Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 868 del 27/2/2001
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(Sostegno all'attività di ricerca sul cancro posta in essere da un privato)

PRESIDENTE. Passiamo all'interrogazione Lo Presti n. 3-03912 (vedi l'allegato A - Interpellanze e interrogazioni sezione 3).
Il sottosegretario di Stato per la sanità ha facoltà di rispondere.

GRAZIA LABATE, Sottosegretario di Stato per la sanità. Signor Presidente, rispondiamo a questa interrogazione parlamentare dietro delega della Presidenza del Consiglio. L'Istituto superiore di sanità, organo tecnico-scientifico del Ministero della sanità ha esaminato e approfondito gli aspetti della teoria di sviluppo dei tumori formulata dal signor Giovanni Puccio di Palermo secondo la quale i tumori sarebbero generati in seguito all'azione di carcinogeni-endogeni, prodotti a livello dello stomaco per l'azione di un batterio, il sarcina ventriculi.
In effetti, a sostegno di detta teoria non risultano presentati significativi dati sperimentali. Viene citato uno studio condotto di recente in Svezia, il quale ha dimostrato che la sindrome da reflusso gastroesofageo rappresenta un importante fattore di rischio per la genesi dell'adenocarcinoma dell'esofago. Tuttavia, tale studio, pur costituito su solide basi scientifiche, non avalla alcuna teoria particolare sulla genesi del cancro, limitandosi ad osservare che esiste una chiara e stretta relazione di causa-effetto tra il reflusso gastroesofageo e l'adenocarcinoma dell'esofago, senza però spiegare perché il reflusso gastroesofageo possa determinare l'insorgenza del carcinoma dell'esofago.
Peraltro, viene presentato un dato importante: la rimozione delle cause del reflusso gastroesofageo non sembra diminuire la probabilità di sviluppare nel tempo una neoplasia esofagea. Anche lo schema di trattamento dei tumori proposto dal signor Puccio, basato sull'utilizzo di elementi nutritori fluidificanti per via orale (acido ascorbico, beta carotene, agenti riducenti GSH, bicarbonato e vari integratori alimentari), non presenta alcun dato sperimentale che consenta di proporne una sperimentazione clinica. Inoltre, l'efficacia terapeutica del bicarbonato di sodio nel trattamento delle neoplasie non è supportata da evidenza clinica controllata. Del pari, le alterazioni dei radicali riducenti, quali il GSH, osservate nelle cellule tumorali sono il risultato di una serie di anomalie che determinano uno scompenso metabolico generalizzato, ma non sono all'origine dello sviluppo del processo neoplastico.
È nota invece l'importanza degli agenti antiossidanti naturali presenti nei cibi, in grado di esercitare una possibile azione preventiva nei confronti dello sviluppo di alcune neoplasie. In particolare, l'Istituto superiore di sanità ha inteso sottolineare


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che le alterazioni dei meccanismi ossido-riduttivi insorgono in vari tipi di patologie ed anche nei tumori. Esse rappresentano degli eventi a valle dell'evento oncogenetico primitivo e rientrano in quella complessa serie di alterazioni del metabolismo cellulare osservate nelle cellule cancerose. Lo studio delle alterazioni del metabolismo ossidativo, così come della glicolisi delle cellule cancerose, ha ricevuto notevole attenzione ed ha rappresentato l'oggetto di numerosi studi sperimentali.
In aggiunta a queste osservazioni, è stato dimostrato in vari sistemi sperimentali (ed esistono anche evidenze indirette nell'uomo) che il mantenimento nelle cellule di un sistema riducente efficiente svolge un'azione protettiva nei confronti dell'insorgenza di alcuni tumori. Sulla scorta di queste osservazioni, è stato raccomandato l'uso di alcuni cibi che contengono queste sostanze ad azione riducente. Peraltro, una teoria unitaria sullo sviluppo delle neoplasie è oggi difficilmente sostenibile in quanto esistono chiare prove sperimentali che l'insorgenza dei vari tipi di tumore sia favorita da cause esogene (ad esempio fattori ambientali) ed endogene (ad esempio fattori ormonali o di predisposizione genetica) diverse. Inoltre, è sempre più chiaro che le neoplasie sono delle malattie multifattoriali, che richiedono l'accumulazione di una serie di mutazioni genetiche di cui una o più sono «tumore-specifiche».
L'Istituto ha ribadito altresì che l'ipotesi per cui molti tumori possano essere generati attraverso alcune reazioni biochimiche indotte nello stomaco dal batterio sarcina ventriculi non è supportata da alcuna documentazione scientifica appropriata. Anche i casi di cura di malattie tumorali in stadio avanzato con terapia a base di bicarbonato, riferiti dal signor Puccio, non sono supportati da documentazione adeguata. Infatti, gli effetti terapeutici di nuovi trattamenti possono essere valutati in maniera rigorosa solo nell'ambito di studi clinici controllati.
L'Istituto non esclude, tuttavia, la possibilità dell'acquisizione di indicazioni interessanti in piccole serie di malati sottoposti a trattamenti innovativi di tipo «compassionevole», ma è necessario che questi ultimi vengano condotti e studiati in maniera rigorosa e che sia disponibile una documentazione adeguata, in grado di consentire una valutazione attendibile dell'eventuale risposta terapeutica e di fornire l'incentivazione per predisporre ulteriori studi. Al riguardo, è opportuno ricordare che la normativa attualmente in vigore nel settore della sperimentazione clinica prevede che, prima della sperimentazione di un farmaco sull'uomo, per i medicinali di nuova istituzione debbano essere richiesti gli accertamenti sulla composizione ed innocuità del medicinale all'Istituto superiore di sanità, oppure l'esenzione di tali accertamenti da effettuarsi da parte dell'Istituto stesso, il cosiddetto «giudizio di notorietà» sul medicinale da sottoporre a sperimentazione clinica. Il «giudizio di notorietà» deve essere richiesto al Ministero della sanità o al Comitato etico locale, tenuto conto della tipologia del farmaco (allegati 1 e 2 al decreto ministeriale 18 marzo 1998), dal proponente la sperimentazione per quei medicinali per i quali sono disponibili sufficienti dati sulla qualità e sulla sicurezza di impiego sull'uomo in rapporto all'indicazione terapeutica proposta per la sperimentazione clinica.
Per quanto riguarda la struttura che deve effettuare la sperimentazione, è il proponente della stessa che sceglie la struttura sanitaria nella quale intende effettuare lo studio e quest'ultima dovrà rispondere ai requisiti previsti dalla normativa vigente.
Si precisa che le norme e le procedure vigenti nel settore delle sperimentazioni si applicano non solo alle sperimentazioni proposte dalle case farmaceutiche ma a tutte le sperimentazioni cui il proponente - un individuo, una società, una istituzione, un'organizzazione, un gruppo di ricercatori, una società scientifica -, sotto la propria responsabilità, dia inizio, gestisca e/o finanzi uno studio clinico, come previsto dalla definizione riportata al


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punto 1.53 delle linee guida di buona pratica clinica contenute nel decreto ministeriale 15 luglio 1997.

PRESIDENTE. L'onorevole Delmastro Delle Vedove, cofirmatario dell'interrogazione, ha facoltà di replicare.

SANDRO DELMASTRO DELLE VEDOVE. Signor Presidente, onorevole sottosegretario, certamente non è mancato l'impegno nell'organizzazione della risposta che ella ha fornito all'interrogazione dell'onorevole Lo Presti, da me sottoscritta, tuttavia non era la risposta che ci attendevamo perché avevamo incentrato il nostro interrogativo, in particolare, su uno studio specifico portato avanti con grande vigore e convincimento dal signor Giovanni Puccio. Tuttavia, ciò mi dà il destro per dire che, probabilmente, è necessaria qualche ulteriore riflessione.
Lei, in sostanza, ci ha parlato dello stato dell'arte e ci continua a dire che attualmente non vi sono elementi che avvalorino la tesi portata avanti dal suddetto ricercatore. Se così andasse avanti la ricerca, se questi fossero i criteri, ho l'impressione di comprendere ancora meglio di quanto già non comprendessi prima le reali ragioni per le quali i ricercatori e le intelligenze scientifiche lasciano il nostro paese in cerca di lidi più accoglienti e di strutture più efficienti ed organizzate. Ho in mente quanto è accaduto in ordine all'infelice vicenda Di Bella, che ci ha coinvolti tutti. So che il mondo accademico, indipendentemente dal fondamento delle teorie del professor Di Bella, si è esposto in modo tale che in questo momento vi è un procedimento penale innanzi alla procura della Repubblica di Torino sulla base di un'accertata falsificazione di uno dei protocolli del professor Di Bella. So che il giorno in cui avrebbe dovuto iniziare la sperimentazione, solo qualche ora prima, un grande nome del mondo accademico, che avrebbe dovuto parteciparvi, sul Corriere della Sera dichiarava che il professor Di Bella vendeva acqua di Lourdes. Onorevole sottosegretario, sarebbe come se io, che faccio l'avvocato, entrando in un'aula di tribunale sentissi dire, prima dell'inizio del dibattimento, che il presidente del tribunale ha già affermato che l'uno o l'altro degli imputati è innocente o colpevole.
Queste cose mi spaventano, perché non siamo così incoscienti, onorevole sottosegretario, da non renderci conto di quanta cautela serva allorché qualcuno - soprattutto se si tratta di privati - abbia in mente di sottoporre problemi di questa rilevanza agli organi competenti. Pur tuttavia, con tutta la cautela necessaria, evidentemente manca un collettore di idee e sarebbe fin troppo facile, onorevole sottosegretario, ricordare e snocciolare il numero delle scoperte avvenute per caso e non da parte di soggetti ancorati al mondo accademico. Vi è, infatti, una visione evidentemente baronale del problema, che, fra l'altro, spesso e volen tieri non si accompagna ad un problema di conservatorismo scientifico, ma si coniuga con giganteschi interessi di natura economica.
Per tornare a Di Bella, la lobby della chemioterapia ha colpito duramente - e ne aveva ben donde - per cercare di sminuire l'eventuale portata di quella ricerca, tant'è che noi, che abbiamo esposto il «vecchietto terribile» al ridicolo, facciamo finta di non sapere che il più prestigioso istituto americano di ricerca sul cancro otto mesi orsono ha stanziato 70 milioni di dollari per condurre - questa volta mi auguro in modo serio e, quindi, difforme da quello adottato dal nostro paese - uno studio sulla terapia Di Bella.
Onorevole sottosegretario, noi non siamo d'accordo sulla sua impostazione, che è conservatrice e dalla quale, come ripeto, risulta ampiamente evidente la ragione per la quale purtroppo giovani ricercatori lasciano il nostro paese, e non da oggi, perché purtroppo si tratta di una caratteristica del nostro paese da decenni.
Ciò che è stupefacente è che, nel caso del signor Giovanni Puccio, alcune società private abbiano ritenuto di condurre una sperimentazione o comunque di seguire questi studi e, se lo fanno le società


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private, probabilmente vi era qualche intuizione. Il rammarico è quello di rendersi conto che presso il Ministero della sanità non vi sia un «ufficio idee» per effettuare una valutazione seria e consentire che vengano effettuati esperimenti, magari per dire poi che l'intuizione non ha alcun valore, ma verificandola fino in fondo e facendo in modo che nessuna delle idee e dei contributi alla lotta contro il cancro vada perduto.
Sotto questo profilo, onorevole sottosegretario, pur ringraziandola, dichiaro la mia insoddisfazione.

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