Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 810 del 14/11/2000
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Discussione del disegno di legge: S. 4817 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 settembre 2000, n. 268, recante misure urgenti in materia di imposta sui redditi delle persone fisiche e di accise (approvato dal Senato) (7395) (ore 23,33).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 settembre 2000, n. 268, recante misure urgenti in materia di imposta sui redditi delle persone fisiche e di accise.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 7395)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Informo che il presidente del gruppo parlamentare di Forza Italia ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazione nelle iscrizioni a parlare, ai sensi del comma 2 dell'articolo 83 del regolamento.
Avverto che la VI Commissione (Finanze) si intende autorizzata a riferire oralmente.


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L'onorevole Benvenuto ha facoltà di svolgere la relazione.

GIORGIO BENVENUTO, Relatore. Signor Presidente, il provvedimento al nostro esame è volto a convertire in legge il decreto-legge che contiene misure urgenti in materia di IRPEF e di accise, il quale in sostanza anticipa l'impegno contenuto nella legge finanziaria per il 2001 di diminuire la pressione fiscale grazie alle maggiori entrate che sono il risultato dell'emersione della base imponibile per effetto della lotta all'elusione ed all'evasione fiscale.
Ricordo che il decreto-legge, che si lega a quello precedentemente discusso ed anche alla legge finanziaria per il 2001, è stato preceduto dall'approvazione del documento di programmazione economico-finanziaria per il 2001-2004 ed è rispettoso della legge sull'assestamento di bilancio, che ha tenuto conto dell'andamento del gettito tributario e degli scostamenti che si sono determinati rispetto alle previsioni formulate nella stessa nota di assestamento del bilancio. Il decreto - passo rapidamente ad una rapida indicazione - è stato approvato dal Senato che ha introdotto alcune modifiche. In particolare, scorrendo il contenuto del decreto-legge, l'articolo 01, che è stato introdotto al Senato, stabilisce che le norme dello statuto del contribuente, in quanto incompatibili, non si applicano al contenuto del presente decreto.
L'articolo 1, che è il più rilevante per la sua dimensione economica e per il suo significato, reca le disposizioni che modificano gli scaglioni di reddito ai fini IRPEF e ne modifica anche le detrazioni per lavoro dipendente e per lavoro autonomo.
Al primo comma si innalza il limite massimo relativo al primo scaglione di reddito IRPEF da 15 a 20 milioni, mentre l'aliquota di riferimento resta invariata al 18,5 per cento.
Voglio ricordare che queste disposizioni sono poi riprese con una portata più ampia nella legge finanziaria per il 2001 che è in corso di discussione alla Camera.
Il comma 2 modifica le detrazioni per quanto riguarda il lavoro dipendente alla lettera a) e, per quanto riguarda il reddito da lavoro autonomo e d'impresa, alla lettera b).
Il comma 3 stabilisce che il recupero del maggior gettito versato nel corso dell'anno sia effettuato in sede di conguaglio e opportunamente viene stabilito che la diminuzione delle tasse fino ad un misura non superiore a 350 mila lire venga effettuata nel mese di novembre risolvendo così il problema delle differenti scadenze che oggi esistono per le operazioni di conguaglio.
Per consentire ai contribuenti che non sono lavoratori dipendenti di usufruire di queste misure che diminuiscono le tasse già nel 2000 sono modificate le misure dell'acconto IRPEF (che già era stato portato per il 2000 dal 98 al 92 per cento), che viene portato all'87 per cento; il comma 5 prevede che l'acconto IRAP scenda dal 98 al 95 per cento e l'acconto IRPEG dal 98 al 93 per cento.
Al Senato è stato introdotto un articolo 1-bis per risolvere il problema dei cosiddetti capienti. È una misura che riguarda più di 3 milioni di soggetti interessati. Questa misura consente di dare ai titolari di pensioni di importo non superiore al trattamento minimo una somma fino a 200 mila lire. Questa somma verrà erogata dagli enti pensionistici (la gran parte verrà erogata dall'INPS) in sede di erogazione della tredicesima mensilità ovvero dell'ultima mensilità corrisposta nel corso dell'anno. Questo importo è esente da qualsiasi imposta e non concorre (questo è importate sottolinearlo) non solo alla formazione del reddito, ma neppure ai fini della corresponsione delle prestazioni previdenziali e assistenziali. Il titolo per la erogazione di questa somma è quello di un rimborso forfettario per le maggiori entrate affluite all'erario a titolo di imposta sul valore aggiunto.
Si era molto discusso sia al Senato sia nella stessa Commissione finanze in altre occasioni se si potesse trovare un altro


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meccanismo per consentire un'erogazione tale da poter intervenire già nel corso dell'anno.
Gli articoli dal 2 al 6 riguardano misure volte a raffreddare l'aumento dei prezzi dei prodotti petroliferi. Più in particolare l'articolo 2 introduce elementi di rinvio per la carbon tax, mentre l'articolo contiene disposizioni che riducono le aliquote delle accise sugli oli emulsionati. L'articolo 4 introduce una disciplina per ridurre il costo del gasolio da riscaldamento e del gas di petrolio liquefatto, adottato per le zone montane; l'articolo 5 riduce le misure delle accise relative a taluni oli minerali. A questi articoli, nel corso del dibattito al Senato, sono state apportate alcune modifiche ed integrazioni che ne hanno migliorato il testo.
L'articolo 6, anch'esso modificato al Senato, contiene misure a favore dell'agricoltura, tra cui quella relativa all'azzeramento dell'accisa sul gasolio per le coltivazioni in serra.
L'articolo 7 contiene una serie di disposizioni che accelerano le procedure per la concessione dell'esercizio delle lotterie istantanee, di quelle tradizionali e dei nuovi giochi introdotti all'entrata in vigore del presente decreto-legge. In particolare ci si riferisce al gioco del bingo e alla privatizzazione della gestione delle lotterie nazionali. Segnalo che in quest'articolo è stata inserita una norma che permette una migliore funzionalità ed una migliore gestione e, cioè, la possibilità che i biglietti e qualsiasi altro strumento cartolare non siano più assimilabili a carte valori, il che consente risparmi derivanti da migliori soluzioni per la stampa dei biglietti.
L'articolo 8, anch'esso modificato al Senato, introduce modalità di versamento per le multe dovute dagli allevatori (è il problema delle quote latte), mentre l'articolo 9 contiene misure di copertura finanziaria del decreto.
Abbiamo avuto dalle diverse Commissioni una serie di osservazioni; particolarmente importanti sono quelle del Comitato per la legislazione. Purtroppo non ne possiamo tenere conto perché i tempi ristretti che presiedono alla conversione in legge dei decreti-legge non permettono una terza lettura, per cui alcune osservazioni del Comitato per la legislazione, che hanno un fondamento dal punto di vista della coerenza e della tecnica legislativa, non possono essere recepite.
Semmai, vorrei segnalare alla Presidenza il problema di come individuare nella discussione e nell'approvazione dei decreti-legge soluzioni che, pur nell'imminenza della scadenza dei decreti-legge, consentano di apportare delle modifiche. È particolarmente importante l'osservazione del Comitato per la legislazione (da me condivisa) secondo cui l'articolo 01 sarebbe impreciso: in esso, infatti, si afferma che le disposizioni della legge n. 212 del 2000, concernenti disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente, non si applicano al contenuto del presente decreto-legge. Voglio ricordare che lo statuto del contribuente non ha rango superiore al decreto-legge. In esso si chiede, invece, che il Governo non ricorra al decreto-legge per imporre nuove tasse. Pertanto, la formulazione contenuta nell'articolo citato sembrerebbe impropria.
Nel corso del dibattito in Commissione sono state fatte diverse osservazioni e sono state presentate alcune proposte emendative. Ricordo ai colleghi che volessero presentare altri emendamenti, che non esistono i tempi tecnici e politici per approvare proposte emendative che comportino una ulteriore lettura al Senato: è importante, dunque, che il provvedimento sia approvato nei pochi giorni che abbiamo dinanzi.
Poiché il decreto-legge in esame è collegato alla legge finanziaria, vorrei ricordare che la manovra per gli anni 2000 e 2001 comporta 55 mila miliardi di riduzione delle tasse: se sommiamo ai 13.800 miliardi previsti nel decreto-legge in esame i 3 mila miliardi risultanti dal collegato fiscale recentemente approvato e i 28 mila miliardi che sono alla base della legge finanziaria in discussione alla Camera, nonché i 10.300 miliardi previsti in termini di riduzione delle tasse dal disegno di legge finanziaria per il 2000, ci


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troviamo di fronte ad una manovra che in due anni comporterà una riduzione fiscale pari a 55 mila miliardi.
Vorrei ricordare ai colleghi che si tratta di un'operazione più consistente di quelle di cui si è parlato negli ultimi tempi: mi riferisco alla manovra prevista in Francia (che comporta un'operazione per 36 mila miliardi fino al 2003) o in Germania (che prevede una riduzione della pressione fiscale corrispondente a 63 mila miliardi). Un risultato di così grande consistenza smentisce le fosche e cupe previsioni avanzate in passato da diversi settori politici sull'azione di riforma e di modernizzazione del sistema fiscale del nostro paese. Si tratta di risultati non provvisori, ma duraturi, per un recupero crescente nell'azione di contrasto all'elusione e all'evasione fiscale.
Sottolineo che questa operazione rappresenta anche una smentita rispetto alle preoccupazioni che vengono manifestate da alcuni settori economici del nostro paese che spesso ci richiamano a misure che dovrebbero incidere sul potere di acquisto dei lavoratori, sul potere di acquisto dei pensionati, sulla tassazione che riguarda le imprese. Invece in questi anni è stato possibile avviare una fase di risanamento e creare anche le condizioni per una diminuzione delle tasse, che avviene con una restituzione che rappresenta una grande operazione di redistribuzione del reddito, in gran parte indirizzata alle famiglie, con particolare riguardo ai ceti bassi e medi, ma in parte rivolta anche al sostegno del nostro sistema imprenditoriale e quindi dell'economia.
Per tutte queste ragioni, chiedo ai colleghi di approvare il disegno di legge di conversione del decreto-legge senza alcuna modifica.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

ALFIERO GRANDI, Sottosegretario di Stato per le finanze. Mi riservo di intervenire in sede di replica.

PRESIDENTE. Il primo iscritto a parlare è l'onorevole Possa. Ne ha facoltà.

GUIDO POSSA. Signor Presidente, la conversione in legge di questo decreto-legge ci vede naturalmente favorevoli, come sarà precisato in seguito dai colleghi che interverranno, perché comporta una diminuzione della pressione fiscale.
Io mi occuperò unicamente di un aspetto collegato con la mia attività in Commissione bilancio, cioè la copertura delle minori entrate generate dall'insieme delle disposizioni, presentate molto bene un attimo fa dal relatore, del decreto-legge in esame.
In totale le minori entrate ammontano, con le modifiche operate dal Senato, a 13.797 miliardi, una somma cospicua. Vediamo in che modo può essere reperita la copertura di queste minori entrate. Qui ci soccorre l'articolo 11-ter della legge n. 468 del 1978, di cui do lettura per ricordarlo soprattutto a me stesso: «In attuazione dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione, la copertura finanziaria delle leggi che importino nuove o maggiori spese ovvero minori entrate», come nel nostro caso, «è determinata esclusivamente attraverso le seguenti modalità: a) mediante utilizzo degli accantonamenti iscritti nei fondi speciali previsti dall'articolo 11-bis, restando precluso sia l'utilizzo di accantonamenti del conto capitale per iniziative di parte corrente, sia l'utilizzo per finalità difformi di accantonamenti per regolazioni contabili e per provvedimenti in adempimento di obblighi internazionali; b) mediante riduzione di precedenti autorizzazioni legislative di spesa; ove dette autorizzazioni fossero affluite in conti correnti o in contabilità speciali presso la Tesoreria statale, si procede alla contestuale iscrizione nello stato di previsione dell'entrata delle risorse da utilizzare come copertura; d)» - la lettera c) è stata eliminata - «mediante modificazioni legislative che comportino nuove o maggiori entrate; resta in ogni caso esclusa la copertura di nuove e maggior spese correnti con entrate in conto capitale».


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Queste sono le tre possibilità di copertura delle minori entrate determinate dal provvedimento al nostro esame e, com'è evidente, nessuna di queste possibilità risulta utilizzabile nel nostro caso.
A questo punto potrei concludere il mio breve intervento dicendo che non vi è copertura per le minori entrate che determina il decreto-legge al nostro esame, perché la legge n. 468 del 1978, e successive modificazioni, non consente tale copertura, anche se, come nel caso specifico, si sono effettivamente registrate, nell'anno 2000, maggiori entrate rispetto a quelle previste dalla legge di bilancio di previsione approvata alla fine del 1999.
Potrei quindi concludere qui, ma ritengo interessante vedere come il Governo, per ottenere tale copertura, si sia arrampicato sugli specchi come mai mi era capitato di vedere. L'articolo 9 del decreto-legge al nostro esame, relativo alla copertura finanziaria, stabilisce: «All'onere derivante dal presente decreto, valutato in lire 13.145 miliardi per l'anno 2000, si provvede ai sensi dell'articolo 1, comma 4, della legge 23 dicembre 1999, n. 488, con le maggiori entrate derivanti dalla lotta all'evasione fiscale». A questo punto occorre leggere cosa stabilisce il comma 4 dell'articolo 1 della legge finanziaria per il 2000. Tale comma stabilisce esattamente quanto segue: «Le maggiori entrate tributarie che si realizzassero nel 2000 rispetto alle previsioni sono prioritariamente destinate a realizzare gli obiettivi sull'indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni e sui saldi di finanza pubblica definiti dal Documento di programmazione economico-finanziaria 2000-2003. In quanto eccedenti rispetto a tali obiettivi, le eventuali maggiori entrate derivanti dalla lotta all'evasione fiscale, determinate ai sensi della legge 13 maggio 1999, n. 133, e le minori spese sono destinate alla riduzione della pressione fiscale, salvo che si renda necessario finanziare interventi di particolare rilievo per lo sviluppo economico ovvero fare fronte a situazioni di emergenza economico-finanziaria». Come si colloca questa singolare disposizione? Essa ha un contesto ben preciso. Al riguardo, segnalo che, fin dalla legge finanziaria per l'anno 1991, si è previsto che la totalità delle maggiori entrate, rispetto alle previsioni, eventualmente verificatesi anno dopo anno fosse destinata alla riduzione del saldo netto da finanziare, salvo il caso di interventi urgenti di carattere eccezionale dovuti a calamità naturali, alla tutela della sicurezza del paese o a situazioni di emergenza economico-finanziaria. La disposizione è stata confermata nelle leggi finanziarie per gli anni dal 1992 al 1999 e soltanto nella legge finanziaria per il 2000, grazie ad un emendamento approvato dall'Assemblea della Camera, è stata prospettata l'eventualità di utilizzare le maggiori entrate a legislazione vigente rispetto alle previsioni di bilancio per una finalità diversa dal miglioramento dei saldi, vale a dire la riduzione della pressione fiscale, salvo che non fosse necessario fare fronte a situazioni di emergenza economico-finanziaria ovvero non si volessero finanziarie interventi di particolare rilievo per lo sviluppo economico.
Quindi, il contesto è quello di una norma che va applicata unicamente a conclusione dell'anno. In questo caso, si prevede che, a conclusione dell'anno 2000, verificati i saldi e verificato il conseguimento degli obiettivi della manovra di bilancio, ivi compreso l'obiettivo dell'indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni - obiettivo particolarmente difficile da verificare in itinere, in quanto verificabile solo a fine anno - si potesse effettivamente non destinare, come si era fatto sempre, le maggiori entrate al miglioramento dei saldi, ma restituire una parte di queste maggiori entrate, vale a dire quella derivante dalla lotta all'evasione fiscale, ai cittadini, diminuendo la pressione fiscale.
Questo era lo scopo. Oggi l'utilizzazione in itinere di questa norma, che è programmatica e che si inserisce in un contesto di norme programmatiche, sempre utilizzate a consuntivo, è assolutamente impensabile, a parte il fatto che non è legalmente prevista dalla legge di bilancio.


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Entrando nel dettaglio del comma 4 dell'articolo 1 della finanziaria 2000, dico subito che vi sono vari aspetti che risultano singolari. «Le maggiori entrate tributarie che si realizzassero nel 2000 (...)», cosa vuol dire questa frase? Realizzare una maggiore entrata è possibile non in sede di previsione ma solo in sede di consuntivo!
Inoltre, come è possibile verificare il conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica? Anche in questo caso mi debbo mettere in un'ottica di consuntivo perché non posso certamente pretendere di raggiungere con sicurezza gli obiettivi a settembre, a ottobre o a novembre! Non se ne parla nemmeno. Evidentemente, posso essere certo di aver conseguito questi obiettivi solo a consuntivo.
Soltanto la parte di maggiori entrate che ha superato il vaglio del conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, quella derivante dalla lotta all'evasione fiscale, può essere utilizzata per una diminuzione della pressione fiscale. Ma come faccio a calcolare questa quota parte di maggiori entrate derivate dalla lotta all'evasione fiscale? C'è un riferimento preciso: l'articolo 1 della legge 13 maggio 1999, n. 133. Tale articolo prevede una specifica delega legislativa per la determinazione della procedura con la quale quantificare queste maggiori entrate discriminandole dai fatti macroeconomici (ad esempio l'aumento del PIL), che possono determinare maggiori entrate, o dai fatti ovvi che sono le maggiori entrate conseguenti all'inserimento di nuove norme tributarie, come è accaduto quest'anno; mi riferisco al fatto clamoroso della sottostima gravissima dell'imposta sul capital gain, che ha caratterizzato il bilancio di previsione dal lato delle entrate, approvato alla fine del 1999.
Mi sembra che anche queste poche considerazioni in ordine alla pretesa di utilizzare questa disposizione normativa della legge finanziaria che vale, lo ripeto, solamente a consuntivo, che ha al suo interno un evidente riferimento ai consuntivi e che in ogni caso prevede il riferimento ad una delega legislativa che non è stata colpevolmente esercitata dal Governo, dimostrino come ci si sia arrampicati sugli specchi.
Come ha reagito il Governo? Ha reagito dicendo: non vi preoccupate perché prima di tutto le risorse ci sono e poi ve lo garantisco io che ci sono e quindi non discutiamo di queste cose! In effetti, l'emendamento introdotto alla legge di assestamento a fine settembre, al Senato, ha fatto emergere 13.800 miliardi di maggiori entrate rispetto a quanto previsto dalla legge di assestamento nel testo approvato a luglio dalla Camera. Dunque, i soldi ci sono. Dopodiché ha affermato che anche l'indebitamento netto della pubblica amministrazione è, in previsione, conseguito e che i 13.800 miliardi derivano dalla lotta all'evasione.
In conclusione, la copertura è totalmente illegale; vi è stata un'eccezionale arrampicata sugli specchi che non possiamo accettare; tuttavia, ci fa piacere che vi sia la restituzione di un prelievo fiscale assolutamente anomalo che ha caratterizzato tutta questa legislatura.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Contento. Ne ha facoltà.

MANLIO CONTENTO. Prendo spunto dall'intervento dell'amico Guido Possa, esperto in coperture, per dire che probabilmente il relatore - senza nulla togliere al presidente della Commissione finanze - più appropriato per questo provvedimento avrebbe dovuto essere il mago Silvan. Ciò per una ragione molto semplice: questo provvedimento nasce - come ha ricordato il relatore al Senato, onorevole Morgando, se non erro - da una ragione molto semplice: non tanto dalla preoccupazione che il Governo ha in relazione alle persone e alle famiglie che, purtroppo, sono dotate di un reddito inferiore, quanto da un timore ben preciso nei confronti dei risultati che vi sarebbero stati, a consuntivo, in assenza di questo provvedimento. Sarebbe accaduto che le statistiche avrebbero impietosamente dimostrato, ancora una volta, che anche per l'esercizio 2000 tutti i parametri che il Governo aveva


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promesso di centrare, per quanto riguarda il rapporto tra il prodotto interno lordo e la pressione tributaria e contributiva all'interno del nostro paese, sarebbero stati per l'ennesima volta smentiti.
La preoccupazione del Governo è stata quella di evitare che, in assenza di questo decreto-legge, si potesse ancora una volta «sfondare» il riferimento che il Governo stesso si era dato in relazione alla pressione fiscale. È questo il timore, in termini politici, cui il Governo ha dovuto ovviare con l'adozione di questo decreto-legge e lo ha fatto, naturalmente, in presenza di un altro aspetto.
A questo proposito, devo dire che non concordo con l'amico Possa che, ricordando le norme di copertura delle precedenti finanziarie, faceva riferimento, in particolare, alla possibilità di utilizzare maggiori risorse, in caso di calamità eccezionali, per destinarle a settori o ad interventi diversi da quelli solitamente figurati nell'articolo di chiusura della finanziaria. Questo è uno di quei casi, caro onorevole Possa, perché, se il Governo non fosse intervenuto alla fine dell'anno con un decreto-legge che prevedesse la possibilità di detrazione nell'esercizio in corso, la calamità a cui sarebbe andato incontro - e, comunque, a mio giudizio, vi incorrerà anche in presenza di questo provvedimento - è quella delle elezioni politiche che si avvicinano. Se non fosse intervenuto nell'esercizio in corso, quali benefici avrebbe potuto tentare di rappresentare nei confronti di molti cittadini che vengono dall'esperienza di questa legislatura fatta di un aumento continuo della pressione fiscale?
L'amico e onorevole Possa, in riferimento alla copertura, ha avuto modo di illustrare perfettamente come il rinvio sia stato fatto - tanto per cambiare - ad una di quelle affermazioni che hanno sempre contraddistinto il nostro ex ministro delle finanze, l'ineffabile Visco, che ha fatto della lotta all'evasione fiscale una delle sue bandiere. Bene, noi che siamo scettici come San Tommaso, ci siamo permessi di presentare, nel corso di una seduta della Commissione finanze della Camera dei deputati, un'apposita interrogazione perché ci fossero forniti dati ufficiali relativi ai cosiddetti recuperi di evasione. Siamo rimasti colpiti da questa capacità, perché quei dati hanno dimostrato che, relativamente ai dati percentuali tra gli accertamenti e le risorse effettivamente recuperate, è tanto se si raggiunge o se ci si aggira tra il 12 e il 13 per cento, almeno per gli anni 1996 e 1997 relativamente ai quali ci è stata fornita la risposta. Volete sapere l'ammontare di quelle somme in termini assoluti? È prossimo ai 4 mila miliardi, con l'ulteriore valutazione che nel 1999 è diminuito rispetto al 1998. Come riportano i quotidiani economici di questa mattina, per quanto riguarda i ruoli riferiti alla riscossione esattoriale, abbiamo ancora alcuni dati insufficienti rispetto alle previsioni.
Di fronte a queste verità e a queste affermazioni, con che faccia si può scrivere in un decreto-legge, che, lo ricordo, è nella responsabilità diretta del Governo, che la copertura è fornita dalla lotta all'evasione? È un falso giuridico e legislativo, è un falso in termini politici! Non è vero, la copertura è assicurata esclusivamente dalle maggiori entrate fiscali, che sono riferite non alla lotta all'evasione ma esclusivamente alle riforme inserite nel nostro ordinamento, le quali hanno non fatto emergere una base imponibile prima nascosta, ma colpito la stessa base imponibile, trasformandola in reddito, attraverso quelle modifiche normative ed anche tramite l'aggiunta di un'imposta di cui, in tutta Europa, si è innamorato solo il nostro ex ministro delle finanze, il che naturalmente ha determinato un gettito maggiore.
Queste, purtroppo, sono affermazioni non smentite e non smentibili, perché, se vi fossero argomenti in tal senso da parte del Governo, saremmo ben felici, dati alla mano, di poterli vedere verificati: come mai il ministro Del Turco e prima il ministro Visco si sono sempre sottratti dal fornire il dato relativo alla lotta all'evasione? Se il ministro è così convinto che vi siano più di 13 mila miliardi per coprire il decreto-legge, per quali ragioni


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non lo ha ufficializzato in qualche atto? Quando è stato incalzato dagli interrogativi dell'opposizione sul tema, si è sempre trincerato in un equilibrismo che portava a distinguere tra lotta all'evasione e spontanea emersione della base imponibile. Li abbiamo visti tutti questi passaggi, sono tra l'altro perfettamente stenografati nei verbali che riportano i suoi numerosi interventi.
Allora, la prima conclusione: il Governo e la maggioranza hanno la disperata esigenza di adottare questo decreto-legge non tanto perché siano preoccupati, ripeto, dei redditi delle famiglie o delle persone più povere (tant'è che i dati confermano che la povertà nel nostro paese in questi cinque anni è sicuramente aumentata), ma soprattutto in vista della competizione, dello scontro elettorale. Quindi, è importante in questo momento fingere che vi siano state tante risorse da destinare a tutti i settori: lo stiamo vedendo in questi giorni e in queste ore con la finanziaria.
Andiamo a vedere come è stato costruito il decreto-legge: esso prevede detrazioni per i redditi dei più indigenti e lo fa, paradossalmente, dimenticandosi dei pensionati, tant'è vero che l'inserimento dell'emendamento intervenuto al Senato, che il relatore ricordava e che è andato nella direzione di un rafforzamento, che potremmo definire una tantum, per i redditi dei pensionati al minimo, è intervenuto dopo che l'opposizione aveva annunciato pubblicamente sui giornali, addirittura con interviste, che il provvedimento, purtroppo, non si preoccupava dei redditi dei pensionati. Essendo questi ultimi (abbiamo coniato un nuovo termine del lessico politico) incapienti, cioè al di sotto dei parametri di riferimento, non potevano beneficiare - loro che erano sicuramente i soggetti più deboli nell'intero ordinamento - di questa ennesima manovra finanziaria.
Anche in questo caso, vi è un aspetto divertente: cosa è accaduto al Senato? Quando è stato inserito l'emendamento, si è posto un problema di copertura, essendo indispensabili oltre 600 miliardi (se ben ricordo, 634 miliardi) ed improvvisamente è successo che i risultati della lotta all'evasione sono passati da circa 13 mila miliardi ad un importo maggiore, guarda caso dei circa 640 miliardi che mancavano per l'operazione. Anche questo passaggio del dibattito parlamentare fa registrare quale sia la serietà nell'affrontare temi tanto importanti, che si rifletteranno negativamente nei confronti non solo del dibattito politico, ma dell'intera società.
Vi sono ancora questioni sulle quali vorremmo spendere un paio di osservazioni. Una l'abbiamo ribadita in Commissione proprio al sottosegretario ed è riferita all'intervento operato sulle accise: al di là degli aspetti tecnici, negli ultimi mesi siamo riusciti a seminare una serie di interventi con decreti-legge e decreti ministeriali, in un susseguirsi di disposizioni spesso contraddittorie, con fonti diverse, sintomo tipico di un confuso operare nel settore. A parte tutto ciò, la cosa che ha colpito di più è la seguente: a fronte di affermazioni rese in quest'aula dal ministro Del Turco, volte sostanzialmente a ridurre la forbice nell'applicazione relativa alle aliquote, soprattutto per quanto concerne l'articolo 5 del provvedimento, si è pervenuti, invece, a modalità operative completamente contraddittorie con quelle affermazioni. Abbiamo cioè ampliato, invece di ridurla, la forbice esistente fra diverse zone geografiche in relazione all'applicazione delle famose accise del gas metano.
Anche in questo caso, il Governo dovrebbe fornire una spiegazione: in forza di quali ragioni, come era stato più volte promesso e ribadito, invece di diminuire la distanza nell'applicazione dell'accisa tra diverse zone geografiche, avete infierito ancora di più, non rendendovi conto che sono proprio questi atteggiamenti che danno la stura ad altre reazioni spesso scomposte nei confronti di impegni che avete assunto o che avete dichiarato e che poi sono stati puntualmente smentiti nei fatti con l'adozione di questo decreto-legge? Questa è una responsabilità che, allo Stato, non è della Camera, anche se l'ha ratificata approvando, giorni fa, il


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testo della finanziaria che sostanzialmente riproduce questa norma. È una responsabilità che in termini politici pesa sul Governo, che è l'unico responsabile in relazione all'adozione di questo decreto-legge. Non si tratta di una questione da poco, ma dell'ennesima riprova di come il Governo predichi con le sue affermazioni certi atteggiamenti e poi, nei fatti, li smentisca.
Che dire poi - mi avvio alla conclusione -, per quel che concerne l'articolo 2, della sospensione sull'aumento annuale dell'aliquota di accisa sugli oli minerali? Non è forse il Governo di centrosinistra che, firmando una convenzione internazionale, si era impegnato ad aumentare proprio le accise nel periodo che arriverà fino al 2005 in forma progressiva, in relazione soprattutto a quegli impegni che aveva assunto per contenere l'effetto serra sul pianeta? Cosa significa la sospensione, posto che l'obbligo normativo impone di raggiungere quei riferimenti entro il 2005? Non significa, forse, che chi interverrà successivamente dovrà operare per recuperare quegli importi oggi sospesi, così come si può sospendere la responsabilità politica di un provvedimento assunto dalla maggioranza di centrosinistra che portava la responsabilità ulteriore del Presidente del Consiglio nell'emanazione di quel provvedimento?
Sono questi gli aspetti, per quanto riassunti brevemente, che non ci possono far propendere per un giudizio favorevole sul provvedimento, chiarendo, beninteso, che siccome siamo stati noi, da sempre, a sollevare il problema di un eccesso di pressione fiscale, che pesava soprattutto sulle famiglie più deboli, questo intervento è tardivo, così come è stato tardivo quello operato per ridurre le accise. I documenti parlamentari lo comprovano inequivocabilmente: siamo stati noi a sollevare questo problema ancora prima dell'estate del 1999, quando denunciavamo al Governo ciò che stava accadendo in sede OPEC a livello di effetti, purtroppo deleteri, per quanto riguarda gli aumenti del prezzo petrolifero. Anche in questa direzione siete intervenuti male e piuttosto tardi, quindi oggi noi scontiamo, fra l'altro, per le famiglie italiane un aumento dell'inflazione che, purtroppo, si traduce in un costo maggiore dei servizi.
Di fronte a tutto ciò, cosa potremmo dire, oltre a denunciare questi fatti? Di sicuro che siamo a favore di quelle detrazioni, per quanto minime, che vanno a compensare gli errori che, in parte, sono di politica economica, e quindi di responsabilità del Governo, ma che non possiamo andare oltre queste affermazioni perché, purtroppo, le responsabilità del Governo e della maggioranza di centrosinistra nei confronti degli italiani, soprattutto di quelli a minor reddito, sono scritte in cinque anni di fallimento, quanto è durata e sta durando la legislatura del centrosinistra che volge al termine (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale - Congratulazioni).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Leone.

ANTONIO LEONE. Signor Presidente, il provvedimento in esame, come rilevato dai colleghi che mi hanno preceduto, è una chiara espressione dell'ormai reiterata incapacità di governare di questa maggioranza, ostinatamente proiettata verso una politica economica e finanziaria sempre meno rispettosa delle regole fondamentali dettate proprio dalla contabilità pubblica. In verità, l'aver destinato una parte del gettito fiscale ad una manovra di corto respiro ed assolutamente priva di ogni sistematicità denota ancora una volta la scarsa attenzione del Governo all'intero sistema della finanza pubblica ed in particolare ai suoi vincoli interni ed internazionali.
Prescindere da una visione complessiva dell'intero sistema tributario non può che dare corpo e vita ad un'azione di semplice compromesso dettato dalle diverse spinte corporative, ma ben lontano dall'esprimere una pur minima capacità di Governo.
Il mondo del lavoro e le diverse spinte corporative sono invero sicuramente deputate a rappresentare le diverse esigenze,


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ma non possono sostituirsi alla guida politica, che non può in nessun caso risolversi in una mera azione di tipo sindacale, come sta avvenendo anche a proposito di questo provvedimento da parte di questo Governo.
Il solo risultato che è dato registrare nella realtà è che questo provvedimento non accontenta nessuno e tanto meno risulta utile come strumento elettorale. Le maggiori entrate fiscali non previste ed incassate al bilancio dello Stato, come ha rilevato egregiamente il collega Contento, impongono un riequilibrio della finanza pubblica e non un diritto alla restituzione.
Intervenire sulle entrate in un momento di espansione delle stesse senza ridurre contemporaneamente le spese di esercizio si traduce per il paese nel rischio, peraltro già manifestato dal governatore Fazio, di un successivo intervento di riequilibrio della finanza pubblica da realizzare con una manovra finanziaria correttiva che porterebbe a restituire, con gli interessi, il «regalino» di Natale deciso dalla maggioranza con il decreto-legge in esame.
Forza Italia sicuramente non è contraria alla diminuzione delle imposte, specialmente nei confronti delle fasce più deboli, ma non può certo accettare che al danno si aggiunga la beffa. Non può assolutamente condividere una politica di Governo in cui la riduzione della pressione fiscale non sia correlata ad un riequilibrio della spesa pubblica.
La riduzione della pressione fiscale attraverso interventi occasionali a favore dei pensionati, della famiglia e delle imprese offende l'intelligenza degli italiani, puniti sempre più dalla costante crescita dei costi dei beni di consumo primario che assorbono, vanificandolo, ogni bonus fiscale. La pressione fiscale non si riduce con il bonus fiscale, ma con una seria manovra delle aliquote, nel pieno rispetto della parità di trattamento, secondo le regole tecniche del diritto tributario ed in analogia agli schemi impositivi più diffusi in Europa.
I provvedimenti adottati dalla maggioranza e propagandati dagli esponenti della stessa come restituzione di bonus fiscale in realtà manifestano apertamente una incapacità di governare, che si traduce in un eccessivo prelievo fiscale eseguito nel passato, per cui oggi si avverte la necessità o, meglio, il dovere di effettuare una vera e propria redistribuzione del reddito.
Invero, se si procedesse ad una semplice restituzione correlata ad un eccessivo prelievo fiscale, che ha colpito indistintamente tutte le categorie di reddito, non vi sarebbe motivo di differenziare il lavoro dipendente da quello autonomo e di impresa per quanto riguarda gli importi delle detrazioni riferite ad una stessa fascia di reddito.
In realtà questo provvedimento, privo di qualsiasi caratteristica strutturale, denota lo stato di malessere in cui versa questo Governo, che, consapevole dei propri limiti e della propria incapacità, fa in extremis un tentativo di salvataggio, di carpire con l'inganno la buona fede di una parte dell'elettorato trascurando peraltro senza scrupoli la parte più debole del paese.
L'incapacità di questo Governo - torno a ripeterlo - si registra inoltre nella difficoltà del legislatore di rispettare i principi generali dell'ordinamento tributario dettati dallo statuto del contribuente di recente adozione, di cui si è perduta completamente traccia in tutti i provvedimenti emanati proprio in seguito alla tanto sbandierata ed epocale adozione dello statuto del contribuente.
Tale carta dei diritti fondamentali del contribuente è stata salutata nell'attuale legislatura come una svolta decisiva ed epocale dettata dalla ormai indifferibile necessità di riequilibrare o di stabilire un corretto rapporto tra fisco e contribuente, improntato al principio della collaborazione e della buona fede, ponendo fine ad un sistema fiscale deteriorato ed imbarbarito oltre che dall'affrettata innovazione tecnologica, principalmente dal fallimento della riforma tributaria degli ultimi anni.
Con indiscusso tempismo, ma senza alcuna coerenza, il decreto-legge in esame provvede a negare espressamente e genericamente l'operatività di tutte le disposizioni


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contenute nello statuto del contribuente, qualora le stesse siano incompatibili con il testo del provvedimento in esame, peraltro senza neanche procedere all'individuazione e alla precisazione delle disposizioni da disapplicare. Ecco che la perla di questa legislatura va a farsi benedire, ancor prima di diventare concretamente operativa, come pure vanno a farsi benedire i principi di chiarezza e semplificazione in materia di determinazione della misura dell'accisa sui prodotti petroliferi.
Invero, in conseguenza del forte rialzo del prezzo del petrolio, disposizioni normative di carattere legislativo e di rango regolamentare si sono succedute in un breve arco di tempo determinando, nell'alternarsi di delegificazioni e rilegificazioni, contrastanti previsioni normative in materia di carbon tax; infatti, da una previsione di progressivo incremento della tassazione sulla base di variazioni in aumento dell'accisa, da realizzarsi su base annuale e con effetti di rilievo anche ai fini IVA (applicata al prezzo del prodotto comprensivo di accisa), si è passati ad una sospensione, seppure parziale e temporanea, del progressivo incremento della tassazione.
È vero che il prezzo del petrolio ha avuto un sistematico e consistente aumento, ma è anche vero che tale rincaro era sicuramente prevedibile, quantomeno da chi è esperto del settore. Pertanto, il problema andava affrontato e risolto per tempo, con un'attenta politica di governo da svolgere nel rispetto delle leggi dell'economia e del mercato e non attraverso un confuso alternarsi di provvedimenti normativi raffazzonati ed incoerenti.
I piccoli interventi, come quelli contenuti nel decreto-legge in esame, non risolvendo il problema strutturale degli aumenti dei prezzi alla produzione, registrati nel nostro sistema economico, finiscono per scontentare tutti, senza peraltro soddisfare nessuno. Così, anche questa volta non è stata colta l'occasione per risolvere uno dei nodi centrali della nostra economia, determinato dalla concorrenza internazionale dei prezzi alla produzione.
Con riferimento al gasolio utilizzato nelle coltivazioni sotto serra, va segnalato come il collegato alla finanziaria 2001 provveda ad esentarlo dall'accisa, là dove invece il comma 5 dell'articolo 5 del decreto-legge, sia pure in relazione ad un diverso periodo temporale, stabilisce che l'accisa vada applicata in misura pari allo zero per cento di quella prevista per il gasolio usato come carburante. Pertanto, sempre per ragioni di chiarezza e di proprietà di formulazione del testo in esame, si ritiene quantomeno opportuno che nello stesso sia stabilita l'esenzione dall'accisa e non una sua applicazione in misura pari allo zero per cento.
Le argomentazioni svolte servono a evidenziare che il decreto-legge in esame si risolve in una pioggia irrazionale di piccoli benefici fiscali accordati senza alcuna logica ed assolutamente inadeguati ad assicurare un'azione strutturale positiva, a fronte di una sana e corretta politica di governo. La verità, quale traspare dalle stesse dichiarazioni del Governo, è che l'adozione del decreto-legge, prima della scadenza dell'anno in corso, si sia resa necessaria per evitare un incremento di gettito delle entrate che avrebbe fatto crescere automaticamente la pressione fiscale nel paese.
In tale ottica, va letta anche la disposizione del testo in esame che stabilisce una semplice dilazione del termine di pagamento delle imposte attraverso una riduzione della percentuale degli acconti. Invero, i contribuenti continueranno di fatto a pagare sempre le stesse imposte, con un'invarianza, pertanto, in termini di competenza, della pressione fiscale, che varia invece solo in termini di cassa, consentendo altresì di evitare quell'incremento di gettito delle entrate che automaticamente farebbe registrare una crescita, anziché una diminuzione, della pressione fiscale.
Una coerente e corretta politica economica non può prescindere da una manovra strutturale che investa, necessariamente, una riconsiderazione dello Stato sociale impostata sul piano delle riforme; ma alle forze politiche della maggioranza


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mancano le idee per una strategia sulla quale misurarsi: un vero e serio confronto delle forze politiche in campo sarà pertanto possibile solo se impostato sul terreno delle riforme. Anche la scelta del candidato premier significa la scoperta di un'intelligenza politica coraggiosa, capace di proporre al paese, in una definita logica delle libertà di mercato, un nuovo e più moderno modo di tutelare gli interessi dei deboli (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Peretti. Ne ha facoltà.

ETTORE PERETTI. Signor Presidente, i temi e gli argomenti trattati nel decreto-legge in corso di conversione sono stati già affrontati nella discussione sul disegno di legge finanziaria e, pertanto, svolgerò soltanto alcune brevissime considerazioni in merito ai contenuti del decreto-legge stesso.
Come è stato detto in più di un'occasione, questo decreto-legge non toglie, bensì restituisce ai cittadini; non è scontato affatto, però, che esso abbassi la pressione fiscale.
In merito alla copertura di questo provvedimento vi sono state molte controversie: è un decreto-legge che modifica gli scaglioni di reddito e gli importi delle detrazioni, che ha previsto interventi a favore dei pensionati e che stabilisce alcuni interventi fiscali sugli oli minerali, sul gasolio e su altri tipi di combustibile soprattutto a favore delle zone montane. È quindi un provvedimento che l'opposizione, che vuole ridurre la pressione fiscale, non può che vedere con favore e sul quale pertanto, a denti stretti, voterà a favore.
È questo l'aspetto più tipico di questo disegno di legge, che ha sapore tipicamente elettorale. È singolare come la discussione che vi è nel centrosinistra, un po' scomposta soprattutto sulle questioni di carattere fiscale, ne stia oscurando il valore tipicamente elettorale, perché sul fatto che questa sia la parte più squisitamente elettorale di tutta la manovra finanziaria credo che non vi siano ombre di dubbio. Si tratta altresì di un provvedimento che, se visto a sé stante, quindi staccato dal contesto della legge finanziaria e della manovra di politica economica del Governo, potrebbe difficilmente prestare il fianco a delle critiche da parte dell'opposizione.
Credo che, a parte i dubbi sulla copertura, sulla quale diremo qualcosa successivamente, sia importante far notare che è peggiorato il collegamento fra la politica economica e finanziaria del Governo ed il bilancio della famiglia, perché quest'ultimo negli ultimi anni si è visto impoverire.
Ho parlato di un provvedimento di natura esclusivamente elettorale, ma anche qui c'è qualcosa che non va perché, nel tentativo di raggiungere la maggior parte dei contribuenti, il Governo alla fine ha avuto alcune dimenticanze molto gravi, dimostrando anche dei limiti alla capacità di estendere il proprio concetto di solidarietà: si è, cioè, dimenticato delle persone più povere ed è solo con dei provvedimenti nati in Parlamento sotto l'incalzare soprattutto dell'opposizione che si è corsi ai ripari cercando di ricomprendere nella distribuzione del bonus fiscale anche le persone meno fortunate.
Anche nell'ambito della discussione complessiva sulle questioni di carattere fiscale abbiamo notato una grande improvvisazione da parte del Governo e questo è dimostrato dal fatto che a tutt'oggi le questioni più dibattute - appunto quella degli incapienti, dell'IRPEG delle imprese e dell'aumento delle pensioni minime - sono tuttora aperte, avendo visto una maggioranza molto lacerata, e non ancora del tutto risolte. Abbiamo detto che questo è un provvedimento che restituisce dei soldi ai cittadini per il fatto che sono state accertate delle maggiori entrate nel 2000 e quindi le si vuole restituire già a partire dal 2000. Queste maggiori entrate deriverebbero dall'emersione di base imponibile perché vi è stata una efficacia nella lotta contro l'evasione fiscale e questa ha prodotto dei frutti molto significativi. Su questo l'opposizione ha idee molto diverse.


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Noi crediamo che, se vi è stato un allargamento della base imponibile, questo sia dovuto a provvedimenti ad hoc e quindi ad un allargamento per legge della base imponibile - lo abbiamo visto e fino a questo momento non siamo mai stati smentiti - nell'applicazione dell'IRAP e nella indeducibilità dell'IRAP. Questo è testimoniato anche dal fatto che in questa finanziaria vi è un parziale riconoscimento di questo tipo di meccanismo perverso con una parziale deducibilità dell'IRAP, però noi diciamo che è il contesto complessivo della legge finanziaria, e quindi della manovra economica e finanziaria del Governo, che è negativo. Noi abbiamo notato un peggioramento del bilancio familiare dovuto all'aumento delle tariffe (dovuto anche ad una inefficace politica economica del Governo che non ha favorito i veri processi di liberalizzazione e di apertura dei mercati) che va al di là dell'effetto di restituzione che viene operato comunque in questa legge finanziaria e quindi alla fine il bilancio per le nostre famiglie è largamente negativo.
Abbiamo detto di questa solidarietà a metà che si è dimenticata delle persone meno fortunate, dei più poveri e dobbiamo anche sottolineare come un po' tutta la politica economica e sociale del Governo di centrosinistra - ormai possiamo già essere in sede di consuntivo visto che siamo all'ultima finanziaria di questa legislatura - si sia dimenticata non solo dei pensionati e dei più poveri, ma abbia visto scivolare lentamente anche il ceto medio verso la base della piramide sociale.
Abbiamo visto anche come vi sia stato un grande pregiudizio del centrosinistra nel considerare il fisco come fattore di competitività e questo è importante sottolinearlo perché va da sè che, se non c'è la possibilità di stabilire delle iniziative di crescita economica abbastanza significative poi alla fine anche il concetto di solidarietà, che inevitabilmente è legato alla crescita economica, viene a cadere. Per non parlare poi di tutte le altre questioni che sono rimaste non risolte in questa legge finanziaria. È di oggi la presa di posizione tardiva del Presidente del Consiglio sulla necessità di riformare anche il sistema previdenziale che - ha dichiarato lui stesso - non è sostenibile nemmeno nel breve periodo. Noi vogliamo sottolineare che al di là di questo piccolo specchietto per le allodole di questa poco significativa restituzione ai cittadini vi è un contesto generale molto negativo che ha visto peggiorare nel tempo la redditività del nostro sistema economico e del nostro sistema legato al bilancio delle famiglie. Quindi, pur non essendo contrari nel merito alle misure di questo provvedimento, valutiamo in modo del tutto negativo il contesto generale della politica economica e sociale di questo Governo.

PRESIDENTE. Constato l'assenza del deputato Teresio Delfino, iscritto a parlare: s'intende che vi abbia rinunziato.
Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

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