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PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Modifiche alla legge 28 gennaio 1994, n. 84, in materia di operazioni portuali e di fornitura del lavoro portuale temporaneo.
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto sul complesso del provvedimento.
UMBERTO CHINCARINI. Signor Presidente, numerosi colleghi presenti in aula, il disegno di legge in esame, presentato il 7 luglio 1998, è stato approvato dall'Assemblea del Senato il 14 luglio dello scorso anno con il voto contrario del nostro gruppo.
definiscono le modalità in base alle quali è possibile fornire manodopera. Si parla di un'impresa che è evidentemente l'ex compagnia unica portuale. Passiamo quindi da un'ex compagnia unica portuale ad una compagnia unica portuale senza risolvere nulla: non si capisce infatti perché l'impresa debba essere una sola. Così, anche in quest'occasione, ci troviamo di fronte a manifestazioni di volontà assolutamente condivisibili (quelle cioè contenute nella relazione che accompagna il disegno di legge) mentre dalla lettura di alcuni passaggi della legge si capisce come esse si concretizzino in maniera ben differente, nel segno della conservazione. Inoltre, il disegno di legge disciplina la fornitura di lavoro temporaneo, ma tale istituto è già stato regolamentato con la legge 24 giugno 1997, n. 196; di conseguenza, sarebbe stato più opportuno modificare una legge già in vigore piuttosto che approvarne un'altra, il che creerà certamente problemi sotto l'aspetto della certezza del diritto.
legge che ha operato una riforma che, di fatto, non apriva assolutamente al mercato. Da parte del Governo, in quell'occasione, era stato assicurato che i contenuti della legge stessa erano stati concordati a Bruxelles e che, quindi, non vi era da temere alcun intervento da parte dell'Unione europea; puntualmente, poi, dal momento che vi erano contenuti ed aspetti assolutamente contrari al mercato, l'Unione europea è intervenuta. Lo ripeto, ho fondate preoccupazioni che mi fanno pensare che la stessa cosa accadrà anche in questo caso, perché mi sembra si voglia aprire al mercato solo formalmente.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Strambi. Ne ha facoltà.
ALFREDO STRAMBI. Signor Presidente, com'è noto, il disegno di legge in discussione è finalizzato a modificare la legge n. 84 del 1994, con l'obiettivo di pervenire alla formulazione di una nuova disciplina del lavoro portuale coerente con la normativa e con le decisioni comunitarie. In questo senso ritengo che i contenuti del disegno di legge siano una risposta efficace per superare i contrasti con la Commissione europea. Vorrei sottolineare anche che la contestazione in riferimento agli articoli del trattato che ostano ad una disposizione nazionale che riserva ad una compagnia portuale il diritto di fornire lavoro temporaneo è stata superata, in quanto il diritto a fornire tale tipo di prestazione non è più riservato alle ex compagnie, ma verrà assegnato tramite autorizzazione ad imprese italiane o comunitarie sulla base di requisiti che escludano categoricamente per tali imprese la possibilità di esercitare operazioni portuali anche per conto terzi.
portuali è ampiamente risolta in quanto il divieto di svolgere attività di cui agli articoli 16 e 18, comma 1, lettera a), da parte della impresa intermediaria per la fornitura di lavoro temporaneo è posto nel testo in termini espliciti, chiari e inequivocabili.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Becchetti. Ne ha facoltà.
PAOLO BECCHETTI. Signor Presidente, colleghi, mi pare che dal contesto della discussione che si è svolta mercoledì scorso in quest'aula sugli articoli del provvedimento in esame e su tutti gli emendamenti ragionevoli, costruttivi e propositivi, nessuno dei quali avente carattere ostruzionistico o comunque frenante rispetto alle esigenze finali alle quali si intendeva porre riparo, sia emersa con drammatica forza l'assenza assoluta della maggioranza e del Governo. Vi è stata una vera e propria congiura del silenzio nei confronti delle giuste ragioni dell'opposizione, che proponeva modifiche utili sia sotto il profilo del contenuto sia sotto quello della tecnica legislativa.
Gagliardi, in particolare, ha presentato un'interrogazione nella quale si fa notare che, mentre vengono attuati 5 mila prepensionamenti, di cui 500 o 600 nel solo porto di Genova, la stessa compagnia portuale assume figli di lavoratori portuali.
UGO BOGHETTA. Solo noi dobbiamo rispettarli?
PAOLO BECCHETTI. ... quello che impone di abbattere tutti i monopoli (Commenti del deputato Boghetta)...
PRESIDENTE. Onorevole Boghetta, per favore; parlerà dopo.
PAOLO BECCHETTI. ... che esistono nel nostro paese, non abbattendo i monopoli per fare cassa, come è stato fatto, ad esempio, nel settore delle telecomunicazioni e in quello dell'energia elettrica, con lo scandalo della liberalizzazione dell'ENEL fatta in quel modo. La produzione, la distribuzione e la commercializzazione dell'energia elettrica dovrebbero essere liberalizzate, ma tale liberalizzazione
avviene con lo scopo precipuo di fare cassa e non sulla base di un progetto industriale che sia attento ai livelli occupazionali, rispetti un piano industriale e, soprattutto, persegua lo scopo finale di ogni buona liberalizzazione, cioè quello di determinare un miglioramento dei servizi e l'abbattimento dei costi. Queste sono le liberalizzazioni che fa questo Governo: vende i gioielli di famiglia e fa cassa senza preoccuparsi se le liberalizzazioni avvengano nel modo giusto.
PRESIDENTE. Lei ha usato anche più del tempo a sua disposizione. Comunque, concluda.
PAOLO BECCHETTI. La ringrazio, signor Presidente, perché mi darà l'occasione
di dire in conclusione cose che giudico particolarmente importanti.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Matteoli. Ne ha facoltà.
ALTERO MATTEOLI. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, ascoltando poc'anzi l'intervento del collega Strambi mi sono reso conto che ha parlato di altro, non del provvedimento al nostro esame. Quando egli sostiene che questo testo è finalizzato a portare una nuova disciplina del lavoro portuale in sintonia con il dettato comunitario, dice una cosa non vera; così come non è vero che il lavoro non è più riservato alle compagnie dei lavoratori portuali ma ad imprese italiane e comunitarie. Il collega non dice la verità neppure quando afferma che si vengono a creare forme di concorrenza. D'altra parte, è una scelta che il Governo ha fatto in sintonia - questo, sì - con il dettato della sinistra, soprattutto dell'estrema sinistra, che ha voluto ancora una volta un provvedimento di questo genere. Non è vero, collega Strambi, che l'articolo 16 prevede la ridefinizione dei servizi portuali, mentre è vero che surrettiziamente il lavoro portuale è tornato esclusivamente in mano a pochi, anzi ad uno solo.
riforma portuale del 1994 non ha posto fine a tutto questo, anche se ha consentito, almeno attraverso un dibattito, alcune aperture. Ebbene, con questa modifica si torna indietro: per non fare la riforma portuale i vari Governi e il Parlamento - insomma la maggioranza dell'epoca d'accordo con il partito comunista - sostenevano che la riforma non si poteva fare se prima non si era realizzato il piano generale dei trasporti. Questo fu approvato nel 1986 e la riforma vide la luce nel 1994, vale a dire otto anni dopo. Ciò dimostra che non c'era la volontà politica di fare la riforma portuale, così come non c'è ora la volontà politica di approvare una modifica alla legge n. 84 del 1994 che consenta di portare all'interno dei porti quella concorrenza che è indispensabile per far calare i costi e dare servizi efficienti.
sotto il profilo ambientale: mi meraviglia che la sinistra, che cita sempre le problematiche di impatto ambientale, questa volta non lo abbia fatto. Infine, la razionalizzazione del traffico ferroviario combinato.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lamacchia. Ne ha facoltà.
BONAVENTURA LAMACCHIA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, come è già stato detto nel corso della relazione introduttiva e degli interventi di coloro che mi hanno preceduto, con il presente disegno di legge si interviene sulla disciplina del lavoro portuale contenuta nella legge 28 gennaio 1994, n. 84, apportandovi modifiche necessarie ad adeguare la legislazione italiana ai principi della normativa e delle decisioni comunitarie. È opportuno ricordare, al riguardo, che il disegno di legge pone rimedio alla situazione creatasi a seguito delle decisioni assunte dall'Unione europea il 21 ottobre 1997 ed il 12 febbraio 1998, con le quali è stata dichiarata l'incompatibilità dell'articolo 17 della suddetta legge, relativo alla disciplina delle forniture del lavoro portuale temporaneo, rispetto alla normativa europea.
ma anche all'articolo 16 della legge n. 84, prevedendo l'introduzione della disciplina dei servizi portuali. Tale ulteriore intervento garantisce l'assoluto rispetto della concorrenza tra gli operatori, nonché la libertà di accesso al mercato, salvaguardando nel contempo il lavoro, in modo da non consentire che sia quest'ultimo elemento a determinare la differenza tra gli operatori - checché ne dica il nostro collega di Alleanza nazionale -, piuttosto che la capacità e validità imprenditoriale.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boghetta. Ne ha facoltà.
UGO BOGHETTA. Signor Presidente, credo che questo Governo - e forse anche il precedente - non avrebbe mai presentato questo disegno di legge: se lo è trovato ed ha cercato di portarlo avanti. Dico questo perché sicuramente si tratta di un disegno di legge che in parte non è conforme alla linea politica espressa prima dal Governo D'Alema e poi dal Governo Amato.
perché viene parzialmente introdotto il lavoro interinale, ma, in sostanza, il lavoro viene tutelato.
PAOLO BECCHETTI. Perché il Governo dorme!
UGO BOGHETTA. Perché dovremmo passare, secondo Becchetti, per furbi, ma, secondo me, per fessi all'interno dell'Unione europea?
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Duca. Ne ha facoltà.
EUGENIO DUCA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il gruppo dei Democratici di sinistra voterà con convinzione a favore di questo disegno di legge perché consente di migliorare alcuni aspetti del lavoro portuale e del lavoro dei servizi tecnico-nautici e quindi la sicurezza della navigazione nei mari italiani.
alcune imprese si sono rivolte ai camionisti per completare le operazioni di scarico di una nave o ci si è rivolti a lavoratori che prima non erano mai entrati in un porto.
essere e per la sicurezza delle merci e per la presenza di eventuali sabotaggi tra imprese. Vi è, quindi, la necessità che i lavoratori siano riconosciuti, considerati di fiducia e che siano professionalmente preparati.
PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto sul complesso del provvedimento.
Ricordo che nella seduta del 14 giugno scorso si è concluso l'esame degli articoli, con i relativi emendamenti, e degli ordini del giorno.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Chincarini. Ne ha facoltà.
Luglio 1998, luglio 1999, giugno 2000: una dimostrazione di coerente efficienza. La presentazione di questo disegno di legge si era resa necessaria non solo per colmare il vuoto legislativo creatosi in conseguenza della decisione della Commissione della Comunità europea del 21 ottobre 1997, che ha dichiarato l'incompatibilità degli articoli 16 e 17 della legge n. 84 del 1994 con gli articoli 86 e 90 in materia di concorrenza del Trattato istitutivo della stessa Comunità, ma soprattutto per superare una procedura di infrazione che l'Unione europea ha disposto nei confronti dell'Italia per il mancato adeguamento della normativa italiana a quella europea.
L'VIII Commissione del Senato ha introdotto notevoli modifiche al disegno di legge, tra le quali voglio ricordare quella proposta dal nostro gruppo all'articolo 3, con cui si prevede che, nell'adottare i regolamenti di controllo delle attività di fornitura di lavoro temporaneo, le autorità portuali o marittime prevedano criteri per la salvaguardia della sicurezza sul lavoro, vista la pericolosità delle attività portuali e visto il record negativo che l'Italia detiene in materia di incidenti sul lavoro. Tuttavia, vi sono altre modifiche (in particolare, gli articoli 4 e 5) che riteniamo non attinenti al provvedimento in esame, in quanto le modifiche stesse avrebbero dovuto essere inserite in un quadro di revisione generale della legge n. 84 del 1994.
Vorrei ribadire che due punti ci lasciano assolutamente perplessi. Il primo riguarda la definizione di servizi portuali che, guarda caso, debbono essere ancora sottoposti ad autorizzazione. Forse ciò sarebbe stato comprensibile alle soglie del 1900, non certo a quelle del 2000. Non riusciamo a capire perché, se qualcuno vuole assicurare servizi portuali, debba essere autorizzato. Non si riesce a comprendere la ratio di una norma del genere, anche perché non sono definiti i servizi portuali e le attività ad essi connesse.
Richiamando specificatamente il comma 1, lettera a), dell'articolo 2, riteniamo che la facoltà riconosciuta all'autorità portuale o marittima di determinare preventivamente a livello locale i servizi portuali annessi non solo comporterà una grande incertezza operativa tra gli imprenditori, ma produrrà anche effetti distorsivi della concorrenza fra i vari scali marittimi, perché, inevitabilmente, i servizi portuali saranno diversi da porto a porto. Non solo: le attività portuali e marittime, attraverso azioni di carattere dirigistico, potrebbero interferire con la libera imprenditorialità o con la libera attività commerciale.
La seconda questione riguarda il comma 2 dell'articolo 17, come sostituito dal comma 1 dell'articolo 3, in cui si
Riteniamo, quindi, che tutto ciò non soddisferà le esigenze del libero mercato e, soprattutto, non potrà determinare lo sviluppo dei porti, che consentirebbe all'Italia, con migliaia di chilometri di costa, di competere con i paesi del nord Europa; anzi, a dire il vero, siamo convinti che il provvedimento in esame costringerà l'Unione europea ad avviare l'ennesima procedura di infrazione nei confronti dell'Italia, il che determinerà il blocco della portualità italiana in quanto l'applicazione della legge approvata dal Parlamento verrà sospesa, a causa della procedura di infrazione, dall'Unione europea. Di conseguenza, potremmo essere di nuovo costretti a modificare una legge che non funzionava.
Desidero essere onesto fino in fondo; ricordiamo come è nata la legge n. 84 del 1994, le condizioni in cui essa si è sviluppata ed il contesto nel quale in quei mesi, a mano a mano, il testo ha preso forma. La legge n. 84 non era poi così «cattiva»; diciamo, piuttosto, che era una legge «fatta a metà», forse con poco coraggio, una legge che traeva origine da una situazione decisamente assurda: allora, nei porti italiani, imperavano le compagnie uniche con aspetti, in alcuni casi, addirittura grotteschi. Vi erano moltissimi lavoratori portuali che percepivano stipendi di milioni al mese sia che lavorassero, sia che non lavorassero; addirittura, vi era chi subappaltava clandestinamente il proprio lavoro ad altri e percepiva ugualmente somme senza lavorare. Ricordo, poi, che mandare in pensione immancabili esuberi o, comunque, aver cercato di sanare una situazione - peraltro mai sanata fino in fondo, ma, comunque, in qualche modo migliorata - è costato alla collettività più di 2.000 miliardi. Fra l'altro, tale situazione di monopolio aveva mandato a picco i porti, li aveva fatti affondare; si ricordi Genova, che ha rappresentato il nodo fondamentale della questione. Di tali 2.000 miliardi, più di 1.200 sono stati spesi proprio per sanare la situazione genovese perché il porto di Genova, il più grande del Mediterraneo, si era ridotto a ben poca cosa.
Bisogna riconoscere che la legge n. 84, malgrado non abbia assicurato una presenza totale del mercato sulle banchine portuali, ha consentito quantomeno una parziale rinascita dei porti italiani; mi riferisco soprattutto a Genova, che comunque ha assistito ad un rifiorire dei traffici, evidentemente non ancora adeguato all'importanza del porto, ma comunque tale da dimostrare, oggettivamente, che quella legge, seppur parzialmente, funzionava. Oggi, in qualche modo, ne paghiamo il prezzo. Era assolutamente prevedibile che l'Unione europea intervenisse perché, soprattutto per quanto riguarda l'articolo 17, ma anche per altri aspetti della legge, di fatto, la concorrenza risultava assolutamente più formale che sostanziale. Anche dal punto di vista formale, era prevedibile verificare che, in relazione all'articolo 17, di concorrenza proprio non si poteva parlare, visto l'intreccio evidente fra interessi degli operatori e portuali.
Tornando al disegno di legge in esame, non vorrei che esso facesse la fine della legge n. 454 in materia di autotrasporto,
Per tali motivi, il giudizio del gruppo della Lega nord Padania non può essere positivo. Si tratta infatti di un provvedimento che rafforza la mediocre politica di questo Governo, che prosegue lungo la via assistenzialista e clientelare dei precedenti Governi di centrosinistra e che i nostri cittadini hanno già giudicato negativamente. Credo che ogni verità possa fare bene o male, dipende da quanto si sia in grado di comprenderla. Si torna ad imporre regole al libero mercato, rimettendo in discussione i principi della libera concorrenza dettati dall'Europa intera.
Per tali ragioni, annuncio che i deputati del gruppo della Lega nord Padania voteranno contro un disegno di legge volto a difendere categorie che sono state sempre protette in Italia, con effetti deleteri per l'intera economia del paese.
Prendendo le mosse dalle decisioni degli organismi comunitari, l'obiettivo del disegno di legge è quello di assicurare, nell'ambito di ciascun porto, da un lato il massimo di concorrenza tra gli operatori garantendo la libertà di accesso al mercato e, dall'altro, la salvaguardia del lavoro, evitando che, in assenza di una precisa disciplina, si vengano a creare forme di concorrenza basate sul mercato del lavoro e non sull'efficienza imprenditoriale. Ciò che non può essere consentito è lo scambio di manodopera tra imprese autorizzate e infatti questo non è permesso in nessun porto europeo.
In questo senso, vorrei ricordare che la relazione introduttiva al disegno di legge sottolinea come il testo proposto sia stato preventivamente sottoposto agli uffici della Comunità europea e sia stato considerato conforme alla normativa comunitaria.
L'articolo 2 del disegno di legge contiene poi modifiche all'articolo 16 della legge n. 84 del 1994 in materia di operazioni e servizi portuali. Con tale norma, oltre a prevedere una esplicita ridefinizione dei servizi portuali, s'intende individuare e distinguere le imprese adeguatamente qualificate e strutturate per lo svolgimento delle operazioni portuali dalle imprese ammesse alla fornitura di servizi in relazione allo svolgimento delle operazioni stesse. Le autorizzazioni sono tenute distinte al fine di evitare che tra imprese ex articolo 16 si generi una interposizione di manodopera. Vorrei inoltre ricordare che la questione relativa al divieto di partecipazioni incrociate tra società fornitrici di lavoro temporaneo ed imprese
Certo, non è possibile interpretare questa norma come divieto del singolo cittadino o del singolo socio di cooperativa a possedere singole azioni o partecipazioni in società ex articolo 16 che apparirebbe come una interpretazione forzosa che non ha eguali in alcuno dei paesi comunitari. In questo senso, bene ha fatto l'onorevole Duca a ricordare gli esempi di altri paesi europei e a sottolineare l'eccesso di rigidità della Commissione europea nei confronti dell'Italia per la legislazione portuale, fino al punto di definire illegittimo ciò che in altri paesi membri è consentito o espressamente previsto dalle leggi, come dimostra la legislazione belga. Tra l'altro, nella fase di stesura del regolamento il Governo dovrà tenere conto del fatto che, nel corso dell'esame del provvedimento in Commissione al Senato, gli emendamenti che si richiamavano a questa possibile interpretazione sono stati respinti dal voto dell'Assemblea. Va inoltre ricordato che l'impresa intermediaria per la fornitura di lavoro temporaneo è essa stessa un'impresa autorizzata ai sensi del comma 2 dell'articolo 2 e sottoposta a controllo o possibile revoca. Ogni altra indicazione supplementare rappresenterebbe un eccesso di rigidità incomprensibile e fuori da ogni criterio di razionalità.
Infine, ci sembra particolarmente positiva la parte del provvedimento che punta ad assicurare agli imprenditori del settore e alle organizzazioni dei lavoratori un quadro giuridico di riferimento certo per lo sviluppo del sistema portuale e, in tale quadro, particolare importanza assume il riferimento ad un contratto unico dei lavoratori operanti nell'ambito portuale che, a nostro parere, dovrebbe essere generalizzato, esteso e consolidato in tutto il settore dei trasporti.
Per i suddetti motivi, esprimo il voto favorevole dei Comunisti italiani sul testo del provvedimento.
Per espressa ammissione di esponenti governativi, il provvedimento in esame deve essere approvato immediatamente perché non esisterebbero i tempi per riproporlo in terza lettura al Senato - questa la ragione ufficiale - con le intelligenti e ragionevole modifiche da noi proposte; di per sé si tratterebbe di un buon motivo per fare una cattiva legge. Noi come opposizione, ovviamente, non ci stiamo e lasciamo la responsabilità di questa mala gestio del legiferare alla maggioranza e al Governo.
Al fine di comprendere le ragioni del provvedimento, occorre fare un po' di storia. Tutti sanno che nel 1991, con la famosa sentenza Gabrielli, per la prima volta, emerse il problema del monopolio nelle banchine portuali, in particolare nel porto di Genova, quello che più protervamente, attraverso l'attuale dirigenza della port authority, continua a mantenere tassi altissimi di aggressività nei confronti della concorrenza e di protezione lobbistica nei confronti della compagnia unica dei lavoratori portuali, con meccanismi che abbiamo già denunciato. Il collega
In linea di principio non siamo contrari a che si creino posti di lavoro per i giovani in sostituzione degli anziani che si avviano alla pensione o che non possono più svolgere un lavoro così difficile ed usurante - che non ho difficoltà a riconoscere come tale -, ma siamo contrari al fatto che i 5 mila prepensionamenti abbiano un costo accertato dalla ragioneria dello Stato, da fonti ufficiali governative, di circa 300 milioni l'uno: moltiplicati per 5 mila, diventano 15 mila miliardi. In sostanza, una finanziaria di quelle che voi qualificate leggere, metà del costo di una finanziaria ordinaria.
Tutto questo perché il partito di maggioranza relativa, i Democratici di sinistra, debbono rispondere con forza - e forse con timore - alle fortissime pressioni di quella vera e propria lobby costituita dalle compagnie portuali (non i portuali, ma le compagnie portuali: è una distinzione molto importante), che sono il serbatoio tradizionale di voti della sinistra, dei DS e della sinistra ancora più estrema (Commenti del deputato Malentacchi): questo è il punto fondamentale.
Ebbene, dal 1991 si è arrivati al 1994, quando è stata approvata la prima legge di riforma dei porti, che aveva, tra l'altro, anche lo scopo di creare le autorità portuali e di liberalizzare il mercato dei porti. Tali autorità portuali hanno funzioni di coordinamento, di programmazione, di impulso e di spinta per riportare i nostri porti a livelli competitivi con quelli europei, ma in tale ambito, all'articolo 17, è stata riprodotta una norma che in qualche modo reiterava e perpetuava il monopolio delle compagnie portuali all'interno dei porti nella fornitura del lavoro portuale e dei servizi portuali, nonché nella fornitura degli appalti dei servizi portuali e del lavoro temporaneo.
Contro questa normativa, che, come al solito, era una normativa all'italiana che aggirava i patti che abbiamo liberamente sottoscritto con l'Europa, si sono appuntati gli strali della Comunità europea, con interventi abbastanza energici da parte del commissario alla concorrenza Van Miert e del commissario per i trasporti Kinnock.
Questa vicenda risale al 1997, ma solo nel luglio del 1998 il Governo è stato in grado di presentare un disegno di legge e solamente adesso, nel 2000, il Governo è in grado di portare a compimento una riforma legislativa, proprio perché, di fronte alla spinta a portare davvero i nostri porti all'altezza dei competitori europei, vi era l'azione frenante di quelle forze che da questo orecchio non vogliono sentirci.
Eppure, questi sono i Governi di centrosinistra che si vantano di aver portato l'Italia in Europa; aver portato l'Italia in Europa soltanto per quanto riguarda il sistema della moneta unica significa essere dei millantatori di credito, per non dire poi se si fa europeismo come lo state facendo, ad esempio, in questa vicenda che riguarda i porti. In Europa si sta con i fatti e non con le chiacchiere; in Europa si sta rispettando i patti che sono stati liberamente sottoscritti, primo fra tutti...
Ovviamente vanno mantenute le riserve inerenti alle attività che hanno rilevanza costituzionale. Nessuno nega che vi siano situazioni di questo genere, ma certamente quella dei porti non è una situazione da mantenere, pur essendo noi consapevoli della grande delicatezza del lavoro portuale e dell'importanza che esso ha, nonché delle difficoltà e dell'usura che esso provoca in quanti lavorano sulle banchine: mi riferisco a quelli che ci lavorano veramente e non a quelli che vanno a bottega o che negli anni passati hanno venduto la giornata lavorata a qualche disgraziato più sciagurato di loro. Si tratta di una storia drammatica che il nostro paese ha vissuto negli anni cinquanta e sessanta e che, grazie a Dio, sembra stia per finire, anche se esiste ancora qualche sacca.
In questo contesto il Governo propone una normativa che, a nostro avviso, non è idonea a risolvere il problema del monopolio nei porti. Esso viene reiterato ulteriormente e all'articolo 2 vi è l'introduzione ambigua della categoria nuova dei servizi portuali, senza che si chiarisca bene se questi ultimi siano parte del ciclo completo di un'operazione di fornitura di lavoro portuale all'interno dei porti, di talché, attraverso questo lessico ambiguo, strano e non chiaro, come avviene sempre nelle norme che propone questo Governo, attraverso questa scappatoia si potrebbero poi sussumere sotto la voce «servizi portuali» attività che non hanno nulla a che fare con i servizi nei porti, ma hanno a che fare con le ragioni della sicurezza nei porti e con la sicurezza della navigazione (mi riferisco al pilotaggio, al rimorchio, dove è necessario, e così via).
Abbiamo chiesto di chiarirlo esplicitamente. Il sottosegretario anche in questa circostanza mi fa segno di sì con la testa, come se volesse dire: non vi preoccupate, saremo bravi nell'applicare la legge. Bisogna fare bene la legge prima di applicarla bene; non è sufficiente dichiarare l'intento di applicarla bene!
Già che ci siamo, arrivo al nodo dei rapporti con l'Unione europea che da tre anni su questo punto ci sta «bastonando». Non è giusto, non è corretto, non è leale nei confronti dei nostri partner europei comportarci in questa maniera ambigua, truffaldina, scivolosa, anche se la commissaria Loyola De Palacio racconta una storia strana, che non sta né in cielo né in terra. Condivido la posizione del Governo su questa vicenda e la nostra parte politica assicura il proprio sostegno nel contrastare la pretesa della signora De Palacio, secondo la quale le spese per le infrastrutture devono considerarsi aiuti di Stato. Ha ragione il collega Boghetta quando sostiene che in circostanze come queste il Governo deve essere fermo, cosa che non è stato capace di essere finora. Bisogna essere fermi nei confronti dell'Unione europea nel respingere l'accusa di essere coloro i quali fanno aiuti di Stato quando si tratta di infrastrutture; è esattamente il contrario perché un Governo deve dotare di infrastrutture i porti ed il sistema di intermodalità, ma ciò non all'interno dei porti o in situazioni nelle quali si attribuisce ad un soggetto una condizione di monopolio rispetto ad altri.
Signor Presidente, se mi concede ancora un po' di tempo, mi avvio alla conclusione anche perché deve riconoscere che il dibattito è stato totalmente strozzato...
Il partito di Forza Italia è profondamente convinto che la trilogia di imprese che deriva dalla «spalmatura» e dallo scioglimento delle ex compagnie portuali rappresenti un assetto importante per il nostro paese. Queste compagnie sono in possesso di una storia secolare dei porti, sono in possesso di organizzazione, di meccanizzazione, di dotazione di mezzi, di formazione professionale, di proiezione verso la dimensione di impresa, è un management che ha fatto straordinari salti di qualità. Quella dell'ANCIP è una cultura associativa, eppure si trova ancora nella condizione psicologica di dover pagare un pedaggio politico al proprio sponsor, al partito della sinistra che continua a proteggerla, ad aiutarla, ad erogare denaro. Parlo di 925 miliardi e di un rinvio della proroga della cassa integrazione guadagni al 31 dicembre 1999. Leggendo questa data mi sono chiesto se fossi ringiovanito di un anno: no, siamo al giugno del 2000 e la cassa integrazione guadagni viene prorogata al 31 dicembre 1999 per altre 500 unità e nel frattempo nel porto di Genova si continua ad assumere personale! Allora, questo boom c'è o non c'è? Siate seri! Vi chiedo di essere seri (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale)!
Assicurare agli imprenditori un quadro legislativo certo: con questa legge il quadro normativo non è certo, è certissimo, perché è certissimo che all'interno dei porti la concorrenza non ci potrà essere per volontà di una parte del Parlamento.
Anch'io allora, come il collega Becchetti, vorrei ripercorrere brevemente la storia delle riforme portuali, perché nei dieci anni che vanno dal 1970 al 1980 si è perseguita la riforma portuale. Erano svariati i motivi per cui il Parlamento, il paese, coloro che operavano all'interno dei porti chiedevano una riforma portuale: il primo era l'economia tipicamente di trasformazione dell'Italia, che importa via mare quasi tutte le materie prime; il secondo era costituito dal fatto che oltre il 60 per cento dei nostri prodotti viene esportato via mare; il terzo era rappresentato dalle normative vecchie, che ancora regolavano il settore - basti pensare, ad esempio, che la classificazione dei porti risaliva addirittura al testo unico del 1885 -; infine, il carattere monopolistico dei nostri porti, dovuto alla riserva di lavoro a totale favore della compagnia dei lavoratori portuali che, oltre a dare un servizio scadente, era la più costosa rispetto ai concorrenti esteri. Con questa modifica alla legge n. 84, una legge che noi abbiamo avversato, ma rispetto alla quale quella al nostro esame rappresenta addirittura un ulteriore peggioramento, si torna nuovamente a far crescere i costi e a fornire servizi scadenti.
Vi è un altro aspetto da prendere in considerazione: i porti italiani combattevano una guerra tra poveri, che induceva a togliersi i clienti l'uno con l'altro; la
La legge n. 84 - l'ho detto l'altro giorno e, finché sarò in Parlamento, lo sosterrò tutte le volte che sarò chiamato a parlare su questa legge - venne approvata in maniera truffaldina in Commissione in sede legislativa. A nostro avviso essa era assolutamente inadeguata, ma oggi si torna indietro. Perché avviene tutto questo? Con il provvedimento al nostro esame ci aspettavamo un cambiamento di rotta che favorisse finalmente la concorrenza e che ci portasse in tempi brevi ad una revisione del piano generale dei trasporti con la riqualificazione delle attività portuali, che è indispensabile per rendere i nostri porti concorrenziali, eppure non avviene nulla di tutto ciò.
La modifica alla legge 28 gennaio 1994, n. 84, in materia di operazioni portuali di fornitura del lavoro portuale temporaneo introduce norme ancora più restrittive e totalmente inadeguate a favorire la concorrenza che abbasserebbe i costi e migliorerebbe il servizio.
Mi rendo conto, signor sottosegretario, che lei è stato qui in Parlamento, nei giorni in cui si è discusso di questo provvedimento, con l'ordine di non parlare e possibilmente di non ascoltare: infatti lei non ha mai parlato. L'abbiamo invitata tante volte a prendere la parola e a rispondere almeno ad alcuni quesiti sui quali era indispensabile ricevere una risposta dal Governo. Lei laconicamente ha assistito, per dovere, al nostro dibattito; per carità, in alcuni passaggi, signor sottosegretario, lei è stato addirittura stoico, in quanto è rimasto qui senza poter parlare o ascoltare: infatti, la consegna era di non modificare nulla, poiché la normativa è blindata. Vorrei, però, pregarla di fare un momento di riflessione; altrettanto chiedo ai colleghi, soprattutto nel momento in cui si arriverà a votare: si dovrebbe tener conto che l'Italia possiede solo coste mediterranee ed il proprio centro economico ed industriale è paradossalmente servito, a livello di collegamenti, dal nord Europa; inoltre, la frequenza delle linee marittime per tutte le destinazioni dei porti del nord ha reso sicuro ed agevole portare la merce negli scali nei quali le procedure sono più semplificate e snelle.
In sostanza, manca una politica portuale di ampio respiro, in assenza della quale i centri intermodali del nord Italia possono raggiungere Rotterdam o Anversa in una sola notte ed imbarcare le merci il giorno dopo, con costi di movimentazione portuale e di trasporto ferroviario complessivamente più economici dei nostri porti. In questo quadro, si va ad introdurre un ulteriore elemento di burocrazia, cancellando quel po' di concorrenza introdotta dalle modifiche apportate nel 1996 dal Parlamento alla legge del 1994: visto che si metteva mano alla riforma, era indispensabile prevedere una selezione del valore strategico di alcuni porti nazionali (pochi, in realtà) e non consentire che i nostri interporti fossero sottoutilizzati, anche per l'inefficienza delle ferrovie.
Inoltre, la crescita delle attività collegate agli interporti avrebbe portato a raggiungere obiettivi importanti. Innanzitutto, la riduzione del traffico stradale. Mi meraviglia che la sinistra, che si batte molto, affermando che troppa merce viene trasportata su gomma, non faccia nulla per evitare che ciò avvenga. In secondo luogo, la riduzione dei costi per l'industria. In terzo luogo, il miglioramento
Al contrario, continuiamo a scontare ritardi nella reale privatizzazione delle strutture portuali che, sostanzialmente, sono e restano gestite dal pubblico, non per volontà del Parlamento, bensì a causa di un ricatto che, ancora una volta, l'estrema sinistra fa al Governo, a scapito dell'economia portuale: alcune città italiane, che vivono esclusivamente dell'attività del porto e del lavoro portuale saranno ulteriormente penalizzate dalla norma che stiamo per votare.
Anche per quanto riguarda le autorità portuali, si sarebbe potuto intervenire diversamente: esse non hanno portato ordine nelle attività portuali, in quanto non hanno garantito la privatizzazione e la giusta concorrenza tra gli operatori. Si continua, dunque, a privilegiare vecchie strutture, penalizzando i privati.
Il provvedimento del 1996 consentì di fare un passo in avanti rispetto alla riforma realizzata con la legge n. 84 del 1994, anche se risultò ancora insufficiente per far attestare la portualità italiana ai livelli europei; il disegno di legge che stiamo per votare, invece, ci riporta indietro addirittura a prima della riforma portuale del 1994. L'Europa sta diventando un paese senza confini e, dunque, un sistema integrato di trasporti e di infrastrutture deve essere l'obiettivo per il futuro. Per fortuna, tra pochi mesi andremo a votare; per fortuna, ci sembra di capire che il corpo elettorale abbia una gran voglia di mandarvi all'opposizione: se il centrodestra vincerà, saremo costretti a rimettere mano alla riforma per conseguire finalmente un obiettivo ed approvare un provvedimento certo che garantisca la concorrenza.
Signor Presidente, non possiamo assolutamente votare a favore del disegno di legge in esame. Vorrei ringraziare il collega Becchetti per quanto ha fatto in questi giorni; egli si è battuto in mille modi per cercare di far comprendere ai colleghi la necessità di apportare alcune modifiche, ma non lo avete ascoltato; ebbene, risponderete di fronte al paese, come è giusto che sia in democrazia! Il nostro voto, in ogni caso, sarà certamente contrario (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza nazionale e di Forza Italia - Congratulazioni).
La sollecitudine con la quale sia il Senato sia la Commissione trasporti della Camera hanno svolto il loro lavoro rende immediatamente evidente l'urgenza di approdare ad una definitiva soluzione. L'urgenza di approvare il provvedimento deve essere sentita sia in relazione alla necessità di risolvere nel minor tempo possibile il contenzioso aperto dall'Unione europea mediante il procedimento di infrazione intrapreso nei confronti del nostro paese sia, soprattutto, per offrire un nuovo assetto normativo del lavoro portuale, in linea con i modelli organizzativi adottati nei principali porti dei paesi europei.
Il testo proposto dal Governo, peraltro, apporta modifiche non solo all'articolo 17,
Alla luce di tali considerazioni, ritengo sia doveroso approvare il presente disegno di legge e quindi dichiaro il voto favorevole del gruppo dell'UDEUR.
Questo disegno di legge, comunque, serve a risolvere in parte una situazione di incertezza che esiste nei porti italiani da cinque o sei anni e a nostro modo di vedere, considerata la situazione, risolve i problemi in maniera sostanzialmente - anche se non totalmente - positiva. Tuttavia - mi rivolgo al sottosegretario - ci preoccupiamo del modo in cui la legge verrà applicata, perché non vorremmo che in quella sede venisse contraddetta la finalità della legge stessa.
Qui si è parlato molto di concorrenza - ne ha parlato poc'anzi il collega Matteoli e lo aveva fatto in precedenza l'onorevole Becchetti -, ma in realtà l'unica concorrenza di cui si parla nel testo è quella tra i lavoratori, perché possiamo verificare che a livello mondiale, nel trasporto marittimo, si assiste ad una grande concentrazione dell'attività nelle mani delle grosse compagnie. È singolare che, mentre a livello padronale ci si dirige, ripeto, verso le grandi concentrazioni, verso gli oligopoli, i nostri «creatori» di liberismo italiano continuino a puntare tutto sulla concorrenza tra lavoratori, con l'intento esplicito - perché non può essercene un altro - di abbassare i salari. In alcuni porti, tra l'altro, i salari sono già molto bassi: mi riferisco, ad esempio, ai porti dove non ci sono compagnie o a quelli nuovi, come quello di Gioia Tauro, dove, nonostante l'aumento dei traffici, i lavoratori hanno una retribuzione bassa, lavorano tanto e la sicurezza peggiora sempre di più. Questo è il modello che s'intende esportare in tutti i porti italiani!
Ritengo vergognoso avanzare una proposta politica che non si preoccupi, nonostante l'aumento dell'attività dei porti italiani dovuta non ai motivi di cui si è parlato, ma alla riapertura del canale di Suez e alle dimensioni delle navi, che non possono più passare per lo stretto di Panama, facendo così aumentare il traffico nel Mediterraneo, di andare a vantaggio dei lavoratori portuali, ma solo dei privati. Contrariamente a quanto affermato dall'onorevole Becchetti, ritengo che abbia ragione il commissario europeo de Palacio quando afferma che gli aiuti per le infrastrutture portuali devono essere considerati aiuti di Stato. Infatti, si tratterebbe di aiuti agli imprenditori, qualora fosse approvata una legge come vorrebbe lei, onorevole Becchetti. Se vi è il rischio di impresa, devono essere assicurate le infrastrutture, altrimenti nei porti continuerebbe ad accadere quello che accade adesso, vale a dire che i porti sono pubblici, ma i profitti sono privati. Inoltre, ricordo che in alcuni porti le compagnie detengono, giustamente, il potere dell'assunzione di manodopera, ma non è possibile continuare ad assumere singole persone, come state facendo, visto che ormai siamo ai contratti individuali!
In questo senso riteniamo che il provvedimento continui a tutelare il lavoro. Ovviamente, si corrono alcuni rischi,
Nel corso dell'esame di questo provvedimento non è emerso il fatto che i porti italiani sono in gran parte colonizzati da imprese straniere: i nostri porti non sono italiani, perché sono controllati da compagnie di Hong Kong e di Singapore. L'unico elemento italiano che è rimasto nei porti del nostro paese è proprio il lavoro: allora difendiamolo!
Vorrei chiedere, infine, al rappresentante del Governo se è tollerabile l'ipocrisia con la quale l'Unione europea avvia una procedura di infrazione nei confronti dell'Italia, mentre paesi quali il Belgio, la Francia, la Germania e la Spagna si comportano in maniera peggiore, in termini di monopolio, rispetto all'Italia e non vengono sottoposti ad alcun tipo di censura. Gli onorevoli Matteoli e Becchetti hanno fatto riferimento ai porti del nord Europa: vorremmo sapere da loro se vi è concorrenza fra lavoratori in tali porti. Dovreste provare ad applicare nei porti del nord le norme che vorreste approvare in Italia! Onorevole sottosegretario, perché queste cose non le diciamo a livello europeo?
Vi sono alcuni elementi pregevoli in questo provvedimento: per la prima volta in un disegno di legge concernente il lavoro portuale si afferma la necessità del contratto unico dei lavoratori. Questo vuol dire che non deve esserci concorrenza dovuta a contratti diversi: a lavoro uguale deve corrispondere uguale contratto, uguale salario e uguale normativa. Questa è una grande conquista politica che vorremmo fosse estesa anche agli altri settori da liberalizzare. Infatti, in genere, la liberalizzazione va sempre a vantaggio dell'impresa e non viene prevista mai una clausola sociale a favore dei lavoratori. Questa è una liberalizzazione che non è accettabile, perché smantella l'esperienza storica del modello europeo. Questo permetterà di stipulare il contratto dei lavoratori portuali, di tutelare, nei limiti del possibile, quel tipo di lavoro che, così come è oggi, cioè anche con quei livelli di monopolio che qui sono stati denunciati, è comunque pesante e insicuro. È un lavoro che l'onorevole Becchetti non farebbe mai. Ebbene all'onorevole Becchetti, che fa il notaio e che vuole la liberalizzazione e la concorrenza dei lavoratori portuali, vorrei chiedere quale concorrenza esista tra i notai che hanno un lavoro assicurato dalle leggi dello Stato e quali sono i costi di un notaio per la comunità italiana! Qui ci si scontra contro chi va a lavorare di notte, chi fa un lavoro pesante, chi suda e chi rischia la vita! È una vergogna!
Per tali motivi, pur con alcune perplessità, voteremo a favore di questo disegno di legge (Applausi dei deputati del gruppo misto-Rifondazione comunista-progressisti).
Voteremo a favore di questo provvedimento perché una parte della normativa in oggetto consente di ottenere, mediante contratti di lavoro unitari nell'ambito dei porti, maggiore ordine e una maggiore regolamentazione in un settore che invece si può purtroppo prestare a non pochi disordini, a non poche diseguaglianze e in alcuni casi a vero e proprio sfruttamento, come purtroppo si è verificato anche in alcuni porti italiani nei quali la legge n. 84 del 1994 non è stata pienamente rispettata. Vi sono stati episodi in cui
Ci troviamo dinanzi ad una buona legge che va incontro ad una singolare osservazione avanzata dalla Commissione europea, un'osservazione molto originale ed anche molto ben orchestrata da alcune lobby italiane prezzolate, come è emerso anche dal dibattito che si è svolto su questo provvedimento qui alla Camera. Quello che si è svolto è stato un dibattito vecchio, altro che innovazione e modernità! Le motivazioni addotte dal centrodestra sono per così dire illuminanti in ordine a ciò che si intende per politiche del lavoro in Italia. In qualche caso si è trattato di motivazioni nauseabonde, tanto sono false e cariche di livore contro uomini che compiono un duro lavoro per 365 giorni all'anno e per 24 ore al giorno! Ma anche in questo caso niente di nuovo: abbiamo avuto modo di ascoltare e di leggere gli stessi argomenti circa dieci anni fa, allorquando venne commissionato, a pagamento, da parte di alcuni signori, che poi sono diventati famosi per essere finiti in manette per i tanti soldi rubati allo Stato, uno studio contro i lavoratori portuali, che venivano considerati nel modo che anche qui è stato ricordato nel corso di alcuni interventi di colleghi che dovrebbero riflettere prima di dire certe cose nei confronti di persone che non si possono difendere da offese ricevute in quest'aula.
La legge n. 84 del 1994 ha azzerato gli enti porto, ossia quei carrozzoni che avevano portato alla disfatta il sistema portuale italiano, e che alcuni vorrebbero invece far tornare perché con essi si stava bene! È una legge che finalmente fa contare le regioni e gli enti locali rispetto alla precedente gestione oggettivamente centralista dei porti italiani. E non è un caso che il Governo di centrodestra, nel 1994, non solo non ha applicato la legge quando poteva farlo, ma ha addirittura commissariato tutti i porti con decreto ministeriale, utilizzando «tutti gli uomini del ministro».
Altro che i rapporti delle regioni, delle province, delle camere di commercio e degli enti locali, altro che innovazione! Sulle questioni del lavoro, su cui mi soffermerò soltanto alcuni minuti, voi volete introdurre nei porti le norme che vigevano tra la fine dell'ottocento e i primi del novecento e che un Governo conservatore - pensate - cambiò. Volete tornare di nuovo al fronte del porto, all'affitto delle persone giornaliere che portò anche ad un celebre film americano, ma che arrecò ai porti tanti e tali disordini e violenze che un Governo conservatore inventò le compagnie portuali, altro che la sinistra! Le compagnie portuali furono inventate da un Governo conservatore!
Le italiane e gli italiani, a mio avviso, si accorgeranno che volete portare l'Italia indietro di un secolo e così come non vi hanno consentito di governare nel 1996, non ve lo consentiranno neanche il prossimo anno, perché i diritti civili dei lavoratori e delle imprese devono essere tutelati, non cancellati per portare una sorta di far west.
In tutti i porti dei paesi cosiddetti industrializzati o civili, siano essi Stati nazionali o federali, e cioè dei paesi europei, degli Stati Uniti, del Canada e del Giappone esistono norme ben precise che regolano il lavoro portuale per una serie di motivi, e ne indico soltanto tre. In primo luogo, la stragrande maggioranza dei porti rappresenta le frontiere degli Stati federali o nazionali e, come ognuno di noi può ben capire, alle frontiere non si fanno entrare persone che non si conoscono dando loro la possibilità di salire a bordo delle navi, di visionare i carichi, di entrare nei container o nei camion: è una frontiera e come tale ci si regola nei paesi cosiddetti civili.
La seconda questione riguarda la sicurezza delle merci: se non si conosce chi va a toccare merci di imprese o di proprietari comunque diversi dall'impresa che movimenta quei carichi, ognuno di noi può ben capire quali rischi vi possano
La terza questione, non di minor conto, riguarda la sicurezza dei lavoratori e di chi opera nel porto. Ognuno di noi avrà letto sui giornali che, quando avviene un incidente di lavoro in un porto, le conseguenze sono, purtroppo, gravissime. Nel migliore dei casi si incorre in forti invalidità permanenti. Lo scorso anno avete visto che un nutrito numero di lavoratori è deceduto in una serie di incidenti avvenuti in alcuni porti italiani.
Alla luce di queste considerazioni, nei porti europei, ad esempio - è strano che la Commissione europea non se ne accorga, signor sottosegretario, e credo che bisognerebbe ricordarglielo -, vigono regole protette da legislazioni nazionali, in cui grosso modo, parola più parola meno, è sempre scritto che le operazioni portuali avvengono esclusivamente per mezzo di lavoratori portuali riconosciuti, così come stabilito dalla legge: la legge belga è del 1972, quella francese del 1980, la legge tedesca di un altro anno ancora, ma tutte hanno questo fondamento.
Ho ascoltato alcuni colleghi minacciare, come deputati, che bisognerebbe addirittura ricorrere di nuovo alla Commissione perché non si consentirebbe ad un'impresa concessionaria di rivolgersi alle agenzie del lavoro in affitto.
Guardate che in Europa quando alcune imprese portuali hanno fatto richiesta di lavoro in affitto sono state sanzionate non da altre imprese o da deputati del luogo, ma dal pubblico ministero, che le ha condannate proprio perché, aggirando la legge, si erano rivolte ad imprese che forniscono lavoro in affitto. Voi siete fuori dal mondo. Una legge che è in vigore da pochi anni ha portato a risultati clamorosi: il 5 per cento in più all'anno di tonnellaggio di merci che rientra nei porti italiani, i primati conquistati dall'Italia nel Mediterraneo in tutti i settori, sia come sistema portuale italiano, sia come singoli porti.
Nei porti italiani, nel periodo tanto caro al centrodestra, quello degli enti porto carrozzone, dove attingevano a piene mani, la movimentazione di un container costava 400 dollari, mentre oggi ne costa 100. Voi non vi siete accorti che la vita ed il lavoro nei porti sono cambiati e siete rimasti indietro, siete vecchi, legati al Medioevo. Altro che modernità ed innovazione!
Concludo, signor Presidente, ricordando un dato. Prima della legge le imprese portuali si contavano sulla punta delle dita, mentre oggi, nei diversi scali italiani, sono centinaia. I lavoratori provenienti dalle ex compagnie cancellate sono 4.500 mentre quelli delle altre imprese sono già 7.500. A che cosa siete rimasti ancorati? Forse, se studiaste un po' meglio la realtà senza vincoli di lobby, vi accorgereste che la legislazione portuale italiana ha fatto dei passi da gigante ed ha portato un grande risultato al nostro paese (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo).