![]() |
![]() |
![]() |
GIAN FRANCO ANEDDA. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GIAN FRANCO ANEDDA. Signor Presidente, confido - lo dico sorridendo - che l'interpretazione del regolamento non venga sospinta fino a rilevare che sull'argomento che sto per trattare, la recente deliberazione dell'Ufficio di Presidenza, non sia ammissibile un dibattito o, peggio, non sia possibile chiederne la revoca.
Mi sono chiesto: perché il 30 per cento? Perché non il 10, il 50 o il 90 per cento? Da dove nasce il principio del terzo? Con quale criterio si è stabilito? Chi lo ha indicato? Chi lo ha imposto? Chi lo ha deciso, senza che l'Assemblea ne fosse informata (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza nazionale, di Forza Italia, della Lega nord Padania, misto-Rifondazione comunista-progressisti, misto-CCD e dei deputati Manca, Rebuffa e Sanza) e senza che ne fosse informata la Giunta per il regolamento?
FRANCESCO GIORDANO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FRANCESCO GIORDANO. Signor Presidente, come lei sa, nessuno degli esponenti del mio gruppo fa parte dell'Ufficio di Presidenza della Camera, per cui non abbiamo altra possibilità se non quella di intervenire in aula, per poter, spero, non solo commentare, ma anche incidere sulla decisione dell'Ufficio di Presidenza.
cui si chiede la riduzione degli stipendi dei parlamentari ed anche delle loro pensioni. Quindi, non è in alcun modo in discussione l'oggetto della pena pecuniaria: è l'idea di Parlamento che c'è dietro, signor Presidente, che non ci convince per nulla. Non voglio aggiungere niente a quelle che a mio modo di vedere, modestamente, sono state le ineccepibili riflessioni tecnico-giuridiche or ora esplicitate dal collega di Alleanza nazionale. Quello che voglio dire è che mi sento colpito, come membro dell'opposizione (e le sta parlando un esponente di un gruppo che non abusa di quello strumento e che anzi ha criticato politicamente la destra per averlo utilizzato ripetutamente) in un mio diritto elementare, che è quello di astenermi dal voto (Applausi dei deputati dei gruppi misto-Rifondazione comunista-progressisti, di Alleanza nazionale, di Forza Italia e della Lega nord Padania), come strumento di battaglia politica. Trovo tutto questo lesivo delle mie prerogative di parlamentare.
LUCIO COLLETTI. Bravo!
FRANCESCO GIORDANO. ... ma poi veniamo obbligati a stare qui, a ratificare le decisioni e ad esplicitare solamente, con il voto sulle singole questioni, una modalità dell'attività parlamentare che, a mio modo di vedere, non deve essere preminente. Per ridare centralità all'Assemblea, signor Presidente, forse dovremmo mutare impostazione: dovremmo discutere in quest'aula delle grandi questioni, determinare gli orientamenti, vale a dire ricostruire una centralità di questa Assemblea nell'esercizio completo delle sue funzioni.
GIANCARLO PAGLIARINI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GIANCARLO PAGLIARINI. Signor Presidente, ieri mattina mi trovavo presso la sede dell'Assolombarda ed ho ascoltato il suo intervento nel quale lei prevedeva la contestazione delle nuove regole da parte di alcuni deputati. Se l'obiettivo è quello di controllare la presenza dei parlamentari a Montecitorio, noi della Lega non contestiamo le nuove regole, anzi siamo pienamente d'accordo. Se l'obiettivo è invece quello di garantire il numero legale alla maggioranza, noi non siamo assolutamente d'accordo (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega nord Padania, di Forza Italia e di Alleanza nazionale).
partecipazione al voto. Lo ha detto anche il Presidente Ciampi in occasione del referendum. Ricorda, Presidente? Egli disse che sarebbe andato a votare, ma che riteneva assolutamente lecito non partecipare al voto.
PIERLUIGI PETRINI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PIERLUIGI PETRINI. Signor Presidente, intervengo a nome del gruppo misto-Rinnovamento italiano (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale), non potendo peraltro esimermi dall'esprimere la posizione anche di un membro dell'Ufficio di Presidenza.
PRESIDENTE. Colleghi, avete detto che non siete d'accordo ma lasciate finire!
PIERLUIGI PETRINI. Il deputato può votare a favore, può votare contro o può astenersi dal voto, non votando cioè né a favore né contro. Tant'è vero che sul tabellone elettronico delle votazioni, come potete vedere, colleghi, risultano i presenti e i votanti; questi ultimi sono coloro che hanno votato a favore o contro, mentre i primi sono coloro che hanno votato a favore oppure hanno votato contro oppure si sono astenuti dal voto (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di
Alleanza nazionale e della Lega nord Padania).
EDRO COLOMBINI. Ma c'è la questione del numero legale!
PIERLUIGI PETRINI. Come si vede, dunque, la libertà di espressione del voto del deputato è assolutamente mantenuta (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza nazionale e della Lega nord Padania).
PRESIDENTE. Colleghi, non capisco perché dobbiate impedire al collega di parlare! Non c'è alcun motivo.
MARCO ZACCHERA. Ma cosa vuol dire?
PIERLUIGI PETRINI. Io ho ascoltato le motivazioni degli altri, sto fornendo delle controargomentazioni, e spero di avere il diritto di farlo (Proteste dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza nazionale e della Lega nord Padania).
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, prima il collega Anedda ha parlato nel silenzio dell'aula; chi non era d'accordo lo ha ascoltato con grande compostezza. Vi prego di fare lo stesso! Vi prego di fare lo stesso per ragioni di tutela dei diritti di ciascun deputato! Nessuno ha più diritto di altri! Qui tutti hanno diritto di essere ascoltati. La prego, onorevole Petrini, prosegua.
FILIPPO MANCUSO. Si scelga un avvocato migliore!
PIERLUIGI PETRINI. La ringrazio, Presidente (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza nazionale e della Lega nord Padania).
PRESIDENTE. Colleghi, ognuno si qualifica nel modo che può. Purtroppo debbo dire che una parte dell'aula sta impedendo ad un collega di parlare. Il che è una cosa molto più grave di quella limitazione che alcuni accampano sia avvenuta...
LUCA VOLONTÈ. Eccoci! Bravo Presidente!
PRESIDENTE... perché quando si impedisce ad un collega di parlare, si impedisce a quel collega di esercitare il suo diritto costituzionale, in quest'aula. Il che è gravissimo, colleghi! Vi prego di tener conto di questo (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo, dei Popolari e democratici-l'Ulivo e dei Democratici-l'Ulivo). Questa è la cosa più grave che possa esserci in quest'aula! È accaduto soltanto in epoche che nessuno vuole ricordare (Proteste dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza nazionale e della Lega nord Padania). Ecco, infatti! Solo in questo periodo è accaduto! Non è accaduto in nessun altro periodo della storia del nostro paese (Vive proteste dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza nazionale e della Lega nord Padania)!
TEODORO BUONTEMPO. La faccia finita, Presidente!
PRESIDENTE. Colleghi, è stato impedito ad un collega di parlare (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza nazionale e della Lega nord Padania). Fatemi finire (Commenti)... Collega, questo è un altro argomento che fu usato a quell'epoca!
impedito di proseguire, sospenderò il dibattito, perché vuol dire che una parte dell'aula impedisce ad un'altra parte di esporre le proprie ragioni.
PIERLUIGI PETRINI. D'altra parte, onorevoli colleghi, non possiamo limitarci ad esaminare gli epifenomeni senza vedere da dove scaturisce tutto ciò. Non è soltanto la cervellotica delibera di un Ufficio di Presidenza particolarmente sciagurato; noi ci troviamo in questa situazione perché obiettivamente, in modo a parer mio improprio, l'opposizione ritiene di poter far gravare esclusivamente sulla maggioranza l'onere della sussistenza del numero legale. Il che è assolutamente improprio, colleghi!
NICOLA BONO. Bravo, sta confessando!
PIERLUIGI PETRINI. ...e che l'opposizione, al di là di alcune posizioni politicamente qualificanti e dichiarate, possa astenersi non dal voto, ma dal registrare la propria presenza in aula, è del tutto improprio.
TEODORO BUONTEMPO. Non è vero!
PIERLUIGI PETRINI. Se siamo arrivati a queste esacerbazioni nel rilievo delle presenze, a partire dall'elencazione dei deputati che non hanno votato fino alla necessità di registrare il 30 per cento delle votazioni, è soltanto per un uso improprio dell'astensione che è assolutamente lecita ma che, proprio perché lecita, deve essere dichiarata e, quindi, deve essere rilevata nella sua effettualità: io sono presente ed io mi astengo, questa è la regola del nostro Parlamento e della nostra Assemblea.
MARIO TASSONE. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MARIO TASSONE. Signor Presidente, voglio ripetere le cose che ho avuto modo di dire nel corso della riunione dell'Ufficio di Presidenza, che spesso ha affrontato la questione nel corso di questi anni.
PIETRO ARMANI. Ha confessato!
NICOLA BONO. Ha confessato!
MARIO TASSONE. L'onorevole Petrini, alla domanda relativa alla motivazione della deliberazione dell'Ufficio di Presidenza, ha dato una risposta inquietante e che non dovrebbe essere tale soltanto per questa parte politica, ma per tutta l'Assemblea di Montecitorio (Applausi dei deputati dei gruppi misto-CDU, di Forza Italia, di Alleanza nazionale e della Lega nord Padania)!
un condizionamento e un deficit di democrazia in questo Parlamento. Insieme ad altri colleghi proposi in una riunione dell'Ufficio di Presidenza che l'assenza e le presenze dei parlamentari si rilevassero come avviene al Senato della Repubblica, registrando le presenze nella seduta antimeridiana e, se vogliamo, anche con una sottoscrizione del registro per le sedute delle Commissioni. Ritengo, però, che obbligare il parlamentare a votare in ogni occasione significhi un deficit di democrazia.
GIORGIO LA MALFA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, non facendo parte dell'Ufficio di Presidenza, naturalmente non abbiamo potuto esprimere la nostra opinione. Debbo dire che le considerazione degli onorevoli Anedda, Giordano e Pagliarini non possono essere sottovalutate. Imporre ai parlamentari l'obbligo (oltretutto un obbligo economico) di partecipare al voto è una questione in sé molto delicata, che certamente richiede una riflessione attenta. Posso soltanto riferire a lei, Presidente, e ai colleghi quale sia l'esperienza del Parlamento europeo. Quest'ultimo ha due tipi di controllo sulla presenza dei parlamentari. La prima forma di controllo avviene attraverso la firma di un registro sotto gli occhi dei funzionari del Parlamento europeo, che deve essere apposta per ogni giorno di seduta. Successivamente, in anni più recenti, a quest'obbligo di firma è stato aggiunto un obbligo di voto per la metà più uno nelle votazioni qualificate che avvengono nella giornata. La differenza rispetto al Parlamento italiano sta però nel fatto che nel Parlamento europeo non esiste il numero legale, se non in alcune, rare circostanze legislative. Nella normalità il voto del Parlamento europeo è valido indipendentemente dal numero dei deputati europei che vi prendono parte. In questo senso, l'obbligo di partecipare al 51 per cento delle votazioni qualificate, collegato all'incentivo economico, secondo me molto sgradevole (tra i diritti del parlamentare, infatti, vi è anche quello di non partecipare ad una votazione o di essere assente dai suoi doveri d'ufficio, se ritiene di poterlo giustificare davanti ai suoi elettori
ed alla sua coscienza), non altera la convenienza del numero legale, perché tale numero non esiste. Di conseguenza, ritengo che la vostra decisione, la decisione dell'Ufficio di Presidenza, debba essere riconsiderata, proprio perché nel nostro ordinamento esiste il numero legale.
PRESIDENTE. Onorevole La Malfa, il numero legale è previsto dalla Costituzione.
MAURO GUERRA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MAURO GUERRA. Signor Presidente, annoto anch'io incidentalmente che l'esigenza del numero legale per la validità delle deliberazioni dell'Assemblea è sancita dalla Carta costituzionale e, quindi, non sarebbe sufficiente una modifica regolamentare anche qualora si volesse andare in tale direzione.
GIULIO CONTI. No!
MAURO GUERRA. Colleghi, voi sapete (Commenti dei deputati Paolone e Fei)...
PRESIDENTE. Colleghi, non ho capito per quale motivo non dovete far parlare chi la pensa diversamente da voi: è una bella pretesa!
MAURO GUERRA. Voi sapete meglio di me - su questo punto sarò molto rapido, proprio perché non lo ritengo il tema centrale della vicenda - che quando le forze di opposizione, in quest'aula, decidono di utilizzare l'arma dell'astensione dal voto, non nel voto, per far venir meno il numero legale, impiegando tale procedura come strumento ostruzionistico, bloccano la seduta e, a quel punto, una norma come quella deliberata dall'Ufficio di Presidenza verrebbe comunque vanificata perché, non potendo proseguire la seduta con altre votazioni, il 30 per cento delle presenze verrebbe rilevato sulla base delle votazioni tenutesi fino a quel momento. Se, quindi, come maggioranza, avessimo pensato ad un'arma formidabile contro l'ostruzionismo e per garantire, contro la vostra volontà, il numero legale, avremmo sbagliato tutto, colleghi. Ma il problema è che si tratta d'altro.
NICOLA BONO. Dillo a Petrini! Petrini la pensa diversamente!
MAURO GUERRA. Questa norma non impedisce assolutamente l'esercizio, del quale, peraltro, ritengo voi abusiate notevolmente, del far venir meno il numero legale non partecipando alle votazioni: essa si occupa d'altro.
menti del deputato Selva). «L'Ufficio di Presidenza determina, con propria deliberazione» - non c'è scritto sentita l'Assemblea o altro - «le forme e i criteri per la verifica della presenza dei deputati alle sedute dell'Assemblea, delle Giunte e delle Commissioni».
ALBERTO LEMBO. Appunto!
PIETRO ARMANI. Sedute, non voti!
MAURO GUERRA. Arrivo alla questione delle sedute, perché a volte viene manifestato un atteggiamento curioso, ci si sveglia come Biancaneve. Faccio rilevare che, fino ad oggi, abbiamo costantemente seguito il criterio della partecipazione al voto per valutare la presenza o l'assenza dei deputati nelle sedute ai fini della diaria.
MARIO TASSONE. Sbagliando!
MAURO GUERRA. La misura della presenza dei deputati è sempre stato l'aver partecipato ad una votazione.
MAURA CAMOIRANO. Perché era un voto solo!
MAURO GUERRA. Cambia la quantità, non cambia il principio. Fino ad oggi, in quest'aula, non ho mai visto nessuno alzarsi da quella parte ed invocare la lesa libertà costituzionale, dei deputati per una pratica che abbiamo costantemente seguito sulla base delle deliberazioni precedenti.
MARIO TASSONE. Non hai seguito le riunioni dell'Ufficio di Presidenza!
MAURO GUERRA. Un'altra osservazione attiene al terzo comma dell'articolo 48-bis, che così recita: «L'Ufficio di Presidenza determina (...) le ritenute da effettuarsi sulla diaria» - anche qui per sgombrare il campo da un equivoco - «erogata a titolo di rimborso delle spese di soggiorno a Roma, per le assenze dalle sedute dell'Assemblea, delle Giunte e delle Commissioni». Non si trattiene la diaria perché il deputato non è a Roma; non importa nulla che sia o non sia a Roma se non partecipa ai lavori parlamentari, se non assolve ai doveri previsti dall'articolo 48-bis del regolamento. Un deputato viene a Roma a fare una vacanza e non partecipa ai lavori: viene trattenuta la diaria per l'assenza dai lavori, dalle sedute dell'Assemblea, delle Giunte e delle Commissioni. Esattamente di questo stiamo parlando.
ALBERTO LEMBO. Ma questo la delibera non lo dice!
MAURO GUERRA. Collega Lembo, ho letto il testo del comma 3 dell'articolo 48-bis del regolamento sulla partecipazione alle sedute dell'Assemblea, delle Giunte e delle Commissioni.
(e il collega Tassone sa che si è discusso anche di questo nel passato) definire - così come se ne era prevista una - un numero di votazioni alle quali partecipare nel corso della giornata: venti, trenta, quaranta o cinquanta. Questo avrebbe vincolato e precluso anche le possibilità di un ostruzionismo volto alla mancanza del numero legale da parte dell'opposizione, ma quando manca il numero legale si valuta se la presenza sia al 30 per cento delle votazioni che fino a quel momento si sono tenute, se si è stati in aula.
PIETRO ARMANI. È una incertezza!
MAURO GUERRA. Non è, quindi, un'arma contro l'ostruzionismo o volta surrettiziamente a conservare la maggioranza, la presenza del numero legale in aula (sarebbe un'arma spuntata, da questo punto di vista), è invece il tentativo di porre fine a qualche fenomeno di malcostume e di dare concretezza e sostanza vera alla norma prevista dal nostro regolamento, per consentire quindi che sia effettivamente applicata in maniera più corretta la norma che prevede per i deputati il dovere di partecipare ai lavori dell'Assemblea...
PIETRO ARMANI. Ai lavori, non al voto!
MAURO GUERRA. ...come uno degli obblighi e dei compiti dei deputati.
BEPPE PISANU. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BEPPE PISANU. Signor Presidente, colleghi, stiamo svolgendo un dibattito che - consentitemi di dirlo - si sarebbe dovuto svolgere prima; prima che l'Ufficio di Presidenza prendesse queste decisioni. Probabilmente, in base alle risultanze di un tale dibattito, l'Ufficio di Presidenza avrebbe potuto proporre all'Assemblea, perché di questo si tratta, norme regolamentari per accertare la presenza dei deputati in aula e nelle Commissioni ben più efficaci di questa norma, che regolamentare non è. Voglio dire comunque preliminarmente e a scanso di equivoci che il mio gruppo, ma credo che fosse questo l'intendimento anche di tutti gli altri colleghi della casa delle libertà che sono intervenuti nel dibattito, è favorevole alle norme più severe che si possono mettere in atto per accertare la presenza dei parlamentari in aula e nelle Commissioni e per combattere quella autentica piaga che è il voto simulato o, come si dice, la pratica del «pianista». Invece, non avendo a disposizione gli orientamenti generali dell'Assemblea, il Consiglio di Presidenza ha preso decisioni che noi non abbiamo esitato a definire in un nostro comunicato confuse, parziali, deboli e demagogiche. Innanzitutto confuse perché confondono il dovere della partecipazione ai lavori parlamentari con il dovere di partecipazione al voto. Questo non è un dovere.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, il modo di formazione della volontà dell'Assemblea e delle Commissioni è regolato da norme generali di rango costituzionale o di rango regolamentare, in questo caso equiparato. La formazione della volontà dell'Assemblea non è regolata (non può essere regolata o disciplinata) con norme di natura provvedimentale, cioè di rango né costituzionale né regolamentare, ma soltanto amministrativo. Se noi ammettessimo per assurdo che questa decisione del Consiglio di Presidenza ha il valore di una norma regolamentare, ci metteremmo in contrasto con il principio sancito dal primo comma dell'articolo 64 della Costituzione il quale stabilisce, anzi impone alle Camere, di approvare le norme regolamentari a maggioranza assoluta dei suoi componenti. Allora, voi state introducendo con una decisione del Consiglio di Presidenza una regola che ha il valore di una norma regolamentare e lo state facendo in contrasto con l'articolo 64 della Costituzione (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale). E mi dispiace, onorevole Guerra e onorevole Petrini, la diaria ha un carattere indennitario o comunque un carattere retributivo che non può essere collegato a decisioni che hanno una motivazione politica e che attengono comunque alla facoltà che ha ogni deputato per sua libera, autonoma e personale scelta di votare a favore, di votare contro, di astenersi e di non presenziare al voto (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).
PIERLUIGI PETRINI. Non presenziare.
BEPPE PISANU... ha il diritto di non partecipare al voto, non di astenersi. L'astensione è una partecipazione al voto, se qualcuno non te lo ha ancora spiegato.
disposizione delle opposizioni e, quindi, come misure tese a coartare in qualche modo l'opposizione. Possono apparire così, di certo appaiono, in maniera più evidente, come norme demagogiche, perché affrontano un problema, ma non lo risolvono, anzi provocano reazioni così contrastate e così contrastanti anche in aula - chiedo scusa, Presidente, abbrevio il mio intervento - da renderle pressoché impraticabili. Credo che il rischio della demagogia consista proprio in questo: dopo aver giustamente deplorato ed enfatizzato all'esterno, forse anche fin troppo, il fenomeno dell'assenteismo, si è creata nella pubblica opinione l'illusione che con queste misure si mettano finalmente in riga gli assenteisti, si ripopolino i banchi dell'aula e delle Commissioni e gli indisciplinati tornino finalmente a fare il loro dovere. Non è così, tuttavia nella pubblica opinione avete creato proprio questa aspettativa. A differenza di altri colleghi dell'opposizione, io non vi farò il regalo di consentirvi di dire che Forza Italia si è opposta a misure moralizzatrici. Non vi farò il favore di poter sostenere che c'è un'opposizione contraria a qualsiasi tentativo di accertare meglio la presenza dei parlamentari in aula.
SILVIO LIOTTA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SILVIO LIOTTA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'argomento che stiamo trattando è delicatissimo per i riflessi che lo stesso può avere sull'opinione pubblica e nel rapporto tra i cittadini e le istituzioni parlamentari. Pertanto, esso va affrontato con pacatezza, con serenità e senza voler considerare i deputati oppositori di chi pone le regole, né l'Ufficio di Presidenza quale un'entità astratta rispetto all'Assemblea che lo esprime o l'Assemblea in una posizione tale da dover esautorare l'Ufficio di Presidenza.
di partecipare anche ad una sola votazione con il sistema elettronico per poter vedere riconosciuta la propria partecipazione ai lavori della Camera fosse riduttivo, perché il deputato non partecipa ai lavori della Camera solamente quando è presente in aula, ma anche quando partecipa ai lavori delle Commissioni, delle Giunte e dei Comitati, da quello per la legislazione ai vari Comitati che sono articolazioni delle Commissioni stesse.
ANTONIO BOCCIA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANTONIO BOCCIA. Signor Presidente, se c'è un aspetto improprio in questo dibattito è che, su una questione istituzionale, come si dice della «casa comune», ci sia una divisione tra maggioranza ed opposizione così netta con sospetti di strumentalizzazioni.
NICOLA BONO. Che c'entra l'opposizione? Noi abbiamo votato contro!
ANTONIO BOCCIA. Signor Presidente, qui non è questione di numero legale: la questione non è questa; l'avremmo posta all'inizio della legislatura e lo avremmo fatto in maniera diversa, con uno spirito diverso. Mi consenta, ma non ritengo nemmeno che si tratti della questione dei «pianisti»: non si risolve tale problema in questa maniera, perché si troverebbero gli accorgimenti per eludere anche il nuovo metodo. Non è dunque in questo modo che risolveremo quel problema.
lasciamo stare il principio! Il principio, infatti, è contenuto nel comma 1 dell'articolo 48-bis: il deputato ha il dovere di partecipare ai lavori della Camera, senza distinzioni di maggioranza e di opposizione. Per quanto riguarda il metodo, innanzitutto questo è stato deciso dall'Ufficio di Presidenza e non dal Presidente Violante: se c'è una cosa che, devo dirlo francamente, Presidente, credo dia fastidio tanto a lei quanto a noi, è immaginare che ci sia un Presidente della Camera efficientista, rigorista, bravo, che ci vuole tenere qui inchiodati a tutti i costi, e dei deputati, invece, buontemponi, che non vogliono partecipare ai lavori. Credo che una simile immagine sia un danno per lei e per noi.
FRANCESCO MONACO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FRANCESCO MONACO. Signor Presidente, la mia opinione è che in via di principio si possa anche accedere all'idea, avanzata dai colleghi dell'opposizione, che si possano sollevare obiezioni su questa norma, sostenendo che la partecipazione ai lavori parlamentari possa anche concretarsi nella non partecipazione al voto. In via di principio, ripeto, ritengo che si possa ragionare su questa tesi, se non che (perdonatemi, io vorrei sviluppare il mio intervento più su ragioni di fatto che su ragioni di diritto) noi disponiamo dei dati, conosciamo la misura della non partecipazione al voto, disponiamo delle classifiche, diciamo così, e conosciamo anche le differenze tra maggioranza ed opposizione, tra gruppo e gruppo. Disponiamo, ormai, della nostra esperienza, anche se solo nell'arco, per quanto mi riguarda, di questa legislatura. Quindi, credo che fuori di qui possiamo raccontarla, ma non qui, non tra noi.
su un punto così delicato facciamoci carico, una tantum, di quell'elementare domanda che viene dai cittadini e dalla pubblica opinione, una domanda che giudico legittima, anche se spesso assume toni colpevolizzanti e a volte addirittura qualunquistici. Ritengo che l'unico modo per rispondere a quella domanda legittima e per contrastare quei giudizi indiscriminati e di tono qualunquistico sia quello di accettare forme di verifica oggettiva della presenza attraverso la partecipazione al voto.
PRESIDENTE. Onorevole colleghi, vi prego di prestare un attimo di attenzione, perché vorrei rispondere alle obiezioni avanzate, come credo sia doveroso.
PIETRO ARMANI. Ecco, a maggioranza!
PRESIDENTE. Questo significa che vi è stata una lunga discussione in sede di Ufficio di Presidenza. Anche se fossero stati adottati all'unanimità, sarebbero criticabili: figuriamoci se assunti a maggioranza.
manca il numero legale, si è partecipato al 100 per cento delle votazioni. Pertanto, il fatto che in questo modo si voglia privare una parte dell'Assemblea del potere di impedire la deliberazione attraverso la mancanza del numero legale è un argomento del tutto privo di fondamento.
PAOLO ARMAROLI. Mancino (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale)!
PRESIDENTE. Ha detto: tre volte al giorno!
La seconda questione è quella posta dal collega Liotta e da altri colleghi, e concerne le deliberazioni prese in Commissione. Certamente si tratta di un'altra questione delicata, che segna anch'essa un punto importante. Mi permetterò di proporre queste due questioni per correggere e integrare la deliberazione con riferimento a questi due punti. Naturalmente qualunque membro dell'Ufficio di Presidenza potrà proporre altro, perché è nelle sue facoltà.
Ritengo che non sia così perché nella lettera di accompagnamento alla delibera lei ha rinviato ad una data successiva una discussione dell'Assemblea sull'argomento. È una strana ipotesi di esecuzione provvisoria: prima si applica la norma e dopo si discute. Una discussione per accontentare chi non è d'accordo, ma senza ottenere risultati.
Già alcuni mesi fa una provvida proroga ha impedito sostanzialmente che si discutesse di questo argomento, che pure è importante. So benissimo che l'Ufficio di Presidenza, ai sensi dell'articolo 48-bis del regolamento, con una norma che è quanto meno equivoca, ha il potere di assumere deliberazioni in ordine alla presenza o all'assenza dei deputati ma, come è stato scritto, a cosa serve il potere se non se ne abusa? Questa è la conferma dell'antico assioma.
Il primo rilievo. La delibera si può ridurre ad una breve frase: armiamoci e partite perché stranamente l'Ufficio di Presidenza è esente dalla partecipazione al voto con tutte le conseguenze che ciò comporta. Già questa sarebbe un'anomalia tanto più rilevante giacché per l'Ufficio di Presidenza è sufficiente la richiesta, mentre il singolo deputato occorre un impedimento di carattere straordinario: l'organo delibera agevolando se stesso.
Il secondo rilievo. La norma è equivoca perché l'articolo 48-bis, comma 1 del regolamento, recita correttamente: «È dovere dei deputati partecipare ai lavori della Camera». Questi ultimi, però, non si riducono al voto ma sono complessi, articolati, diffusi: partecipare al voto non è partecipare ai lavori della Camera. Lo stesso articolo 48-bis, in termini ancora più equivoci, dopo aver affermato al comma 2 che l'Ufficio di Presidenza determina «le forme e i criteri per la verifica della presenza dei deputati alle sedute» - è legittimo - afferma che lo stesso Ufficio di Presidenza «determina, con la deliberazione di cui al comma 2, le ritenute da effettuarsi sulla diaria erogata a titolo di rimborso delle spese di soggiorno a Roma per le assenze dalle sedute (...)».
È proprio il collegamento della frase con un inciso che ne dimostra l'equivocità. Voglio essere chiaro. Non ho nulla da osservare (lo ritengo giusto) se l'Ufficio di Presidenza stabilisce, con i criteri che ritiene opportuni, l'importo delle trattenute. È giusto che il deputato assente non riscuota - così come dovrebbe essere - la diaria; tale mancata riscossione può essere articolata nella somma che l'Ufficio di Presidenza ritenga di richiedere, anche in misura superiore alle 400 mila lire.
Il punto, tuttavia, non è questo. Ciò che contesto è il metodo. Innanzitutto, si tratta di un metodo che è nato dalla prassi inesatta di commisurare la presenza a Roma al voto in Assemblea. Era una delibera di comodo, essendo il voto facilmente controllabile ed immediato. Ma qui si fa di più: non soltanto la presenza si commisura inesattamente al voto, ma si commisura, altresì, ad una percentuale di votazioni che è del tutto ignota. Così la delibera si traduce in un obbligo di votazione, non in un obbligo di presenza; l'obbligo di votazione è illegittimo, perché attiene al diritto del deputato di partecipare o no alle votazioni (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza nazionale, di Forza Italia, della Lega nord Padania, misto-Rifondazione comunista-progressisti e misto-CCD), fermo il suo dovere di essere a Roma e di partecipare ai lavori dell'Assemblea! Non si tratta, quindi, di difesa dell'assenteismo tout court da deprecare, deprecabile, eticamente non condivisibile. Si tratta di vedere se l'Ufficio di Presidenza abbia il potere ed il diritto di sancire che un deputato è obbligato a votare, il che è ingiusto, contro il regolamento e contro la Costituzione!
Dunque, signor Presidente, lei ha grandi poteri, il che è giusto, perché senza l'arbitro non si potrebbe svolgere nemmeno una partita di calcio; tuttavia, l'arbitro commette un errore quando fischia fuori luogo le punizioni ed è criticato quando assegna rigori inesistenti; dunque, potere sì, ma non arbitrio (Applausi dei deputati del gruppo della Lega nord Padania)!
Tra l'altro, signor Presidente, lei è in contraddizione con se stesso. Un nostro autorevole collega ha scritto, insegnando ed aprendo gli occhi a chi non aveva fatto tali valutazioni, che anche una sanzione economica incide sulle libertà. Infatti, se per ipotesi il Governo stabilisse che per ottenere il passaporto, cui tutti hanno diritto, occorre pagare una tassa di 3 milioni, si tratterebbe di norma fiscale che, sostanzialmente, inciderebbe sulle libertà in quanto si tradurrebbe in un vincolo, in una remora, in una impossibilità per molti di espatriare. Lei, dunque, è in contraddizione con se stesso perché in altra occasione, quando si tratta di stabilire il numero legale, non bada al voto, bensì alla presenza fisica (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza nazionale, di Forza Italia, della Lega nord Padania, misto-Rifondazione comunista-progressisti, misto-CCD e dei deputati Manca, Rebuffa e Sanza) tanto che il deputato che passeggia nell'emiciclo, benché non voti, è considerato presente ai fini del numero legale. Allora, occorre che le norme siano sempre uguali; occorre che se il deputato è considerato presente ai fini del numero legale perché passeggia nell'emiciclo, pur non partecipando alle votazioni, tale regola valga sempre e che il deputato non sia, invece, considerato presente solo quando partecipa ad un certo numero di votazioni o ad una percentuale di votazioni, arbitrariamente indicata. Ecco perché, signor Presidente, molto sommessamente, ma credo, se mi è consentito, in difesa della libertà di valutazione e di giudizio, che è dei singoli deputati, la invito a proporre all'Ufficio di Presidenza la revoca della delibera. Proponga la revoca immediatamente, lasci ai deputati la facoltà di decidere, lasci ai deputati la facoltà di stabilire i modi in cui partecipare ai lavori dell'Assemblea, sollevi i deputati dall'essere soltanto dei «premitori di pulsanti» ed attribuisca ai deputati medesimi il ruolo che ad essi compete (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza nazionale, di Forza Italia, della Lega nord Padania, misto-Rifondazione comunista-progressisti e dei deputati Sanza, Rebuffa e Manca - Molte congratulazioni).
Le voglio dire con estrema chiarezza che è una decisione che non condividiamo ed io al suo posto rifletterei sul fatto che le opposizioni, da fronti diversi, non condividono un provvedimento: già questo dovrebbe essere oggetto di riflessione per chi governa l'Assemblea.
Le dico con estrema sincerità che non c'entra nulla la monetizzazione e neanche la sottrazione di somme ai singoli deputati. Lo dico con estrema franchezza anche perché il nostro gruppo - voglio ricordarlo anche all'Assemblea - è stato promotore di una proposta di legge con
Guardi, signor Presidente, che il tema è veramente delicato, perché, se io debbo essere penalizzato pecuniariamente per la possibilità, che rientra nelle mie facoltà, di intervenire concretamente nella situazione politica attraverso l'astensione dal voto, in questa maniera si svilisce il ruolo delle opposizioni. Altra cosa è il giudizio politico sull'uso che viene fatto di questo strumento ed io, per esempio, posso avere lo stesso suo giudizio sull'uso disinvolto che ne viene fatto, ma non mi sogno minimamente di intervenire in maniera coattiva su questo terreno.
Insomma, io ho la sensazione, signor Presidente, che alla fine si abbia di questa Assemblea l'idea di una sorta di consiglio di amministrazione, in cui i grandi temi che dovrebbero essere oggetto di discussione vengono sottratti al dibattito. Sulla guerra non si discute, perché l'Assemblea non è sovrana della discussione politica (Applausi dei deputati dei gruppi misto-Rifondazione comunista-progressisti, di Forza Italia e di Alleanza nazionale), ...
Per questo motivo le chiedo, con tranquillità, percependo l'onestà di questa battaglia parlamentare, di ripensare non solo allo strumento, che è frutto di una filosofia politica, ma all'idea del Parlamento nella coscienza collettiva del paese e dei singoli parlamentari (Applausi dei deputati dei gruppi misto-Rifondazione comunista-progressisti, di Forza Italia, di Alleanza nazionale, della Lega nord Padania e dei deputati Sanza, Rebuffa e Manca).
Noi riteniamo che la presenza fisica nel palazzo di Montecitorio sia cosa completamente diversa dalla partecipazione al voto. L'espressione di una decisione politica può avvenire in quattro modi: con un voto favorevole, con un voto contrario, con l'astensione dal voto o con la non
Mi sembra pertanto evidente che legare l'accertamento della presenza fisica di un deputato a Montecitorio con la sua partecipazione al voto non abbia il minimo senso. Ci permettiamo, quindi, di darle un modesto suggerimento: si introduca lo strumento della firma di fronte, ad esempio, ad un commesso che conosce il deputato, ma non per una volta sola al giorno, come accade al Senato, ma per tre volte, al mattino - quando si comincia a votare -, nel pomeriggio e in Commissione. In questo modo avremmo la garanzia che la diaria venga data solo ai parlamentari effettivamente presenti a Roma e non ci sarebbe più il dubbio, che a nostro avviso è una certezza, che questa operazione sia stata decisa solo per garantire il numero legale alla maggioranza.
Per questi motivi le chiediamo di rivedere questa decisione nell'Ufficio di Presidenza e di svolgere un dibattito in quest'aula, perché questa decisione, secondo noi, da qualsiasi parte la si guardi - ghe nient da far - non sta in piedi, signor Presidente (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega nord Padania, di Forza Italia e di Alleanza nazionale).
L'onorevole Anedda adombrava una prevaricazione, da parte dell'Ufficio di Presidenza, nei confronti della volontà dell'Assemblea. Vorrei far presente all'onorevole Anedda che l'Ufficio di Presidenza è un organo che ha dignità costituzionale. La sua esistenza è prevista dall'articolo 63 della Costituzione ed il regolamento della Camera è strutturato in modo da assicurare che di quest'organo facciano parte tutti i gruppi parlamentari, nel presupposto che l'Ufficio di Presidenza rappresenti il complesso dell'Assemblea. L'Ufficio di Presidenza è quindi quell'organo a cui l'Assemblea delega alcuni poteri e quell'organo, delegato di tali poteri, ha il dovere di esercitarli.
Fra i poteri che quest'organo deve esercitare vi è anche, come recita il regolamento, la disciplina delle presenze e delle assenze dei parlamentari in aula.
È quindi sbagliato chiedere al Presidente di revocare la decisione dell'Ufficio di Presidenza, perché quest'ultimo è un organo collegiale che ha deliberato a maggioranza e che rappresenta nella sua azione la Camera, essendo stato eletto in rappresentanza della stessa.
L'argomentazione sostenuta sia dall'onorevole Anedda sia dall'onorevole Giordano per cui vi sarebbe un vincolo al voto, e quindi una lesione della libertà del deputato nella sua espressione, non credo sia sostenibile. Il non voto, infatti, è rappresentato dall'astensione. Non esistono, come ha detto l'onorevole Pagliarini (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza nazionale e della Lega nord Padania), varie gradazioni di voto. Colleghi, vi prego!
Quindi, la presunzione che vi sia una lesione della libertà dell'espressione del deputato è a mio giudizio assolutamente destituita di fondamento. Il deputato può votare a favore, può votare contro o può astenersi. Naturalmente, se si astiene, gli viene richiesto gentilmente di registrare la sua volontà di astensione schiacciando il pulsante bianco che corrisponde appunto all'astensione. Il sistema di registrazione delle presenze (Proteste dei deputati del gruppo della Lega nord Padania)... Onorevole Presidente, prendo atto di quanto sta accadendo.
Prego l'onorevole Petrini di proseguire il suo intervento. Se al collega verrà
In un sistema in cui, proprio se è bipolare e funzionale, la maggioranza potrebbe essere limitata a pochi seggi, pretendere che la deliberazione spetti soltanto alla maggioranza...
Riflettiamo sul fatto che, a furia di usare in modo estremo alcuni strumenti - peraltro legittimi in certe particolari situazioni - rendendoli banali nella loro estremizzazione, finiamo per rendere invivibile, non possibile la convivenza in questa stessa Assemblea tra maggioranza ed opposizione. Questo è quanto stiamo verificando, colleghi. Vi ringrazio per l'attenzione con cui mi avete ascoltato.
Sulla questione non si è trovato mai un giusto equilibrio per risolvere il problema, tanto è vero che siamo arrivati ad una soluzione quasi a ridosso della fine della legislatura in presenza di particolari situazioni verificatisi in Assemblea.
L'onorevole Petrini ha chiarito molte cose che mi preoccupano.
Signor Presidente, lei lo sa, io sono stato sempre preoccupato per l'interpretazione relativa all'applicazione dell'articolo 48-bis del regolamento. L'assenza dei deputati dalla vita di Montecitorio non può essere rilevata attraverso il voto. Ciò proprio per salvaguardare la libertà, il ruolo e la dignità del parlamentare, nonché l'organo parlamentare. Questo è un dato incontrovertibile perché, se rileviamo la presenza e l'assenza dei parlamentari attraverso il voto, stabiliamo certamente
Vi è poi la questione del 30 per cento. Qualcuno ha chiesto perché il 30 e non il 40 per cento. Se qualcuno poi interviene continuamente in aula o nelle Commissioni nel corso della giornata, ma partecipa al 29 per cento delle votazioni, deve essere considerato assente? Non è allora un problema di presenza o di assenza, ma un'altra questione e, se si tratta di un'altra questione, questo mi preoccupa, amici e colleghi del Parlamento (Applausi dei deputati dei gruppi misto-CDU, di Forza Italia, di Alleanza nazionale e della Lega nord Padania).
Non so se l'Ufficio di Presidenza possa rivedere o meno la materia, ma ritengo che essa vada certamente riesaminata. Vi è un'Assemblea che è sovrana e il dibattito va fatto, perché non si tratta di una vicenda particolare. Essa, infatti, vale per questa legislatura, ma anche per il futuro e noi vogliamo preservare con ogni forza condizioni di libertà e di agibilità democratica, anche perché abbiamo adottato una legislazione sulla privacy ed oggi, con alcuni provvedimenti e con alcune norme, quella privacy viene violata, se si impone al parlamentare di spiegare, chiarire, eccetera.
Signor Presidente, stiamo attenti, perché quest'Assemblea ha bisogno di democrazia, soprattutto perché deve essere espressione della libertà e della democrazia del nostro paese, e non vorremmo che, attraverso questi meccanismi, si tornasse al passato, quando ci si obbligava a vestire in un certo modo e ad applaudire in un certo modo. Questo sarebbe un tornare indietro e soprattutto un ritorno al buio che vogliamo allontanare dalla nostra presenza e dalla storia del nostro paese (Applausi dei deputati dei gruppi misto-CDU, di Forza Italia, di Alleanza nazionale e della Lega nord Padania).
Si può discutere peraltro se, in un Parlamento moderno, nella votazione finale di tutte le leggi e di tutte le deliberazioni debba aversi un numero legale e se un domani non convenga stabilire che, tranne circostanze particolari, il numero legale si considera accertato all'inizio della giornata qualora la metà dei parlamentari abbiano firmato. Preferirei cioè che l'Ufficio di Presidenza decidesse di eliminare l'obbligo del numero legale piuttosto che introdurre un vincolo economico di questo genere (Applausi).
Ma, Presidente, vorrei parlare d'altro, perché vorrei tentare di sfuggire ad un equivoco che si sta costruendo e che sta montando. La misura deliberata dall'Ufficio di Presidenza (proverò poi ad entrare nel merito delle questioni poste dai diversi colleghi intervenuti) non è volta a colpire l'ostruzionismo, non è volta a garantire il numero legale, ma è una misura che si riferisce all'assenteismo, che è cosa diversa dall'ostruzionismo.
Prego, onorevole Guerra.
Credo, anzitutto, che l'Ufficio di Presidenza abbia operato correttamente e che si sia attenuto rigorosamente alla lettera dell'articolo 48-bis del regolamento. Lo leggerò anch'io, onorevole Anedda, per poi passare ad una contestazione sul merito di ciò che lei ha detto. «È dovere dei deputati partecipare ai lavori della Camera», e su questo mi pare che tra noi vi sia larga intesa, ne siamo tutti convinti (Com
Credo che legittimamente l'Ufficio di Presidenza - interpretando correttamente questa norma - sia intervenuto nella definizione delle forme e delle modalità attraverso le quali si rileva la presenza alle sedute a partire - ripeto - non da una «invenzione autoritaria» o da qualche mente malata che ha deciso che da questo punto in poi l'Assemblea debba essere rinchiusa qua dentro, ma da un criterio che abbiamo utilizzato sino ad oggi: quello della partecipazione al voto!
Si è modificato il numero delle partecipazioni al voto necessarie per assolvere a questo criterio. Lo si è fatto sulla base di una considerazione: lo sappiamo, colleghi, che è purtroppo molto semplice dare un voto per un collega assente; questa misura «dell'un voto» non era sufficiente a contrastare quelle forme di assenteismo e anche qualche forma di malcostume parlamentare, da questo punto di vista.
Questo era l'obiettivo della discussione e delle decisioni assunte nell'Ufficio di Presidenza e si è lavorato esclusivamente su questo!
Peraltro, colleghi, se l'intenzione fosse stata quella di costringervi a partecipare ad un numero elevato di votazioni, l'Ufficio di Presidenza avrebbe potuto tranquillamente
Non vi è quindi alcuna compressione delle libertà. Si tratta di questo: uno strumento, come tutti gli strumenti, può essere messo in discussione, ma lascerei da una parte le alzate di scudi in difesa della libertà. Fino ad oggi, la partecipazione al voto è stato un criterio; adesso, si propone di modificare leggermente tale criterio, ma in questa direzione e non verso il mantenimento del numero legale. Credo che questo - trovare strumenti adeguati per garantire l'efficace partecipazione al voto per impedire episodi di malcostume che pure si sono verificati e che tutti conosciamo - dovrebbe essere un interesse di tutta questa Assemblea e non soltanto della maggioranza che oggi si trova a sostenere questo Governo. Avremmo pensato che anche da parte vostra ci poteva essere questo tipo di interesse, che sicuramente è un interesse ben presente nell'opinione pubblica del nostro paese (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo e dei Popolari e democratici-l'Ulivo - Commenti del deputato Teresio Delfino).
Credo che le argomentazioni dell'onorevole Anedda vadano riconsiderate con grande attenzione.
Petrini, un deputato ha anche questo diritto: di non presenziare al voto...
Un deputato ha il diritto di non partecipare al voto quando con la non partecipazione vuole attestare che non vuol essere in nessun modo coinvolto o costretto ad avallare una decisione che in nessun modo si sente di condividere (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, Alleanza nazionale e Lega nord Padania). Caro Guerra, non vale argomentare forzando l'interpretazione dell'articolo 48-bis, fino a considerarlo come una sorta di delega data alla Presidenza di istituire cottimi lavorativi che, peraltro, sarebbero arbitrari: perché il 30 per cento e non il 32, il 33, il 35, il 40 o il 15 per cento delle votazioni?
A riprova di ciò, basti osservare che, per poter sostenere l'argomento, lo stesso onorevole Guerra deve dire che la partecipazione ai lavori della Camera è partecipazione al voto. Non è vero, si può partecipare ai lavori della Camera e delle Commissioni, intervenendo ripetutamente su ogni argomento, e non partecipare al voto. La presenza è assicurata e, allora, se volete accertare la presenza in aula, ma anche nelle Commissioni, il metodo è stato indicato: un apposito registro sul quale chi è presente appone la firma, mentre chi non lo è non firma e risulta irrimediabilmente assente. Ecco dunque la prima osservazione: queste norme sono confuse. Esse sono parziali perché si preoccupano di verificare le presenza in aula, posto che questo sia lo scopo - c'è da dubitare che lo sia -, ma non si preoccupa di verificarle nelle Commissioni parlamentari, dove pure si svolge una parte importante, di vitale importanza, dell'attività parlamentare per quanto attiene allo svolgimento del processo legislativo e alla formazione delle nostre decisioni.
Si tratta di misure anche deboli perché, come vi ho già detto, non colpiscono in alcun modo il fenomeno assai deplorevole della presenza simulata.
Signor Presidente, proprio per queste ragioni, senza voler fare processi alle intenzioni di alcuno, vi è il rischio che queste norme possano apparire pensate per favorire una maggioranza che non riesce in altro modo, cioè per sue autonome determinazioni politiche, a raccogliersi nell'adeguata misura in quest'aula. Possono apparire come misure tese a contenere il ricorso alla mancanza del numero legale, che è uno strumento a
Noi siamo contrari a queste norme per le ragioni che ho detto, perché esse sono inefficaci, parziali e demagogiche. Vi chiediamo norme più severe, a cominciare dall'uso della firma sia in aula, sia in Commissione, e facciamo una proposta: si riprenda questo problema, anche con un dibattito in aula, o, meglio, si sottopongano all'Assemblea proposte che contemplino misure più adeguate e più stringenti di quelle da voi proposte, anche per quanto riguarda il voto simulato, i «pianisti».
Si portino in questa sede misure più ampie, più complete e severe, non demagogiche, e noi le approveremo, altrimenti non ci potete chiedere di dare il consenso ad una decisione che è impropria sotto il profilo costituzionale e politico e a misure che finiranno per apparire soltanto tese a coartare l'opposizione e a costringerla, quindi, a prendere contromisure adeguate, qualora pensaste davvero di poter realizzare soltanto per questa via il plenum che per altre vie non riuscite a realizzare (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza nazionale e della Lega nord Padania).
Occorre tuttavia ricordare brevemente qual è l'impostazione complessiva nei confronti del parlamentare sia per quanto riguarda l'indennità sia per quanto riguarda la diaria. Il riferimento non è ultroneo o superficiale: nei confronti del parlamentare - per il suo titolo di parlamentare - la Costituzione prevede unicamente la corresponsione di un'indennità stabilita dalla legge. Successivamente, con atti dell'Ufficio di Presidenza, è stato introdotto un rimborso forfetario delle spese di soggiorno per la presenza del parlamentare a Roma, intesa come sua presenza e partecipazione ai lavori della Camera. Tuttavia, ciò non figura nella Costituzione e non figurava nel nostro regolamento.
Nel 1997, quando ci siamo posti il problema, anche sulla scorta dell'esperienza della precedente legislatura, la dodicesima, io per primo, pur essendo impegnato per tanti mesi a presiedere una Commissione durante due finanziarie consecutive, ho subito diverse volte la trattenuta per assenza dai lavori dell'Assemblea. In quella occasione ebbi modo di far rilevare come il riferimento alla necessità
Non c'è dubbio che, quando abbiamo approvato l'articolo 48-bis, lo abbiamo fatto in piena coscienza, perché volevamo affermare in modo chiaro, con una norma regolamentare che viene approvata in modo particolare, con una maggioranza qualificata, il dovere dei deputati di partecipare ai lavori della Camera. Ma il secondo comma dello stesso articolo, Presidente, giustamente fa riferimento non solamente ai lavori dell'Assemblea, ma anche a quelli delle Giunte e delle Commissioni. In altre parole, il giudizio globale sul rispetto da parte del deputato del dovere di partecipare ai lavori della Camera non si può basare unicamente sulla presenza in aula. Se questa debba essere considerata nell'arco dell'1, del 5 o del 10 per cento, la cosa cambia ben poco. Quello che va accertato è se il deputato abbia adempiuto il suo dovere di partecipare ai lavori della Camera, che si estrinsecano, come dicevo, in Assemblea, nelle Commissioni e nelle Giunte.
Io, che non faccio parte del Comitato pareri della Commissione bilancio, quando assisto ai lavori di quel Comitato, trovo che partecipano al 100 per cento delle sedute dello stesso - sedute che dal punto di vista numerico sono di gran lunga superiori a quelle tenute dall'Assemblea - quattro o cinque deputati, i quali, se non dovessero raggiungere il 30 per cento delle presenze in aula, si vedrebbero additati all'opinione pubblica come deputati assenteisti rispetto ai lavori della Camera, mentre essi partecipano molto più ai lavori della Camera di coloro che vengono in aula a schiacciare il bottone per raggiungere la quota del 30 per cento.
Signor Presidente, non c'è nulla da portare, e in questo dissento dal presidente Pisanu, all'esame dell'Assemblea. L'Ufficio di Presidenza è previsto nel nostro regolamento perché per queste cose esso decide per l'Assemblea; non ci può essere però motivo di offesa dell'Ufficio di Presidenza se l'Assemblea, nel momento in cui il Presidente ritiene ammissibile lo svolgimento di un dibattito su questo argomento, chiede all'Ufficio di Presidenza stesso di riesaminare una questione che non si esaurisce nel problema del 30 per cento, perché questa mattina, quando qualche deputato mi ha chiesto se questa fosse una forma di imposizione verso l'opposizione per garantire il numero legale, ho fatto presente quello che ha detto l'onorevole Guerra, vale a dire che questo rappresenta proprio l'opposto. Infatti, si potrebbe partecipare a tre o quattro votazioni iniziali e si potrebbe poi uscire tutti dall'aula, facendo mancare il numero legale, eppure tutti i deputati partecipanti a quelle votazioni avrebbero partecipato al 99 per cento delle sedute di quella giornata.
Signor Presidente, si tratta allora di uno strumento che poco si presta a raggiungere la giusta finalità dell'articolo 48-bis del regolamento, che è quella di porre ai parlamentari il dovere di partecipare ai lavori della Camera.
Per questi motivi, Presidente, la invito con serenità e con pacatezza a sottoporre all'Ufficio di Presidenza la questione, non la proposta di eliminazione della trattenuta, perché non si deve presentare all'esterno come se il Parlamento fosse diviso tra coloro che desiderano che le sue funzioni vengano esaltate con la partecipazione ai suoi lavori e coloro che questo non vogliono, ma perché si deve poter partecipare insieme in modo cosciente ai lavori della Camera, che non si esauriscono in quelli che si svolgono in questa Assemblea, ma che hanno luogo preliminarmente e prioritariamente anche nelle Commissioni e nelle Giunte (Applausi dei deputati dei gruppi misto-CCD, di Forza Italia e di Alleanza nazionale).
La questione è seria e ritengo che al riguardo nessuno debba avere certezze, tanto meno dividendoci nettamente tra maggioranza ed opposizione. Con tale spirito svolgerò qualche riflessione a nome dei deputati del gruppo dei Popolari e democratici-l'Ulivo.
Signor Presidente, abbiamo discusso da tempo della questione. Non è vero che non se ne sia parlato e che l'Ufficio di Presidenza abbia deciso senza aver sondato gli umori dei gruppi nella Conferenza dei presidenti di gruppo; altre volte, dunque, si è discusso di questo tema. Mi sembra profondamente ingiusto e, al limite, scorretto che si parli di una decisione dell'Ufficio di Presidenza esclusivamente per favorire la maggioranza. Debbo dire all'onorevole Pisanu che, se da una parte questa sua affermazione mi consola ed è positiva (in quanto ciò significa che egli ritiene che tale situazione debba permanere anche nella prossima legislatura e per lungo tempo), dall'altra, la giudico negativa: non è così che possiamo costruire insieme le regole della democrazia; è assurdo immaginare che l'Ufficio di Presidenza della Camera costruisca le regole comuni, la casa comune, con l'intento sotteso e perverso di favorire subdolamente la maggioranza. Mi rifiuto di credere che i componenti dell'Ufficio di Presidenza - tutti i componenti, maggioranza ed opposizione - abbiano avuto un tale intento.
Signor Presidente, è giusto che un atteggiamento politico del deputato possa consistere nel non partecipare al voto affinché manchi il numero legale e, con l'ostruzionismo, si impedisca alla maggioranza di andare avanti. Si tratta della qualità dell'opposizione, non del metodo; è il giudizio politico sull'opposizione, che utilizza l'ostruzionismo come sistema, che deve essere conosciuto. È giusto che gli italiani sappiano che vi è un'opposizione che fa ostruzionismo ed impedisce al Parlamento di deliberare. Dunque, dovremmo individuare un sistema per consentire, nella trasparenza, il non voto. Quel che non possiamo consentire è il non voto per negligenza, l'assenteismo come scelta. Arrivati ad un certo punto, il problema esiste e si pone ed è ingiusto nascondercelo.
Non credo nemmeno che c'entrino motivi economici anche se, colleghi, oggi che è partito il nuovo sistema vediamo i banchi un po' più pieni. Non ritengo, altresì, che sia una questione di grandi principi: prima vigeva un metodo similare (bastava partecipare ad una votazione), ora è necessario assicurare il 30 per cento delle presenze.
Signor Presidente, ritengo che l'Ufficio di Presidenza abbia agito nella piena legittimità. L'articolo 48-bis del regolamento è stato votato da questa Assemblea nel 1997, demandando all'Ufficio di Presidenza il compito di stabilire come dovesse essere attuato il principio contenuto nel comma 1 dello stesso articolo. L'Assemblea, dunque, ha ritenuto che dovesse essere deciso dall'Ufficio di Presidenza il sistema con cui assicurare il dovere dei deputati di partecipare ai lavori della Camera. Allora, discutiamo del metodo e
Un organo della Camera dei deputati ha assunto una decisione nel tentativo di individuare una strada che ci consenta di risolvere un problema che tutti in quest'Assemblea avevamo considerato reale. Il metodo precedente, legato all'espressione di un solo voto, non funzionava, ha creato delle disfunzioni: bene, l'Ufficio di Presidenza ha stabilito un nuovo metodo. Ci sono dei problemi? Se ne discuta. Le regole, trattandosi in questo caso dell'applicazione di un principio, possono essere riviste, l'Ufficio di Presidenza può tornarci sopra, si può ragionare. Oggi, però, non possiamo che esprimere apprezzamento per le decisioni dell'Ufficio di Presidenza, che con coraggio e sapendo di incontrare delle difficoltà (perché non fa piacere a nessuno l'introduzione di questa regola più rigorosa, che ci richiama al nostro dovere di deputati) ha preso una certa strada. Ha fatto bene, quindi, l'Ufficio di Presidenza, poi se ci sono delle disfunzioni se ne discuta. Questo dibattito sicuramente è servito e certamente l'Ufficio di Presidenza tornerà sulla questione. Mi pare anche che l'onorevole Pagliarini (perché qui, poi, non bisogna soltanto criticare) abbia avanzato una proposta ragionevole: firmiamo la mattina, a mezzogiorno o la sera, studiamo un altro sistema, che eviti gli inconvenienti di cui si è parlato. Bene, noi Popolari parteciperemo con grande attenzione all'individuazione di nuovi criteri, ma per ora questa regola ci va bene e finché l'Ufficio di Presidenza non ne trova una migliore penso che valga la pena di procedere così (Applausi dei deputati del gruppo dei Popolari e democratici-l'Ulivo).
Vorrei anche aggiungere, sempre pregando i colleghi di scusare la crudezza e la brutalità delle mie osservazioni, che oggi stesso abbiamo vissuto l'esperienza - mi permetto di dissentire su questo dall'onorevole Pisanu - dell'efficacia persuasiva della misura introdotta. Abbiamo misurato tale efficacia: basta un colpo d'occhio all'emiciclo. Ora, che siano incoercibili ragioni di coscienza, ragioni di libertà nell'espressione del dissenso politico a produrre tassi così elevati di non partecipazione al voto, una pratica sistematica della non partecipazione, francamente mi pare circostanza non verosimile. Suggerirei, onorevoli colleghi, di risparmiarci una dose così elevata di ipocrisia:
Concludo dicendo che, a fronte di un problema di questa portata - perché è in gioco la disaffezione dei cittadini nei confronti della politica e delle istituzioni -, facciamo tutti un atto di responsabilità: rinunciamo ad un eccesso di ipocrisia, facciamo opera di verità e riconosciamo onestamente e anche con una certa umiltà che queste misure e le sanzioni ad esse connesse aiutano ciascuno di noi, i nostri gruppi, la maggioranza e l'opposizione, perché rappresentano un deterrente efficace nei confronti dell'assenteismo inteso nella sua accezione patologica. Tacere che si tratta di un problema reale sarebbe ipocrita. Il dato dell'assenteismo nella sua accezione patologica non è una furbesca inflizione della maggioranza. Non esponiamoci alla facile e forse ingiusta accusa di rivendicare noi il diritto all'assenza: lo ripeto, sarebbe letale per la politica e per le istituzioni e credo ci sia bisogno di tutto, tranne che di questo (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici-l'Ulivo).
Sono state poste questioni che attengono alla legittimità del provvedimento assunto dall'Ufficio di Presidenza e questioni che attengono alla sua criticabilità. Non affronto le seconde, perché tutti i provvedimenti possono essere oggetto di critica, ci mancherebbe altro. I provvedimenti sono stati adottati dall'Ufficio di Presidenza a maggioranza.
A parte questo, vorrei riflettere sulla legittimità del provvedimento che è stata messa in discussione. Mi dispiace dissentire da autorevoli colleghi che sono intervenuti. Nel 1997 abbiamo approvato una norma del regolamento che affida esclusivamente all'Ufficio di Presidenza la deliberazione delle forme e dei criteri per la verifica della presenza dei deputati in Assemblea, nelle Giunte e nelle Commissioni. Si tratta, quindi, di un compito esclusivo dell'Ufficio di Presidenza (Commenti del deputato Chiappori). Se sottoponessi questa delibera al voto dell'Assemblea, violerei, io per primo, un principio di attribuzione di competenze e di funzioni. È come se attribuissi ad un altro organo competenze proprie dell'Assemblea, cosa che non posso fare. Questa è una decisione che non è assurda, ma che l'Assemblea ha approvato a grandissima maggioranza il 24 settembre 1997. Pertanto, l'Ufficio di Presidenza ha operato - qualcuno dirà in modo discutibile, ma non intendo entrare nella questione - sulla base di un mandato conferitogli dall'Assemblea.
Per quanto riguarda la seconda questione posta in quest'aula, vale a dire se questa deliberazione sia stata assunta in relazione al mantenimento del numero legale, voglio dire - come hanno già spiegato alcuni colleghi - che non c'è alcuna relazione, perché se manca il numero legale valgono comunque le votazioni fatte fino a quel momento. Se si fosse detto che il soggetto che non partecipa alla votazione in cui manca il numero legale perde il diritto alla diaria, avreste avuto ragione (mi rivolgo ai colleghi che hanno sostenuto questa obiezione), ma non si dice questo; si può partecipare anche ad un solo voto e, se
Resta nelle mani di una parte considerevole dell'Assemblea il potere di far venir meno il numero legale. Nella specie, stanti i rapporti di forza tra maggioranza ed opposizione, in genere è nelle mani dell'opposizione, come abbiamo visto, la possibilità che il numero legale vi sia oppure no. E questo resta! D'altronde non è di questo che si discute. Direi quindi che sono in errore, un errore abbastanza grave (non certamente volontario, ma involontario) questi colleghi, perché attribuiscono all'Ufficio di Presidenza e a qualche componente dell'Ufficio di Presidenza una intenzione di faziosità che non ha avuto né l'Ufficio di Presidenza né quel collega dell'Ufficio di Presidenza, e che non ha riscontro nei fatti.
Per quanto riguarda il problema che ha posto, in particolare, il collega Giordano, ossia che l'obbligo di votare è contrario alla natura della funzione parlamentare, debbo dirvi, colleghi, che quest'obbligo esiste dal 1990! Mi si deve spiegare per quale motivo all'obbligo di votare una volta si è favorevoli mentre a quello di partecipare al 30 per cento delle votazioni si è contrari. Ma allora si pone una questione di principio e non è questa la questione!
Il dovere di partecipare alle deliberazioni almeno una volta e la decisione di verificare la presenza dei deputati, esistono fin dal 1990 e nessuno ha mai detto che ciò comprimesse, schiacciasse o riducesse i diritti del parlamentare! Qual è allora la delibera, qual è il mutamento che ha ritenuto di fare la maggioranza in seno all'Ufficio di Presidenza? Diciamo che ha ritenuto di elevare la «presenza» da una votazione al 30 per cento delle votazioni. È un fatto discutibile nel quale non voglio entrare. Si poteva parlare del 50 per cento o dell'1 per cento; in ogni caso una volta presa una decisione, il criterio da seguire è quello (Commenti del deputato Anedda)! Si poteva prevedere il 51 per cento, come ha accennato il collega La Malfa, in un altro organismo.
Ripeto, l'obbligo del voto esiste da dieci anni. Credo che abbia ragione il collega Giordano quando dice che occorre cercare di riqualificare la presenza e il dibattito. Sta ai colleghi presidenti dei gruppi, oltre che al Presidente della Camera, proporre temi, materie e provvedimenti sui quali misurarsi. Però, se non erro con la cooperazione di tutti i colleghi abbiamo discusso soltanto la legge sull'assistenza che abbiamo approvato alcuni giorni fa con un consenso abbastanza vasto; si tratta di una grandissima legge di carattere sociale. Non voglio riferirmi ad altro. Dovremo esaminare tra poco una importante questione internazionale in materia di corruzione. Non mancano dunque i temi sui quali si può misurare la capacità politica dei singoli colleghi dell'Assemblea!
Mi permetta poi di dirle, onorevole Pagliarini, che, se dovessimo obbligare i colleghi a firmare tre volte al giorno, francamente mi sentirei titolare di una questura e non della Presidenza della Camera; naturalmente lo dico con rispetto della questura la quale peraltro si rivolge ad altro tipo di soggetti.
Quindi, sulla base di queste considerazioni, non proporrò all'Ufficio di Presidenza la revoca del provvedimento, proporrò invece di considerare due questioni che qui sono state poste. La prima è quella avanzata dall'onorevole Anedda, concernente la presenza ai fini del numero legale del deputato che non abbia votato. Ed è giusto porre quella questione! Poiché quei colleghi vanno indicati nominativamente, vuol dire che sono presenti e che debbono essere considerati tali ai fini del voto.
Infine, colleghi, permettete anche a me di fare una considerazione di carattere più generale. Il Parlamento non può esaurirsi nel principio di rappresentanza; il Parlamento misura la sua forza sul principio di decisione e non solo sul principio di rappresentanza! La democrazia o è democrazia decidente oppure non è democrazia, rischia cioè di essere un simulato perché sono altri soggetti che decidono se noi qui ci limitiamo a considerare la nostra funzione come di pura esposizione di ragioni, non dando il giusto valore ed il giusto peso al momento della deliberazione che è quella che serve al paese. Questo è un punto assolutamente essenziale perché laddove vi erano altri soggetti (e penso all'epoca dei grandi partiti politici, all'inizio della Repubblica), si poteva allora anche sostenere che l'Assemblea aveva una mera funzione rappresentativa e i partiti politici una funzione di input decisionale. Oggi non è così, sia perché la democrazia è andata avanti rispetto ad allora sia perché non esiste più quel tipo di forze politiche. Ed è quindi sull'Assemblea parlamentare che viene caricato non solo il principio di rappresentanza ma anche il principio di decisione. Guai se non considerassimo il problema della decisione come un problema essenziale per il paese! Mi fermo qui, questa è soltanto un'opinione.
Fermi restando i diritti di tutte le parti politiche, credo debba essere assunto nei nostri lavori un equilibrio tra le questioni della rappresentanza ed il valore della decisione, anche perché il nostro paese non riuscirà mai a competere con altri paesi che pongono la questione della decisione delle Assemblee parlamentari e dei Governi come problema essenziale della loro qualità politica. Ho terminato qui; quindi, nella prossima riunione dell'Ufficio di Presidenza non proporrò - lo ripeto - la revoca, ma, sulla base del dibattito avvenuto, proporrò che l'Ufficio esamini le due questioni che sono di una certa rilevanza.