Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 775 del 21/9/2000
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(Esame dell'articolo 6 - A.C. 4462)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 6, nel testo unificato della Commissione, e del complesso degli emendamenti e subemendamenti ad esso presentati (vedi l'allegato A - A.C. 4462 sezione 1).
Ha chiesto di parlare l'onorevole Pisanu. Ne ha facoltà.

BEPPE PISANU. Signor Presidente, intervengo con particolare riferimento al tema della sussidiarietà sociale, che ieri ha occupato lungamente i lavori di questa Assemblea e che ora ritorna alla nostra attenzione con l'emendamento dell'onorevole Boato.
Vedo, per la verità, che l'onorevole Boato ha subemendato se stesso, tagliando proprio la parte relativa alla sussidiarietà sociale, immagino per sottrarla alla votazione del subemendamento Moroni 0.6.22.1, che ne chiede la soppressione con un atto di innegabile onestà intellettuale e politica. Ma l'emendamento Boato, scansato questo subemendamento, ritorna più in là nel testo.


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Voglio soffermarmi solo su questo punto, perché credo che quell'emendamento sia il simbolo della mistificazione politica complessiva che cerca di far passare per riforma federalista questo confuso e confusionario trasferimento di poteri dallo Stato alle regioni.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE LORENZO ACQUARONE (ore 13,30)

BEPPE PISANU. Ieri l'onorevole Soda, nel contrastare, anche con parole pesanti, il mio emendamento sulla sussidiarietà sociale, ha fatto riferimento contro di noi ad un appello sottoscritto da milioni di cittadini, la maggior parte dei quali cattolici e qualcuno, per la verità, anche diessino e ministro in carica.
Dopo aver letto testualmente la dichiarazione dell'onorevole Soda, ho riletto quell'appello. L'onorevole Soda ha detto: «Questi milioni di cittadini si sono appellati al Parlamento affinché esso scriva nella Carta costituzionale che la Repubblica, e pertanto tutti i suoi organi, favorisce le libere iniziative dei privati volte all'interesse generale».
Come ho detto, sono andato a leggere quell'appello e ho visto che corrisponde, non al testo proposto dall'onorevole Soda, ma a quello proposto da me. Questo per la semplice ragione che tanto gli estensori dell'appello quanto il sottoscritto ci siamo rifatti alla stessa fonte, allo stesso insegnamento. Onorevole Soda, quell'appello al punto 5 prevede che venga esplicitamente disposto che, nell'esercizio delle loro funzioni, comuni, province, regioni e Stato riconoscano e valorizzino gli interventi autonomi dei cittadini e delle loro formazioni sociali. Lo ripeto, si dice «riconoscano e valorizzino», non «favoriscono». Il verbo «favorire» compare soltanto al punto 4 di quell'appello ma quando si parla di disporre gli interventi legislativi atti alla realizzazione di questo riconoscimento e di questa valorizzazione.
I cittadini e le loro associazioni non hanno bisogno di essere favoriti dallo Stato, hanno bisogno di essere riconosciuti e valorizzati perché cronologicamente e culturalmente vengono prima dello Stato. La domanda fondamentale che dobbiamo porci, onorevole Soda, è se siano i cittadini a decidere quali poteri devono essere conferiti allo Stato o se sia lo Stato a determinare quali sono gli spazi di libertà riconosciuti ai cittadini. La nostra risposta è ovvia ed è quella che afferma il primato della società civile. La Costituzione non deve favorire nessuno! Noi non vediamo la Costituzione come elargitrice di favori, essa deve solo riconoscere e valorizzare, riconoscere e garantire, come fa in molte sue parti. Lo ripeto, non deve favorire nessuno.
Onorevole Soda, francamente il collega Buttiglione non ha truffato né insultato nessuno. Truffatore ed imbroglione non è chi cerca di recepire in un testo costituzionale richieste democraticamente avanzate da milioni di cittadini, semmai lo è chi quelle richieste manipola ed altera fino a sviarne completamente il significato e a travisarne il senso.
L'onorevole Soda conosce alla perfezione l'emendamento Boato e mi chiedo perché non lo abbia sottoscritto: ma evidentemente non conosceva bene il nostro emendamento e ancor meno conosceva il testo dell'appello - se vuole glielo mando subito per le vie brevi - al quale ha fatto riferimento.

ANTONIO SODA, Relatore per la maggioranza per i profili inerenti all'ordinamento regionale. L'ho fornito io ieri ad un suo collega, su sua richiesta! Caso mai me lo restituisca!

BEPPE PISANU. Allora delle due, anzi, delle tre l'una, caro Soda: o quel testo lei non l'ha letto, oppure non l'ha capito, oppure lo ha interpretato a suo uso e consumo (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale).
Noi vogliamo riaffermare qui il primato della società civile, mentre voi - lo ha riconosciuto ieri onestamente l'onorevole Cherchi - questo stesso primato non lo riconoscete. Voi rifiutate una concezione residuale dello Stato, una «secondarietà»


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dello Stato rispetto alla società e all'economia. Questa è una differenza della quale in quest'aula e fuori di qui si deve prendere atto perché essa segna tutto l'abissale divario esistente tra statalismo e liberalismo, tra concezione centralista e burocratica dello Stato e concezione autonomista e federalista.
È una differenza di grande, grandissimo conto. Vede, onorevole Bodrato... mi scusi, volevo dire Boato (è un lapsus freudiano), con questa concezione può anche accadere che un capitano coraggioso - e magari disinvolto - privatizzi la telefonia di Stato, ma non potrà mai accadere che un boiardo elettrico altrettanto disinvolto pubblicizzi la telefonia privata, utilizzando i soldi pagati da Pantalone in tariffe elettriche (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale)! Con questa concezione non potrà mai accadere che un grande boiardo come Tatò possa far rinascere l'IRI gettandosi nel business degli acquedotti o in quello della telefonia privata o, magari, in quello delle scommesse, sempre con i soldi delle tariffe elettriche pagati da Pantalone (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale)!
Mi spiace, onorevole Boato, di dovermi rivolgere a lei con tale asprezza, anzi gliene chiedo scusa in partenza, ma il suo emendamento 6.22 (Nuova formulazione) è in tutta evidenza una dissimulazione; è un giochetto di prestigio che non ha nulla a che vedere con la sussidiarietà sociale, perché lascia tutto come è, anzi, peggiora le cose. Le peggiora perché con la parola «favorisce» messa al posto delle parole «riconosce e valorizza» lei imbelletta il primato dello Stato con una cipria di paternalismo che serve solo ad accentuare le peggiori inclinazioni clientelari della mano pubblica.
Concludendo, vorrei ricordare il monito di un grande uomo politico italiano che è ai nostri antipodi, l'onorevole Togliatti...

GIANNI RISARI. Comunista! Comunista!

BEPPE PISANU. ...quando ammoniva i suoi compagni dicendo loro di stare attenti che un giorno o l'altro i borghesi avrebbero preteso di insegnare loro come si fa la rivoluzione. Vedo ora che alcuni dei suoi discendenti hanno appreso a tal punto quella lezione che pretendono di insegnare, a noi cattolici, come si fa la sussidiarietà, sia verticale che sociale (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale). Anche per questo, onorevoli colleghi, mi auguro che, come noi di Forza Italia, tutti gli altri colleghi liberali, cattolici e non cattolici, presenti in quest'aula votino contro quell'emendamento mistificatore, che rivela tutta la mistificazione politico-elettorale di questa riformetta sedicente federalista (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Moroni. Ne ha facoltà.

ROSANNA MORONI. Signor Presidente, prima di iniziare il mio intervento, vorrei fare una piccola osservazione: meno male che nel nostro paese il monopolio del cattolicesimo non ce l'ha Forza Italia e non ce l'hanno queste teorie che, semmai, possono vantare il monopolio del liberismo e non certo quello degli ideali del cristianesimo.
Vorrei spiegare molto brevemente perché il gruppo comunista ha presentato un subemendamento soppressivo del terzo comma dell'emendamento Boato 6.22 (Nuova formulazione) fatto proprio dalla Commissione, mentre condividiamo totalmente i primi due commi dello stesso emendamento. Il nostro non è un voto contro la formulazione proposta dal collega e condivisa dal resto della maggioranza; quella formulazione, se interpretata come volontà di promuovere la partecipazione attiva dei cittadini ed il loro concorso al progresso materiale e spirituale della società, non solo è condivisibile, ma è anche coerente con i principi basilari della nostra Carta costituzionale. Basta leggere l'articolo 2 e l'articolo 4; ma ci sono anche, nonostante i reiterati tentativi


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del Polo di cancellarle, le affermazioni di cui agli articoli 41, 43 e 45. Se fosse questa la sussidiarietà che la destra sollecita con tanta insistenza, non ci sarebbe neppure bisogno di modifiche costituzionali: la Costituzione in vigore già consente, anzi già ha consentito nei fatti tutto questo.
Noi consideriamo un grande patrimonio, una grande ricchezza per l'intero paese il variegato mondo del volontariato, dell'associazionismo, della cooperazione sociale. Purtroppo, molte affermazioni fatte, appunto, soprattutto da Lega e Forza Italia - e ci meravigliamo della coscienza di Alleanza nazionale - denotano intendimenti ben diversi. La destra, o almeno la sua parte più mercantile, vuole la privatizzazione di funzioni fondamentali finora riservate alle istituzioni, vuole la marginalità delle istituzioni, vuole l'azzeramento di quello Stato sociale disegnato dalla Costituzione e che ha consentito l'estensione concreta dei diritti a tanti che ne erano esclusi. I loro emendamenti parlano di trasferimenti di attività, ora svolte da Stato, regioni e comuni, al cittadino, alle famiglie: ma di quale cittadino parlano, di quali famiglie? La verità è che non tollerano limiti e freni - o lacci e lacciuoli, per usare un gergo a loro più caro - all'iniziativa ed alla proprietà privata. Non li vogliono neppure in nome ed in difesa degli interessi generali.
Voi predicate la supremazia del mercato e del privato, ai quali anche le istituzioni dovrebbero inchinarsi. Volete che lo Stato e le autonomie territoriali si facciano da parte e lascino mano libera ai detentori del potere economico. Parlate di Stato e istituzioni come se fossero altro dal cittadino: la verità è che vorreste una sanità privata, una scuola privata, una previdenza privata, un mercato del lavoro senza regole, tranne quelle padronali. Questa è la vostra sussidiarietà. Voi volete eliminare il concetto di Repubblica e farne una res privata, in cui lo Stato mantiene solo un ruolo marginale di assistenza e di sostegno degli esclusi, interviene solo, come ci ha detto ieri Giovanardi, per correggere e per aiutare. Nessun paese socialmente e democraticamente progredito ridurrebbe lo Stato a questa funzione di compensatore delle ingiustizie. Vorrei anche ricordare che lo Stato, i soggetti istituzionali in genere, non hanno solo il compito, pur fondamentale, di dispensare servizi e prestazioni; hanno anche, devono avere, quello di promuovere la crescita complessiva di un territorio, lo sviluppo sociale e civile, l'emancipazione culturale. Il mercato, per la sua stessa natura, non ha né può avere tra i suoi fini la giustizia sociale o l'eguaglianza dei cittadini, assegnati invece, non a caso, dalla Costituzione alla Repubblica come obiettivi cardine. Per questo la politica e le istituzioni non possono accettare una posizione di sudditanza di fronte alle leggi dell'economia; deve essere, anzi, il contrario, pena un generale arretramento dei valori e delle condizioni di vita dei cittadini ed in particolare dei ceti popolari. Aggiungo, anche se non ce ne sarebbe proprio bisogno, che questa filosofia ispira, a mio parere, tutta la nostra Costituzione, in particolare nei principi fondamentali e nella parte I, e che, tra l'altro, gli emendamenti della destra sono forse efficaci in termini di propaganda rivolta agli strati sociali più egoisti, ma incompatibili con quei principi. Non a caso il centrosinistra ha sempre sostenuto che questo tema inerisce alla parte I, visto che lì è trattata tutta la materia del rapporto tra pubblico e privato.
È per tutte queste ragioni che voteremo a favore del nostro subemendamento e voteremo contro quella parte dell'emendamento Boato, chiedendone la votazione per parti separate: perché, anche contro l'intenzione dei presentatori, quell'emendamento potrebbe rappresentare un grimaldello utilizzato surrettiziamente per stravolgere i cardini della nostra legislazione. Non sarebbe la prima volta, purtroppo, che leggi ordinarie disattendono o stravolgono i principi costituzionali (Applausi dei deputati del gruppo comunista).


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PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Nardini. Ne ha facoltà.

MARIA CELESTE NARDINI. Signor Presidente, anch'io, come la collega Moroni, vorrei dire, in apertura del mio intervento, che non se ne può davvero più: in quest'aula, ormai da diversi giorni, in nome dei principi della sussidiarietà si continua ad utilizzare la religione cattolica per fini davvero strumentali. Credo che questo sia da rimarcare perché i cittadini, e non soltanto i deputati, davvero ne prendano atto.
Alcuni in quest'aula continuano a ricorrere alla religione e ad alcuni principi del cattolicesimo per perseguire ben altri fini.
Il principio di sussidiarietà, in larga misura, ha coinciso in questa discussione - non mi riferisco all'intervento della presidente Jervolino - con quello di imprenditoria privata. Credo sarebbe veramente falso continuare a ragionare senza tenere veramente conto di quello che sta accadendo e dello scopo che si intende perseguire rispetto ad un principio che è tutt'altra cosa e che, a nostro modo di vedere, è già previsto in altri articoli della Costituzione, quale, ad esempio, l'articolo 2.
Siamo contrari, quindi, alla formulazione dell'emendamento Boato, perché l'articolo 2 della Costituzione prevede la tutela dei diritti inviolabili dell'uomo ed inserisce l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale. L'uguaglianza formale e sostanziale di cui all'articolo 3 sono fini concreti e oggetto della tutela e dell'azione costruttiva dello Stato che si propone la rimozione degli ostacoli che, di fatto, impediscono la realizzazione dell'uguaglianza dei cittadini e l'effettiva partecipazione di questi ultimi alla vita del paese (vita politica, economica e sociale).
Il principio di libertà dell'iniziativa economica, di fatto, è già sancito dalla prassi, anche se, dal punto di vista dell'impianto costituzionale, appare, a lor signori, limitato dall'interesse generale e dalla funzione sociale della proprietà. Semmai, la totale assenza di legislazione ordinaria - questo noi reclamiamo: che si intervenga a disciplinare e a difendere esattamente l'applicazione del principio di tutela degli interessi generali di fronte all'iniziativa economica - fa sì che questo principio non trovi applicazione. Vorrei ricordare che questo Stato sostiene, e non poco, l'iniziativa e le imprese private: semmai andrebbero apportati correttivi - mi rivolgo ai pochi ministri presenti - alle delocalizzazioni. Abbiamo presentato una proposta di legge in tal senso: vi chiediamo di inserirla nell'ordine del giorno.
Altro, quindi, che principio di sussidiarietà! Noi non siamo contrari ad esso, ma a come esso si configura nella nostra Costituzione (Applausi dei deputati del gruppo misto-Rifondazione comunista-progressisti).

PRESIDENTE. Il seguito dell'esame del provvedimento è rinviato alla ripresa pomeridiana della seduta.

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