Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 745 del 21/6/2000
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(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali della mozione.
Il primo iscritto a parlare è l'onorevole Teresio Delfino. Ne ha facoltà.

TERESIO DELFINO. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, onorevoli ministri e sottosegretari, la discussione di questa importante mozione, che richiama alla nostra memoria e alla nostra attenzione un avvenimento di una gravità enorme, ci pone nella necessità di sottolineare la nostra condivisione...

PRESIDENTE. Chiedo scusa. Colleghi, per cortesia.

TERESIO DELFINO. ... alla mozione presentata dagli onorevoli Pisanu, Selva, Pagliarini, Follini, Rebuffa e Vito, che noi


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sottoscriviamo, perché c'è bisogno di un momento di riflessione, ma soprattutto di raccogliere dal Governo risposte puntuali alle questioni che qui vengono poste.
Infatti, non c'è dubbio che il rapporto fiduciario tra questa Assemblea e il Governo impone, in situazioni drammatiche come questa, un'analisi approfondita e chiaramente orientata a raccogliere gli elementi di dubbio all'interno di una vicenda che ha posto una questione di fondo. Mi riferisco al fatto di aver compromesso, attraverso una fuga di notizie, la possibilità di identificare, oltre al presunto telefonista, tutti gli altri componenti della banda terroristica che ha ucciso il professor D'Antona.
Noi riteniamo che in questo dibattito il Governo debba fornire una risposta precisa circa la correttezza sostanziale e formale del ministro Bianco. Rileviamo come tutta la questione abbia inciso su quell'elemento di fiducia nella gestione della responsabilità ministeriale, che in questo caso suscita disagio in noi e in molti altri colleghi, perché è difficile comprendere le modalità di approccio e di gestione dell'intera vicenda.
Signor Presidente, con questo nostro breve intervento e nel sottoscrivere la mozione Pisanu n. 1-00454 chiediamo una parola di chiarezza da parte del Governo. Se non saranno fugati tutti i dubbi e se non verranno dati tutti i chiarimenti richiesti, il nostro comportamento non potrà rimanere in zone d'ombra e quindi, insieme ad altri, non potremo non chiedere di trarre le dovute conseguenze politiche.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Mancuso. Ne ha facoltà.

FILIPPO MANCUSO. Signor Presidente, chiedo scusa, la chiamata mi coglie di sorpresa.

PRESIDENTE. Vuole posticipare l'intervento?

FILIPPO MANCUSO. Faccio subito.
Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, signor ministro dell'interno, la sua perniciosa tendenza all'eloquio facile la sta diminuendo troppo ed è causa di errori continui da parte sua nella gestione del potere del quale attualmente è rivestito.
Il mio primo rimprovero nasce dalla nostra consanguineità territoriale: un uomo serio, se è un siciliano serio, non parla quanto parla lei!

FEDERICO ORLANDO. Li conosciamo i siciliani seri!

PRESIDENTE. Onorevole Orlando, lei vuole dire che non è sempre una qualità! Prosegua, onorevole Mancuso.

NICOLÒ ANTONIO CUSCUNÀ. Ce ne sono tanti qua!

LUCIO COLLETTI. Orlando furioso!

FILIPPO MANCUSO. O si tace o si dicono parole di miele e cera per sedurre e conquistare o si parla di lava per sanzionare, condannare, affermare definitivamente. Ciò che lei ha potuto concepire come uno strumento di vantaggio, attraverso l'esercizio continuo del diritto incontestabile di parola, sta facendo il suo danno. Ha fatto il danno della funzione che ricopre, specialmente e incontestabilmente attraverso la leggerezza che con la nostra mozione le viene imputata e rispetto alla quale spero che lei non disponga un'altra paratia di acqua, mentre sarebbe molto più conveniente e intelligente ammettere di essersi sbagliato, metodologicamente e specificamente sbagliato.
Questa che le descrivo è, quindi, causa sufficiente per muovere la censura dalla quale spero lei tragga più che un motivo di reazione, una riflessiva risposta per l'avvenire, per quel tanto di avvenire che la politica desertica di questo Governo le può aprire dinanzi.
Lei avrebbe, anzi glielo consiglio, un metodo per rintuzzare queste nostre accuse e dire che queste nostre accuse su


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una circostanza di indubitabile gravità sarebbero secondarie rispetto ad un'altra che non le viene contestata dalla mozione, ma che è pur sempre seria e grave: quella di aver congiurato contro la libertà dei cittadini concorrendo alla nomina del peggiore capo della polizia immaginabile in questo momento.

RENATO CAMBURSANO. Ma piantala!

FILIPPO MANCUSO. Un agricoltore mi vuole invitare al suo mestiere (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Che è nobile e antico, come lei sa, onorevole Mancuso.

FILIPPO MANCUSO. I miei nonni facevano proprio questo.

PRESIDENTE. Infatti poi...

PAOLO PALMA. Allora torna alla terra!

FILIPPO MANCUSO. Riprendo il discorso. Se lei volesse veramente difendersi da questo passaggio infelice, dovrebbe rimproverare lei a noi il fatto di avere trovato il modo per facilitare il suo compito proprio in quella nomina del nuovo capo della polizia, che rappresenta l'atto più grave, più impolitico e più ostile che il Governo e lei potevate commettere. Quello vi andava rimproverato: lei dovrebbe rispondermi proprio così; dovrebbe rispondermi che, se le imputiamo un fatto grave, le abbiamo facilitato un fatto gravissimo. La sorte futura delle conseguenze di questo atto si vedranno, intanto sappiamo benissimo - e spero che anche gli erronei suoi consiglieri la avvertiranno di questo - che il Ministero dell'interno, lo stiamo vedendo, per la struttura che va assumendo è un vero Ministero di polizia sullo stampo dei peggiori esempi del recente passato europeo. Questo avrebbe dovuto rinfacciarci e si sarebbe difeso bene, perché, a differenza vostra, noi riconosciamo i nostri errori e ne affermiamo il valore di esperienza e di autorevolezza. Voi invece vi chiudete - come dire? - in un bossolo di menzogne, malnati come siete all'esercizio della sopraffazione come metodo.

GIUSEPPE NIEDDA. Calma!

FILIPPO MANCUSO. Dopo di che, sappiamo benissimo che questo metodo porta alle conseguenze che le contestiamo con la nostra mozione, alle nomine abusive dei capi della polizia, dei vari capi delle strutture di tutto quanto l'apparato stradale e sappiamo altresì che vi è indifferente persino che la massima magistratura costituzionale dello Stato abbia fra i suoi componenti un soggetto che non avrebbe questa legittimazione.
Sappiamo benissimo che il vostro capo del DAP è stato chiamato a quell'incarico, anch'egli privo dei titoli. Siete nati all'abuso e ne esercitate tutti gli estremi, fino ad essere compassionevoli di voi stessi per l'incapacità che vi è propria di non accorgervi di essere i nostri migliori propagandisti: il vostro esempio è il nostro manifesto continuo (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale)!
Tra le altre cose, ero disposto a darle una chance, suggerendole persino quale poteva essere l'argomento forte in lei, debole in noi; spero che ne faccia tesoro; ma il bilancio generale, l'insieme delle sue condotte, del suo Presidente del Consiglio e dell'intera compagine governativa è da censura politica, non solo parlamentare: è una censura politica che affida al futuro passaggio elettorale la sua sanzione definitiva. Quando il momento della sanzione definitiva sarà venuto, metteremo sull'ideale bilancia della fine legislatura anche questa sopraffazione: quella di aver deviato le indagini per vanità meschina e di essersi avvalso dell'alta carica che lei ricopre per fare il pavone, continuamente il pavone! Lo Stato non è un palcoscenico, né per lei, né per noi, né per nessuno (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale)!


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Quando sarà il momento, su quella bilancia vi chiederemo di pesare anche questa sopraffazione e voi la peserete (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale - Congratulazioni)!

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Luciano Dussin. Ne ha facoltà.

LUCIANO DUSSIN. Signor Presidente, la mozione in esame è, a nostro giudizio, assai dettagliata, soprattutto nelle premesse che evidenziano disarmanti negligenze ed insopportabili leggerezze - se vogliamo chiamarle così - istituzionali. Emerge prepotentemente una complice ingenuità, che con proclami da dilettanti, sbandierando al vento intenzioni e futuri modi di agire, ha di fatto messo in allarme i veri colpevoli dell'infame assassinio di D'Antona.
Signor ministro, con i proclami «faremo», «arresteremo», «li arresteremo prima della festa della polizia», «li abbiamo in pugno» e «abbiamo il testimone», lei ha ottenuto di vanificare le indagini in corso, invitando la banda dei terroristi a darsela a gambe. La cronistoria delle dichiarazioni, riportata puntualmente nel testo della mozione, è impressionante. Se vi fosse malafede, sarebbero dichiarazioni in codice o dichiarazioni mirate. Non si comprende, peraltro, l'intromissione del Governo nelle indagini giudiziarie che erano in corso. Se dopo i proclami del tipo «gli siamo addosso», il capo della squadra mobile di Roma si vedeva negare dal procuratore della Repubblica l'emissione di un'ordinanza cautelare per mancanza di indizi, vuol dire che qualcuno stava scherzando o non si rendeva conto che il ruolo che ricopre merita maggior professionalità e, sicuramente, maggior serietà (Applausi dei deputati del gruppo della Lega nord Padania).
Signor ministro, le sue esternazioni (ad esempio, sui pacchetti sicurezza che non arrivano per motivi dovuti alla sua maggioranza) lasciano intendere che lei parla troppo spesso in modo furbesco e, soprattutto, a titolo personale. I cittadini, però, colgono nel territorio i problemi derivanti dal peggioramento della sicurezza, che con i suoi soli proclami non migliorano di certo. Lei deve essere più coerente: è uomo di centrosinistra, quindi è responsabile di leggi demenziali quale quella sull'immigrazione; è complice di una giustizia che per il 90 per cento dei reati lascia impuniti i delinquenti; è complice dei tre milioni di procedimenti penali accumulatisi in questi anni; è complice di questo sistema e quindi non può venire a parlarci usando slogan diametralmente opposti ai voleri della sua sgangherata maggioranza.
Non possiamo credere a chi confonde il gioco con il dovere, perché i delinquenti che avete portato nelle nostre case non giocano, ma rubano, ammazzano, spacciano droga fuori delle nostre scuole, schiavizzano donne e bambini. Lei, signor ministro, ha dimostrato di non essere credibile nella lotta al brigantaggio politico, figurarsi se sarà in grado di fronteggiare le nuove forme di brigantaggio delinquenziale di origine albanese, maghrebina e, da ultimo, cinese, composte da amici vostri, che voi fate entrare, che restano impuniti grazie a voi e che grazie a voi, in teoria, dovrebbero addirittura avere diritto di voto nel nostro paese.
Lei non ci convince e non convince il paese. Tra l'altro, occupa un Ministero «brucia ministri», perché prima di lei sono stati cacciati i vari Napolitano e Jervolino e, se non toccherà anche a lei fare questa fine, probabilmente sarà perché mancano ormai pochi mesi alla fine della legislatura, ma il suo destino comunque è segnato, perché dirige un Ministero pieno di incongruenze e di falsità che noi da anni stiamo puntualmente denunciando. Ci sono troppi fantasmi del passato in quel Ministero per dare spazio alla superficialità che è stata dimostrata finora, da ultimo nel caso D'Antona.
Ebbene, signor ministro, noi denunciamo che con lei questi giochi continuano. Lei fa affermazioni sulla sicurezza ma, come dicevo prima, fa parte di una maggioranza che per ideologia peggiora le condizioni della sicurezza: le stesse incongruenze


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che caratterizzavano le brigate rosse. Anche loro sostenevano una cosa, ma agivano in maniera esattamente opposta. Dicevano di essere rappresentanti del proletariato senza essere né proletari né figli di proletari; erano comunisti, ma non perdevano occasione per ammazzare Tobagi del Corriere della Sera, uno dei pochi che lottavano contro il dominio della P2 in quella testata giornalistica; per uccidere l'ingegner Taliercio che si opponeva agli sprechi di Stato nel tentativo di spostare il petrolchimico di Mestre verso altri lidi, creando masse di operai disoccupati; per uccidere Moro, l'unico che voleva portare il contributo delle sinistre al Governo, e da ultimo per ammazzare D'Antona, uno tra i membri più validi ed autorevoli della consulta giuridica della CGIL. Noi denunciamo questo impasto di proclami falsi e di azioni false, chiediamo serietà e coraggio nell'assunzione delle responsabilità. Vogliamo avere a che fare con gente seria ed orgogliosa della propria identità e del proprio credo, cosa che però puntualmente non si verifica.
Questa mozione ci serve per capire quale grado di copertura abbia il ministro da parte del Governo: se, come purtroppo crediamo, la copertura ci sarà, denunceremo le complicità che condannano - speriamo ancora per pochi mesi - i cittadini ad avere il più importante Ministero in mano a gente che ha a che fare con i giocolieri, con i mestieranti, con quanti sono conniventi con un sistema che copre i misteri di pezzi dello Stato che da sempre sono deviati e non rispettano le esigenze dei cittadini. In buona sostanza, approviamo la mozione, perché pretendiamo chiarezza e ne abbiamo bisogno anche come gruppo politico al fine di evidenziare tutti gli aspetti negativi del suo operato, signor ministro, che non ci convince affatto.
Leggendo il testo di questa mozione ho notato una lunga serie di errori e di superficialità incomprensibili. Non vorrei che siano stati lanciati messaggi che hanno ottenuto anche l'effetto desiderato, perché quando si proclama l'esistenza di un testimone - un bambino di dieci anni -, pubblicizzandolo sugli organi di stampa ed in televisione senza avere il consenso della magistratura che ritiene di non dover emettere mandati, perché mancano indizi consolidati, si riesce solo a vanificare il lavoro portato avanti dalla giustizia. Il risultato, come si è visto, è stato negativo.
A nostro avviso, deve essere denunciato anche un altro aspetto della questione. Il Governo non ha perso occasione per intromettersi nelle prerogative degli organi giudiziari. Se è vero che la magistratura è indipendente, lo deve essere sempre e non solo in determinate circostanze o quando fa comodo. Mentre gli organi giudiziari lavoravano ed avevano bisogno di maggiore serenità, con questi atti inconsulti veniva vanificata l'attività che si stava svolgendo.
Noi riteniamo che all'interno di questo Ministero debba esserci maggiore professionalità: non è possibile giocare con le esigenze primarie dei cittadini. Decine di sondaggi evidenziano che i cittadini pretendono maggiore sicurezza, mettendo quest'ultima al primo posto nella graduatoria delle necessità. Tuttavia, con questo Ministero e con una giustizia che, per complessità e volontà dell'attuale maggioranza di centrosinistra, non rassicura in tal senso i cittadini, noi siamo chiamati a denunciare continuamente tali avvenimenti. In questo abbiamo anche la complicità positiva del Governo, che ci aiuta a denunciare ai cittadini il grado di inefficienza delle istituzioni. Bisogna tuttavia capire se si tratti di inefficienza delle istituzioni per incapacità o per complicità: questo è il grave dubbio che permane in noi. Siamo consapevoli del fatto che si agisce con leggerezza, ma se vi sono complicità bisogna provarlo. Questo va letto in chiave politica e in questo senso deve essere denunciato che questi problemi esistono realmente. Come abbiamo potuto notare, la ricerca affannosa della banda che ha ucciso il professor D'Antona testimonia la presenza di deficit operativi, di incapacità professionali e di complicità. Ciò fa parte del retaggio culturale della sinistra che per anni ha perseguito in


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questo paese, secondo noi, una politica antisociale. Ha creato un terrorismo finora inspiegabile che andava contro gli interessi della stessa sinistra e dei nostri stessi cittadini, ma si dipingeva come un terrorismo di sinistra mentre in realtà era un terrorismo che aveva origini ben individuabili: era infatti un terrorismo nato, come ho detto prima, in pezzi dello Stato deviato.
Lo Stato dovrebbe essere inteso come una sorta di funzionario della società, ma quando un funzionario non ottiene i risultati che la società si attende, dovrebbe poter essere rimosso. Invece noi abbiamo pezzi dello Stato deviato, e quindi funzionari deviati della nostra società, che i cittadini non riescono a mandare a casa. Anzi, questi pezzi dello Stato riescono a comandare e sono sovrani rispetto alla sovranità vera e propria dei nostri cittadini. In altre parole i nostri dipendenti, utilizzando anche forme di brigatismo (in questo caso rosso, e ne abbiamo le prove), si sono legittimati e si sono messi a capo della nostra società. È questo il fenomeno delle brigate rosse! Non a caso, nel caso specifico dell'omicidio del professor D'Antona, pezzi di istituzioni mandano in giro messaggi in codice dicendo: attenzione, perché stanno indagando su di voi e quindi è meglio che cambiate aria! Questo è un aspetto molto inquietante e che ci preoccupa moltissimo.
Se il ministro ha in qualche modo sbagliato o non si è accorto di ciò che sta accadendo, diciamo così, sopra le sue spalle, vogliamo allora vedere se anche il Governo riesce ad ignorare quanto è accaduto. In sostanza, chiediamo che il Governo dichiari, nella sua collegialità, se sia solidale o meno con il comportamento del ministro. Vogliamo vedere cioè se il Governo nella sua collegialità riesce a cogliere questi che sono, a nostro avviso, fatti di una estrema gravità. Non riusciamo peraltro a renderci conto di come sia stato possibile perdurare negli errori. Sono state riportate diverse date, con riferimento alle quali sono stati compiuti errori senza che nessuno si accorgesse degli effetti negativi che ciò avrebbe comportato per il prosieguo delle indagini giudiziarie. Sono state riportate le date del 3 maggio, dell'11 maggio, del 14 maggio, del 16 maggio, del 20 maggio...

PRESIDENTE. Onorevole Dussin, dovrebbe concludere.

LUCIANO DUSSIN. Vi è cioè un arco temporale di due-tre settimane durante le quali sono stati compiuti errori e si sono verificate fughe di notizie ma si è continuato a perdurare nell'errore senza che nessuno vi ponesse rimedio.
Anche questo è un aspetto che vorremmo fosse chiarito dal ministro (Applausi dei deputati del gruppo della Lega nord Padania).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Frattini. Ne ha facoltà.

FRANCO FRATTINI. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, signori ministri, in questa dolorosa vicenda che si collega alle indagini per un vile omicidio brigatista, io sono certo che tutti i componenti di questo Parlamento siano dalla stessa parte, cioè contro i terroristi. Questo ci impone però di chiedere conto di come il Governo assolva il suo dovere istituzionale di concorrere alla cattura dei terroristi. Ed è qui che ci dividiamo!
Noi riteniamo che le interferenze nelle indagini e le esternazioni imprudenti costituiscano cattiva prova nell'esercizio di quella funzione istituzionale e che in questo caso i terroristi debbano essere grati a chi - e ancora non lo conosciamo - ha determinato o consentito una fuga di notizie che ha oggettivamente bruciato una delicatissima fase di una lunga indagine contro le brigate rosse.
Allora, signor Presidente del Consiglio, le pare possibile che, dinanzi a tutti i prefetti d'Italia riuniti in una conferenza il giorno 3 maggio di quest'anno, il ministro dell'interno possa annunciare testualmente: «Sarebbe un bellissimo segnale se nell'anniversario dell'uccisione di D'Antona le indagini in corso potessero


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dare ulteriori buoni risultati ed una svolta»? Non le sembra, signor Presidente, un segnale chiaro per chi ha buone orecchie e sa ascoltare? E ancora: in una riunione, l'11 maggio, al Viminale, il ministro dell'interno convoca gli investigatori, convoca cioè coloro da cui dipendono le indagini di polizia giudiziaria; io mi chiedo e noi le chiediamo: a che titolo quella convocazione?
Noi siamo convinti che anche il prendere conoscenza di indagini di polizia giudiziaria delicate e riservate, anche il solo prendere conoscenza da parte di chi non ne ha titolo costituisca un'interferenza. Inoltre il giudice per le indagini preliminari, il dottor Lupacchini, ha negato in un'audizione dinanzi ad una Commissione di questo Parlamento che ci sia stato un deficit d'attività investigativa, ma ha detto chiaramente che il giorno del primo scoop giornalistico solo il pubblico ministero e la polizia giudiziaria conoscevano i fatti delle indagini e che li conoscevano anche i superiori gerarchici della polizia giudiziaria; mi chiedo, signor Presidente del Consiglio: i superiori gerarchici, con il rapporto della doppia dipendenza, sono o non sono quelli che siedono al Viminale e che hanno convocato, in qualche modo, quelle riunioni improprie? È un tema tutto da approfondire, come vede.
Un ministro dell'interno non può cercare di recuperare la situazione stigmatizzando il cattivo coordinamento tra polizia e carabinieri, quindi prendendosela proprio con quegli operatori di polizia che stanno procedendo alle indagini più delicate, e non si può, per recuperare la situazione, annunciare con grande enfasi una prossima direttiva del Governo sul coordinamento. Non può sfuggire a nessuno, in primo luogo a un professore di diritto costituzionale, che, se c'è cattivo coordinamento tra gli organi di polizia giudiziaria, questo dipende dal pubblico ministero, e non può essere una direttiva del Governo a dire a quest'ultimo come meglio coordinare tra di loro polizia e carabinieri che, in quel momento, esercitano funzioni di polizia giudiziaria.
Ancora una volta non possiamo assistere ad interferenze istituzionali che con questa direttiva annunciata concorrerebbero ancora di più a confondere le idee tra il coordinamento tra le forze di polizia e il coordinamento tra gli organi della polizia giudiziaria.
Da ultimo, la fuga di notizie è istituzionale e non lo diciamo noi, lo ha detto un magistrato, il magistrato costretto a firmare un ordine di custodia cautelare per la fuga di notizie. Ebbene, non ci può mai essere leggerezza in un organo pubblico nell'osservare quella vigilanza assoluta sulle notizie segrete che, se trascurata, può comportare una fuga di tali notizie. La leggerezza in un organo pubblico costituisce sempre un concorso alla dolosa rivelazione di un segreto anche se il motivo è la vanità o se, come ha detto il presidente Mancuso, è il desiderio di fare bella figura.
In questo caso, per un'odiosa fuga di notizie, si è accelerato un provvedimento di custodia e si è messa in galera una persona che, forse, in galera non avrebbe dovuto andare. Questo è l'aspetto più grave di tutta questa vicenda. Allora, le chiediamo di dire una parola di chiarezza al Parlamento e al paese su come questa fuga di notizie si sia determinata. Non ci ripariamo dietro l'indagine penale sulla fuga di notizie. La pregiudizialità tra indagine penale ed inchiesta amministrativa è caduta da tempo. È un obbligo autonomo che incombe sul Governo quello di stabilire, con un'inchiesta interna risolutiva, se organi istituzionali che dipendono dal ministro dell'interno abbiano in qualche modo permesso, consentito e agevolato questo regalo ai terroristi (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Colleghi, vi informo che è presente in aula il Presidente della Camera dei comuni canadese, l'onorevole Gilbert Parent, il quale in questi giorni si trova in visita privata in Italia (Generali applausi). A nome di tutti i colleghi le rivolgo, Presidente, un saluto cordiale ed un augurio di buon lavoro.


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È iscritto a parlare l'onorevole Gasparri. Ne ha facoltà.

MAURIZIO GASPARRI. Onorevoli colleghi, signori rappresentanti del Governo, gli interventi dei componenti del centrodestra che già si sono svolti hanno puntato l'indice su una serie di contestazioni che sarà inutile ripercorrere, perché sono state già illustrate con precisione. In particolare, l'intervento dell'onorevole Frattini, il quale mi ha appena preceduto, è stato molto chiaro sui punti in questione. Perché abbiamo assunto l'iniziativa di proporre questa mozione? Perché volevamo evidenziare un comportamento disinvolto, che ha riguardato una vicenda delicata ma anche, come dirò, onorevoli colleghi, altri aspetti.
Ci troviamo di fronte ad una vicenda che si sta concludendo nel peggiore dei modi, perché allo stato attuale nulla si sa sull'identità degli assassini del professor D'Antona, che poi credo sia ciò che più importa. Vi è quindi una mancanza di risultato. Noi oggi non sappiamo ancora quale sia il volto vero, il nome e cognome di queste nuove brigate rosse. Quindi, anche il modo raffazzonato che il mondo politico di Governo, più che quello degli investigatori, ha manifestato in questa occasione ha portato ad un risultato fallimentare. Allora, anche la vicenda Geri e il suo epilogo mi sembra abbiano allontanato la verità e sconfitto la legalità.
Voglio ripetere anch'io che la nostra censura è su un modo d'agire disinvolto. Bisogna tenere distinte le attività investigative da quelle dell'esecutivo. È vero che il ministro dell'interno è l'autorità nazionale responsabile, ma noi non abbiamo ancora ben capito, nonostante alcune ricostruzioni, di cosa si sia discusso al Viminale in riunioni a cui partecipavano i rappresentanti del ROS dei carabinieri, del servizio centrale operativo della polizia e di altre strutture investigative, quasi che il Viminale fosse diventato una sorta di superprocura della Repubblica antiterrorismo e antimafia. Se così fosse, i risultati sarebbero stati deludenti.
Vogliamo dunque capire, attraverso l'inchiesta amministrativa che abbiamo proposto con la nostra mozione, fermo restando che la magistratura appurerà - se lo farà - le responsabilità, cosa sia successo. Ciò anche perché, caro Presidente del Consiglio, ministri del suo Governo dissero all'indomani di questa polemica che vi era stata una «fuga di notizie istituzionale». Al di là del neologismo - una fuga di notizie è una fuga di notizie; cos'è e cosa non è istituzionale? un maresciallo dei carabinieri è istituzionale? un ministro lo è di più? Quindi, una locuzione un po' singolare perché, in un certo senso, anche noi siamo istituzionali quando ci riuniamo alla Camera dei deputati e nello svolgere una funzione costituzionale ed istituzionale -, da dove è venuta questa fuga di notizie?
Lei dovrebbe sapere, Presidente Amato, che vi è stata poi una sorda polemica tra alcune forze dell'ordine, quasi uno scaricarsi responsabilità. Si è creata quindi una disarticolazione ulteriore in gangli vitali dello Stato quando - ripeto cose già dette - vi era questa aspettativa politica, vi erano questi annunci -«li arresteremo»-, c'era la festa della polizia alla quale doverosamente è stata invitata la signora D'Antona. Non vorremmo peraltro che l'invito fosse stato quasi finalizzato ad una sorta di celebrazione di un risultato investigativo positivo da raggiungere in quei tempi, sicché bisognava accelerare. Certo è che la Repubblica, un giornale non lontano dal Governo, pubblicò nella cronaca di Roma alcune anticipazioni. Ancora non sappiamo - oggi è il 21 giugno - quale sia stata la fonte istituzionale della fuga di notizie; lo vogliamo capire. Abbiamo una nostra supposizione, ossia che lo stesso ministro, essendo certamente istituzionale pro tempore, possa essere sospettato di tale responsabilità; altrimenti chi?
Cari colleghi, abbiamo presentato la mozione anche per mettere un po' il dito nella piaga; vi è stata, infatti, una serie di vicende che ci hanno sconcertato. Ad esempio, vorremmo sapere a che ora debbano chiudere le discoteche. Si dirà


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che, in materia, è in discussione in Parlamento un progetto di legge. Tuttavia, a un certo punto, il ministro disse che le discoteche dovevano chiudere alle 4; successivamente, dopo le proteste dei gestori, si è passati alle 3, dopo altre proteste alle 2 e, poi, non se n'è saputo più nulla, salvo il fatto che il ministro ha trascorso una serata in discoteca, forse anche per svolgere un'azione di sensibilizzazione dei giovani rispetto ai rischi esistenti. Anche questa vicenda, comunque, ha denotato un po' di disinvoltura.
Vi è, poi, la vicenda dell'immigrazione, della quale, Presidente Amato, si è parlato poco fa. Non vi è dubbio che essa venga affrontata con grande disinvoltura e superficialità: si decidono le quote e poi si procede alle sanatorie. Presidente, quelle sono sanatorie, perché se le domande sono state presentate senza gli elementi prescritti ed i termini sono scaduti, le domande non sono valide. Questa è la realtà; se fate altre cose, fate sanatorie. Volete farlo? Assumetevene la responsabilità di fronte al paese, ditelo ai sindaci delle città che vivono questa emergenza al nord come al sud, a San Salvario a Torino come all'Esquilino a Roma, o altrove. Anche qui vi è disinvoltura da parte del Viminale. Non si sa quale sia la linea seguita: rigore nei comizi o in televisione, sanatoria nelle decisioni del Viminale.
Anche su altre questioni invitiamo il ministro dell'interno ad avere maggiore cautela. Dobbiamo dire che, qualche volta, egli è anche sfortunato. Qualche giorno fa, a Napoli, il ministro si è giustamente complimentato, credo, con dei carabinieri che avevano realizzato una brillante operazione, assicurando alla giustizia alcuni malviventi; quasi contemporaneamente, presente Aznar a Napoli, vi è stato l'ennesimo omicidio (tutti conoscete la serie infinita di omicidi che si verificano in quella città). Spero che Aznar, che si trovava a pochi metri di distanza, non se ne sia accorto. Forse, il giorno dopo, è partito senza aver letto i giornali, magari qualcuno gli avrà cambiato canale mentre vedeva il telegiornale in albergo (Applausi del deputato Armani) per non fargli sapere cosa era accaduto quasi sotto la sua sedia. Chissà se Aznar se ne sia accorto o meno; spero che qualche collega del centrodestra che ha frequentazioni con lui lo informi dei rischi che ha corso venendo nel nostro paese.
Penso, insomma, che anche tali vicende dimostrino una sottovalutazione dei problemi.
Altra questione è quella dell'esercito: un giorno deve andare a Napoli, un giorno davanti alle carceri e poi, giustamente, aboliamo la leva obbligatoria, una battaglia della destra, come hanno detto - e li voglio ringraziare - alcuni colleghi di Rifondazione comunista. Certo, è una vittoria della destra, mica della sinistra! Ciò premesso, sentiamo dire dal Viminale che i giovani di leva, che devono essere «aboliti», devono recarsi a Napoli a garantire la sicurezza, o altrove.
La mozione che abbiamo presentato - torno al tema in discussione - riguarda la fuga di notizie in merito al caso D'Antona. Tuttavia, caro Presidente Amato, essa nasce in un contesto che ci vede estremamente perplessi rispetto alla gestione della sicurezza da parte del suo Governo e, quindi, anche del suo ministro.
Non aggiungo nulla sul pacchetto sicurezza, annunciato in televisione e posto all'ordine del giorno. Ieri sera vi è stata una riunione del Governo nel corso della quale, cari colleghi, è stato deciso di introdurre la figura del vigile di quartiere: a Milano la giunta di centrodestra già lo fa, caro Amato (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza nazionale e di Forza Italia)!
Altri sindaci, caro ministro Bianco già presidente dell'ANCI, non vogliono questa figura; io vivo a Roma, dove sono stato eletto e dove il sindaco Rutelli è contrario a tale innovazione. Inoltre, avete assunto altre decisioni copiate del programma del centrodestra. Peccato che non abbiate molto tempo per governare: abolite la leva, volete introdurre il vigile o il poliziotto di quartiere, tutte misure notevolissime che mi auguro spetterà a noi portare a compimento. Ovviamente, si tratta di una speranza perché le elezioni


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si devono ancora tenere - chissà quando vi saranno - e i risultati li leggeremo in seguito.
Perché il pacchetto sicurezza non viene posto all'ordine del giorno dell'Assemblea? Perché nel centrosinistra vi sono divisioni profonde. Ecco allora che, nell'ambito di una gestione goliardica e spettacolare delle politiche della sicurezza, può rientrare anche la fuga delle notizie, un'insufficienza di autorità e di controllo. Sosteniamo ciò con preoccupazione perché, ad esempio, a Napoli vi sono stati - non sono aggiornato ad oggi - sedici morti in sedici giorni (avevamo raggiunto tale cifra nelle giornate scorse), si continuano a manifestare fenomeni di clandestinità, i centri sociali vengono ricevuti al Viminale; infatti, i signori che accompagnano le delegazioni di immigrati spesso sono esponenti di centri sociali dediti alla violenza, caro Amato. Questa è la realtà! Voi fingete di combattere le brigate rosse e aprite le porte del Viminale ai centri sociali, amici delle brigate rosse (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza nazionale e di Forza Italia)!
Per carità, sono in quest'aula da qualche anno e temo che alla fine di questo dibattito vi sarà un voto di maggioranza che esprimerà solidarietà al ministro. È nelle previsioni, ma è nelle previsioni anche che noi dobbiamo dire queste cose al paese (per chi ci ascolterà e per chi ci vorrà leggere) e al Governo. Si tratta di considerazioni di buon senso che non ho voluto svolgere nemmeno con acrimonia personale, perché il problema è molto grave ed ha natura politica. Ho voluto invece collegarlo ad altre vicende perché noi riteniamo che non vi è solo questo problema, seppure delicato e grave.
In conclusione, il Governo è debole e precario, tanto che anche stamattina non si comprendeva quale fosse la sua politica estera su temi fondamentali, né conosciamo la sua politica della sicurezza. Voi scopiazzate qualcosa dal Polo, ma poi siete ostili quando noi vi chiediamo di coinvolgere le autonomie locali o le regioni.
Mi auguro che ci sia un colpo di scena clamoroso e che la Camera dei deputati approvi il nostro provvedimento. Comunque, con questa iniziativa politica e parlamentare noi vogliamo suscitare l'attenzione di tutti i colleghi.
Giorni fa il collega Chiamparino, che mi risulta faccia parte del gruppo dei Democratici di sinistra, ha raccolto molte firme contro - pensate un po' - la legge Turco-Napolitano! Ma perché hai votato quella legge, collega Chiamparino, quando sapevi che avrebbe prodotto questi risultati (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza nazionale e di Forza Italia)?
Allora, noi non raccogliamo firme dopo, ma presentiamo mozioni prima. Vi guardiamo in faccia con lealtà e con fermezza per riconfermarvi, se ce ne fosse bisogno, la nostra sfiducia, ma anche la nostra preoccupazione per la sicurezza degli italiani (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza nazionale e di Forza Italia - Congratulazioni).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Mantovano. Ne ha facoltà.

ALFREDO MANTOVANO. Signor Presidente della Camera, signor Presidente del Consiglio, colleghi, le indagini relative all'omicidio del professor D'Antona sono state condizionate e compromesse da un insieme di cause che richiamano, allora e ancora oggi, la responsabilità politica del ministro dell'interno. In particolare, noi non imputiamo al ministro in modo diretto la propalazione delle notizie. Se lo facessimo, il ministro Bianco avrebbe ragione di dire che è stato il primo ad essere stato danneggiato da questa fuga di notizie. Il discorso si pone su un altro piano ed è stato già sottolineato in precedenza.
In più occasioni, anche pubbliche, il ministro dell'interno ha auspicato e, in qualche misura, annunciato, imminenti sviluppi nelle indagini, rinviando implicitamente alla possibilità di arresto. Ciò, al di là della capacità soggettiva degli investigatori di resistere a certe suggestioni, ha esercitato un indebito e oggettivo condizionamento


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sugli stessi investigatori, ha creato delle aspettative che richiedevano un seguito tangibile e ha messo sull'allarme i responsabili dell'atto terroristico. In altri termini, si è realizzato esattamente il contrario di ciò che la prudenza suggerisce di fare in queste circostanze, poiché proprio quando si è sul punto di individuare il responsabile di un grave delitto è indispensabile mantenere il riserbo più assoluto o, addirittura, se proprio si ritiene di dovere intervenire, trasmettere all'esterno il messaggio che le indagini sono ferme. Il risultato è stato il fallimento di una importante pista investigativa che appare al momento (ci auguriamo di essere smentiti dai fatti) coincidere con il fallimento della possibilità di pervenire in tempi ragionevoli all'individuazione dei responsabili dell'omicidio del professor D'Antona.
È rimasto oscuro se Alessandro Geri sia stato ingiustamente arrestato per la fretta di arrivare a qualche conclusione ovvero, nell'ipotesi in cui fosse veramente colpevole (è ancora sottoposto ad indagine), se a suo carico non ci sia stato il tempo per raccogliere per intero gli elementi rilevanti.
Il procuratore della Repubblica di Roma, dottor Vecchione, ha implicitamente sottolineato il carattere dannoso delle sollecitazioni avanzate sotto forma di auspici da parte del ministro allorché, in data 20 maggio 2000, ha dichiarato testualmente che «proprio per la posizione istituzionale del pubblico ministero questo ufficio (la procura della Repubblica di Roma) non ha reso alcuna dichiarazione né tantomeno ha reso interviste sul caso D'Antona perché al riserbo e al segreto di indagine non è soltanto obbligato, ma è obbligato a farlo rispettare agli altri».
Si tratta esattamente di quel riserbo che, con dichiarazioni e interviste, seppure generiche, è stato invece violato dal ministro Bianco.
Ma vi è un altro profilo che costituisce l'oggetto della mozione presentata. Benché vi sia stata fuga di notizie, che l'autorità giudiziaria ha definito istituzionali, perché provenienti dall'interno di istituzioni, il ministro Bianco non ha provveduto a costituire nella sua amministrazione alcun gruppo ispettivo teso ad accertare eventuali responsabilità sul piano disciplinare, né, data la gravità dei fatti, ha sollecitato la costituzione di un gruppo ispettivo interministeriale parallelo alla pur necessaria e doverosa indagine della magistratura. È veramente singolare che il ministro dell'interno abbia chiesto chiarezza e rigore in proposito, avendo a disposizione lo strumento tecnico per giungere a qualche conclusione, ovvero per escludere del tutto che le indiscrezioni siano da attribuire a chi nella vicenda ha svolto e svolge compiti di polizia giudiziaria.
L'accertamento ispettivo e autonomo - sembra superfluo ricordarlo, ma da alcune risposte date in pubblico dal ministro appare invece necessario - non rappresenta una singolarità per una pubblica amministrazione né costituisce una sovrapposizione all'operato dell'autorità giudiziaria, è invece la regola. Quando accade una sciagura ferroviaria, il ministro dei trasporti è solito disporre un'indagine attraverso un'apposita commissione ministeriale, senza che ciò sia letto come un ostacolo per il lavoro della magistratura.
D'altra parte, è inutile ricordare che sulla fuga delle notizie è stato già avviato, o sta per essere avviato, un accertamento parallelo a quello dell'autorità giudiziaria, secondo le rispettive competenze, dalla Commissione bicamerale sulle stragi ed è stato chiesto anche al Consiglio superiore della magistratura. Non si comprendono le ragioni per le quali il ministro dell'interno abbia escluso tale possibilità affidando tutti i necessari accertamenti alla magistratura e rinunciando con ciò stesso all'esercizio dei suoi poteri.
Come è già stato detto, non esiste pregiudizialità e la totale separazione tra autorità giudiziaria ed esecutivo oggi invocata dal ministro dell'interno, non del tutto a proposito, forse avrebbe dovuto esserci originariamente.
Un ultimo aspetto che merita approfondimento riguarda il fatto che l'intera vicenda rivela anche l'incapacità del Viminale di realizzare un effettivo ed efficace


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coordinamento tra le forze di polizia, soprattutto quando si tratta di indagini di particolare rilievo e delicatezza.
Anche su questo fronte deve intervenire un chiarimento. Ciò che un approfondimento interno all'amministrazione potrebbe e dovrebbe accertare con chiarezza è se e in quali termini vi sia stata sovrapposizione fra differenti forze di polizia, secondo le ricostruzioni che hanno avanzato più fonti giornalistiche, a loro volta fondate su dichiarazioni rese da persone informate dei fatti. Il mancato coordinamento, peraltro, chiama in causa l'attuazione del decreto interministeriale dell'8 luglio 1999 dei ministri dell'interno e del tesoro, del bilancio e della programmazione economica sulla riorganizzazione dell'ufficio di coordinamento e pianificazione delle forze di polizia, che finora è rimasto sulla carta poiché gli uffici che avrebbero dovuto assicurare il coordinamento sono rimasti a tutt'oggi privi del personale qualificato per farli funzionare.
Signor Presidente del Consiglio, vi è un'esigenza immediata di trasparenza; non si confermi l'impressione, dopo che è stata provocata tanta confusione, di rinunciare a quegli accertamenti che rientrano nella specifica competenza dell'esecutivo (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Mancina. Ne ha facoltà.

CLAUDIA MANCINA. Signor Presidente, la pretestuosità della mozione che abbiamo di fronte è così manifesta che perfino la sua scrittura non riesce a celarla (scusate se attiro l'attenzione su questo particolare). L'uso insistito del condizionale, un vezzo giornalistico, e non dei migliori, per prendere le distanze da ciò che si sta dicendo, è spia e sintomo della scarsa credibilità che questo atto ha agli occhi dei suoi stessi estensori.
I gruppi dell'opposizione avevano espresso inizialmente l'intenzione di presentare una mozione di sfiducia individuale nei confronti del ministro dell'interno; hanno poi rinunciato a questo intento, evidentemente per la fragilità delle accuse, limitandosi alla presente mozione, che rappresenta una censura. Meglio ancora sarebbe stato se avessero rinunciato del tutto.
Questa mozione non resterà certamente come una bella pagina nella nostra storia parlamentare, ma come un momento non alto dell'attività di un'opposizione che oscilla tra ruolo istituzionale e polemiche strumentali. Anche in ciò si rivela l'incompiutezza del bipolarismo italiano - lo dico forse anche a scusante dell'opposizione -, i cui soggetti faticano a definire i propri ruoli e a riconoscerseli reciprocamente.
La mozione non contiene altro che la rassegna di notizie uscite sulla stampa in forma dubitativa e ipotetica - al condizionale appunto - e già smentite o chiarite dal ministro. In particolare, la più grave delle supposte indiscrezioni riferite dalla stampa e qui riprese, cioè la presunta telefonata alla signora Olga D'Antona per annunciarle un prossimo arresto, è stata decisamente smentita dall'interessata, con parole che non lasciano adito a dubbi e che è impossibile ignorare. Il resto è veramente poco o nulla: «ci sarebbe stata una riunione», «il ministro avrebbe detto». Il fatto che una notizia sia comparsa sulla cronaca romana de la Repubblica sarebbe da interpretare come significativo di chissà quali connessioni.
Certamente nessuno può sottovalutare la gravità e le conseguenze della fuga di notizie, che il giudice per le indagini preliminari Lupacchini ha definito istituzionale. È evidente purtroppo che tale fuga di notizie ha influito negativamente sulle indagini. Non so se l'arresto di Alessandro Geri - sicuramente affrettato - sia dovuto, come si dice, a questa fuga di notizie; se questo fosse vero, sarebbe molto grave.
La parola «istituzionale» rimanda comunque a persone appartenenti al circuito istituzionale, cioè a chi per compito proprio si occupava dell'indagine, ma nessuna responsabilità può essere addebitata al ministro Bianco, né si può confondere con una fuga di notizie l'auspicio, più


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volte espresso dal ministro, che presto si producessero risultati positivi nelle indagini sull'omicidio D'Antona, auspicio che non poteva non essere condiviso da tutti.
Lo stesso va detto per quanto riguarda la riunione dell'11 maggio, poiché simili riunioni con i vertici degli apparati investigativi sono normalmente convocate dal ministro per avere un quadro della situazione delle indagini, non per interferenza, ma per avere un quadro e un'informazione. Sono riunioni normali e, quindi, anche in quella riunione non c'è nulla di strano.
Per quanto riguarda poi gli accertamenti sulla fuga di notizie, c'è un'indagine giudiziaria in corso. Ho sentito qui un parere diverso dall'onorevole Mantovano, ma devo ribadire che un'indagine amministrativa si configurerebbe come un'interferenza nell'indagine giudiziaria. Naturalmente, se dovessero emergere responsabilità interne dell'amministrazione, si prenderanno le necessarie misure, ma per ora non c'è che da aspettare i risultati dell'inchiesta.
In tutta la vicenda non appare dunque alcuna responsabilità del ministro e del Governo. Il ministro si è comportato correttamente, interpretando l'ansia, comune a tutti, di trovare gli autori di quell'orribile omicidio e dunque la mozione presentata non è in alcun modo ricevibile. Sarebbe stato forse più opportuno, piuttosto che portarci qui a discutere sulla supposta telefonata che il ministro «avrebbe» fatto un certo giorno o sulle intenzioni che «avrebbe avuto» - sempre al condizionale -, fare semmai un dibattito sul terrorismo, sulla sua pericolosità attuale e sui mezzi per contrastarlo.
In anni non molto lontani, eppure lontanissimi per clima e rapporti politici, quando i partiti e i gruppi del nostro paese in questo Parlamento si confrontavano e si combattevano sulla base di motivi ideologici e di differenze di identità sostanziali, perfino metapolitiche, fu possibile contrastare il terrorismo e sconfiggerlo con unità d'intenti e di obiettivi politici. Un paese lacerato dalla guerra fredda, da opposte lealtà e da opposti ideali fu allora capace di sentirsi unito di fronte ad un pericolo che investiva le istituzioni e la vita democratica. Questo consentì di vincere sul terrorismo e di salvare la democrazia.
L'omicidio D'Antona, nel distruggere la vita di un uomo di grande valore intellettuale ed umano, ci ha riportati alla consapevolezza del pericolo, ha riportato la cognizione che oggi il nemico è tra noi e può colpire ancora scegliendo i migliori tra gli uomini e le donne che lavorano per il paese e per le istituzioni.
Il problema che si pone allora è quello dell'efficacia della lotta al terrorismo, dell'efficacia degli strumenti di questa lotta, problema di cui va chiesto conto alla responsabilità del ministro dell'interno, e giustamente, da parte dell'opposizione. Questo sarebbe precisamente il suo ruolo istituzionale ma l'attacco personale non basato su alcun dato di fatto, basato invece su semplici pettegolezzi e finalizzato evidentemente solo a creare una difficoltà momentanea al Governo, non è che la parodia del ruolo istituzionale di un'opposizione democratica.
Mi sia consentito esprimere l'auspicio che, superate queste tentazioni regressive, questi cedimenti alla strumentalità e alla propaganda politica, sia possibile collaborare nella lotta al terrorismo e ritrovare quell'unità di intenti che in questa materia è cosa buona e giusta, anche tra maggioranza e opposizione, se è vero - come ha detto l'onorevole Frattini - che siamo tutti dalla stessa parte, cioè contro i terroristi (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Monaco. Ne ha facoltà.

FRANCESCO MONACO. Signor Presidente, dal giorno in cui la mozione è stata depositata molta acqua è passata sotto i ponti. Il clamore e le virulente polemiche si sono drasticamente ridimensionate come dimostrano i toni con i quali si è svolto il dibattito al Senato, toni pacati e all'insegna del ragionamento e della serena discussione, fatta eccezione per chi


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pratica abitualmente lo sport della polemica corrosiva. Intendo dire che la polemica delle prime ore si è sensibilmente placata, non già perché l'episodio in sé - alludo alla fuga di notizie che ha nuociuto alle indagini - non sia oggettivamente grave e non si confermi tale a distanza di qualche settimana, ma perché si è sgonfiato il caso politico artificiosamente e strumentalmente montato contro il Governo e contro il ministro Bianco.
Per rimarcare tale strumentalità è sufficiente richiamare alcuni elementi. In primo luogo, si è accusato il ministro di avere preannunciato l'arresto del presunto telefonista delle brigate rosse alla signora D'Antona e puntuale ed inequivoca è seguita la smentita della stessa signora D'Antona. In secondo luogo, si è rimproverato al ministro dell'interno di aver fatto soltanto il proprio dovere convocando il comitato nazionale per l'ordine e la sicurezza. Si noti bene a questo riguardo che quella contestata - la convocazione dell'11 maggio - era la quinta riunione nell'arco di cinque mesi (da gennaio a maggio) a significare il carattere periodico, ordinario, oserei dire routinario, di tali convocazioni; non solo, ma nei giorni immediatamente precedenti si erano avute avvisaglie di una possibile recrudescenza terroristica. E ancora: a tali riunioni, mirate all'analisi, alla prevenzione, al tanto invocato coordinamento delle forze di polizia, non hanno mai preso parte investigatori impegnati nelle indagini sul caso D'Antona. Eppure si è sostenuto che in quella circostanza - lo ripeto - routinaria, istituzionale, il ministro avrebbe esercitato pressioni ed interferenze.
Passo al terzo elemento: qualcuno è riuscito a contestare al ministro l'annuncio di una direttiva volta a perfezionare il coordinamento delle forze di polizia. Si badi, è una contestazione avanzata senza ancora conoscere il contenuto e sulla cui conformità alla legge si è eccepito.
In quarto luogo, la polemica ha registrato un soprassalto, a mio giudizio, sconcertante all'atto della scarcerazione del signor Geri, quasi che si possa imputare al ministro la decisione del fermo, prima, e della revoca del fermo, poi.
Infine, si è lamentata la mancata apertura di un'indagine amministrativa sulla fuga di notizie, ignorando che non si è trattato di omissione ma di riguardo dovuto ai magistrati che hanno aperto - com'è giusto - un'inchiesta, considerata la palese rilevanza penale della fuga di notizie e trascurando l'impegno più volte ribadito dal ministro, non solo a dare la massima collaborazione ai magistrati nell'inchiesta da essi aperta, ma a far seguire iniziative conoscitive e disciplinari di propria competenza, una volta esaurita l'inchiesta di iniziativa della magistratura.
Mi fermo qui circa il merito delle contestazioni. Vorrei accennare invece alle circostanze singolari ed al modo maldestro con cui si è giunti alla presentazione della mozione oggi in discussione. Infatti, dapprima essa era stata concepita come mozione di sfiducia individuale. A tale proposito vorrei chiedere se non fosse un tempo l'opposizione a contestare con roboanti motivazioni di ordine costituzionale il controverso istituto della mozione di sfiducia individuale. Tale mozione impropriamente detta di sfiducia individuale è stata poi derubricata a mozione di censura, un genere, come è noto, sconosciuto al nostro regolamento parlamentare. Infine, con un'ulteriore derubricazione, questa mozione è stata ridotta a documento politico pesante - così la si è voluta qualificare -, tanto pesante che si è dovuta estorcere la firma dell'onorevole Volonté, che ci ha spiegato pubblicamente di non avere mai apposto la propria firma in calce a questa mozione, anzi di proporsi di depositarne una autonoma e propria. Una prova di compattezza e di rispetto delle forme davvero singolare da parte dell'opposizione!
Vorrei spendere, infine, una parola sul dispositivo della mozione stessa. Incuranti delle molteplici smentite, nel dispositivo si esordisce ribadendo apoditticamente il falso o comunque ciò che è palesemente indimostrato, ovvero il fatto che il ministro avrebbe «fatto incaute rivelazioni ai mezzi di comunicazione», avrebbe «esercitato


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pressioni ed interferenze indebite sul corso delle indagini...». Si procede poi, ed è paradossale, imputandogli carenze di direzione politica delle forze dell'ordine, ma vorrei domandare a tale proposito: l'accusa non era semmai, alla rovescia, quella di un eccesso di zelo sconfinante nelle pressioni e nelle interferenze esercitate in seno al comitato per l'ordine e per la sicurezza? Segue una doppia richiesta al Governo: in primo luogo, si domanda se il Governo sia collegialmente solidale con il ministro Bianco. Anche questa è una richiesta curiosa, come potrebbe il Governo non esserlo data la responsabilità collegiale dello stesso e data, più precisamente, la circostanza che il ministro Toia, prima, e lo stesso Presidente Amato, poi, avevano chiarito qui alla Camera la loro solidarietà? Merita notare che il Presidente Amato lo fece nel corso dello svolgimento del question time del 24 maggio scorso nella distrazione dell'opposizione, che, mentre levava alte grida perché il Governo si sarebbe sottratto al confronto, lasciava solo un deputato della maggioranza, precisamente l'onorevole Leoni, a porre quesiti al Presidente del Consiglio sul caso. In secondo luogo, si invoca una rapida e rigorosa inchiesta amministrativa, sui cui esiti si dovrebbe riferire al Parlamento. A questo proposito la risposta del ministro, già fornita al Senato, a detta del senatore D'Onofrio, che è un rappresentante dell'opposizione, è stata - cito testualmente - «opportuna e soddisfacente» - queste sono state le parole di D'Onofrio - «considerato il riserbo e la discrezione dovuti verso l'inchiesta penale già aperta dalla magistratura».
La morale di questa storia, depurata dalla strumentalità e dalla propaganda, si riduce, in verità, ad una sola e attiene ai modi e ai limiti della lotta politica, che, questi sì, meriterebbero una riflessione. Cosa può fare un uomo politico, un esponente di Governo di fronte ad una calunnia ossessivamente reiterata contro ogni evidenza, ignara delle più perentorie smentite? Che può fare per difendersi da accuse ingiuste, infondate ed offensive? Davvero non c'è limite alla politica e alla propaganda di parte, limite prescritto dal rispetto che si deve alla verità e alle persone. Come si concilia questa degenerazione del costume politico con la retorica garantista dei sedicenti liberali, dei cultori dello Stato di diritto, magari rivestiti di ruoli istituzionali di garanzia? Lo chiedo all'onorevole Frattini che nella circostanza si è segnalato per spirito partigiano e aggressione personale al ministro Bianco.

GIACOMO GARRA. Chiedilo a Pisapia!

FRANCESCO MONACO. Conforta che a fronte di un Frattini vi sia non solo il senatore D'Onofrio, che ho già menzionato, che, ancorché all'opposizione, non si fa scrupolo di consentire e di dirsi soddisfatto delle risposte fornite dal ministro Bianco, ma anche, ad esempio, l'onorevole Taradash che, quando la presente mozione fu annunciata con enfasi polemica proprio dall'onorevole Frattini, si espresse nei seguenti termini: «Se Franco Frattini ha, in virtù delle sue funzioni, informazioni finora non di pubblico dominio sul comportamento del ministro Bianco, sono pronto a cambiare opinione, ma alla luce delle cose note non capisco la ragione della richiesta di dimissioni».
Una voce libera, quella dell'onorevole Taradash, testimonia come si possa fare opposizione senza bisogno di cavalcare la polemica strumentale e partigiana e senza bisogno di unirsi al coro di chi si contenta di recitare la parte, al solo scopo di gettare discredito su un avversario politico. Conforta, come dicevo, la rassicurazione che la lotta politica può essere condotta con altro stile e con alta misura; fa però riflettere il fatto che tale prova di lealtà politica venga da uno spirito libero, che sempre più si configura come un'eccezione dentro il compatto fronte sedicente moderato, liberale e garantista: quello - per dirla con il Presidente Scalfaro - nel quale uno solo pensa, parla e agisce per conto di tutti e in cui coloro che pure dispongono di sensibilità giuridico-politica e di strumenti per distinguersi


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nella lotta e nella polemica politica fanno a gara nel servilismo e nello spirito di fazione (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici-l'Ulivo e dei Democratici di sinistra-l'Ulivo).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Peretti. Ne ha facoltà.

ETTORE PERETTI. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, signori ministri, colleghi, credo che l'omicidio del professor D'Antona abbia amareggiato, colpito e preoccupato tutti. Ci ha amareggiati perché ha riguardato una persona tranquilla e pacifica; ci ha colpiti perché è stato l'omicidio di una persona nell'esercizio di un servizio per lo Stato; ci ha preoccupati, infine, perché credevamo che la stagione delle brigate rosse fosse finita e sepolta ma, invece, sembrerebbe trattarsi del ritorno di un passato e di una pagina tra le più buie della storia recente del nostro paese. Ci preoccupa, altresì, perché abbiamo la netta impressione, suffragata dai fatti, che siano emerse alcune crepe nella sicurezza dello Stato, perché la vicenda non ha suonato da campanello d'allarme.
Non ci interessa addossare una responsabilità politica indistinta né fare il tiro al bersaglio contro il ministro dell'interno per spirito di opposizione; crediamo che il problema sia molto più complesso e grave. Anche i ritardi nella discussione della mozione in esame hanno quanto meno evidenziato che vi sono stati una sottovalutazione della gravità di quel fatto e un tentativo di sottrarsi alla responsabilità politica di un confronto parlamentare.
I fatti sono gravissimi; riteniamo che vi siano state troppe parole in libertà e che si sia creato in questa circostanza un corto circuito tra politica e comunicazione: questo è un vizio del centrosinistra e fa parte della politica annuncio: tanti annunci, pochi fatti. Lo dimostra anche il ritardo con cui viene affrontato il pacchetto sicurezza, che è fermo per le divisioni all'interno della maggioranza. Ciò ha prodotto effetti devastanti, innanzitutto sulle indagini, pregiudicando in maniera forse definitiva la possibilità di identificare gli autori dell'omicidio. A molti di noi, questo è parso quasi un messaggio in codice, per mettere in fuga gli autori dell'omicidio. Dunque, vi è stata grande superficialità e forse - mi auguro di no - anche dolo. Credo, tuttavia, che non debbano essere dimenticati nemmeno gli effetti devastanti che questa vicenda può avere avuto sulle garanzie per gli indagati, tanto che l'indagato principale è già stato rimesso in libertà.
Inoltre, è emersa una notevole carenza di coordinamento e di direzione politica delle forze investigative che ha accentuato, come scritto nella mozione, l'inclinazione alla rivalità tra i corpi investigativi. Dobbiamo, dunque, sottolineare una grande carenza nella responsabilità politica e nella responsabilità che fa capo al ministro dell'interno. C'è stata una grande zona d'ombra, i fatti dimostrano che c'è stata una notevole responsabilità politica, ci sono state molte leggerezze, connivenze e depistaggi, quindi la mozione non è strumentale, ma riporta fatti circostanziati e soprattutto chiede risposte politiche molto chiare.
Noi vogliamo chiarezza, vogliamo sapere che cosa è successo nella conduzione di queste indagini, vogliamo che vengano perseguiti i responsabili della fuga di notizie, ma soprattutto vogliamo essere tranquillizzati, lo vogliamo come responsabili politici ed anche, se permettete, come cittadini. Vogliamo sapere che non esiste un problema di sicurezza nazionale. Vogliamo, soprattutto, che gli assassini del professor D'Antona vengano trovati, perché questa è l'unica maniera per essere tranquillizzati, in quanto temo che non ci basteranno le parole rassicuranti del ministro.
L'aspetto politico di questa vicenda verrà chiuso con uno scontato voto a favore del ministro e del suo operato e formalmente tutto andrà bene. Lei, signor ministro, sarà rassicurato per andare avanti, probabilmente per andare avanti nel tirare a campare, ma noi le chiediamo di fare in cuor suo un esame di coscienza e di dare una svolta alla sua politica:


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credo che questo sia il vero interesse dei cittadini (Applausi dei deputati dei gruppi misto-CCD e di Alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali della mozione.

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