Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 681 del 25/2/2000
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Discussione del disegno di legge: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 7 gennaio 2000, n. 1, recante disposizioni urgenti per prorogare gli interventi in favore dell'Albania e la partecipazione militare italiana a missioni internazionali di pace (approvato dal Senato) (6744) (ore 9,30).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 7 gennaio 2000, n. 1, recante disposizioni urgenti per prorogare gli interventi in favore dell'Albania e la partecipazione militare italiana a missioni internazionali di pace.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 6744)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che le Commissioni III (Esteri) e IV (Difesa) si intendono autorizzate a riferire oralmente.
Il relatore per la III Commissione, onorevole Di Bisceglie, ha facoltà di svolgere la sua relazione.

ANTONIO DI BISCEGLIE, Relatore per la III Commissione. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il provvedimento in esame contiene disposizioni dettate dalla necessità e dall'urgenza di proseguire gli interventi del nostro paese per la ricostruzione sociale ed economica dell'Albania. Il decreto-legge n. 1 del 2000 contiene altresì norme per prorogare la partecipazione italiana alle missioni internazionali


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di pace in corso di svolgimento nei territori dell'area balcanica, di Hebron e di Timor Est.
In particolare, le disposizioni previste dall'articolo 1 sono volte ad avviare il passaggio dalla fase di gestione straordinaria degli interventi promossi dal nostro paese a quella ordinaria, perdurando le condizioni di necessità, ma in un quadro di miglioramento verso la normalizzazione. Questo significa dunque il passaggio di competenza degli interventi al Ministero degli affari esteri, ovvero al suo naturale alveo istituzionale.
Va ricordato che l'impegno del nostro paese in Albania è stato molto forte, oltre 700 miliardi dal 1991, ed ha conseguito, seppur in modo parziale, risultati positivi verso la stabilità, la sicurezza e il contenimento della criminalità organizzata, tenendo conto di tutto il quadro di collasso di quella situazione. La crisi delle finanziarie piramidali prima, la guerra del Kosovo poi hanno visto il nostro paese profondere, infatti, energie decisive nella ricostruzione e nel consolidamento delle istituzioni albanesi e nell'assistenza ai rifugiati.
Il programma di interventi ha avuto inizio, come si ricorderà, nel 1997, subito dopo l'operazione Alba, ed è continuato nel 1998, per concludersi, quanto a fase straordinaria, con il 31 dicembre 1999 e proseguire ordinariamente, con il presente provvedimento, fino al 30 giugno dell'anno in corso. Ecco il riferimento previsto nel provvedimento alla necessità di completare gli interventi posti in essere ai sensi della legge n. 300 del 1998 e della legge n. 186 del 1999, delle quali vengono richiamate le procedure per la realizzazione degli interventi stessi.
Va comunque ricordato ancora per chiarezza che la gestione straordinaria si basava sull'istituzione del commissario straordinario del Governo per le iniziative italiane di supporto all'Albania, che aveva un'apposita struttura presso la Presidenza del Consiglio e con compiti di coordinamento e di individuazione delle priorità, per l'aspetto nazionale, e attraverso la delegazione diplomatica speciale, per l'aspetto internazionale. Il provvedimento, dunque, vuol fare sì che si completino gli interventi del cosiddetto «pacchetto Angioni», prendendo spunto dalla figura del generale Franco Angioni nominato commissario straordinario con il decreto del Presidente della Repubblica 2 giugno 1997, e si integrino con gli interventi di cooperazione così come previsti dalla legge n. 49 del 1987, prevedendo altresì un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri per il trasferimento delle risorse previste dalle leggi cui si è fatto riferimento, entro il 31 marzo 2000, all'unità previsionale di base della direzione generale per la cooperazione allo sviluppo, dunque con la sottoposizione delle spese connesse alla realizzazione dei progetti alle modalità, ai controlli e alle procedure finanziarie di cui alla legge n. 49 del 1987.
Inoltre, viene aggiornato il programma di cooperazione italo-albanese per la riorganizzazione delle forze di polizia di quel paese, per conseguire l'obiettivo di uno stabile rapporto di collaborazione nella lotta alla criminalità, in base ad un protocollo di intesa stipulato dai due Governi. Tale programma prevede l'impiego di 99 uomini, di cui 57 elementi della Guardia di finanza, 22 della Polizia di Stato, 10 dell'Arma dei carabinieri e 10 delle strutture interforze del dipartimento di pubblica sicurezza. È prevista all'uopo una spesa di 18 miliardi, di cui circa 2 per costi di informatizzazione della polizia albanese, per la realizzazione delle sale operative e per il completamento del centro elaborazione dati del Ministero dell'ordine pubblico albanese. È chiaro che si tratta di un programma molto importante in ordine all'efficacia della lotta ai traffici illeciti, alle attività di riciclaggio, alla criminalità organizzata, là ove può più agevolmente trovare terreno fertile.
Il provvedimento, già approvato da un vasto schieramento al Senato, vuole riposizionare il nostro intervento in Albania, anche in relazione a quel patto di stabilità che vede coinvolta l'Unione europea, oltre ai 50 paesi sottoscrittori del patto stesso.


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Nel sollecitare l'approvazione del provvedimento, per assicurare dunque continuità alla ricostruzione sociale ed economica dell'Albania e rafforzare i risultati raggiunti, va detto che l'iniziativa svolta ha fatto acquisire rispetto e prestigio al nostro paese, proprio per l'impegno esercitato che ci viene riconosciuto. Credo sia auspicabile un confronto sereno di merito sul provvedimento, che peraltro contiene norme non immediatamente riconducibili ad un'unica materia: da qui l'invito rivolto al Governo, durante l'esame in Commissione, a non mettere insieme materie diverse. Dunque, un confronto di merito senza farsi facilmente prendere dalla tentazione di usare eventi che devono fare il loro autonomo corso.
In conclusione, ritengo di dover sottolineare che il nostro paese ha bisogno di proseguire la sua presenza in Albania per stabilizzare quella situazione, per avviare nuove politiche di sviluppo socio-economico, per combattere così efficacemente la criminalità organizzata, offrendo nel contempo opportunità qualitativamente e quantitativamente di grande interesse per il nostro sistema paese.

PRESIDENTE. Il relatore per la IV Commissione, onorevole Gatto, ha facoltà di svolgere la sua relazione.

MARIO GATTO, Relatore per la IV Commissione. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, il disegno di legge di conversione del decreto-legge 7 gennaio 2000, n. 1, recante disposizioni urgenti per prorogare gli interventi in favore dell'Albania e la partecipazione militare italiana a missioni internazionali di pace risponde alla necessità di continuare a svolgere missioni di pace fuori del territorio nazionale, nonché ad assicurare interventi di sostegno per la ricostruzione sociale ed economica dell'Albania.
Le diversità delle questioni contenute nel provvedimento, così come paventato dai relatori, sono state foriere di un acceso dibattito in Commissione, conclusosi con il preannuncio di un voto contrario da parte di alcune forze politiche di opposizione. Eppure, non più di un mese addietro, lo stesso provvedimento è stato approvato al Senato con il voto favorevole di quasi tutte le forze politiche dell'opposizione. Cosa è accaduto di nuovo in questo lasso di tempo per determinare questa improvvisa «strambata» di alcune formazioni politiche del Polo in merito ad un argomento così delicato come la questione albanese?
Il paese degli illiri, da sempre tra i paesi più poveri d'Europa, in quest'ultimo decennio è piombato in uno stato di degrado sociale ed economico incommensurabile. La morte di Hoxha, la caduta del muro di Berlino, l'allegra politica di Berisha tutta tesa a favorire la diffusione delle finanziarie piramidali ed il successivo arrivo in Albania di migliaia di esuli kosovari hanno messo in ginocchio il paese delle aquile, ovvero una nazione fuori dall'Europa. È un paese strano, difficile da capire, con abitanti che non hanno il senso dello Stato, non hanno il senso del noi, del bene comune, culturalmente legati allo spirito del clan familiare di tipo patriarcale: un paese dove gli istituti della municipalità e del sindaco hanno appena due anni di vita e non sono stati ancora attivati i servizi anagrafici ed il sistema sanitario nazionale.
I poliziotti mancano del prestigio dovuto tra la popolazione, in quanto facilmente corruttibili; le organizzazioni malavitose la fanno da padrone sull'intero territorio e gestiscono il mercato della droga, delle armi, delle sigarette, riciclano le auto di grossa cilindrata rubate in Europa, traghettano sulle coste italiane emigranti irregolari. La percentuale dei ragazzi che abbandonano la scuola è elevatissima. Con il crollo del regime comunista, anche le cinque megaziende agricole statali vennero suddivise in 500 mila microaziende di un solo ettaro. Questa parcellizzazione del terreno non consente oggi un'irrigazione adeguata e la meccanizzazione dei fondi, con conseguente decremento della qualità e della quantità della produzione agricola. Anche le grandi industrie statali hanno chiuso, accrescendo così il numero dei disoccupati


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e a nulla sono valse le aperture di migliaia di fabbriche artigianali di vestiario o lavorati in legno o rame gestite da operatori commerciali stranieri, il cui interesse principale era ed è quello di lucrare il più possibile pagando con appena 100 mila lire mensili operai che lavorano per più di 200 ore al mese.
Al cospetto di tanta miseria, l'unica certezza che si ha è che da sola, senza aiuto alcuno, l'Albania non ce la farà mai a diventare un paese a dimensione europea. Vi è necessità di aiuti finalizzati, costanti e consistenti; vi è necessità che il Governo italiano sia più determinato a porre la questione albanese al centro dei tavoli di contrattazione europea per gli aiuti ai paesi in via di sviluppo.
Fino ad oggi l'Italia ho operato quasi sempre da sola nel sostenere questo paese agonizzante nell'economia e traballante nelle istituzioni. A partire dalla missione Pellicano del 1991, durata ben tre anni, alla missione Alba del 1997, durata sei mesi, al commissariamento straordinario per l'Albania nella persona del generale Angioni, durato dal 1997 al 31 dicembre 1999, l'Italia ha sempre e solo trasferito generi di prima necessità, derrate alimentari, strumentazioni, automezzi, senza mai versare denaro alle casse dello Stato albanese. L'unica volta nella quale è intervenuta l'Unione europea, sollecitata in questo anche dalla Germania, ad offrire aiuto al regime democratico albanese, a Berisha furono consegnati 500 milioni di dollari. Detti finanziamenti sono svaniti nel nulla, senza che si realizzassero strutture e infrastrutture vitali per lo sviluppo del paese.
Allo stato, quanto a trasporto su rotaie, sono in attività treni a vapore che sferragliano per tutta l'Albania su binario unico; per il trasporto passeggeri su gomma il servizio viene svolto da torpedoni vecchi di trent'anni; le case dei villaggi non hanno né acqua corrente né servizi igienici; le strade sono quasi tutte in terra battuta; gli ospedali sono allocati in strutture fatiscenti ed antigieniche e offrono prestazioni sanitarie di bassa qualità. Il 31 dicembre del 1999 si sarebbe esaurita la fase degli interventi straordinari in Albania.
Dal 1991 ad oggi per gli aiuti in favore dell'Albania, l'Italia ha speso circa 750 miliardi di lire, senza tuttavia raggiungere in pieno i risultati sperati di stabilità istituzionale e di contenimento della criminalità, anche in virtù di eventi imprevisti (finanziarie piramidali e arrivo dei profughi dal Kosovo).
Con l'articolo 1 del decreto-legge in esame si affida al Ministero degli affari esteri il completamento del «pacchetto Angioni». In particolare, il comma 5 dell'articolo 1 autorizza la spesa di 18 miliardi per una missione interforze di carabinieri, Guardia di finanza e pubblica sicurezza finalizzata al controllo del territorio e delle frontiere e per la formazione della polizia albanese.
Personalmente ritengo che il compito del Governo italiano non debba esaurirsi con il completamento del «pacchetto Angioni» altrimenti, di qui a qualche anno, vedremmo vanificato l'immane sforzo economico sostenuto dall'Italia in quest'ultimo decennio. È come se avessimo curato un grave ammalato di setticemia con aspirina italiana, mentre l'avremmo dovuto curare con antibiotici a largo spettro di marca Unione europea.
Con il provvedimento in esame si intende anche prorogare il termine, scaduto il 31 dicembre del 1999, per la partecipazione dei contingenti militari italiani alle missioni internazionali di pace.
In particolare, all'articolo 2, il comma 1, proroga al 30 giugno 2000 il termine relativo alla partecipazione dei contingenti militari italiani alle missioni di pace. Mi riferisco a quelle nei territori dell'ex Jugoslavia: missione SFOR, sotto l'egida NATO, che opera in Bosnia ed Erzegovina e venne organizzata nel 1996 a seguito della risoluzione del Consiglio di sicurezza ONU n. 1088 del 12 dicembre del 1996 e dopo la conclusione della missione IFOR, realizzata per l'attuazione degli accordi di Dayton del novembre 1995 tra Serbia, Bosnia e Croazia, alla quale l'Italia partecipa con 1.624 militari; missione MSU


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(Multinational Specialized Unit), composto da 346 carabinieri, che opera in Bosnia per il mantenimento dell'ordine e della sicurezza pubblica; la missione IPTF (International Police Task Force) che opera a Brcko e coinvolge 35 paesi con 1.900 uomini alla quale l'Italia partecipa con 23 carabinieri.
Il provvedimento riguarda inoltre il MAPE, che opera in Albania con diciassette carabinieri, a seguito della delibera del Consiglio UEO del 2 maggio 1997, con compiti di addestramento e riorganizzazione delle forze di polizia albanese.
Vi sono, inoltre, le missioni di pace in Macedonia, Kosovo e Albania. A seguito della risoluzione del Consiglio di sicurezza ONU n. 1244 del 10 giugno 1999, finalizzata al controllo del rientro delle truppe serbe dal Kosovo, il Governo italiano con il decreto-legge n. 180 del 1999 ha autorizzato la partecipazione di un contingente italiano di 2.650 uomini in Kosovo ed in Macedonia. Il disegno di legge in esame autorizza fino al 30 giugno 2000 detto contingente a presidiare la stessa zona del Kosovo.
Per quanto riguarda le operazioni in Albania, in tale paese opera una forza multinazionale della NATO, cui l'Italia concorreva con un contingente di 2.500 uomini. Con il disegno di legge in esame il contingente italiano viene ridotto di numero e partecipa all'operazione, fino al 30 giugno 2000, con 1.340 unità.
Per quanto riguarda l'operazione a Hebron, definita TIPH2, con protocollo tra Israele e l'Autorità palestinese del 15 gennaio 1997, è stata autorizzata una forza multinazionale formata da Danimarca, Norvegia, Svezia, Svizzera e Turchia, che assembla poco più di cento osservatori per il controllo del territorio. Noi vi partecipiamo con 24 carabinieri.
Il comma 2 dell'articolo 2 autorizza, con decorrenza 11 agosto 1999 e fino al 30 giugno 2000, la partecipazione di personale del Ministero dell'interno alle operazioni in Kosovo e in Macedonia.
Il comma 3 proroga al 31 marzo 2000 la partecipazione di un contingente di 258 militari su 600 alla forza multinazionale Interfet a Timor Est. Detta forza venne costituita con risoluzione del Consiglio di sicurezza dell'ONU n. 1264 del 15 settembre 1999, a seguito della violenza sui civili ed agli attacchi alle missioni delle Nazioni Unite ed ha la finalità di ristabilire la pace, proteggere le missioni e portare aiuti umanitari nella zona.
Al comma 4 si prevede che dal 1o gennaio 2000 e per tutto il periodo della missione al personale impegnato venga corrisposta un'indennità di missione nella misura del 90 per cento del trattamento disciplinato dal regio decreto del 3 giugno 1926.
Il comma 5 dell'articolo 2 disciplina il trattamento giuridico e retributivo del personale impegnato nelle missioni. Esso prevede, con riferimento alle singole missioni, il trattamento economico ed assicurativo del personale impiegato, l'applicazione del codice militare di pace e la deroga alle disposizioni sul rilascio dei passaporti.
Il comma 6 autorizza il ministro della difesa a derogare alle norme sulla contabilità generale dello Stato in caso di necessità ed urgenza, a ricorrere ad acquisti e lavori da eseguire in economia, nel limite complessivo di 5 miliardi, anche in relazione all'acquisto di prefabbricati per uso abitativo per un contingente di carabinieri in Kosovo.
L'articolo 3 detta le disposizioni per la copertura finanziaria delle spese autorizzate. In totale, per quanto riguarda le missioni, si tratta di 491 miliardi e 932 milioni. A tale onere si provvede: quanto a 130 miliardi, attraverso la riduzione di accantonamenti di fondo speciale di parte corrente per l'anno 2000; quanto a 90 miliardi, mediante riduzione degli importi stabiliti per l'anno 2000 nella tabella C della legge 23 dicembre 1999, n. 488; quanto a 161 miliardi e 932 milioni, con l'utilizzo del fondo di riserva per le spese impreviste per l'anno 2000, ai sensi dell'articolo 1, comma 63, della legge 28 dicembre 1995, n. 549 e, quanto a 110 miliardi, mediante riduzione dell'autorizzazione di spesa relativa alla quota destinata allo Stato dell'8 per mille dell'IRPEF.


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Con il presente decreto-legge il Governo italiano prolunga al 30 giugno 2000 la partecipazione di contingenti militari a missioni di pace in Europa e fuori di essa. Complessivamente il provvedimento impegna in totale 8.187 uomini, ponendo così l'Italia ai primi posti tra i paesi che, su mandato di organismi internazionali, sono impegnati in missioni di pace fuori dai confini nazionali.
Si tratta di uno sforzo consistente, che il nostro paese sta facendo per assicurare il ritorno alla pace e alla democrazia in aree devastate dal predominio della barbarie sulla convivenza civile.
Per quanto esposto, auspico che l'Assemblea approvi con la più ampia maggioranza un provvedimento che per me è un atto dovuto.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

GIOVANNI RIVERA, Sottosegretario di Stato per la difesa. Il Governo si riserva di intervenire in sede di replica.

PRESIDENTE. Il primo iscritto a parlare è l'onorevole Tassone. Ne ha facoltà.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, sono grato ai colleghi relatori per lo sforzo compiuto. Di fronte a provvedimenti di questo tipo, mi rendo conto della necessità di incanalare il discorso e, soprattutto, il confronto in termini accettabili e sia il relatore per la III Commissione, sia il relatore per la IV Commissione, hanno tentato di fare ciò. Si tratta, infatti, di una materia estremamente delicata, anche se vi è stato uno sforzo incredibile per ridimensionare e ovattare il tutto e di far passare questo problema come un fatto tecnico, amministrativo o gestionale, come sempre avviene - ed è avvenuto anche in quest'aula - con provvedimenti di analoga natura.
Onorevole Gatto, non so cosa abbiano fatto, a questo riguardo, i colleghi del Polo. Lei ha fatto una polemica nei confronti del Polo che, però, mi è sembrata ingenerosa.

MARIO GATTO, Relatore per la IV Commissione. Ho parlato di qualche forza del Polo.

MARIO TASSONE. Ho definito ingenerosa la sua polemica perché mi sembra che ieri il Polo vi abbia dato un aiuto sostanziale - mi rivolgo a lei in quanto esponente della maggioranza - concedendo di votare quella brutta legge sul riordino dell'Arma dei carabinieri e delle forze di polizia. Per quanto mi riguarda, ho votato contro.
Ritengo che i colleghi del Polo abbiano compiuto il proprio dovere, anche se le gestioni delle opposizioni hanno confini labili, posti tra opposizione e realismo. Poi vi è sempre il pragmatismo che prevale sui contenuti, sugli ideali, sui valori e sulle grandi battaglie; le grandi battaglie, infine, sono piccole scaramucce che si esauriscono all'alba.
Signor Presidente, vorrei fare una valutazione con grande rispetto nei confronti dei colleghi del Governo e dei componenti delle Commissioni III e IV; vorrei, in ogni caso, rivolgermi soprattutto ai colleghi del Governo che sono, tra l'altro, miei amici: è possibile che ci troviamo ad affrontare questi temi e non ci sia, da parte del Governo, rispetto ad essi una considerazione e - oserei dire - una sensibilità diverse (chiedo scusa per la parola forte)? Possibile che non vi sia la sensibilità per avviare, cogliendo l'occasione, un dibattito sostanziale anche sul piano della politica estera, della difesa e della sicurezza? Discutiamo su un provvedimento del genere come se dovessimo semplicemente, su un piano amministrativo, prorogare le missioni a Timor Est o completare il programma di aiuti all'Albania, senza cercare di capire quale sia la situazione politica e in particolar modo dell'ordine pubblico.
Signor Presidente, onorevoli sottosegretari, è di ieri la drammatica vicenda dell'uccisione di due finanzieri: non è accaduta un anno fa! In questo paese, che pure dimentica tutto in gran fretta, non è possibile, a ventiquattr'ore di distanza, far finta di nulla ! Eppure, le prime indagini


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ci riportano alla situazione dei Balcani, ai contrabbandieri, al traffico di sigarette. Esse ci richiamano, dunque, anche al problema dell'ordine pubblico nei Balcani; infatti, le centrali per la produzione di sigarette di contrabbando sono in Macedonia e in Russia, con corridoi verso il nostro paese. Ma non si dice nulla!
In passato c'è stato un accordo tra il generale comandante della Guardia di finanza, Mosca Moschini, e la Philip Morris, produttrice di sigarette, per determinare un controllo sulla produzione. In una maxisequestro di sigarette il 90 per cento era sfuggito a questo tipo di controllo.
Il ministro Visco ha preannunciato provvedimenti in materia; anzi, ha detto che il Governo ha già presentato un disegno di legge e se la prende con il Parlamento. Signor Presidente, dobbiamo finirla di prendercela continuamente con il Parlamento! Questo Governo, infatti, quando vuole, ha gli strumenti per poter far approvare i disegni di legge.
Noi, che abbiamo fatto la riforma del procedimento legislativo - e ho avuto l'onore di esserne uno dei relatori -, sappiamo quali siano gli spazi ed i tempi riservati al Governo. Se l'onorevole Visco ritiene urgente questo provvedimento, ne acceleri l'iter visto che ha tutti gli strumenti ed i mezzi perché esso sia calendarizzato dalla Conferenza dei presidenti di gruppo. Ripeto, dobbiamo finirla con le scappatoie!
Signor Presidente, non c'è dubbio che occorre dire qualcosa di più sul trattato bilaterale in tema di ordine pubblico e di controllo del territorio tra l'Italia e l'Albania, trattato che è scaduto. Non si dà alcuna valutazione e non si esprime alcun giudizio sui risultati! Lo dico onestamente, senza alcun spirito polemico. Capisco che la giornata del venerdì deve essere dedicata alla discussione sulle linee generali dei provvedimenti, e poi chi se ne frega di quello che dicono i deputati (Commenti)!
Ovviamente noi non ce ne freghiamo di nessuno, ma ho presente la vicenda dell'altro giorno. Un collega, per esempio, ha fatto un intervento lo scorso novembre e di questo ci si ricorda, magari, dopo quattro mesi; ebbene, ciò dimostra una disattenzione dell'opinione pubblica nei confronti del Parlamento, ma anche una disattenzione dell'esecutivo nei confronti delle sollecitazioni che vengono fatte.
Ho chiesto per quale motivo non si sia colta quest'occasione per fare un discorso di carattere generale sullo stato dell'ordine pubblico, del trattato bilaterale qui richiamato, al fine di avere da parte del Governo una valutazione almeno sulle cose fatte, sulle spese erogate, sugli aiuti dati, nonché sull'addestramento che abbiamo impartito con riferimento al problema dell'ordine pubblico. Perché non cogliere quest'occasione per farlo? Dobbiamo convertire in legge questo decreto-legge a larga maggioranza, come ha detto il mio amico e collega Gatto? Certamente! Se mancherà qualche voto c'è il Polo pronto a supportare. C'è sempre il Polo a supportare!

GUALBERTO NICCOLINI. Questa volta no!

MARIO TASSONE. I Governi «cadono» nella mente di qualcuno, ma quando si tratta poi di far prevalere la ragione e alcune posizioni, allora il Polo è latitante, è altrove (Commenti). È così perché non è possibile passare la vicenda di ieri sotto silenzio! La vicenda di ieri è drammatica, ognuno si deve assumere le proprie responsabilità.
Ritengo che ci sarà un'ampia maggioranza. Onorevole Ranieri, qual è la situazione della politica estera nel nostro paese? Con questo provvedimento, vengono prorogati gli interventi previsti per Timor Est, come ha detto l'onorevole Gatto, ma quale rapporto abbiamo sul piano internazionale? Vi sono stati degli eccidi, vi è poi una situazione riguardante il generale Wiranto, di cui si parla continuamente - ne ha parlato Annan, quando è andato in Indonesia -, che è responsabile di grandi eccidi. Noi «andiamo» a Timor Est semplicemente perché mandiamo i nostri uomini in divisa che


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fanno il loro dovere, come sempre, del resto, senza però che vi sia alcun rapporto internazionale? L'Italia o anche gli Stati Uniti, nel momento in cui aderiscono ad un certo tipo di politica, devono capire se i diritti civili ed umani siano rispettati. Qual è, per esempio, la politica generale del Governo in Indonesia? Di questo però pare non si debba dire nulla: dobbiamo solo prorogare! E dopo le proroghe nessuno ci dice cosa sia stato fatto tre o quattro mesi prima, se l'uno o l'altro obiettivo sia stato raggiunto. Nessuno ci dice, per esempio, quale sia la situazione della politica estera e quali i risultati raggiunti in Albania (i non risultati sono alla nostra attenzione ogni giorno!), in Indonesia o su altri scacchieri. Di questo non ci si dice nulla! È un semplice fatto amministrativo: siccome si deve procedere alla proroga e allo stanziamento per legge, si tratta di un atto dovuto.
Quante volte, signor Presidente, abbiamo chiesto queste cose? Quante volte, parlando dell'Albania, abbiamo chiesto un dibattito ed un confronto approfonditi? Ma il Governo, anche in presenza di situazioni drammatiche, tace. Ovviamente, tengo conto della posizione dell'onorevole Rivera, che si è riservato di parlare, ma il problema non è solo quello del sottosegretario per la difesa o per gli affari esteri: c'è bisogno di una posizione organica, complessiva del Governo!
Signor Presidente, quanti miliardi di stanziamento sono previsti nel provvedimento al nostro esame?

MARIO GATTO, Relatore per la IV Commissione. Quattrocentosessantuno miliardi più 18.

MARIO TASSONE. Anche questa è una situazione anomala: ogni volta riduciamo uno stanziamento o ne limitiamo un altro! Quante volte abbiamo detto di creare un fondo a tal fine? Si prevedono poi 110 miliardi tramite l'8 per mille, immaginando un'operazione strana. Mi pare che ci sia un'anomalia anche sulla copertura!
Quali sono i progetti da realizzare? Quali sono gli interventi per le opere pubbliche da completare per i quali sono stanziati 18 miliardi?
Signor Presidente, onorevoli rappresentanti del Governo, è possibile che, dopo tutto quello che sta avvenendo nei Balcani, dopo la vicenda Arcobaleno, si dica semplicemente che questa erogazione di risorse per provvedimenti e progetti in corso debba avvenire al di fuori della contabilità generale dello Stato? Eccezionale! Il relatore Di Bisceglie ha spiegato la situazione in Commissione e gliene devo dare atto, ma egli non poteva fare altro che trincerarsi dietro un fatto tecnico, mentre qui c'è un fatto politico: è possibile che il Governo non abbia la sensibilità di dire una parola in più in ordine alla erogazione di fondi, soprattutto dopo quello che è accaduto nei mesi scorsi? Posso anche capire, signor Presidente, che forse non è successo nulla, dal momento che è accaduto con un Governo della sinistra e la sinistra è un'altra religione: la Chiesa cattolica dà dispense per le pene da scontare nell'aldilà, la sinistra per quelle che riguardano il contingente!
È mai possibile che le cose stiano così? Ho avanzato le mie richieste non con vis polemica, ma con grande correttezza, onorevole Ranieri. Di fronte alla gragnola degli emendamenti presentati dall'onorevole Rivolta e da altri sulla contabilità dello Stato - più precisamente, sulla deroga ai principi e alle norme generali -, in fondo io cosa avevo chiesto? Semplicemente che il Governo relazionasse sullo stato dell'arte, sui progetti, sulle ditte impegnate. Quali sono, per esempio, le ditte italiane che stanno occupando i Balcani (moltissime con grandi intendimenti, ma moltissime con scarsi intendimenti)? Invece non si dice niente! Perché? Ma perché questa supponenza e questa arroganza? Quando sedevo su quei banchi avevo una sensibilità se un collega mi diceva qualcosa. Qui non vi è nulla; deve passare la nottata o la giornata, tanto così vanno le cose, non si dice nulla!
Ritengo che dobbiamo mettere un po' di ordine. Verso i Balcani c'è la febbre


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dell'oro: grandi ditte e grandi speculatori; le grandi organizzazioni criminali fanno il traghettamento dall'una e dall'altra sponda e noi parliamo di sviluppo dell'ordine pubblico, di completamento delle strutture, delle risorse e di altri tipi di provvedimenti che riguardano quel territorio.
Ritengo che si sarebbe dovuto dire qualcosa in più. Cari colleghi delle Commissioni III e IV, si sarebbe dovuto dire qualcosa in più! Se volete, anch'io voterò a favore di questo provvedimento: perché dovrei dire di «no» alla proroga, agli aiuti, ma vi sembra una cosa giusta? Ad esempio, il ministro Dini - che molte volte sfugge anche ad un rapporto parlamentare perché quando si è molto in alto non si è neanche raggiungibili - che tipo di politica estera sta facendo?
Onorevole sottosegretario Ranieri, lei compare sulla stampa e fa il vice del ministro con grande intelligenza e capacità - glielo ho sempre riconosciuto, lei lo sa che ha la mia stima -, ma qual è la politica estera del Governo? È possibile, onorevole Rivera, che il Ministero della difesa faccia il supporto di politiche generali come se dovessimo dare le truppe per questi provvedimenti, come se fossimo un bancomat del Ministero della difesa, senza dare una giustificazione o una motivazione? Come vogliamo motivare gli uomini, che tipo di discorso potremo fare alle famiglie dei finanzieri uccisi ieri, qual è il contrasto alla criminalità? Questi aiuti, queste erogazioni hanno un ritorno serio sul territorio (Commenti del deputato Selva)? Allora, signor Presidente, ritengo che questi siano i problemi, le preoccupazioni e mi consenta di concludere con una proposta: non replicate oggi a questo dibattito, a questo minidibattito, perché il venerdì mattina non vi sono grandi fantasie, esaltazioni o grande partecipazione; non rispondete oggi neppure a quanto avete chiesto durante la seduta delle Commissioni riunite, non per far passare l'emendamento - perché non ce ne frega nulla - ma per capire la situazione reale. Non ce ne frega nulla dell'emendamento! Non ce ne frega nulla se la legge sarà approvata, ma ci interessa avere una parola di chiarezza ed uno sforzo per cui il Governo non possa non essere la controparte del Parlamento, né di un'opinione pubblica che è sensibile alle cose che avvengono all'interno del paese. La mia proposta è che si proceda alla replica lunedì o martedì, con l'aula più piena di deputati, con un discorso serio, non formale e non rituale. Questa è la sommessa proposta che avanzo.
Il sottosegretario Ranieri avrebbe potuto rinunciare alla presentazione degli emendamenti, se avesse detto, durante la seduta delle Commissioni riunite, che il Governo si impegnava a predisporre una relazione completa sulle ditte, sui lavori, sullo stato dell'arte e sui risultati raggiunti, perché la gente e il contribuente hanno il diritto di conoscere come sono spesi i soldi, quali sono i risultati raggiunti, se vi è un ritorno positivo. Ma il grande dramma che può diffondersi tra la gente - molte volte vi è il sospetto - è che i suoi sforzi finanziari possano servire alla criminalità organizzata, alle ruberie, ma anche ad armare gli assassini, direttamente o indirettamente, quelli che mietono vittime o che fanno scorrere sangue come è avvenuto ieri.
Credo che siano queste le preoccupazioni. Se è poca cosa, se tutto quello che abbiamo detto è un fatto tecnico-amministrativo, va bene, approvate pure la legge. La legge sarà approvata, ma rimarranno certamente i grandi problemi e i grandi interrogativi che noi, per dovere e per senso di responsabilità, abbiamo inteso sollevare e manifestare questa mattina (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Rivolta, il quale però non è presente...

GUALBERTO NICCOLINI. Dovrei intervenire io, Presidente.

PRESIDENTE. Onorevole Niccolini, ha facoltà di parlare, ma ciò non costituisce precedente.


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GUALBERTO NICCOLINI. Presidente, pensavo di essere iscritto a parlare, perché così mi avevano informato.

PRESIDENTE. No, iscritto a parlare è l'onorevole Rivolta.

GUALBERTO NICCOLINI. Mi hanno chiamato ieri sera a Trieste e sono tornato precipitosamente proprio per questo motivo.

DOMENICO GRAMAZIO. Solo per questo merita di parlare!

PRESIDENTE. Consideriamo che sia stato un equivoco degli uffici.

GUALBERTO NICCOLINI. Presidente, ero a Trieste per la visita del Capo dello Stato e sono rientrato in serata solo per questo motivo.

PRESIDENTE. Consideriamo iscritto a parlare l'onorevole Niccolini, anziché l'onorevole Rivolta.
Ha facoltà di parlare.

GUALBERTO NICCOLINI. La ringrazio, Presidente, provvederemo a richiamare gli uffici.
Vorrei innanzitutto precisare al collega che mi ha preceduto che questa volta, almeno per quel che riguarda Forza Italia (non posso parlare a nome di tutto il Polo), non ci sarà un aiuto alla maggioranza. Questa volta voteremo contro il provvedimento in esame. Le motivazioni sono molte e mi sembra che nei giorni scorsi le ragioni della nostra contrarietà siano state già evidenziate dai colleghi della III e della IV Commissione e le ribadiremo ancora in sede di dichiarazione di voto. Riteniamo, infatti, che atteggiamenti nei confronti di un argomento di questa importanza e portata debbano essere chiariti in un'aula più attenta e con un maggior numero di presenze.
Il primo motivo di diniego deriva dal modo in cui viene presentato il disegno di legge. Sono anni che ripetiamo che non sono accettabili provvedimenti in cui sono contenuti articoli che riguardano situazioni completamente diverse. Abbiamo disposizioni che parlano di una materia ed altre che hanno un oggetto diverso: un articolo riguarda il rapporto tra l'Italia e l'Albania, con tutto quello che ne consegue, un altro la partecipazione dei nostri militari in varie operazioni di pace nel mondo. Credo che entrambi questi argomenti abbiano dignità e il diritto di essere affrontati in un discorso a sé stante, che vada inquadrato dall'inizio alla fine e in cui vengano esposte tutte le ragioni tattiche e strategiche per le quali vengono prese certe misure.
In questo caso, invece, parliamo di due argomenti completamente diversi, che peraltro - come è stato osservato dal Comitato per la legislazione e dalla I Commissione permanente - non sarebbero neanche delle proroghe ma delle sanatorie. Aggiungo che nel leggere i pareri del Comitato per la legislazione e della I Commissione, sicuramente non dettati dall'opposizione né dalla minoranza, si è rafforzata in noi la convinzione che questo tipo di disegno di legge sia sbagliato. A dirlo sono due organi particolarmente ferrati in materia.
Per quanto riguarda l'Albania, credo che in Commissione nei giorni scorsi si sia discusso a lungo dei risultati finora ottenuti alla luce di quanto investito in quel paese. Si tratta di centinaia di miliardi, molti dei quali non sappiamo dove siano andati a finire e tra i quali ci dimentichiamo di inserire tutte le ruberie verificatesi, gli ospedali spariti, i container che non ci sono più: anche in questo caso parliamo di un valore di alcuni miliardi spariti completamente (non si sa se rivenduti da qualche altra parte o riciclati). Ancora oggi, quindi, non abbiamo esattamente contezza di quanto abbiamo speso, né di quanto ciò abbia fruttato in termini positivi o negativi, ossia quanti soldi siano andati alla mafia ed alla malavita.
Sarebbe allora il caso di fare prima o poi un po' di conti anche con il Governo albanese. D'accordo che vi è una diffusa malavita, che manca il senso dello Stato e


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che per un paese che esce da quel tipo di esperienza storica ci vorrà tempo prima di ricostruire una coscienza; tuttavia, vi sono rappresentanti istituzionali ed esponenti politici che, bene o male, dovrebbero essere leggermente al di sopra del resto della popolazione, che vive senza acqua corrente ed energia elettrica. Anche da tali soggetti non abbiamo avuto molta chiarezza e i patti sottoscritti non sono mai stati rispettati; anche loro avevano assunto impegni che non hanno saputo mantenere e fanno i conti molto fortemente con le loro mafie, qualunque origine esse abbiano. Continuiamo ad agire, quindi, almeno in parte, molto al buio.
Non credo che potremo continuare a buttare miliardi così, considerato che non ne abbiamo, che il nostro paese non ne ha. Infatti, vi sono 8.000 soldati in missione e dobbiamo pagarli nella misura del 90 per cento di quanto previsto; peraltro, anche se fosse il 100 per cento, sarebbe molto meno di quanto percepiscono i militari di altri paesi europei. Intacchiamo l'8 per mille dell'IRPEF e siamo arrivati al punto, signor sottosegretario - spero mi abbiano detto una bugia -, che i militari, quando sono a metà della missione e hanno il diritto di tornare in patria per un certo periodo, si pagano il biglietto aereo da soli. Spero sia una bugia, perché se fosse vero che devono pagarsi il biglietto per tornare a casa per il breve periodo di ferie di cui riescono ad usufruire durante la missione, sarebbe molto grave.
Di fronte a tali situazioni, facendo i conti senza l'oste, vendendo la pelle dell'orso prima di averla presa, continuando a voler essere il primo paese, che poi, però, non è in grado di pagare certe cose, non siamo capaci neanche di far rispettare i patti da chi stiamo aiutando: le coltivazioni di droga ci sono ancora, l'interscambio malavitoso dall'Albania all'Italia esiste ancora (ogni giorno succedono fatti che lo confermano). Non voglio dire che il DNA dell'albanese abbia una particolare composizione malavitosa, ma tragicamente, quotidianamente, i fatti dimostrano che la peggiore malavita presente in questo momento in Italia è proprio quella albanese, che ha superato quella cinese, quella serba (che non era buona) ed altre.
Piaccia o non piaccia, una connivenza o un controllo insufficiente da parte di quel Governo e di quelle autorità sussiste, ma noi continuiamo a dare soldi. Da una parte, vi è un obbligo morale di aiuto, sul quale siamo d'accordo tutti, anche noi; dall'altra, però, vi è l'obbligo morale verso noi stessi e verso il nostro paese di fare chiarezza su quanto stiamo facendo.
Stendiamo un velo pietoso sulla missione Arcobaleno; per amor del cielo, ne abbiamo già parlato e non siamo ancora riusciti ad ottenere risposte sulle responsabilità. Messa da parte tale vicenda, però, non possiamo dimenticare l'intero problema albanese, che non nasce oggi e che non finirà domani; infatti, è chiaro che con questo provvedimento non risolveremo il problema e fra sei mesi saremo di nuovo qui a discutere di altre proroghe e di altre sanatorie.
Non siamo d'accordo sull'uso di tali sistemi. Siamo d'accordo sulla missione dell'Italia in Adriatico; siamo d'accordo che l'Italia debba trascinare l'Europa nell'affrontare le questioni dell'Adriatico, che non riguardano solo l'Albania ma tutti i Balcani; senza, però, una strategia ben precisa e coinvolgente l'Europa, senza progetti ben precisi, utilizzando le risorse del Ministero della difesa per la politica estera, non si può andare avanti.
Su questo provvedimento, pertanto, caro collega Tassone - mi dispiace non sia più presente -, i deputati del gruppo di Forza Italia voteranno contro.

PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Calzavara, iscritto a parlare: s'intende che vi abbia rinunziato.
È iscritto a parlare l'onorevole Selva. Ne ha facoltà.

GUSTAVO SELVA. Signor Presidente, credo davvero che neanche il venerdì mattina, quando in aula siamo in pochi, si possa esaurire e liquidare nel modo burocratico al quale il Governo vorrebbe


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costringerci la discussione su un impegno che oserei definire di importanza capitale per comprendere come si svolga la politica estera italiana. Come hanno detto gli onorevoli Niccolini e Tassone, nel caso di specie non si tratta di prorogare, puramente e semplicemente, decreti-legge, leggi o provvedimenti sotto il titolo «disposizioni urgenti per prorogare gli interventi in favore dell'Albania (...)». Noi mortificheremmo coloro i quali sono impegnati, militari e civili, in queste missioni se il Parlamento non desse la dimostrazione di voler sapere quale sia l'atteggiamento della controparte, cioè, di quella Albania alla quale noi non possiamo continuare a destinare fondi senza sapere, finanziariamente e politicamente, quali siano stati i risultati ottenuti da questa nostra cooperazione. Non voglio ripetere quanto ha sostenuto molto bene l'onorevole Tassone, ma qui si tratta di «non risultati»!
Il relatore per la IV Commissione, onorevole Gatto, in una parentesi alla quale non ha potuto rinunciare, ha polemizzato con il governo Berisha. Egli dovrebbe invece polemizzare con l'attuale Governo, il quale è più che sospettato - credo sia assolutamente responsabile - anche di ciò che si verifica nei nostri confronti. Ho letto in un giornale che nel porto di Bar vi sono quattrocento italiani e albanesi che si dedicano assolutamente ed esclusivamente al trasporto di persone, attraverso quei famosi gommoni che portano in Italia esponenti della mafia, trafficanti di droga e di armi. Nonostante ciò, voi, onorevoli Ranieri e Rivera, avete il coraggio di venire qui burocraticamente a dire che, siccome vi è una piccola «pratica» da sbrigare, occorre stanziare ancora altri fondi, senza che voi abbiate la responsabilità e il coraggio civile di venirci a rendere conto di che cosa avete fatto fino a questo momento nei confronti dell'Albania e del Governo in carica (e non di quello di Berisha), affinché non dessero aiuto alle varie mafie e camorre e affinché venisse accertato che i soldi stanziati dagli italiani fossero serviti effettivamente per l'organizzazione di uno Stato che provvede, perlomeno, a mettere nel posto in cui dovrebbero stare coloro i quali trafficano e fanno violenze! Questo noi non ve lo consentiremo questa volta!
Sono lieto di essere presente alla seduta odierna; avevo pensato di far iscrivere nella discussione un altro deputato di Alleanza nazionale, ma ho sentito il dovere di intervenire personalmente perché non credo sia assolutamente accettabile che noi trattiamo tale provvedimento come una normale pratica burocratica.
Voi dovete dirci, rappresentanti del Governo, quale sia la politica dell'Italia nei confronti dell'Albania! Questa politica viene condotta attraverso un certo affarismo, italiano e albanese, ed io credo che la responsabilità del Governo sia quella di venire in Parlamento a dirci cifra per cifra, evento per evento, che cosa sia stato fatto perché, altrimenti, gli italiani - già fortemente rammaricati per quanto si è verificato con la missione Arcobaleno - finiranno con il condannare noi, Parlamento italiano, che non abbiamo nemmeno un Governo che si presenti davanti a questa assise per venirci a dire che cosa abbia fatto dei soldi e come impieghi gli uomini che, a rischio della propria vita, operano in quel paese.
Occorre dunque che si svolga questo grande dibattito - ed io me ne farò «portavoce» in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo - e non che questa «pratica» venga trattata in modo così burocratico e per di più in un venerdì mattina, vale a dire in un giorno in cui in questo Parlamento nessuno si occupa della questione, ma che venga posta al centro dell'attenzione politica per sapere che cosa sia, quale sia e da chi venga svolta la politica estera e la politica economica nei confronti dell'Albania (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza nazionale, di Forza Italia e del misto-CDU).

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Selva. Nel frattempo è sopraggiunto l'onorevole Calzavara che potrà intervenire nella discussione, eccezionalmente. È un diligente esponente della Commissione ed è sempre presente; questa volta facciamo un'eccezione


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per la diligenza che dimostra sempre e anche perché effettivamente prima era presente e si era assentato brevemente.
Ha facoltà di parlare.

FABIO CALZAVARA. La ringrazio, signor Presidente, ho fatto una corsa per poter riuscire ad esprimere un brevissimo parere per conto della Lega nord Padania.
Non mi dilungherò molto su questo provvedimento in quanto noi intendiamo illustrare la nostra contrarietà in aula. Sfrutteremo anche l'ultimo secondo per esprimere la nostra contrarietà a questo provvedimento che è assolutamente fuori luogo esaminare in quest'aula con pochi presenti e che determina e ha determinato gravissimi scandali e gravissime inconcludenze dei suoi propositi. Come al solito, è un provvedimento omnibus; ci sono parecchi argomenti slegati fra loro; non vediamo perché dobbiamo accomunare i paesi dei Balcani con Hebron o con Timor Est (sono provvedimenti completamente differenti e completamente slegati); non comprendiamo - e i fatti ci stanno dando ragione - perché si voglia insistere su una presenza e su un controllo solo da parte italiana. Infatti, gli aiuti e l'intervento non avrebbero dovuto essere principalmente dell'Italia, ma della Comunità europea, proprio per evitare distorsioni e problemi; man mano, con il trascorrere del tempo, quanto si è verificato ci ha dato ragione perché siamo sempre stati fortemente contrari a questo tipo di intervento. Parimenti, siamo sempre stati contrari a non controllare i risultati e a non impostare l'intervento sia militare che civile sulla base di risultati che non ci sono stati.
Solo per poter essere presenti sulle scene internazionali abbiamo dilapidato 750 miliardi o forse più in interventi che sono finiti, nella gran parte, in tasca ai mafiosi e purtroppo anche ai politici a loro collegati. Chi ha dato una mano in questo modo evidentemente ha degli interessi. Senz'altro ci sarà qualche interesse politico anche in Italia perché non è possibile che siano state dilapidate delle cifre consistenti e incredibili per l'affitto, per esempio (è uno dei più clamorosi), del terreno dove sono sorti i campi profughi. Non è possibile, tra l'altro, non considerare che man mano che si interviene nel paese delle aquile aumentano i problemi anziché diminuire. Cioè, più spendiamo risorse in uomini, in mezzi e in denaro e più i problemi aumentano, aumenta la corruzione, aumenta la mafia, aumentano i furti, si incrementa la coltivazione, la raffinazione e il transito della droga da quel paese verso il nostro e l'Europa. Soprattutto aumenta quell'increscioso mercato, vergognoso, che è chiamato nuovo schiavismo che riguarda persone che fanno comodo solo alla mafia per la prostituzione, per lo spaccio di droga e per il traffico di armi. Purtroppo, voi avete permesse questo ed è scandaloso che non ci siano stati provvedimenti sufficienti a cominciare dall'impostazione generale degli aiuti che sono doverosi (nessuno, nemmeno noi nella nostra posizione talora intransigente, ha mai detto che non andavano fatti, anzi sono doverosi per tanti versi), ma la cui impostazione ed i cui risultati sono veramente sconvolgenti e impongono una riflessione. Perciò chiederemo a questa Assemblea di respingerlo e di impostare il discorso su nuovi basi e con maggiore severità e serietà.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

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