![]() |
![]() |
![]() |
ANTONIO SODA, Relatore per la maggioranza per i profili inerenti all'ordinamento regionale. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANTONIO SODA, Relatore per la maggioranza per i profili inerenti all'ordinamento regionale. Signor Presidente, indubbiamente non replicherò a titolo personale
all'intervento dell'onorevole Pisanu. Vorrei ribadire che il parere favorevole della Commissione al testo sulla sussidiarietà sociale è formulato con riferimento a tutto il dibattito che si è svolto nel paese. In particolare, la Commissione non ha ritenuto di ripetere in questa parte ordinamentale della Costituzione le espressioni «riconoscono e valorizzano le formazioni sociali» poiché questo principio è già affermato solennemente nell'articolo 2 della Costituzione; nella parte ordinamentale, la Commissione ha scelto la strada di utilizzare la parola «favorire» che deve essere intesa nel significato di promuovere e valorizzare.
PRESIDENTE. Onorevole relatore, la invito ora ad esprimere il parere sugli emendamenti e subemendamenti presentati all'articolo 6.
ANTONIO SODA, Relatore per la maggioranza per i profili inerenti all'ordinamento regionale. In maniera sintetica, Presidente?
PRESIDENTE. La sintesi è sempre opportuna.
ANTONIO SODA, Relatore per la maggioranza per i profili inerenti all'ordinamento regionale. La Commissione esprime parere contrario su tutti gli emendamenti pubblicati fino a pagina 53 del fascicolo. La Commissione invita, poi, al ritiro dell'emendamento Boato 6.22 (Nuova formulazione), mentre esprime parere favorevole sui subemendamenti Boato 0.6.40.2 e 0.6.40.6 del Governo, nonché, ovviamente, sull'emendamento 6.40 della Commissione. Sui restanti emendamenti il parere è contrario.
PRESIDENTE. Il Governo?
ANTONIO MACCANICO, Ministro per le riforme istituzionali. Il Governo concorda con il parere espresso dal relatore.
PRESIDENTE. Onorevole Boato, accetta l'invito al ritiro del suo emendamento 6.22 (Nuova formulazione)?
MARCO BOATO. Signor Presidente, il mio emendamento 6.22 (Nuova formulazione) aveva la seguente logica: accogliere integralmente il testo della Commissione ed aggiungere il comma relativo al principio di sussidiarietà sociale. Siccome la Commissione ha poi «arricchito» il suo emendamento (adesso si aggiungerà anche il testo proposto dal Governo), ho presentato un subemendamento rispondente alla stessa logica; conseguentemente, il principio di sussidiarietà sociale è ora contenuto nel mio subemendamento 0.6.40.2, sul
quale la Commissione ha espresso parere favorevole. Ritiro, pertanto, il mio emendamento 6.22 (Nuova formulazione).
PRESIDENTE. Sta bene.
ELIO VITO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ELIO VITO. Signor Presidente, a questo punto chiedo di riferire il subemendamento Pisanu 0.6.22.7 all'emendamento 6.40 della Commissione.
PRESIDENTE. Sta bene.
GIUSEPPE CALDERISI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE CALDERISI. Signor Presidente, desidero formulare un'analoga richiesta solo per uno dei subemendamenti che avevo presentato all'emendamento Boato 6.22 (Nuova formulazione): chiedo che il mio subemendamento 0.6.22.5 venga riferito all'emendamento 6.40 della Commissione.
PRESIDENTE. Sta bene.
ROSANNA MORONI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ROSANNA MORONI. Signor Presidente, avanzo la stessa richiesta per il mio subemendamento 0.6.22.1.
PRESIDENTE. Sta bene.
Dichiaro chiusa la votazione.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Volontè 6.1, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro chiusa la votazione.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Peretti 6.27, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro chiusa la votazione.
A questo punto, colleghi, dei subemendamenti presentati all'emendamento Boato 6.22 (Nuova formulazione) restano in piedi i subemendamenti Calderisi 0.6.22.5, Pisanu 0.6.22.7 e Moroni 0.6.22.1, che però vanno riferiti all'emendamento 6.40 della Commissione.
Passiamo ora alla votazione del subemendamento Calderisi 0.6.22.5, che assume la nuova numerazione 0.6.40.7.
GIUSEPPE CALDERISI. Signor Presidente, la questione è stata già affrontata nel corso di questo dibattito, ma credo sia necessario un intervento perché i testi a confronto ci forniscono ulteriori elementi di chiarezza e consapevolezza di ciò che stiamo votando. Prendo come riferimento l'emendamento 6.40 della Commissione - o l'emendamento Boato 6.22 (Nuova formulazione) -, nel quale viene formulato il principio di sussidiarietà cosiddetta istituzionale o verticale.
PRESIDENTE. Onorevole Calderisi, deve concludere.
GIUSEPPE CALDERISI. Avviandomi alla conclusione, vorrei ricordare che la Commissione ha respinto anche alcune formulazioni che avevamo proposto; mi riferisco ad esempio al mio emendamento 5.105, che così recitava: «I servizi pubblici a domanda individuale sono resi, di norma, da una pluralità di produttori. Lo Stato e gli enti pubblici territoriali assicurano, ovunque possibile, la libera scelta dei cittadini». Avete quindi respinto pure delle formulazioni di questa natura!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Migliori. Ne ha facoltà.
RICCARDO MIGLIORI. Signor Presidente, colleghi, sarò molto breve perché ormai abbiamo chiarito quali siano i termini della questione e soprattutto le interpretazioni diverse - non oserei dire alternative - che ruotano attorno al concetto di sussidiarietà in quest'aula.
- non a caso: si dice almeno ufficialmente - ad essere recuperata in questo testo. I termini specifici e precisi contenuti in quella petizione sono relativi ad un riconoscimento e ad una valorizzazione e non, come si legge in questo emendamento, a favorire l'autonomia di iniziativa dei cittadini singoli o associati.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Dichiaro chiusa la votazione.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Fontan 0.6.40.3, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro chiusa la votazione.
Passiamo alla votazione del subemendamento Pisanu 0.6.40.8 (ex 0.6.22.7).
GIANCARLO PAGLIARINI. Signor Presidente, se possibile, cercherei di mettere i piedi per terra in quest'aula e di fare un ragionamento molto pragmatico. Perché chiediamo di approvare questo subemendamento secondo il quale la mano pubblica dovrebbe esercitare solo le attività che non possono essere svolte dai privati? Siamo pratici! Oggi, lo Stato rende dei servizi ai cittadini, però li rende in regime di monopolio. Tutti sanno che quando vi è un monopolio c'è inefficienza. Se il mio amico Mussi, per fare un esempio, fosse
l'unico macellaio del Lazio, avrebbe il monopolio. Farebbe i quattrini, ma venderebbe carne pessima a prezzi altissimi. È il monopolio!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sestini. Ne ha facoltà.
GRAZIA SESTINI. Signor Presidente, annuncio il voto favorevole del gruppo di Forza Italia su questo subemendamento. Abbiamo parlato molto di questi temi e non voglio tornarvi. Concordo con quello che ha detto testé l'onorevole Pagliarini. Vorrei fare una raccomandazione e una proposta.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro chiusa la votazione.
Il subemendamento Moroni 0.6.22.1 è inammissibile.
Dichiaro chiusa la votazione.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento 0.6.40.6 del Governo, accettato dalla Commissione.
Dichiaro chiusa la votazione.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Fontan 0.6.40.4, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro chiusa la votazione.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Fontan 0.6.40.5, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro chiusa la votazione.
Passiamo alla votazione del subemendamento Boato 0.6.40.2.
RICCARDO MIGLIORI. Signor Presidente, sia io sia la collega Sestini abbiamo chiesto ai relatori un giudizio sulla possibilità di sostituzione della parola «favoriscono» con le parole «riconoscono e valorizzano»: se il collega Soda, che in altre occasioni ci ha cortesemente risposto, può farlo anche a questo riguardo, gliene saremo grati, insieme ritengo all'intera Assemblea, in quanto capiremo se vi è un motivo per il quale non si vogliono i voti della Casa delle libertà sul subemendamento in esame.
Abbiamo detto che il riferimento alla petizione cui lo stesso relatore ha fatto riferimento ieri ci convince, per cui abbiamo ripreso il testo della petizione...
MARCO BOATO. C'è scritto «favorisce».
RICCARDO MIGLIORI. Rileggiamola, l'abbiamo qui, forse ne abbiamo un'altra? Vorremmo capire se si tratta di un errore di stampa o invece di una valutazione politica.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sestini. Ne ha facoltà.
GRAZIA SESTINI. Signor Presidente, abbiamo tutti lo stesso documento, chiariamo definitivamente la questione. Tutti abbiamo a disposizione due documenti, dei quali uno è la copia della petizione - vedo il ministro Turco che è uno dei firmatari e la ringrazio per questo - firmata da un milione e mezzo di cittadini e da membri di questo Governo che è stata consegnata ai Presidenti di Camera e Senato. Al punto 4, il testo contiene il termine «favorire», ma nell'espressione «favorire forme di finanziamento diretto dei servizi gestiti». Per quanto riguarda la parte riguardante i principi, si parla di «riconoscimento» e di «valorizzazione». Onorevole Soda, il testo dell'emendamento, che le è stato consegnato durante un'audizione, dice esattamente la stessa cosa; infatti, si dice: «La Repubblica garantisce l'esercizio della libertà e dei diritti costituzionalmente protetti, favorisce la libera organizzazione dei cittadini». Tuttavia, lei, di fatto, ha trasferito il termine «favorisce» all'ultimo capoverso dell'emendamento che le era stato presentato dove c'è scritto «riconoscono e favoriscono». Non stiamo parlando del finanziamento, ma dei principi, e vogliamo che le associazioni, quelle create dai cittadini, siano riconosciute e favorite dal punto di vista del reperimento delle risorse. Si tratta di due concetti completamente diversi: avete tagliato da una parte e incollato dall'altra. Scusatemi, ma ciò mi ha ferito profondamente, perché anche io ho firmato i suddetti documenti, così come tanti in quest'aula, ma mi ha ferito soprattutto il fatto che membri del Parlamento compiano operazioni di questo tipo (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Dichiaro chiusa la votazione.
Prendo atto che i colleghi Galdelli e Brunetti in quest'ultima votazione hanno espresso un voto contrario, mentre intendevano votare a favore.
ALESSANDRO CÈ. Signor Presidente, credo che questo sia il punto cruciale della discussione sul provvedimento in esame, che è tutto meno che federalismo. Abbiamo già affrontato tale aspetto all'articolo 2 e oggi lo ritroviamo a questo punto; non vi è alcuna volontà di inserire nel testo i principi fondamentali che sono alla base di qualsiasi Costituzione che possa definirsi federale, nemmeno il principio di sussidiarietà verticale che viene clamorosamente smentito dall'emendamento 6.40 della Commissione, nel quale non si parla di sussidiarietà delle funzioni legislative regolamentari, ma di sussidiarietà solo delle funzioni amministrative
che è tutt'altro rispetto al concetto riconosciuto. A tale proposito devo smentire quanto affermato dal collega Acquarone nel suo ultimo intervento, quando ha detto che il concetto di federalismo è abbastanza confuso a livello internazionale perché non è assolutamente così: esso è stato perfettamente chiarito. Nella sussidiarietà verticale vanno destinate le competenze di tipo legislativo e non di tipo amministrativo; da questo punto di vista il provvedimento in esame è una legge truffa che, per l'ennesima volta, inganna i cittadini. Il significato della sussidiarietà verticale non è un'invenzione, è un significato profondo perché dovrebbero essere le comunità più vicine ai cittadini a svolgere determinate funzioni. Innanzitutto, perché è un diritto di libertà fondamentale, di democrazia; in secondo luogo, perché conoscono esattamente le esigenze dei cittadini; in terzo luogo, perché esiste una perfetta coincidenza fra chi determina l'imposizione fiscale e chi ha la titolarità delle decisioni rispetto a ciò che bisogna fare con i soldi prelevati ai cittadini. La diretta conseguenza di ciò è il principio di responsabilità, secondo il quale è perfettamente individuabile colui che, delegato dai cittadini, cura i servizi ad essi destinati.
PRESIDENTE. Onorevole Cè!
ALESSANDRO CÈ. Sembra che il più «intelligentino»...
PRESIDENTE. Onorevole Cè, parli al Presidente (Commenti del deputato Delbono).
ALESSANDRO CÈ. Allora, prendi il microfono, ti alzi e rispondi. Hai capito?
PRESIDENTE. Onorevole Cè, la prego. Ieri il collega Pagliarini ha detto che siete tutti sorridenti.
ALESSANDRO CÈ. Non è possibile; tutte le volte è il «sapientino» ...
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giovanardi. Ne ha facoltà.
CARLO GIOVANARDI. Signor Presidente, intervengo soltanto per riconfermare che il mancato accoglimento o, peggio, l'introduzione... (Commenti del deputato Delbono).
ALESSANDRO CÈ. Delbono, parla al microfono!
PRESIDENTE. Onorevole Cè! Onorevole Pagliarini, un sorriso da quelle parti (Commenti del deputato Cè). Onorevole Cè, la richiamo all'ordine per la prima volta!
ALESSANDRO CÈ. Delbono, imbecille, che non hai mai fatto niente nella tua vita!
EMILIO DELBONO. Ma che vuoi?
PRESIDENTE. Onorevole Cè, la richiamo all'ordine per la seconda volta (Scambio di apostrofi tra i deputati Cè e Delbono). Onorevole Pagliarini! ...Ringrazio il collega Borghezio che è intervenuto. Andiamo avanti. Onorevole Borghezio, stia lì e non si muova.
CARLO GIOVANARDI. Signor Presidente, volevo sottolineare come noi consideriamo particolarmente grave il combinato disposto della normativa introdotta dal subemendamento precedente, riguardante la solidarietà orizzontale, e quella che verrà introdotta con l'emendamento in discussione, riguardante la solidarietà verticale, per il mancato riconoscimento della sussidiarietà. Infatti, il principio in base al quale - attenzione, diciamo noi - i diritti dei singoli, delle imprese, delle famiglie e delle formazioni sociali vengono prima dei diritti dello Stato, e cioè che lo Stato ed il pubblico devono riconoscere la libertà di questi soggetti, non è passato. Questo riconoscimento non viene inserito in Costituzione; viene usato il termine più che ambiguo di «valorizzazione», ma la valorizzazione di che cosa?
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Soro. Ne ha facoltà.
ANTONELLO SORO. Signor Presidente, abbiamo colto in questa discussione più di una volta la nostra opinione in
merito ad un aspetto non secondario del dibattito che si è aperto in Parlamento in questi giorni in merito ad una legge di riforma che consideriamo molto importante e non una «riformetta». La nostra posizione non va spiegata per la prima volta perché lo ha già fatto l'onorevole Jervolino, l'onorevole Acquarone e lo hanno fatto a lungo in Commissione bicamerale e in questa sede gli onorevoli Cananzi e Cerulli Irelli, che di questo provvedimento è anche relatore. Non abbiamo mai pensato a questa riforma come ad una occasione, una tribuna, un palco dal quale distendere le nostre bandiere per una qualche improbabile propaganda di idee non sempre fresche; abbiamo pensato a questa legge come ad una grande riforma per disegnare di nuovo la dislocazione dei poteri all'interno del nostro ordinamento, per allargare l'area della partecipazione e della responsabilità dei cittadini. Questo è stato l'obiettivo che ha animato la maggioranza ed il mio partito nel partecipare ad uno sforzo di riforma che è importante per gli obiettivi che si propone, per il metodo seguito, per la ricerca di un concorso più largo della maggioranza, che non può mai coincidere però con la pretesa - da parte della maggioranza stessa - di un diritto di veto o di una titolarità esclusiva nel proporre la formulazione della legge di riforma. In questa logica noi abbiamo affrontato il problema della sussidiarietà, consapevoli e in qualche modo fortemente convinti della giustezza e della lungimiranza del legislatore costituente che, scrivendo gli articoli 2 e 3 della Costituzione, ha affermato principi che intendiamo difendere e conservare. Per questo abbiamo respinto un emendamento che si proponeva non già di aggiornare e di ridisegnare le forme di attuazione di quei principi, bensì di stravolgere un principio che è l'essenza degli articoli 2 e 3 della Costituzione. Pensiamo che l'obiettivo di fondo del nostro ordinamento, della nostra Costituzione e della nostra Repubblica sia la missione di riconoscere, difendere e garantire i diritti di libertà dei cittadini, a cominciare dal diritto di cittadinanza degli italiani, nonché l'impegno a rimuovere gli ostacoli che si frappongono alla piena attuazione e al pieno dispiegarsi della cittadinanza attiva e responsabile degli italiani.
selezione priva di regole. Non vogliamo uno Stato onnipresente ed intrusivo, né uno Stato che comprima le libertà, ma neppure uno Stato inteso come dimensione contemplativa che, vigilando da lontano sui conflitti e sulle diseguaglianze, rinunci alla missione di ostacolare le differenze e di rimuovere gli ostacoli che impediscono lo sviluppo della persona.
PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Soro, ma dovrebbe avviarsi a concludere.
ANTONELLO SORO. Sto per concludere, signor Presidente. Siamo contrari all'idea che il mercato possa sostituire il vincolo della solidarietà tra i cittadini ed i livelli di autonomia. Ognuno interpreta la propria ispirazione come crede. Noi abbiamo cercato di farlo in questa legislatura e pensiamo di essere coerenti con le ragioni che abbiamo illustrato ai nostri elettori. Riteniamo che la sussidiarietà abbia come orizzonte il bene comune in un concorso di responsabilità e di cooperazione. Altri possono avere legittimamente un'idea differente: essi l'hanno esposta in quest'aula e noi la rispettiamo. Tuttavia, pretendiamo rispetto anche per le nostre opinioni e non accogliamo i toni offensivi che abbiamo colto in questi giorni. La nostra esperienza politica in questi anni si è snodata nella ricerca, non sempre facile, non sempre banale, di una coerenza tra le scelte della politica e la nostra ispirazione. Facciamo un paragone sempre franco e trasparente tra le nostre ragioni ideali ed i nostri comportamenti, ma lezioni di coerenza non possono venirci dall'onorevole Pisanu oggi, dall'onorevole Guarino ieri o da altri colleghi, che con noi hanno avuto parti di storia in comune, ma le cui scelte consideriamo davvero lontane dalle ragioni che hanno reso palese la nostra ispirazione ideale. Per questi motivi abbiamo voluto in questa legge sostenere, insieme alle ragioni di una nuova articolazione dello Stato...
PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Soro, deve davvero concludere.
ANTONELLO SORO. ...anche il principio della sussidiarietà contenuto negli articoli 2 e 3 della Costituzione, ma espresso oggi attraverso l'emendamento Boato in un modo più moderno e coerente (Applausi dei deputati del gruppo dei Popolari e democratici-l'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Vito. Ne ha facoltà.
ELIO VITO. Signor Presidente, io capisco che l'onorevole Soro abbia sentito l'esigenza di precisare e di giustificare la posizione del suo gruppo e del suo partito di fronte alle votazioni che ci sono state oggi pomeriggio - e per la verità anche nella giornata di ieri - e di fronte al voto che stiamo per esprimere su questo emendamento; di fronte, cioè, alla vanificazione ed alla negazione dell'introduzione del principio della sussidiarietà sociale nella nostra Costituzione, negazione e vanificazione che avvengono anche ad opera di quel gruppo dei popolari che pure, come abbiamo sentito, rivendica una propria presunta coerenza con questi principi; a parte il fatto che è ben strano che in questo Parlamento si litighi sui testi, sul significato da attribuire alle parole, quando queste hanno una loro forza, che deriva dalla loro evidenza. Il principio di sussidiarietà che noi abbiamo proposto di inserire nella Costituzione, e che anche i popolari hanno impedito che vi fosse inserito, era semplicemente il riconoscimento dell'autonoma iniziativa dei privati e delle formazioni della società civile da parte dello Stato e degli enti locali e l'affermazione che lo Stato e gli enti locali riconoscono che il loro intervento deve
avvenire solo laddove sia più efficace di quello dei privati e delle formazioni in cui questi liberamente si organizzano.
MARCO BOATO. La negazione? La negazione?
ELIO VITO. La negazione, certo, perché si fonda sul principio che lo Stato favorisce - ha detto bene il collega Giovanardi - alcune iniziative private, che hanno particolari caratteristiche, cosa che giustamente ieri difendeva, in base alla sua tradizione, anche la presidente Jervolino. Quindi, non ha nulla a che vedere con il principio di sussidiarietà, con l'intento di lasciare libere l'iniziativa privata e la società civile e di riconoscere che l'intervento dello Stato e degli enti locali è solo successivo e conseguente alla constatazione che possa avere maggiore efficacia. Favorire un certo tipo di iniziativa privata che ha delle caratteristiche di interesse generale non ha nulla a che vedere con la sussidiarietà, che significa riconoscere il primato dell'iniziativa dei privati e della società civile e che lo Stato deve fare un passo indietro rispetto all'iniziativa privata, laddove questa sia più efficace di quella pubblica.
GIOVANNI CREMA. Sei stato un radicale e anticlericale fino a ieri!
ELIO VITO. Noi non accettiamo, collega Soro, richiami alla coerenza da chi oggi, per approvare questo testo, è dovuto pervenire ad un compromesso con la formazione comunista che è al Governo (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia)! Noi non accettiamo richiami alla coerenza da chi oggi fa parte della maggioranza insieme a formazioni politiche che si oppongono allo schieramento dell'onorevole Soro a livello europeo, creando una gravissima contraddizione all'interno del partito popolare europeo!
ANTONIO SODA, Relatore per la maggioranza per i profili inerenti all'ordinamento regionale. Radicale! Anticlericale! Pensa alla tua storia! Sei stato anticlericale fino a ieri con Pannella e con Fortuna!
ELIO VITO. Mi riferisco a chi ha operato uno strappo con la tradizione popolare, a chi ha stretto un'alleanza innaturale per quella tradizione e a chi oggi è costretto a votare e a difendere provvedimenti che sono frutto di un compromesso al ribasso raggiunto con le formazioni della sinistra e dell'estrema sinistra della maggioranza. Questo è il punto, collega Soro.
viene rivendicata, nonché con i voti che vengono espressi in quest'aula (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale).
ROSA JERVOLINO RUSSO, Presidente della I Commissione. È solo comico!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Moroni. Ne ha facoltà.
ROSANNA MORONI. Signor Presidente, credo che tutta l'Assemblea riconosca all'onorevole Vito una grande esperienza, una grande capacità e una grande bravura. Pertanto, è con estrema umiltà che mi permetto di suggerirgli di rileggersi anche solo una parte del resoconto stenografico dell'altro ieri per farsi almeno una pallida idea della varietà di interpretazioni che vengono date, all'interno della Casa delle libertà, in materia di sussidiarietà sociale. Gli consiglierei di rileggersi, ad esempio, l'interpretazione fornita dal presidente di gruppo della Lega - facente parte della Casa delle libertà - in sede di Commissione Affari costituzionali: «Il sistema pubblico, gli enti pubblici e lo Stato devono dismettere, non decidere, lasciar fare ai privati, alle libere associazioni e così via». Lo invito a riflettere insieme ai colleghi di Alleanza nazionale.
VALENTINA APREA. Siamo d'accordo!
ELIO VITO. Siamo perfettamente d'accordo!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Luciano Dussin. Ne ha facoltà.
LUCIANO DUSSIN. Signor Presidente, vorrei ricordare all'onorevole Soro, il quale afferma che il diritto di libertà dei cittadini è garantito, a suo dire, dall'attuale testo del provvedimento, che libertà vuol dire soprattutto tutela della sicurezza dei cittadini, la prima cosa che essi chiedono. Questa riforma, invece, va contro la gestione della sicurezza a livello regionale, questione molto cara e portata avanti dal gruppo della Lega nord Padania.
ANGELO MUZIO. Ci siete stati anche voi al Ministero dell'interno!
LUCIANO DUSSIN. È quindi evidente che vi fa paura la gestione regionale della sicurezza, ma continuate a proporre di farla gestire a chi, pagato dallo Stato, suggerisce ai cittadini di chiudere le porte (Applausi dei deputati del gruppo della Lega nord Padania)!
PRESIDENTE. È comunque un contributo per la sicurezza: non è decisivo, ma può servire.
DIEGO ALBORGHETTI. Smettila di replicare!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Guidi. Ne ha facoltà.
ANTONIO GUIDI. Signor Presidente, vorrei chiarire che si sta cercando di mascherare la realtà. Non ci sono due concetti di sussidiarietà che si contrappongono, ma una sussidiarietà che, nonostante tutta la complessità della sua interpretazione, conferisce libertà di scelta,
di aggregazione e di intervento ai cittadini e una parte dei parlamentari della maggioranza che propone lo Stato e soprattutto la burocrazia, che autofinanzia se stessa, in un simulacro di sussidiarietà. Questo va detto! Credo non si possa barare sulla realtà attuale perché è una realtà difficile e sofferta; la gente si trova sempre più in difficoltà. Mai come adesso occorre dar fiducia ai cittadini nella libera interpretazione della solidarietà che lo Stato controlla ma non gestisce. Questa è la vera sussidiarietà! Il resto è una riproposizione su termini diversi e raccogliticci di una sussidiarietà che non c'è e che è il solito ed eterno statalismo burocratico che non regge, non ha retto e non reggerà.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fei. Ne ha facoltà.
SANDRA FEI. Presidente, parlerò a titolo personale. Dopo aver ascoltato quanto ieri è stato detto, è nato in me spontaneo il desiderio di un chiarimento nella nostra Costituzione a proposito del principio di sussidiarietà e non, come ha scritto l'onorevole Boato, dei principi di sussidiarietà. Il concetto, infatti, è uno solo ed è molto chiaro.
PRESIDENTE. Onorevole Fei, la ringrazio per aver richiamato l'attenzione su tale questione. Ho visto i testi e ho constatato che vi era un errore di stampa. Nell'emendamento originario 6.22, infatti, si parlava di «principio di sussidiarietà»; successivamente è stato compiuto un errore. Il testo va letto nel seguente modo «sulla base del principio di sussidiarietà», come lei ha giustamente precisato.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Teresio Delfino, al quale ricordo che ha disposizione due minuti di tempo. Ne ha facoltà.
TERESIO DELFINO. Signor Presidente, noi non ci appassioniamo alla richiesta e alle sollecitazioni di coerenza che provengono da più parti, perché riteniamo di essere tra persone che sicuramente su questo e su altri campi si sono mosse e hanno compiuto delle scelte sulla base di precise convinzioni.
questa materia, pur nella sua collocazione strategica delle alleanze, una posizione di grande coerenza. Vogliamo sottolineare questa carenza d'iniziativa che non significa abdicazione ad una storia, ma è espressione di una difficoltà esistente all'interno della loro coalizione di maggioranza.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Lombardi che dispone di due minuti. Ne ha facoltà.
GIANCARLO LOMBARDI. A me sembra che nel dibattito vi siano stati interventi inutilmente aggressivi e semplificanti. Ho apprezzato però l'intervento dell'onorevole Pagliarini che ci invitava a tenere i piedi per terra. Tenendo i piedi per terra, Pagliarini, vorrei spiegare la nostra posizione.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole La Malfa. Ne ha facoltà.
Onorevole La Malfa, ha due minuti a disposizione.
GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, intervengo soltanto per osservare che non è esatto affermare che il testo sulla sussidiarietà contenuto nella proposta emendativa presentata dal collega Boato equivalga a quello che la Camera ha respinto due giorni fa, perché una cosa è stabilire che le funzioni vengono attribuite agli enti pubblici, salvo che possa essere riconosciuto spazio ai privati, cosa molto diversa è affermare che tutto spetta ai privati, salvo ciò che venga dimostrato necessario per il pubblico. Si tratta di due impostazioni fra loro molto lontane; devo dire che, entrando nel merito dell'argomento, preferisco la formulazione che il Parlamento ha respinto due giorni fa rispetto a quella, molto equivoca, che si appresta ad approvare in questo momento.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Colleghi, per cortesia, ciascuno voti per sé.
Dichiaro chiusa la votazione.
Passiamo alla votazione dell'articolo 6.
ALESSANDRO CÈ. Signor Presidente, ho apprezzato molto l'intervento dell'onorevole Lombardi, perché mi è sembrato che avesse un'impostazione sicuramente molto più equilibrata rispetto a quella espressa ieri dall'onorevole Jervolino Russo e che ho letto oggi su Il Popolo in un'intervista all'onorevole Bindi.
ruolo dello Stato, delle regioni, delle province e dei comuni? Un ruolo che fissi le regole di assegnazione degli appalti, i requisiti necessari per partecipare alle gare di appalto, i parametri di efficienza e qualità che devono essere conseguiti, i controlli che devono essere fatti.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole D'Alema. Ne ha facoltà.
MASSIMO D'ALEMA. Vorrei fare alcune osservazioni sul tema della sussidiarietà e riprendere uno spunto di carattere più generale proposto dall'onorevole La Malfa.
forma dei cittadini singoli, associati, delle associazioni e delle imprese nello svolgimento di attività pubbliche. Qui noi non parliamo della libera iniziativa privata, ma della necessità, dell'opportunità che le istituzioni favoriscano tale azione. D'altro canto, noi accompagniamo un processo che è in atto e non vi è dubbio che nel corso di questi anni, attraverso le privatizzazioni e anche attraverso una riforma dello Stato sociale che sta promuovendo la partecipazione attiva dei cittadini, del volontariato e dell'associazionismo, il principio costituzionale rifletta una realtà in movimento e una concezione nuova, non più esclusivamente statale, della gestione di grandi servizi pubblici.
l'idea che il Parlamento può essere paralizzato perché le riforme le faranno i plebisciti, non torneremmo allo spirito dei costituenti, andremmo non so dove, ma in una direzione che non mi pare auspicabile per l'Italia (Prolungati applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo, dei Popolari e democratici-l'Ulivo, dei Democratici-l'Ulivo, Comunista, dell'UDEUR, misto-Verdi l'Ulivo, misto-Socialisti democratici italiani e misto-Rinnovamento italiano).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Colletti. Ne ha facoltà.
LUCIO COLLETTI. Signor Presidente, vorrei sviluppare alcune considerazioni sull'intervento dell'onorevole D'Alema, considerazioni prive di asprezze polemiche, perché, muovendo da posizioni assai diverse, nel corso di questa legislatura ho imparato ad apprezzare anche i meriti dell'onorevole D'Alema, che considero un rappresentante di spicco della maggioranza.
Dai banchi dei deputati del gruppo dei Popolari e democratici-l'Ulivo: No! No!
LUCIO COLLETTI. Se vogliamo procedere ad una rappresentazione più fedele e più stringente rispetto allo svolgimento reale dei fatti, dobbiamo riconoscere che il fallimento della bicamerale espresse una impasse che aveva innanzitutto il suo luogo d'origine all'interno della maggioranza stessa. Lei, onorevole D'Alema, non avrà certamente dimenticato che, se da presidente della bicamerale esordì affermando che le maggioranze in bicamerale non sarebbero state minimamente condizionate dalla maggioranza di Governo allora esistente, negli sviluppi dei lavori della bicamerale ciò che si produsse fu quanto meno, per usare un'espressione blanda, per una concessione nei suoi confronti, l'impressione che dentro la bicamerale si fosse arrivati ad un vicolo cieco in conseguenza del divario tra le maggioranze possibili in bicamerale rispetto alle maggioranze reali in sede di Governo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Selva. Ne ha facoltà.
GUSTAVO SELVA. Signor Presidente, l'eccezionalità dell'intervento di Massimo D'Alema, che, come ha detto il collega Colletti, riconosco esponente di primissimo piano dell'attuale maggioranza, ma soprattutto come presidente della Commissione bicamerale, merita anche da parte mia una risposta sul punto che l'onorevole Colletti ha già trattato, al quale però desidero aggiungere qualche altra riflessione.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giovanardi. Ne ha facoltà.
CARLO GIOVANARDI. Signor Presidente, devo dare atto al presidente D'Alema di intervenire sempre in termini pacati ed anche abili e convincenti, nel senso che non avrei nulla da dire sulle sue parole, se non fossero in qualche modo in contrasto con la realtà dei fatti relativi allo svolgimento di questi due lavori in Assemblea e magari costruiti anche su qualche equivoco di fondo che permane, almeno dal mio punto di vista.
da assicurare ai cittadini per quanto riguarda i diritti civili e sociali, ma di averlo modificato nel senso del massimo della garanzia di questa essenzialità, perché lo Stato federale certamente deve intervenire quando le realtà autonome non riescono a garantire ai cittadini quello che spetta loro e che deve essere uguale per tutti su tutto il territorio nazionale.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pagliarini. Ne ha facoltà.
GIANCARLO PAGLIARINI. Vorrei spiegare come ragioniamo noi della Lega. Fuori da quest'aula D'Alema è anche
simpatico ma, quando parla, mi fa capire il motivo per cui quest'aula si chiama «Parlamento» e non «lavoramento»: si è arrampicato sui vetri per dire cosa? Per spiegare la differenza che esiste fra efficienza ed equità. Ma se c'è gente che ruba con equità e a piede libero, se c'è gente che spaccia e con equità continua a spacciare, noi preferiamo che con efficienza se ne vada in galera (Applausi dei deputati del gruppo della Lega nord Padania)! Questo lo pensiamo noi ma lo pensa anche la gente comune.
Una voce dai banchi dei deputati del gruppo dei Popolari e democratici-l'Ulivo: Barbari!
GIANCARLO PAGLIARINI. Sì, siamo dei barbari e teniamo pure i furti nelle case e gli spacciatori, però con equità! L'equità purtroppo la decide questa maggioranza.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Armani, che ha due minuti perché per il suo gruppo ha già parlato l'onorevole Selva. Ne ha facoltà.
PIETRO ARMANI. Signor Presidente, vorrei fare due precisazioni in merito al discorso interessante e nobile dell'onorevole D'Alema. Egli ha sostenuto che efficacia ed efficienza sono componenti del mercato mentre del settore pubblico sono competenze l'equità e l'interesse nazionale. Vorrei dirgli che l'efficienza e l'efficacia sono strumento per realizzare l'equità (Applausi del deputato Cè) perché, se di fronte a risorse scarse non vi fosse l'efficienza e l'equità, si finanzierebbe l'equità con il disavanzo pubblico. Questo è il meccanismo attraverso il quale sono stati creati 2 milioni e mezzo di miliardi di debito pubblico nel nostro paese.
ALESSANDRO REPETTO. Devono pagare le tasse!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rebuffa, che ha due minuti. Ne ha facoltà.
GIORGIO REBUFFA. Innanzitutto rivolgo un ringraziamento all'onorevole La Malfa per avere posto una questione che meritava di essere inserita in un dibattito che è stato molto stanco ancorché molto aspro. In secondo luogo, rivolgo un ringraziamento all'onorevole D'Alema per aver posto un problema vero.
questo provvedimento per cercare di definire dove siamo. È vero che vi sono principi dello Stato moderno come l'equità, lo Stato di diritto, il primato della legge, l'interesse nazionale, che sono tutte questioni che vanno al di là dell'efficienza.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fiori, al quale ricordo che ha due minuti di tempo a disposizione. Ne ha facoltà.
PUBLIO FIORI. Signor Presidente, mi corre l'obbligo di far presente che non sono d'accordo sul concetto di solidarietà e di sussidiarietà che alcuni rappresentanti dell'opposizione hanno espresso, creando una sorta di perequazione tra sussidiarietà ed efficienza. Non c'è dubbio che l'efficienza può essere un presupposto di equità e di giustizia sociale; anzi, è certamente più facile fare giustizia sociale ed equità disponendo di un sistema efficiente ed efficace. Tuttavia, non è vero il contrario: può accadere che efficienza ed efficacia vadano su una strada completamente opposta, quella dell'equità.
giustizia. Credo quindi che all'interno dell'opposizione...
PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Fiori.
PUBLIO FIORI. Concludo, Presidente.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Teresio Delfino. Ne ha facoltà.
TERESIO DELFINO. Signor Presidente, intervengo molto brevemente, solo per sottolineare che anche a nostro parere l'intervento dell'onorevole D'Alema è sicuramente un invito autorevole ad una maggiore capacità di penetrazione e di approfondimento e pone un problema giusto. Riconosciamo nelle sue parole la sottolineatura di un passo avanti, ma anche certamente l'indicazione di un'insufficienza nel cambiamento e nei principi che dovrebbero reggere il nuovo assetto costituzionale.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Dichiaro chiusa la votazione.
La richiesta dell'onorevole Pisanu di confrontare il testo della Commissione con il suo emendamento è assolutamente lecita. Voglio soltanto evidenziare il dileggio dell'onorevole Pisanu con riferimento alla finalità di promozione e di favor costituzionale, che nel testo della Commissione si attribuisce alla Repubblica come garante degli interessi generali della collettività. L'espressione non ha nulla a che vedere con il clientelismo o con il favoritismo, come egli ha detto; peraltro, voglio far notare all'onorevole Pisanu che essa è contenuta nel testo che milioni di italiani hanno accolto quando hanno proposto l'introduzione di questo principio nella nostra Costituzione.
In sostanza, ribadisco quanto ho detto ieri mattina: mentre il riferimento al riconoscimento e alla valorizzazione, che è molto limitativo rispetto al termine «favorire», è contenuto nella prima parte della Costituzione, il riferimento alla necessità che la Repubblica in tutti i suoi organi (Stato, comuni, province, regioni e città metropolitane) non si limiti soltanto a valorizzare e a riconoscere, ma attui una politica di promozione e, quindi, di favor inteso come una valorizzazione attiva e non come un semplice riconoscimento, rappresenta il concetto di sussidiarietà come strumento di rinnovamento del welfare che era alla base e all'origine della scelta popolare per l'introduzione del principio nella Costituzione.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul testo alternativo del relatore di minoranza, onorevole Fontan, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 356
Maggioranza 179
Hanno votato sì 128
Hanno votato no 228).
(Segue la votazione).
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 347
Votanti 346
Astenuti 1
Maggioranza 174
Hanno votato sì 124
Hanno votato no 222).
(Segue la votazione).
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 359
Votanti 358
Astenuti 1
Maggioranza 180
Hanno votato sì 125
Hanno votato no 233).
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Calderisi. Ne ha facoltà.
Voglio sottoporre all'attenzione dei colleghi il modo in cui è stato formulato questo principio contenuto nell'emendamento 6.40 della Commissione, che è del seguente tenore: «Le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che (...)». Vengono poi riportate le ragioni per le quali possono essere attribuite ad enti di livello maggiore per motivi legati appunto al principio di sussidiarietà, a problemi di adeguatezza, all'esercizio unitario delle funzioni e via dicendo. Ripeto, quindi, che il principio di sussidiarietà verticale o istituzionale afferma che le funzioni amministrative sono attribuite ai comuni salvo che... Non si dice, colleghi Soda e Boato, che lo Stato favorisce l'attribuzione ai comuni delle funzioni amministrative, come voi pretendete di scrivere il principio di sussidiarietà! È un'altra cosa quanto è stato scritto nel subemendamento Boato sulla sussidiarietà, là dove si parla di favorire l'autonoma iniziativa dei cittadini per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base dei principi di sussidiarietà. È una previsione diversa, di portata ben diversa da quella con la quale viene invece formulato il principio di sussidiarietà mutuandolo con lo stesso tipo di impostazione che si dà alla sussidiarietà verticale: le attività vengono svolte dai privati o dalle formazioni sociali; se non saranno in grado di svolgere queste funzioni, allora interverranno i vari enti, i diversi livelli quando ciò si renda necessario. Tuttavia, vi è un limite, un ambito nel quale appunto la mano pubblica, i pubblici poteri non intervengono!
Credo che questo principio sia più che chiaro e che rappresenti una ragione di fondo di differenza.
Credo quindi che vi sia proprio una diversità profonda di scelte e di impostazioni e che questo confronto sia quanto mai utile per comprendere proprio la diversa impostazione delle posizioni degli schieramenti politici.
Vi è però una questione terminologica che per noi è sostanziale. Lo dico adesso parlando dell'emendamento del collega Calderisi, che peraltro voteremo, che si riferisce all'intervento che nella seduta di ieri ha svolto sul punto il collega Soda. Quest'ultimo ha richiamato, non a caso, una petizione che nel nostro paese ha riscosso un grande successo e che è tesa
Voglio dire con grande chiarezza che, se si vuole sul serio dare una risposta a quella petizione, si deve, per coerenza, tenere fermi, e non solo dal punto di vista terminologico, questi riferimenti che chiariscono cosa il mondo del volontariato, il mondo dell'associazionismo e quello del terzo settore intendano per sussidiarietà: un qualcosa di diverso, frutto dell'iniziativa del privato sociale al quale va riconosciuto l'interesse e la rilevanza pubblica di ciò che viene svolto. È cosa diversa, onorevoli colleghi, dall'interpretazione di mercato sfrenato e di liberismo senza controlli e di capitalismo rampante che i colleghi della sinistra - un po' propagandisticamente - ci hanno dichiarato più volte nel corso delle giornate di lavoro su questo testo.
Spero che i colleghi della Commissione riflettano se vogliono il consenso anche dell'opposizione in un clima autenticamente costituente su questo punto, ma, se preferiscono privilegiare le ragioni di schieramento rispetto alle ragioni complessive dell'Assemblea, mantengano quel testo che hanno approvato e che è figlio di una mediazione all'interno della maggioranza: non potranno ottenere il nostro voto e, a mio avviso, si perderà un'altra occasione importante e significativa per votare a grande maggioranza un emendamento a favore della sussidiarietà e non di qualcosa di diverso rispetto all'interpretazione autentica della sussidiarietà secondo gli intenti e le dichiarazioni degli attori responsabili e principali della sussidiarietà nel nostro paese.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Calderisi 0.6.40.7 (ex 0.6.22.5), non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 388
Votanti 384
Astenuti 4
Maggioranza 193
Hanno votato sì 139
Hanno votato no 245).
(Segue la votazione).
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 382
Votanti 378
Astenuti 4
Maggioranza 190
Hanno votato sì 147
Hanno votato no 231).
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pagliarini. Ne ha facoltà.
Lo Stato, nel rendere i servizi ai cittadini lo fa in regime di monopolio. Ecco perché chiediamo di cambiare. Capite?
È evidente: vi è un servizio da dare ai cittadini che lo Stato rende con i suoi dipendenti e costa cento lire, ma lo stesso identico servizio, con la stessa qualità, viene reso dal privato a ottanta lire. Facciamolo allora rendere dal privato, così risparmiamo 20 lire e possiamo aumentare le pensioni minime, costruire delle strade o far funzionare meglio le scuole perché risparmiamo dei quattrini (Commenti del deputato Edo Rossi) oppure, a parità di spesa, potremo ottenere una maggiore qualità.
Si tratta dunque di eliminare il monopolio dello Stato. Ho sentito dire dai colleghi della sinistra che non è etico che i privati intervengano e traggano dei profitti nel rendere i servizi ai cittadini. Ma, scusate, chi se ne frega se traggono dei profitti, l'importante è che i servizi siano resi nel modo migliore e con il miglior rapporto costo-qualità. Vi chiedo dunque di lasciare un po' da parte le ideologie e di essere pratici. Infatti, è assolutamente necessario eliminare il monopolio dello Stato nel rendere i servizi ai cittadini. Mi sembra di tutta evidenza. Chi se ne frega se un privato, nel rendere questi servizi, ci guadagna: basta che li renda bene e che ci costi meno di quello che ci costa se lo facciamo noi. Facciamolo fare a lui (Commenti del deputati Edo Rossi)!
Vi chiedo dunque di lasciare da parte ideologie che ormai non hanno più senso e di essere pratici e concreti, altrimenti continueremo a peggiorare la qualità della vita dei cittadini perché i servizi non sono buoni (Applausi dei deputati del gruppo della Lega nord Padania).
La raccomandazione è la seguente: se il problema riguarda il dubbio che con la nostra idea di sussidiarietà lo Stato in qualche modo ci perda, vi prego di liberarvi da tale dubbio, perché in realtà lo Stato riguadagna tutte le sue prerogative di controllo. Scusate la provocazione: insomma, se lo Stato smettesse di gestire i servizi alla persona e, per esempio, si dedicasse di più a materie come la sicurezza, la politica estera e tante altre che noi prevediamo rimangano in capo allo Stato, non sarebbe più utile per tutti?
Con questi emendamenti, di fatto, vogliamo liberare lo Stato da prerogative che non sono sue storicamente perché, come ha detto il presidente Pisanu stamattina, appartengono prima ai cittadini: gli ospedali sono stati inventati prima di qualunque forma di Stato (Commenti del deputato Delbono). Tra l'altro, ho citato appositamente la politica estera, che è un tema nazionale su cui siete molto deficitari! Avanzo allora una proposta, che riguarda non tanto il subemendamento in esame quanto il successivo subemendamento Boato 0.6.40.2: il problema, come ormai abbiamo capito, riguarda il verbo «favoriscono», di cui sono state date talmente tante interpretazioni che lo stesso nuovo dizionario del ministro De Mauro «impallidirebbe». Proponiamo, quindi, di sostituire la parola «favoriscono» con le parole «riconoscono e valorizzano», che corrispondono esattamente al contenuto della petizione tanto sottolineata questa mattina. Con tale sostituzione, quel subemendamento diventa per noi accoglibile.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Pisanu 0.6.40.8 (ex 0.6.22.7), non
(Segue la votazione).
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 411
Votanti 408
Astenuti 3
Maggioranza 205
Hanno votato sì 156
Hanno votato no 252).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Volonté 0.6.40.1, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 421
Votanti 418
Astenuti 3
Maggioranza 210
Hanno votato sì 158
Hanno votato no 260).
(Segue la votazione).
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 424
Votanti 413
Astenuti 11
Maggioranza 207
Hanno votato sì 243
Hanno votato no 170).
(Segue la votazione).
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 421
Votanti 416
Astenuti 5
Maggioranza 209
Hanno votato sì 164
Hanno votato no 252).
(Segue la votazione).
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 414
Votanti 411
Astenuti 3
Maggioranza 206
Hanno votato sì 153
Hanno votato no 258).
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Migliori. Ne ha facoltà.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Boato 0.6.40.2, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 416
Votanti 414
Astenuti 2
Maggioranza 208
Hanno votato sì 258
Hanno votato no 156).
Passiamo alla votazione dell'emendamento 6.40 della Commissione.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cè. Ne ha facoltà.
Questo è il concetto base che guida la sussidiarietà verticale. Di questa discussione in aula non si è fatto nemmeno cenno.
Per quanto riguarda poi l'altro aspetto affrontato dal subemendamento Boato, che riguarda la sussidiarietà orizzontale, vorrei ricordare che nell'articolo 2 della Costituzione viene sancito come diritto inviolabile del cittadino quello di esercitare la propria iniziativa, che può essere politica, civile, sociale ed economica, all'interno delle formazioni sociali. Pertanto, nella prima parte della Costituzione si dice chiaramente che deve esistere la sussidiarietà orizzontale.
È inutile che i Popolari, attraverso l'intervento della Jervolino ed anche con l'intervento dell'onorevole Bindi che ho letto oggi su Il Popolo, continuino a ripeterci che il concetto giusto di sussidiarietà orizzontale è che lo Stato continui a gestire i servizi. Si tratta di una visione comunista, distorta, accentratrice e statalista che tende a conservare una concezione corrotta del potere, mantenendo il potere al centro per garantirsi nel tempo le clientele, la corruzione, lo spreco di denaro pubblico. Su questo bisogna essere assolutamente chiari.
Pertanto, se vogliamo effettivamente... (Commenti del deputato Delbono). Tu smettila, Delbono, sennò una volta vengo lì e ti do due schiaffoni (Commenti dei deputati del gruppo dei Popolari e democratici-l'Ulivo).
Se vogliamo realizzare effettivamente la sussidiarietà orizzontale, come è giusto che sia, poiché esiste nella prima parte della Costituzione, dobbiamo scrivere «riconosce e garantisce l'iniziativa dei singoli, delle famiglie e delle comunità» (Applausi dei deputati del gruppo della Lega nord Padania).
Prego, onorevole Giovanardi.
L'onorevole Jervolino ieri ci ha spiegato bene che anche la valorizzazione deve fare riferimento soltanto alle iniziative che non hanno scopo di lucro. È una tesi che non solo mi meraviglia, ma mi sconcerta, perché credevo e continuo a credere fermamente che i singoli, le famiglie, le imprese, le formazioni sociali debbano operare ed anzi che uno dei maggiori contributi allo sviluppo sociale ed economico di questo paese sia stato dato proprio dai singoli, dalle famiglie, dalle imprese familiari. Queste, con il loro lavoro, sono riuscite a creare reddito anche nell'ottica di una giusta retribuzione per le famiglie e per le imprese, permettendo così quella crescita sconosciuta nei paesi socialisti che ha favorito l'attuazione di politiche sociali. Ora non soltanto la sinistra e i Popolari bocciano questo riconoscimento ma ieri l'onorevole Jervolino ha dato un'interpretazione autentica in base alla quale il principio di sussidiarietà dovrebbe riguardare soltanto le iniziative senza scopo di lucro. È un bel passo indietro rispetto ad una realtà che ogni giorno trova ampi riconoscimenti nell'attività svolta in questo paese da quegli imprenditori che hanno voglia di investire, di creare lavoro di contribuire alla crescita del nostro paese. Quando poi si passa ai principi, quando si devono determinare nella Costituzione i limiti e gli ambiti dei rapporti tra il pubblico e queste realtà sottostanti, il Parlamento si rifiuta di riconoscere ai privati, alle famiglie, alle imprese e alle formazioni sociali il diritto di agire senza permessi, condizionamenti o comunque concessioni o autorizzazioni da parte del settore pubblico. Il verbo «favorisce» significa anche atteggiamenti di favore: favorisco te ma non favorisco un altro, mentre se il mio diritto è riconosciuto, non è più il settore pubblico a favorire l'iniziativa ma la deve riconoscere in quanto tale e, nel caso sia insufficiente, intervenire.
Questi voti, signor Presidente, rappresentano un arretramento culturale e politico molto preoccupante e non in sintonia, come la collega Sestini ha dimostrato, con la richiesta proveniente dalla società civile.
La Repubblica non crea diritti; li riconosce e li tutela. Non esiste una questione di primato dello Stato nei confronti della società, così come oggi è stata posta. Mi riferisco ad un primato dello Stato sulle famiglie, sulle persone e sull'uomo. Esiste un principio di responsabilità che impegna le istituzioni democratiche a favorire lo sviluppo della persona nella pluralità delle sue articolazioni.
Questo testo non sostituisce gli articoli 2 e 3 della Costituzione, ne è semmai lo sviluppo coerente e moderno rispetto ad una società che è cambiata anche nella ricchezza di espressione delle formazioni sociali e nel protagonismo nuovo dei cittadini. Ritengo si sia posto in modo non proprio il rapporto tra il pubblico e il privato. Non siamo per una contrapposizione tra pubblico e privato o per una concezione negativa che esalti o neghi il primato di una dimensione sull'altra: le istituzioni svolgono le funzioni loro proprie, con il limite di rispettare le attività che possono essere svolte dai cittadini e dalle formazioni sociali in un rapporto dinamico, agile e cooperativo, non conflittuale.
L'idea che abbiamo delle istituzioni democratiche nella nostra Repubblica probabilmente non coincide con quella oggi espressa dall'onorevole Pisanu: non è il luogo del potere, ma un potere che sostiene e favorisce lo sviluppo della persona. È cosa diversa rispetto a quello che oggi abbiamo ascoltato. Il termine «favorire» non significa dispensare favori o assecondare clientele, ma concerne l'assunzione di una responsabilità che è il sale della nostra democrazia. Non condividiamo la pretesa di una competizione tra la società e le istituzioni democratiche. Questa idea di competizione maschera forse il desiderio di rimozione della funzione di regola e di garanzia che spetta allo Stato, alle regioni e alle autonomie locali per affidare lo sviluppo della persona ed il destino dei cittadini ad una
Un moderno principio di sussidiarietà non può avere i caratteri del centralismo totalizzante, ma non può coincidere con la dimensione passiva ed indifferente che affida alla competizione tra le forze sociali il compito di garantire il diritto fondamentale della persona. Siamo contrari all'idea che il mercato possa sostituire...
Sono stati richiamati gli articoli 2 e 3 della Costituzione, che non c'entrano nulla con il principio di sussidiarietà: essi riconoscono i diritti degli individui e delle formazioni sociali e richiamano il dovere alla solidarietà sociale, ma evidentemente questi principi, che appartengono a ciascuno di noi, non c'entrano con il riconoscimento da parte dello Stato - e del Parlamento, in questo momento - che occorre garantire il primato della società civile, dell'iniziativa degli individui e delle organizzazioni sociali in cui gli individui si riconoscono, e che solo in un secondo momento interviene lo Stato.
L'emendamento che ci si ostina a voler presentare come riferito alla sussidiarietà, è di per se stesso la negazione della sussidiarietà, perché si fonda sul principio...
Voglio concludere, signor Presidente, con un richiamo alla coerenza, che spesso ci viene da parte dei popolari e soprattutto, direi anche con particolare accanimento, da parte del collega Soro.
Noi non accettiamo i richiami alla coerenza da parte di chi è collocato in uno schieramento politico che nell'attualità della tradizione europea è all'opposto della tradizione popolare.
Capisco che si avverta l'esigenza di doversi giustificare e di dover giustificare in aula la propria posizione, ma la realtà è che tale posizione è incoerente e rappresenta la negazione del principio di sussidiarietà e dei principi di solidarietà sociale ai quali, invano, si cerca di far riferimento, mentre li si tradisce concretamente con l'alleanza stipulata e che oggi
Voi popolari volete imporre la sicurezza di Stato, ma io vedo come oggi lo Stato si comporta per tutelare i vostri cittadini. Il prefetto di Padova - vostro padrone - ha rilasciato un'intervista in cui afferma: «Per la sicurezza dei cittadini: chiudete bene le porte. Niente panico, ma non si potrà più pretendere la stessa sicurezza di dieci anni fa». Questo è quanto afferma un rappresentante dello Stato a cui voi intendete lasciare la gestione della sicurezza, violando i diritti di salvaguardia del cittadino (Commenti dei deputati del gruppo Popolari e democratici-l'Ulivo). Questi sono i diritti di libertà che sostenete!
Le ricordo che ha due minuti a disposizione.
Sfortunatamente anche dai banchi della maggioranza abbiamo sentito ieri dare delle definizioni in ordine alla sussidiarietà che facevano veramente rabbrividire. In alcune di esse si partiva addirittura dal contrario, ossia si diceva che, se lo Stato non ci arriva, sono allora i gradi inferiori (arrivando fino ai cittadini) a sopperire. Ma il principio di sussidiarietà è esattamente il contrario; con esso si stabilisce che là dove le città, i comuni e via dicendo non arrivano, sono i livelli di grado superiore a dare, diciamo così, una mano. Esiste poi il principio di sussidiarietà che a livello nazionale riguarda anche l'interazione delle regioni.
Credo che stabilire un principio di sussidiarietà sia corretto; cerchiamo però di dare una definizione, di chiarire di che cosa si tratta. È vero che tecnicamente e scientificamente è conosciuto da tutti; è vero che tale principio è stato stabilito dal Trattato di Maastricht ma è altrettanto vero che noi stiamo facendo una grossa confusione; rendiamo infatti difficile una cosa che è estremamente semplice e chiara e che dovrebbe far parte della mentalità non solo dei cittadini ma anche delle istituzioni.
Ricordo che la Commissione bicamerale propose di inserire una definizione del principio di sussidiarietà in Costituzione. Chiedo di valutare se questo non possa essere un elemento aggiuntivo al quale può rifarsi la Commissione o il Governo, e che potrebbe favorire la soluzione della questione in oggetto.
Dobbiamo però svolgere due osservazioni. La prima - non me ne vogliano gli amici Popolari - è che riteniamo l'elemento di carenza essere rappresentati da emendamenti di altri colleghi, anziché da un'iniziativa specifica del partito popolare in questa materia, senza nulla togliere all'autorevolezza del collega ed amico Boato che come forza politica rivendica su
Signor Presidente, vorrei ricordare la discussione che facemmo sul testo della bicamerale quando l'onorevole Guarino, allora deputato del PPI, presentò un emendamento specifico sul principio di sussidiarietà. Fin da allora si riteneva che la difesa delle formazioni sociali e del ruolo che esse debbono svolgere fosse una battaglia specifica e precipua del partito popolare. Prendiamo atto che così non è stato e ribadiamo che su questo principio si debba fondare, in larga misura, il cambiamento del nostro patto costituzionale.
Pagliarini sostanzialmente sostiene che se si creano più occasioni di mercato si può garantire il massimo della qualità e il minimo dei costi. Questo non è sempre vero; è vero quando si realizzano le condizioni per vera concorrenza, in questo caso è sicuramente vero. Se una serie di beni viene offerta da molte persone, si cerca di migliorare la qualità e di ridurre il prezzo, ma è chiaro che se facessimo una parziale privatizzazione della RAI e se avessimo in Italia soltanto due o tre gruppi, che magari si fanno concorrenza tra loro, ciò potrebbe portare ad un peggioramento della qualità perché i gruppi interessati perseguono legittimamente scopi di profitto. Ciò vale per la sanità e per la scuola ed è il motivo per cui credo che Pagliarini non sia d'accordo con la posizione di alcuni liberisti estremi che pensano che il miglioramento della qualità nella scuola si possa garantire introducendo regole di mercato e cioè scuole in pura concorrenza tra loro.
A me sembra che la differenza tra noi e voi - ed è il motivo per cui mi dispiace l'aggressività di Vito o di altri colleghi - sia sul limite del principio di sussidiarietà che, come è stato detto bene anche nell'ultimo intervento, è affermata da tutti, anche se non tutti concordano sui limiti. Può darsi che alcuni colleghi dell'estrema sinistra abbiamo ancora convinzione o nostalgia per un estremo totalitarismo e pensino che la cosa migliore è che tutto sia gestito dallo Stato. Non lo so, può darsi che sia così, ma non è questa la posizione del partito popolare. Rispettiamo la loro posizione, ma spostiamo il livello della sussidiarietà. È un dibattito legittimo e spiega perché abbiamo posizioni diverse rispetto ad alcuni emendamenti. Tuttavia, non mi sembra che si possano giustificare una serie di interventi che giudicano noi comunisti, se sosteniamo una tesi, e voi lontani dagli interessi dei cittadini, se ne sostenete un'altra. Non credo sia vero, abbiamo soltanto valutazioni che nel merito possono essere diverse.
Pur condividendo la tesi che il mercato spesso introduce elementi positivi con la concorrenza, affermiamo che ciò non accade sempre; la privatizzazione non sempre è foriera di miglioramento del servizio: si può privatizzare qualcosa ed ottenere un peggioramento del servizio ed un aggravio dei costi. Queste sono osservazioni che meritano di essere tenute presenti quando ci si giudica vicendevolmente (Applausi dei deputati dei gruppi dei Popolari e democratici-l'Ulivo e dei Democratici di sinistra-l'Ulivo).
Colgo l'occasione, avendo detto che non voterò a favore dell'emendamento 6.40 della Commissione, nel testo emendato, per ripetere ai colleghi del centrosinistra che considero un errore molto grave insistere nell'approvazione di una riforma costituzionale di questa portata, o di qualunque portata, nella fase finale di una legislatura e a colpi di maggioranza (Applausi di deputati del gruppo di Forza Italia). La Costituzione italiana è materia troppo importante, troppo delicata, perché si possa venir meno al principio sulla base del quale essa fu scritta negli anni 1946-1948: un grande patto costituzionale che vide le grandi correnti di pensiero economico, politico e culturale incontrarsi o scontrarsi, comunque collaborare.
Se noi, onorevoli colleghi, stabilissimo oggi un precedente diverso da quello con il quale abbiamo impostato la legislatura, che si è aperta con la Commissione bicamerale affidata alla leadership del leader del partito di maggioranza relativa, e si introducesse il principio che la Costituzione italiana è materia sulla quale si possa intervenire a semplici colpi di maggioranza, si introdurrebbe un principio politico del quale molti si pentirebbero (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza nazionale e della Lega nord Padania).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 6.40 della Commissione, nel testo subemendato, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Onorevole Conti, decida.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 394
Votanti 387
Astenuti 7
Maggioranza 194
Hanno votato sì 222
Hanno votato no 165).
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cè. Ne ha facoltà.
Credo, comunque, che il problema della sussidiarietà orizzontale vada impostato diversamente. Come già detto, esiste solo una forma di sussidiarietà orizzontale, quella secondo la quale la titolarità prioritaria di alcune funzioni, di alcuni servizi, deve essere appannaggio dei cittadini singoli ed associati, delle famiglie, delle comunità.
Il quadro di riferimento entro il quale la sussidiarietà orizzontale si deve esplicare chiama chiaramente le istituzioni pubbliche a svolgere un ruolo fondamentale. Ma di quale tipo deve essere tale
Tutte queste regole logicamente le deve fissare lo Stato. Il rischio a cui ha accennato Lombardi ci è ben presente: infatti, quando Pagliarini interviene sull'importanza di mettere in competizione le formazioni sociali, il privato e il pubblico, sottintende - alcune volte lo dà per «superscontato», perché mille volte lo ha detto - che vi debba essere un'adeguata regolamentazione antitrust con la quale, ad esempio, si preveda che nei servizi svolti nei comuni - o perlomeno a livello provinciale - la quota massima di determinati servizi possa essere del 20 per cento. Altrimenti, logicamente, andremmo nella direzione di un monopolio privato che sicuramente sarebbe più grave, dannoso e rischioso per la comunità di un monopolio pubblico.
Su questo siamo d'accordo!
Due anni fa l'onorevole D'Alema, nel discorso di insediamento del suo Governo, aveva fatto un'apertura che andava molto più in là rispetto alle posizioni non tanto forse dell'onorevole Lombardi, quanto di altri esponenti del partito popolare; in tal senso questi ultimi, forse, si pongono in una posizione più conservatrice rispetto a quella che era stata enunciata come programma di Governo da D'Alema due anni fa. Quei propositi non vennero però mantenuti per difficoltà interne alla maggioranza, ma questa era l'impostazione che venne indicata. In quel documento si diceva che un conto è parlare di servizi pubblici e un altro conto è affermare che questi ultimi debbano essere espletati dal pubblico, perché privato e pubblico sotto quel profilo andavano messi sullo stesso piano!
Quando, invece, parliamo addirittura di sussidiarietà orizzontale dobbiamo ricordarci che, specialmente nel settore sociale, vi deve essere addirittura una priorità, un diritto perché non ha alcun senso che, se un cittadino, una famiglia o una piccola comunità riescono a svolgere adeguatamente un compito, l'istituzione pubblica si debba gravare anche di questo. Non ha alcun significato, oltre ad essere irrispettoso delle libertà personali e della sovranità della comunità fondamentalmente rispetto alle istituzioni!
È allora importante fare chiarezza su tale argomento.
Presidente, concludo il mio intervento leggendo quanto invece smentisce tale impostazione. Infatti, in un articolo apparso su Il Popolo l'onorevole Bindi - che purtroppo non mi sta ascoltando perché è impegnata al telefono - ci dice che, ad esempio in materia di salute, di lavoro e di istruzione, è necessario che le istituzioni pubbliche assumano dirette responsabilità nell'organizzazione e nella gestione dei servizi; non nel fissare le regole, ma nella gestione! Questo è il contrario della sussidiarietà orizzontale (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega nord Padania, di Forza Italia e misto-CCD).
Sul tema della sussidiarietà vorrei dire che con il testo che è all'esame del Parlamento, nella forma sostenuta dalla maggioranza, noi facciamo un passo in avanti importante.
Il ruolo dell'iniziativa privata è riconosciuto e garantito nella nostra Costituzione e certamente non compete a noi di introdurre questo principio. Vi è già; vi hanno provveduto i padri costituenti!
Anche il principio di sussidiarietà, in realtà, è contenuto, nelle forme e nel linguaggio di allora, nella prima parte della Costituzione.
Il passo in avanti che noi facciamo è nel riconoscere la necessità oggi di favorire l'azione della società civile nella
Il punto sul quale vi era un dissenso (poi dirò una parola sul metodo e sulla possibilità di un dialogo vero anche se bisogna vedere chi ha la responsabilità di aver spezzato un dialogo vero che avrebbe consentito di chiarire questo dissenso) riguarda una interpretazione della sussidiarietà che, francamente, ha avuto una torsione privatistica e mercantile, o mercatistica, se vogliamo usare un'espressione un po' più raffinata. Infatti, quando si dice che lo Stato svolge soltanto le funzioni che non possono essere svolte più efficacemente dal privato (questo era il cardine, anche ideologico, della posizione della Casa delle libertà) non si propone la sussidiarietà, ma si propone un determinato principio: il confine tra il pubblico e il privato è l'efficacia e l'efficienza, ma lo Stato democratico moderno non può ammettere che ci sia solo questo confine.
C'è un confine che è l'equità. Perché non si è proposto che lo Stato fa tutto quello che i privati non possono garantire in modo più equo?
C'è un confine che è l'interesse nazionale. Vi sono determinate attività pubbliche che non possono essere svolte dai privati, anche se, magari, le svolgerebbero più efficacemente. Per esempio, può darsi che l'ordine pubblico possa essere garantito più efficacemente dalle ronde di qualche parlamentare che non dalla polizia, però, al di là dell'efficacia, ci sono altri principi che precludono che quella funzione pubblica possa essere giocata sul mercato. Allora, il punto era questo. Il punto non era la sussidiarietà, ma il punto è: quali sono i principi che noi poniamo su questo confine.
A me sembra che una interpretazione della sussidiarietà che si fonda sul principio dell'efficacia e dell'efficienza, ed esclusivamente su questo, sia un'idea della sussidiarietà che non ha fondamento nella cultura cattolico-democratica. Lo ha certamente in una visione liberista - che io rispetto -, ma non l'ha certamente in una cultura cattolico-democratica. Credo che questo sia stato il contenuto del confronto.
Forse un approfondimento avrebbe consentito di trovare una formulazione accettabile. Vorrei qui rispondere all'onorevole La Malfa.
Certo, a tutti si può imputare, ma è difficile imputare a questa parte e a chi parla, di non aver compiuto lo sforzo di promuovere una riforma costituzionale attraverso il metodo del confronto e del coinvolgimento. Vorrei ricordare che su questo tema specifico della forma di Stato non abbiamo avuto solo il lavoro della bicamerale, ma abbiamo avuto un appassionato lavoro dell'Assemblea che ci aveva portato ad un testo che era largamente espressione di una convergenza. È difficile rimproverare, adesso. Credo che il rimprovero che La Malfa muove alla maggioranza è totalmente fuori dal contesto politico di oggi. Oggi siamo di fronte ad un'altra emergenza. Siamo di fronte ad una visione politica che da una parte mira a frenare la possibilità che il Parlamento faccia una riforma e, dall'altra parte, l'affida ad una sorta di plebiscito popolare, che è quanto di più lontano dallo spirito dei costituenti. Credo che, purtroppo, noi siamo di fronte ad un problema che viene ancora prima del problema che tu poni, La Malfa. Il problema è che in questo momento noi dobbiamo rivendicare il diritto del Parlamento di fare le riforme. Certo, questo segnala un motivo di allarme sullo stato della vita pubblica e del sistema politico italiano, ma se in questo momento si accettasse
Sono d'accordo, lo concedo immediatamente, sul fatto che, per quanto riguarda il principio di sussidiarietà, si sarebbero richiesti approfondimenti ben diversi da quelli che, in un clima surriscaldato e, diciamolo pure, improvvisato, si stanno producendo in quest'aula. Però, onorevole D'Alema, se sono d'accordo con lei e con la sua parte sul fatto che al Parlamento spetta fare le riforme, lei mi concederà che il Parlamento ha avuto un'intera legislatura per farle e che le responsabilità del fatto che le riforme, malgrado la bicamerale, non siano giunte in porto non si possono addebitare a qualche intemperanza dell'onorevole Berlusconi...
Quindi, d'accordo in linea di principio, però faccio appello alla sua intelligenza (Commenti del deputato Rizzi) ed al suo senso di responsabilità: ci troviamo in un momento serio e difficile, è una situazione che durerà presumibilmente ancora dei mesi e che, nel corso di questi mesi, probabilmente andrà incontro ad accelerazioni anche preoccupanti; se facciamo passare in questo momento la riforma in esame, a pochi mesi dalla scadenza della legislatura e probabilmente a pochi mesi, o a poche settimane, dall'esaurimento delle funzioni di Governo da parte del Presidente del Consiglio Giuliano Amato, creiamo un precedente sulla cui gravità, come democratico, e non come rappresentante del centrodestra, indipendentemente dal colore di parte, la invito a riflettere. Tale precedente, infatti, sancirebbe il fatto che una maggioranza può votarsi riforme costituzionali per conto proprio. Questo sarebbe un precedente gravissimo. Se dimenticassimo che, a suo tempo, il centrodestra mostrò disponibilità candidandola a presidente della bicamerale, con una prova di grande apertura a possibili intese, cacceremmo il paese su una strada molto pericolosa. Faccio appello alla sua capacità di riflessione (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza nazionale e misto-CCD).
Nell'incontro che abbiamo avuto con i presidenti delle regioni, ho già detto che il mio gruppo non vedeva l'opportunità, in questo momento, di uno scontro su un tema che riguarda la modifica della Costituzione e l'avvio verso la forma federale dello Stato. La nostra proposta era dunque di non dare luogo, in fine di legislatura, ad un dibattito aspro quale quello che si è svolto e che viene portato avanti con determinazione esattamente nella direzione contraria allo spirito costituente del quale lei, onorevole D'Alema, giustamente ha parlato e che creò la Costituzione. Essa nella prima parte resta ancora un modello significativo e credo non solo per l'Italia.
Accettando l'invito alla riflessione da lei rivolto, ritengo che ad essa vada portato un supplemento di considerazioni: se non sia necessario che la sua maggioranza, che peraltro si è dimostrata alquanto confusa e incerta perché troppe volte sono stati cambiati punti importanti e nodali di questa riforma, rifletta sull'opportunità di non portare a conclusione questo processo in una fase nella quale l'asprezza del dibattito è tale da essere impedimento per una buona riforma. È vero che siamo stati invitati anche da alcuni presidenti delle giunte regionali a meditare sul poco piuttosto che sul nulla, ma, onorevole D'Alema, quando il poco emerge da un contrasto così aspro e, soprattutto, si concretizza nel voto solo di una parte, sia pure maggioritaria - magari per pochi voti -, credo che questo poco si riduca quasi al nulla.
Da parte mia, vorrei fare un appello. Mi chiedo se non sia il caso, visto che lei ha parlato a nome dell'intera maggioranza rivendicando il merito di ciò che viene realizzato, che lei rifletta su un aspetto: se tutto ciò sia positivo agli effetti di ciò che noi vogliamo, vale a dire trasferire maggiori poteri alle regioni, avvicinare la gente alle istituzioni o se, invece, non sia il caso di fare un supplemento di riflessione perché non si mescolino gli elementi positivi con quelli negativi rappresentati dall'asprezza di un dibattito che, sicuramente, non contribuisce a realizzare una riforma in senso federale dello Stato quale quella che noi vogliamo (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale).
Quando il presidente D'Alema parla di funzioni essenziali del pubblico - possiamo ricordare la difesa, la giustizia e la moneta - sfonda una porta aperta. Credo che nessuno mai dalla nostra parte politica abbia messo in discussione che, quando vi sono valori essenziali o interessi nazionali da difendere, non è certamente il privato a doversene fare carico.
Se vi era bisogno di un chiarimento su questo punto, è presto dato. Rivendico a mio merito di aver contribuito, nel corso della discussione di ieri, ad inserire in questa riforma non il principio della minima garanzia dello Stato rispetto all'essenziale
Ma noi stiamo parlando di qualcos'altro: stiamo parlando dell'onorevole Bindi che scrive su Il Popolo che lo Stato, le regioni e i comuni devono gestire direttamente anche quelle imprese sociali che potrebbero invece essere gestite diversamente. Lo stesso presidente D'Alema ha poc'anzi detto che la novità dell'evoluzione del pensiero della sinistra è proprio che, al di là del principio costituzionale che riconosce ai privati la libertà di intrapresa, essa è arrivata a concludere che anche nella gestione di determinati servizi, in vista del bene comune, l'intervento del privato può essere più efficace di quello del pubblico, che in questo paese storicamente era arrivato anche a produrre i panettoni, come tutti noi ben ricordiamo.
Ma questo lo dice il presidente D'Alema; non lo dice il partito Popolare che ha sostenuto il contrario. Prova ne sia che il punto d'incontro poteva essere proprio sull'emendamento da noi presentato, che prevedeva il riconoscimento di questo principio e cioè che il Parlamento, attraverso questa riforma, prendesse atto di un principio, che poi andava mediato nelle forme, su cui forse a parole siamo tutti convergenti.
Certo che anch'io preferivo l'ENEL di una volta, che mi garantiva un servizio ed un'efficienza della rete, rispetto all'ENEL di oggi che non so se sia pubblica o privata, ma certamente fa decadere l'intera rete, mentre le tariffe sono alte e i servizi per i cittadini diventano sempre più scarsi. Quella forma di privato monopolistico non mi piace, perché, se la distribuzione dell'energia in Italia è in mano a un solo soggetto monopolistico - che è privato anche se si chiama Chicco Testa -, non mi sta bene, anche se sto nel centrodestra.
Certamente è necessario fare qualche riflessione comune nella traduzione dei principi costituzionali. Ma purtroppo lo scontro non vi è stato su questioni che apparentemente ci avvicinano e ci fanno arrivare alla stessa conclusione, come lo stesso D'Alema ammette. Lo scontro si è verificato perché larga parte di questa maggioranza non condivide quello che il presidente D'Alema ha detto, ma non con riserve mentali: lo ha detto attraverso l'intervento dell'onorevole Jervolino, che ha parlato solo di riconoscimento di un privato che svolge funzioni senza scopo di lucro, nonché attraverso l'articolo dell'onorevole Bindi su Il Popolo.
Non si tratta di posizioni arretrate rispetto a quello che il Governo D'Alema o, all'inizio della legislatura, il Governo Prodi voleva realizzare, ma di posizioni arretrate rispetto ad un'evoluzione che si è verificata negli ultimi venti anni. Ciò che noi proponevamo rappresentava certamente un punto equilibrio ragionevole. Andava mediato, limato - eravamo disponibili a farlo - ma ciò è stato negato.
Anch'io sono preoccupato come l'onorevole La Malfa. Non vorrei che la Carta costituzionale mutasse ad ogni legislatura al mutare della maggioranza. Se qualcuno oggi pensa di fare una riforma a colpi di maggioranza, nella prossima legislatura qualcun'altro può pensare di fare a colpi di maggioranza una controriforma, e così via, di legislatura in legislatura. Credo che la Costituzione sia talmente importante e sia talmente un patrimonio di tutti che non si possa modificarla, se non vi è un vasto consenso: meglio lasciarla così (Applausi dei deputati dei gruppi misto-CCD, di Forza Italia e di Alleanza nazionale).
Come si fa poi ad aver paura dei referendum? Se la gente manifesta la propria opinione, poi in quest'aula ne terremo conto, com'è logico. In questi giorni stiamo approvando una riforma che è lontana anni luce dal pensiero della gente. Basti un esempio banale: ieri abbiamo assegnato sovranità legislativa esclusiva allo Stato in materia di immigrazione senza sentire le regioni perché avete bocciato l'emendamento che avevamo proposto. Penso che, su mille cittadini, novecentonovantanove o forse tutti e mille direbbero che è meglio sentire il parere delle regioni.
È inutile andare avanti tanto perché questo è il pensiero della Lega e io spero che in futuro ci sia efficienza nel sistema paese (Applausi dei deputati del gruppo della Lega nord Padania).
Quanto all'interesse nazionale, esso può essere realizzato anche dal privato; per esempio, chi dona allo Stato la propria collezione d'arte comprendente opere di Raffaello e Michelangelo evidentemente fa l'interesse nazionale. Quando l'armatore Rubattino a sue spese prestò a Garibaldi due vapori - il Piemonte e il Lombardo - per andare a liberare il Regno delle due Sicilie nel 1860, fece l'interesse nazionale. Come si vede, anche il privato può realizzare l'interesse nazionale. Non si tratta di uno steccato che divide il pubblico dal privato perché i due settori possono marciare insieme e direi che nel quadro della globalizzazione si verificano sempre più questi fenomeni di necessità di intervento privato anche per realizzare degli interessi di carattere generale.
Le mie osservazioni riguardano il merito normativo ed il merito politico di
Noi, però, stiamo parlando di un'altra cosa, sulla quale non ho opinioni definitive, ma che vorrei affidare ad un attimo di riflessione problematica. È vero che quel modo di realizzare l'equità che abbiamo conosciuto negli ultimi cento anni di storia dello Stato occidentale è ancora il metodo più efficiente per realizzare l'equità stessa, ma dobbiamo domandarci: gli strumenti centralizzati dello Stato sociale sono ancora quelli maggiormente in grado di realizzare gli obiettivi per cui lo Stato sociale è noto? Il dibattito è molto aspro, non solo in Italia, ma anche in altre nazioni a noi vicine culturalmente. Pertanto, non avrei le sicurezze che sono state qui manifestate. Certo, sappiamo che la strada intrapresa dall'Europa continentale, ovvero quella di uno Stato sociale molto forte, è rischiosa dal punto di vista dell'efficienza, nonché - come vediamo in questi giorni - della collocazione internazionale della nostra comunità e dell'Europa nei confronti di un diverso modello.
La seconda questione è il merito politico. Al riguardo, non ho dubbi: questa legislatura è stata caratterizzata da una volontà di fare le riforme che non siamo riusciti a realizzare. Tentare di realizzarle in questa fase incantata (che è una fase pre-elettorale), non per la volontà delle parti, ma per la ristrettezza dei tempi, rischierebbe di trasformarsi in una forzatura; rischiamo, cioè, di trasformare una discussione sulla riforma costituzionale in una discussione propagandistica. Questo è un rischio enorme, che crea un precedente ancora più pericoloso, a mio giudizio, di quello - pur pericoloso - cui accennavano l'onorevole La Malfa e l'onorevole Colletti, di una Costituzione riformata a colpi di maggioranza; ovvero, crea il precedente di una Costituzione riformata per obiettivi propagandistici in vista di uno scontro elettorale.
Onorevole D'Alema, se mi consente, forse anche con un po' di emotività sentimentale (che tutto sommato avverto), ritengo che lei sia stato tra i protagonisti dell'attuale legislatura. Sarebbe una dimostrazione del senso di responsabilità (attribuisco a tale ragione il suo intervento) cercare di evitare che una legislatura che avrebbe dovuto essere riformatrice, finisca per essere una legislatura che della Costituzione (o della riforma costituzionale) fa un vessillo di propaganda. Forse siamo ancora in tempo.
I termini come efficienza e modernizzazione sono neutrali: possono far pensare ad un processo positivo, ma possono far pensare anche ad un processo negativo. Persino il boia può usare sistemi più efficienti per dare la morte al condannato. L'efficienza non può, perciò, essere trasformata in un principio morale, se non è commisurata all'obiettivo da realizzare.
Specialmente in questo periodo nel quale, guardando indietro, ricordiamo una fase del secolo scorso nella quale troppo spesso è accaduto di dover osservare sistemi che promettevano giustizia a scapito delle libertà, non vorremmo oggi affrontare il cammino verso un sistema nuovo e moderno nel quale venga valorizzata ed esaltata la libertà a danno della
Credo che questo sia un tema sul quale è necessario un approfondimento in questo Parlamento e certamente anche all'interno delle forze di opposizione (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale).
La nostra interpretazione del principio di sussidiarietà ci pone in qualche misura in una posizione differente: per noi sussidiarietà significa soprattutto meno Stato e maggiore coinvolgimento delle formazioni sociali e della famiglia, quindi un'elevazione del tasso di umanità nell'erogazione soprattutto di quei servizi sociali nei quali riteniamo si debba realizzare nel prossimo futuro un cambiamento profondo e sostanziale. Certamente non è questa la sede per affrontare tale tema, però desideravo sottolineare che questo intervento porta alla luce un problema che noi abbiamo sempre posto: le riforme non si possono fare con spirito di parte, né di corsa.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 6, nel testo emendato.
(Segue la votazione).
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 408
Votanti 402
Astenuti 6
Maggioranza 202
Hanno votato sì 249
Hanno votato no 153).


