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PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione della mozione Veltroni ed altri n. 1-00469 concernente la pena di morte anche con riferimento al caso dell'esecuzione di Derek Rocco Barnabei (vedi l'allegato A - Mozioni sezione 1).
Ricordo che nella seduta del 19 luglio 2000 si è conclusa la discussione sulle linee generali.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il sottosegretario di Stato per gli affari esteri, che invito anche ad esprimere il parere sulla mozione all'ordine del giorno.
UMBERTO RANIERI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, ogni discussione sulla pena di morte è un dibattito di civiltà, come è stato osservato, di difesa di quel valore basilare che è il diritto alla vita, nonché sul diritto dell'uomo di potersi pentire e reinserire nella società dopo aver pagato il proprio debito con la giustizia. In quest'aula siamo tutti impegnati con identica convinzione ad affermare le ragioni che giustificano il diritto di ogni uomo a vivere e possiamo essere fieri per come tutti i Governi che si sono succeduti alla guida del nostro paese hanno attivamente condotto questa battaglia.
all'interno dell'Unione europea è diventata sempre più importante la ricerca di una soluzione che porti ad un convincimento comune circa l'abolizione della pena di morte e la costruzione di una maggiore solidarietà tra i paesi comunitari. Nel corso del 1999, i paesi dell'Unione europea hanno registrato con soddisfazione che, anche grazie alla loro pressione, paesi come Cipro, Filippine, Ucraina e Turkmenistan hanno abolito la pena di morte o introdotto una moratoria a tempo indeterminato delle esecuzioni. Nessuno si illude che questi passi in avanti possano ribaltare, in tempi brevi, convinzioni e posizioni nei confronti della pena di morte che, soprattutto negli Stati Uniti, sono profondamente radicate nella storia nazionale di quel paese.
Come ricordato, è un tema che coinvolge aspetti religiosi, culturali e giuridici; come è noto, le iniziative italiane di proporre una risoluzione contro la pena capitale in seno alla Commissione per i diritti umani delle Nazioni Unite hanno avuto fortune alterne. Dopo le prime volte in cui il testo è stato approvato con maggioranze molto ristrette, le iniziative italiane hanno acquistato appoggi consistenti e ciò ci ha rafforzato nella convinzione della validità dei nostri tentativi. Nel 1998, per la prima volta, l'Unione europea ha dimostrato interesse per una posizione comunitaria sulla questione; nel 1999 è stato presentato, a Ginevra, un primo testo a nome dei 15, approvato con trenta voti a favore, undici contrari e dodici astenuti.
Come è noto, se la pena di morte è fonte di divisioni a Ginevra, lo è ancora di più - ahimè - a New York, dove il clima maggiormente politicizzato dell'Assemblea generale induce alcuni paesi a vedere nelle iniziative abolizioniste un tentativo di imporre modelli estranei alle loro culture e tradizioni giuridiche. Non è così: in occasione di ogni incontro bilaterale e multilaterale con governanti di paesi che praticano ancora la pena capitale, l'Italia si è sempre sforzata di ricordare che la difesa del diritto alla vita di ogni essere umano è un dovere primario di ogni Governo e ciò non può essere interpretato come un sovvertimento dell'ordine sociale e culturale del paese stesso.
In questo sforzo l'Italia non è impegnata solo sul piano multilaterale, ma anche su quello bilaterale. In particolare, per quanto riguarda il piano multilaterale,
Ciò che è certo è che l'Italia continuerà a porre la tematica dell'abolizione della pena capitale all'attenzione internazionale, a dare voce a una scelta di difesa della vita. Nel corso della discussione è stato ricordato che lottare contro la pena di morte non vuol dire lottare solo contro i rischi di un errore giudiziario: l'opposizione alla pena di morte si basa sulla convinzione che anche l'autore di un efferato delitto abbia diritto di redenzione, come sancito dalla Costituzione. È il concetto stesso del carattere irreversibile della pena che è in questione.
Nel concreto, nella vicenda del signor Barnabei, cittadino statunitense di origine italiana, il Governo ha seguito con attenzione tutti i fatti attraverso l'ambasciata a Washington e il consolato generale d'Italia a Philadelphia. Barnabei è stato condannato nel 1994 dal tribunale distrettuale di Norfolk in Virginia.
Tale tribunale ha respinto l'istanza di habeas corpus avanzata dal Barnabei, che ha presentato ricorso alla corte di Richmond contro tale decisione nell'autunno del 1999. Il ricorso al tribunale di Richmond è stato respinto e il 30 giugno la decisione è diventata definitiva. Il tribunale non ha ancora fissato la data dell'esecuzione.
Il signor Barnabei ha ancora due ulteriori possibilità di ricorso: in primo luogo, una volta fissata la data dell'esecuzione, egli potrà rivolgersi alla Corte suprema federale affinché annulli la sentenza sfavorevole pronunciata dal tribunale di Richmond e, in secondo luogo, qualora anche il ricorso alla Corte suprema fosse respinto, Barnabei potrà chiedere al governatore della Virginia la grazia o una sospensione dell'esecuzione.
Il signor Barnabei non è cittadino italiano, al contrario del padre, nato a Siena, poiché, sulla base di una serie di leggi, non ha potuto mantenere la cittadinanza italiana e, quindi, la facoltà di esercitare un diritto di opzione ed ha pertanto perso tale cittadinanza.
Circa il dispositivo della mozione, il Governo considera accettabile il primo paragrafo. Il Governo intende dare seguito all'impegno ad intervenire presso il governatore della Virginia ed il Governo degli Stati Uniti, compatibilmente con la normativa americana, nei tempi e con le modalità più idonee al successo dell'iniziativa. Anche il secondo paragrafo è accettabile, pur se l'iniziativa comunitaria sulla materia presuppone il consenso unanime di tutti gli Stati membri e tale unanimità non appare raggiungibile quest'anno.
In ogni caso, a conclusione di questa discussione sulla mozione, va sottolineato che il Governo italiano, raccogliendo l'unanime disposizione del Parlamento, è impegnato fortemente sia per compiere ogni sforzo, così come indicato nella mozione, per sostenere la richiesta del signor Barnabei per un riesame della sua situazione, sia per proseguire nell'impegno in tutte le sedi bilaterali e multilaterali per una moratoria sulle esecuzioni capitali e per superare la pena di morte.