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si apprende dagli organi di stampa che, «in spregio al Parlamento, che con la legge 78/2000 non ha conferito alcun mandato in tale senso, verrà legalizzato un enorme «servizio segreto» con alla testa l'Ucsi, e come articolazioni periferiche i comandi territoriali dell'arma dei carabinieri;
tale centrale di raccolta ha operato finora nella più totale illegalità, in violazione dei diritti dei cittadini, sulla mera base di circolari ed al di fuori di specifici controlli;
l'Ucsi risulterebbe, secondo quanto ha stabilito all'unanimità il Copaco (relazione 6 aprile 1995), fuori dalla legge e contro la legge costitutiva della materia (che è la legge n. 801 del 1977);
vi è illegalità nella raccolta di informazioni del suddetto organismo in quanto vengono toccati temi come la vita sessuale, l'adesione a partiti e sindacati, le convinzioni religiose e filosofiche, lo stato di salute;
vi è illegalità nella concessione/negazione dei nulla osta di sicurezza perché non esiste una legge che precisi in che cosa consistano i nulla osta di sicurezza e quali criteri per concederli o negarli;
vi è illegalità nell'uso della classifica, «riservato», che impedisce di conoscere il dossier e che copre anche la normativa che regola la materia -:
se il Governo intenda veramente legalizzare questo enorme «servizio segreto» in violazione dei diritti dei cittadini.
(3-06094)
risulta all'interrogante che, nei confronti dell'attuale comandante del Ros di Milano - maggiore Carlo De Donno - sarebbe stato formulato il grave addebito di aver in vari modi «oscurato», nell'indagine antimafia denominata «operazione Africa», elementi di prova al fine di agevolare la posizione di una giovane donna, Veronica Riva, che risulterebbe sentimentalmente legata ora all'ufficiale, la quale in precedenza aveva operato in combutta con due boss egiziani del narcotraffico, divenuti poi «collaboratori di giustizia», di uno dei quali era la compagna;
la vicenda è particolarmente inquietante, dal momento che risulterebbe che, nelle relazioni di servizio inviate dal Ros alla procura, Veronica Riva - che gestiva la società «Alexandria International» di Milano che, dietro la copertura di un'attività di ingrosso nel settore abbigliamento gestiva traffici di droga e armi, racket dei locali pubblici eccetera - prima presente in posizione ben evidenziata, viene via via fatta sparire letteralmente dall'inchiesta, non entrando né nella lista dei 125 arrestati né in quella degli indagati a piede libero;
nei verbali dei Ros fino a una certa data la stessa compare alla guida di un'auto Ford Escort, auto che nei verbali successivi viene ancora indicata ma come guidata da «una persona non meglio visualizzata» mentre, molto stranamente, tali ultimi verbali non risultano corredati da filmati che invece gli investigatori hanno realizzato regolarmente;
è addirittura circolata un'istantanea fotografica dalla quale un'auto Opel Corsa della Riva, usata successivamente dalla stessa, risulta parcheggiata nel cortile della caserma milanese in cui presta servizio il maggiore Carlo De Donno, a fianco di un auto di servizio;
risulta che tali fatti, ormai da tempo noti nell'ambito del Ros di Milano, abbiano determinato, insieme all'allontanamento di ottimi elementi, anche un clima di sfiducia e di disaffezione -:
quali siano gli urgenti provvedimenti che si ritiene di assumere anzitutto per ridare piena serenità ed operatività al Ros milanese, al quale appartengono ufficiali, sottufficiali e semplici carabinieri validamente impegnati nella difficile e pericolosa attività di prevenzione e contrasto alla mafia e per impedire le pericolose deviazioni sopra denunciate.
(3-06097)
il signor Bruno Mighali, agente di pubblica sicurezza, con decreto 333-D/19204 del Capo della pubblica sicurezza è stato trasferito «per motivi di opportunità e incompatibilità ambientale» dalla questura di Lecce - Commissariato di Nardò, alla questura di Taranto;
il Tar di Lecce, I sezione, con ordinanza pronunciata nella Camera di consiglio del 7 giugno 2000, ha accolto il ricorso n. 1240/2000 proposto dal signor Mighali contro il Ministro dell'interno e il capo della polizia, disponendo l'annullamento, previa sospensione dell'esecuzione, del decreto 333-D/19204 del capo della pubblica sicurezza datato 6 marzo 2000;
il medesimo Tar di Lecce, I sezione, con una successiva ordinanza pronunciata nella Camera di consiglio dell'8 giugno 2000, ha accolto un secondo ricorso (n. 1508 del 2000) proposto dal signor Mighali contro il Ministro dell'interno e il capo della polizia, confermando l'annullamento, previa sospensione dell'esecuzione, del decreto 333-D/19204 del capo della pubblica sicurezza datato 5 aprile 2000;
a tutt'oggi non è stato dato seguito alle suddette ordinanze, e quindi il Mighali non è stato reintegrato al commissariato di Nardò -:
quali provvedimenti intenda adottare per dare concreto e immediato seguito alle predette ordinanze del Tar di Lecce.
(4-31024)