Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 815 del 28/11/2000
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Discussione sulle comunicazioni del Governo.

(Interventi dei presidenti delle Commissioni III e XIV)

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il presidente della Commissione affari esteri, onorevole Occhetto.

ACHILLE OCCHETTO, Presidente della III Commissione. Signor Presidente, credo sia importante impegnarci per un'impostazione il più possibile unitaria per due motivi. Il primo motivo a favore di un supporto unitario alla posizione assunta dal Governo è dato dal fatto che, per quanto ci siano posizioni diverse, esiste una base unitaria che ha caratterizzato l'Italia nel grande dibattito che ha diviso l'Europa tra zona di libero scambio ed Europa politica in una direzione precisa. Sappiamo altresì che ci sono posizioni differenti all'interno dei poli e degli stessi partiti, ma credo che oggi il problema fondamentale sia quello di fermarci all'essenziale, vale a dire di cogliere l'ossatura delle questioni che sono di fronte a noi.
Tutti noi sappiamo che dal Trattato di Roma in poi l'Europa ha fatto molta strada: dopo il lancio dell'euro, oggi si trova a dover assolvere al doppio impegno del completamento delle riforme economiche e politiche e dell'allargamento verso altri paesi. Risulta dunque essenziale garantire l'efficienza del sistema comunitario e, allo stesso tempo, sia nell'ambito della Conferenza di Nizza, ma anche dopo lo svolgimento della stessa, rafforzare le basi costituzionali e la legittimità democratica dell'Unione. Ecco perché in questa fase di approdo al vertice di Nizza bisogna attenersi all'essenzialità delle questioni in gioco.
Il secondo motivo a favore di un supporto unitario del Parlamento è dato dal fatto che i risultati di Nizza rischiano di trovarsi in bilico e l'Italia deve essere quindi posta nelle condizioni di svolgere un ruolo il più possibile propulsivo. Infatti, una conclusione minimalista della Conferenza intergovernativa potrebbe proiettare ombre negative sulle prospettive future. Al contrario, è necessario cogliere questa occasione per porre le basi di alcune premesse positive; occorre individuare cosa sia veramente essenziale per continuare a costruire un percorso europeo unitario che consenta di rinsaldare il patto della futura unione politica, approdo obbligato per un'Europa pluralista e attenta ai principi della solidarietà che non risolva la propria identità esclusivamente con la moneta unica. Quindi, dopo l'unione monetaria deve nascere l'Europa politica.
Come dicevo, appare quanto mai necessario che le forze politiche trovino una larga intesa a livello parlamentare sulla linea che il Governo dovrà tenere a Nizza. L'unità di posizioni tra le forze politiche è un elemento che, a grandi linee, ha tradizionalmente caratterizzato i dibattiti parlamentari sull'Europa. Individuare una strategia condivisa e una relativa linea di azione permetterebbe alle stesse forze politiche di farsi interpreti degli interessi dei cittadini al processo di integrazione europea come condizione necessaria per fornire risposte concrete ed efficaci al gran numero di questioni trasversali che si pongono nel contesto di una nuova Europa dei diritti.


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D'altro canto, il Parlamento italiano ha già saputo esprimere, sollecitato dalla Commissione affari esteri, una posizione unitaria in occasione dell'esame del Trattato di Amsterdam. Come ricorderete, con la partecipazione di quasi tutti i gruppi di maggioranza e di opposizione, la Camera ha infatti votato un'adesione critica al Trattato di Amsterdam, perché da parte di tutti si voleva spingere con maggiore forza nella direzione dell'Europa politica. Oggi, però, dobbiamo di nuovo porci all'avanguardia, ancora una volta dicendo con chiarezza che il metodo intergovernativo è giunto al suo capolinea e che si rende necessario il coinvolgimento dei Parlamenti. Per questo è necessaria una sostanziale revisione del metodo intergovernativo. Per fare in modo che la Costituzione europea non giunga dall'alto, appare indispensabile che già a Nizza vi sia l'impegno per la definizione di un nuovo percorso negoziale basato su meccanismi diversi da quelli intergovernativi, che consenta di affrontare le questioni di lungo periodo.
Tuttavia - dobbiamo dircelo - a Nizza c'è il rischio che non si decida nulla di veramente significativo per il futuro dell'Europa. Bisogna pertanto impegnarsi per sostenere il Governo in vista del Consiglio europeo e subito dopo cominciare anche a guardare avanti, al futuro. Vi è infatti l'ineludibile necessità di affrontare due sfide essenziali: l'allargamento dell'Europa e l'adozione di una serie di valori fondamentali che stiano alla base dell'integrazione e che garantiscano un maggiore coinvolgimento dei cittadini nel processo di integrazione. Proprio per questo mi dichiaro favorevole alla possibilità di andare verso la creazione di un sistema europeo di tipo federale. Ma il passaggio ineludibile per lo sviluppo di una dimensione realmente politica dell'Europa è costituito dalla soluzione dei problemi di legittimazione democratica.
Sappiamo che la mancata risoluzione di questi problemi è alla base dell'euroscetticismo di ritorno che sta dinanzi a noi. Non è infatti chiaro, in questa fase, chi stia guidando il processo di integrazione europea, tanto che si sta facendo largo la vecchia idea di un'Europa dei tecnocrati, ossia di un governo burocratico, che procede senza effettivo controllo democratico. Il punto cruciale, quindi, se vogliamo riconquistare le nostre popolazioni all'idea dell'Europa, è quello di restituire l'Europa ai cittadini. In tale prospettiva occorre affrontare la questione del deficit democratico, verificando la possibilità di dare vita ad un patto costituzionale fondatore, quello di cui parla il Presidente della Repubblica, che promuova un profondo cambiamento in tutta la situazione. Stare all'essenziale, signor Presidente, significa dunque dare al Governo un mandato deciso nella direzione, in primo luogo, di un'Europa politica, democratica e dei cittadini, e, in secondo luogo, di un chiaro rafforzamento istituzionale che scongiuri la paralisi in vista del grande allargamento. Tuttavia, siamo tutti attenti ai moniti di Dahrendorf: certo, non basta scrivere delle carte, l'Europa si fa con le opere, l'Europa deve poter parlare con una voce sola, l'Europa non può essere tale se non gioca un ruolo nel Medio Oriente, l'Europa si fa anche con la testimonianza, in quel Medio Oriente in cui bisogna salvare non solo Caino, ma anche Abele, quindi con la testimonianza di una politica estera degna di una grande potenza. Solo per questa Europa c'è bisogno della maggiore unità possibile (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il presidente della Commissione per le politiche dell'Unione europea, onorevole Berlinguer.

LUIGI BERLINGUER, Presidente della XIV Commissione. Signor Presidente, ritengo che il senso del dibattito odierno sia quello di individuare quale sia l'interesse del nostro paese e come sostenerlo a Nizza, per questo abbiamo un'importante sessione della Camera sul tema. La novità consiste nel fatto che l'Italia in questi tempi ha giocato un ruolo effettivo nella preparazione del vertice: non siamo più


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gli europeisti della domenica. Noi abbiamo contribuito alla fondazione della Comunità europea con una netta scelta di campo; successivamente è però intervenuto un elemento di rallentamento e le procedure di infrazione sono piovute sul nostro paese.
Possiamo dire che in questi ultimi tempi l'immagine dell'Italia è cambiata. Il recepimento delle direttive è ad una quota tra il 94 ed il 96 per cento, nella media europea; negli ultimi dieci anni siamo passati dall'82 per cento di recepimento al 96 per cento. L'Italia è più virtuosa, si sono ridotte le procedure di infrazione. È aumentata la nostra presenza in Europa: nella Conferenza intergovernativa, in ruoli chiave del Parlamento europeo, alla testa della Commissione.
Prima e durante la celebrazione della Conferenza, l'Italia ha condotto direttamente più di una iniziativa. Insieme a Belgio ed Olanda ha sollecitato la riforma del titolo IV del Trattato dell'Unione europea, per l'estensione della cooperazione rafforzata al secondo pilastro, fino alla politica estera.
Stamane il Presidente Amato ha ricordato la polizia di frontiera comune. L'Italia e la Spagna stanno lavorando per uno spazio giuridico comune, da realizzare subito subito! L'Italia, la Francia e il Belgio, dopo Amsterdam, con una dichiarazione tripartita hanno rilanciato con forza le riforme dell'Unione europea e il ruolo dei Parlamenti nazionali.
Di recente, l'Italia e la Germania, con un documento sulla cooperazione rafforzata che ha coagulato intorno a sé consensi, hanno rilanciato con forza questa tematica del vertice di Nizza e siamo prossimi a conseguire dei risultati.
Protagonismo dell'Italia? Certo! Ci sono nei paesi difficoltà, inquietudini e minori entusiasmi di ieri; inoltre, c'è il deficit democratico. Tuttavia come si reagisce a tutto questo? Con un rifiuto dell'Europa o con una sua riforma volta a renderla più accetta e conosciuta da parte dei cittadini? Considero un errore il pessimismo diffuso, salvo che questo non debba costituire uno stimolo per un migliore risultato della Conferenza di Nizza. La comunitarizzazione ha camminato. Guardiamo anche all'ultimo periodo: da Maastricht ad Amsterdam, a Biarritz in vista di Nizza. E guardiamo anche collateralmente alla Conferenza intergovernativa. Il Consiglio affari generali e difesa, che si è tenuto a Bruxelles lo scorso lunedì 20 novembre, ha previsto per adempiere ai compiti di Petesberg, le missioni umanitarie, una forza di rapido intervento di 60 mila soldati, 400 aerei e 100 navi, in comune.
Idem per quanto riguarda il fisco. Proprio ieri l'Ecofin ha deciso di preparare una direttiva sulla tassazione sul risparmio, l'euro-ritenuta, lo scambio di informazioni tra banche, un attacco al cuore dei «paradisi fiscali». Un passo avanti delicato ma importante.
Ed ora Nizza! Qual è la posta in gioco? L'efficacia e la democrazia delle istituzioni. Per dirla con Amato un momento postpopperiano per avvicinare l'Europa ai cittadini. Così si fa l'Europa: con la riforma delle sue istituzioni.
Perché è importante il principio di votare a maggioranza e non all'unanimità? È importante perché non soltanto l'eliminazione del diritto di veto è un elemento di democrazia, non soltanto la tutela dell'interesse generale combacia con una politica di democratizzazione, ma perché tale principio cambia il rapporto tra singolo Stato ed Unione europea e quindi con il cittadino che non è più cittadino prevalentemente dello Stato ma cittadino dell'Unione europea nella quale contribuisce a decidere insieme agli altri, mediatamente.
Comprendo le resistenze che vi sono, per esempio, nella tutela dei piccoli Stati rispetto ai grandi; comprendo la preoccupazione di cedere posizioni o l'orgoglio di conservare le proprie convinzioni. Tuttavia, non si può non pensare che, coniugando insieme il principio della maggioranza e la ponderazione del voto, stiamo attraversando una fase che mi ricorda con la fine dell'ancien régime, il momento in cui si passò dal voto proquota al voto procapite e il principio maggioritario divenne


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un principio di grande democrazia perché fondato sull'uguaglianza dei voti.
Oggi, il passo avanti non è l'uguaglianza degli Stati nell'Europa ma l'uguaglianza del peso dei cittadini! In questo modo possiamo dire che l'Italia sta sostenendo con forza una posizione democratica che contribuirà ad avvicinare l'Europa ai cittadini. Noi ci troviamo in una posizione cruciale. Siamo uno dei quattro grandi paesi fondatori dell'Europa e tuttavia tra di essi siamo il paese più debole e con una capacità di collegamento con quei paesi che hanno paura della prevalenza dei più forti. Possiamo svolgere un ruolo di cerniera in questo equilibrio.
In più l'Italia è il paese delle differenze, delle differenze regionali, delle differenze di costume al suo interno, e può contribuire ad evitare che l'Europa sia recepita come omologazione forzata, identità assoluta unica, là dove le identità sono invece tante. Penso all'apporto per la difesa della nostra lingua, per evitare che vi sia una sola lingua europea dominante; penso alla difesa della nostra tradizione dei prodotti agricoli tipici. Dobbiamo coniugare la difesa del consumatore, la difesa della salute nella produzione alimentare insieme alla tipicità della nostra tradizione, che è anch'essa cultura. E il nostro collegamento con il Parlamento europeo, che abbiamo più volte scandito, è un altro segno del fatto che ci muoviamo in questa direzione.
Né si deve sottovalutare l'apporto che l'Italia ha dato sulla cooperazione rafforzata. La storia dell'Unione europea è la storia della cooperazione rafforzata: non avremmo avuto la libera circolazione, lo SME, l'euro, la stessa PESC, se non si fosse partiti fra coloro che erano più avanti con velocità diverse, che non debbono suonare come una discriminazione né come un'Europa à la carte; tuttavia debbono far dilagare l'esempio e far maturare le situazioni. La ragione per cui l'Italia ha giocato questo ruolo sta nel fatto che essa ha correttamente interpretato un principio fondamentale, vale a dire che gli interessi italiani devono coincidere con quelli europei, non devono essere in conflitto nella tutela dei propri interessi egoistici. Potrebbero confliggere, ma saremmo riusciti, senza l'Europa, a risanare il debito, ad abbattere i tassi di interesse, il costo del danaro, l'inflazione, a metterci al riparo dalla crisi asiatica? Saremmo riusciti, senza l'allargamento del mercato a 370 milioni di abitanti, ad avere quello sviluppo, quell'occupazione, quella stessa flessibilità che abbiamo introdotto nel nostro paese? Saremmo riusciti ad avere così forte una tutela della privacy, della sicurezza sul posto di lavoro, dalle clausole vessatorie nei contratti, saremmo riusciti ad ottenere la trasparenza bancaria, un nuovo assetto dei mutui, il riconoscimento dei titoli di studio, senza l'Europa?
Abbiamo bisogno di più Europa: qui sta la coincidenza dell'interesse italiano con l'interesse europeo. Anche l'allargamento, che viene vissuto come un eccessivo rischio, è un insieme di rischi e di opportunità; non c'è dubbio che per i fondi strutturali o per l'immigrazione può costituire un rischio, se non governato, tuttavia l'allargamento significa spostare da una tradizione di prevalenza atlantica e nordica nell'influenza in Europa il baricentro di questa nostra Unione, in modo da poter restituire all'Italia, non solo da un punto di vista geopolitico, un ruolo nuovo, che va vissuto anche come opportunità.
È giusto dire che a Nizza ci sono tante difficoltà, ma ravvisano la ragione per cui l'Italia, oggi più di ieri, anche a seguito di questo dibattito - mi auguro - può giocare un ruolo importante, nell'atteggiamento della Gran Bretagna che, a causa della posizione euroscettica della sua destra, intiepidisce la posizione del Governo, o dell'Olanda, che è stata europeista fino in fondo e che oggi, per la divisione fra socialisti e liberali all'interno del Governo, ha posizioni di questo tipo. Tuttavia sappiamo che in Europa c'è anche una destra non euroscettica, quella tedesca, quella spagnola, quella francese; ci sono due destre, due atteggiamenti. L'esempio del presidente Aznar, anche nelle dichiarazioni


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di questa mattina, ci rafforza in questa convinzione: l'unità del paese rafforza la posizione dell'Italia in Europa a Nizza. Non ci è giovato il dibattito sulla Carta di qualche tempo fa, i toni ideologici, massonico-musulmani e così via, ci ha fatto fare brutta figura in Europa una posizione così divisa ed anche esasperata ideologicamente.
La XIV Commissione ha lavorato in questi mesi e in queste settimane per giungere a questo dibattito in forma unitaria con le sue audizioni, con il dibattito in Commissione, con il seminario con gli europarlamentari che abbiamo chiamato giovedì scorso qui a portare non solo la loro maggiore competenza - ammettiamolo - sulle questioni europee, ma anche il fatto che, lontani da un eccesso di elettoralismo, senza toni accesi, essi hanno dimostrato perché a Strasburgo si sono raggiunte posizioni unitarie. La stessa mozione approvata nella nostra Commissione sull'immigrazione, il tema più caldo della campagna elettorale e tuttavia approvata unitariamente, per un piano di intervento non dei singoli Stati ma di regole comuni in tutta l'Europa sulla politica di immigrazione, per un intervento sui territori di origine, di cooperazione allo sviluppo, per creare lì le occasioni di lavoro che possano eliminare la causa dell'emigrazione, è un altro esempio.
Perché siamo per una soluzione che ci possa portare ad un accordo? Per l'Italia, per coprire il Governo fino in fondo nella sua audace e generosa opera europeista, per avere più consenso su questo; ma ricordiamoci che il dibattito di questa giornata, il risultato del nostro lavoro crea un impegno maggiore per tutti sulla linea europeista, al di là delle esigenze elettorali, perché il negoziato, ma anche il futuro dell'Europa sia condizionato da questa convergenza. L'Europa si avvicinerà ai cittadini se, in questo dibattito, interpreteremo le loro esigenze, che non sono quelle di una contrapposizione elettorale.
Nel difficile negoziato noi potremo stimolare, come del resto ha chiesto il Presidente del Consiglio, la posizione italiana, con i contenuti minimi di indirizzo ravvisabili nelle dichiarazioni del Presidente del Consiglio. Una risoluzione che li approvi, e che ci auguriamo possa concludere e suggellare questo dibattito, significherebbe l'esistenza di punti fermi sui quali convergiamo: non un embrassons nous generico, ma punti fermi. Come ha detto il Parlamento europeo, proclamare la Carta dei diritti; anzi, dicono Amato e lo stesso Parlamento, menzionarla nell'articolo 6 come uno dei punti di riferimento della cittadinanza europea.
Occorre vivere l'allargamento all'est e al sud d'Europa senza frenare, risolvendo i problemi che esso pone; occorre viverlo come un'altra opportunità ed un'altra occasione.
Sui quattro punti tecnicamente esposti dal Presidente Amato e politicamente a tutti noti come questioni cruciali, nel rush finale del negoziato di Nizza bisognerà fare passi avanti. Ricordo gli articoli 6 e 7 del Trattato, il fatto che nell'articolo 6 vengano menzionati con forza e richiamati i valori sui quali si fonda l'appartenenza all'Europa ed alla sua Unione ed il fatto che nell'articolo 7 vengano stabiliti i modi attraverso i quali le forze politiche e gli Stati che non accettassero tali valori si collocherebbero automaticamente fuori dall'Europa.
Infine, il dopo Nizza: proseguire. Se saremo rappresentati dal Governo a Nizza in queste condizioni, attraverso un mandato della Camera, potremo dire di avere un buon Governo che in questi anni, in questi mesi, ha accresciuto la credibilità del paese ed il suo prestigio in Europa con qualità ed energia nella sua azione di promozione, anche attraverso i suoi uomini di prestigio oggi indiscusso.
Mi auguro che il voto finale rafforzi in questo modo l'Italia a Nizza ed in tutta l'Europa (Applausi dei deputati dei gruppi


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dei Democratici di sinistra-l'Ulivo, dei Popolari e democratici-l'Ulivo e dei Democratici-l'Ulivo).

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