Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 822 del 7/12/2000
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(Rifornimento di farmaci per la Sicilia)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza Baiamonte n. 2-02706 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 7).
L'onorevole Baiamonte ha facoltà di illustrarla.

GIACOMO BAIAMONTE. Signor Presidente, colleghi, con questa interpellanza desidero sollevare un problema che da qualche tempo si verifica nel nostro paese: la distribuzione dei farmaci nelle regioni meridionali e nella mia Sicilia.
Questo problema è diventato ancora più evidente nei primi giorni di novembre, quando vi è stato lo sciopero, a tutti noto, dei vettori su gomma, causato dall'aumento dei prezzi della benzina e degli idrocarburi (se ne è parlato anche durante l'esame del disegno di legge finanziaria). In realtà, tale problema esisteva già (si è evidenziato maggiormente in quella circostanza); ovviamente, esso pone difficoltà notevoli nel rifornimento delle farmacie e degli ospedali.
Desidero fare una breve cronistoria del problema in quanto, negli anni passati, il Ministero aveva concluso - se così possiamo dire - contratti con le multinazionali per la fornitura dei farmaci, prevedendo anche una «voce» che riconosceva a tali industriali una piccola percentuale di remunerazione, con l'impegno di garantire la distribuzione capillare sul territorio.
In seguito, con il sistema attuale, questa «voce» è scomparsa e, pertanto, le multinazionali hanno pensato bene di chiudere i depositi periferici e di creare due grossi depositi, uno a Milano e l'altro a Roma, per rifornire l'intero territorio nazionale.
A questo si è aggiunto un altro problema importante, l'applicazione di una circolare, emanata in attuazione di direttive comunitarie, diretta a garantire in tempi rapidi la consegna ed il trasporto dei farmaci, nonché un'adeguata conservazione, anche sotto il profilo della temperatura, dei farmaci stessi, per evitare una loro possibile alterazione.


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Ovviamente, il tutto è stato modificato (pensate all'importanza della salvaguardia della distribuzione dei farmaci salvavita, ma non solo di essi), con la conseguenza che sul territorio nazionale si registrano difficoltà molto serie. Mi auguro, allora, che il Ministero abbia pensato a tali inconvenienti ed abbia cercato di attuare rimedi; diversamente, vi sarebbero difficoltà molto serie.
Attendo la risposta del sottosegretario.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la sanità ha facoltà di rispondere.

CARLA ROCCHI, Sottosegretario di Stato per la sanità. Signor Presidente, il problema segnalato dall'onorevole interpellante è reale e preoccupa fortemente il Ministero della sanità; al tempo stesso, come ha ricordato l'onorevole interpellante, esso si colloca in un contesto normativo consolidato.
È stato opportunamente ricordato come, prima del passaggio al nuovo regime, esistesse la possibilità di stipulare contratti, riconoscere provvigioni e quant'altro, con un doppio livello di «interlocuzione»: da una parte, il Ministero poteva agire in proprio; dall'altra, lo stesso Ministero non aveva il vincolo della normativa comunitaria, anch'essa ricordata.
Oggi il Ministero può fare ciò che ha già cominciato e che continuerà a fare, ossia chiedere conto a Farmindustria, affinché lo riferisca ad i suoi associati, delle ragioni di una politica reale di smantellamento dei depositi, che non sono stati aboliti da alcuna norma di legge, com'è evidente trattandosi di un'iniziativa dei produttori, e che, al calare non solo del beneficio ma anche del controllo da parte del Ministero, si sono immediatamente volatilizzati; in merito, fornirò alcuni dati.
Cosa accade quindi? Che, in buona sostanza, quello che può fare il Ministero è sollecitare i produttori e le associazioni che li raccolgono e al tempo stesso sollecitare le istituzioni locali che, per la normativa vigente, hanno adesso la competenza in materia. Se il Ministero della sanità volesse imporre la creazione di depositi regionali non potrebbe farlo né nei confronti dei produttori, né nei confronti degli enti locali. Se oggi il Ministero volesse imporre ad una regione o ad una provincia autonoma di costituire depositi, a fronte della normativa vigente, non potrebbe farlo!
Detto questo, vorrei fornire due elementi su quello che è stato il lavoro svolto dal Ministero e che si intende continuare a fare. Vi è intanto questa forte pressione sui produttori ed una sollecitazione agli enti locali. Vi è poi il «ricordo» ad entrambi questi soggetti che, ai sensi del comma 2 dell'articolo 15 del decreto legislativo n. 538 del 30 dicembre 1992, si prevedono adeguate sanzioni amministrative nei confronti degli inadempienti perché, se è vero che la presenza di depositi in maniera omogenea sul territorio nazionale rappresenta il primo presidio, è altrettanto vero che, a fronte di sanzioni severe, i produttori potrebbero rifornire il territorio attraverso trasporti che non siano «drammaticamente arcaici»! Fatto sta che, in assenza di profitto, vi è difficoltà a farsi sentire dalle industrie e, in assenza di possibilità di agire diversamente, il Ministero può sollecitare fortissimamente chi oggi ha in capo, e cioè gli enti locali, la capacità di interagire con questi soggetti.
Tanto per citare il caso della Sicilia che risente più drammaticamente forse di altre regioni di questa che è una reale discriminazione, vorrei portare il seguente esempio: a richiesta del Ministero, i responsabili di quella regione hanno comunicato che dal 1993 ad oggi dall'assessorato alla sanità della regione Sicilia, attivato in tal senso, sono stati autorizzati 104 provvedimenti per la distribuzione all'ingrosso di medicinali per uso umano, ai sensi dell'articolo già ricordato. Nella sostanza, quindi, anche l'assessorato per la sanità della regione Sicilia si è attivato. La «catena virtuosa» lega quindi insieme l'ente locale e il Ministero; tant'è vero che, praticamente, di questi 104 provvedimenti autorizzativi, 53 erano destinati al commercio


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all'ingrosso, 51 per depositi e successiva distribuzione, ai sensi degli articoli 2 e 10 del decreto. Soltanto 10 di queste autorizzazioni non sono più in vigore per rinunzia e revoca.
Tuttavia, anche a fronte di questa forte iniziativa dell'ente locale, le industrie farmaceutiche hanno progressivamente eliminato i centri di smistamento esistenti in Sicilia perché si ritengono soddisfatte della concentrazione a Roma e a Milano.
Cosa accade quindi? Che noi in pratica siamo di fronte ad una normativa che, al di là della volontà espressa dal Ministero e dagli enti locali, se non trova la maniera di costringere (lo dico tra virgolette o senza) i distributori a garantire la presenza del prodotto sul territorio nazionale, come sono tenuti a fare in base alla legge, applicando le sanzioni, non ha modi ulteriori - a meno di una modifica legislativa - di operare in tal senso.
La volontà c'è tutta ed è una volontà centrale e periferica. Noi ci troviamo però di fronte ad un disconoscimento della normativa da parte di chi dovrebbe fornire, ai sensi di legge entro le 12 ore lavorative dalla richiesta, i medicinali e in particolare i prodotti «salvavita»: siamo quindi in una situazione di forte intervento ma, devo confessarlo, di scarsi risultati.

PRESIDENTE. L'onorevole Baiamonte ha facoltà di replicare.

GIACOMO BAIAMONTE. Signor sottosegretario, la ringrazio della risposta. Devo dire che vedo in essa la sua buona volontà, ma non sono soddisfatto per i risultati; e le spiego subito le ragioni. Oltre alle esigenze di farmaci «salvavita», il problema ha riguardato anche alcuni farmaci importanti per determinate categorie di pazienti: si pensi agli immunosoppressori in soggetti che sono stati sottoposti a trapianto di organo. Quindi, come lei vede, il problema è molto serio.
Nell'elencazione dei provvedimenti, tra cui quelli della regione Sicilia, lei, signor sottosegretario, ci ha parlato anche di sanzioni pecuniarie severe, ma le multinazionali non sono sensibili a queste, perché ad un certo punto decidono di andare via dal mercato italiano e di trovare altre fonti ed altri posti dove possono avere maggiore remunerazione e maggior reddito da quello che è il loro prodotto, perché esse ragionano così.
Per questo motivo mi chiedo per quale motivo il Ministero non intervenga presso l'Unione europea. Siamo in Europa solo per la moneta unica, o anche per affrontare queste problematiche, signor sottosegretario? Non potremmo intervenire presso l'Unione europea per stabilire delle regole?
Giustamente, lei ricordava le normative dell'Unione europea - su questo siamo perfettamente d'accordo - sul trasporto, sulle temperature e sulle modalità di trasporto dei farmaci, che sono merci molto delicate. Dobbiamo sottostare a queste norme, ed è giusto, ma allora, perché non chiediamo alla Comunità europea che intervenga su queste problematiche che non rappresentano dei «capricci» bensì sono problematiche molto serie sulle quali noi abbiamo serie responsabilità. Infatti, al cittadino che ha bisogno di un farmaco non può sentirsi dire che la multinazionale non ha trovato più conveniente mantenere il deposito in Italia perché i margini di profitto si sono ristretti. E non glielo può dire né il medico, né il sottosegretario, né il ministro. Il cittadino ha bisogno di quel farmaco.
La prego, signor sottosegretario, di interessare l'Unione europea a questo grave problema che non riguarda solo la Sicilia ma anche l'intero territorio nazionale.

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