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PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
LUCIANA SBARBATI. Signor Presidente, colleghi, il risanamento della finanza pubblica, iniziato nel 1992, è stato ampiamente riconosciuto da tutta la comunità internazionale e ha posto le premesse per liberare oggi le risorse indispensabili ad alleggerire il carico fiscale e promuovere nuovi interventi per il rilancio dell'economia e l'ammodernamento del paese. C'è chiaramente una favorevole congiuntura internazionale, legata anche alla svalutazione dell'euro, che agevola le esportazioni e ha rilanciato la competitività del nostro paese. Qualora l'euro si rivalutasse, cosa che qualcuno ha ventilato come foriera di pericoli per la nostra economia, credo vi sarebbero altri vantaggi e altrettante possibilità sul versante dei consumi interni, che dovremmo essere pronti a cogliere nella maniera più efficace.
LUCIANA SBARBATI. Se prima eravamo costretti a scelte dure per il risanamento dei conti pubblici, per partecipare all'unione monetaria europea tra il primo gruppo dei paesi, oggi, in presenza di un minore fabbisogno fiscale, che è di per sé un fatto positivo, noi possiamo scegliere, indicando priorità quali lo sviluppo dell'occupazione, la competizione, la sicurezza, la famiglia, il sud, la società delle informazioni, ma, soprattutto, l'investimento sulla ricerca e la formazione dei giovani.
consumi e l'aumento della competitività del sistema delle imprese, i Repubblicani e liberaldemocratici ritengono di dare un voto favorevole al documento di programmazione economico-finanziaria (Applausi dei deputati dei gruppi misto Federalisti liberaldemocratici repubblicani e dei Democratici di sinistra-l'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Teresio Delfino, al quale ricordo che ha a disposizione tre minuti. Ne ha facoltà.
TERESIO DELFINO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il DPEF in esame rappresenta il frutto dei contrasti interni alla maggioranza ed esprime la confusione che oramai alberga nel centrosinistra. È un DPEF che privilegia gli annunci, senza numeri, senza indicazioni, senza dati concreti, venendo così meno alla sua funzione di strumento di programmazione finanziaria. Tutto viene rinviato alla nota di aggiornamento. Tutto ciò rappresenta una grave frattura informativa rispetto al ruolo del Parlamento ed è preoccupante che non si dica al paese tutta la verità.
PRESIDENTE. Onorevole Teresio Delfino, deve concludere.
TERESIO DELFINO. Sto finendo; solo un minuto.
PRESIDENTE. Ha già superato di un minuto il tempo a sua disposizione; non può chiedermi un altro minuto.
TERESIO DELFINO. Questo DPEF, signor ministro, ha dimostrato che non si può cadere nella trappola delle buone intenzioni e della letteratura di finanza pubblica.
MARIO TASSONE. I ministri leggono sui resoconti le dichiarazioni di voto. Sono molto disattenti. Questo è un rituale inutile.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bastianoni. Ne ha facoltà.
STEFANO BASTIANONI. Signor Presidente, colleghi, rappresentanti del Governo, i deputati di Rinnovamento italiano voteranno convintamente a favore della risoluzione di maggioranza, perché essa integra e completa il documento di indirizzo del Governo, in quanto invia segnali precisi al paese, fissando alcune priorità. Questi vanno nella direzione delle famiglie con una previsione di riduzione della pressione fiscale, nella direzione di garantire la sicurezza nel paese, con un'attenzione particolare verso i cittadini e le Forze dell'ordine, nella direzione di aiutare le imprese, rivedendo anche alcune imposte che in questo momento frenano un ulteriore proficuo sviluppo ai fini di nuova occupazione e nella direzione di alimentare la formazione di risorse umane, di cui il paese ha necessità, se davvero vuole inserirsi a pieno titolo tra le nazioni più progredite in campo europeo e internazionale.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Villetti, che ha quattro minuti. Ne ha facoltà.
ROBERTO VILLETTI. Signor Presidente, annuncio il voto favorevole dei deputati socialisti alla risoluzione Mussi e chiedo l'autorizzazione alla pubblicazione in calce al resoconto stenografico della seduta odierna della mia dichiarazione di voto (Applausi dei deputati del gruppo misto-Socialisti democratici italiani).
PIETRO ARMANI. Entusiasmo!
PRESIDENTE. La Presidenza lo consente, onorevole Villetti.
SILVIO LIOTTA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signori del Governo, il DPEF relativo agli anni 2001-2004 presentato dal Governo e la risoluzione Mussi non avranno il nostro voto favorevole. Riteniamo infatti che questo documento al nostro esame, che conclude il ciclo iniziato nel 1996 con il Governo Prodi, ancora oggi non rappresenti un vero programma di politica economica, e ciò per diversi motivi.
parametri di Maastricht, ma dobbiamo anche evidenziare che a tutt'oggi il disavanzo di bilancio è rimasto fermo perché - lo stesso documento e le risoluzioni lo precisano - vi è l'esigenza di autorizzare un limite massimo del saldo netto da finanziare per il 2001 ancora oggi di 74 mila miliardi. Non abbiamo criticato né osteggiato il risanamento che consentisse all'Italia il rispetto dei parametri di Maastricht, anche perché la parte politica nella quale milito votò allora a favore del trattato, mentre molti che oggi sono diventati fautori dell'Unione europea non credettero allora nel trattato e votarono contro.
PAOLO PALMA. No, non è vero.
SILVIO LIOTTA. Per i motivi esposti, preannuncio il voto contrario del mio gruppo sulla risoluzione Mussi n. 6-00135 (Applausi dei deputati dei gruppi misto-CCD, di Forza Italia e di Alleanza nazionale).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giordano, al quale ricordo che ha 7 minuti di tempo a disposizione. Ne ha facoltà.
FRANCESCO GIORDANO. Signor Presidente, signori e signore del Governo, in occasione di questo importante dibattito, vorrei porvi alcune domande molto semplici. Risulta dai vostri dati - che oggi il ministro Visco ha definito molto ottimistici - che nel nostro paese vi sono 4 milioni e 200 mila persone che vivono con pensioni minime ed integrate al minimo di 720 mila lire? Vi risulta che altre 520 mila persone percepiscono pensioni e assegni sociali rispettivamente di 530 mila lire e di 643 mila lire? È sostenibile il permanere di tale condizione, ministro Visco?
determina un circuito virtuoso che innesca in successione sviluppo e occupazione?
occasione (Applausi dei deputati del gruppo misto - Rifondazione comunista- progressisti).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Scalia. Ne ha facoltà.
MASSIMO SCALIA. Vorrei annunciare il voto favorevole dei Verdi alla risoluzione della maggioranza sul DPEF. Avevamo già ricordato che tra i motivi fondanti della lealtà dei Verdi nei confronti dei governi dell'Ulivo e del centrosinistra c'erano le azioni di risanamento della finanza pubblica che hanno conseguito, al tempo stesso, le condizioni strutturali per il rilancio della nostra economia e, attraverso la riduzione dei tassi di interesse, la più ampia operazione di redistribuzione del reddito a favore dei ceti medio-bassi che si sia mai avuta in questo paese.
in base al quale scelte che si pongano al di sopra delle razionalità di parte, le quali caratterizzano ancora il complesso delle decisioni politiche, non vengono colte nel loro carattere di globalità, di difesa generale della qualità della vita di tutti, di promozione e di percorsi economici e sociali che rappresentano la vera innovazione e che richiedono più sapere ed un più articolato ed efficiente uso delle risorse. Non ne possiamo certo fare un torto ai colleghi della maggioranza, che dimostrano disponibilità al confronto e a parziali recepimenti.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Diliberto. Ne ha facoltà.
OLIVIERO DILIBERTO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, i comunisti italiani voteranno a favore del documento e della risoluzione sul documento di programmazione. Dedicherò pochi secondi a questo mio intervento vista la singolarità della situazione nella quale ci troviamo e anche la singolarità della conduzione dei lavori d'aula sino ad ora, - mi permetto di lasciarlo agli atti visto che discutiamo del DPEF, l'ultimo della legislatura, in una situazione di sfilacciamento e di accelerazione.
Ahimé, siamo abituati a sentirlo una volta a settimana su temi che non sono propri della politica di un governatore della Banca d'Italia.
NICOLA BONO. Gli vuoi mettere la museruola?
OLIVIERO DILIBERTO. In ogni caso credo che noi abbiamo un dovere ed una responsabilità, non soltanto come deputati del gruppo dei Comunisti italiani ma anche come centrosinistra. La responsabilità è quella di varare dopo una stagione di positivo risanamento, di tagli e di sacrifici, una legge finanziaria che inizi a redistribuire e a dare risposte a quei problemi di carattere sociale che sono tutti ancora in piedi rispetto alla fase nuova che può aprirsi per la nostra maggioranza e per il nostro Governo (Applausi dei deputati del gruppo Comunista).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Apolloni. Ne ha facoltà.
DANIELE APOLLONI. Signor Presidente, signor ministro, onorevoli colleghi, il gruppo dell'UDEUR annuncia il voto favorevole alla risoluzione della maggioranza e, pertanto, al documento di programmazione economico-finanziaria per gli anni 2001-2004.
PRESIDENTE. La Presidenza lo consente.
RENATO CAMBURSANO. Presidente, anch'io chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna della mia dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. La Presidenza lo consente.
GIANCARLO GIORGETTI. Presidente, non consegnerò il testo scritto, anche perché non l'ho elaborato; vorrei, però, entrare nel merito di questo DPEF, cosa che qualche collega della maggioranza ha opportunamente evitato di fare. È veramente imbarazzante parlare di un documento di programmazione, quando non vi è assolutamente traccia di programmazione. Si rinvia tutto alla nota di aggiornamento prevista per cause imprevedibili a settembre, tanto che potremmo ridenominare questo documento, ai fini del regolamento, «documento di aggiornamento economico-finanziario» e la nota di settembre «nota di programmazione».
con l'evidenza delle famiglie, delle imprese e di tutti coloro che subiscono quotidianamente gli aumenti riferiti direttamente o indirettamente alla dimensione fiscale, di coloro che devono fare il pieno di carburante, pagare le bollette dell'energia o del gas metano, che acquistano farmaci. Non potete raccontare loro la storiella che scrivete sul DPEF, perché sanno veramente cosa devono pagare.
sviluppo ammontano all'1,03 per cento del PIL, mentre in Germania sono del 2,32 per cento, negli Stati Uniti del 2,77 per cento ed in Giappone del 2,91 per cento. Non credo che con questi chiari di luna si possa guardare in modo ottimistico al prossimo futuro.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Soro. Ne ha facoltà.
ANTONELLO SORO. Signor Presidente, nel dichiarare il voto favorevole dei deputati popolari sulla risoluzione Mussi ed altri n. 6-00135, chiedo l'autorizzazione della Presidenza ad allegare in calce al resoconto stenografico della seduta odierna il testo della mia dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. La Presidenza lo consente, onorevole Soro.
NICOLA BONO. Presidente, siamo giunti alla conclusione di una situazione paradossale, perfino kafkiana. Per settimane il Parlamento italiano è stato impegnato nella discussione di un «non documento» relativo ad una «non politica» economica, per disegnare scenari virtuali di nessuna valenza reale ed utili solo a perpetrare l'unica specialità della casa
quella, cioè, di produrre, da parte di questa maggioranza, slogan pubblicitari ed effetti annunzio in quantitativi industriali.
EDO ROSSI. Hai sbagliato di grosso!
NICOLA BONO. Ho sbagliato, collega Rossi? Allora mi correggo! Vedremo: però il fatto è che non avete presentato risoluzioni!
percentuali, e poi hanno subito il diktat del ministro Visco, che ha imposto di scrivere «compatibilmente con l'andamento delle entrate». Ma «compatibilmente con l'andamento delle entrate» potete mettere anche i viaggi sulla luna o le spedizioni su Marte, tanto devono essere compatibili con le entrate (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale)! È una vergogna! Vi dovreste vergognare di fare documenti politici e di proporli al Parlamento in questi termini.
PRESIDENTE. Onorevole Bono, la invito a concludere.
NICOLA BONO. Sto concludendo, Presidente.
definizione di valori essenziali che caratterizzano una manovra rispetto alla declamazione di un qualsiasi comizio politico, avevamo chiesto il ritiro del documento di programmazione economico-finanziaria e la sua ripresentazione sulla base di una coerente e corretta valutazione delle esigenze reali del paese. La risposta della maggioranza è stata, da questo punto di vista, negativa.
PRESIDENTE. Onorevole Bono, aveva manifestato una buona intenzione!
NICOLA BONO. Ho concluso, signor Presidente: per tali ragioni, non possiamo esprimere in alcun modo un voto favorevole sul documento di programmazione economico-finanziaria presentato dal Governo, per cui voteremo la risoluzione presentata dalla Casa delle libertà, che si pone coerentemente obiettivi di rilancio del paese, con l'augurio che al più presto si realizzino le condizioni perché diventino linee programmatiche del nuovo Governo di centrodestra (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale e di Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marzano. Ne ha facoltà.
ANTONIO MARZANO. Signor Presidente, colleghi, in questi giorni ci siamo trovati a discutere, ed oggi a votare, in una situazione alla Ionesco: abbiamo cioè discusso, e tra poco voteremo, su un documento di programmazione economico-finanziaria che non c'è, un documento di programmazione economico-finanziaria che rinvia ad una nota integrativa il contenuto principale e quello programmatico che, ai sensi della legge di bilancio, il Governo doveva invece presentare entro il 30 giugno. Questo documento di programmazione economico-finanziaria è dunque pro forma, manca la parte programmatica, è presente la parte previsionale, per cui ci occuperemo soprattutto di questa.
internazionale volge al peggio, la domanda ristagna... Presidente ho difficoltà a parlare.
PRESIDENTE. Ha ragione; per cortesia, colleghi, lasciate libero il banco del Governo. Onorevole Ricciotti, onorevole Zagatti.
ANTONIO MARZANO. Quando per uno di questi aspetti la congiuntura internazionale volge al peggio, dicevo...
PRESIDENTE. Per cortesia! Onorevole Urso, la richiamo all'ordine per la prima volta.
ANTONIO MARZANO. ...la domanda ristagna, la spesa per interessi minaccia gli equilibri della finanza pubblica e l'inflazione torna pericolosa.
destinato a peggiorare ulteriormente il gap infrastrutturale del paese rappresentato dalla ricerca scientifica e tecnologica.
PRESIDENTE. Onorevole Marzano, deve concludere.
ANTONIO MARZANO. ...possiate fare ciò di cui siete stati incapaci per oltre quattro anni.
PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Malavenda, che aveva chiesto di parlare per dichiarazione di voto: s'intende che vi abbia rinunziato.
GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, non è in questione nella discussione odierna il risanamento dei conti pubblici o, per meglio dire, con più precisione, il miglioramento dei saldi della finanza pubblica; l'oggetto di questa discussione, che è stata piuttosto strozzata per il momento in cui è avvenuta, riguarda la forza e la consistenza della ripresa economica nell'area dell'euro e nel nostro paese.
PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole La Malfa.
GIORGIO LA MALFA. Mi rendo conto, e concludo, che quella che sto per annunciare è una rottura politica (Commenti dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo - Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale). Che il segretario di un partito ...
Una voce dai banchi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo: Finalmente!
GIORGIO LA MALFA. Che il segretario di un partito che ha fatto parte della coalizione di centrosinistra e ha contribuito a definire quelle politiche che oggi rappresentano un successo del Governo non possa votare a favore del DPEF sulla base di questa riflessione seria e meditata è un fatto politico di cui non sottovaluto io - ma spero che non sottovaluti l'Assemblea - il significato.
dei problemi di politica economica del paese. Constatiamo che così non è stato e per questo mi asterrò (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e Alleanza nazionale).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Guarino. Ne ha facoltà.
ANDREA GUARINO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signori del Governo, il giudizio dei parlamentari dell'UPR sulla risoluzione Mussi n. 6-00135 è negativo per la stessa motivazione che ci portò a formulare un giudizio egualmente sfavorevole nei confronti del programma di Governo: si enunciano obiettivi di cui si è coscienti (anzi, si dichiara espressamente) che non potranno essere realizzati. Non si ha il coraggio, invece, di adottare le misure che sarebbero indispensabili per realizzarlo. Non c'è rapporto tra il contenuto del DPEF e la risoluzione di maggioranza. Non vi sono riscontri che quanto si pretende di fare nella risoluzione sia concretamente realizzabile.
PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto sulla risoluzione Mussi n. 6-00135.
LUCIO TESTA, Relatore per la maggioranza. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LUCIO TESTA, Relatore per la maggioranza. Signor Presidente, vorrei ringraziare, innanzitutto, i servizi e gli uffici della Camera dei deputati, il servizio bilancio, il servizio studi e gli uffici della V Commissione. Vorrei poi ringraziare anche i colleghi, sia della maggioranza che dell'opposizione, che lavorano ormai da circa un mese su questa importante e, a volte, ostica materia (Generali applausi).
PRESIDENTE. Colleghi, come sapete, è tradizione, ma anche una forma di cortesia reciproca che vorrei rispettare, quella di farci gli auguri per le vacanze che preludono ad un periodo che non so se sarà più o meno tranquillo di quello che abbiamo passato. Ho l'impressione
che abbiamo bisogno tutti di riposarci. Vi ringrazio e vi chiedo scusa, per la giornata di oggi, se sono stato un po' scortese (Commenti). Ne parliamo per oggi, poi vediamo: il resto è prescritto, anche perché, se permettete, le scortesie non sono unilaterali, a volte (Generali applausi, cui si associano i membri del Governo). È chiaro che la responsabilità maggiore è la mia. Chiedo scusa al collega Benedetti Valentini e ai colleghi della Lega nord Padania: mi dispiace, ma a volte capita (Generali applausi, cui si associano i membri del Governo).
ANNA FINOCCHIARO FIDELBO, Presidente della II Commissione. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANNA FINOCCHIARO FIDELBO, Presidente della II Commissione. Signor Presidente, mi sembra che le condizioni di condivisione - che non esistevano in precedenza - del disegno di legge concernente misure alternative alla detenzione a tutela del rapporto tra detenuti e figli minori si siano realizzate grazie all'accoglimento, da parte della Commissione, in sede di Comitato dei nove, di alcuni emendamenti che vanno incontro alle sollecitazioni che erano alla base delle contestazioni dei colleghi di Alleanza nazionale.
PRESIDENTE. Colleghi, mi permetto di spezzare una lancia a favore di questa proposta.
DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà (Commenti).
DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Colleghi, non mi incoraggiate molto, per la verità. «Perdiamo la causa», diceva quel tale al suo avvocato!
GIANCARLO GIORGETTI. Più fresco, sicuramente!
PIERLUIGI COPERCINI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PIERLUIGI COPERCINI. Signor Presidente, la Lega nord Padania ha sempre collaborato a portare a termine provvedimenti in grado di costruire qualcosa di positivo per i cittadini ed altrettanto farà oggi. Naturalmente ci asterremo nella votazione sul complesso del provvedimento, come abbiamo fatto in relazione ad altri, perché non ne condividiamo l'indirizzo propagandistico e di bandiera.
Ricordo che per le dichiarazioni di voto è previsto un tempo di 10 minuti per ciascun gruppo, più il tempo aggiuntivo per il gruppo misto per un totale di 2 ore.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sbarbati, alla quale ricordo che ha a disposizione tre minuti di tempo. Ne ha facoltà.
Forse per queste priorità il dato della spesa avrebbe dovuto essere disaggregato in maniera più puntuale. Ci auguriamo che, nella prossima finanziaria, proprio in coerenza anche con quanto ha detto il ministro e con l'impegno della competitività, ci siano somme certe che giustifichino e supportino le suddette priorità.
Per quanto concerne, poi, la ripartizione dell'eventuale maggior gettito delle entrate tributarie, di cui si discute molto in questi giorni, il cosiddetto dividendo fiscale, registriamo una positiva inversione di tendenza, e cioè la volontà di alleggerire equamente il carico fiscale gravante su tutti i cittadini, senza cedere a politiche vecchie, come qualcuno ha dichiarato, attente, a seconda del momento, agli interessi di questa o quella categoria. L'attenzione va rivolta, così come fa questo documento di programmazione economico-finanziaria - e come è detto anche nella risoluzione - ai ceti più deboli, alle piccole e medie imprese, ai professionisti, a tutte le categorie che hanno sostenuto il risanamento del paese.
Quanto al problema dello sgravio dell'IRPEG, riteniamo che si sia in parte già provveduto, almeno con il meccanismo della DIT, mentre il taglio all'IRAP di circa un punto percentuale è un segnale che riteniamo molto importante per far crescere la competitività delle imprese e per il loro sviluppo. Per quanto detto e perché lo stesso dividendo fiscale è equamente distribuito tra l'incremento dei
Alle luci registrate sulla riduzione del deficit, sul contenimento del debito, sulla minore inflazione, si contrappongono, signor ministro, le ombre sulla spesa corrente, sulla sua riqualificazione, sulla disoccupazione, sulla crescita dei divari nelle diverse aree del paese, sulla perdita di competitività delle nostre imprese.
Troppi nodi di fondo dell'economia sono irrisolti. Manca un autentico federalismo fiscale, che superi la logica dei trasferimenti e delle addizionali che condizionano pesantemente l'operare dei governi locali. La vicenda delle licenze UMTS dimostra come il Governo, dopo una grave sconfitta parlamentare, tenti di rigiocare la partita, non privilegiando gli interessi del paese, ma in chiave elettorale. Le privatizzazioni vengono ancora viste solo in una dimensione di finanza straordinaria, piuttosto che come un autentico arretramento dello Stato nei diversi comparti vitali dell'economia.
Il Governo non ha affrontato in modo adeguato due questioni: quella fiscale e quella della competitività del paese. Nel «balletto» delle promesse elettorali di questi giorni e di queste settimane si scontano i gravi errori della sinistra nella rimodulazione della curva IRPEF, che ha portato ad un insopportabile prelievo per le famiglie, in particolare quelle del ceto medio. Risultati così marcati sulle entrate non rappresentano, signor ministro, un successo, ma un clamoroso errore previsionale, perché incapaci di accompagnare una crescita sana, armonica e competitiva del paese.
Rifiutiamo la diversità di trattamento fiscale tra lavoratori dipendenti ed autonomi, che segnerebbe la sconfitta dello Stato, dopo le demagogiche affermazioni sui risultati nella lotta all'evasione. Maggiore attenzione deve essere posta alla famiglia attraverso una grande riforma che veda l'affermazione del principio dello splitting. Rifiutiamo le logiche del centrosinistra che hanno innalzato le aliquote più basse e portato ad un identico prelievo per un impiegato direttivo, un giornalista ed un dirigente monoreddito con moglie e figlio a carico, con la stessa aliquota del 45,5 per cento applicata a Ronaldo, Del Piero e Batistuta sui loro contratti miliardari. Sono queste le ingiustizie della sinistra: livellamenti nel segno dell'impoverimento e dell'abbassamento del tenore di vita delle famiglie italiane.
Faccio un'ultima considerazione sulla competitività del paese. Essa non si recupera se prevalgono i veti sindacali di Cofferati e se non si rimuovono le debolezze strutturali che derivano dai ritardi nell'aggiustamento della specializzazione, dallo scarso sviluppo dei settori ad alto valore aggiunto e dalla presenza di svantaggi comparati.
Esprimiamo preoccupazione per la marcata crescita dei divari socio-economici nel paese...
Per questi motivi, i deputati del CDU voteranno contro la risoluzione della maggioranza e a favore della risoluzione della Casa delle libertà.
Per queste ragioni, signor Presidente, voteremo a favore della risoluzione di maggioranza (Applausi dei deputati del gruppo misto-Rinnovamento italiano).
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Liotta, che ha sette minuti. Ne ha facoltà.
Innanzitutto manca ancora oggi al suo interno un esame approfondito della situazione internazionale che vede l'euro svalutato del 20 per cento rispetto al dollaro e nulla viene detto, nessuna analisi viene compiuta rispetto a ciò che si verificherà per l'economia italiana allorché l'euro - come auspica l'Unione europea - potrà raggiungere la parità con il dollaro. Non vi è alcun accenno ai possibili aumenti dei tassi che potrebbero essere decisi, come solitamente si fa, utilizzando il mese di agosto, dalla Banca europea né contiene azioni concrete per il rilancio della competitività del sistema-paese.
Il Governo parla - e a giusto titolo - del risanamento. Anche qui occorre però procedere ad una puntualizzazione per evitare che nell'espressione «risanamento dei conti pubblici» possa essere incluso tutto. Diamo atto a questo Governo - peraltro non l'abbiamo mai negato - del risanamento finalizzato al rispetto dei
Signor Presidente, non abbiamo condiviso la strada attraverso la quale si è conseguito il rispetto dei parametri di convergenza: è stata scelta una strada che ha fatto unicamente leva sullo strumento fiscale. Si è trattato di uno strumento fiscale che, posto in essere nelle leggi finanziarie dal 1996 ad oggi e con i decreti delegati ed attuativi, ha creato nel paese un sistema di legge finanziaria permanente, al punto che non è mai accaduto che le previsioni iniziali di entrata del bilancio non siano mai state smentite nella fase dell'assestamento o nella fase finale, talvolta registrando grandi difformità.
Se si considera che tra il 1998 e il 1999 vi è stato un aumento di entrate in valore assoluto di circa 50 mila miliardi, nel momento in cui il PIL cresceva appena dell'1,4 per cento, non si può ritenere che tali entrate siano state determinate da un sistema economico che tirava; non si è trattato, dunque, di una plusvalenza prodotta dal sistema economico, ma del frutto dell'allargamento delle basi imponibili, introdotto e perseguito con gli strumenti finanziari posti in essere, senza incidere su altri nodi strutturali.
I Governi che si sono succeduti dal 1996 ad oggi hanno fondamentalmente utilizzato lo strumento fiscale. Vorrei ricordare come in quest'aula, nella discussione della legge finanziaria che ci ha portato in Europa, l'allora ministro del tesoro (l'attuale Presidente della Repubblica) ebbe a dire che il risanamento dei conti pubblici, ai fini della permanenza dell'Italia nell'Unione europea, sarebbe stato ben poca cosa se tutto ciò non si fosse potuto coniugare con lo sviluppo e la lotta alla disoccupazione. I termini del problema, dall'epoca di Ciampi ministro del tesoro ad oggi, sono immutati, se non peggiorati.
Vi chiediamo: qual è lo scandalo, queste cifre dietro le quali si consumano drammi di quotidiana povertà, tristemente in espansione nel nostro paese, o la nostra richiesta di aumento di quei redditi, non con una mancia di cui ad oggi non è dato sapere la quantità, ma con almeno 200 mila lire?
Per quale ragione si continua a finanziare a vario titolo - anche con sgravi - il sistema delle imprese, imprigionato in una fissità che è pura ideologia, secondo la quale con la crescita dell'impresa si
Nel sud l'occupazione è diminuita ancora e i giovani assunti hanno pressoché tutti contratti atipici: precari e sottoposti a ritmi più intensi, senza tutele ed esposti a quella sorta di guerra unilaterale che li vede vittime di infortuni e spesso di incidenti - chiamiamoli così - mortali. E se questi stessi soldi fossero usati per dare un salario sociale ai giovani disoccupati, vincolando le imprese, se volessero utilizzare queste risorse, ad una occupazione stabile e qualificata? Questa proposta è realtà in diversi paesi europei.
Perché - potenza dell'impresa, che riesce a mutare persino il vocabolario della lingua italiana - questi soldi, se intascati da un datore di lavoro sono produttivi e, se arrivano, al contrario, nelle tasche di un disoccupato, diventano magicamente assistenziali?
Sono due proposte che noi avanziamo, insieme ad altre, per redistribuire la ricchezza e cambiare la vita. Dopo anni di politiche liberiste, ci saremmo aspettati una politica veramente redistributiva.
Chiediamo inoltre l'abolizione di quella odiosa tassa sulla salute che sono i ticket; l'abolizione di tutte le tasse, compresa l'ICI sulla prima casa abitata e non di lusso; un pacchetto di servizi pubblici a costo sociale ed una detrazione secca di 1 milione di lire per quei lavoratori dipendenti e pensionati il cui reddito è al di sotto dei 40 milioni e che hanno visto in questi anni una perdita del potere d'acquisto delle loro retribuzioni. È giusto ricordare, a tale proposito, che il nostro paese è in Europa quello che ha visto crescere meno il costo del lavoro, preceduto solo dal Portogallo in questa classifica alla rovescia. Questa che vi proponiamo è una vera politica redistributiva; la vostra è invece indefinita, vaga, elettoralistica ed esplicitamente negativa, quando rivendicate una continuità con le politiche liberiste sinora perseguite, come quella delle privatizzazioni.
In Italia continua a determinarsi - voi lo state determinando - un gigantesco processo di trasferimento di risorse dal lavoro al profitto e alla rendita. Eppure, oggi le risorse ci sono: il dividendo fiscale; i proventi delle licenze UMTS dei telefonini, che vi ostinate incredibilmente e quasi in sintonia con il Polo a destinare al ripiano del debito; quella parte dell'IRAP che l'anno scorso premiò - guarda caso - imprese, banche, assicurazioni; gli sgravi alle imprese; per non parlare delle risorse che potrebbero essere attivate da una seria lotta all'evasione fiscale e contributiva. Noi vi chiediamo di destinare queste risorse al lavoro, alla qualificazione dello Stato sociale, al Mezzogiorno.
È incredibile che questa elementare politica redistributiva, che in fondo continua ad essere una semplice politica di mediazione, venga considerata irrealizzabile da alcuni ed eversiva da altri. Per dirla con un economista socialista moderato, Jean Paul Fitoussi, dobbiamo riconoscere che viviamo in società davvero bizzarre, che si fanno prendere dall'angoscia ogni qualvolta i salari aumentano, ma applaudono freneticamente ogni qualvolta crescono i profitti.
Signori del Governo, il documento di programmazione economico-finanziaria informerà la legge finanziaria: era dunque un'occasione importante ed utile per ricostruire un rapporto con la società italiana, per riannodare fili spezzati, per segnare una discontinuità, per costruire una differenza reale con l'impianto delle politiche delle destre. Non ce la fate proprio a volgere lo sguardo a quella parte del paese che ha subito le conseguenze delle politiche liberiste e che oggi rischia di essere attratta dalla demagogia conservatrice. Non ce la fate perché siete da tempo disabituati a ragionare su ipotesi di semplice giustizia sociale. La vostra è una navigazione a vista, ma siete in alto mare e non approdate da nessuna parte. Alimentate, questo sì, una disaffezione ed un disincanto nei confronti della politica in quella parte di popolo che un tempo era anche il vostro riferimento sociale. Avete perso, signori del Governo, l'ennesima
Onorevole Scalia, lei ha a disposizione 8 minuti.
Il DPEF e la legge finanziaria leggera che ne conseguirà si posizionano a valle dell'epoca dei sacrifici. La restituzione dei soldi ai cittadini attraverso l'azione sulle diverse voci dell'IRPEF e con la sua riduzione percentuale, sulle cui modalità si è realizzata l'intesa e la coesione della maggioranza, è una realtà corposa, confrontabile con l'azione varata dal Governo tedesco, ove si tenga conto del prodotto interno lordo di quel paese e, soprattutto, delle condizioni storiche di forza economica della Germania.
Vogliamo sottolineare che, tra le misure fiscali a favore dei cittadini, permane quella detraibilità di una significativa quota delle spese per le opere di ristrutturazione edilizia, segno concreto e cospicuo, nei volumi mobilitati, di una battaglia che il movimento ambientalista e i Verdi in seno al Parlamento hanno storicamente condotto, affinché alla cultura del cemento e dell'asfalto, così cara alla Casa delle libertà - come ha dimostrato la proposta di legge Berlusconi-Bossi, che la maggioranza ha fortunatamente respinto -, si sostituisse, non certo per quanto riguarda le infrastrutture necessarie soprattutto al Mezzogiorno del paese, la cultura del riutilizzo, del recupero del degrado urbano e, quindi, della manutenzione del paese.
Tra gli impegni che la risoluzione indica al Governo sono stati recepiti alcuni elementi fondamentali che avevamo sottolineato nel corso della discussione: l'assunzione, a riferimento delle azioni di sviluppo del sistema economico, del grado di sostenibilità ambientale degli interventi, l'impegno di dare attuazione al protocollo di Kyoto, utilizzando il sistema di incentivi e disincentivi previsti dalla fiscalità ecologica, e le misure di tutela per i lavoratori parasubordinati.
Sono stati altresì assunti impegni sul terreno della battaglia che i Verdi italiani stanno conducendo a livello europeo affinché il principio di cautela sia il rigoroso riferimento in materia di prodotti transgenici, a fronte di quegli apprendisti stregoni - tra i quali, mi dispiace, sembra volersi iscrivere anche il Presidente della Commissione europea, Romano Prodi - sempre pronti a celebrare acriticamente lo screpolato mito del progresso tecnico-scientifico, in grado di risolvere e superare tutti - lo sottolineo -, secondo questa visione, i problemi posti dall'umanità. Una visione così rozza, storicamente ed epistemologicamente fondata, diventa poi, quando non lo voglia già essere in partenza, materia di propaganda a favore delle potentissime multinazionali di settore. Sul filantropismo delle multinazionali in genere e sulla loro attenzione alla tutela della salute dei cittadini, la denuncia è arrivata, negli Stati Uniti, a livello di film a grande diffusione e a grande impatto sociale e morale.
Gli impegni che la risoluzione recepisce sui temi ambientali, come, forse più significativamente, su alcuni criteri regolatori delle politiche economiche nel senso della eco-sostenibilità, non configurano ancora un'assunzione reale dei parametri e delle conseguenti decisioni che possono orientare economia e società verso un futuro sostenibile. Purtroppo, la democrazia delle decisioni è soggetta al paradosso
Le concezioni in materia di ecosostenibilità del Polo le hanno potute apprezzare tutti gli italiani ai tempi del condono edilizio voluto da Berlusconi e da Radice; lo stesso vale per le amene dichiarazioni sull'effetto serra che, tre anni prima di Kyoto, l'allora capo del Governo e attuale leader della Casa delle libertà ebbe a fare in quella circostanza.
A proposito della libertà temiamo che in quella «casa» la tutela della libertà individuale, sulla cui affermazione è nato in tutto il mondo il movimento dei Verdi, divenga pretesto per la riaffermazione del «particulare» sull'universale. Una riaffermazione di cui non c'è davvero nessun bisogno, perché dai tempi del Guicciardini quel principio - il prevalere del particulare sull'universale - ha sempre informato la maggior parte non solo delle decisioni politiche ma anche - lo si deve riconoscere - dei comportamenti dei singoli.
Nell'Ulivo, nel centrosinistra la prospettiva dell'ecosostenibilità è spesso elemento di conflitti. Un contrasto che però vivaddio riguarda il nostro presente e il nostro futuro e non soltanto gli interessi.
È con queste motivazioni che i Verdi voteranno la risoluzione della maggioranza sul DPEF (Applausi dei deputati del gruppo misto-Verdi-l'Ulivo).
Per tali motivi mi limiterò a dire pochissime cose. La prima è che il DPEF è evidentemente soltanto una premessa; questa è una buona premessa perché parla di occupazione, di sicurezza sul lavoro, di pensioni minime, di ambiente, di formazione e innovazione tecnologica. Ma è del tutto evidente che il banco di prova per la maggioranza e per il Governo sarà la legge finanziaria.
I deputati dei Comunisti italiani e dei Verdi hanno siglato, come i colleghi sanno, un patto di azione comune sulla finanziaria per quanto riguarda l'azione politica e gli emendamenti, che terrà insieme le politiche sociali e quelle ambientali. È un segnale di unità che crediamo importante e che potrà segnare anche un ampliamento di questo patto di unità di azione anche rispetto alle altre componenti del centro sinistra.
Ma il punto fondamentale, in autunno, resterà quello, per provare a recuperare i consensi che ci permettano di vincere le elezioni, di fare una legge finanziaria che risponda a quel discrimine fondamentale che vi è tra centrodestra e centrosinistra, e cioè che una finanziaria fatta dal centrosinistra non può che essere una legge finanziaria a favore dei ceti più deboli.
In questo senso credo che noi del centrosinistra non dobbiamo seguire le ricette neoliberiste, i tagli, il miraggio delle riforme strutturali del mercato del lavoro, dei salari e delle pensioni. Punti che sono stati richiamati recentemente dal Governatore della Banca d'Italia. In passato, in tempi anche non lontanissimi, eravamo abituati a sentire il governatore della Banca d'Italia una volta l'anno.
Chiedo alla Presidenza di autorizzare la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna della mia dichiarazione di voto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cambursano. Ne ha facoltà.
Annuncio, a nome del gruppo dei Democratici, il voto favorevole sulla risoluzione Mussi ed altri n. 6-00135. Ringrazio, sempre a nome del gruppo, il relatore per la maggioranza, Lucio Testa, e il presidente della Commissione bilancio per il prezioso lavoro svolto (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici-l'Ulivo).
È iscritto a parlare l'onorevole Giancarlo Giorgetti. Ne ha facoltà.
Su questo DPEF vi è un vuoto pneumatico tra una tensione volta a fare una specie di consuntivo, ad appiccicarsi qualche medaglia, con riferimento al risanamento economico-finanziario, e un pauroso gap programmatorio, una carenza di visione di medio-lungo periodo della realtà dell'economia italiana. D'altro canto, il risanamento condotto da questa maggioranza e la fase che ci viene prospettata potrebbero essere sintetizzati come un passaggio dal monetarismo contabile ad una politica keynesiana senza programmazione, ambedue sconosciuti alla storia economica.
Quanto affermato pomposamente nel documento di programmazione economico-finanziaria, cioè che in questi anni di governo del centrosinistra il reddito disponibile per le famiglie sia aumentato del 2,4 per cento, si scontra paurosamente
Per quanto riguarda le imprese, nel DPEF si è scritto molto sugli interventi a favore dell'impresa, ma il governatore della Banca d'Italia, citato dal collega Diliberto, nelle sue frequenti audizioni, ha avuto modo di fornire qualche dato molto interessante che richiamerò brevemente e che fa riferimento alle difficoltà del sistema delle imprese italiane ad essere competitive sul mercato internazionale. Se sprechiamo tante parole per la globalizzazione, dobbiamo anche sapere che nel quadriennio 1996-1999, mentre le esportazioni crescevano soltanto del 10 per cento, il commercio mondiale di beni e servizi cresceva del 28 per cento e, per riferirmi direttamente a quell'area dell'euro, tanto cara al ministro Visco e al Fondo monetario internazionale, essa cresceva del 31 per cento. Ciò significa molto semplicemente che, mentre nei disgraziatissimi anni dal 1986 al 1995, le esportazioni italiane rappresentavano il 4,7 per cento del commercio internazionale, nei miracolosi anni del centrosinistra, la percentuale è clamorosamente caduta al 4,1 per cento.
È - cito testualmente il governatore della Banca d'Italia - la caduta più forte tra quelle rilevate negli ultimi decenni tra i paesi industriali. Io sottolineo che in questi quattro anni nei confronti di Germania e Francia la perdita di competitività è stata pari al 17 per cento: se quello relativo alle famiglie ed alle imprese è un quadro che può essere considerato idilliaco, francamente non riesco a capire cosa avrebbero dovuto dire il documento di programmazione economico-finanziaria e poi la risoluzione della maggioranza. Avrebbero dovuto parlare delle condizioni vere per uno sviluppo non mediato dell'economia italiana, di fisco e delle entrate che in ogni risoluzione ci promettete in diminuzione, ma che purtroppo a consuntivo continuano ad aumentare. Ricordo che siamo partiti dal 1996 con una pressione fiscale al 42,5 per cento e siamo arrivati ad un consuntivo per il 1999 al 43,3 per cento. Il dato relativo al 2000 promette peraltro di essere ulteriormente più elevato, in quanto proprio in questi giorni abbiamo approvato un disegno di legge di assestamento che nei primi sei mesi dell'anno già contabilizza 7.500 miliardi in più di entrate fiscali. Questo continuo incremento delle entrate non deriva dalla lotta all'evasione, ma da una «spremitura» che va a toccare tutti i consumatori finali - anche quei ceti deboli che vengono citati dalla sinistra - con il fenomeno della duplicazione, dell'imposta su imposta, che colpisce tutti i consumi e le utilities, il carburante per autotrazione e quant'altro.
Avete rinunciato ad intervenire sulle spese correnti, che sono aumentate, al netto degli interessi, dal 37 per cento del 1995 al 38,1 per cento del 1999. Nel DPEF non affrontate inoltre il problema della spesa previdenziale. In modo molto poco elegante pensate di risolverlo con l'immigrazione extracomunitaria. Nello stesso modo, non cogliete aspetti del problema della disoccupazione: come risulta dai dati dell'INPS, sono numerosi i disoccupati residenti iscritti presso gli uffici di collocamento. Cito i dati della Lombardia: nel gennaio 2000 gli iscritti fino a 25 anni sono 114.210 e 259.228 oltre i 25 anni; in Veneto, gli iscritti sopra i 25 anni sono 183.812 e al di sotto di quella soglia 81.257. Più complessivamente, manca completamente una politica che faccia riferimento al fattore umano, che investa sulla formazione, che sarà il vero fattore critico di successo nel prossimo millennio. Sotto questo aspetto, se in un paese che vive di esami copiati (ricordo il caso di Catanzaro, dove su 2.301 partecipanti all'esame da procuratore 2.295 hanno copiato esattamente lo stesso testo), andiamo a vedere i dati, scopriamo che in Italia gli investimenti per la ricerca e lo
Vengo ad altri due temi che ci stanno particolarmente a cuore: la strategia per il meridione contenuta nel documento di programmazione economico-finanziaria ed il federalismo. Sul primo di questi temi abbiamo sei o sette paginette veramente interessanti. A parte il povero progetto Sviluppo Italia, così pomposamente lanciato qualche tempo fa copiando esperienze estere e che è clamorosamente abortito a causa delle vostre faide interne per la spartizione dei posti indotti da quel progetto, il vostro problema è l'eccesso di programmazione, che probabilmente deriva da un certo tipo di cultura. Non credo che i contratti d'area, i patti territoriali e quanto fa parte della programmazione negoziata abbiano prodotto risultati molto convincenti. Voi stessi nel documento di programmazione economico-finanziaria avete fatto quattro conti e riportate quello che è il costo per la finanza pubblica per ogni nuovo addetto. La legge n. 488, unanimemente ritenuta la legge migliore per quanto riguarda gli incentivi industriali, è costata 107 milioni per ogni nuovo addetto creato. I patti territoriali hanno richiesto 160 milioni per ogni nuovo addetto. I contratti d'area, che francamente non sono ancora partiti, sono oggi contabilizzati a 216 milioni di costo per ogni nuovo addetto procurato.
Se questo è il successo della politica nei confronti del meridione, credo che non si possano imputare - come hanno fatto diversi colleghi in questi giorni - queste responsabilità alla Lega nord Padania perché, oltre a suggerire la ricetta di dare la possibilità a chi ha forza e coraggio per rischiare di investire al sud, ritengo che non si possa fare altro! Non si possono sicuramente adottare i meccanismi di spesa clientelare che avete fatto voi in questi anni, senza produrre peraltro occupazione.
Purtroppo non riesco a parlare molto di federalismo, ma prendo solo atto che per il Presidente del Consiglio il federalismo non è più un virus, come ebbe modo di dichiarare qualche anno fa in quest'aula; anzi, ha scritto che è in fase di avanzata attuazione il processo di devoluzione delle funzioni. Evidentemente, questo concetto di devolution comincia a diventare caro.
Penso, in conclusione, che la ripresa che è stata ricordata anche dal ministro Visco, non sia in atto grazie a voi, ma nonostante voi! È una grande occasione da non perdere; probabilmente, voi l'avete persa con questo documento di programmazione economico-finanziaria perché non ci avete pensato, oppure ci avete pensato e avete lasciato perdere!
La Lega nord Padania voterà contro il vostro DPEF, contro un niente che non ci piace (Applausi dei deputati del gruppo della Lega nord Padania e del deputato Marzano).
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bono. Ne ha facoltà.
Forse anche per questo Rifondazione comunista quest'anno per la prima volta non ha presentato una risoluzione propria, lasciando quasi trapelare la propria disponibilità a votare quella della maggioranza, che tanto è del tutto inconsistente!
Un documento privo di quantificazione e una risoluzione proposta dalla maggioranza che, lungi dall'aggredire i veri nodi che impediscono al paese ogni livello credibile di competitività e il superamento delle diseconomie e che gli impediscono l'espressione delle sue potenzialità sul terreno produttivo-occupazionale, si limita ad una elencazione di misure che saranno assunte tanto generiche quanto confuse e certamente non in grado di esprimere una linea coerente di politica economica. In altre parole, non si sa se si vuole incentivare gli investimenti, i consumi, la ricerca, la famiglia o altro ancora; nel dubbio si dà poco a tutti! Ma così non si fa governo, bensì clientelismo e propaganda elettorale!
Non è solo un problema di mancata quantificazione. Per quanto appare incredibile parlare per esempio di sgravi IRPEF o di riduzione dell'IRAP. A questo proposito, volevo ricordare (vedo che il ministro Visco si è fatto venire sete ed è uscito dall'aula; non depone positivamente nell'ambito del dibattito sul documento di programmazione economico-finanziaria che il ministro si allontani) che è già depositato l'atto Camera n. 6331, di cui è primo firmatario il collega Armani, che pone proprio il problema della detraibilità dell'IRAP dalla tassazione IRPEF. Quindi, potete essere conseguenti immediatamente, se volete, oppure proporre esenzioni sulla prima casa, detrazioni fiscali varie senza collegarle ad entità numeriche, cioè le uniche che possono essere in grado di potere assicurare una valutazione corretta delle ricadute sul sistema produttivo.
Si va, invece, nella direzione di una elencazione pedissequa di possibili linee di intervento che, più che indirizzi politici, appaiono delle pie aspirazioni, del tutto incapaci, proprio per la loro confusionaria indicazione, di evidenziare delle ricadute reali.
Così, il ministro delle finanze somiglia sempre di più al protagonista di Oltre il giardino, il famoso giardiniere che divenne un personaggio nell'ambito della politica americana perché diceva delle banalità e tutti erano convinti che facesse grandi e profonde affermazioni. Basta leggere, infatti, la dichiarazione rilasciata su Il Sole 24 ore di ieri per avere contezza di come un ministro delle finanze possa affermare queste cose: «Per il Governo è un orientamento politico» - dice Del Turco - «molto importante che schiera la maggioranza su un terreno avanzato di grande rilievo e prospettiva per il paese. Quanto alle cifre di cui si discute, al momento non sono in grado di garantirle perché siamo in attesa dei dati dell'autotassazione. Vedremo». Se è questo il modo in cui si può affrontare un dibattito di politica economica, lascio a voi stessi trarre le dovute conclusioni.
Il vero problema della maggioranza, però, non è quello di dare al paese una linea politica in economia né di affrontare le sfide che derivano dalla competitività mondializzata, ma unicamente di compattarsi, come ha correttamente dichiarato il ministro per i rapporti con il Parlamento Patrizia Toia. Basta leggere la dichiarazione del ministro che dice: «La maggioranza si dimostra compatta. È certamente meglio che la risoluzione non preveda cifre ma indichi le priorità». Certo, è molto meglio per la maggioranza, ma non è meglio per il paese.
Hanno fatto una fine poco dignitosa i cosiddetti non DS della maggioranza, che avevano fatto una battaglia in riferimento all'esigenza di un abbassamento del prelievo fiscale di non si sa bene quanti punti
Infatti, non è tanto l'incertezza sul dividendo fiscale, che peraltro avrebbe potuto essere benissimo calcolato in via presuntiva, salvo poi procedere all'eventuale correzione di merito alla luce dei risultati definitivi, quanto l'impossibilità di trovare una linea di unità all'interno di una maggioranza sempre più divisa sulle strategie da assumere. In tal modo, malgrado i richiami del governatore della Banca d'Italia, il ministro Visco ha dichiarato che non lo capisce. Ma il ministro Visco a volte pare, come stamattina, Alice nel paese delle meraviglie, visto che soltanto per lui «tutto va bene, madama la marchesa». Abbiamo appreso dai giornali che il ministro Visco dichiara che l'occupazione aumenta, i consumi crescono, la produzione industriale va molto bene. Ma in quale paese vive il ministro Visco? Quali giornali legge? Lo stesso giornale che a pagina 8 pubblicava queste dichiarazioni, Il Sole 24 ore di stamattina, a pagina 10 recita: «Consumi in crescita frenata, si allarga la forbice tra nord e sud e tra grandi e piccoli negozi». Il ministro declama ma non legge i giornali. Qualcuno gli faccia notare che il paese di cui parla non esiste.
Per la verità, Visco è molto più bravo come ministro della propaganda, sostanzialmente è diventato il Goebbels dell'Ulivo, perché è quello che lancia messaggi tranquillizzanti rispetto alla situazione perché nessuno disturbi il manovratore. Purtroppo la realtà non è questa. Il Governo e la sua maggioranza, irresponsabilmente, davanti a un paese in difficoltà, che non riesce a trovare il bandolo della matassa per affrontare la competitività internazionale, hanno deciso di non decidere limitandosi solo ad una indicazione di massima assolutamente deludente anche sul terreno delle maggiori spese.
Prima avevano parlato di 6 mila miliardi, poi sono scomparsi, però voci accreditate di Governo dicono che saranno stanziati 4 mila miliardi, udite udite, per la riforma del welfare, cioè per gli obiettivi prioritari di riordino dell'assistenza delle fasce più deboli, l'incremento delle pensioni minime, la previdenza integrativa e un altro complesso di interventi. Quattro mila miliardi non bastano neanche a garantire quell'assegno che propagandisticamente avete introdotto nella finanziaria di tre anni fa per il sostegno alle fasce povere e che da tre anni fate finta di attuare su base sperimentale; perché non avete il coraggio di dire che non volete stanziare una lira per farvi carico delle vere nuove povertà?
Allo stesso modo è offensiva la previsione di 2 mila miliardi per il rinnovo contrattuale del pubblico impiego, anche perché questo rinnovo contrattuale, con 2 mila miliardi, rischiano di pagarlo le forze dell'ordine, verso le quali vi è un atteggiamento discriminatorio inaccettabile e per le quali si prevedono incrementi salariali di determinate entità: vorrei poi capire come si fa a distinguere tra carabinieri, polizia e Guardia di finanza chi è a più o meno alto rischio. Nel momento in cui si introduce il principio della discriminante...
Si dà enfasi al principio di garantire il maggior rischio e questo significa scaricare su questo principio i mancati aumenti per l'intera categoria. Concludendo - poiché il tempo si è esaurito - per questi motivi, per l'inesistenza di una linea di indirizzo coerente, per il rifiuto a scendere nel dettaglio da parte del Governo e della maggioranza, oltre che nella
Sapremo solo in autunno se il Governo ha un'opinione su come incentivare l'economia, incrementare l'occupazione, contrastare l'inflazione galoppante...
Le previsioni macroeconomiche del documento di programmazione economico-finanziaria sono improntate, come hanno sostenuto molti autorevoli osservatori, ad un ottimismo di maniera: il vero scopo del Governo è dare un messaggio di natura elettoralistica, secondo il quale tutto va per il meglio, e così sarà non solo quest'anno ma anche per gli anni successivi. Ma da dove deriva tutto questo ottimismo? Da un miglioramento della congiuntura internazionale, cioè da fattori del tutto indipendenti dalla politica economica del Governo, quindi anche non manovrabili, nel senso che la congiuntura internazionale potrebbe indebolirsi in presenza di un rallentamento dell'economia americana, di cui già vi sono sintomi significativi, oppure di una ripresa dell'euro, che sottrarrebbe alle imprese italiane quel po' di competitività che il cambio ha loro conferito.
Di fronte a questa eventualità, l'Italia sarebbe del tutto disarmata. In altre parole, i motori interni della crescita non sono stati attivati e le imprese devono fare affidamento in misura determinante sulla domanda estera; si dirà che questo è normale, dato che siamo in epoca di globalizzazione, ma questa sarebbe un'interpretazione superficiale: la verità è che la domanda esterna è diventata protagonista per le sorti della nostra economia, soprattutto a causa della politica fiscale dei Governi della sinistra, una politica che ha sacrificato la spesa per consumi delle famiglie e ha indebolito gli investimenti delle imprese all'interno e gli investimenti esteri.
Questa è la condizione anomala in cui è stata messa la nostra economia. Così essa è tre volte in balia della congiuntura internazionale: ne dipende per la formazione della domanda rivolta alle imprese, come ho appena detto, ne dipende per il livello di interesse, ne dipende per i prezzi delle materie prime e per il rapporto euro-dollaro. In tal modo, quando per uno dei tre suddetti aspetti la congiuntura
Sono tutti fenomeni già in atto e siamo così allo snodo fondamentale della nostra contrarietà rispetto alla politica del Governo. La sinistra si esalta per la congiuntura che occasionalmente migliora, trascurando così la fragilità della stessa, ma soprattutto la sinistra mostra di non capire che il problema italiano non è di natura congiunturale, ma di natura strutturale. Solo le riforme strutturali possono dare alla nostra economia quella competitività che sta perdendo, in modo da consentire di trarre maggior vantaggio possibile da eventuali fasi cicliche favorevoli.
Nel documento di programmazione economico-finanziaria di queste riforme strutturali non vi è traccia e si tenta di fare passare la tesi secondo la quale tutto sarebbe già compiuto, si sarebbe già compiuto il risanamento strutturale della finanza pubblica.
Ma vediamo più da vicino come stanno le cose: la spesa pubblica, al netto degli interessi, non si è ridotta rispetto al PIL e la sua composizione è peggiorata, dato che le spese in conto capitale sono passate dal 4,6 per cento del 1995 al 4 per cento del 1999, con una riduzione ancora più forte dei trasferimenti in conto capitale per le zone meno sviluppate.
Quanto alla politica fiscale, in questi giorni abbiamo sentito dire che nel nostro paese vi è stata una riforma fiscale che avrebbe addirittura preceduto quella annunciata dal Governo tedesco. A parte il fatto che la pressione fiscale ha continuato ad aumentare nel 1999 e anche nel 2000 - previsione della Banca d'Italia -, vi è un'evidente differenza fra la politica del cosiddetto dividendo fiscale e la riforma tedesca: quest'ultima è volta a trasformare durevolmente in tempi e in modi certi il regime fiscale di famiglie e imprese; la politica italiana del dividendo fiscale, invece, non riduce il prelievo, anzi lo fa aumentare anche al di là degli obiettivi fissati dal Governo, che poi però si riserva il potere di decidere a chi concedere il dividendo derivante dall'eccesso di prelievo e quando farlo. Sul quando la risposta è: in prossimità della campagna elettorale; sul chi la risposta è: al maggior numero di destinatari possibili per ottenere il massimo dei voti.
Queste non sono serie riforme strutturali, ve ne sono ben sei che il paese attende. Mi riferisco a quella fiscale, ma anche a quelle necessarie a conferire flessibilità al mercato del lavoro, a dare le necessarie infrastrutture, a migliorare la qualità dei servizi pubblici resi ai cittadini, a liberalizzare effettivamente i mercati, come quello dell'energia, a riempire il bicchiere mezzo vuoto, e talvolta vuoto per due terzi, delle privatizzazioni incompiute, per non dire del bicchiere totalmente vuoto delle privatizzazioni e dei servizi municipalizzati. Della riforma della sanità, che crea tanto imbarazzo al povero Veronesi, è meglio non parlare. La riforma della pubblica amministrazione è tutt'al più una teoria per la parte che interessa i cittadini e uno strumento di occupazione del potere per la parte che interessa di più i Governi della sinistra. La riforma universitaria espunge la ricerca dall'università e la trasforma in una specie di liceo di secondo livello, sicché è
E il problema del Mezzogiorno vi sembra forse di natura congiunturale? Nonostante abbiate proclamato che il sud sarebbe stato la nuova Florida, nonostante abbiate vantato ben cento idee per il sud (cento illuminazioni subitaneamente spente), nonostante i vostri patti e contratti - contratti e patti senza fatti - e nonostante lo strumento portentoso di Sviluppo Italia, della cui esistenza nessuno si è ancora accorto, salvo i suoi non fortuiti dirigenti e i suoi fortunati consulenti, il divario fra il sud e il nord si è andato ancora allargando ed oggi il PIL pro capite meridionale è poco più della metà di quello del centro-nord.
Il sud perde colpi rispetto al resto dell'Italia, mentre il resto dell'Italia perde competitività rispetto al resto del mondo. È di questi giorni la notizia che la bilancia commerciale è risultata a maggio in deficit per 1.200 miliardi, contro il surplus di oltre 2.000 miliardi del maggio 1999.
Come meravigliarsi che in questo contesto di latitanza del Governo cresca la povertà nel nostro paese? Vi sono oggi in Italia 7 milioni e mezzo di poveri e qui vi ammoniamo a non scherzare con i poveri. La vostra politica verso la povertà è, per così dire, una politica di natura statistica: consiste nell'elargire ai poveri quelle poche lire che servono a far loro superare appena appena la soglia della povertà, in modo che l'ISTAT possa dichiarare che la povertà è diminuita. Né la povertà si combatte attraverso i lavori socialmente utili o quei posti di lavoro part time che durano spesso qualche giorno o qualche settimana, ma che fanno dire all'ISTAT che la disoccupazione è diminuita. In realtà, misurata in termini di unità di lavoro equivalenti, l'occupazione meridionale è diminuita nel 1999, come dimostra la Svimez. Né si combatte la povertà riducendo di un punto il prelievo IRPEF sui redditi, visto che l'inflazione si porta via non l'uno, ma il 2,7 per cento di quegli stessi redditi.
La vera povertà rimane in realtà immutata ed anzi cresce per effetto della vostra politica contro il ceto medio. La povertà non si contrasta con le vostre elemosine, ma promuovendo la crescita dell'economia e con la creazione di posti di lavoro a tempo pieno o anche part time, ma che si susseguano nel tempo, in modo da equivalere ad un'occupazione stabile e non occasionale. Della povertà dovrete dare conto presto agli elettori, così come oggi state dando conto a noi di un DPEF monco, debole nelle previsioni, incapace di dare risposte ai problemi non congiunturali, ma strutturali del paese. Ormai non vi manca solo la capacità, ma anche il tempo di fare qualcosa, dopo oltre quattro anni di Governo. Non è pensabile che in pochi mesi...
Consapevoli di ciò, gli italiani hanno ripetutamente espresso la volontà che altre idee, altri programmi ed altri uomini guidino il paese, ma a voi della volontà degli italiani non importa nulla. Chiusi nel palazzo del potere, per di più occupato da un Governo abusivo, avete perso il contatto con la realtà e perdete i vostri stessi elettori. Di ciò avete dato la colpa prima agli spot televisivi e poi all'opposizione troppo aggressiva. Non è così: l'opposizione fa solo il proprio dovere, siete voi che non lo fate. Ed è facendo il nostro dovere che oggi dichiariamo il voto contrario ad un DPEF che non c'è, ad un DPEF spensieratamente illusorio nelle previsioni, abulico nelle decisioni e latitante sul tema delle riforme di struttura (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza nazionale e misto-CCD).
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole La Malfa, al quale ricordo che ha a disposizione tre minuti. Ne ha facoltà.
Il ministro Visco ha detto questa mattina, rispondendo ad un mio intervento (e per questo lo ringrazio), che il presidente del Fondo monetario internazionale ha detto che la ripresa europea dipenderà dalla lungimiranza e dalla efficacia delle azioni di politica economica che verranno condotte. Questo è il punto della discussione che avremmo dovuto fare su questo documento di programmazione economico-finanziaria: la lungimiranza e l'efficacia delle politiche che il nostro paese deve concorrere a far adottare in Europa e deve adottare per se stesso con gli strumenti che ha a disposizione per porre su basi solide la ripresa economica che è in corso e per far sì che essa non sia una semplice fase congiunturale ma l'inizio di una forte espansione destinata a durare nel tempo.
Signor Presidente, io avevo suggerito al Presidente del Consiglio, quando è nato il Governo, di premettere al documento di programmazione economico-finanziaria un documento sulla competitività e sulla disoccupazione nel nostro paese, un paese entrato faticosamente nell'area dell'euro rinunziando a quegli aggiustamenti del tasso di cambio che avevano consentito, quando era necessario, di recuperare la competitività che gli andamenti economici interni facevano perdere. Avevo chiesto al Governo di collocare in questo documento fondamentale i problemi della politica finanziaria dell'ultimo anno della legislatura, di inquadrare, cioè, il documento di programmazione economico-finanziaria nei problemi di medio termine che abbiamo davanti e che diventeranno più acuti quando - come avverrà nelle prossime settimane - la Banca centrale europea dovrà elevare i tassi d'interesse per affrontare quell'inflazione alla quale il ministro Visco ha accennato nel suo intervento.
Questa impostazione politica del problema italiano della competitività, del problema del Mezzogiorno, non c'è stata; se questa priorità vi fosse, non leggeremmo nella risoluzione che hanno firmato i capigruppo della maggioranza un elenco di priorità, per quanto riguarda la politica economica, quali il lavoro, la sicurezza, la famiglia, la formazione, la ricerca, la riduzione della pressione fiscale. Questa non è una politica economica! Questo è un elenco (Applausi di deputati del gruppo di Forza Italia)...
Noi avevamo dato unilateralmente un voto di fiducia al Governo Amato senza partecipare alla maggioranza e nella speranza che quel Governo potesse segnare una svolta importante nell'impostazione
I contenuti della risoluzione sono autonomamente non realizzabili. Le contrazioni di spesa non sono accompagnate da una ridefinizione delle funzioni della pubblica amministrazione. Ne seguiranno due conseguenze: o gli obiettivi non saranno realizzati, oppure si verificherà un risparmio di cassa che diminuirà l'efficienza dell'amministrazione. Data l'attuale incidenza amministrativa sull'attività economica, sarà ostacolato lo sviluppo e peggioreranno gli indicatori economici.
Per la riconduzione del debito che viene ipotizzata, non si indica come essa dovrebbe essere concretamente attuata. L'incidenza dell'ordinamento comunitario (che è determinante) è considerata in maniera distorta e parziale: si invoca l'eliminazione della concorrenza fiscale, definita maldestramente come sleale, senza rendersi conto che questo è proprio l'unico grado di libertà che è rimasto agli Stati membri per assicurare lo sviluppo. La questione generale della competitività del sistema è ignorata; non si prendono nemmeno in considerazione i rilievi formulati in proposito dalla Banca d'Italia, dalla Consob e dall'autorità garante della concorrenza.
La risoluzione della maggioranza dimostra la volontà di non fare; l'esigenza di fondo è quella di realizzare un mercato autenticamente concorrenziale ma si risponde con interventi settoriali e parziali. Si impegna il Governo a non presentare i disegni di legge collegati che, invece, dovrebbero contenere quelle misure di accompagnamento che sarebbero indispensabili per attuare anche i soli obiettivi indicati dalla risoluzione.
Onorevoli colleghi, questo tipo di politica può avere una sola conseguenza: una diminuzione strutturale della competitività del sistema paese e una diminuzione delle garanzie reali offerte ai cittadini. Tutto ciò a noi sembra profondamente ingiusto (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza nazionale e misto-CCD).
Gli auguri, naturalmente, vanno anche a tutti i dipendenti della Camera e alle loro famiglie (Generali applausi, cui si associano i membri del Governo).
In questo senso chiedo a tutti i colleghi la disponibilità ad esaminare il testo immediatamente dopo il voto sul documento di programmazione economico-finanziaria.
Volevo invece, per il sollievo di molti, annunciare che non intendo sollevare una questione mia, né mi metterò di traverso. Nonostante le molte condizioni avverse, io sono ligio alla disciplina complessiva del gruppo. Quindi, benché resti qualcosa di più di qualche - non mia, ma nostra - perplessità, nonché motivi di opposizione nel merito nei confronti di un provvedimento che, così come è concepito, continuo a ritenere appropriato nella sua parte introduttiva, l'articolo 1, ed in quella finale, gli articoli 4 e 5, ma non certamente negli articoli 2 e 3, tuttavia, sulla base della riconsiderazione effettuata e delle incisive modifiche apportate, non saremo certo noi a contrastare un provvedimento che nel suo complesso, se non viene frainteso e male utilizzato, può dare un segnale positivo.
Tuttavia (Commenti)... Colleghi, cerchiamo di non fare il bis di prima.
Dicevo che trovo assolutamente sintomatico che a questi punti di equilibrio, o se volete di compromesso o di soluzione concordata, si debba arrivare attraverso le risse, che coinvolgono anche chi costituzionalmente non le vorrebbe. Se in sede di Commissione si fosse, non a parole, ma nella sostanza, più disponibili ad incontrarsi sui giusti punti di equilibrio, tutto questo non accadrebbe. Ricordiamocelo, affinché a settembre il clima sia diverso.
Il provvedimento, tuttavia, pur riguardando un esiguo numero di persone, è volto a fare giustizia e per questo acconsentiamo a procedere: però, come ho già avuto occasione di dirle un'altra volta, signor Presidente, non abusiamo reciprocamente di questi scontri, cerchiamo di produrre qualcosa di utile per i cittadini, per i nostri popoli.