Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 793 del 18/10/2000
Back Index Forward

Pag. 6


...
Seguito della discussione del disegno di legge: S. 4791 - Conversione in legge del decreto-legge 28 agosto 2000, n. 239, recante disposizioni urgenti in materia di finanziamenti per lo sviluppo ed il completamento dei programmi italiani a sostegno delle Forze di polizia albanesi (approvato dal Senato) (7342) (ore 9,55).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge del decreto-legge 28 agosto 2000, n. 239, recante disposizioni urgenti in materia di finanziamenti per lo sviluppo e il completamento dei programmi italiani a sostegno delle forze di polizia albanesi.
Ricordo che nella seduta del 13 ottobre scorso si è conclusa la discussione sulle linee generali ed hanno replicato il relatore e il rappresentante del Governo.

(Esame degli articoli - A.C. 7342)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo unico del disegno di legge di


Pag. 7

conversione del decreto-legge 28 agosto 2000, n. 239, nel testo della Commissione, identico a quello approvato dal Senato (vedi l'allegato A - A.C. 7342 sezione 1).
Avverto che gli emendamenti presentati sono riferiti agli articoli del decreto-legge nel testo della Commissione, identico a quello approvato dal Senato (vedi l'allegato A - A.C. 7342 sezione 2).
Avverto che la Presidenza non ritiene ammissibile, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 7, del regolamento, l'emendamento Calzavara Dis. 1.1 (vedi l'allegato A - A.C. 7342 sezione 3) - non previamente presentato in Commissione - in quanto non strettamente attinente alla materia del decreto-legge; inoltre, l'emendamento - diretto ad autorizzare la ratifica dell'accordo italo-albanese sulle infrazioni doganali - esula dalla funzione propria del disegno di legge di conversione cui è riferito.
Per l'ordinato svolgimento dei lavori, avverto che hanno chiesto di parlare sul complesso degli emendamenti gli onorevoli Morselli, Menia, Calzavara, Marengo, Rivolta, Palmizio e Luciano Dussin.

MASSIMO BRUTTI, Sottosegretario di Stato per l'interno. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MASSIMO BRUTTI, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, dirò molto brevemente che comprendo l'esigenza del collega Gasparri di ottenere, anche in questa sede, un ragguaglio da parte del Governo sulle esperienze compiute in attuazione del protocollo d'intesa stabilito il 1o gennaio 2000 con il Governo albanese, in relazione alla cooperazione tra le forze di polizia. Naturalmente, questo rendiconto può diventare una prima occasione per dare alla Camera elementi di giudizio sull'impegno italiano in questo settore e sul rapporto che si è venuto sviluppando con il Governo albanese, che ha visto una pressione costante da parte del Governo italiano per ottenere dei risultati concreti.
Credo sia giusto che oggi in questa sede sia il ministro dell'interno a riferire su questi risultati. Disponiamo di alcuni dati che ho già brevemente riassunto in Commissione, ma ritengo che la presenza del ministro possa essere utile al nostro dibattito.
Come forse saprete, stamattina alle 9 era stata convocata una riunione del Consiglio dei ministri; tuttavia, il ministro Bianco sta arrivando e credo che sarà qui nel corso della nostra discussione; potrà, pertanto, intervenire sugli aspetti sollevati dall'onorevole Gasparri. Ritengo che l'esigenza che si è manifestata nell'ambito della Commissione debba trovare uno strumento più certo e costituzionale per garantire una sollecita informazione sulle attività svolte e sui risultati raggiunti.
Mi sembra di comprendere che la relatrice avanzerà una proposta di emendamento volta ad inserire nel testo della legge una scadenza istituzionale periodica, un rendiconto periodico e non una tantum sui risultati raggiunti e sulle attività svolte che si riferiscono a questo impegno italiano nella cooperazione tra le forze di polizia.
La mia proposta è, quindi, nel senso che possiamo cominciare la discussione sul provvedimento e poi, il più presto possibile, appena sarà giunto, il ministro Bianco potrà riferire sui punti che sono stati sollevati dai colleghi dell'opposizione.

DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Signor Presidente, con riferimento a quanto dichiarato dal rappresentante del Governo, mi sembra che vi siano un problema pratico, per un verso, ed un problema di approfondimento politico, per l'altro. Se realmente il ministro Bianco sta per arrivare, propongo, formalizzando o meno l'inversione dell'ordine del giorno, di passare al provvedimento successivo, in attesa dell'arrivo del ministro. Le osservazioni del collega Gasparri,


Pag. 8

riecheggiate in altri interventi, sono in qualche modo legate a ciò che il Governo, nel suo massimo livello rappresentativo del settore, ci dirà. Come lei ha giustamente sottolineato, l'intervento del collega Gasparri era in parte regolamentare, in parte di merito. Il nostro atteggiamento, come quello di altri gruppi, è fortemente condizionato da ciò che il ministro Bianco riferirà.
In termini pratici, trattandosi di pochi minuti (secondo quanto ha affermato il sottosegretario Brutti) e per ragioni di congruità politica, ritengo più giusto rinviare la trattazione di questo argomento in modo da prenderlo in esame con cognizione di causa. È questa la proposta che avanzo.

PRESIDENTE. Ovviamente, devo sottoporre tale proposta all'Assemblea. Tuttavia, per dare ai colleghi il quadro della situazione, ricordo che, allo stato, hanno chiesto di parlare sul complesso degli emendamenti trentuno colleghi. Forse, quindi, potrebbe essere utile il discorso del chiarimento da parte del ministro. Comunque, ho l'obbligo di sottoporre la proposta all'Assemblea.

ADRIA BARTOLICH, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ADRIA BARTOLICH, Relatore. Signor Presidente, capisco le ragioni della proposta avanzata dal collega del gruppo di Alleanza nazionale.
Ho parlato due minuti fa con il ministro dell'interno e mi ha detto che sta arrivando direttamente da palazzo Chigi; si tratta, pertanto, di una questione di pochi minuti. Teniamo presente che una parte del paese sta vivendo una situazione drammatica a causa di calamità naturali; in questa situazione, ovviamente, il ministro non rimarrà in aula per l'intera durata del dibattito sul provvedimento concernente l'Albania (Il ministro dell'interno entra in aula)... Ecco, il ministro è arrivato e, quindi, il problema è risolto.

FABIO CALZAVARA. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABIO CALZAVARA. Signor Presidente, ringrazio il ministro dell'interno per essere arrivato, seppure un po' in ritardo; farà comunque in tempo ad ascoltare dai nostri interventi ciò che rivendichiamo. Tuttavia, la promessa fatta dal relatore e l'impegno della Commissione affari esteri erano nel senso di ascoltare anche il ministro Dini...

ADRIA BARTOLICH, Relatore. No!

FABIO CALZAVARA. ...perché stiamo affrontando una questione di politica estera connessa con il tema della sicurezza.
Chiedo che vi sia anche tale disponibilità, seppure non immediata, affinché vi sia un dibattito su questo punto centrale per la politica estera italiana. È indispensabile che il ministro intervenga, se non in Commissione (dato che lo abbiamo invitato ripetutamente senza successo) almeno in occasione dell'esame di questi provvedimenti, affinché ci risponda direttamente, come è giusto che sia.

PRESIDENTE. Onorevole ministro, per darle conto della situazione le faccio presente che una trentina di colleghi hanno chiesto di parlare sul complesso degli emendamenti. Peraltro, mi sembra che l'onorevole Gasparri abbia affermato che, in qualche misura, l'andamento della discussione potrebbe dipendere dalle sue dichiarazioni.

MAURIZIO GASPARRI. Presidente, se mi desse la parola per soli due minuti!

PRESIDENTE. A che titolo?

MAURIZIO GASPARRI. Sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Visto che è intervenuto in precedenza per un richiamo al regolamento,


Pag. 9

parli anche ora, così vediamo se riusciamo a sbloccare la situazione. Prego, onorevole Gasparri.

MAURIZIO GASPARRI. Essendo giunto il ministro dell'interno in aula, mi pare corretto riassumere i termini della questione.
Noi abbiamo posto un problema, avendo spesso condiviso con la maggioranza dei provvedimenti (da quello sulla missione militare in Albania ad altri): abbiamo visto disatteso l'impegno del Governo - contenuto in molti nostri ordini del giorno - a riferire puntualmente su tutta la vicenda, a partire dalla politica albanese per arrivare alla missione umanitaria, alle missioni militari, alle operazioni di polizia come queste. La spesa è notevole e i risultati sono deludenti; non solo, ma gli impegni contenuti negli ordini del giorno sono stati disattesi, compresi quelli di merito: mi riferisco alla distruzione delle coltivazioni di droga in Albania, pena la sospensione degli aiuti, all'impegno del Governo albanese e via dicendo. A parte questi impegni che riguardano soggetti terzi - ai quali peraltro diamo soldi, mezzi e sostegno che dovremmo condizionare ad una collaborazione - molti ordini del giorno prevedevano relazioni puntuali del Governo - con contenuti, cifre e dati - al Parlamento sul complesso della politica per l'Albania. Tutto questo non è stato mai fatto, signor ministro, come lei penso sappia, dai vari Governi: non è solo una sua responsabilità, ma riguarda anche i Governi precedenti.
Vorremmo capire, quindi, quale sia lo stato dell'arte e comprendere se gli impegni presi in Parlamento (mi rendo conto che vi è ordine del giorno e ordine del giorno: siamo sufficientemente esperti per capire la differenza delle cose) abbiano o meno un valore. Gli ordini del giorno su questa vicenda erano rilevanti: abbiamo chiesto che il Governo, ai massimi livelli, cogliesse intanto questa occasione per colmare delle lacune; poi, valuteremo in corso d'opera, ovviamente nella libertà del nostro mandato parlamentare, se le affermazioni fatte siano o meno adeguate, se nel merito restino le nostre perplessità. Sulla politica nei confronti dell'Albania, le perplessità del centrodestra sono ben note.
Se il ministro intanto cogliesse questa occasione per adempiere agli impegni contenuti in quegli ordini del giorno che sono stati disattesi, non credo sarebbe privo di elementi per poterlo fare. Poi, ovviamente, valuteremo politicamente, come è nostro diritto, come comportarci.

BEPPE PISANU. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BEPPE PISANU. Ho chiesto la parola per chiarire soltanto il senso della nostra richiesta.
Noi poniamo adesso il problema perché il provvedimento in discussione riguarda l'Albania e in questo caso specificamente la competenza del ministro dell'interno. La questione che noi poniamo è però di carattere più generale. Ripetutamente in quest'aula abbiamo detto: non più una lira all'Albania fino a quando non avremo contezza di come fino ad ora siano stati spesi i soldi italiani destinati a quel paese e fino a quando non avremo la certezza che il Governo albanese darà il massimo di collaborazione possibile nella lotta contro gli scafisti, contro il traffico di armi e di droga e, purtroppo, di esseri umani, che si organizza sulla sponda albanese dell'Adriatico.
Proprio per questo, abbiamo ripetutamente chiesto al Governo di farci un resoconto puntuale e dettagliato su quello che è stato l'andamento delle spese italiane in Albania, comprese quelle relative a vicende sciagurate come la missione Arcobaleno.
Volevamo però un resoconto anche sulla condotta - in questo caso il problema non riguarda più il ministro dell'interno - del Ministero degli affari esteri italiano in Albania, che è un altro capitolo non chiaro della complessa vicenda dei rapporti italo-albanesi.


Pag. 10


Il problema che poniamo è molto serio e richiede risposte non improvvisate. Oggi noi non pretendiamo pertanto che il ministro dell'interno venga a darci un resoconto dettagliato perché ci rendiamo ben conto che non è in grado di improvvisare una risposta, così puntuale e articolata, come è quella che chiediamo. Tuttavia, questa informativa dettagliata noi la pretendiamo e la poniamo come una condizione anche per quanto riguarda l'esame di questo provvedimento!
Quindi, noi diciamo fin d'ora grazie al ministro dell'interno per le cose che ci potrà dire in questo momento, ma comprenda il ministro che non potremo in alcun modo considerare soddisfacente la risposta che allo stato delle cose egli è in grado di darci in questo momento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il ministro dell'interno. Ne ha facoltà.

ENZO BIANCO, Ministro dell'interno. Signor Presidente, onorevoli deputati, innanzitutto chiedo scusa, ma è in corso una riunione del Consiglio dei ministri che sta affrontando la questione dello stato di emergenza e dell'andamento della protezione civile lungo la valle del Po. Come sapete, attualmente l'onda di piena continua inesorabilmente a scendere ma vi sono ancora condizioni di rischio e di pericolo che stiamo fronteggiando anche con interventi straordinari. È solo questa la ragione per la quale non ero presente all'avvio dei lavori e chiedo scusa. Chiedo anche scusa agli onorevoli deputati se a un certo punto dovrò ovviamente rientrare.
La questione che è stata posta da alcuni esponenti della Camera, secondo me, va seriamente e organicamente regolamentata. Effettivamente, vi sono numerosi ordini del giorno che impegnano il Governo a riferire. In varie occasioni, peraltro, il Governo ha riferito alle Camere sull'andamento e sui risultati della missione di polizia in Albania in particolare per quello che ci riguarda direttamente. È però vero che manca un impegno legislativo organico che regolamenti e disciplini in modo puntuale questa vicenda. Questa è la ragione per la quale il Governo dichiara sin da adesso di essere favorevole all'inserimento nel testo in esame di un emendamento che preveda, disciplini e regolamenti, con forza di legge, una relazione semestrale del Governo sui risultati che vengono ottenuti e sull'impiego dei mezzi a disposizione. In questo modo, onorevoli deputati, credo che si possa dare una prima precisa regolamentazione rispetto ad un impegno che certamente è rilevante dal punto di vista finanziario, ma che è anche assai rilevante per la tutela degli interessi del nostro paese.
Naturalmente, come veniva ricordato poco fa, questa mia prima relazione non potrà avere caratteristiche di organicità, però vi sono alcune informazioni che vorremmo fornire alla Camera. Vi è poi un impegno preciso, appena la Presidenza e la Conferenza dei presidenti dei gruppi lo riterranno opportuno di ritornare in una prossima occasione a riferire in modo più puntuale e più preciso anche su ogni aspetto del nostro intervento.
Grazie all'intervento che è stato posto in essere in Albania, a partire dal dicembre 1997, per il controllo del territorio albanese sono state realizzate le sale operative delle forze di polizia di cui lo Stato albanese era del tutto privo; è stato attivato un numero di soccorso pubblico che ha preso in quella sede il numero 19 ed è stata creata una rete di comunicazioni radio presso le locali direttorie, corrispondenti alle nostre questure, di Tirana, Durazzo, Fier, Valona, Lese e Scutari e presso i dipendenti commissariati. In queste province sono stati attivati i servizi di controllo del territorio attraverso l'impiego di autopattuglie con autovetture e apparati radio che sono stati ceduti dal Ministero dell'interno italiano. Si è provveduto a ricostituire e ad addestrare i reparti di pronto intervento di Tirana e di Valona per i servizi di ordine pubblico e di prevenzione del crimine.
Per quanto riguarda il controllo del confine marittimo, nel corso di crociere addestrative effettuate dai nuclei di frontiera


Pag. 11

marittima di Durazzo e di Saseno, dal dicembre 1997 al 31 dicembre 1999 sono stati conseguiti alcuni importanti risultati: il respingimento sulle coste albanesi di natanti (592 gommoni e 49 motoscafi) con oltre 17 mila clandestini a bordo; il conseguente fermo o arresto di 146 persone, cosiddetti scafisti; il sequestro di 34 gommoni in Albania, 15 motoscafi, 4 motonavi, 2 pescherecci e automezzi impiegati nel trasporto di clandestini e in altri traffici illeciti; il sequestro di notevoli quantitativi di sostanze stupefacenti e di tabacchi lavorati rinvenuti a bordo dei citati natanti.
Nelle ultime giornate, grazie ad una collaborazione e ad una consulenza da parte del Ministero dell'interno italiano, che ha aiutato il Governo albanese a predisporre il testo, è stato introdotto nell'ordinamento albanese un testo normativo che da noi viene ritenuto di fondamentale importanza per alzare la nostra capacità di intervento ed anche la capacità di intervento della polizia albanese nei confronti degli organizzatori del traffico di esseri umani, di clandestini. Questa norma prevede la possibilità di un sequestro a terra, anche non in flagranza di reato: grazie a questa norma, che diviene operativa nel corso del mese di ottobre, si potrà ulteriormente intensificare l'azione di contrasto nei confronti degli organizzatori di questo crimine particolarmente grave.
Proprio nella giornata di oggi, grazie a questa importante innovazione legislativa, alcuni mezzi aerei, elicotteri ed un aereo observer delle forze di polizia italiane cominciano l'attività di pattugliamento, naturalmente con a bordo anche personale della polizia albanese lungo le coste albanesi, con la capacità, quindi, di individuazione, già dalle località di partenza, di eventuali tentativi di operare trasporto illecito di persone, o contrabbando. Nel corso delle operazioni, facendo leva su un coordinato dispositivo di controllo mare-terra, grazie anche alla presenza di un gruppo navale della marina militare italiana, di stanza a Saseno, sono state bloccate oltre 3 mila persone che tentavano di imbarcarsi clandestinamente per raggiungere l'Italia e, a seguito di segnalazioni radio, la Guardia di finanza ha sequestrato sulle coste pugliesi 204 natanti e ha arrestato 232 scafisti.
Una delle attività fondamentali poste in essere dalla missione italiana interforze è quella di consulenza a vantaggio della polizia albanese. Abbiamo aiutato la polizia albanese a stendere e a far approvare il nuovo codice della strada, con il relativo regolamento, nonché a dotarsi del nuovo ordinamento della polizia di Stato; vi è stata, poi, la nostra collaborazione per un progetto di riforma dell'accademia e la creazione di istituti di istruzione; è stato attuato pienamente, con la partecipazione a gruppi di lavoro, il nuovo modello organizzativo della polizia albanese; è stata aggiornata la legislazione anticrimine e quella che riguarda la riorganizzazione della polizia criminale e di frontiera; ancora, abbiamo aiutato il Ministero dell'ordine pubblico a predisporre atti normativi diretti alla regolamentazione dei servizi di controllo del territorio attraverso l'impiego delle autopattuglie Aquila, delle sale operative degli uffici di polizia, della «sala situazione» del Ministero.
In particolare, per quanto riguarda la polizia criminale, per quanto concerne la consulenza e l'assistenza a favore della direzione della Criminalpol albanese, è stata realizzata un'attività per riorganizzare il servizio Interpol, in modo che anche in Albania vi sia una capacità di collegamento e di risposta con questa importante struttura internazionale; si è altresì avviata la ricostruzione degli archivi della struttura centrale della polizia criminale albanese. La missione ha poi provveduto al potenziamento del servizio di polizia scientifica albanese, alla riorganizzazione di quattro gabinetti di polizia scientifica regionale e dei dipendenti uffici periferici; si è iniziata la realizzazione del centro elaborazione dati del Ministero dell'ordine pubblico albanese.
La polizia albanese, giovandosi di questa consulenza, ha conseguito alcuni importanti risultati anche nel settore della lotta alla droga, con la scoperta di laboratori


Pag. 12

per la lavorazione di pani di marijuana, sequestro di partite di droga, arresto di trafficanti nella ricerca dei latitanti e nella neutralizzazione di iniziative nel settore della gestione dei flussi migratori. In particolare, grazie alla sensibilizzazione della polizia schipetara da parte della missione interforze sono scaturite iniziative ed operazioni che hanno portato al sequestro di grosse quantità di sostanze stupefacenti, in particolare marijuana, e alla distruzione nelle provincie di Valona e di Fier di diverse piantagioni di cannabis per la denuncia di oltre cento persone. Nel corso dell'incontro che abbiamo tenuto la settimana scorsa a Corfù con il collega ministro dell'ordine pubblico greco e con quello albanese, mi sono impegnato a chiedere un ulteriore radicale incremento dei controlli e un'implementazione per quanto riguarda le attività di individuazione e di distruzione delle piantagioni di droga. Tutto ciò anche alla luce di un impegno che avevo assunto pubblicamente su questo specifico argomento, chiedendo in particolare che, anche in questa attività di individuazione e di localizzazione delle piantagioni abusive e illegali, vi fosse una collaborazione delle forze di polizia italiane che possono fare segnalazioni e intervenire sul territorio, in collaborazione con la polizia criminale e antidroga di quel paese.
Vi è stata, inoltre, un'attività di formazione, che abbiamo svolto sia per quanto riguarda i piloti di natanti della polizia di confine, sia per quanto riguarda la polizia stradale, nonché per l'ordine pubblico. Potrei riferire in modo dettagliato sui corsi, ma sarà a disposizione dei colleghi, presso la Presidenza della Camera, un dettaglio sull'argomento. In totale gli operatori di polizia albanese che hanno frequentato corsi in Italia sono stati 183, viceversa, in Albania, abbiamo formato circa 1.000 elementi della polizia. Insieme con l'attività di formazione vi è quella di assistenza: abbiamo fornito nel complesso 148 automezzi, apparecchiature e materiale di radiotelecomunicazione, fax e fotoriproduttori, materiali per la polizia scientifica albanese ed effetti di casermaggio. È stata dotata di ponte radio la zona nord del paese, come dicevo all'inizio, ed è in corso analoga operazione per l'area occidentale, una zona particolarmente critica per quanto riguarda l'immigrazione clandestina. Sono state organizzate e rese funzionanti presso il Ministero dell'ordine pubblico albanese la sala situazione e la sala operativa della guardia repubblicana; sono stati organizzati gli autoparchi del ministero e della direttoria di Tirana e di Valona, nonché l'autofficina di riparazione dei mezzi della capitale.
Credo che questa prima relazione si possa concludere dicendo che, anche grazie all'impegno qualitativo profuso dalle forze di polizia italiane e dalla missione interforze, oggi, a distanza di due anni, la condizione è profondamente diversa rispetto a quella della fine del 1997. Oggi in Albania vi è una polizia di Stato che comincia ad avere importanti risultati; anche grazie al nostro intervento si è ripristinata una condizione di legalità e si è fortemente ridotto il traffico clandestino che riguardava l'Italia, quindi si può pensare ad una migliore collaborazione per il futuro per ridurre, in modo ancora più drastico, una condizione di illegalità che naturalmente ha preoccupato gravemente il nostro paese e il nostro Governo.

PRESIDENTE. Passiamo agli interventi sul complesso degli emendamenti riferiti agli articoli del decreto-legge.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Morselli. Ne ha facoltà.

STEFANO MORSELLI. Signor Presidente, ringrazio il ministro per dovere di cortesia parlamentare, anche se poi magari non apparirò tanto cortese ai suoi occhi, per essere venuto tempestivamente a riferire, nonostante i momenti drammatici che tutti siamo chiamati...

PRESIDENTE. Onorevole Pisanu, per cortesia! Prego, onorevole Morselli.

STEFANO MORSELLI. Come dicevo, siamo tutti impegnati per cercare di arginare questi eventi drammatici dovuti all'alluvione in Piemonte.


Pag. 13


Ad ascoltare il ministro dell'interno sembra che tutto vada benissimo. Il ministro Bianco ha fornito a questo ramo del Parlamento un quadro molto positivo, direi idilliaco: ha enunciato una serie di situazioni sanate ed ha addirittura concluso la sua esposizione dicendo che, a distanza di due anni, si è ripristinata una situazione di legalità. Non so se sia possibile sostenere una cosa del genere: forse tutta la criminalità albanese ha fatto le valige e si è trasferita in Italia, se è vero che in questi ultimi due anni la criminalità albanese è diventata la prima forza criminale nel campo della prostituzione e del traffico di droga e di esseri umani.
Credo, quindi, che questa ripristinata legalità non sia tanto da sbandierare, anche perché ella, ministro, contraddice le sue dichiarazioni con i puntuali rapporti annuali sul fenomeno della criminalità organizzata elaborati dal suo stesso ministero. Infatti, il rapporto annuale del Ministero dell'interno sulla criminalità organizzata la sconfessa e ci rivela cose diametralmente opposte rispetto a quelle che lei oggi ci ha detto, perché in esso si afferma che la criminalità albanese operante sul territorio nazionale rappresenta un fenomeno criminale radicato in buona parte del paese e dotato di una specifica e pericolosa autonomia. Esso continua poi sottolineando che i gruppi criminali albanesi che si sono spostati in Italia sono diventati gli ufficiali di collegamento tra tutti i gruppi criminali presenti e operanti in Italia.
Allora, lei non può venire qui a contrabbandare esiti e risultati positivi nella lotta alla criminalità interna in Albania, dicendo che sono state stroncate sul nascere le bande criminali, che sono stati sequestrati droga e tabacchi lavorati, che sugli scogli della Puglia sono state distrutte centinaia di barche e che la criminalità albanese ha subito colpi mortali, quando poi la criminalità albanese è più che mai forte nel nostro territorio nazionale e quando questo clima idilliaco, questa pace che si è venuta a creare in Albania hanno addirittura portato la nostra ambasciata a doversi dotare di telecamere e di posti di guardia e di vedetta, perché le bande criminali e dei corruttori approfittano addirittura delle richieste di visto rivolte alla nostra ambasciata per taglieggiare i poveretti che hanno bisogno di un visto: questo la dice lunga su quale sia la situazione in Albania.
Signor ministro, bisogna cercare una volta per tutte di fare una riflessione seria e questa non può essere altro che un'occasione per una riflessione generale, per un serio bilancio dell'efficacia degli aiuti e degli interventi. Ma se voi, come ha fatto il sottosegretario Brutti in Commissione, ci venite a leggere un «compitino» diligente dicendo che tutto va bene e noi dobbiamo fare una sorta di contraltare dicendo che tutto va male, non va bene, ministro. Dobbiamo confrontarci seriamente sui problemi.
Dobbiamo verificare i risultati di un'azione che costa decine e decine di miliardi, che impiega l'immagine e le risorse del popolo italiano e quindi non possiamo far finta di niente e continuare come se tutto andasse bene. La responsabilità delle forze che compongono la Casa delle libertà, la responsabilità di Alleanza nazionale è sempre stata chiara perché ha portato avanti una politica coerente, mai faziosa e sempre a favore degli interessi nazionali ma, quando si parla di queste cose, occorre un interlocutore altrettanto chiaro e responsabile.
Ringraziamo il ministro Bianco per la sua presenza e per la sensibilità di aver compreso che oggi doveva essere qui, ma dov'è il ministro Dini, dove sono i responsabili di questa politica estera che si vuole attuare sempre e solo per decreto? È mai possibile che la politica estera venga sempre delegata, decisa giorno per giorno, arruffata, priva di linee programmatiche, senza «interventi paese»? Non stupiamoci poi se succede quello che è avvenuto negli ultimi giorni alle Nazioni Unite, non stupiamoci se l'Italia fa la parte della cenerentola o quella di uno dei 187 paesi aderenti alle Nazioni Unite privi di un ruolo geopolitico adeguato.
L'onorevole Fini ha sempre affermato che si sarebbero dovuti bloccare gli aiuti


Pag. 14

all'Albania fino a quando questa non avesse manifestato un'inversione di tendenza. Non è possibile continuare a seguire questa politica unilaterale, nel senso che noi siamo disposti ad aiutare gli albanesi ma essi non aiutano noi, non cercando di predisporre situazioni atte a contribuire in maniera efficace alla lotta contro la criminalità e contro il traffico d'armi. Non è più tollerabile che l'immigrazione clandestina venga gestita da una rete organizzata in modo imprenditoriale talché gli stessi albanesi si propongono come vettori di flussi migratori da altri paesi (Kosovo, nord Africa, Cina, eccetera) perché i porti utilizzati sono sempre gli stessi, Scutari, Valona, Durazzo! Non potete risponderci che sono state attivate iniziative che hanno portato al sequestro di 592 gommoni e 49 motoscafi e al fermo di 5 mila clandestini perché il flusso è maggiore: se ne fermate 5 mila, ne arrivano 25 mila! Quando si mettono in campo misure volte ad ostacolare queste forme di criminalità bisogna agire con forza, determinazione e coraggio, oltre che con volontà politica. Ecco il punto, manca la volontà politica. Si pensa di mettersi a posto con la propria coscienza, si ritiene di far bella figura, si ritiene di attingere e spendere una parte del denaro pubblico a favore di questa o di quella iniziativa e così si regalano 24 gipponi, qualche blindato e un po' di armi. Si pensa così di aver risolto una situazione drammatica ma non ci si pone il problema del futuro.
Il ministro Bianco sa benissimo - se non fosse così sarebbe di una gravità incredibile - che il ruolo criminale del cartello della droga degli albanesi ormai è destinato a sostituire in tutto l'occidente il cartello colombiano (mi riferisco ad accordo che sono intervenuti).
Pensate, dunque, con queste «misurette» di risolvere i problemi dell'Albania, che sono gravi e drammatici e non hanno riflessi solo sul nostro paese, ma su tutto l'occidente e sul bacino del Mediterraneo?
Signor Presidente, è necessario intervenire quanto prima ed è inaccettabile che l'Italia continui ad essere - su tutto il territorio nazionale - un punto di arrivo, di organizzazione o riorganizzazione della criminalità albanese. Colleghi del Governo, i Governi albanesi non hanno mai assunto impegni concreti, né hanno mai posto in essere azioni adeguate e sufficienti per sconfiggere la criminalità organizzata.
Dovete, dunque, fornire risposta alle seguenti domande: cosa intende fare il Governo albanese? Quali sono le risposte agli interventi italiani? Cosa ha prodotto e cosa conta di produrre l'intervento italiano? Qual è lo stato dell'arte? Non è sufficiente venire qui a dare un resoconto sterile delle attività messe in campo, ma è necessario che ci diciate cosa si farà già oggi e cosa si sta facendo per domani. Soprattutto, è importante sapere quale sia il ruolo del Governo albanese: questa informazione manca totalmente nelle riflessioni che il Governo ha oggi svolto e posto alla nostra attenzione.
Ritengo che una riflessione generale ed un bilancio serio sugli aiuti in Albania non possano essere elusi. Signori del Governo, per gli aiuti di cui è beneficiario il popolo albanese, il reddito pro capite di quel paese è uno dei primi in quell'area: si sono create, quindi, condizioni di benessere interno che non dovrebbero affatto giustificare (ammesso e non concesso che la povertà sia una giustificazione) azioni criminali e criminose. Invece, nonostante il torrente di denaro verso quel paese e nonostante vi sia un reddito pro capite migliore che in tanti altri paesi confinanti, nonostante l'impegno delle nazioni europee (in primo luogo dell'Italia), l'Albania è la culla della criminalità organizzata in tutti i campi.
Un atteggiamento serio non consiste nel mettere la testa sotto la sabbia, né nel venirci a dire che tutto va bene e sbandierare il fogliettino dei risultai conseguiti. Un atteggiamento serio consiste nel parlare della criticità della situazione albanese e affrontare con coraggio situazioni che sembrano irrisolvibili; la volontà politica deve emergere anche dagli incontri bilaterali che debbono produrre serie forme di cooperazione, di aiuto e crescita democratica; diversamente, il quadro in


Pag. 15

Albania non potrà che peggiorare. La situazione non consente di immaginare scenari rosei, né di sperare in una inversione di tendenza. Signori del Governo, la sottovalutazione che state facendo del problema è drammatica per il paese e per tutti noi.

PRESIDENTE. Onorevole Morselli, la prego di concludere.

STEFANO MORSELLI. Concludo, sperando che la discussione possa partorire qualcosa di positivo, ma la nostra idea è che il Governo abbia perso un'ulteriore occasione per una riflessione generale e per fare un serio bilancio: continuando a sottostimare il dramma che sta avvenendo in Albania, nonché sulle nostre coste e sul territorio nazionale, non potremo che avere un incancrenimento della situazione, che sarà sempre più grave e pericolosa (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza nazionale e della Lega nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Menia. Ne ha facoltà.

ROBERTO MENIA. Signor Presidente, questo intervento è collegato non solo all'illustrazione del complesso dei copiosi emendamenti che abbiamo inteso presentare, ma anche ad una serie di valutazioni di ordine più generale che è necessario svolgere nel momento in cui discutiamo su una delle tante riedizioni di quei decreti-legge che sono destinati a finanziare la collaborazione tra la polizia italiana e quella albanese. Tali provvedimenti fanno seguito ad una serie di interventi riferiti non soltanto all'attività di polizia, ma anche alle missioni umanitarie, alla collaborazione sotto altri e diversissimi profili, come fu, per esempio, la collaborazione che portò alla missione «Arcobaleno» (che non poteva avere nome più azzeccato, perché se ne videro e se ne fecero veramente di tutti i colori), la quale doveva essere il fiore all'occhiello, come disse Barberi, di una delle grandi operazioni di politica estera dell'Italia che si proiettava sull'altra sponda dell'Adriatico. Essa fu invece - ed è ancora - una delle vicende più barbare che hanno coinvolto l'operato italiano dentro e fuori i nostri confini.
Vi è sicuramente una considerazione di ordine generale da svolgere: nel momento in cui ci si affaccia verso l'Albania, non si può non tener conto di quale sia lo stato dell'Albania di oggi. Verso quel paese il popolo italiano notoriamente ha sentimenti di amicizia, che sono passati attraverso i secoli, ma l'Albania di oggi non è certo l'Albania dell'elmo di Skanderberg, non corrisponde certo al mito del paese delle aquile: l'Albania di oggi è un paese devastato, prima di tutto, da cinquant'anni di comunismo, un regime che in Albania fu così drammatico e cattivo da ridurre al nulla le libertà. La Chiesa tornò alle catacombe, ma non solo, l'oppressione e l'annichilimento dell'essere umano, la miseria ed il non poter pensare portarono a quell'annullamento che si legge oggi in quelle situazioni che fanno paura per la loro barbarie: il traffico di schiavi che passa attraverso le coste dell'Albania, quelle scene ributtanti e barbare che abbiamo visto, di bambini buttati a mare dalle zattere, oppure le cose inquietanti che sono state raccontate, per esempio, dalle ragazze costrette a prostituirsi dalla mafie albanesi e che venivano obbligate a mangiare gli escrementi se non portavano giorno dopo giorno quello che richiedeva il capobanda.
Ebbene, l'Albania di oggi è questa. Allora, non so se faccia sorridere o piangere il ministro Bianco - che ora si è allontanato - quando ci viene a dire che una grande operazione condotta con il supporto dell'Italia è quella dell'emanazione del nuovo codice della strada: come se la questione dell'Albania fosse quella dei divieti di sosta! Debbo allora ricordare allo stesso ministro, solo per quanto riguarda il codice della strada, che il 90 per cento delle autovetture circolanti oggi in Albania è di provenienza furtiva. Mi risulta - penso non sia un mistero quanto sto per dire - che i famosi 24 Pajero donati dall'Italia alla polizia albanese, vale


Pag. 16

a dire i gipponi con i quali la polizia albanese avrebbe dovuto fare attività di prevenzione, sono utilizzati dai capo clan albanesi, perché sono stati rubati o addirittura loro donati dalla polizia albanese.
Dico ciò perché il livello di corruzione e di imbarbarimento della vita pubblica in Albania ha portato anche alla collusione degli alti vertici della polizia albanese con la criminalità organizzata: non è un mistero. Mi limito a leggere alcune notizie apprese in varie audizioni parlamentari. Il prefetto Sotgiu, ad esempio, ha riferito che una missione svolta dall'ONU in Albania, in merito alla sola vicenda degli stupefacenti, ha rilevato che 34 dei 36 distretti albanesi hanno coltivazioni di canapa di notevole entità. Egli racconta che, percorrendo la strada che collega Durazzo con Tirana, tanto sul lato destro, quanto su quello sinistro, ha potuto notare la presenza di ampie coltivazioni di droga. Queste cose ci sono ancora: quindi, non si tratta solo di una questione che riguarda il codice della strada.
Abbiamo potuto apprendere dal rapporto dell'attività svolta dalla direzione investigativa antimafia, nel capitolo che riguarda l'Albania, notizie sconcertanti che fanno pensare e, in quanto parlamentari, abbiamo il dovere di riferire ai cittadini italiani, specialmente se discutiamo la possibilità di investire ulteriori 21 miliardi in favore della collaborazione con la polizia albanese. Dobbiamo tenere conto che i risultati finora ottenuti sono stati quelli di avere intercettato 5 mila clandestini, vale a dire qualche decina di gommoni. Ci fa piacere, ma ricordo che i ministri dell'interno che si sono succeduti ci hanno spiegato che da queste operazioni il fenomeno avrebbe dovuto essere bloccato in nuce. Ci è stato altresì spiegato come dall'isola di Saseno saremmo stati in grado di verificare la partenza anche del più piccolo gommone. Vorrei allora capire come mai, pur avendo intercettato 5 mila clandestini, continuino ad arrivare centinaia di gommoni e anche carrette del mare, vale a dire navi belle grosse, che continuano a partire dalle coste albanesi con la complicità del Governo e della polizia albanese.
Com'è noto - lo scrive la DIA - oggi l'Albania rappresenta l'anello più importante della catena dell'immigrazione clandestina mondiale: infatti, non arrivano solo i profughi albanesi o del Kosovo, ma anche i filippini e i clandestini di tutto il mondo. Lo ripeto, come afferma il rapporto della DIA che ho citato, l'anello più importante della catena dell'immigrazione clandestina è proprio l'Albania.
«In particolare» afferma il rapporto della DIA «sono state analizzate le attività criminali cui sono più frequentemente dedite le consorterie criminose albanesi: l'immigrazione clandestina, il traffico di stupefacenti e di armi, il riciclaggio. Specifica attenzione è stata prestata agli illeciti che più degli altri destano preoccupazione: la tratta e lo sfruttamento di esseri umani, sia per quanto riguarda i minori sia per quanto riguarda le donne». È stato osservato che «i canali dell'immigrazione clandestina, che già da soli garantiscono enormi guadagni, hanno costituito il passe-partout per aprire le porte ad altri affari illeciti: dall'introduzione del mondo del lavoro nero allo sfruttamento della prostituzione dei minori, per finire al traffico di stupefacenti ed armi». È stato rilevato, inoltre, che, «dopo aver fatto giungere in Italia i clandestini, la catena illecita di sfruttamento non si ferma: quando possibile, o forzatamente o artatamente, i clandestini sono indotti al lavoro nero o costretti, quando bambini o donne, all'accattonaggio oppure sfruttati sessualmente da sodalizi oppure inviati in altri paesi».
Anche a tale riguardo vi è da dire qualcosa! I nostri paesi partner europei si indignano perché l'Italia è il «ventre molle» dell'Europa e notoriamente i clandestini passano dall'Albania all'Italia per finire in tutta l'Europa; notiamo una debolezza in più dell'Italia in Europa, nonostante Prodi o, direi, proprio grazie a Prodi. È inutile indignarsi perché l'Italia è il «ventre molle» dell'Europa in questo senso; occorre invece chiederci: nei confronti


Pag. 17

dell'Albania cosa fa l'Europa e, in particolare, cosa fa l'Italia? L'Italia continua a donare miliardi perché poi qualcuno li «mangi» attraverso la missione Arcobaleno o perché i generi di supporto che abbiamo inviato in quel paese vengano venduti nei negozi ad un prezzo triplo o addirittura decuplicato, attraverso il mercato nero, consentendo alle stesse forze di polizia albanese di avere un ricavo.
Bisogna smetterla, da una parte, con il bluff di un'Italia forte in Europa che può abbandonare l'Italia dinanzi a questo problema che sicuramente è enorme ma che non si risolve con investimenti di miliardi che vanno invece a finire nelle casse della malavita albanese, che, come dicevo, è largamente collusa quando non fa addirittura parte delle stesse strutture governative e della polizia albanese, e dall'altra con il bluff cui ci ha abituato il ministro Bianco che è un maestro del bluff. Basta vedere come la sua città di origine, Catania, sia stata governata e amministrata da colui che oggi è ministro dell'interno. Ed è stato infatti mandato a casa dai cittadini di Catania, che prima lo avevano eletto come sindaco e che oggi ce lo hanno «regalato» come ministro dell'interno.
Il Governo latita in questa come in altre occasioni. Non posso non ricordare ancora ciò che scrive la direzione investigativa antimafia e che le organizzazioni criminali albanesi con il passare del tempo non hanno abbandonato ma reso meno forte all'interno del loro budget i proventi derivanti dallo sfruttamento della prostituzione, che è addirittura divenuta attività marginale rispetto ad altre attività sicuramente più redditizie, come, ad esempio, il traffico di armi e di stupefacenti. Mi riferisco non soltanto alla marijuana prodotta in patria, che, come faceva notare un prefetto italiano, circolava attraverso un semplice giro della costa (e chi ha avuto l'onore, l'avventura o, se preferite, l'onere, di recarsi in Albania ha potuto constatarlo de visu, con semplicità e tranquillità), ma anche all'eroina turca, generalmente di provenienza orientale, e infine alla cocaina sudamericana. Sono queste le attività gestite dalla criminalità organizzata albanese che è, lo ripeto, connivente con la polizia albanese.
L'analisi fatta dalla DIA italiana fa emergere la constatazione che, da una parte, il traffico di droga si fa sempre più ingente e, dall'altra, diminuiscono le mete di destinazione. Ciò fa presumere un innalzamento del livello qualitativo dei delinquenti albanesi che da originari semplici spacciatori sono diventati trafficanti di medio, alto o altissimo livello. Se la DIA scrive questo, vorrei allora capire come lo stesso ministro dell'interno abbia potuto dire poco fa che tutto va bene ... madama la marchesa, venendo a sostenere dinanzi al Parlamento che la situazione di legalità è stata ripristinata. Ripeto, ci ha informato sulle modifiche introdotte al codice della strada albanese! Signori, ma questa non è una banale questione di divieto di sosta o che qualcuno passi con il rosso! A passare con il rosso talvolta ci scappa il morto, ma in questo caso di morti ce ne sono scappati troppi. C'è scappato il morto, lo sfruttamento della prostituzione, il traffico di schiavi e schiave, il traffico di esseri umani, che è la cosa più indecente. Ebbene, di fronte a questo e di fronte alla vergogna della latitanza delle autorità albanesi e della collusione, della connivenza delle autorità albanesi con questo genere di criminalità, è indecente che l'Italia continui a finanziare questi signori. Ecco perché i nostri emendamenti servono a ridurre la quantità degli investimenti che l'Italia, sbagliando, intende fare in Albania. Nei confronti dell'Albania ci vuole una politica di più ampio respiro in cui, da una parte, non possiamo essere lasciati soli di fronte all'Europa...

PRESIDENTE. Onorevole Menia, dovrebbe concludere.

ROBERTO MENIA. ... ma, dall'altra parte, dovremmo rispondere con la dignità di uno Stato che vuole affermarsi per davvero e non farsi prendere per i


Pag. 18

fondelli dai criminali e dagli amici dei criminali!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Calzavara. Ne ha facoltà.

FABIO CALZAVARA. Il ministro Bianco ci ha fatto una breve descrizione degli interventi del Governo in Albania. Non ci ho visto granché di importante, se non un'arida elencazione di fatti. Tuttavia, egli ha ammesso che la mafia albanese è profondamente radicata nel nostro paese, come risulta dai rapporti dei servizi segreti della DIA. Proprio su questo si incentra il lavoro della Casa delle libertà nell'opposizione a questo provvedimento. L'affermazione del ministro mostra, infatti, le colpe di questo Governo nei confronti di questo insediamento perché la sua informativa e le sue politiche sono state, sin dall'inizio, di abbraccio totale tutti gli immigrati e di tutti gli albanesi, senza nessuna discriminazione. Non sto criticando l'aspetto di aiuto, necessario, obbligatorio e indispensabile, ma i crismi con cui si affrontano le possibili connivenze e possibili sfruttamenti.
Voglio ripetere anche in questa sede che lo sfruttamento dei bambini è tragico; la televisione manovrata dalla maggioranza ha fatto vedere bimbi piangenti che, però, non erano figli di quelle mamme: erano lì solo per essere venduti o per trovare una scusa alla giovane mamma per prostituirsi o per portare la droga ai finti papà. Su tutto ciò non è stato fatto un controllo serio e siamo arrivati ad una situazione insostenibile che i cittadini chiedono di risolvere. L'opposizione della Lega nord ha sempre indicato, fin dall'inizio, la mancanza di serietà e di severità nei controlli e la mancanza di buon senso nei confronti di un progetto che io definirei criminale.
Come si possono non comprendere le connivenze o le complicità con il mondo della malavita, della prostituzione e, soprattutto, della diffusione della droga? Il prefetto Sorge ha denunciato pubblicamente - in primis alla Commissione esteri - che, da quando l'Italia ha preso in mano la situazione albanese, nelle 32 o 34 province di cui è composta l'Albania, si è diffusa la coltivazione del cannabis e di quant'altro. Sappiamo benissimo, purtroppo, che questa mancanza di severità, di controllo e di peso politico che l'Italia avrebbe dovuto avere, non ha portato a nulla, se non a far sì che l'Albania sia il motore principale della produzione e, soprattutto, del transito delle droghe dall'Oriente, dal sud e dal Medio Oriente; anche se gran parte di questi traffici illeciti si è trasferita nel Kosovo albanese, è cambiata ben poco la situazione di instabilità dovuta non solo alla malavita, ma anche al Governo che - come sappiamo - è di sinistra. Nei confronti del Governo albanese, è stata assunta una posizione di supporto ed è stata manifestata una certa simpatia che avrebbe dovuto cessare due anni e mezzo fa. Si continua, invece, in questa filosofia incredibilmente improvvida e si approvano per l'ennesima volta provvedimenti di questo genere, anziché relazionare su provvedimenti relativi al controllo del fenomeno e delle deviazioni malavitose.
Purtroppo, questo è l'ennesimo provvedimento che incide sulle spese dello Stato; non è l'unico, ve ne sono stati parecchi, molti dei quali in favore dell'Albania. Tali finanziamenti diretti in favore di questo paese si aggiungono ad ulteriori spese quali, per esempio, i contributi che paghiamo all'Unione europea, che poi finanzia l'Albania.
Dobbiamo anche ricordare che sono stati conclusi accordi di ristrutturazione del debito estero albanese nei confronti dell'Italia; ultimamente, sono stati approvati due provvedimenti, per un importo complessivo di quasi 4 milioni di dollari. Essi si aggiungono ad altri undici provvedimenti di ristrutturazione del debito albanese, per un valore di diverse decine di miliardi di lire. Queste misure non vengono conteggiate a dovere, come sarebbe giusto.
Di spesa in spesa, tenendo conto anche degli apporti dell'Europa, dei paesi singoli dell'Unione europea e di tutto il mondo in favore dell'Albania, l'anno scorso, nel


Pag. 19

1999, ma anche nel 2000, il popolo albanese è risultato il più ricco del mondo. Se, infatti, dividiamo il complesso degli aiuti per i 3 milioni e mezzo (o poco più) di albanesi, ne risulta che essi hanno il reddito pro capite più alto al mondo.
Cosa abbiamo ottenuto in cambio di questi sforzi enormi, importanti, per certi versi anche dovuti o doverosi? Sono semplicemente aumentati i problemi legati alla criminalità, alle malversazioni, alle ruberie, che purtroppo hanno coinvolto anche alcuni funzionari italiani e le nostre forze politiche, come già è stato denunciato ripetutamente.
A questi oneri, che vanno direttamente in favore dell'Albania, dobbiamo aggiungere - è giusto ripeterlo affinché ciò sia conosciuto - i provvedimenti relativi al personale della difesa e dell'interno in missione per operazioni di pace; il provvedimento in esame, che consta di un articolo unico, mira proprio a finanziare queste spese.
Tra l'altro, occorre aggiungere anche le spese concernenti il pattugliamento delle coste per fronteggiare l'immigrazione clandestina; si tratta di una spesa notevolissima che nessuno conteggia a favore dell'Albania, ma nelle spese generali dello Stato; purtroppo, essa ha evidenziato l'insufficienza, la cattiva programmazione, ma soprattutto la cattiva volontà politica, e ciò non tanto per lo sforzo encomiabile e generoso delle forze di polizia, della marina, della Guardia di finanza, dei carabinieri e della Polizia di Stato, che si sono trovati con mezzi assolutamente inadeguati ad affrontare un'emergenza che ormai non è più tale perché continua da due anni e mezzo.
Continua anche la cattiva volontà del Governo nel non voler considerare che l'obiettivo dell'immigrazione e dei traffici illeciti non è tanto la Puglia, ma sono soprattutto le frontiere del nord-est, del Friuli-Venezia Giulia, che continuano ad essere sguarnite perché non le si vuole dotare di mezzi e uomini idonei a fronteggiare le centinaia di immigrati clandestini che ogni giorno aggravano il problema della Padania. Tra l'altro, bisogna aggiungere che le statistiche riportare dai servizi di sicurezza ci hanno fornito informazioni abbastanza dettagliate. Esse ci dicono che il 90 per cento degli immigrati clandestini sbarcati in Puglia se ne vanno quasi tutti nelle regioni del nord; qualcuno, magari, si fermerà lungo la strada.
È grave sottolineare che, la prostituzione femminile, maschile - e purtroppo inizia anche quella infantile - proveniente dall'Albania risulta essere «massicciamente» maggioritaria: riguarda circa il 75 per cento di chi pratica la prostituzione, considerando gli immigrati che vengono in Italia da tutti gli Stati del mondo! Sottolineo che l'Albania è uno Stato che ha 3 milioni e mezzo di cittadini, con un numero di abitanti molto inferiore quindi al Veneto o all'Emilia Romagna! Eppure, questi «guasti» ci vengono propinati ancora come un'emergenza; un'emergenza che è insopportabile e che esigerebbe un momento di riflessione: la nostra opposizione, assieme alla Casa delle libertà, offre al Governo un momento di riflessione, nonché l'opportunità, il momento e - se vogliamo - la scusa politica per porre delle alternative al Governo albanese, che vediamo così inadempiente! Peraltro non è solo inadempiente, ma abbiamo anche constatato che ormai sono già due o tre i ministri albanesi che si fanno «beccare» a bordo di automobili di grossa cilindrata che sono state rubate! Oltre a questi, vi sono molti altri episodi che man mano elencheremo e denunceremo da questi banchi; ci auguriamo che faranno altrettanto anche l'opinione pubblica e qualche parlamentare della maggioranza, magari più sensibile all'esigenza di avere una posizione più equilibrata e più severa, oppure anche più opportunistica, visto che questo sarà uno dei «capi d'imputazione» maggiori della vostra sconfitta alle prossime elezioni politiche.

LUIGI OLIVIERI. Ma va là!

FABIO CALZAVARA. Ma che «ma va là»! A meno che voi non vi pentiate all'ultimo momento, riuscendo ad attivare quelle leggi che sono necessarie e che mettono su due piani diversi i cittadini...


Pag. 20

VITO LECCESE. Calzavara, non rispondere alle provocazioni!

FABIO CALZAVARA. Per favore, Leccese, smettila di interrompermi continuamente!
Facevo riferimento a delle leggi che mettano su due piani differenti i cittadini italiani onesti, i cittadini che vogliono tranquillità e che desiderano pure aiutare il prossimo, senza soccombere però a questa malavita! Questo lo potete fare non solo aiutando con mezzi e uomini le forze di polizia, ma anche e soprattutto attraverso l'adozione di leggi che diano la possibilità alla magistratura di intervenire. Credo infatti che i provvedimenti promessi - con i quali si vorrebbe aumentare i denari e le forze di polizia - siano soltanto inutili e aleatori, senza un aiuto alla magistratura attraverso delle leggi che la mettano in grado di intervenire, di punire i colpevoli e di cacciare chi delinque e chi non viene a lavorare con sentimenti di rispetto delle nostre leggi. Questa, purtroppo, è la sostanza della nostra opposizione a questi provvedimenti, rispetto ai quali vorrei ricordare che il ministro Bianco ha candidamente affermato che 17 mila clandestini sono stati fermati, senza dirci né quanti siano stati espulsi, né dopo quanto tempo siano stati espulsi quei pochi che effettivamente sono stati espulsi (pochi o tanti che siano, noi sappiamo che la maggioranza di essi non è stata espulsa) né da quanto tempo quei 17 mila clandestini fermati siano in Italia. Siamo convinti, infatti, che la maggior parte di essi sia ancora nel nostro territorio.
Il ministro ci ha detto inoltre che sono stati arrestati tre scafisti. Non ci ha detto però - questa è una brutta figura del ministro dell'interno e dell'intero Governo - quanti di questi clandestini siano ancora in prigione. Questo è un dato importante per poter esprimere un giudizio e per poter giudicare effettivamente i provvedimenti e la volontà del Governo. Questi dati non ci sono stati forniti e questa è purtroppo un'ulteriore dimostrazione di quanto ho detto fino a poco fa.
È da dire inoltre ...

PRESIDENTE. Onorevole Calzavara, la pregherei di concludere.

FABIO CALZAVARA. ... ho già finito il mio tempo? Quanto tempo ho ancora?

PRESIDENTE. Quarantanove secondi.

FABIO CALZAVARA. È troppo poco per elencare tutto quello che c'è da dire, ma comunque ci riserviamo di farlo nel prosieguo.
Vorrei solo concludere quanto avevo iniziato, dicendo che dobbiamo calcolare, al fine di una determinazione delle spese in favore dell'Albania, anche l'allestimento e il funzionamento dei campi di accoglienza, che sappiamo essere onerosi e importanti, e la sostituzione di materiale danneggiato nei centri di accoglienza (anche questo dimostra una impreparazione degli organismi preposti).

PRESIDENTE. Onorevole Calzavara, la pregherei di chiudere. Poiché vi sono trenta deputati del suo gruppo, che devono parlare, può fare illustrare i suoi argomenti da loro.

FABIO CALZAVARA. Concludo allora con l'ultimo punto di questa serie che è un costo che non viene conteggiato né propagandato a sufficienza: vi è un grande costo anche per il rimpatrio dei profughi albanesi immigrati clandestinamente in Italia (Applausi dei deputati del gruppo della Lega nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Marengo. Ne ha facoltà.

LUCIO MARENGO. Signor Presidente, quando è apparso nell'ordine del giorno di ieri il disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge 28 agosto 2000, n. 239 recante ulteriori finanziamenti per l'Albania, mi sono chiesto come mai nessuno fosse mai venuto in aula a rendere


Pag. 21

conto di quello che complessivamente lo Stato italiano ha speso e sta spendendo per l'Albania (migliaia di miliardi!).
Per la polizia albanese, invece, siamo al terzo o al quarto provvedimento e, giusto per far capire la quantità di denaro, parlerei di 22 mila milioni, piuttosto che di 22 miliardi. È la stessa cosa, ma così facciamo capire agli italiani quanto denaro viene dedicato al tentativo inutile di far adeguare il comportamento della polizia albanese ai dettami del convivere di due paesi dirimpettai.
Oggi, il ministro dell'interno, che è in carica da poco più di un anno, ci ha letto un proclama di quello che - secondo lui - sarebbe avvenuto o avviene in Albania.
Vorrei sapere dal ministro, o dal sottosegretario Brutti, cortesemente, se hanno mai provato a chiedere a qualche azienda italiana che opera in Albania qual è il sistema che adottano per difendersi dalla delinquenza e se non è vero che ricorrono al famoso «pizzo», cioè che si avvalgono della criminalità locale per difendere le proprie attività.
Allora, signor sottosegretario, non voglio fare demagogia, ma questo provvedimento capita proprio in un momento drammatico per questo paese, cioè nel momento in cui si chiede agli italiani di far ricorso alle proprie tasche e di inviare denaro su conti correnti che anche stamattina la televisione pubblicizzava per aiutare le popolazioni del nord Italia. Invece, noi regaliamo altri 22 mila milioni al popolo albanese perché metta a posto le sue cose e perché finalmente imponga alla propria polizia di agire nella legalità.
Questo è il quarto decreto di finanziamento. Mi chiedo allora cosa sia accaduto. Il primo risale al 1997, signor sottosegretario, e la guerra del Golfo e la successiva missione «Arcobaleno» sono posteriori ai primi finanziamenti. La televisione ci riporta le scene dei saccheggi dei campi avvenuti sotto lo sguardo indifferente della polizia albanese. La polizia albanese nei porti finge di non vedere la presenza di scafi blu finanziati da multinazionali che operano nel contrabbando.
Portiamo denaro, tecnologia, solidarietà in Albania e la sua polizia consente che il contrabbando verso il nostro paese proliferi! Contrabbando, droga, prostituzione, armi, manodopera per la criminalità: questi sono i dati che non vengono considerati nella loro entità reale.
Da quale fonte, allora, il ministro Bianco ha raccolto le sue notizie? Sarebbe interessante capirlo: forse si è rivolto alla polizia albanese! Questa è peraltro la consuetudine seguita dai ministri, quando ricevono interrogazioni o richieste di chiarimenti: chiedono le risposte alle fonti interessate. Pretendevate allora, forse, che la polizia albanese dicesse il contrario? È chiaro che, con quello che ci ha raccontato, il ministro ci ha voluto dimostrare che la polizia albanese è moderna, efficiente, che al suo interno l'illegalità è stata repressa; invece, ogni giorno, continuano gli sbarchi nel nostro paese, soprattutto nella nostra terra di Puglia, colpita, martoriata dall'arrivo quotidiano di contrabbandieri che trasportano povera gente che paga molto denaro con il miraggio di trovare un posto di lavoro in Italia oppure, una volta attraversato il nostro paese, negli altri paesi europei.
Cosa fa il Governo albanese? Niente: il nostro Governo, dunque, non può continuare a fare regali e a mandare i nostri ragazzi «con le scope» a combattere la criminalità! Avete dimenticato i nostri giovani finanzieri, pagati con stipendi da fame, che combattono una criminalità arrogante, attrezzata ed armata fino ai denti. Intanto, i nostri mezzi navali passeggiano, navigano serenamente nelle acque dell'Adriatico e non riescono ad agire, o almeno colpiscono uno mentre altri cento passano liberamente. Quotidianamente, la stampa riferisce della scoperta di contrabbando di sigarette e di droga: ogni giorno, giungono tonnellate di droga nel nostro paese! Allora, signor sottosegretario, comprendo la difesa d'ufficio, direi anche giusta dal vostro punto di vista, ma non obiettiva: bisognerebbe andare in Albania a vedere come stanno le cose! Io ci sono andato, signor sottosegretario,


Pag. 22

e prima di scendere a terra il comandante del catamarano ha dovuto regalare dieci stecche di sigarette agli agenti della dogana, altrimenti non si scendeva! Questo è il biglietto da visita! E nel porto di Bar sono ormeggiati motoscafi blu a decine! Come si fa, allora, a finanziare ancora, a continuare questo stillicidio continuo...

VITO LECCESE. Ma Bar non è in Albania!

LUCIO MARENGO. Leccese, io ti capisco, quando andate in Albania andate a divertirvi, non a vedere le cose che interessano: vediamole seriamente le cose, chiediamo alle nostre aziende!
Signor sottosegretario, giusto per fare un ulteriore regalo, il Ministero delle finanze provvede a che il catasto italiano, attraverso ditte subappaltatrici della Sogei, venga curato in Albania, perché la manodopera costa molto poco, ma a danno dell'occupazione italiana. Il Governo deve dare un motivo valido perché si possa essere d'accordo su questo tipo di finanziamento; noi riteniamo che sia tempo di dire basta: o il Governo albanese dà segni tangibili di inversione di tendenza, oppure il nostro paese deve agire seriamente e drasticamente, chiarendo che non vuole più essere preso in giro. Sicuramente, questi miliardi servono soprattutto a pagare gli stipendi dei funzionari di polizia mandati ad istruire gente che non vuole (non che non possa) imparare, perché da loro l'illegalità è un modo di vivere. Ricordiamo un episodio, che può sembrare di secondaria importanza, caro Leccese, che fai il moralista.
Quando abbiamo istituito i campi di accoglienza in Albania, a Kukes è stato pagato persino l'affitto del suolo (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale). Noi portavamo solidarietà, miliardi a palate e ci hanno fatto pagare persino l'affitto del suolo. È una vergogna! Questa è la verità! Cosa andiamo a fare in Albania? Pensiamo alle nostre vicende, alla nostra gente, alle popolazioni del nord in questo momento particolare! Diamo i 21 miliardi a coloro che ne hanno più bisogno ed evitiamo lo sperpero in Albania!
Non siamo affatto contenti dei risultati; non sono quelli che il ministro ci ha declamato in questa sede. Vogliamo la verità, vogliamo sapere che fine hanno fatto le migliaia di miliardi spesi anche per interventi di pace del nostro esercito; vogliamo un rendiconto puntuale e preciso.
Infine, signor sottosegretario, desidererei che si interessasse di come vengono rilasciati i visti di uscita dalla nostra ambasciata. Si interessi della questione perché non se ne dice un gran bene. Mi auguro che siano chiacchiere, ma sarebbe necessario vigilare e capire perché nascano difficoltà che non esistono. Vorrei aggiungere altro, ma è meglio che non lo faccia perché si tratta di fatti non documentati; comunque è necessario controllare e semplificare la legittimità del rilascio dei visti di uscita affinché non si verifichino situazioni inopportune, quali pagamenti in danaro o in natura. Penso ai viaggi della speranza quotidiani con mezzi navali in disarmo utilizzati per l'occasione, per trasportare nel nostro paese tanta povera gente. È vero, si tratta di povera gente, ma quale peccato ha commesso la Puglia, che deve subire quotidianamente questo assalto?
Quanto ci sta costando questo fenomeno, quanto costa al nostro paese, alle nostre casse, al punto tale da non avere soldi da utilizzare per aspetti molto più importanti anche per il nostro paese? Il nostro «no» deve essere motivato perché non ci sono i presupposti per dire «sì». Ci dovete dimostrare con dati alla mano che gli aiuti devono essere dati al fine di civilizzare un popolo fatto anche di brave persone. Tuttavia, al Governo e nelle istituzioni non vi è garanzia di legalità. Siccome ciò non può essere condiviso da noi, il nostro voto dovrà essere contrario, ma soprattutto avere lo scopo di controllare la situazione: pretendiamo una rendicontazione precisa su tutte le centinaia, migliaia di miliardi che il nostro Governo


Pag. 23

ha speso inutilmente per il popolo albanese (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Rivolta. Ne ha facoltà.

DARIO RIVOLTA. Signor Presidente, quanti minuti ho a disposizione?

PRESIDENTE. Quindici minuti, come prescrive il regolamento.

DARIO RIVOLTA. Signor Presidente, prima che iniziasse il dibattito, il collega Calzavara ha fatto un intervento in cui ha avanzato una richiesta che ritengo più che giusta: che a questo dibattito fosse presente anche un rappresentante del Ministero degli esteri. Infatti, ciò di cui discutiamo oggi non è solo il provvedimento che stanzia 21 miliardi per l'addestramento della polizia albanese, ma il carattere più generale del nostro intervento in Albania, all'interno di un quadro di relazioni di politica estera che vedono l'Albania come uno degli elementi principali dell'azione dell'Italia sullo scacchiere dei Balcani e del Mediterraneo. È per questo che sarebbe stato opportuno che fosse presente anche un rappresentante del Ministero degli esteri.
Tengo a sottolineare immediatamente che sono tra coloro - credo siano i più - che considerano una scelta strategica indispensabile che vi siano intensi rapporti di politica estera tra l'Italia e l'Albania. L'Albania da lungo tempo, per posizione geostrategica, per prossimità e per la sua posizione chiave all'interno dei Balcani, rappresenta un punto di necessaria attenzione. È quindi giusto che, qualunque sia il Governo e la maggioranza che lo sostiene in Italia, si cerchi di far sì che in Albania e con l'Albania l'Italia possa tutelare i propri interessi immediati e geostrategici.
Se volessimo semplificare, potremmo dire che vi sono almeno tre motivi che spingono l'Italia a guardare con particolare attenzione all'Albania. La prima ragione è legata alla sicurezza - usando il termine in senso lato -, perché la vicinanza tra l'Italia e l'Albania e il piccolo specchio di mare che separa la Puglia dalle coste albanesi hanno fatto sì che proprio dall'Albania arrivasse il maggior numero di profughi via mare che cercavano e cercano di entrare illegalmente nel nostro paese. Anche per questo motivo è necessario che si gestiscano rapporti fruttuosi con il Governo albanese.
Un altro motivo che rientra nel concetto generale di sicurezza riguarda la delinquenza: per lo stesso motivo legato alla vicinanza a noi, la delinquenza di tanti paesi, ma in modo particolare quella albanese, può trovare comodo fare sponda su quella costa del mare Adriatico e da lì puntare verso l'Italia o gestire rapporti continuativi con l'Italia.
Una terza motivazione che rientra nel quadro della sicurezza è la necessità di tutelare le imprese italiane che, quando l'Albania si aprì politicamente, andarono numerosissime in quel paese per cercare di farvi nascere un'economia sulla quale fare sponda per le proprie produzioni, che in parte continuavano a rimanere in Italia. Il basso costo del lavoro e la presumibile possibilità di avere un trattamento in un certo senso privilegiato, perché si portavano capitali e si impiantavano attività che allora lì erano assenti, spinsero qualche migliaio di italiani, rappresentanti di diverse imprese, a cercare di sviluppare in quel paese un'attività produttiva.
Guardando a questi tre piccoli argomenti che fanno capo alla voce che abbiamo definito genericamente «sicurezza», dobbiamo però constatare che fino ad oggi l'Italia non è riuscita a realizzare nessuno di tali obiettivi.
Come hanno sottolineato i colleghi che hanno parlato prima di me, il problema dell'immigrazione continua ad esistere. Se è vero che ogni tanto si riesce a respingere qualcuno, se è vero che qualche gommone è stato fermato, è anche vero - lo sappiamo, si tratta di cronache quotidiane - che la maggior parte di coloro che partono arrivano a destinazione sulle nostre coste, ed è anche vero che non si


Pag. 24

vedono segnali di intervento nei luoghi di partenza in Albania. Non si vedono segnali, nonostante i luoghi di partenza siano noti a tutti, agli italiani e agli albanesi, alle nostre ed alle loro forze di polizia, ai nostri ed ai loro servizi di informazione. Ma evidentemente sapere da dove arriveranno gli sbarchi, anche se quasi sempre si sa anche quando partiranno i gommoni, sembra non essere sufficiente, perché le autorità albanesi, circondate dall'aiuto che noi diamo loro, decidano di intervenire.
Abbiamo fallito il nostro intervento in Albania (il discorso per il Montenegro è diverso) contro la delinquenza perché questa si è organizzata e continua ad organizzarsi sempre più all'interno del territorio italiano. Tutti siamo consapevoli che grandi organizzazioni criminali (grandi per il giro d'affari che muovono all'interno del nostro territorio) sono composte e dirette da albanesi e che trattano traffico di uomini, di droga e di armi. Si occupano di varie attività - lasciamo pure spazio alla fantasia - ma, come viene ricordato dai procuratori ad ogni inaugurazione dell'anno giudiziario, dalle forze di polizia e dai giornali, la delinquenza albanese organizzata è tra le più importanti come giro d'affari in Italia. Questa delinquenza, oltre ad essere tra le più organizzate, è anche tra le più feroci: è quella che più facilmente ricorre all'uso delle armi anche a fini di assassinio, quella che brutalizza le persone ridotte in stato di schiavitù (alludo alle modalità con cui si avviano alla prostituzione donne minorenni e maggiorenni, albanesi e non).
Abbiamo fallito nel controllo della delinquenza albanese in Italia e purtroppo abbiamo fallito anche nella tutela delle imprese italiane in Albania. Se è vero che erano circa 2 mila le imprese italiane che con grandi speranze e capitali si trasferirono in Albania qualche anno fa, è anche vero che, a distanza di pochi anni e con tutti gli interventi che il Governo italiano ha adottato, a volte autorizzato dal Parlamento, a volte no, ci troviamo di fronte al risultato che le aziende rimaste in Albania sono meno di 200 e sono costrette a sopravvivere vessate da ricatti di ogni genere che vanno dalla violenza fisica alle estorsioni. Non solo, le nostre aziende, a dispetto di tutti gli sforzi che l'Italia ha fatto per aiutare l'Albania anche sotto il profilo della riorganizzazione civile, vengono costantemente penalizzate in quelle finte gare pubbliche che vengono organizzate in Albania. Lo ripeto, sotto il profilo della sicurezza dobbiamo registrare il totale fallimento. Sicuramente quei rapporti andavano allacciati ma avrebbero dovuto essere gestiti in modo migliore.
All'inizio del mio intervento ho fatto riferimento alla posizione geografica dell'Albania che, per il fatto che si affaccia sul canale d'Otranto e per la sua posizione nei Balcani, è utile a tutti coloro che guardano con attenzione alle situazioni che possono svilupparsi nell'area dei Balcani. Era naturale che in questa situazione si cercasse di esercitare con il consenso degli albanesi una certa influenza politica del nostro paese: siamo più grandi, siamo almeno per ora più ricchi, siamo vicini, parliamo una lingua che gli albanesi in gran parte hanno assimilato e riescono a parlare, sarebbe stato naturale che l'influenza politica italiana sull'Albania negli ultimi anni avesse potuto svilupparsi senza interferenze. Gli interventi economici avrebbero potuto giustificare questa presenza e in qualunque parte del mondo situazioni del genere avrebbero portato ad un rapporto di vicinanza politica che avrebbe consentito all'Italia - in questo caso in veste di fratello maggiore - di vedere l'Albania come un paese amico e fedele alleato sotto tanti punti di vista.
Purtroppo anche qui la nostra presenza ha fallito. Il Governo non è stato all'altezza, è stato incapace anche da questo punto di vista. È aumentata forse la sicurezza nei Balcani grazie al nostro intervento in Albania? Direi di no.
Abbiamo visto che il Governo di sinistra albanese è stato tra quelli che hanno spinto affinché scoppiasse la guerra nel Kosovo. In Albania vi sono state spinte notevolissime per aumentare lo sdegno nel


Pag. 25

mondo su episodi di pulizia etnica che in parte avvenivano realmente, ma che sono stati ingigantiti, enfatizzati e mistificati: spesso si sono raccontate falsità, come si è dimostrato recentemente sul numero delle presunte vittime di quel presunto genocidio prodotto dalla pulizia etnica serba nei confronti dei kosovari.
Nei Balcani non vi è stabilità e l'Albania soffia sul fuoco per ottenere l'indipendenza del Kosovo; parlo, in modo particolare, del Governo di sinistra albanese. Sappiamo tutti (o almeno coloro che hanno capacità di analisi sulla base delle informazioni sulla situazione politica balcanica) che se davvero si arrivasse a riconoscere de iure, oltre che di fatto, l'indipendenza del Kosovo, sarebbe solo l'inizio di una crisi nei Balcani, con un'immediata apertura della crisi in Macedonia.
In quel paese, infatti, gli autoctoni albanesi (una buona parte della popolazione macedone) si sentirebbero in diritto di avere prossimità maggiori nei confronti del Kosovo e dell'Albania stessa, nonché tutele maggiori di quelle che oggi hanno, causando di fatto la reazione delle altre comunità presenti in Macedonia. Dunque, non abbiamo contribuito, malgrado i nostri aiuti all'Albania, ad aumentare la stabilità nei Balcani. Abbiamo forse aumentato l'influenza italiana? No, non abbiamo ottenuto neanche quel risultato, anzi, il contrario.
Signor Presidente, non riesco a capire come sia possibile riversare così tante energie finanziarie e così tanti uomini in Albania, avere così tante, doverose e giuste attenzioni verso quel popolo per ottenere, come risultato, che gli enti pubblici albanesi trattino gli interlocutori italiani con arroganza e che le imprese italiane siano trattate, addirittura, con derisione. La voce della Grecia, in quel paese, è ascoltata con più attenzione della voce dell'Italia; la Turchia, in alcuni settori delle istituzioni pubbliche albanesi, ha un ruolo più importante di quello del nostro paese. Come è possibile? A cosa è servito tutto quel che abbiamo fatto? Perché lo abbiamo fatto, se questo è il risultato? Eravamo costretti a farlo, ma avremmo dovuto ottenere un altro risultato.
Quali conseguenze ne dobbiamo trarre? Visto che abbiamo mandato soldi e persone ed abbiamo compiuto i giusti e doverosi sforzi senza ottenere risultati, chi ha diretto le operazioni in tutti i settori, chi è responsabile politicamente delle operazioni, deve assumersi la responsabilità del fallimento e riconoscere di aver fallito. Il Governo deve riconoscere di aver fallito con l'Albania! Riconosca, magari, di non avere mandato le persone giuste; qualche sottosegretario riconosca di aver sbagliato! Umanamente saremo pronti a capire, ma politicamente trarremmo le dovute conseguenze: quel sottosegretario, allora, cambi dicastero o, addirittura, cambi mestiere.
Signor Presidente, tutto quel che è stato fatto per l'Albania è fallito. Quello al nostro esame è un provvedimento minore (si tratta di 21 miliardi), che dà seguito a quelli già approvati, che hanno dato luogo all'invio di molti altri miliardi. Comprendo che è necessario operare e certamente la Camera dei deputati lo approverà...

PRESIDENTE. Onorevole Rivolta, deve concludere.

DARIO RIVOLTA. Concludo, signor Presidente. La Camera dei deputati probabilmente autorizzerà il provvedimento, ma vorrei ricordare che, tra gli ordini del giorno accolti dal Governo ed approvati, ve ne era uno a mia prima firma che stabiliva che, qualora il Governo albanese non avesse collaborato a combattere la criminalità, si sarebbe dovuto interrompere il flusso di aiuti all'Albania. Ebbene, il Governo albanese non ha collaborato, ma il flusso è continuato e, dunque, il Governo ne deve rispondere (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Palmizio. Ne ha facoltà.


Pag. 26

ELIO MASSIMO PALMIZIO. Signor Presidente, colleghi, il quadro che ha presentato il ministro Bianco appare, da un lato, una mera elencazione degli interventi tecnici realizzati negli ultimi anni (quanti scafi sono stati sequestrati, quanti scafisti arrestati e quanti clandestini fermati); dall'altro lato, denota - ed è la cosa più grave - un incauto ottimismo ed una notevole mancanza di respiro politico. La realtà è assai diversa: la criminalità organizzata albanese è ormai dilagata in Italia e ha preso in mano la maggior parte degli affari illeciti nel nostro paese. La mafia albanese controlla ormai il traffico di droga, la prostituzione, il contrabbando, e si pone come il più grande vettore di immigrati clandestini di qualunque etnia.
La criminalità albanese in Italia è ovviamente in collegamento costante con la malavita albanese che opera al di là dell'Adriatico e sappiamo anche bene che i clan malavitosi albanesi sono in contatto con le forze politiche di entrambi gli schieramenti che là operano. Diciamo che, se l'Italia aiuta l'Albania, senz'altro non si nota un grande impegno delle autorità albanesi per stroncare la loro criminalità organizzata. Addirittura sembra che parte degli aiuti materiali là inviati vengano destinati ad altri usi rispetto a quelli a cui sarebbero diretti, se non utilizzati addirittura come regali per i capi clan malavitosi. Allora, ci si chiede a cosa serve bloccare uno scafo, se poi ne arrivano cento, o inviare dieci jeep, se poi finiscono nella mani dei delinquenti.
È questo secondo me il punto nodale: non si avverte, nell'operato del Governo, una strategia politica di ampio respiro e per questo chiedevamo oggi la presenza anche del ministro degli esteri, perché non si vede assolutamente una sinergia di azione tra il ministro dell'interno, il ministro degli esteri, il ministro della difesa e soprattutto il ministro del commercio con l'estero: non vanno dimenticate, infatti, le centinaia di aziende italiane che operano in Albania, che furono abbandonate durante quella sorta di rivoluzione interna e che tuttora sono taglieggiate dalla malavita locale.
Quindi, il discorso del ministro Bianco è a mio parere totalmente insufficiente, perché non risponde alle esigenze che la Casa delle libertà aveva posto all'inizio del dibattito, sia in Commissione sia in Assemblea. Noi vogliamo sapere non solo quali aiuti mandiamo in Albania e quanto ci costino, ma anche cosa il Governo albanese realmente si sia impegnato a fare per contrastare seriamente la criminalità organizzata in quel territorio, nonché come lo stesso Governo albanese utilizzi i beni materiali che riceve da noi. Dal nostro Governo, poi, vogliamo sapere quale sia, se c'è, il disegno politico complessivo alla base della decisione di aiutare l'Albania, disegno politico che a nostro avviso sembra proprio non esserci. Per quale motivo, allora, dobbiamo investire ancora una volta denaro pubblico senza criterio, in un momento, peraltro, come ricordava qualche collega, veramente drammatico per il nostro paese? Potremmo invece utilizzare meglio questo denaro per alleviare le sofferenze dei cittadini italiani vittime dell'alluvione.
Certo, se l'impegno del Governo di riferire al Parlamento ogni quattro o sei mesi sullo stato dei lavori in Albania e sui risultati che si ottengono vuole essere semplicemente una ripetizione di uno sterile elenco come quello riferitoci poc'anzi dal ministro Bianco, allora la nostra contrarietà rimarrà totale.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Luciano Dussin. Ne ha facoltà.

LUCIANO DUSSIN. Signor Presidente, come tutti i colleghi parlamentari, anch'io nei fine settimana partecipo ad incontri pubblici: i motivi di discussione sono i più svariati, ma alla fine si arriva sempre a quello che sta più a cuore, ossia alla questione della sicurezza. Ogni volta cerco di far capire ai miei interlocutori che questo è un problema non organizzativo, ma politico. Mi spiego meglio. Molto spesso si pensa che la sicurezza in questo


Pag. 27

paese non funzioni perché è scarso l'organico delle forze di polizia, ma questo non è vero, perché se noi abbiamo sei agenti ogni mille abitanti in Germania ce ne sono tre. Quindi, non è una questione di uomini, non è una questione di strutture, ma una questione politica, e voi del centrosinistra, che avete questa responsabilità, dovreste saperne qualcosa.
Dicevo che non è una questione di uomini perché, ad esempio, nelle carceri abbiamo una guardia carceraria per ogni detenuto, quindi direi che in totale sono più del doppio di quelle necessarie.
Le risposte politiche che arrivano dal centrosinistra non sono volte a migliorare la sicurezza: si parla con insistenza di indulto, si parla di «pacchetti sicurezza», ma nella stessa maggioranza vi sono componenti - i Comunisti italiani e i Verdi - che bloccano le iniziative dei ministri dell'interno, quindi di sicurezza non si parla. Cambiano i ministri, ma i problemi restano: ha sbagliato Napolitano, la Jervolino aveva fatto delle promesse e adesso anche il ministro Bianco. Tutti promettono di intervenire sulla sicurezza, ma i cittadini non vedono ancora i risultati. L'alleanza di centrosinistra sta condannando il paese all'insicurezza: questo è il nostro problema maggiore.
Abbiamo leggi sempre più tolleranti. La legge sull'immigrazione rappresenta un vero e proprio suicidio politico e ne vedremo i risultati alle prossime elezioni politiche.
Il presente provvedimento prevede finanziamenti da inviare alle forze di polizia albanesi per aiutarle a controllare la criminalità di quel paese. La Lega nord Padania insiste nel chiedere il perché di questi finanziamenti e quali risultati siano stati ottenuti. Saranno i risultati che abbiamo già visto in passato? Narcotraffico, prostituzione, schiavismo. Infatti, la mafia albanese prende donne e bambini comperati nei loro sporchi territori per portarli nel nostro paese dove non abbiamo mai avuto a che fare con queste strane cose.
Ogni giorno, la cronaca nera riporta notizie di rapine in banca, furti in appartamenti, sequestri di persona in abitazioni private, con relative inaudite violenze, allo scopo di rapina, traffico di armi - per gli albanesi assimilabile al traffico dei bambini, perché hanno perso qualsiasi senso di umanità - compiuti da albanesi. Da quando il centrosinistra si è impegnato a risolvere tali problemi, ne sono nati altri che hanno contribuito ad aggravare la situazione: in pratica, ora siamo in una situazione peggiore rispetto alla precedente, perché il vostro buonismo, misto all'incapacità e alla mancanza di volontà politica di inasprire le pene, di far funzionare la giustizia e di mettere le forze di polizia in condizione di intervenire a tutela dei cittadini, hanno portato a questi risultati. Ora venite ancora a chiedere soldi da impegnare in Albania.
Il ministro, che è stato presente in aula un paio di minuti, ha fatto ulteriori promesse alle quali, come è accaduto in precedenza, non seguirà la realtà dei fatti, che per me significa intervenire realmente sui problemi. Tuttavia, qui non vi è né la capacità né la volontà politica di farlo. Vorrei suggerire al ministro o al sottosegretario qui presente di parlare con le nostre forze dell'ordine e con i nostri giudici: si accorgeranno che sono i primi a denunciare la loro impossibilità di intervenire a tutela del sacrosanto diritto di sicurezza dei cittadini, perché la volontà politica di questo centrosinistra li obbliga a non fare assolutamente nulla. Queste sono responsabilità precise che non potete più nascondere visto che ormai sono evidenti a tutti.
Dato che in questo paese, lo ripeto, grazie alla vostra politica, l'impunità è garantita e assoluta, il risultato che si ottiene è quello di avere una giustizia ingolfata in cui il 90 per cento dei delinquenti restano fuori delle patrie galere.
Ci sono decine di condannati di primo grado all'ergastolo che sono stati rilasciati nei primi mesi di quest'anno per decorrenza dei termini di custodia cautelare, come ho avuto già modo di denunciare in


Pag. 28

quest'aula. Dovremmo avere in carcere almeno 350 mila delinquenti, eppure non c'è nessuno!
Al fallimento sotto il profilo della sicurezza è evidente che seguirà anche il vostro fallimento politico. Saranno infatti i cittadini a ricordarvi che non è possibile continuare a prenderli in giro su questo problema. Con la vostra legge sull'immigrazione siete responsabili di un aumento sconsiderato della malavita extracomunitaria, in particolare albanese, nel nostro territorio, e i numeri parlano chiaro. Nella mia regione, il Veneto, nel 1999 si è registrato un aumento del 40 per cento dei delitti compiuti dalla criminalità extracomunitaria. E anche in questo caso si tratta di responsabilità precise.
Non vi è stata alcuna espulsione; vi sono delle denunce presentate in questura da chi ha coraggio con le quali si dice: noi non possiamo mandare a casa assolutamente nessuno, e non perché non abbiamo voglia di lavorare ma perché con le leggi del centrosinistra non si manda a casa nessuno. Quelle poche volte che si arriva a decretare l'espulsione si continua ancora ad applicare la cosiddetta legge Martelli, ossia l'intimazione ad uscire dal nostro territorio, anche se poi non esce nessuno.
Io non devo convincere nessuno dei parlamentari qui presenti perché queste sono cose ormai evidenti. Del resto, se qualcuno esce di sera, si rende conto che queste cose non si possono nascondere e che il problema dell'ordine pubblico è sicuramente connesso al fenomeno dell'immigrazione. Il paese ha capito quale sia la vostra risposta in termini di sicurezza e di controllo dell'immigrazione!
Abbiamo visto in televisione come è finita tutta l'operazione umanitaria «Arcobaleno». Forze di polizia italiane obbligate dalle leggi del centrosinistra ad assistere ai furti dei ladri albanesi nei confronti dei poveri cittadini albanesi affamati che aspettavano un pezzo di pane, senza che le nostre forze di polizia potessero intervenire (anzi, rimanevano a guardare stando a braccia conserte). Ebbene, dinanzi alla televisione si sono messi a ridere anche i bambini perché è inspiegabile un atteggiamento di rassegnazione di questo tipo. Ma ripeto, tutto ciò non è da imputare alle nostre forze di polizia presenti colà, ma alle leggi che le obbligano a far finta di non vedere, perché va bene così.
Di fronte ad immagini chiarissime come quelle, ci si continua a chiedere quale sia il senso della presenza italiana in Albania, o degli sforzi umanitari compiuti dal nostro paese. Ma ci sono anche altri problemi sempre legati alla questione albanese. Probabilmente coloro che con i gommoni hanno, per così dire, problemi di adattamento sfruttano altre possibilità di ingresso nel nostro paese. Ad esempio, nel Friuli-Venezia Giulia abbiamo visto decine di posti frontalieri di secondo grado dove dalle 20 di sera alle 8 del mattino non c'è nessuno che controlli il confine, per cui basta alzare la sbarra per oltrepassarlo. Certo, fa più notizia e scalpore vedere il gommone che solca il mare pieno di bambini acquistati, con droga e via dicendo, che non vedere qualcuno che magari passeggiando alza la sbarra e oltrepassa il confine! Però il numero delle persone che entrano in Friuli provenendo dall'Albania è dieci volte superiore a quello che arriva nel nostro paese su gommoni. Ma tutto ciò non fa notizia, anche se, come sanno i cittadini, i problemi ci sono e sono ignorati dai nostri ministri e, soprattutto, dalle maggioranze che tengono in piedi questo Governo.
L'Italia è un paese che non riesce o non vuole tutelare i cittadini perché non ha la volontà di combattere i criminali. Io dico, invece, che dovrebbe essere il contrario: uno Stato dovrebbe essere feroce nei confronti dei delinquenti per salvaguardare i propri cittadini mentre, lo ripeto, in questo caso si fa proprio il contrario. Non ho paura di uno Stato feroce - uso questo termine forte - se deve tutelare gli inermi e i bambini. Se fuori o dentro la scuola vi è il delinquente che spaccia o regala la droga, lo Stato deve intervenire e giustiziarlo davanti alla scuola. Di queste cose non si può parlare: vedo già che il sottosegretario ride, io però


Pag. 29

farei così e sono sicuro che i genitori di quei bambini preferirebbero uno Stato cattivo che interviene ferocemente a tutela dei loro figli, anziché chi fa finta di non vedere o di chi sa, in cuor suo, che il problema c'è, ma che ha una maggioranza che gli impedisce di fare queste cose che i cittadini si aspettano.
Questo scenario che ho cercato di illustrare, forse anche in maniera poco chiara, perché il tempo è limitato, emerge non solo all'interno del nostro paese, ma anche fuori. La credibilità internazionale del Governo italiano è stata sconfessata, non da ultimo, l'altro giorno e sappiamo tutti come è finita nei confronti dell'ONU. Francamente mi auguro che si torni a ragionare di queste cose. Non è possibile che un paese come il nostro che, tutto sommato, ha una propria dignità e persone capaci, che riesce a produrre ricchezza e a migliorare, non possa essere uno Stato in grado di contrastare quattro delinquenti albanesi. Stiamo parlando di un paese che ha pochissimi abitanti, la maggior parte dei quali è costituita da persone perbene che meritano di essere aiutate. Non è possibile che per quattro delinquenti albanesi uno Stato come il nostro cali i pantaloni in continuazione (Applausi dei deputati del gruppo della Lega nord Padania)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Stucchi. Ne ha facoltà.

GIACOMO STUCCHI. Signor Presidente, l'opposizione attuata per cercare di spiegare una situazione reale che non si vuole dire o non si vuole vedere, ma che tutti sanno esistere, è legittima ed è una sorta di denuncia che possiamo e dobbiamo fare all'interno di quest'aula.
Ci troviamo oggi a discutere di un provvedimento che qualcuno dice stanzi «quasi» 22 miliardi per aiutare le forze di polizia albanesi. Noi diciamo che stanzia «altri» 22 miliardi, che è una cosa diversa. Non vorrei che qualcuno dimenticasse i precedenti impegni che, dal punto di vista economico, sono stati presi e concretizzati dal Governo italiano negli anni passati. Centinaia, forse migliaia di miliardi spesi negli ultimi otto o nove anni, da quando si è posto all'attenzione della comunità internazionale il dramma della situazione albanese, che ha radici profonde e che deriva da cinquant'anni di gestione comunista tra le più dure. È il dramma di un paese uscito dal patto di Varsavia perché non riteneva sufficientemente comuniste le direttive che giungevano da quell'organizzazione, di un popolo e di una nazione in cui nel secolo scorso si viveva un clima da medioevo, che probabilmente non è mutato neppure ai nostri giorni. Infatti, se andiamo a verificare il livello dell'amministrazione della giustizia, del controllo del territorio e della gestione dell'ordine pubblico, probabilmente ci accorgiamo che non si tratta di modalità di gestione tipiche di un sistema occidentale o, se vogliamo, di un sistema almeno in parte vicino alle modalità di gestione dei paesi civilizzati, uso questo termine forte.
Questo passato comunista, che ha influito moltissimo in senso negativo sulla situazione dell'Albania di ieri, si ripercuote ancora oggi. Basti pensare - qualcuno lo ha ricordato in precedenza - alle libertà negate a questo popolo, alla libertà religiosa negata in cinquanta anni di comunismo, che costringeva le persone, i fedeli a professare la propria fede in luoghi nascosti, in catacombe come ai tempi dei romani, quasi come duemila anni fa.
Si è trattato veramente di un regime che ha prodotto danni enormi a quella terra e che, soprattutto, non ha permesso ad essa di svilupparsi come doveva e come hanno fatto i paesi confinanti, i paesi che si affacciano sul bacino del Mediterraneo.
Detto questo, credo sia opportuno verificare quale sia la situazione odierna di questo paese. Se lo scopo del provvedimento consiste nell'aiutare le forze di polizia albanesi, bisogna verificare anzitutto fino a che punto esse sono disponibili a farsi aiutare perché, probabilmente, tali forze di polizia a volte guadagnano più soldi da una sorta di connivenza con la criminalità, per non dire


Pag. 30

che talvolta sono direttamente alle dipendenze delle organizzazioni criminali che gestiscono il territorio in Albania. Probabilmente, le forze di polizia albanesi sono ancora allo stesso livello di 9-10 anni fa; probabilmente non hanno imparato nulla, non hanno voluto imparare o non possono imparare nulla perché non possono opporsi ad un certo modo di gestire l'ordine pubblico, se è vero, come è vero, che esistono dati e fatti, confermati anche da rapporti internazionali, che specificano, ad esempio, che l'Albania è un paese dove la droga viene coltivata alla luce del sole senza che nessuno si opponga. Cosa ci stanno a fare le forze di polizia, se non svolgono neppure controlli su fatti così evidenti e concreti?
L'Albania è un paese - qualcuno lo ha già affermato ed è stato oggetto di atti di sindacato ispettivo miei e di colleghi del mio gruppo parlamentare - dove la maggior parte delle vetture circolanti sono di provenienza furtiva, addirittura con la targa del paese di origine, senza che si possa fare nulla per recuperare tali vetture. Questo è un altro scandalo, perché noi aiutiamo e diamo i soldi a chi è venuto a rubare in casa nostra: questa è la linea del Governo di centrosinistra, un Governo che vuole aiutare il popolo albanese, ma che non chiede ad esso di adeguarsi a norme che, in primo luogo, prevedano una sorta di reciprocità, cioè il rispetto del controllo del territorio e, soprattutto, la tutela dei beni di proprietà dei cittadini di uno Stato che sta aiutando questo popolo in modo molto massiccio dal punto di vista economico.
In Albania vi è il più grande centro di smistamento - definiamolo così - dell'immigrazione clandestina. Quelli che sbarcano nelle coste pugliesi non sono tutti albanesi, ma, purtroppo, ci sono disperati, poveretti, disponibili a tutto, che si recano nelle coste albanesi per ottenere il passaggio necessario ad arrivare in Italia, in Europa, la terra dei sogni, quella che vedono come la terra del loro futuro. A questo particolare tipo di organizzazione, molto fruttuosa dal punto di vista economico per chi la gestisce, il Governo albanese non oppone alcuna seria attività di interdizione. Vi è da chiedersi veramente con quali persone abbiamo a che fare perché un ulteriore fatto non può sfuggire alla nostra attenzione: in Albania anche i crimini più efferati restano impuniti; l'Albania sembra essere diventata la patria dei criminali, di persone che hanno compiuto ogni nefandezza in giro per il mondo e che, tornando a casa, non vengono nemmeno ricercate; anzi, probabilmente in quei luoghi vivono protette all'interno di quelle aree.
Anche questo è un dato da tenere in considerazione se si vuole guardare all'argomento del provvedimento in discussione: l'aiuto alle forze di polizia albanesi.
Ma con tutti i soldi che gli abbiamo dato e con tutti i consigli che le nostre forze dell'ordine gli hanno dato, a distanza di anni siamo ancora in questa situazione? Il Governo dovrebbe pensare a questo dato di fatto; dovrebbe vergognarsi di venire in quest'aula a chiedere altri fondi, senza relazionare in modo serio, concreto e trasparente e senza ammettere che, effettivamente, sono stati commessi dei grossissimi errori, che non si sono raggiunti i risultati e che si sono sprecati dei soldi! Qualcuno ha ricordato la missione «Arcobaleno», ma ve ne sono tanti altri di soldi che sono stati letteralmente gettati alle ortiche.
Eppure, si viene in Parlamento a chiedere ancora fondi: non è sicuramente questo il modo di operare per un Governo serio; non è questa la linea politica da portare avanti in tema di collaborazione internazionale con un paese come l'Albania. Se vogliamo un'assunzione maggiore di responsabilità, le autorità albanesi dovrebbero concedere alle nostre forze di polizia di fare veramente i controllori dell'ordine pubblico su quel territorio che è sicuramente sovrano ma che, se l'andazzo sarà questo, per via delle scelte dei loro governanti, non potrà sicuramente mutare nei prossimi mesi e nei prossimi anni.
È allora giustificata ed è giustissima l'opposizione che sta portando avanti la Lega nord Padania, assieme a tutte le


Pag. 31

altre forze della Casa delle libertà, affinché questo richiamo alla responsabilità del Governo non passi inosservato.
Qualcuno ricordava prima che vi sono stati numerose richieste in occasione di sedute precedenti nelle quali si discuteva in sostanza dello stesso argomento e alcuni impegni assunti dal Governo: si è trattato di impegni specifici per cercare di risolvere tale questione o, perlomeno, per dare maggiore incisività all'azione che si porta avanti in quel paese. Tuttavia, quegli ordini del giorno sono rimasti tra quelli - la maggioranza di tali strumenti - ai quali non è mai stata data esecuzione.
Oggi abbiamo sentito per due minuti il ministro Bianco che ci ha relazionato sulla vicenda e che ci ha detto come tutto stia andando bene - lo dico parafrasando quello che il ministro è venuto a riferirci - ma non ci crediamo; non ci crediamo perché abbiamo avuto l'esperienza di vari ministri dell'interno che dal 1996 ad oggi si sono succeduti e che hanno ripetuto queste stesse frasi, che hanno dato le stesse garanzie, ma dal 1996 ad oggi nulla si è concretizzato! Perché, allora, dovremmo credere oggi al ministro Bianco? Perché noi oggi, mercoledì 18 ottobre 2000, di fronte al ministro Bianco dovremmo dire: almeno quest'oggi ti crediamo, perché sappiamo che sei una persona seria? No, purtroppo il ministro Bianco non può dire di essere una persona seria, se veramente viene a ripetere in quest'aula le stesse promesse che non sono state mantenute dai suoi predecessori e se viene ad assumere gli stessi impegni che sa benissimo di non poter portare avanti! Non potrà portarli avanti perché l'attuazione del controllo dell'ordine pubblico sul territorio dello Stato albanese sicuramente non spetta alle forze di polizia italiane, ma alle forze di polizia albanesi che - come ho ricordato prima - non hanno alcuna intenzione di svolgere in modo serio questo controllo e sono - scusate il gioco di parole - a loro volta probabilmente controllate da qualcun altro che impedisce loro di fare questo tipo di operazione.
Quindi, se non è cambiato niente, perché noi oggi dobbiamo dire che invece va bene e che è la strada giusta? No! Noi ribadiamo con forza in questa sede - come abbiamo fatto in quattro anni e mezzo - che il tipo di politica del centrosinistra portato avanti in questi anni nel campo della collaborazione con l'Albania è completamente sbagliato. Si è sbagliato all'inizio, si sta sbagliando adesso e probabilmente si sbaglierà in futuro se questo Governo dovesse riuscire - cosa peraltro difficilissima - a rimanere in carica dopo la prossima primavera.
Quindi, formulo un augurio ai cittadini italiani innanzitutto e ai cittadini delle regioni della Padania, di quelle regioni del nord che hanno contribuito (come del resto anche altri cittadini italiani) ad inviare molti aiuti volontari non stanziati con i fondi dello Stato (anche questi sono peraltro costituiti con le imposte pagate principalmente dai cittadini del nord), come quelli per la missione arcobaleno, ai quali dobbiamo dare una speranza. La speranza è che tra pochi mesi - noi ci auguriamo tra poche settimane, ma non credo che ciò avverrà -, nella prossima primavera, ci sarà un cambiamento che non sarà legato ad una nuova linea seguita da questo Governo, ma sarà un cambiamento radicale perché a quei banchi non siederà più il centrosinistra ma la Casa delle libertà. Grazie.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Neri. Ne ha facoltà.

SEBASTIANO NERI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ci troviamo di fronte alla richiesta di conversione di un decreto-legge (che non è il primo e temiamo che possa non essere l'ultimo), che dovrebbe consentire - secondo quanto sta scritto nel disegno di legge di conversione - il completamento dell'intervento italiano in Albania.
Siamo in sede di esame sul complesso degli emendamenti e quindi siamo in sede di valutazione del merito del decreto-legge da convertire, quindi non è questa la sede per riprendere e per ribadire le valutazioni


Pag. 32

che certamente non deponevano a favore della soddisfazione dei requisiti di costituzionalità del decreto perché, non essendo l'intervento in Albania un fatto repentino e improvviso intervenuto qualche giorno fa, era certamente più opportuna una seria programmazione dell'intervento e una sua articolazione e non c'era la necessità di ricorrere ad un decreto-legge, se è vero che già fino al 30 giugno furono stanziate delle somme per consentire la prosecuzione dell'intervento e che in questo periodo poteva essere proposto al Parlamento un disegno di legge organico che avrebbe potuto prevedere un concreto ed altrettanto organico programma di completamento o di prosecuzione dell'intervento e della collaborazione che avrebbe dato maggiori risposte e che probabilmente oggi avrebbe trovato una disponibilità diversa nei banchi dell'opposizione. Invece, dopo aver salvato la faccia sul piano internazionale grazie al senso di responsabilità dell'opposizione che, nel momento in cui sono stati in gioco gli interessi nazionali in proiezione internazionale, certamente non ha ritenuto di curare interessi di bottega, ma ha ritenuto di fare l'interesse del paese che non si sarebbe potuto fare se si fosse fatto affidamento soltanto sulla forza di quella che allora era una precaria maggioranza che poi, poco tempo dopo, è venuta meno. L'atteggiamento dell'opposizione oggi è assolutamente critico e contrario alla formulazione di un decreto-legge che sostanzialmente può essere tradotto nei seguenti termini: dateci un altro po' di quattrini. Per fare che cosa? Non è dato capire.
Il ministro dell'interno stamattina ha riconosciuto - bontà sua - che gli impegni che il Governo avrebbe dovuto onorare, frutto delle assunzioni di responsabilità con l'accoglimento o l'approvazione di ordini del giorno che erano stati presentati in ordine al decreto-legge 27 ottobre 1997, n. 362, e al successivo del 7 gennaio 2000, n. 1, potevano dare delle risposte sull'assolvimento di questi impegni, che non sono state date.
Viceversa, si chiedono oggi 21 miliardi per portare a compimento l'intervento in Albania: saremmo curiosi di sapere perché 21 e non 20, o 22, in base a quali logiche vengano definite somme di denaro da investire a questo fine. Vorremmo comprendere quali siano le cose da fare, quali gli obiettivi da raggiungere, quali le finalità perseguite. È una situazione assolutamente intollerabile ed irrispettosa dei diritti del Parlamento, che viene messo di fronte alla scadenza imminente del provvedimento, senza che si abbia la possibilità di sapere come sarà articolata questa spesa, per cosa saranno impegnate queste somme, quale tipo di situazione si disegna all'esito di questo intervento in Albania, quindi quali saranno le possibilità operative concrete sul suo territorio della polizia albanese, a favore della quale sembrerebbe genericamente destinato questo investimento dello Stato italiano. Bisognerebbe sapere, altresì, come queste funzioni della polizia albanese potranno contribuire ad uno svolgimento ordinato e rassicurante dei rapporti tra Italia e Albania, come tutto ciò potrà tradursi in maggiore sicurezza delle nostre coste e in un'idonea azione di prevenzione, che consenta di porre fine alla piaga dell'immigrazione clandestina dall'Albania in Italia.
Tutti peraltro sappiamo che questo materiale umano (consentitemi questa espressione dispregiativa, che però vuole tradurre uno stato di disagio di fronte alla mortificazione della dignità umana) viene spesso destinato ad essere manovalanza della criminalità, sempre più spesso della criminalità organizzata, o a popolare nelle ore notturne i nostri marciapiedi, con persone ridotte sostanzialmente allo stato di schiavitù. Vogliamo comprendere, allora, se oltre ad avere assolto i nostri doveri internazionali, nel momento in cui è stato necessario intervenire in Albania per ripristinare un minimo di condizioni accettabili, oggi la prosecuzione dell'impegno dello Stato italiano, e lo stanziamento di fondi ingenti e ripetutamente assegnati, possa servire a creare in Albania condizioni, se ce lo consentite, di normalità, con forze dell'ordine che facciano il loro


Pag. 33

mestiere, innanzitutto in termini di prevenzione, come è giusto che sia, ma che lo sappiano fare anche in termini di repressione, di fronte all'arroganza di una criminalità organizzata albanese che irride ogni sforzo per riportare in quel paese un clima di piena legalità.
La sensazione concreta che oggi abbiamo è quella di una serie di investimenti, quindi di una grande massa di denaro pubblico, che viene buttata in un pozzo senza fondo, senza che nulla accada e senza che nessun problema venga risolto, là dove va risolto creando condizioni di normale legalità sul territorio albanese, che diano diritto a quelle popolazioni di vivere secondo principi di certezza che appartengono agli Stati di diritto e alle democrazie vere e possano quindi garantire i paesi frontalieri rispetto a quella che è diventata la patologia di un fenomeno che, qualora ridotto alla fisiologia, sarebbe certamente più facilmente controllabile. Allora, la prima domanda che nasce spontanea, che corrisponde poi alla ratio, al filo conduttore di gran parte degli emendamenti, è: a cosa servono questi soldi? Perché affermare che servono per completare l'intervento in Albania, in particolare in favore della polizia albanese, è talmente generico da risultare assolutamente insignificante.
Chi parla, quale componente della Commissione antimafia, ha visto più volte rinviare un sopralluogo che una delegazione della Commissione avrebbe dovuto svolgere in Albania, perché, fino a pochi mesi fa, la risposta che veniva dalla nostra rappresentanza diplomatica era che il Governo albanese non era in condizioni di garantire la sicurezza minima per la suddetta delegazione. Comunque, laddove si fosse organizzata la visita, avrebbe dovuto essere escluso il sopralluogo in località come Valona e simili che, viceversa, avrebbero dovuto formare oggetto specifico dell'approfondimento dell'indagine. Allora, dopo anni nei quali abbiamo profuso impegno umanitario, militare e di sicurezza, da quel paese ci viene detto che non ci sono le condizioni per assicurare la sicurezza alla delegazione italiana per svolgere un mero compito di cognizione su quel territorio, al fine di comprendere la genesi e l'evoluzione di alcuni fenomeni di criminalità organizzata gestiti dalle associazioni criminali mafiose nel nostro paese.
Ancora una volta, quindi, mi domando - come ho fatto all'inizio del mio intervento - a cosa servano questi soldi. Dobbiamo spenderli per completare che cosa? Per completare un intervento che non consente nemmeno ad una delegazione parlamentare di visitare quel paese in condizioni di sicurezza? Quali risultati abbiamo raggiunto in termini di affermazione della legalità e della sicurezza su quel territorio? Come abbiamo organizzato, strutturato e addestrato le forze di polizia albanesi affinché possano sostituire nel compito di controllo del territorio le Forze armate italiane e le forze di polizia italiane, che continuiamo a mantenere sul posto? Come sono state spese fino ad oggi tali somme o potranno essere spese all'esito dell'approvazione, ove mai avvenga, del provvedimento in esame? L'attività di controllo del territorio deve poter presiedere alla prevenzione del perpetuarsi dell'immigrazione clandestina in Italia e, soprattutto, dell'alimentazione della manovalanza e della delinquenza organizzata, nonché del fenomeno delle donne che vengono costrette a prostituirsi sui marciapiedi italiani, in stato di schiavitù, da «galantuomini» rispetto ai quali la polizia albanese, probabilmente, non è in condizioni di fare il proprio mestiere. Stando alle cronache giornalistiche, probabilmente non vuole fare il proprio mestiere perché il perpetuarsi di queste situazioni diventa un ciclo virtuoso dal loro punto di vista.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, come si può chiedere, di fronte ad una situazione oggettivamente connotata da simili condizioni, che l'opposizione si renda disponibile nei confronti di un provvedimento che semplicemente chiede altri 21 miliardi per completare l'intervento in Albania? Se è vero, come evidenziato dai colleghi, che esistono coltivazioni a cielo aperto di sostanze stupefacenti;


Pag. 34

se è vero che l'attività di traghettamento avviene sostanzialmente alla luce del sole, perché il numero di gommoni e di mezzi impiegati in tale attività e il numero di persone interessate dalla stessa è tale da non essere credibile l'ipotesi che non si veda e non si possa controllare; se, anche per quanto riguarda alcune forme gravi di reato, oggi appannaggio esclusivo della delinquenza organizzata di tipo mafioso - ad esempio il contrabbando -, abbiamo precisi riferimenti di strutture che tra il Kosovo e l'Albania alimentano e rendono possibile tale attività; se vi sia una situazione nella quale, non solo non siamo riusciti a estirpare il tumore, ma nemmeno a circoscriverlo e quindi esso dilaga sempre di più; di fronte ad una situazione nella quale non abbiamo elementi certi per stabilire se le strutture e i vertici delle forze dell'ordine albanesi siano soltanto impotenti di fronte al fenomeno o, viceversa, siano coinvolti e pesantemente in termini di complicità e di collateralismo con il fenomeno; se abbiamo una situazione di controllo del territorio talmente deficitaria che non garantisce minimamente le condizioni basilari di sicurezza; se abbiamo una situazione nella quale dobbiamo registrare che l'intervento dello Stato italiano, al di là della meritoria opera umanitaria svolta, è sostanzialmente fallito, perché non esiste controllo del territorio, non esiste organizzazione né formazione delle forze dell'ordine, non esiste un serio piano per la sicurezza che noi contribuiamo a rendere operativo, di fronte a tutto questo, scusateci, ma non possiamo essere disponibili non a dare 21 miliardi, ma neanche 25 lire, perché è una situazione che non consente alcuna giustificazione.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, ritorno per un attimo al punto dal quale ero partito: non è più questa la sede per valutare la sussistenza delle condizioni di necessità e di urgenza che danno legittimità all'adozione di un decreto-legge. Vorremmo capire per quale motivo ancora una volta - l'ennesima - il Parlamento venga sostanzialmente messo di fronte al fatto compiuto, minacciato dalla prossima scadenza del termine di validità del decreto, e per quale motivo questa indotta urgenza finisca poi per giustificare la genericità e il non voler dare conto delle questioni di merito.
È un atteggiamento che non possiamo assolutamente condividere; un atteggiamento che ci porta a dare una valutazione negativa sia della scelta del metodo, sia del merito, perché, a fronte dell'assoluto fallimento di tutti gli interventi e gli investimenti fin qui operati, non abbiamo la possibilità di capire cosa accadrebbe di irreparabile qualora questi fondi non fossero messi a disposizione del nostro Governo e di un ministro dell'interno che, tra un'esibizione televisiva e l'altra, trova il tempo di venire qui a dire che non si è trovato il tempo per adempiere agli impegni assunti davanti al Parlamento.
Per queste ragioni difendiamo le finalità e la sostanza degli emendamenti presentati dall'opposizione, con i quali esprimiamo la contrarietà alla conversione di un decreto-legge che, anziché preoccuparsi di portare a compimento una positiva missione ed un positivo impegno dello Stato italiano, costituisce la denunzia palese del fallimento e dell'incapacità dei Governi di centrosinistra di gestire una missione internazionale anche quando l'opposizione non si mette di traverso.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Galli. Ne ha facoltà.

DARIO GALLI. Signor Presidente, mi associo a quanto hanno detto i colleghi negli interventi precedenti. È evidente che l'azione che l'opposizione sta conducendo è finalizzata, da una parte, a bloccare assolutamente questo intervento, che è fuori da ogni logica, come dirò anche in seguito, e, dall'altra, a sottolineare e a far capire ai cittadini che eventualmente ascoltano questo dibattito l'importanza di ciò di cui si sta parlando e tutti i retroscena della questione.
È evidente che il problema non riguarda tanto i 21 miliardi per un paese che ha bisogno di aiuto, come potrebbe


Pag. 35

verificarsi nei confronti di molti altri paesi sottosviluppati del mondo, perché, quando si parla di Albania, si parla di tutt'altro.
In quest'aula si tende ad affrontare le questioni in maniera filosofica, parlando sempre dei principi e dei massimi sistemi, senza mai fare un riferimento reale a quello che quotidianamente succede nelle città italiane. A questo proposito ringrazio per il suo intervento il ministro Bianco, ridicolo come al solito nelle sue argomentazioni, che si pone tra i maggiori artefici della campagna elettorale della minoranza ogni volta che interviene in quest'aula e si fa sentire ai cittadini italiani. Abbiamo sentito parlare di investimenti per fotocopiatrici, per fax, per mettere a posto alcune liste, per organizzare i Ministeri e per altre cose del genere e stiamo parlando di un paese che ha dichiarato guerra all'Italia. Di ciò sono perfettamente coscienti - e purtroppo hanno occasione di verificarlo quotidianamente - tutti i cittadini italiani.
L'Albania è un piccolo paese di qualche milione di abitanti. Secondo le stime ufficiali, che non sono veritiere, i cittadini albanesi presenti in Italia sono solo qualche decina di migliaia, ma sicuramente saranno molti di più perché, come al solito, i numeri sull'immigrazione clandestina sono sempre estremamente sottostimati. Comunque, visto il ridotto numero di partenze degli abitanti albanesi, non sono più di qualche decina di migliaia quelli presenti in Italia. Diciamo che rappresentano una città italiana medio-piccola. Questa medio-piccola città di albanesi, insieme ad altri cittadini albanesi magari onesti che lavorano, sta procurando al nostro paese un'incredibile quantità di danni. Basti ricordare, come hanno fatto in precedenza alcuni colleghi, che la maggior parte dei traffici legati alla droga, alla prostituzione, al racket e a quant'altro esiste di malavitoso in Italia, ormai in gran parte è in mano alle bande di cittadini albanesi. Non voglio immaginare se, invece che qualche decina di migliaia, fossero qualche centinaio di migliaia o di più, perché in questo caso dominerebbero completamente il nostro paese.
Ciascun cittadino italiano può verificare ogni giorno la situazione che si è creata: oltre alla prostituzione e al traffico di droga, ci sono i furti negli appartamenti, che vengono perpetrati con una ferocia inaudita, sconosciuta ai peggiori delinquenti precedenti a questa invasione di albanesi. In passato si rubava in casa, si scassinava la porta, poteva esserci qualche colluttazione in caso di presenza del padrone di casa, ma la violenza, l'audacia e la ferocia che usano queste persone quando vanno a rubare nelle case private è davvero incredibile. Del resto, tutto questo non deve sorprendere se solo si pensa a come si trattano fra di loro; non sfugge a nessuno che, se da una parte i cittadini albanesi maschi gestiscono la prostituzione, dall'altra alle loro donne fanno fare le prostitute: spesso portano in casa le vicine di casa, le violentano e poi le mettono sul marciapiede. Questo è quello che le bande albanesi fanno in Italia! E poi il ministro Bianco viene qui a parlare di fax, di linee telefoniche e di altro, parla due minuti e poi va via perché evidentemente quello che i rappresentanti del popolo - cioè noi - hanno da dirgli non gli interessa.
Nonostante l'Albania si comporti verso l'Italia nei modi che ho descritto, continuiamo a proporre questo tipo di solidarietà. Vorrei però sapere se in Albania esista un'amministrazione, una classe politica che in qualche modo rappresenti legittimamente il paese o no. Se così è, occorre che faccia il proprio dovere, perché non può permettersi semplicemente di incassare i soldi italiani e poi non attuare alcuna azione politica e amministrativa ovvero dichiararsi addirittura incapace di «difendere» - per così dire - dagli assalti di chissà cosa una delegazione di parlamentari italiani. Se esiste questa classe politica, deve manifestarsi e assumersi le proprie responsabilità. Se, invece, questa classe politica non esiste, vuol dire che ci prendiamo in giro da soli, ed è inutile regalare soldi a persone che


Pag. 36

non gestiscono nulla, perché è come se regalassimo questi soldi direttamente ai capi clan. Se la situazione è quella di un paese non rappresentato politicamente, di un paese che nei nostri confronti non ha riguardi di nessun tipo, neppure formale, e che in sostanza ci arreca i danni che prima ho ricordato, per dire come stanno in realtà le cose, dobbiamo affermare che l'Albania è un paese in guerra con l'Italia, per cui ci si deve comportare di conseguenza.
In passato si creavano conflitti per molto meno, ma in questo caso dall'Albania arrivano nel nostro paese criminali, droga, clandestini di ogni tipo e noi non diciamo nulla, anzi concediamo 21 miliardi. Sono 21 miliardi che si aggiungono alle altre decine di miliardi inviate per operazioni di riorganizzazione della polizia albanese e alle altre centinaia di miliardi che negli anni abbiamo elargito, sotto le forme più disparate, per aiuti generici a quel paese: mi sembra che, per questa strada, non si arriverà a nessun risultato.
L'Albania non è un paese di rilevante estensione geografica: è vasto come due regioni italiane di media grandezza e la sua costa si può sorvolare in mezz'ora con l'elicottero o in 15 minuti con l'aereo; in ogni caso, non è un paese così difficile da controllare, se vi è effettivamente la volontà di farlo. Invece, da quel paese, parte qualsiasi cosa e nessuno controlla: i gommoni - anzi, i supermotoscafi - che vengono sequestrati, sono poi ricomprati (e magari nemmeno pagati) e possono tornare nei porti, dove rimangono in bella vista. Vi sono, addirittura, servizi dei telegiornali italiani (anche della RAI) che hanno filmato le ville dei boss, immerse nel verde o sulla costa. Esiste, dunque, una situazione di completa illegalità, che però sembra non interessare a nessuno, tantomeno al ministro Bianco.
Abbiamo visto molte volte, in televisione o sui giornali, servizi su automobili rubate in Italia, che i cittadini italiani hanno riconosciuto dalle foto sui giornali: infatti, in Albania circolano tranquillamente con le targhe italiane; chi è stato derubato della propria automobile la vede circolare in Albania, senza che sia nemmeno stata cambiata la targa. Ritengo che la polizia albanese, per quanto possa essere disastrata, debba essere almeno in grado di riconoscere una targa italiana da una targa albanese, senza bisogno che mandiamo in quel paese 21 miliardi per imparare loro a leggere e a scrivere. Ebbene, di fronte ad un paese del genere, abbiamo un atteggiamento buonista: è un atteggiamento che non riesco davvero a comprendere.
In questi giorni, in televisione e sui giornali, abbiamo assistito ad un attacco violentissimo, soprattutto da parte dei rappresentanti della maggioranza, nei confronti di qualche migliaio di onesti cittadini che nel proprio paese hanno protestato, non per la costruzione di un luogo di culto diverso dal nostro (come erroneamente o in assoluta malafede è stato detto), ma perché un'amministrazione comunale si è permessa (ma oggi sta facendo retromarcia) di regalare, con i soldi dei cittadini, 15 mila metri quadrati di suolo pubblico ad un gruppo di cittadini extracomunitari. Di fronte a quelle persone vi è stata un'alzata di scudi generale, ma di fronte ad un paese che ci manda decine di migliaia di delinquenti sembra che tutto vada bene e non si debba dire nulla: questo atteggiamento non lo capisco, o meglio, lo capisco perfettamente, anche se non riesco a comprendere come possano i colleghi della sinistra giustificarlo di fronte ai cittadini.
È evidente, a questo punto, che il disegno che vi è dietro è quello di distruggere qualunque cosa abbia un minimo di attaccamento al proprio territorio, alla propria cultura e alle proprie tradizioni: pertanto, anche l'extracomunitario albanese, anche il delinquente o lo spacciatore di droga vanno bene perché collaborano a distruggere quel tessuto. In ogni caso, i cittadini queste cose le comprendono perfettamente e non sarà così facile ingannarli.
Si tira fuori, poi, la storia dell'immigrazione che servirebbe all'economia italiana:


Pag. 37

si dice che quei paesi forniscono la manodopera che non riusciamo più a trovare; tuttavia, non viene data risposta al fatto che, nelle liste di collocamento della regione Lombardia, vi siano 110 mila iscritti extracomunitari, in attesa di lavoro.
Se si è persone serie, amministratori seri, rappresentanti del popolo seri, le cose si chiamano con il loro nome e, di fronte alla conoscenza da parte dei cittadini, si assumono posizioni chiare e si lascia ai cittadini la scelta; invece, prenderli in giro e dire loro in malafede cose non vere è assolutamente inaccettabile.
Dal ministro Bianco, che ha svolto il suo compitino da scolaretto elementare, elencando gli interventi che ha fatto, attendo risposte importanti. Tre mesi fa ho presentato un'interpellanza relativamente a quanto accaduto a due miei concittadini: uno di loro è stato ucciso e l'altro gravemente ferito da due extracomunitari, persone che in questo luogo sono evidentemente benvolute e benamate. Non li hanno semplicemente uccisi in maniera - sia detto tra virgolette, ed io per primo mi dispiaccio per quello che sto per dire - «normale», ma come nel medioevo, a colpi di ascia e di coltello, nella loro casa di campagna. Ecco, io aspetto una risposta dal ministro Bianco, che in quell'occasione, oltre a non avermi trattato da rappresentante del popolo quale sono, ha quasi deriso l'episodio. Aspetto una risposta perché quei due cittadini extracomunitari ad oggi non sono stati ancora processati: presi con le mani sporche di sangue, aspettano ancora che la giustizia italiana li processi.
Il ministro ha citato una serie di cose che andiamo a fare in Albania, ma io ed i miei colleghi abbiamo presentato molte interrogazioni sulla situazione, invece, della polizia in Italia. Abbiamo chiesto, per esempio, come mai nelle province del nord c'è una presenza di agenti enormemente inferiore rispetto alla media nazionale: dove abito io, per esempio, su 30 mila abitanti abbiamo 12 carabinieri, uno ogni 2.500 abitanti. Ce ne dovrebbe essere uno ogni 200. Tutte queste cose le chiediamo da anni, ma le risposte continuano a non venire. La caserma dei carabinieri è rimasta addirittura per sei mesi senza auto, perché hanno portato via quelle vecchie, giudicate pericolose, perché avevano diciotto anni di età, e le nuove sono arrivate sei o sette mesi dopo: quindi, in quei mesi, i carabinieri, se volevano inseguire i ladri, dovevano farlo in bicicletta. Ecco, questa è la situazione nel nostro paese, in particolare in alcune zone, in cui - vorrei che il ministro lo tenesse presente - gli albanesi operano. Quindi noi diamo altri 20 miliardi agli albanesi per organizzare le cose a casa loro e poi non abbiamo due milioni al mese per pagare un carabiniere che, sul nostro territorio, ci difenda dagli albanesi delinquenti che dal loro paese sono venuti nel nostro a delinquere. I miei concittadini, che pagano le tasse con le quali verranno finanziati questi 20-22 miliardi da regalare a quel paese, o per lo meno ai suoi capi clan, nel loro territorio non hanno neanche i carabinieri che li difendano dallo spaccio della droga, dalla prostituzione, dai furti in appartamento, o dai tentativi di sequestro, tutte cose successe in questi mesi.
Mi sembra che in questo modo non si vada assolutamente in nessuna direzione e non si ottenga nessun risultato. Io penso che i cittadini italiani da questo, come da ogni altro Governo, si aspetterebbero un atteggiamento ben diverso, degno di un paese civile e conscio della propria importanza internazionale.
Una realtà simile l'abbiamo verificata anche in occasione della guerra del Kosovo, quando ci siamo affrettati, senza neanche avvertire il Parlamento - e di ciò non è mai stata data ragione in questa sede -, ad intervenire in una guerra, i cui i risultati poi si sono visti, per difendere una parte perché sembrava che i cattivi fossero solo dall'altra parte: adesso che sono gli albanesi ad uccidere i bambini serbi, nessuno dice più nulla, evidentemente ci sono gli extracomunitari di serie A e di serie B...

PRESIDENTE. Onorevole Galli, dovrebbe concludere.


Pag. 38

DARIO GALLI. Ha ragione, Presidente.
Insomma, mi aspetto che l'Italia si comporti in maniera diversa ed assuma con maggiore coscienza il proprio ruolo, ma è evidente che questo Governo non ce la farà: il prossimo sicuramente sì (Applausi dei deputati del gruppo della Lega nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Fongaro. Ne ha facoltà.

CARLO FONGARO. Signor Presidente, stiamo assistendo ad un'azione parlamentare, portata avanti dalla Lega nord e dal Polo, finalizzata a bloccare l'approvazione del disegno di legge di conversione di un decreto-legge che stanzia 22 miliardi, dopo quelli già stanziati in passato, a favore delle forze dell'ordine impegnate in Albania.
Questa contrapposizione non dovrebbe esserci, perché l'argomento di cui si sta parlando ha attinenza con l'ordine pubblico, con l'immigrazione clandestina, con la possibilità dei cittadini di vivere tranquillamente la loro vita nel territorio italiano. La sicurezza dei cittadini non è un problema né di destra né di sinistra, ma dovrebbe essere un impegno di tutte le forze politiche. La mancata risposta corretta in merito all'ordine pubblico e alla sicurezza dei cittadini sarà una delle cause che farà perdere le prossime elezioni politiche al centrosinistra.
Questo argomento deve essere affrontato in maniera scientifica, come andrebbero affrontate tutte le questioni. Tuttavia, le statistiche non ci confortano molto, perché il fenomeno della criminalità organizzata, soprattutto di quella internazionale radicata nel nostro territorio, non è stato ancora ben fotografato. Basti pensare che ad una mia interrogazione presentata due anni fa, relativa all'aumento dei fenomeni criminosi nella provincia di Vicenza, l'allora ministro dell'interno rispose che avremmo dovuto stare tranquilli, perché la criminalità in quella provincia, nell'ultimo anno, era diminuita del 24 per cento. Chissà come mai i furti, anche in abitazioni, e le rapine, che dieci o quindici anni fa erano quasi sconosciute in provincia di Vicenza, nel mese scorso sono stati 400 in un solo mese. Quindi è inutile che le statistiche ci dicano che questi fenomeni non esistono quando, di fatto, i cittadini vengono aggrediti continuamente nelle loro abitazioni.
Visto che le statistiche al momento non ci confortano, dobbiamo riferirci alle testimonianze. Tutte le vittime di questi furti denunciano, in maniera quasi univoca, che a commettere questi reati sono cittadini di origine slava, molto probabilmente albanesi. Pertanto, come possiamo pensare di inviare ancora aiuti ad un paese che non collabora minimamente a bloccare il fenomeno dell'immigrazione clandestina? Questa immigrazione ha portato in Italia una quantità non calcolabile di delinquenti che si sono insediati nel nostro paese e hanno radicato una criminalità organizzata, responsabile di aver fatto di questi clandestini, da poveri sbandatelli che erano, dei veri e propri criminali organizzati.
Queste mie affermazioni sono sostenute dal rapporto della DIA del secondo semestre del 1999. In tale rapporto, alla voce criminalità organizzata internazionale, la DIA afferma che «nel nostro paese, accanto ad una realtà malavitosa di origine autoctona» (perché ne abbiamo anche noi e non dobbiamo dimenticarcene) «sempre vitale ed agguerrita, si vanno ormai radicando forme criminali associate di origine straniera». Guarda caso, quando il rapporto affronta la questione delle forme criminali associate di origine straniera, dedica il primo capitolo alla criminalità organizzata albanese. Il rapporto continua affermando che «è stato realizzato in progetto Skiperia allo scopo di analizzare l'espansione della criminalità organizzata albanese e di approfondire le caratteristiche peculiari di questa nuova mafia, la cui aggressività suscita un sempre maggiore allarme sociale». Il rapporto continua dicendo che «è stato osservato che i canali dell'immigrazione clandestina, che già da soli garantiscono enormi guadagni, hanno costituito il passe-partout per aprire le porte ad altri


Pag. 39

affari illeciti: dall'introduzione nel mondo del lavoro nero, allo sfruttamento della prostituzione dei minori, per finire al traffico di stupefacenti ed armi».
Come se non bastasse, ci confermano che questa mafia albanese si è specializzata, ha cioè fatto un salto di qualità e non si limita più solamente a sfruttare qualche sciagurata o qualche sventurata, ma è addirittura passata al traffico di droga e di armi che, come sappiamo, è ben più remunerativo e dà forza e potenza a queste associazioni criminali.
Questo è un paese sciagurato che non riesce a darsi una legalità, e ciò è un danno per tutti perché l'Albania, almeno dal punto di vista geografico, ci è vicina e avere un paese quasi confinante dove non esiste la legalità sicuramente ha delle ripercussioni sul nostro territorio.
Uno degli esempi della politica fallimentare di questa maggioranza è quello della missione «Arcobaleno». Ricorderete che tre personaggi che godono di credibilità popolare si spesero moltissimo, tempo fa, per dire che quella missione era un'operazione da sostenere. Successivamente questi tre personaggi se la sono spesa ed anche mangiata la loro credibilità, visto come è andata finire la missione «Arcobaleno»! Abbiamo infatti potuto vedere per televisione come il principale campo di smistamento dei rifornimenti e dei viveri sia stato saccheggiato, e ciò è accaduto davanti alle telecamere, sotto gli occhi delle forze dell'ordine italiane e albanesi, senza che nessuno facesse alcunché. Tutto ciò per sottolineare il livello di illegalità che esiste in quel paese. Non vi è nemmeno la possibilità di controllare che fine facciano gli aiuti che noi mandiamo.
Ed inoltre, dov'è l'urgenza che giustifica l'adozione di un decreto-legge? Tempo fa il Presidente del Consiglio italiano si recò in Albania per sollecitare il Parlamento albanese a varare con urgenza delle misure anticriminalità. In altre parole, ci siamo fatti premura di andare là per assicurarci che effettivamente quel Parlamento facesse qualcosa contro la criminalità. Ebbene, ora mi aspetto che il Premier albanese venga in Parlamento per spiegarci perché gli scafisti, i criminali albanesi possono agire indisturbati da Tirana e da Valona e continuare la loro attività di trasporto degli immigrati clandestini dall'Albania all'Italia. Venga dunque il Premier albanese a spiegarci per quale motivo noi dovremmo dare dei soldi al suo paese quando quest'ultimo ha dimostrato di non sapere (ma possiamo tranquillamente dire, di non volere) fermare l'immigrazione clandestina ed in particolare gli scafisti!
Come ha giustamente ricordato stamane un collega di Alleanza nazionale, vi sono ormai degli indizi concordanti sull'esistenza di una collusione tra gli scafisti e le istituzioni albanesi. Mi sembra allora che questa maggioranza non abbia capito con chi ha a che fare, ma probabilmente non vuole capirlo. Bene, ve lo diciamo noi che cosa si deve fare per dare una risposta a quello che si può tranquillamente definire il lassismo, tanto per graziare le istituzioni albanesi! Per dare un segnale proprio al lassismo albanese dobbiamo interrompere qualunque aiuto a questo paese, in attesa di chiarimenti.
Stamane il ministro Bianco ha parlato di operatività delle nostre forze dell'ordine che si trovano in Albania. Penso si sia trattato di una presa in giro; infatti non è possibile credere a quanto è stato affermato stamane da parte del ministro dell'interno. Non è possibile che poche decine di unità italiane stiano effettivamente avendo ragione della criminalità albanese, anche perché allora bisognerebbe chiedere al ministro Bianco come mai le migliaia di unità delle forze dell'ordine presenti nel nostro paese non riescano minimamente a fermare la criminalità albanese. Nelle nostre abitazioni avvengono continuamente furti che ci hanno tolto qualunque tranquillità. Una volta, quando di sera si sentiva un rumore nelle nostre case, pensavamo che qualcosa fosse caduto incidentalmente o che fosse colpa del gatto; oggi no, immediatamente la famiglia si alza, fa il giro delle finestre, va in garage, vede se è tutto chiuso, va fuori a vedere se ci sia il criminale che


Pag. 40

tenta di entrare. Questi criminali hanno un'arroganza e una violenza che ci era sconosciuta, ma non hanno coraggio. La razza albanese non crea delinquenti particolarmente audaci o coraggiosi; il loro non è coraggio, ma sicurezza dell'impunità ad essi riconosciuta, anche quando siano sorpresi in flagrante.
Sappiamo benissimo che le forze dell'ordine hanno spesso lamentato la loro impotenza a fermare questi criminali; li possono tenere mezza giornata in caserma, giusto il tempo di far loro passare una notte, di dare loro un pasto per poi rimandarli rifocillati a commettere un altro crimine. Quando poi questi Tizio e Caio vengono catturati, hanno quaranta o cinquanta alias, quindi, non si riesce neanche a dare loro un'identità. A suo tempo, in maniera provocatoria o, se vogliamo, folcloristica, proponemmo di prendere le impronte dei piedi per stabilire la giusta identità, anche se vi sono sistemi più sofisticati per scoprire la vera identità di un immigrato. Mi pare, però, che questa maggioranza non voglia fare alcuno sforzo per contenere l'immigrazione e, di conseguenza, per procedere anche all'identificazione dei soggetti. Le forze dell'ordine hanno detto più volte di essere impotenti a fermare queste persone. I criminali e gli immigrati clandestini, che ben conoscono le leggi italiane o, perlomeno, quelle che li riguardano, sanno che possono entrare tranquillamente in qualsiasi abitazione e che, una volta catturati, resteranno impuniti. È più comodo andare a rubare che non andare a lavorare. Siamo in presenza di questi cittadini e in balia di questa criminalità.
Presidente, concludo dicendo ancora una volta «basta» con gli aiuti all'Albania, a questo Governo albanese che ha dimostrato di non voler fermare l'immigrazione clandestina, con gli aiuti ad un paese che ha fatto radicare...

PRESIDENTE. Onorevole Fongaro, deve concludere.

CARLO FONGARO. ... nel nostro paese, come se ne avessimo bisogno, la propria criminalità organizzata.

ADRIA BARTOLICH, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ADRIA BARTOLICH, Relatore. Presidente, intervengo per cercare di riportare alla dimensione reale il dibattito che si sta svolgendo e per fare un'apertura nei confronti dei colleghi dell'opposizione che, a quanto pare, hanno intenzione di tenere un atteggiamento molto duro in questa situazione.
Vorrei fare una premessa a margine: credo sia inaccettabile dover sentire nelle aule parlamentari espressioni come «razza albanese». Mi pare si debba, comunque, tenere un atteggiamento di rispetto nei confronti di popolazioni e di Governi che, fino a prova contraria, non sono a noi ostili, e che si trovano pure ad affrontare grandi difficoltà. Ciò per una questione di correttezza di rapporti tra di noi e anche di correttezza di rapporti con altri paesi, a mio avviso perfino con quelli nemici.
Siamo discutendo un provvedimento che naturalmente ha aperto una serie di problematiche sul piano politico che non voglio sottovalutare, ma che sono di portata molto limitata. In esso si prevede uno stanziamento molto limitato che non arriva nemmeno a 22 miliardi.

RINALDO BOSCO. Dalli ai terremotati!

ADRIA BARTOLICH, Relatore. Diamo anche i soldi ai terremotati!

RINALDO BOSCO. Sì, a quelli che sono nelle baracche!

ADRIA BARTOLICH, Relatore. Dicevo che si tratta di un provvedimento molto limitato che non riguarda altri provvedimenti che sono stati qui richiamati per titoli o per argomenti (missione «Arcobaleno» o altro), ma in esso si prevede un aiuto parziale alle forze di polizia albanesi, quindi ad un sistema di ordine


Pag. 41

pubblico che dovrebbe garantire il popolo e lo Stato albanese e, di riflesso, anche noi.
Sappiamo tutti, infatti, quali siano i problemi che subiamo di riflesso (immigrazione clandestina e quant'altro). Penso sia anche nostro interesse sostenere la ricostruzione delle forze di polizia albanesi perché, appunto, se funzionano là creano meno problemi a noi in Italia.
Sempre per specificare la dimensione degli interventi, ricordo ai colleghi - l'ho già affermato in occasione della relazione svolta in Commissione - che una buona parte dei finanziamenti serve ad adeguare gli stipendi delle nostre forze dell'ordine presenti: si tratta di 32 uomini della Polizia di Stato, di 8 uomini dell'Arma dei carabinieri e di 57 uomini della Guardia di finanza. Se non riuscissimo a convertire il decreto-legge, ovviamente, tali persone subirebbero un danno. Inoltre, i finanziamenti servono per una fornitura di materiali, per il completamento di alcuni sistemi operativi, per il centro di elaborazione dati del Ministero competente di Tirana. Insomma, si tratta di un provvedimento parziale che serve anche a garantire l'adeguamento degli stipendi dei nostri connazionali che operano in Albania.
Per venire incontro ad alcune richieste avanzate dall'opposizione, che credo siano state parzialmente soddisfatte dalla presenza del ministro (una di tali richieste), ho predisposto un emendamento che ho già distribuito ai colleghi e che impegna il Governo a relazionare tutti gli anni, con scadenza semestrale (quindi due volte l'anno), sullo stato del nostro intervento in Albania e sui risultati raggiunti. Come da regolamento, tale emendamento dovrà essere esaminato dal Comitato dei nove.
Credo si tratti di un'apertura importante che, magari, potrà stemperare la tensione. Annuncio che il Comitato dei nove si riunirà alle 13,45, nell'aula della Commissione affari esteri.
Spero che questa iniziativa serva a modificare l'atteggiamento dell'opposizione, tenendo anche presente che oggi abbiamo all'ordine del giorno dell'Assemblea altri provvedimenti importanti, non ultimo quello sul voto degli italiani all'estero, che rischia di essere compromesso dal permanere di un atteggiamento ostruzionistico nei confronti del decreto-legge in esame.

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Bartolich, siccome la Presidenza dovrà fissare un termine per la presentazione dei subemendamenti, le chiedo a che ora ritiene che la Commissione possa presentare l'emendamento che lei ha annunciato.

ADRIA BARTOLICH, Relatore. Se non sbaglio, fino alle 16 vi è il question time: direi che le 16 potrebbero essere il termine di scadenza per la presentazione dei subemendamenti.

ALBERTO LEMBO. Quando lo presenti?

PRESIDENTE. Finché non viene presentato l'emendamento non posso fissare il termine per i subemendamenti.

ADRIA BARTOLICH, Relatore. Per poter presentare l'emendamento, ovviamente, devo interpellare il Comitato dei nove.

PRESIDENTE. Allora possiamo fare così: diamo notizia dell'emendamento alle 14,55, prima del question time, e fissiamo le 16 come termine per i subemendamenti.

PAOLO ARMAROLI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PAOLO ARMAROLI. Il termine delle 16 è troppo breve.

PRESIDENTE. Va bene, possiamo fissare il termine alle 17.

PAOLO ARMAROLI. Anche alle 18, Presidente.


Pag. 42


Contesto una semplice affermazione della collega Bartolich, ossia il fatto che potrebbe essere pregiudicato l'esame del provvedimento sul voto degli italiani all'estero. Non è così perché, comunque, quel provvedimento sarà esaminato alle 16. Siccome, però, presumo che dovremo procedere a qualche votazione, dalle 16 alle 17...

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Armaroli. L'intenzione dell'onorevole Bartolich mi sembra chiara: presentare un emendamento che, almeno nelle intenzioni del relatore, possa sbloccare questa situazione di stallo. Ho l'impressione che, anche per venire incontro a tale desiderio, se fissassimo un termine per la presentazione dei subemendamenti troppo lungo, tradiremmo tale intenzione.

ADRIA BARTOLICH, Relatore. Chiedo di parlare per una precisazione.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ADRIA BARTOLICH, Relatore. Chiarisco meglio ai colleghi che l'emendamento che ho predisposto è, sostanzialmente, una riformulazione degli emendamenti Morselli 1.29 e 1.28 e Calzavara 3.1, gli emendamenti di sostanza politica. Questa è quindi l'intenzione del relatore. Per tale motivo, credo che il termine ipotizzato dal Presidente sia congruo per la presentazione di eventuali subemendamenti, che peraltro sarebbero un po' in contrasto con le intenzioni dei colleghi che hanno presentato gli emendamenti.

PAOLO ARMAROLI. Presidente, qual è il termine?

PRESIDENTE. Quando verrà presentato l'emendamento, fisseremo i termini.

VITO LECCESE, Vicepresidente della III Commissione. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

VITO LECCESE, Vicepresidente della III Commissione. Intervengo nella mia qualità di vicepresidente della Commissione esteri e avendo presieduto i lavori del Comitato dei nove per riepilogare tutti gli aspetti della vicenda nel dettaglio.
Credo che la relatrice, anche a nome del Comitato dei nove che si è già espresso ieri, chiederà, rispetto agli emendamenti presentati dal collega Morselli e dal collega Calzavara, come parere del Comitato dei nove, ai colleghi presentatori di ritirarli perché vi è una proposta di riformulazione di quegli emendamenti. Non si tratta quindi di un nuovo emendamento presentato dal relatore o dal Comitato dei nove, bensì di un invito al ritiro con proposta di riformulazione. Credo quindi che non si debba fissare un termine per la presentazione dei subemendamenti.

PRESIDENTE. Se lei consente, onorevole Leccese, a noi era stato detto che si sarebbe presentato un nuovo emendamento.
Rimaniamo intesi nel modo seguente: esaminiamo il testo dell'emendamento e, dopo averlo esaminato, stabiliremo le formule e i termini.

STEFANO MORSELLI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

STEFANO MORSELLI. Presidente, credo sia ormai giunta l'ora di sospendere la seduta e di riunire il Comitato dei nove. Infatti, se ci troviamo di fronte anche ad una possibile nuova eventualità, credo non vi siano motivi per riunire il Comitato dei nove alle 13,45, anziché sospendere adesso la seduta dell'aula, dando la possibilità ai pochi colleghi presenti di andare a pranzo e di riunire il Comitato dei nove per verificare quale sarà lo stato dell'arte per il prosieguo dei nostri lavori.

PRESIDENTE. Se non vi sono opposizioni, la proposta dell'onorevole Morselli mi sembra ragionevole.


Pag. 43

MAURO GUERRA. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MAURO GUERRA. Sono sempre disponibile alla ragionevolezza, per cui non ho una contrarietà rispetto alla proposta del collega Morselli. Voglio però far osservare che un principio di ragionevolezza dovrebbe valere per tutti: questo è solo un appello, nel senso che è in campo in questo momento un atteggiamento ostruzionistico e anche le mezz'ore di lavoro, quando è in corso l'ostruzionismo, sono utili.
Raccolgo pertanto in positivo l'invito del collega Morselli: stabiliamo tra noi un patto di lealtà da questo punto di vista!
L'interesse della maggioranza sarebbe quello, nudo e crudo, di utilizzare al massimo tutti i tempi disponibili che legittimamente possono essere utilizzati per fare l'ostruzionismo. Ora, noi rinunciamo a questa disponibilità pur limitata di tempo perché vi sono delle ragioni politiche: l'ostruzionismo, infatti, è fatto anche di decisioni politiche. Vi è un invito ad una valutazione politica e noi la «compiamo».
Volevo solo fare rilevare questo elemento affinché se ne tenga conto anche nel futuro.

PRESIDENTE. Vista questa posizione e non essendovi dunque obiezioni, accedo alla richiesta dell'onorevole Morselli e sospendo ora i nostri lavori, che riprenderanno alle 15 con il question time, per proseguire poi alle 16 con il seguito della discussione della proposta di legge costituzionale sugli italiani all'estero. L'augurio che faccio è che il Comitato dei nove possa svolgere un proficuo e fecondo lavoro.
Sospendo la seduta fino alle 15.

Back Index Forward