Committee on the


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Judiciary erano quattro, ma la Camera ne aveva adottati due, intralcio al corso della giustizia e falsa testimonianza.

Sergio COLA - Ma se lui avesse detto la verità e avesse ammesso di avere avuto il rapporto con la Lewinsky, ci sarebbe stato ugualmente impeachment?

Charles JOHNSON - No, non credo. Ma comunque secondo il partito democratico quel livello di falsità non era sufficiente per destituirlo dalla carica. Per questo propose una censura. Lo Speaker decise che l'emendamento volto a sostituire la proposta di impeachment con la censura era estraneo per materia, perché la censura non è contemplata dalla Costituzione. L'impeachment è un rimedio costituzionale, mentre la censura può essere applicata soltanto dalla Camera nei confronti dei propri membri e il Presidente non è un membro della Camera. Lo Speaker impiegò dieci minuti ad assumere questa decisione, mentre noi avevamo impiegato diverse settimane a preparare il parere per il deputato avrebbe presieduto la seduta, che era eletto nell'Illinois. Era stato scelto per presiedere quella seduta perché, nei quattro anni in cui era stato in carica, aveva dimostrato di saper presiedere in maniera efficace. Comunque, i democratici chiesero all'Assemblea di pronunciarsi sulla decisione presidenziale e ci fu una votazione. In quel caso, i voti furono dati per disciplina di partito perché i repubblicani votarono a favore dello Speaker e i democratici votarono tutti contro».

3.3. Le immunità parlamentari: i colloqui con l'Office of the General Counsel.

Com'è largamente noto, gli istituti dell'immunità parlamentare s'inquadrano nella teoria della separazione dei poteri e dell'indipendenza del legislativo rispetto alle interferenze dell'esecutivo e del giudiziario. A questo proposito, la delegazione ha ascoltato il General Counsel della Camera dei Rappresentanti, l'avvocato Gennet, e due suoi autorevoli collaboratori, David Plotinsky e Mike Stern. A parte l'audizione di quest'ultimo - dedicata, come si vedrà, al potere d'inchiesta - dai colloqui è risultato che - rispetto agli ordinamenti dell'Europa continentale - le prerogative parlamentari americane sono assai modeste. Questa conclusione del resto è confermata anche da diversi passaggi di altri colloqui, che sarà utile riportare. L'articolo I, sezione 6, della Costituzione prevede l'insindacabilità delle opinioni espresse e dei voti dati nelle Camere. La garanzia dal sindacato giurisdizionale è dunque offerta solo per gli interventi svolti durante le formali procedure parlamentari intra moenia. Si tratta dunque di una garanzia impostata secondo il criterio spaziale. Peraltro, la giurisprudenza della Corte Suprema restringe l'ambito di applicazione della prerogativa ai soli procedimenti legislativi e non a tutte le funzioni svolte dal parlamentare. Altre garanzie - assimilabili a quelle c.d. procedimentali, note come autorizzazioni a procedere o ad acta - invece sono quasi inesistenti.
Vale la pena riportare un passo del colloquio con l'avvocato Plotinsky:
«David PLOTINSKY - Come già sapete, l'immunità parlamentare negli Stati Uniti è disciplinata dall'articolo I, sezione 6, della Costituzione che fa espresso riferimento al divieto di chiamare a rispondere i membri del Congresso per le cose dette o dibattute nelle Camere. Il testo della Costituzione recita: «Per qualsiasi discorso o dibattito in entrambe le Camere, i Senatori o i Rappresentanti non saranno chiamati a rispondere in alcun altro luogo». È quella che chiamiamo la Speech or Debate clause. Il fatto che specifichi «in alcun altro luogo» è molto importante perché noi, nel Congresso, possiamo chiamarli a rispondere, mentre gli altri due rami del potere pubblico non possono. Questo tipo di immunità non è un'invenzione americana o italiana, noi l'abbiamo presa in prestito dagli inglesi ed era contenuta nel loro Bill of Rights del 1688. Lo scopo di questa immunità legislativa è preservare l'autonomia dei legislatori affinché possano svolgere la loro attività senza doversi preoccupare di alcun tipo di


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ritorsione o di influenza da parte del potere esecutivo o della magistratura. Quindi questa immunità è fondata sulla separazione dei poteri di cui vi ha parlato Matthew Duchesne lunedì alla Corte Suprema. Quando sono stato a Roma un anno e mezzo fa, mi è stato spiegato come funziona la vostra immunità e, da quello che ho capito, la vostra è molto più ampia della nostra. La nostra immunità si applica soltanto alle azioni ufficiali, mentre in Italia mi sembra che ci siano azioni ritenute ufficiali che qui da noi sono a metà tra personali e ufficiali. Inoltre da noi, affinché queste azioni siano protette dall'immunità dei discorsi parlamentari, oltre a dover essere ufficiali devono essere di natura legislativa. Ci sono molte azioni intraprese dai membri del Congresso che sono considerate completamente ufficiali e se un membro viene querelato per tali azioni noi lo rappresentiamo. Però, se non sono di natura legislativa, l'immunità non si applica. Uno degli esempi migliori di un'azione ufficiale ma non legislativa è il lavoro svolto dai membri del Congresso a favore dei propri elettori. Per esempio, un elettore potrebbe chiedere a un membro del Congresso di aiutarlo a trattare con un'agenzia federale. Questo non ha niente a che fare con l'approvazione di leggi e spesso vengono intentate cause o notificate citazioni relative a queste pratiche. Questo è un settore importante dell'attività ufficiale al quale non si applica l'immunità prevista dalla Speech or Debate clause. Nel corso degli anni, i tribunali hanno esteso il campo di applicazione di questo tipo di immunità e adesso si applica anche a molte delle attività delle commissioni del Congresso. Come vi ha detto Mike a pranzo, gran parte delle attività delle commissioni riguardano le indagini e la controllo sull'esecutivo. I tribunali hanno giudicato che siccome le indagini e le procedure di controllo sono indispensabili a legiferare in maniera efficace, le attività di indagine sono egualmente protette dall'immunità. Un'altra applicazione importante di questa immunità di cui vi ha parlato Charlie Johnson è quella che riguarda lo staff o i collaboratori, i quali godono dello stesso livello di immunità dei parlamentari se svolgono attività legislative. C'è un'altra applicazione importante dell'insindacabilità che va al di là dell'approvazione delle leggi. Questa si applica a qualsiasi attività che secondo la Costituzione rientra nella giurisdizione del Congresso e riguarda in maniera particolare la Ethics Committee e la House Administration Committee che avete conosciuto ieri, perché spesso queste commissioni non approvano leggi, ma si occupano di altre attività conferite loro dalla Costituzione. Per esempio, siccome la Costituzione accorda alla Camera l'autorità esclusiva di regolamentare e disciplinare l'attività dei propri membri, questa attività della Ethics Committee gode della protezione dell'immunità pur non trattandosi di un'attività legislativa. [...]. Ora passerò ai limiti principali di questa immunità e ai casi a cui non si applica. Innanzitutto vorrei parlarvi del caso Gravel vs. United States. In questo caso un senatore aveva ottenuto la copia di un documento riservato. Forse ne avete sentito parlare, il documento si chiamava «Pentagon Papers». Si trattava di un rapporto riservato di 7000 pagine che riguardava la gestione della guerra del Vietnam. Il senatore voleva rendere pubblico questo rapporto riservato e quindi convocò una sessione speciale della Commissione e inserì il rapporto nel pubblico registro della stessa. Questa fu la prima cosa. In secondo luogo, lui e il suo staff consegnarono il rapporto a un editore privato il quale lo ripubblicò sotto forma di libro. A questo punto fu convenuta la Gran Jury per esaminare il caso. Il senatore e il suo assistente chiesero la protezione in base all'immunità per le opinioni espresse nel Congresso. La Corte decise che la legge permetteva di rendere pubblico il rapporto alla Commissione in quanto qualsiasi attività della Commissione durante un'udienza era protetta dall'immunità. Tuttavia, la ripubblicazione da parte dell'editore privato e il fatto di avere dato il rapporto all'editore non era un atto protetto dalla clausola costituzionale. La motivazione della Corte è stata che la ripubblicazione non rientra nell'attività legislativa e non necessariamente


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connesso alle esigenze del processo legislativo del Congresso. Pertanto, la ripubblicazione è una delle principali eccezioni di questa immunità. Un altro caso sulla divulgazione di atti esaminati in Parlamento è Hutchinson vs. Proxmeyer. In questo caso, un membro del Congresso aveva fatto delle dichiarazioni diffamatorie sia nell'aula della Camera, sia durante una conferenza stampa e in una lettera circolare inviata ai suoi elettori. Quando fu querelato, la Corte decise che le dichiarazioni diffamatorie fatte nell'aula della Camera erano immuni, ma la conferenza stampa e la circolare agli elettori non erano protette. La Corte motivò la decisione sostenendo che questo genere di relazioni pubbliche non sono legate da un nesso di necessità con il procedimento volto all'emanazione di leggi da parte del Congresso e pertanto non rientrano nella protezione prevista dall'immunità. La Corte ha inoltre fatto notare che questi comunicati stampa sono ufficiali e utili, però non sono considerati atti legislativi»
Occorre evidenziare che l'insindacabilità negli Stati Uniti ha un aspetto applicativo ignoto nell'ordinamento italiano, quello probatorio. In sostanza, gli atti parlamentari tipici (proposte di legge, emendamenti, interventi, discussioni, eccetera) non possono essere usati dal potere giudiziario come mezzo di prova né contro il parlamentare né contro altri. Al riguardo sembra opportuno riportare un altro passo del colloquio.

«David PLOTINSKY - Il primo aspetto di questa immunità che mi pare sia simile alla vostra, è l'immunità dall'azione civile e penale. Il secondo aspetto, che mi pare di aver capito da voi non è contemplato, è il fatto che i membri del Congresso e il loro staff non possono essere costretti a testimoniare su qualsiasi attività legislativa protetta da questa clausola. Questo riguarda la necessità di testimoniare di persona o di produrre documenti nelle azioni civili e penali. Questo accade quando un dipendente della Camera è convocato a testimoniare in un processo penale o un'azione civile. Vorrei sottolineare ancora una volta che non sono i tribunali a chiedere le testimonianze o i documenti, ma è sempre una delle parti in causa. In una causa penale potrebbe essere il pubblico ministero o l'imputato, mentre in una causa civile una delle parti. Queste persone mandano la citazione a noi per mezzo del tribunale. Secondo il regolamento della Camera, la rule 8, nessun dipendente o membro della Camera può ottemperare alla citazione a meno che le informazioni richieste non siano attinenti alla questione e non siano riservate. Quindi il regolamento della Camera ci impedisce di fornire materiale riguardante discorsi o dibattiti a chiunque ce lo chieda. Dal momento che il nostro regolamento è approvato sulla base di una disposizione costituzionale, questa è un ulteriore impedimento all'acquisizione di materiale relativo ai discorsi o ai dibattiti. Posso farvi qualche esempio su questo. Innanzitutto per quanto riguarda l'aspetto della testimonianza. In Italia avrete certamente sentito parlare della ARTHUR ANDERSEN. Si tratta di una grande società americana che è stata accusata di reati. Oltre che l'autorità giudiziaria, anche la Commissione sull'Energia e il Commercio della Camera aveva indagato sulla Andersen. La Commissione parlamentare aveva quindi il verbale dell'interrogatorio di un dirigente della società che secondo la difesa nel procedimento penale poteva essere utile in quella sede. Così la Andersen tentò di farsi consegnare questi documenti dalla Commissione. Il nostro ufficio è intervenuto in tribunale per sostenere che si trattava del testo della deposizione segreta fatta innanzi alla Commissione nel corso di un'inchiesta parlamentare che, come ricorderete, rientra nell'attività legislativa. Pertanto era assolutamente riservato e non poteva essere prodotto. Il tribunale si pronunciò a nostro favore. Questo riguarda tutti i documenti della Commissione, dei membri del Congresso, del loro staff e della Camera e comprende anche la testimonianza fisica.

Valter BIELLI - Non può essere questo un modo del Parlamento per influire o per addirittura danneggiare un'indagine giudiziaria penale?


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David PLOTINSKY - In genere non viene usato per fare pressioni indebite e noi dovremmo cercare di evitarlo. Questa questione è stata sollevata diverse volte in quanto potrebbe esserci il rischio di avere due indagini concomitanti, una del Congresso e una giudiziaria. In genere, per evitare questo, gli inquirenti chiedono al Congresso di rimandare l'inchiesta e nella maggior parte dei casi esso lo fa, anche se non è obbligato. Poi chiaramente c'è il testimone teme di incorrere in una responsabilità penale personale e, in base al Quinto Emendamento, nessuno può essere costretto a rendere testimonianza contro se stesso. Questo vale sia nei tribunali sia nei procedimenti del Congresso. Pertanto la persona può rifiutarsi di testimoniare e la cosa finisce lì. Ma se abbiamo veramente bisogno della sua testimonianza, esiste un meccanismo legale che ci consente di chiedere al tribunale l'immunità per il testimone. Questo gli garantisce di non essere perseguito legalmente per la testimonianza che rende. Noi facciamo questo d'accordo con il Ministero della giustizia.

Vincenzo SINISCALCHI - Ma questa non è l'immunità parlamentare, è la loro immunità di patteggiamento.

David PLOTINSKY - No, non è l'immunità parlamentare. Una volta che il tribunale concede l'immunità, il testimone non può più rifiutarsi di rispondere alle domande in quanto non corre più alcun pericolo. Se invece si rifiuta comunque di rispondere, può essere accusato di oltraggio al Congresso.

Geraldine GENNET - Se il dipartimento della giustizia chiede il verbale dei procedimenti della Commissione, ci sono delle situazioni in cui l'immunità parlamentare non si applica e la Commissione è tenuta a consegnarlo. Comunque noi cerchiamo di evitare questa situazione perché abbiamo già il consenso del Ministero della giustizia di concedere al testimone l'immunità da una denuncia penale. Quindi cerchiamo di evitare di trovarci in una situazione in cui dobbiamo invocare l'immunità parlamentare.

David PLOTINSKY - L'immunità parlamentare è un privilegio a cui si può rinunciare. Noi abbiamo il diritto di proteggere i documenti, ma non siamo obbligati a farlo. Per non confondervi le idee, devo aggiungere che ci sono delle disposizioni regolamentari della Camera che impongono ad alcune Commissioni, come la Ethics Committee e la Commissione sui Servizi d'informazione, di mantenere segreti i propri documenti. Quindi, anche se volessero, non potrebbero rilasciarli senza un voto della Commissione.

Vincenzo SINISCALCHI - Nel caso Andersen che lei ha menzionato fu deciso di non rilasciare i documenti.

David PLOTINSKY - Esatto. L'ufficio del General Counsel ha avuto un incontro con la maggioranza e la minoranza della Commissione ed è stato deciso di non rilasciare i documenti.

Valter BIELLI - Questo può avere influito sul risultato del processo?

David PLOTINSKY - Non ha influito, ma avrebbe potuto. Però spettava a loro prendere la decisione. Questo è il principio dell'immunità parlamentare. Siamo a vostra disposizione per rispondere alle domande sull'immunità parlamentare.

Sergio COLA - Mi pare che la disciplina dell'insindacabilità qui sia un poco diversa da come essa si presenta nell'ordinamento italiano: negli Usa può riguardare indirettamente un deputato il quale ha partecipato a una determinata attività legislativa oppure a una determinata attività nel corso della quale sono emersi elementi utili per un processo. In pratica, il discorso è semplice: il tribunale può chiedere che sia acquisito un documento oppure che sia assunta una testimonianza di un parlamentare che ha partecipato a un'attività legislativa, anche se il parlamentare non è assolutamente coinvolto direttamente come imputato nel processo che si sta celebrando. Al riguardo lei ha detto che alla richiesta di esibizione dei documenti o di testimonianza può essere opposta l'immunità proprio per la sesta sezione dell'Articolo I. Questo è quello che è stato detto.


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David PLOTINSKY - Faccio una precisazione. La Camera dei rappresentanti non può semplicemente rifiutarsi di esibire il documento ma deve costituirsi in giudizio in tribunale a far valere la prerogativa. Quindi facciamo un'istanza per respingere la citazione».
Quanto alle altre immunità parlamentari, durante i colloqui è stato approfondito il tema dell'eventuale esistenza - nella prassi - di ulteriori garanzie. Un altro passo del colloquio con il dottor Johnson si rivela importante al riguardo.

«Vincenzo MILIOTO - Un membro della Camera può essere arrestato senza il consenso della Camera stessa?

Charles JOHNSON - Sì. Formalmente la Costituzione stabilisce che un membro non può essere arrestato mentre si reca o ritorna da una sessione della Camera, salvo che per un reato grave o per disturbo della quiete pubblica. La ratio storica di questa disposizione era consentire al membro di presenziare alla sessione e quindi di permettergli di arrivare e di andare via, a meno che non fosse un delinquente e avesse presumibilmente commesso un reato grave o sia stato accusato di disturbo della quiete pubblica. Ma il concetto di reato e quello di disturbo della pubblica quiete sono oggi così ampi che in pratica l'eccezione ha eroso tutto l'ambito operativo della regola. Sicché, per esempio, si sono avuti casi di parlamentari arrestati per guida in stato di ebbrezza. L'unica garanzia contro la limitazione della libertà personale per un deputato vale per le azioni civili, perché non si può costringere un membro - che abbia ricevuto un mandato di comparizione(1) - a presenziare a una causa civile mentre la Camera è in sessione. I membri ricevono spesso mandati di comparizione sia in qualità di potenziali imputati sia di testimoni. Su questo punto ascolterete dal General Counsel come e quando i membri del Congresso sono rappresentati sia nei procedimenti penali sia nelle cause civili. [...].

(1) L'istituto dell'ingiunzione a testimoniare o a esibire documenti è detto negli ordinamenti anglosassoni subpoena, che deriva dall'espressione romana sub poena duces tecum.

Vincenzo MILIOTO - Ma l'autorità giudiziaria potrebbe perquisire senza l'autorizzazione della Camera competente l'ufficio politico di un parlamentare?

David PLOTINSKY - Sarebbe assai difficile che un giudice emanasse un provvedimento di tal genere, perché nell'ufficio di un parlamentare potrebbe rivelarsi complicato distinguere tra il materiale a contenuto legislativo, protetto dalla regola dell'insindacabilità, e quello personale del deputato, liberamente acquisibile.

Vincenzo SINISCALCHI - Vi sono stati casi di intercettazioni a carico di parlamentari usate in processi?

Charles JOHNSON - È noto al riguardo il caso c.d. \`Koreagate', in cui si venne a sapere, attraverso intercettazioni telefoniche effettuate sulle utenze di deputati, che questi avevano preso bustarelle da un uomo d'affari coreano. Le intercettazioni riguardavano non i lavori parlamentari ma l'attività dei singoli deputati quindi erano valide.

Vincenzo SINISCALCHI - In quali casi l'immunità si estende ai collaboratori?

David PLOTINSKY - Negli stessi casi e nelle stesse forme di applicazione dell'immunità per i parlamentari, ove sia provato che i loro collaboratori abbiano ricevuto precise istruzioni da parte dei primi e vi si siano attenuti. La sentenza che ha stabilito questo principio è la Gravel vs. United States».

4. Il rapporto tra il legislativo e l'esecutivo: il potere d'inchiesta.

Il Presidente degli Stati Uniti, il suo gabinetto e le varie agenzie governative federali, sia quelle dirette dal governo sia quelle indipendenti, non sono soggetti al potere del Congresso. Quest'ultimo non ha il potere di sfiduciare il Presidente (ma solo - come s'è constatato supra - di rimuoverlo, se del caso, con l'impeachment),


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né i singoli ministri. Non ha potere di controllo parlamentare inteso come sindacato ispettivo o d'indirizzo. Ha però un vasto potere d'inchiesta. Al riguardo di grande interesse è stato il colloquio con l'avvocato Mike Stern. Egli ha illustrato alla delegazione i temi dell'inchiesta parlamentare nell'ordinamento statunitense e il connesso limite dell'Executive privilege. Il potere d'inchiesta non è espressamente previsto dalla Costituzione ma è riconosciuto al Congresso sulla base di diverse argomentazioni. Una prima serie di queste è di ordine storico. Anzitutto, si ritiene comunemente che i costituenti americani avessero ben presenti sia la tradizione parlamentare inglese - che contemplava l'inchiesta - sia le esperienze delle assemblee degli Stati coloniali precedenti l'indipendenza, che alla prima si rifacevano. In secondo luogo, vi sono i precedenti storici dei primi anni della Federazione. È noto al riguardo il caso dell'inchiesta del Congresso del 1792 - cui il Presidente Washington non si oppose - relativa a una spedizione militare in Florida comandata dal generale St. Clair, che si era risolta in una disfatta dell'esercito federale.
Nella prassi parlamentare attuale, si riconosce che il potere d'inchiesta è di ampiezza variabile, secondo la teoria del Tea-pot dome. Le più note inchieste parlamentari dell'era contemporanea sono quelle sui fatti del periodo della cosiddetta caccia alle streghe, iniziata su iniziativa del senatore McCarthy; sui fatti dell'hotel Watergate; e sullo scandalo cosiddetto Iran-Contras Connection.
Da un punto di vista più strettamente giuridico, per fondare il potere d'inchiesta ci si rifà essenzialmente a due argomenti: in primo luogo, se si assimila l'inchiesta a un procedimento lato sensu giudiziale, esso non farebbe che affiancarsi alla procedura d'impeachment, attribuita al Congresso dalla Costituzione; in secondo luogo, la dottrina costituzionale considera comunque l'inchiesta sempre strumentale all'esercizio ragionevole ed efficace del potere di legiferare, anch'esso attribuito al Congresso dalla Costituzione.
Il limite che l'inchiesta incontra nei confronti del potere esecutivo è l'Executive privilege, vale a dire il potere del Presidente di opporre un diniego d'informazione in virtù della discrezionalità nell'esercizio delle sue attribuzioni. Il primo caso in cui ciò accadde è - anche qui - riconducibile alla presidenza di George Washington, che oppose il privilegio a un'inchiesta che veniva condotta sull'attuazione del Jay Treaty. Il terreno d'elezione dell'Executive privilege è il segreto di Stato in ordine alle attività dei servizi investigativi e di intelligence, resi dall'FBI e dalla CIA.
Una nuova area individuata dalla prassi per l'applicazione dell'Executive privilege è il cosiddetto deliberative process, il momento cioè nel quale il potere esecutivo svolge al proprio interno il ragionamento che lo condurrà a una certa decisione. Dalla presidenza Eisenhower il deliberative process è stato opposto diverse volte ma è evidente che, se lo si intende in senso lato, esso frustra l'efficacia del potere d'inchiesta.
Il caso più noto in cui la Corte Suprema degli Stati Uniti ha dovuto tracciare i limiti dell'Executive privilege e - corrispondentemente - dell'ampiezza del potere d'inchiesta del Congresso è United States vs. Nixon. In quel caso, a fronte della ritrosia del Presidente a rivelare circostanze relative allo scandalo Watergate, la Corte ha riconosciuto un certo grado di segretezza e confidenzialità alle comunicazioni del Presidente degli Stati Uniti. Tuttavia, tale privilegio non è assoluto ma deve tollerare un bilanciamento con altri interessi costituzionalmente rilevanti e comunque non si estende agli altri membri dell'esecutivo.
In generale, un'inchiesta del Congresso si delibera con una risoluzione che può impegnare il Presidente o un altro membro dell'esecutivo a fornire informazioni.
Quando sorgono contrasti tra l'organismo inquirente e l'esecutivo, non v'è di regola altra soluzione che quella suggerita da James Madison nel 1796 nella citata occasione della controversia sul Jay Treaty: il Congresso usa i suoi poteri di interdizione per tentare d'indurre l'esecutivo a


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usare i propri nel modo desiderato. Il Congresso in genere può disporre di una serie di deterrenti: può rifiutarsi di concedere finanziamenti a progetti di legge a cui il Presidente tiene o può rallentarne l'iter; può disporre lo svolgimento di hearings la cui eco sulla stampa potrebbe non essere gradita al Presidente. Un esempio in tal senso si ebbe durante la presidenza di Bush senior, che aveva denegato informazioni al Congresso su alcuni profili della lotta alla criminalità organizzata a Boston. L'inchiesta parlamentare allora fece svolgere audizioni di funzionari di polizia e del dipartimento della giustizia per chiedere loro quali potevano essere i motivi che avevano indotto il Presidente al rifiuto. Il clamore che tale iniziativa suscitò indusse il Presidente a fornire le notizie richieste. Un altro strumento di cui il Congresso dispone è il contempt power, che consiste nella facoltà di una commissione d'inchiesta di sanzionare, anche con l'arresto, chi si rifiuti di rendere testimonianza innanzi al Congresso. Il contempt power non può essere usato di regola nei confronti dei membri dell'esecutivo. In alcuni casi, la commissione d'inchiesta potrebbe adire l'autorità giudiziaria per ottenere l'esibizione di documenti o testimonianze. Simili azioni giudiziarie non sarebbero considerate political question.
A domanda di Erminia MAZZONI, Mike Stern ha precisato che il caso più recente che ha sollevato tematiche giuridiche di rilievo sull'Executive privilege è Walker vs. Cheney(2). Il General Accounting Office, su istanza di diversi cittadini, aveva chiesto al Vicepresidente degli Stati Uniti di rivelare quali fossero i suoi consulenti in materia energetica e quali fossero i contenuti delle consulenze. Il Vicepresidente Cheney si era rifiutato, sostenendo che il GAO non aveva il potere di chiedere quelle informazioni. In primo grado la decisione di una corte federale è stata a lui favorevole e il GAO non ha interposto appello.

(2) Walker v. Cheney, 230 F. Supp. 2d 51 (D.D.C. 2002).

5. La corruzione politica: finanziamento delle campagne elettorali e indagini sulla corruzione.

Analisi condivisa presso la Giunta è che solitamente i procedimenti attinenti alle immunità parlamentari scaturiscano da fatti di corruzione politica. Il tema del finanziamento delle attività politiche e quello degli strumenti d'indagine è dunque apparso di rilevante interesse. Per questo la delegazione ha chiesto e ottenuto incontri con qualificati esponenti del Congressional Research Service i quali hanno illustrato la scottante tematica del finanziamento delle campagne elettorali e dei connessi profili di prevenzione della corruzione; e con un dirigente dell'FBI.

5.1. Il finanziamento delle campagne elettorali federali.

Al riguardo, il sistema si è evoluto nel corso degli ultimi 100 anni secondo linee tortuose e sofferte, scandite ora dalla necessità di volta in volta avvertita dal legislatore di limitare le potenzialità corruttive del danaro nella lotta politica, ora dalle controspinte delle grandi centrali imprenditoriali che non intendevano (e non intendono) rinunciare alla loro presa sul processo elettorale, ora infine da decisioni giudiziali contraddittorie e talora dirompenti. Appare opportuno riportare dei passi dei colloqui avuti con Joseph Cantor e Paige Whitaker.

«Joseph CANTOR - Oggi, a livello nazionale, il sistema che disciplina il finanziamento delle campagne elettorali si basa su tre principi basilari. Il primo è il divieto di impiegare fondi aziendali o sindacali nelle elezioni federali. Questo principio viene applicato da 100 anni per quanto riguarda le imprese - sia societarie che non - e da 50 anni per quanto riguarda i sindacati. Il secondo principio si basa sulla limitazione dei contributi a favore di candidati e partiti politici da parte di privati o di gruppi. Il terzo principio è costituito dai doveri informativi, dalla pubblicità che deve essere data


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alla somma di denaro ricevuta, alla provenienza e al modo in cui il denaro viene speso.
Queste sono leggi federali che disciplinano le elezioni presidenziali e del Congresso degli Stati Uniti, la Camera e il Senato. I 50 stati hanno le proprie leggi che regolano le elezioni statali e locali. L'esistenza di leggi diverse per le cariche nazionali e per quelle statali e locali ha determinato molte delle controversie di questi ultimi anni. Per complicare ulteriormente le cose, abbiamo anche un sistema di finanziamento pubblico che riguarda soltanto le elezioni presidenziali, a livello nazionale, ma non le elezioni del Congresso. Queste leggi hanno avuto origine dallo scandalo Watergate degli anni Settanta. Si riteneva che sostituendo le fonti di finanziamento privato con fonti pubbliche fosse possibile alleviare la pressione sui candidati alla presidenza, vale a dire evitare che questi ultimi ottenessero finanziamenti da singoli e gruppi che avevano forti interessi nelle decisioni politiche. Neanche questo sistema ha funzionato nel modo previsto dai suoi promotori. Tra qualche minuto darò la parola a Paige perché quello che è successo negli ultimi 20 anni è che molte delle leggi di riforma approvate negli anni Settanta hanno subito una lenta erosione a causa di scappatoie e, in alcuni casi, di principi costituzionali. In pratica, i divieti o le proibizioni e le limitazioni sui fondi venivano aggirate sempre più spesso dai partiti e dai gruppi di interesse che avevano bisogno di far confluire denaro nel sistema politico, denaro di cui i politici avevano sempre maggiore necessità in quanto le campagne elettorali nel nostro paese sono sempre più costose. Un'altra cosa da tenere a mente è che esistono delle differenze basilari tra le nostre leggi sul finanziamento delle campagne elettorali e quelle della maggior parte delle democrazie occidentali. Noi non abbiamo un sistema parlamentare come in Italia o nella maggior parte delle democrazie occidentali. Pertanto, anche se i nostri partiti politici sono importanti, non svolgono il ruolo principale che svolgono nel vostro paese. Di conseguenza, noi abbiamo un sistema in cui i candidati sono sostanzialmente indipendenti e si candidano a una carica senza l'appoggio di una struttura di partito. Nella maggior parte dei casi, non hanno bisogno di rivolgersi a un partito politico per essere eletti a una carica. Una volta eletti, i partiti forniscono assistenza nella misura consentita dalla legge, ma la maggior parte non sente alcun obbligo nei confronti dei partiti politici. Pertanto i candidati creano i propri meccanismi di finanziamento indipendenti. In media, una persona eletta alla Camera dei Rappresentanti nel 2002 ha speso circa 800 mila dollari. Questa è la media, ma alcuni candidati hanno speso molto di più perché è un'elezione molto competitiva. Per l'elezione al Senato, a seconda delle dimensioni dello Stato, la media è stata intorno a 4 o 5 milioni di dollari. Ma in uno Stato di grandi dimensioni, come lo stato di New York per esempio, nel 2000 Hillary Clinton ha speso tra i 40 e i 50 milioni di dollari per la propria campagna elettorale.

Valter BIELLI - Per una sola elezione?

Joseph CANTOR - Esatto. E il suo avversario ha speso più o meno la stessa cifra. Quindi noi abbiamo un sistema che limita i contributi a favore di questi candidati, mentre non vi è alcuna limitazione sulle cifre che essi possono spendere. L'altra differenza fondamentale tra i sistemi nostro e vostro è che quasi tutte le nostre emittenti televisive sono private, non abbiamo emittenti pubbliche. I candidati devono acquistare il tempo di trasmissione in TV, che è molto costoso, per comunicare con un elettorato molto vasto. Questo vi dà un'idea dei problemi che deve affrontare un politico che si candida a una carica. Ha bisogno di ingenti somme di denaro, ma le fonti sono molto limitate. Oltre a questo, negli ultimi anni si sta assistendo alla diffusione del c.d. «Soft money» (il finanziamento indiretto). Non so se conoscete questo termine, ma si tratta di fondi raccolti al di fuori delle restrizioni delle leggi federali che, a causa del modo in cui vengono spesi, possono


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avere un impatto sulla legge federale. Questa è stata una delle questioni fondamentali affrontate dalla legge di riforma emanata l'anno scorso. Il Congresso ha scoperto che i partiti politici ricevevano ingenti quantità di fondi da donatori, aziende e sindacati che non potevano spendere direttamente per le elezioni federali, ma che potevano inviare a quegli Stati che permettevano i contributi da parte delle aziende, dei sindacati e dei donatori. Nella misura in cui aiutavano i partiti statali, contribuivano indirettamente anche alle campagne nazionali. Questo è stato considerato un modo di aggirare le leggi federali. Inoltre è venuto fuori che i grandi gruppi di interesse (alcuni dei quali erano società commerciali) e, in una certa misura, anche i partiti politici e in alcuni casi anche i sindacati, spendevano il denaro direttamente per comunicare con l'elettorato e questo, secondo il Congresso, aveva un impatto sulle elezioni. Tuttavia, la propaganda elettorale era formulata in modo tale da aggirare i regolamenti federali in quanto, in senso tecnico, secondo la giurisprudenza, non aveva attinenza con le elezioni. In alcuni casi, si faceva il nome del candidato in relazione a una determinata questione e, chiaramente, la pubblicità era formulata in modo da accrescere o ridurre le possibilità di essere eletto. Tuttavia, poiché non veniva fatto alcun riferimento diretto alle elezioni ma solo a determinate tematiche di pubblico interesse, riuscivano ad aggirare i regolamenti federali. Questi sono alcuni dei problemi che sono venuti alla luce e sempre più le complicazioni e la percezione di questi aggiramenti dipendevano dalle disposizioni che i tribunali giudicavano conformi ai principi».
Nella materia la fonte del diritto principale - vigente per circa 25 anni - non è stata una legge ma una sentenza della Corte Suprema, la Buckley vs. Valeo. Quanto questa pronuncia abbia pesato sugli sviluppi della vita politica americana risulta da quanto riferito dalla dottoressa Whitaker.

«Paige WHITAKER - Come ha già detto Joe, molte delle restrizioni sull'operato del Congresso nel campo della regolamentazione dei finanziamenti delle campagne elettorali si basano sulle decisioni della Corte Suprema. Alcune sentenze della Corte Suprema hanno imposto delle restrizioni al Congresso riguardo alla regolamentazione di questo settore. In effetti, i promotori della legge alla quale ha fatto riferimento Joe, McCain e Feingold al Senato, e i rappresentanti Shays e Meehan alla Camera, avevano fatto il tentativo di proporre qualcosa che, alla fine, la Corte Suprema avrebbe ritenuto legittimo.
Il primo caso è del 1976. Quando la Corte Suprema si pronunciò su questo caso, stabilì quello che il Congresso poteva o non poteva fare in materia di finanziamento delle campagne elettorali. Il caso è molto lungo, ma contiene tre principi fondamentali che vorrei esporvi. Innanzitutto, la Corte Suprema decise che il Congresso poteva limitare i contributi, cioè la quantità di denaro che si versa a un candidato, purché fossero ragionevoli e consentissero al candidato di trasmettere il messaggio in modo efficace. Pertanto la Corte permetteva dei contributi ragionevoli.
Tuttavia - ed è il secondo principio - la Corte non pose limiti al modo in cui questi contributi venivano spesi. Di conseguenza, una campagna, un partito e un candidato ricco non possono essere limitati. È proprio questa questione ad avere suscitato grande interesse nel corso degli anni perché, secondo alcuni, non è giusto che un candidato che abbia a disposizione milioni di dollari non debba avere alcuna limitazione sulla cifra che spende per la propria campagna elettorale. Ma la Corte Suprema ha deciso di non porre limiti alla spesa. Il motivo principale è che secondo la Corte Suprema queste norme rientrano nel Primo emendamento. Quest'ultimo garantisce la libertà di parola e di associazione ed è uno dei principi fondamentali della Costituzione. Ecco perché da noi non esiste la censura, i giornali possono scrivere ciò che vogliono e la gente può dire quello che vuole. Negli Stati Uniti questa


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è una libertà ben custodita che viene presa molto seriamente. Qualsiasi legge, nazionale o locale, che violi in qualsiasi modo questa libertà di espressione, sarà dichiarata illegittima dalla Corte Suprema a meno che non sia dimostrato che possa superare lo strict scrutiny (letteralmente: lo scrutinio rigoroso, n.d.t.). Il diritto di opinione, di libera manifestazione del pensiero è un principio in virtù del quale qualsiasi limitazione, che sia statale, locale, federale, comunque comporterebbe l'incostituzionalità della legge. A meno che questi limiti al diritto di espressione non superino una certa verifica che chiamiamo «strict scrutiny», cioè la verifica più severa, lo scrutinio più attento, che presume l'incostituzionalità salvo provare il contrario.

Vincenzo SINISCALCHI - Naturalmente, c'è qualcosa dietro lo strict scrutiny e forse può parlarcene.

Paige WHITAKER - Si tratta di un principio sviluppato dalla Corte Suprema. Come sapete, il Congresso non è l'unico organo in grado di porre fonti del diritto: anche la Corte Suprema può stabilire norme. Il principio dello strict scrutiny è un concetto sviluppato in dottrina. Quando il Congresso approva una legge che concerne la libertà di espressione sancita dal Primo emendamento, è probabile che qualcuno intenti una causa che alla fine arriverà alla Corte Suprema. Questa causa può essere giudicata da un tribunale di primo grado, ma è la Corte Suprema ad avere l'ultima parola, come è avvenuto nella causa Buckley vs. Valeo. In quel caso, per quanto riguarda il limite di spesa e i contributi elettorali, la Corte ha deciso che entrambe queste leggi violavano la libertà di parola. Tuttavia, rispetto ai contributi, la Corte fu convinta dall'argomentazione secondo la quale il porre limiti ai contributi serviva il pubblico interesse di evitare il do ut des, cioè la corruzione del candidato. La Corte decise che un contributo ragionevole fosse ammissibile. Per quanto riguarda la spesa - invece - secondo la Corte questa era una forma di espressione più diretta e non pose alcun limite. Per esempio, è come se io acquistassi un'intera pagina del Washington Post per scrivere che secondo me il presidente Bush è il migliore presidente del mondo. Questa è considerata un'espressione diretta e non può essere limitata. Se io ho solo mille dollari a disposizione per fare questo, mentre un'altra persona ne ha diecimila, secondo la Corte non spetta a lei decidere in quale misura una persona possa esprimersi. Questi sono i due principi fondamentali. Il terzo principio riguarda la trasparenza ed è già stato menzionato da Joe. In linea generale, la Corte ha ritenuto legittimi gli obblighi di trasparenza. In base a questo principio, i candidati ed i partiti hanno l'obbligo di presentare una dichiarazione alle agenzie governative su quanto denaro hanno ricevuto, da chi e quando. Questo è stato ritenuto dalla Corte non contrario alla Costituzione. Questi sono i tre principi scaturiti dal caso Buckley vs. Valeo. Dopo questo caso ce ne sono stati molti altri e non entrerò nei dettagli. Il punto fondamentale è che tutti questi casi erano più o meno coerenti con il caso Buckley.

Vincenzo SINISCALCHI - Potrebbe accennare a un caso più recente? Ci sono stati dei casi recenti?

Paige WHITAKER - Uno dei più recenti è stato il caso Landell vs. Vermont, del 2002.

Vincenzo SINISCALCHI - Chiedevo perché il caso Buckley vs. Valeo risale al 1976.

Paige WHITAKER - Ma è sempre attuale. [...] Oggi è pendente un caso sul quale la Corte non si è ancora pronunciata. Sarà un caso estremamente importante. Secondo la maggior parte degli studiosi, questa è la causa più importante dopo il caso Buckley del 1976. Questi sono i due casi più importanti.

Vincenzo SINISCALCHI - Chi sono le parti coinvolte nel caso pendente?


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Parise WHITAKER - Le parti sono un senatore degli Stati Uniti, McConnell, che ha intentato una causa contro la Federal Elections Commission (la Commissione Elettorale Federale, d'ora in avanti FEC), l'authority preposta all'applicazione delle leggi in materia di finanziamento delle campagne elettorali. Il senatore repubblicano McConnell del Kentucky è il più fiero avversario della nuova disciplina. Due settimane fa, l'8 settembre, la Corte ha tenuto l'udienza pubblica di questa causa. Sia io che Joe eravamo lì ed è stato molto interessante. L'aula era piena zeppa. Come potete immaginare, questo caso ha suscitato l'interesse di tutte le persone le cui sfere saranno toccate dalle leggi sul finanziamento delle campagne elettorali: partiti politici, candidati, il Congresso. Credo di poter affermare che sia i proponenti sia i difensori di questa legge vogliano chiedere alla Corte di dichiararla legittima.
Gli attori sono 90, per un totale di 11 casi riuniti, il principale dei quali è quello del senatore McConnell. Costoro ritengono che questa legge sia incostituzionale e il motivo starebbe nei principi fissati nel caso Buckley. Dall'altra parte ci sono i convenuti, cioè il governo, visto che una volta che la legge è stata approvata, il governo deve difenderla. Ma i sostenitori più ferventi della legge sono i suoi promotori, i senatori McCain e Feingold, i rappresentanti Shays e Meehan e altri due senatori, Snow e Jeffers, che quel giorno erano anche presenti all'udienza della Corte Suprema. A differenza dei ricorrenti, questi sostengono che la legge sia perfettamente coerente con il caso Buckley e che non ne violi i principi. Come vedete, tutta la questione è imperniata sul caso Buckley. Ecco perché ne ho parlato all'inizio. Secondo i ricorrenti, questa legge minerebbe la validità dei principi in quella sentenza.

Vincenzo SINISCALCHI - Potrebbe offrirci qualche ragguaglio sulla legge McCain-Feingold?

Paige WHITAKER - Ci sono due principi alla base di questa legge. È una legge molto lunga, consiste di 85 pagine, ma i principi di base sono due e non a caso, questi due principi sono le questioni principali che interessano la Corte Suprema. La vertenza giudiziaria è incentrata su questi due principi. Innanzitutto la legge proibisce ai partiti politici nazionali di raccogliere il cosiddetto «Soft money» di cui ha parlato Joe e proibisce anche ai partiti a livello statale e locali di spendere questo denaro.
Il secondo principio disciplina la pubblicità sui media che tutti i candidati possono fare 60 giorni prima delle elezioni generali e 30 giorni prima delle primarie. La legge vieta alle società e ai sindacati di pagare per questo tipo di pubblicità. Nel nostro paese c'è una legge di lunga data, infatti risale al 1907, che vieta alle imprese commerciali di impiegare direttamente i propri fondi per le elezioni. Nel corso degli anni questa legge è stata modificata e ora prevede l'istituzione di patrimoni separati, i cosiddetti Political Action Committees (Comitati di Azione Politica, d'ora in avanti PAC) che possono intervenire nelle campagne elettorali raccogliendo fondi e spendendoli senza sottostare a limitazioni. Secondo i promotori di della legge del 2002 occorreva agire anche sui PAC perché, come ha detto Joe, nel corso degli anni, avvocati abili, politici scaltri e consulenti dei media sono riusciti a realizzare spot pubblicitari che non potevano essere vietati perché non dicevano «votate per Joseph E. Cantor» o «Cantor al Congresso» o «Non votate per Paige Whitaker al Congresso». Però, nonostante non contenessero queste formule dirette, il messaggio era implicito e chiaro a chiunque perché legato alle tematiche d'attualità politica su cui era nota la posizione dei vari candidati. Ma non venivano mai usate le espressioni «votate per» o «non votate per». Così i promotori della legge McCain-Feingold dissero che avrebbero trovato il modo di non fare aggirare la legge e vietare questo tipo di pubblicità. Pertanto hanno scritto questa nuova legge nel miglior modo possibile nella speranza che la


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Corte Suprema la ritenga legittima. Così stiamo aspettando di vedere se la Corte Suprema dirà se va bene o non.
Un altro elemento che accresce l'interesse per questo caso è il fatto che la Corte Suprema è divisa sulla questione del finanziamento delle campagne elettorali. I giudici Breyer, Stevens, Ginsburg e Souter ritengono che queste leggi si concilino con la Costituzione, mentre i giudici Scalia - un italiano - Thomas e Kennedy e forse anche il Chief Justice Renquist ritengono che queste leggi violino il Primo emendamento. Poi abbiamo un altro giudice, Sandra Day O'Connor, che non ha ancora preso una posizione. Molti studiosi della Costituzione chiamano la Corte Suprema la Corte O'Connor perché questi gruppi di quattro rappresentano spesso delle fazioni contrapposte e così il voto del giudice O'Connor diventa quello decisivo. Apparentemente, il voto del giudice O'Connor sarà ancora una volta il voto decisivo. Sappiamo come la pensano gli altri otto giudici, ma non sappiamo che cosa abbia in mente lei(3). Durante l'udienza, le poche volte che lei ha fatto una domanda tutte le persone presenti in aula ascoltavano attentamente per cercare di carpire il suo punto di vista».

(3) Con la sentenza McConnell vs. FEC 02-1674, resa in data 10 dicembre 2003, la Corte Suprema - con una maggioranza di 5 a 4 - ha ritenuto costituzionalmente legittima la legge c.d. McCain-Feingold.

Nel prosieguo della conversazione è stato illustrato che negli Usa non v'è un sistema di finanziamento pubblico dei partiti, ma solo un finanziamento pubblico alle campagne elettorali, strutturato però in modo diversa che in Italia. Ancora una volta risulta illuminante l'esposizione del dottor Cantor.

«Joseph CANTOR - Nelle elezioni presidenziali esiste un sistema per le elezioni generali che prevede una sovvenzione per i candidati, una sovvenzione fissa. L'anno prossimo sarà di 60-70 milioni di dollari a testa. Sia per il candidato repubblicano,
sia per quello democratico. Inoltre esiste una formula secondo la quale anche il candidato di un partito minore può avere diritto a un finanziamento, ma non di pari entità. Invece, nelle elezioni primarie che si stanno svolgendo adesso e che molto presto entreranno nel vivo, i fondi pubblici vengono distribuiti in base alle donazioni che il candidato riesce a raccogliere e il finanziamento pubblico sarà pari all'importo delle donazioni. Se il candidato raccoglie, diciamo, 100 dollari, lo Stato gli dà 100 dollari. È un principio diverso. Il finanziamento pubblico si ottiene in base all'entità del sostegno che il candidato dimostra di avere. Un elemento importante del sistema di finanziamento pubblico è il fatto che si tratta di un sistema facoltativo. È il candidato a decidere se vuole partecipare. Se partecipa deve rispettare dei limiti di spesa che, secondo la decisione della Corte, in via di principio sarebbero illegittimi. Però, dal momento che questo è un sistema l'accesso al quale è volontario, lo Stato può fissarne le condizioni. In altre parole, se il candidato riceve un finanziamento pubblico, è obbligato a rispettare i limiti di spesa. Il principio è che non si possono mettere limiti di spesa perché - si sostiene - la spesa per l'opinione è come l'opinione: Primo emendamento. Sicché il divieto di spesa secco, obbligatorio è incostituzionale. Allora questa legge che cosa dice? Il finanziamento pubblico, puoi volerlo o non volerlo. È facoltativo. Se lo richiedi c'è il meccanismo del pareggio. Raccogli da solo tu - con i tuoi sforzi - 20 per avere 20, scegli il percorso del finanziamento pubblico. Se lo scegli tu, allora i limiti di spesa ci sono e quelli non sono incostituzionali perché te li scegli tu. È un'opzione.
Fino alle elezioni del 2000, quasi tutti i candidati principali hanno partecipato volontariamente, anche se per principio erano contrari al finanziamento pubblico come lo sono o lo sono stati la maggior parte dei repubblicani. Ma nel 2000, George Bush, il nostro attuale Presidente, non ha partecipato al sistema di finanziamento pubblico delle elezioni primarie perché aveva accesso a ingenti somme di denaro e non voleva essere limitato nella spesa. Tuttavia, partecipò a questo sistema nelle elezioni generali. Ha già detto che


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non parteciperà alle primarie neanche nel 2004, ma probabilmente lo farà alle elezioni generali».

5.2. Le indagini sulla corruzione politica: il colloquio presso l'FBI.

Presso il Federal Bureau of Investigation, la delegazione ha incontrato il dottor Stuard Robinson, il capo dell'ufficio investigativo sulla corruzione dei pubblici ufficiali. Dalla conversazione sono emersi profili di grande interesse in ordine alla ricaduta pratica della mancanza di particolari privilegi in favore delle cariche pubbliche elettive e della volontà - sostenuta dalla pubblica opinione - di combattere la corruzione in modo determinato ed efficace. Appare necessario riportare dei brani del colloquio.

«Stuard ROBINSON - Il nostro ufficio ha un mandato ampio per quanto riguarda i casi di corruzione pubblica e i nostri investigatori operano sul campo in tutto il Paese. Ci si occupa dei casi più delicati e di iniziative ad ampio raggio. Più tardi mi soffermerò sul tipo di operazioni delicate che gestiamo, su come queste operazioni vengono autorizzate e controllate affinché le situazioni delicate relative ai casi di corruzione pubblica siano gestite in modo da ottenere risultati positivi e non causare problemi insormontabili. [...] Innanzitutto vorrei parlare delle indagini che svolgiamo nel campo della corruzione pubblica. Attualmente, la corruzione pubblica è al quarto posto delle priorità dell'FBI, dopo il terrorismo, il controspionaggio ed i reati informatici. La corruzione pubblica è dunque un illecito penale che attualmente ha la priorità sullo spaccio di droga, sui reati di violenza alla persona, sul crimine organizzato e sulla frode aziendale. Perché questa priorità? Perché la corruzione pubblica ha effetti considerevoli che vanno oltre l'individuo che commette il reato. I pubblici ufficiali corrotti permettono che vengano commessi reati di terrorismo, di violenza, reati connessi allo spaccio di droga e permettono inoltre il disfacimento della società. Per questo motivo, il direttore dell'FBI ha deciso di destinare a questo settore grandi risorse. Un presidente degli Stati Uniti di circa 100 anni fa, Theodore Roosevelt (famoso per essere stato un commissario di polizia che combatteva la corruzione a New York e forse eletto presidente anche per questo) nel 1900 disse: «Se un uomo non è onesto non abbiamo il diritto di tenerlo nella vita pubblica. Non importa quanto sia brillante, quanto grande sia il suo potere o quanto abilmente gestisca le situazioni. Nessun uomo che sia corrotto o che tolleri la corruzione altrui può compiere il proprio dovere nei confronti della comunità(4)». Voglio farvi un esempio. A dicembre 1999, quando si avvicinava la vigilia di capodanno e la fine del millennio, un uomo di nome Rasam era partito in macchina dal Canada per tentare di arrivare a Los Angeles. Il bagagliaio della sua auto era pieno zeppo di esplosivi. Era stato mandato da Al Quaeda e la sua missione era far saltare in aria l'aeroporto internazionale di Los Angeles proprio la vigilia di capodanno. Fu fermato da un doganiere mentre stava nella lunga fila di auto che ogni giorno attraversa il confine tra il Canada e gli Stati Uniti. Il doganiere pensò che l'uomo apparisse sospetto, perquisì il bagagliaio della sua auto e colse nel segno. Immaginiamo la stessa situazione, ma con un poliziotto di frontiera mal pagato che ha davanti una lunga fila di auto ed è disposto ad accettare una piccola somma di denaro per un favore apparentemente piccolo. Assistiamo a molti casi di corruzione in cui un poliziotto di frontiera riceve qualche centinaio di dollari per saltare la fila a una macchina. In quel caso, una piccola tangente avrebbe provocato effetti devastanti. L'FBI


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dà la priorità a questi reati perché, a mio parere, molti americani hanno fatto una scelta. Al fine di ottenere i risultati migliori dalle indagini su questi reati, abbiamo ritenuto opportuno impiegare metodi invasivi e aggressivi. Sono convinto che la tolleranza-zero nei confronti della corruzione rispecchi l'ideale americano. I nostri media - che sia a loro danno o vantaggio - adorano gli scandali di corruzione. E questo è un vantaggio per gli investigatori perché ogni volta che scopriamo un caso di corruzione, la gente, i media e, in larga misura, anche gli altri funzionari pubblici ci considerano eroi. Gli agenti che lavorano a questi casi non temono alcuna minaccia di ritorsione. Vi faccio un esempio. Negli ultimi 30 anni tre presidenti americani e un vice presidente sono stati indagati dall'FBI per corruzione pubblica: i presidenti Reagan, Clinton e Nixon e il vice presidente Agnew è stato accusato di reati sulla base di un'indagine dell'FBI. Questi presidenti appartenevano ad entrambi i partiti politici e gli agenti che hanno condotto le indagini l'hanno fatto senza temere alcuna ritorsione sulla loro carriera. Questo dipende in parte dalla nostra forma di governo. C'è il legislativo, l'esecutivo e il giudiziario e ciascuno di questi poteri ha un insieme di mezzi per impedire agli altri due di commettere abusi. Pertanto, questo ideale americano di tolleranza-zero nei confronti della corruzione gioca a nostro favore proprio per questo motivo. I legislatori americani, il Congresso degli Stati Uniti, e il potere giudiziario hanno conferito poteri straordinari alle forze dell'ordine che dipendono dal potere esecutivo. In alcuni paesi, come a esempio l'Ecuador - con una cui delegazione ho parlato la settimana scorsa - non è consentito svolgere indagini sotto copertura. Da quello che mi ha detto la delegazione, nel loro paese cogliere qualcuno in flagranza di reato con l'inganno è considerata un'azione da vigliacchi. Noi invece possiamo farlo e abbiamo la possibilità di ottenere l'autorizzazione, anche se i funzionari incaricati sono sottoposti a un gran numero di controlli. Ma se esistono i presupposti per avviare queste operazioni, l'autorizzazione è abbastanza rapida. Inoltre, abbiamo la possibilità di fare intercettazioni sia con il consenso delle parti, sia con l'autorizzazione dell'autorità giudiziaria, in assenza del consenso delle parti, senza un informatore. Noi possiamo installare attrezzature di intercettazione in una casa o su una linea telefonica senza che nessuna delle parti abbia dato il consenso. Questo aiuta a superare molte delle difficoltà che la lotta alla corruzione comporta, come tutti voi sapete. I casi di corruzione pubblica sono tra i più difficili. Di sicuro lo sono per noi dell'FBI. Perché sono così difficili?

(4) Il testo originale della frase di Theodor Roosvelt è: «Unless a man is honest we have no right to keep him in public life, it matters not how brilliant his capacity, it hardly matters how great his power of doing good service on certain lines may be ... No man who is corrupt, no man who condones corruption in others, can possibly do his duty by the community».

Giovanni KESSLER: Perché le parti sono d'accordo.

Stuard ROBINSON - Esattamente. Questo è uno dei motivi principali. Si tratta di operazioni condotte in segreto tra due parti e nessuno chiama l'FBI come quando viene rapinata una banca, per esempio. Sono circoli interni che dobbiamo penetrare, una ragione di più per avere l'autorizzazione alle intercettazioni senza il consenso delle parti. Le intercettazioni ci permettono poi di condurre operazioni sotto copertura. Spesso otteniamo informazioni su situazioni illecite in cui a qualcuno è stata offerta una tangente e l'ha rifiutata. Questa persona ha perso la propria credibilità e non può andare da quel funzionario pubblico e registrare la conversazione. Tuttavia, quella persona può aiutarci a introdurre un'altra persona che potrebbe avviare un'attività nella città. In questo caso, l'FBI può appoggiare un'operazione sotto copertura, fornire i fondi per avviare l'attività e pagare le tangenti ai funzionari pubblici corrotti e, addirittura, acconsentire che i propri agenti vengano arrestati da poliziotti corrotti. Inoltre, ci assumiamo la responsabilità legale perché quando si avvia un'attività e ci si aggiudicano dei contratti con la corruzione, si impedisce ad altri appaltatori onesti di aggiudicarsi quei contratti. Questo è uno dei motivi della riservatezza dei casi di corruzione pubblica.

Giuseppe FANFANI - È molto diffusa la corruzione a suo giudizio?


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Stuara ROBINSON - Questo è direttamente collegato alla scarsa visibilità dei casi di corruzione. È difficile stabilirlo perché spesso meno visibile è la corruzione, più è presente. Finché non vengono destinate delle risorse allo sviluppo dell'intelligence per affrontare questo problema e non si ottengono risultati immediati è molto difficile stabilire se ci sia o meno la corruzione. Siccome la corruzione fa parte della natura umana è presente in tutti i paesi. C'è un gruppo internazionale che valuta la corruzione e la trasparenza. L'Italia e gli Stati Uniti hanno avuto una valutazione abbastanza positiva.

Sergio COLA - Se non c'è consenso di una delle due parti nelle intercettazioni, l'autorità giudiziaria le concede solo quando ci sono gravi indizi o le concede anche quando c'è solamente un indizio.

Stuard ROBINSON - Quali elementi siano necessari per ottenere l'autorizzazione non dipende necessariamente dall'entità del caso. La legge che consente le intercettazioni negli Stati Uniti si chiama «title-three order» (ordine del titolo III) e di norma si basa sugli antefatti che danno luogo alla richiesta e sull'impossibilità di ottenere quelle informazioni con altri mezzi. Supponiamo che in una città ci sia un gruppo di membri del consiglio comunale e uno di questi collabori con voi e registri le conversazioni degli altri membri che sono disposti a prendere una tangente. In questo caso è improbabile che possiate ottenere questo tipo di autorizzazione. Ma se tutti i membri del consiglio comunale hanno tentato di corrompere un appaltatore e questo appaltatore li ha minacciati di rivolgersi alla polizia e ha collaborato e forse ha registrato le conversazioni, in questa caso è possibile ottenere l'autorizzazione in quanto l'appaltatore desterebbe dei sospetti se tentasse di registrare le conversazioni. Però è possibile introdurre un agente sotto copertura e ottenere l'autorizzazione a fare delle intercettazioni senza il consenso delle parti. Le intercettazioni si possono fare sulle linee telefoniche, negli uffici di sindaci o di membri del Congresso, nelle auto della polizia. Insomma, se esistono i presupposti non c'è limite. Noi non abbiamo alcun limite. Quando dico che possiamo indagare i presidenti, significa che possiamo indagare a qualsiasi livello, a condizione che ci siano i presupposti. All'interno dell'FBI ci sono diversi livelli di autorizzazione a seconda della sensibilità dell'obiettivo e dell'operazione. Esistono livelli stabiliti.

Valter BIELLI - L'inizio di un'indagine che riguardi un suo membro viene comunicato al Congresso?

Stuard ROBINSON - Non se questo potrebbe compromettere l'indagine. Ci sono spesso indagini storiche in cui il membro indagato viene avvisato, ma se si tratta di un'indagine attiva e abbiamo fatto delle intercettazioni su membri del Congresso, questi non vengono avvisati.

Sergio COLA - Non c'è pericolo che si possa venire a conoscenza di un segreto di stato, per esempio se si intercetta il Presidente della Repubblica? Tutto questo non è un fatto rischioso?

Stuard ROBINSON - È molto rischioso e ci sono molti controlli. Se s'intende intercettare un membro del consiglio comunale in una città con 25.000 abitanti, ci sono molti livelli di autorizzazione che un agente deve superare. Al contrario, se si fanno intercettazioni su uno spacciatore di droga importante nella stessa città, i livelli da superare sono minori.

Vincenzo SINISCALCHI - All'interno dell'FBI?

Stuard ROBINSON - Sia all'interno dell'FBI, sia all'interno del sistema giudiziario. Però non vorrei creare confusione tra i livelli di autorizzazione e la rapidità delle autorizzazioni perché noi siamo in grado di concedere un'autorizzazione nella stessa giornata in cui viene richiesta se si tratta di una questione in cui il tempo è un fattore determinante. Se invece non è così, bisogna riempire molti moduli prima


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di ottenerla. Tuttavia, è possibile ottenere un'autorizzazione verbale in tempi molto brevi se la questione è delicata, anche se deve comunque avere un'approvazione scritta dopo quella verbale.

Vincenzo SINISCALCHI - Avete collaborazione o difficoltà da parte del Congresso?

Stuard ROBINSON - Dipende dalla criticità della situazione: c'è un'espressione americana: «boxed in» (in gabbia). Poi v'è un'altra difficoltà che si presenta spesso quando si indaga sulla corruzione pubblica. I pubblici ufficiali sono spesso molto carismatici, hanno molte risorse per difendersi, cioè dispongono dei migliori avvocati, ma allo stesso tempo la delicatezza di questo tipo di indagine rende tutta la faccenda molto rischiosa. Se commettiamo un errore, i danni che possiamo causare sono enormi.

Sergio COLA - Che cosa intende per pubblici ufficiali?

Stuard ROBINSON - Un caso di corruzione pubblica, secondo la nostra definizione, è la violazione di una legge federale da parte di una persona eletta o nominata a una carica pubblica o che fa parte di un organismo politico. La definizione di «public official» va dal membro del Congresso alla persona che emana provvedimenti amministrativi. Ma la sensibilità del funzionario pubblico influisce sui livelli di autorità. Se noi indaghiamo per esempio un cancelliere, il livello di sensibilità è inferiore rispetto a un membro del Congresso. La grande maggioranza dei nostri casi di corruzione pubblica riguarda i poliziotti. E questo per diversi motivi. Innanzitutto guadagnano meno e sono più esposti alle tentazioni. Inoltre, i poliziotti sono molto più numerosi degli altri tipi di pubblici ufficiali.

Sergio COLA - Quanto guadagna un agente?

Stuard ROBINSON - Dipende da dove lavora. In una cittadina di una zona rurale lo stipendio può essere un quarto di quello di New York, intorno a 25.000 dollari l'anno. Mi riferisco a un agente con 7 od 8 anni di anzianità. Al lordo di imposte. Mentre un poliziotto di New York può guadagnare 100.000 dollari l'anno. Uno stipendio abbastanza buono.

Vincenzo SINISCALCHI - Ci sono casi in cui un'indagine viene chiesta all'FBI in materia di corruzione da parte del Parlamento?

Stuard ROBINSON - Certo. Ma vediamo perché lo chiedono all'FBI. Noi siamo il principale inquirente in questi casi e la legge ci attribuisce il compito indagare su questi casi che le autorità statali e locali non hanno. Questo in parte dipende dalla struttura del nostro paese. È un paese talmente grande, suddiviso in stato federale e governi locali, e questo è uno dei motivi che ci consente di lavorare senza ritorsioni. Se, per esempio, gli agenti dell'FBI di Los Angeles sono in buoni rapporti con la polizia di Los Angeles, noi possiamo affidare le indagini sulla corruzione pubblica di Los Angeles agli agenti di New York. Allo stesso modo, può esserci una piccola città in cui c'è un solo agente dell'FBI in un raggio di centinaia di chilometri che fa affidamento sulla polizia locale per poter compiere gli arresti. Sarebbe estremamente difficile per questo agente svolgere delle indagini su un caso di corruzione pubblica. Ma questo agente dell'FBI può chiedere agli agenti di altre parti del paese di farlo. Naturalmente, i funzionari hanno buoni motivi per non indagare i propri colleghi. Secondo me, uno dei motivi del successo dell'FBI nelle indagini sulla corruzione pubblica è il fatto che non abbiamo alcuna remora a svolgere indagini sui nostri colleghi. C'è un caso molto noto che si è verificato a Boston dieci anni fa e che ha avuto come risultato la condanna di un agente dell'FBI in una prigione federale. Questo agente aveva fatto una soffiata ad alcuni informatori di gente appartenente alla criminalità


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organizzata. Questo caso era particolarmente importante per noi in quanto era stato un agente dell'FBI a far finire in prigione un altro agente dell'FBI. Tornando alla domanda originale, il Congresso ci affida delle indagini, ma come ben sapete, ci sono tanti di quei sondaggi politici che non si può creare una cattiva stampa per un politico. Anche il più piccolo accenno a un'indagine su un caso di corruzione può provocare danni incredibili a un membro del Congresso, a un agente di polizia o a qualsiasi pubblico ufficiale. Pertanto, questi livelli di autorizzazione sono presi molto sul serio e uno degli elementi che rende questi casi così difficili è il carisma delle personalità pubbliche. Anche il poliziotto locale può essere un personaggio molto carismatico. Dopotutto, se una persona viene eletta è anche perché ha un certo fascino ed è un personaggio visibile, mentre l'agente dell'FBI che indaga su di lui non ha la stessa visibilità. In genere noi non possiamo fare dichiarazioni pubbliche finché non si arriva al processo o all'incriminazione.

Vincenzo SINISCALCHI - Il caso Traficant è un caso dell'FBI(5)?

(5) Nella tarda primavera del 2002, il rappresentante democratico dell'Ohio, James Traficant, condannato in primo grado da una corte federale per reati di corruzione, fu giudicato anche dalla Committee on Standards of Official Conduct per violazioni del codice di condotta. In esito alla procedura parlamentare, con deliberazione dell'Assemblea del 24 luglio 2002 assunta con la prescritta maggioranza, Traficant fu espulso dalla Camera dei Rappresentanti ai sensi dell'articolo I, sezione 5, della Costituzione.

Stuard ROBINSON - Sì, è stato uno dei colleghi della mia unità a condurre le indagini. Quando ero a Boston abbiamo messo in prigione un membro del Congresso a metà degli anni Novanta perché aveva accettato tangenti traendo un vantaggio personale. Nel caso Traficant, l'FBI è stato avvantaggiato perché pur essendo un personaggio carismatico era molto curioso. È un uomo molto strano e questo ha giocato a nostro favore, ma ha anche molto carisma. Questo signore si è difeso pubblicamente, ha partecipato a diversi notiziari televisivi lanciando accuse contro gli agenti dell'FBI che si occupavano del suo caso, i quali però non potevano controbattere. Pertanto, quando si lavora a questi casi è bene non avere un unico livello di supervisione perché può rivelarsi pericoloso.

Valter BIELLI - Nel vostro lavoro di indagine, lo strumento d'uso più frequente è l'intercettazione di conversazioni?

Giovani KESSLER - E le operazioni sotto copertura: quanto spesso vengono usate?

Stuard ROBINSON - Mi fa piacere che mi abbiate fatto questa domanda perché era proprio l'argomento che volevo affrontare. Questi sono gli strumenti che ci fanno ottenere i maggiori successi nei casi di corruzione. A causa di tutte le difficoltà che ho menzionato prima, per esempio, un uomo come Traficant che può difendersi pubblicamente, le prove che possono portare alla condanna di un pubblico ufficiale, da un poliziotto locale a un membro del Congresso, molto spesso sono prove irrefutabili. Queste prove sono prodotte dalle operazioni sotto copertura. Se ci sono indizi sufficienti per poter avviare un'operazione sotto copertura, si può ottenere l'autorizzazione a riprendere con la telecamera e a registrare. Inoltre, a causa dell'influenza della TV e del cinema, le giurie in America si aspettano di vedere questo genere di prove prima di condannare qualcuno. È molto difficile condannare qualcuno con mere prove testimoniali. Se un appaltatore, per esempio, accusa il funzionario pubblico di avere chiesto una tangente e il funzionario nega o, ancora peggio, se l'appaltatore dice: «d'accordo, ho pagato una tangente e sono disposto a pagare per questo. Ecco l'uomo al quale l'ho pagata», in questa situazione non abbiamo soltanto la parola dell'appaltatore contro quella del funzionario,


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ma l'appaltatore diventa una persona colpevole di un crimine e perde la propria credibilità. Occorre allora prendere un soggetto poco importante contro cui vi sono prove sicure e usarlo per introdurre gli agenti sotto copertura, per introdurre queste tecniche più aggressive, senza tentare di arrestare subito il colpevole, ma cercando di estendere il caso a tutte le persone corrotte in una determinata cerchia. Nel vostro ordinamento sono previste le intercettazioni e le operazioni sotto copertura?

Giovani KESSLER - Le operazioni sotto copertura non sono possibili in Italia se sono intese così. Da noi esiste la figura dell'agente provocatore e poi quella del collaboratore di giustizia.

Vincenzo SINISCALCHI - C'è un termine entro cui una persona che ha deciso di collaborare deve dire quel che sa?

Stuard ROBINSON - No.

Sergio COLA - È in condizione di dirci quante intercettazioni autorizzate ogni anno e quanto spendete?

Stuard ROBINSON - Non posso fornirvi delle statistiche precise perché ogni anno facciamo moltissime intercettazioni consensuali che non vengono ordinate dal giudice. Per esempio, una parte può acconsentire alla registrazione di una conversazione

Sergio COLA - Mi riferisco solo a quelle ordinate da un giudice.

Stuard ROBINSON - Sono sicuramente centinaia all'anno. Il nostro è un paese molto grande e non le usiamo solo per i casi di corruzione. Nei casi di corruzione, vengono autorizzate almeno dieci intercettazioni all'anno e oltre dieci operazioni sotto copertura su vasta scala. Naturalmente sono costose. Inoltre, di norma ai nostri agenti sotto copertura forniamo anche il denaro per pagare le tangenti ai funzionari pubblici.

Giovani KESSLER - Ma che intende esattamente per «operazioni sotto copertura» e quali ne sono i presupposti?

Stuard ROBINSON - Uso spesso il termine «predication» e spero che sia traducibile. Abbiamo leggi che vietano a un agente provocatore di offrire una tangente, di offrire droga o qualsiasi altra merce illecita a qualcuno che non sia già predisposto a quella attività. «Predication» significa essere già in possesso di un indizio che una determinata persona è coinvolta in quel tipo di attività criminale. Voglio farvi un esempio di come questo può accadere e dare luogo a un'operazione sotto copertura. Prendiamo il sindaco di una città e qualcuno che intende avviare un'attività in quella città e ha bisogno dell'autorizzazione del sindaco. Supponiamo che a questa persona venga detto che se vuole avviare l'attività deve versare 100.000 dollari su un conto bancario nelle Caiman Islands. L'appaltatore viene all'FBI e ci dice: «Io gli ho detto di no». Può darsi che questa persona acconsenta a sottoporsi alla macchina della verità e può darsi che l'appaltatore fosse andato dal sindaco assieme a un socio. Quindi ci sono due persone che possono confermare l'accaduto e forse questa persona darà il proprio consenso a fare registrare la telefonata con il pubblico ufficiale. A questo punto può darsi che quest'ultimo dica che l'offerta era ancora valida, ma aveva trovato un'altra persona disposta ad accettarla. Anche se parla in codice è evidente che si sta riferendo alla tangente. A quel punto questa persona può essere giudicata da un giudice o da un agente dell'FBI di livello superiore come «predicated» a questa attività. Vi faccio un altro esempio. Un agente di polizia viene colto in flagrante mentre accetta una tangente e il poliziotto dice: «È vero che ho preso una tangente, ma non sono l'unico. Altri cinque agenti e il mio capo fanno la stessa cosa. Se venite in macchina in questa zona e fate una soffiata a uno degli agenti, vi giuro che in una delle auto troverete denaro e droga. Vi assicuro che il poliziotto ruberà i soldi e io sono disposto a registrare una conversazione


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con il poliziotto durante la quale ammetterà di averlo fatto altre volte. Questo è ciò che definisco predication».

6. Gli incontri con le Commissioni parlamentari.

La delegazione ha incontrato i Presidenti e i massimi esponenti dell'opposizione di due Commissioni parlamentari competenti in materie lato sensu assimilabili alle prerogative previste nel nostro ordinamento: l'House Administration Committee e la Standards of Official Conduct Committee (cosiddetta Ethics Committee). Presso questi organismi la delegazione ha avuto interessanti scambi di opinione in relazione al modo con cui la Camera dei Rappresentanti esercita i propri poteri di autodichia, tutela la propria immagine e offre ai singoli rappresentanti eletti indicazioni e consigli sul modo migliore per mettere l'esercizio delle funzioni parlamentari al riparo da critiche o sanzioni da parte di terzi.
Presso la prima sono stati trattati diversi argomenti, tra cui quello della verifica dei poteri. È emerso che - come già era stato illustrato alla delegazione dal dottor Johnson - che il Congresso gode del potere della convalida riservata, il cui esercizio in diverse occasioni recenti ha portato all'annullamento di elezioni e alla proclamazione di altri parlamentari. D'interesse si rivela al riguardo un brano della conversazione con il presidente della Commissione, il rappresentante repubblicano Robert NEY.

«Robert NEY - Questa è la Commissione più piccola della Camera. Sei membri sono nominati direttamente dallo Speaker e sono di parte repubblicana e 3 dal capogruppo democratico, Nancy Pelosi. Questa formazione è stata voluta in quanto le decisioni devono essere prese congiuntamente dallo Speaker e dal leader dell'opposizione parlamentare. [...]. Inoltre abbiamo giurisdizione sugli uffici dei singoli membri. Ogni membro ha un conto di circa un milione di dollari l'anno, ma deve rispettare alcune direttive e deve rendere conto a noi di come spende questi soldi per evitare che vi siano abusi politici. A volte le regole su come i membri possono spendere questi fondi necessitano di modifiche e se, ciò viene fatto internamente, è di competenza della nostra Commissione. Ma abbiamo anche altri compiti tra cui tutto ciò che riguarda il processo elettorale: le proposte di riforma delle elezioni federali e della disciplina delle campagne elettorali e le controversie elettorali per i seggi della Camera e per i casi di frode. Inoltre, la Commissione sovrintende alla Library of Congress, allo Smithsonian Institute e alla Federal Election Commission che vigila sui conti dei membri.

Vincenzo SINISCALCHI - Qual è la procedura di verifica dei poteri?

Robert NEY - Da quando sono membro di questa Commissione è stata contestata l'elezione in cui un membro uscente del Congresso, Bob Dornan della California, è stato sconfitto dall'onorevole Sanchez, una donna, per 1500 voti. La Sanchez era stata proclamata dal Segretario di Stato della California. La House Administration Committee ha l'autorità di annullare l'elezione di un membro del Congresso e di indire nuove elezioni. I membri repubblicani avevano motivi plausibili per condurre un'indagine sull'elezione e io, assieme ad altre due persone, sono andato in California per esaminare la questione. Dopo circa un anno abbiamo scoperto che 792 persone che non avevano la cittadinanza americana avevano votato in quelle elezioni. Se fossero state 1500, avremmo potuto votare per contestare l'elezione della signora Sanchez e indire una nuova elezione. Prima che io fossi nominato presidente di questa Commissione ci fu una questione molto delicata, nota come gli «Indiana bloody six» (\`i sei sanguinari dell'Indiana'). Accadde che un deputato fu prima proclamato e poi la sua elezione fu annullata. Fu quindi proclamato un altro membro al suo posto. Come ripeto, io non ero ancora qui, ma quando tiro fuori l'argomento mi accorgo che nessuno ne vuole parlare.


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Adesso, ogni volta che c'è un'elezione, qualcuno chiede che sia avviata un'indagine per frode. Quest'anno due persone che hanno perso le elezioni hanno intentato una causa per frode. Dall'indagine preliminare non è risultato alcunché e abbiamo semplicemente archiviato il caso. È una questione controversa, perché il Congresso ha il potere di annullare l'elezione di una persona proclamata dal Segretario del suo Stato.»
La successiva parte del colloquio - nella quale è intervenuto anche John LARSON, capo dei Democratici nella Commissione - ha riguardato una serie di profili attinenti alla compatibilità di vari incarichi con il mandato parlamentare e alla procedura d'espulsione dei membri del Congresso per condotta scorretta.
Durante l'incontro con la Committee on Standards of Official Conduct (detta anche Ethics Committee) della House of Representatives, la delegazione ha interloquito con Joel HEFLEY e Allan B. MOLLOHAN, rispettivamente presidente e capo dell'opposizione democratica. La Commissione detta - ai sensi del Regolamento generale della Camera - un codice di condotta ufficiale per i membri della Camera stessa. Si tratta di un insieme di direttive volte ad assicurare che i rappresentanti non siano mai in conflitto d'interesse e non usino il danaro loro assegnato per scopi ufficiali a profitto privato. In tal senso sono anche previste regole tese a tutelare l'immagine del parlamentare e quindi a sconsigliare talune relazioni patrimoniali con soggetti esterni al Congresso che potrebbe inficiare l'apparenza d'indipendente esercizio della funzione. La delegazione ha acquisito una copia di tale codice, la quale è conservata presso gli uffici della Giunta.
La Ethics Committee è anche l'organo referente dell'Assemblea in materia di sanzioni disciplinari. L'ultimo clamoroso caso è stato quello - cui già il dottor Johnson e il dottor Robinson avevano accennato - del rappresentante dell'Ohio, James Traficant, il quale per gli stessi fatti per cui era imputato in un processo penale era stato fatto oggetto di un procedimento parlamentare, al culmine del quale è stato espulso a larghissima maggioranza nel luglio del 2002.
Vale comunque la pena di riportare alcuni passi del colloquio.

«Joel HEFLY - La nostra Commissione si occupa delle norme di condotta della Camera che, di solito, vengono approvate il primo giorno di ogni legislatura del Congresso. Ci occupiamo delle norme che disciplinano la separazione delle nostre attività di propaganda e di campagna elettorale da quelle che concernono le nostre funzioni ufficiali; ci assicuriamo che i fondi delle campagne elettorali non siano confusi con i fondi ufficiali; abbiamo una regola che riguarda i doni e comprende anche i doni occasionali fatti da qualsiasi organizzazione; abbiamo norme che stabiliscono l'entità dei rimborsi per i viaggi e, infine, abbiamo una regola generale che riguarda i comportamenti che gettano discredito sulla Camera dei Rappresentanti. La nostra Commissione ha il potere di censurare le persone per cattiva condotta fino a proporre l'espulsione dalla Camera dei Rappresentanti. Noi non possiamo espellere nessuno, però possiamo fare una proposta in tal senso all'Assemblea della Camera dei Rappresentanti. Forse qualcuno di voi ha sentito parlare del caso di Jim Traficant dell'anno scorso. La nostra Commissione ha esaminato il caso ed è pervenuta a proporre la sua espulsione dal Congresso. Poi abbiamo presentato il caso nell'aula della Camera e la Camera ha votato per la sua espulsione.

Allan B. MOLLOHAN - Come ha detto il Presidente Hefley, la giurisdizione della Commissione comprende il controllo sulla condotta dei membri e dei dipendenti della Camera e va dai comportamenti sconvenienti dei parlamentari, ai comportamenti che gettano discredito sulla Camera dei Rappresentanti, all'analisi delle conseguenze di una causa penale trattata dall'autorità giudiziaria. Quindi, sotto questo aspetto, la nostra giurisdizione è molto ampia. Come ha già accennato il Presidente, lo scopo della Commissione è tutelare


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la reputazione e l'integrità dell'istituzione, vigilare sulla condotta dei propri membri e, allo stesso tempo, assicurare che gli interessi degli stessi siano tutelati. Pertanto si tratta di adempiere a questa responsabilità tenendo a mente anche questi fattori. A volte è un compito alquanto arduo assicurare che la condotta dei membri sia adeguata e la reputazione dell'istituzione sia difesa e, allo stesso tempo, essere sensibili nei confronti dei membri della Camera. In effetti il Presidente è sempre molto attento a mantenere questo equilibrio. Non è difficile, ma quando si ha a che fare con un'accusa contro un membro della Camera, bisogna fare molta attenzione a questo equilibrio.

Joel HEFLY - Come ha detto Allan, si tratta di un meccanismo di autocontrollo. Perché un governo democratico funzioni bene, il popolo deve avere fiducia nel governo e nel fatto che non sia corrotto e si autocontrolli in qualche modo. Se un membro del Congresso commette un reato, l'autorità giudiziaria può perseguirlo legalmente. Ma se si tratta soltanto di una violazione delle regole della Camera, tocca a noi occuparci del caso per mantenere l'integrità della nostra istituzione. Il nostro obiettivo è tenere le persone fuori dai guai, piuttosto che aspettare che commettano degli illeciti e siano perseguite legalmente. Questo significa che incoraggiamo costantemente le persone a contattarci ogni qualvolta abbiano dei dubbi sul modo in cui intendono agire o su un dono che stanno per ricevere, per ottenere in anticipo una decisione ufficiale. Facciamo questo per evitare di affrontare un caso come quello di Traficant. Inoltre, poiché nessun politico desidera vedere la propria fotografia sulla prima pagina dei quotidiani perché si è cacciato nei guai, ci sono sempre più politici che ci contattano. La nostra Commissione può contare sull'assistenza di uno staff di avvocati che fornisce consulenza e di uno staff che si occupa delle indagini quando sospettiamo che ci sia stata una violazione. Il compito di questi avvocati è stabilire se ci sia stata la violazione e, in tal caso, quali azioni bisogna intraprendere. [...].

Sergio COLA - Siccome noi abbiamo un assetto normativo un poco diverso dal vostro, ci sono dei punti in comune in cui io ho dei dubbi circa il vostro modo di procedere, la vostra prassi. Il primo quesito che io vi volevo porre è: se voi indagate per un deputato che avrebbe commesso un reato e contemporaneamente c'è anche un'azione giudiziaria, aspettate prima l'esito dell'azione giudiziaria oppure potete anche procedere all'espulsione che è la sanzione più grave? Seconda domanda: nel caso in cui voi espelliate un deputato perché è corrotto e poi l'autorità giudiziaria assolve l'interessato dicendo che non ha commesso il fatto o che questo non sussiste, si procede alla reintegrazione nell'incarico se non è ancora scaduto il mandato?

Joel HEFLY - Innanzitutto, noi abbiamo l'autorità di procedere nei confronti di un deputato che sia stato accusato di un reato, ma di solito, se vi sono indagini in corso da parte del dipartimento della giustizia, aspettiamo l'esito dell'azione giudiziaria. Uno dei motivi è il fatto che comunque citeremmo gli stessi testimoni che sono citati dagli inquirenti e questi non apprezzano che noi interferiamo con il caso. Per esempio, noi potremmo concedere l'immunità a un testimone al quale il dipartimento non vuole che sia concessa. Pertanto noi cerchiamo di starne fuori finché il dipartimento della giustizia non abbia chiuso il caso. In teoria, noi possiamo espellere un deputato prima della condanna. Ma è molto improbabile che lo facciamo proprio per il motivo da lei menzionato, perché potremmo commettere un errore. Noi siamo dell'avviso che il dipartimento della giustizia abbia a disposizione molte più risorse per condurre le indagini rispetto a noi. Per esempio, attualmente c'è un deputato che è stato accusato di un reato di una certa gravità e noi non abbiamo assunto il caso. Forse a un certo punto dovremo farlo, ma per il momento non ce ne stiamo occupando perché se ne sta occupando il potere giurisdizionale. Tra


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l'altro, visto che il reintegro non è previsto, se commettiamo un errore è un problema molto grave.

Allan B. MOLLOHAN - Innanzitutto, l'espulsione di un membro del Congresso è un rimedio veramente straordinario. È molto raro che avanziamo una proposta a tal fine. Credo che il caso Traficant sia stato il primo caso, almeno da quando io lavoro qui, in cui sia stata raccomandata l'espulsione. È veramente un caso molto raro non solo per i motivi addotti dal Presidente, ma anche perché sia nel caso di una condanna sia che nel caso di un'assoluzione in seguito a una causa penale, sarebbe un fattore importante per la Commissione conoscere gli atti: prima di procedere, vogliamo sapere se il caso si è risolto con una condanna o con un'assoluzione. In terzo luogo, un membro del Congresso può riavere il proprio incarico soltanto se viene rieletto e questo potrebbe accadere. Difatti Traficant, prima e forse anche dopo essere stato mandato in prigione, si è presentato alle elezioni ma non è stato eletto. Sarebbe stata una situazione curiosa e interessante se fosse stato eletto! Poiché il nostro è un sistema rappresentativo e questo è molto sentito dalla gente: se la gente vuole essere rappresentata da un mascalzone, ne ha tutti i diritti. Non sono sicuro che il Congresso arriverebbe a questo perché ci sono dei limiti, ma bisogna comunque rispettare la decisione degli elettori. Questa sarebbe veramente una situazione interessante. [...].

Valter BIELLI - Ella ha parlato dei problemi delle campagne elettorali e della necessità di verificare la separazione della campagna elettorale da interessi non trasparenti. Volevo sapere, secondo la vostra valutazione, quali sono i casi più frequenti di confusione degli interessi non trasparenti con la campagna elettorale con le spese? In altre parole, Ella prima ha fatto riferimento a una norma che vieta di confondere i fondi destinati alle campagne elettorali con i fondi stanziati per le funzioni ufficiali. Quali sono stati i casi più gravi, nella sua esperienza, in cui questo si è verificato?

Joel HEFLY - Abbiamo avuto un caso del genere diversi anni fa. Un membro del Congresso molto potente, apparentemente si serviva dei locali sul Capitol Hill per organizzare cene che avrebbero apportato contributi alla sua campagna elettorale. Inoltre utilizzava i fondi della campagna elettorale per affittare un aereo per svolgere funzioni ufficiali. Probabilmente io avrei bisogno di un altro collaboratore al quale però non ho diritto, ciascuno di noi ha diritto a 18 collaboratori e può impiegarli nel proprio collegio, qui a Washington o altrove. Se io volessi 19 collaboratori anziché 18, non potrei usare i fondi destinati alle campagne elettorali per retribuire il collaboratore aggiuntivo. Inoltre, non posso usare la macchina che ho affittato per la campagna per svolgere funzioni ufficiali e viceversa. Questo è il genere di cose a cui mi riferivo.

Allan B. MOLLOHAN - Normalmente il principio di base è che bisogna stare attenti a non mescolare i vari tipi di fondi che abbiamo a disposizione per scopi diversi. Abbiamo i fondi ufficiali che sono danari del governo, abbiamo i fondi destinati alle campagne che provengono dai contributi degli elettori e poi c'è il denaro personale del deputato. Il principio generale è che non bisogna mischiare questi fondi, bisogna tenerli separati. Ci sono stati abusi molto gravi, come il caso di Dan Rostenkovski che presiedeva la Ways and Means Committee. Questa persona ha usato i fondi ufficiali per motivi personali. Si è trattato di un caso molto grave e il responsabile è finito in prigione. Spesso la domanda che ci viene posta è se è possibile usare i fondi della campagna elettorale per far venire un elettore a Washington per un'udienza ufficiale. Ma il problema principale riguarda le zone grigie che il Presidente sta riesaminando affinché i membri del Congresso non abbiano dubbi almeno per quanto riguarda i casi di buon senso. Questo per far capire che in politica le attività relative alle campagne elettorali e le attività ufficiali a volte possono coincidere. Generalmente ci occupiamo di questi problemi perché sono


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gli stessi membri del Congresso a chiederci se possono usare il denaro per un determinato scopo. Mentre i casi di grave violazione delle norme sono piuttosto rari.

Sergio COLA - Faccio delle domande specifiche. Vorrei capire se l'iniziativa nella loro attività è anche di ufficio: in pratica vi muovete direttamente se avete sospetti o qualcosa di simile? Fate delle indagini, visto che avete anche l'ufficio investigativo? [...]

Joel HEFLY - Noi abbiamo l'autorità di iniziare un'indagine e spesso lo facciamo basandoci su articoli di giornali, su lettere o reclami che riceviamo. In questi casi possiamo prendere l'iniziativa oppure il caso può essere inoltrato a noi da un membro del Congresso. Poi mi sembra che ci fosse un'altra domanda. Come conduciamo le indagini? Quando iniziamo un caso svolgiamo un'indagine preliminare a livello di staff. Poi io e il capo dell'opposizione decidiamo, dopo avere conosciuto l'esito dell'indagine, se il caso è abbastanza grave da essere deferito a una sottocommissione costituita al nostro interno. Oltre ai dieci membri della Ethics Committee, abbiamo un gruppo costituito da democratici e repubblicani che non fanno parte della Commissione. Quando un caso viene deferito a una sottocommissione per un'indagine, due membri della Commissione e due membri del gruppo fanno parte della sottocommissione e svolgono le indagini sul caso separatamente. Il resto della nostra Commissione non segue e non interferisce con le indagini. Poi la sottocommissione avanza le proprie conclusioni alla Commissione. La risposta alla sua domanda sul peso del voto del presidente è no, il voto del presidente non ha più peso di quello degli altri. [...] Sono sicuro che anche nel vostro Parlamento ci sia molta partigianeria. Quando sono venuto a lavorare al Congresso ho pensato che fosse il luogo più partigiano del mondo e in parte è così. Ma credo che questa Commissione sia la meno partigiana di tutte. In passato, si sono verificati alcuni casi di partigianeria nel senso che alcune persone hanno tentato di usare la Ethics Committee come un'arma contro i propri nemici. Ma noi questo non lo permettiamo e non dovrebbe mai accadere. Le persone che fanno parte di questa Commissione ne fanno parte perché amano questa istituzione e vogliono che funzioni al meglio e faccia il proprio dovere. Da quando sono presidente non ricordo un solo caso in cui ho dovuto accusare qualcuno di essere stato di parte. La maggior parte delle nostre votazioni sono unanimi perché svisceriamo la questione finché non raggiungiamo l'unanimità. Quando si entra da questa porta, si lascia fuori la partigianeria.

Allan B. MOLLOHAN - La domanda va al nocciolo della questione. Qualsiasi Commissione il cui compito sia quello di vigilare sull'etica di un ente o di un'istituzione deve avere due requisiti fondamentali. Innanzitutto la sua struttura e il fatto di avere un numero uguale di membri di ciascun partito credo sia molto importante, come lo è il comportamento delle persone che fanno parte della Commissione. Io facevo parte di questa Commissione durante il caso Jim Wright che ha preceduto il caso Newt Gingrich. Ritengo sia giusto ammettere che in quel periodo la Commissione non funzionava come ha appena descritto il Presidente. Il nostro Presidente è a capo della Commissione da diversi anni ormai e bisogna riconoscergli il merito di avere sempre incoraggiato tutti a gestire tutti i casi con grande onestà. Questo è l'unico modo in cui una Ethics Committee possa ottenere buoni risultati. La Commissione è costituita da cinque democratici e cinque repubblicani e questo è essenziale per questa organizzazione, ma è anche fondamentale che sia gestita onestamente. Il caso Jim Wright mi ha fatto capire che se la Ethics Committee viene usata in modo disonesto per ottenere qualche vantaggio di parte, è una grave violazione dell'etica che getta discredito sul Congresso. Pertanto, come ho già detto, la struttura è un elemento importante, ma altrettanto lo è il comportamento».