Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 660 del 27/1/2000
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(Indagini relative alla missione Arcobaleno e istituzione dell'Agenzia per la protezione civile)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza Pisanu n. 2-02189 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 3).
L'onorevole Niccolini, cofirmatario dell'interpellanza, ha facoltà di illustrarla.

GUALBERTO NICCOLINI. Cercherò di dividere il tempo a mia disposizione, signor Presidente, tra l'illustrazione e la replica.
Partiamo da una affermazione ben precisa: la missione Arcobaleno rimane una grande missione italiana. Questo non lo mette in discussione nessuno. Purtroppo, però, c'è stato qualcuno che ha sporcato questa immagine e che ciò sia avvenuto è dimostrato dal fatto che è in corso un'inchiesta della magistratura, che già dall'allora ministro Jervolino fu istituita una commissione tecnica di esperti nell'ambito del Ministero e che - è notizia di ieri - anche l'attuale ministro dell'interno Bianco ha aperto un'inchiesta amministrativa.
Attorno a tutta questa vicenda per mesi vi è stata quasi un'omertà, vi è stato un rifiuto politico del Governo di capire che stava accadendo qualcosa. Quando, più volte, in quest'aula siamo venuti a segnalare questi problemi e, soprattutto, quando vi fu, tramite un filmato apparso in televisione, la denuncia di alcuni fatti gravi verificatisi nel campo di Valona, il Governo ha sostenuto ancora che non era vero niente, che si trattava di strumentalizzazioni, di un attacco contro la missione Arcobaleno, come se gli italiani che a quella missione avevano creduto ed avevano dato soldi, inviato volontari e manifestare grande generosità, volessero distruggere tutto questo. Quindi, ci fu una grande omertà e delle malefatte di qualcuno e dell'omertà che ha coperto tutto questo noi riteniamo che vi sia una responsabilità politica da chiarire. A meno che la difficoltà del Governo italiano di ammettere che qualcosa non aveva funzionato


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nel campo di Valona ed intorno alla missione Arcobaleno non avesse cause politiche diverse.
Vorrei infatti ricordare che, quando in Albania si determinò un grande scontro politico tra il centro-destra di Sali Berisha e il centro-sinistra allora di Fatos Nano, tutti dissero che dietro Berisha c'era la mafia, come se dietro Fatos Nano ci fossero gli angeli custodi. Dietro il candidato del centrodestra c'era una pericolosissima mafia, che andava sconfitta, dietro la sinistra albanese c'era, invece, il santo. Però noi sappiamo che non è così: abbiamo detto più volte che quello fu, da una parte, uno scontro politico ma anche, dall'altra, uno scontro di mafia. C'erano le mafie albanesi, greche, turche, iraniane; ce ne erano di tutti i colori e lo sapevamo, tant'è vero che i nostri servizi segreti più volte l'hanno segnalato. Poiché quel qualcuno che ha sporcato la missione Arcobaleno bene o male era in combutta con ambienti mafiosi albanesi e questi ambienti - qualcuno almeno - possono essere legati ad esponenti istituzionali del Governo albanese, non vorrei che si fosse coperto tutto questo per evitare di sporcare l'immagine di questo santo Governo albanese che, essendo di centro-sinistra, quindi un po' fratello del nostro, va coperto in qualche maniera.
Nessuno mette in dubbio le capacità tecniche del sottosegretario Barberi, però a questo punto vogliamo risalire alle responsabilità politiche di un controllo politico di tutto questo. Da quanto abbiamo capito, anzi da quanto ci hanno spiegato i cultori del diritto, la protezione civile rientra sotto la cappa della Presidenza del Consiglio, la quale delega il Ministero dell'interno; quest'ultimo, violando un principio che mi sembra di diritto latino, delegatus non potest delegare, delega a sua volta il sottosegretario ad hoc, il quale non risiede al Ministero dell'interno ma ha una sede a parte. Ci chiediamo dunque se questo sottosegretario ad hoc risponda direttamente alla Presidenza del Consiglio o su delega risponda al ministro dell'interno, che a sua volta risponde alla Presidenza del Consiglio.
A questo punto abbiamo capito che Barberi non è responsabile, tanto è vero che ottiene una grossa nomina, anche se questa nomina ci preoccupa. In proposito vorrei brevemente citare una frase di un libro, recentemente uscito, del filosofo Ciro Sbailò, il quale si pone una domanda che in fondo è alla base della nostra interpellanza: «Nelle democrazie occidentali vincerà il principio di responsabilità o il principio di competenza? Ovvero, decide chi rischia di più o semplicemente chi ne sa di più? Perché se il principio di competenza vince su quello della responsabilità, non la democrazia, ma la politica stessa è morta. Questa verità, da Platone in poi, appartiene alla consapevolezza della civiltà europea. Se a decidere saranno i tecnici, se vince il principio di competenza contro quello di responsabilità, allora siamo consegnati all'arbitrio». Poiché noi riteniamo che forse non possiamo ancora evitare di essere consegnati all'arbitrio, al di là di un sollecito che faremo anche in Parlamento per l'istituzione di una Commissione d'inchiesta parlamentare che vada a completare l'inchiesta oggi in corso, vorremmo sapere dal Governo se vi sia una responsabilità politica e a chi farla ricadere: solo sull'ex ministro Jervolino, l'unica persona che comunque non è più nel Governo, che in qualche modo potrebbe aver pagato questa sua responsabilità? In tal senso chiediamo chiarezza al Governo.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri ha facoltà di rispondere.

ELENA MONTECCHI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Rispondendo agli onorevoli Pisanu, Niccolini, Previti ed altri, ribadirò le informazioni già ampiamente fornite ieri alla Camera dei deputati dal ministro dell'interno Enzo Bianco.
Preliminarmente, è opportuno precisare che sotto la denominazione comune di missione Arcobaleno hanno operato con ben distinte responsabilità diverse strutture: il Ministero dell'interno, dipartimento


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della protezione civile, altre istituzioni pubbliche tra cui l'esercito italiano, i vigili del fuoco, la guardia forestale, la Croce rossa italiana e, sotto la responsabilità del commissario delegato, professor Marco Vitale, la gestione fondi privati. La missione Arcobaleno, gestione fondi privati, ha gestito gli oltre 132 miliardi raccolti grazie al contributo diretto, spontaneo dei cittadini italiani. I fondi raccolti non sono mai stati utilizzati né nella gestione dei campi in Albania né nella raccolta e nell'acquisto dei beni contenuti nei container che facevano capo alla protezione civile.
È necessario altresì ricordare, a proposito dei principi della responsabilità politica e della trasparenza, che il Governo, nelle persone del ministro dell'interno, onorevole Rosa Jervolino Russo, e del sottosegretario Barberi, ha riferito cinque volte davanti alle Assemblee parlamentari (tre volte alla Camera dei deputati e due al Senato) sulla missione Arcobaleno e sulle polemiche che sono seguite. Ciò è avvenuto in varie fasi. Inoltre, è stata fornita risposta scritta a quattordici interrogazioni presso le due Camere.
Tutto questo sta a testimoniare la ferma e convinta volontà manifestata in ogni momento dal ministro Jervolino Russo e dal Governo di offrire al Parlamento e al paese ogni utile elemento conoscitivo in suo possesso, al fine di chiarire, nella maniera più completa possibile, le vicende oggetto di attenzione. Naturalmente, oltre a fornire tutte le informazioni richieste al Governo, quest'ultimo ha legittimamente risposto alle polemiche ritenute gratuite.
In ordine alle indagini avviate dalla magistratura sulla missione Arcobaleno, si fa presente che il Governo italiano, appena emerse le prime indicazioni relative a possibili comportamenti illeciti, o comunque amministrativamente scorretti, nella gestione del campo di Valona, da un lato, attraverso le sue strutture (in primo luogo la protezione civile), ha prestato ogni possibile collaborazione alla magistratura inquirente; dall'altro, com'è noto, ha attivato una prima commissione d'inchiesta indipendente di natura amministrativa, promossa dal ministro dell'interno, le cui conclusioni, appena pronte, saranno trasmesse al Parlamento.
Il segretariato generale della Presidenza del Consiglio, d'intesa con il Ministero dell'interno e con il dipartimento della protezione civile, ha avuto notizia, il 12 gennaio, del coinvolgimento nelle indagini di quattro dipendenti del dipartimento e ha disposto, il 14 gennaio, il loro trasferimento con finalità cautelari presso uffici del segretariato generale. Allorché si è avuta comunicazione formale dalla procura della Repubblica di Bari dell'apertura del procedimento penale e dell'adozione dei connessi provvedimenti cautelari, si è dato immediatamente avvio ai conseguenti procedimenti di natura disciplinare.
Sulla linea di un'azione di ricostruzione retrospettiva, già autonomamente avviata dalla protezione civile, il segretariato generale, d'intesa con il ministro dell'interno, ha promosso l'istituzione di una specifica commissione d'inchiesta amministrativa, alla quale è stato affidato il compito di riesaminare analiticamente il ruolo che i quattro indagati hanno avuto in tutte le operazioni svolte presso la protezione civile, a partire dal 1996. La commissione deve concludere i propri lavori entro la fine del mese prossimo.
Complessivamente, sul piano amministrativo, riteniamo di poter affermare che le iniziative in corso appaiono adeguate a consentire di chiarire in modo inequivocabile ed in tempi ragionevolmente rapidi quali siano stati l'ambito, la natura e gli effetti dell'azione dei soggetti indagati dalla magistratura, nonché le eventuali connessioni, dirette o indirette, con altre componenti del dipartimento della protezione civile.
Per quanto riguarda i lavori della commissione istituita dal ministro Jervolino Russo, composta da eminenti giuristi e presieduta da Federico Zucconi Galli Fonseca, si fa presente che essi sono in fase di conclusione.


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Per quanto concerne l'istituzione dell'agenzia per la protezione civile, preciso che la stessa nasce e si inserisce nel processo di riforma dello Stato avviato nel 1997. Infatti, a seguito del decreto legislativo n. 112 del 1998, che riconosce istituzionalmente a regioni ed enti locali ruoli e funzioni che negli ultimi anni erano stati attribuiti loro per autonoma decisione del Governo, e a seguito della riforma dell'organizzazione del Governo stesso (faccio riferimento al decreto legislativo n. 300 del 1999), è stata costituita l'agenzia per la protezione civile come nuova struttura destinata ad ereditare le residue responsabilità statali di protezione civile, in materia di previsione e prevenzione dei rischi e di coordinamento in caso di emergenza, stabilendone addirittura l'anticipata attivazione rispetto al complesso della riforma, contemplata dal decreto legislativo n. 300, che viene rinviata alla prossima legislatura.
D'altronde, se vi è un campo nel quale, per la sua particolarità, è necessario disporre di strumenti, anche organizzativi, moderni e flessibili alle varie evenienze è proprio quello della protezione civile.
Dal punto di vista organizzativo, il decreto legislativo n. 300 ha previsto otto mesi di tempo per la costituzione dell'agenzia per la protezione civile; in questo lasso di tempo devono essere designati gli organi direttivi dell'agenzia (il direttore, il comitato direttivo, il collegio dei revisori), che devono elaborare gli atti organizzativi regolamentari costitutivi della struttura.
Al momento attuale, il percorso è a questo punto: il Consiglio dei ministri ha designato il professor Franco Barberi direttore dell'agenzia nella seduta del 19 novembre 1999. La Conferenza unificata ha designato lo scorso 20 gennaio il proprio rappresentante nel comitato direttivo, che verrà quanto prima nominato dal Consiglio dei ministri. Conseguentemente, avverrà l'elaborazione degli atti successivi.
È bene sottolineare anche che stiamo procedendo nei tempi stabiliti.
Per quanto riguarda la questione della doppia funzione attualmente svolta dal sottosegretario Barberi in qualità di direttore designato, è opportuno sottolineare che l'incompatibilità tra le due attribuzioni scatta, in ultima istanza, al momento del perfezionamento degli atti costitutivi dell'agenzia che ho ricordato e che è comunque imminente. Successivamente, la delega, attualmente a lui attribuita, per le responsabilità politiche che resteranno in capo al ministro dell'interno verrà assegnata ad un altro sottosegretario di Stato per l'interno.
Il professor Barberi, su delega del ministro dell'interno, ha assunto la responsabilità politica della gestione della protezione civile in ragione delle sue comprovate e universalmente riconosciute competenze, anche scientifiche, nel campo della prevenzione e della gestione delle calamità naturali.
Sono queste le ragioni, che rimangono perfettamente valide ed attuali, che hanno condotto il Consiglio dei ministri - la sede della responsabilità politica in questo caso - a nominare il professor Barberi direttore della costituenda Agenzia per la protezione civile. Proprio perché l'iter costitutivo della nuova agenzia era ancora aperto durante la crisi di Governo ed è tuttora aperto, il professor Barberi fu confermato nell'incarico di sottosegretario nel nuovo Governo con delega alla protezione civile. È bene dunque che, sulla base di queste argomentazioni suffragate da fatti, sgombriamo almeno il campo da questo tipo di polemiche.
L'agenzia dovrà costituire la nuova struttura nel cui ambito affrontare e risolvere i problemi gestionali ed operativi emersi nell'esperienza di questi anni (qui, dunque, risiede il tema della responsabilità di carattere tecnico).
Onorevole Niccolini, lei ha fatto riferimento ad un tema complesso nel dibattito sulle democrazie moderne. Non mi pare qui appropriato questo riferimento.
La nomina del professor Barberi alla guida della nuova agenzia è un elemento di garanzia professionale che il Governo intende confermare. Non vi è dubbio che l'ampliamento e la complessità dei compiti della protezione civile hanno posto in


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evidenza in questi anni la necessità di dotare il paese di uno strumento di intervento allo stesso tempo più agile e trasparente. È questa, infatti, la chiave di lettura per comprendere appieno le funzioni della costituenda agenzia.
In ordine ai fatti criminosi verificatisi nel campo di Valona, si precisa che la delicata realtà valonese era ben nota a tutti. Le pressioni del Governo di Tirana ci hanno posto di fronte al seguente tema: il concreto rischio che gli oltre 5 mila profughi, che già si trovavano in quell'area, potessero fornire spunto per una recrudescenza dell'attività degli scafisti. È un tema, dunque, non solo di carattere umano legato alla realtà albanese, ma anche di interesse nazionale per il nostro paese. Informative di polizia, infatti, segnalavano la presenza nell'area di Kukes di trasportatori provenienti da Valona che si offrivano a caro prezzo per assicurare il transito nella cittadina albanese ed il successivo passaggio in territorio italiano (stiamo parlando di alcune tragedie che vengono sempre guardate in maniera drammatica dai cittadini italiani attraverso i mezzi di comunicazione).
Il sottosegretario Barberi informò della situazione il ministro Jervolino Russo, sottolineando sia le ragioni obiettive a supporto della richiesta albanese sia le difficoltà - peraltro note - di operare nell'area di Valona. Il ministro Jervolino Russo consultò il capo della polizia ed il Governo e, al termine di una approfondita e dettagliata valutazione, si dispose la realizzazione del centro.
Il Governo ha già riferito diffusamente in Parlamento sull'assalto verificatosi il 10 luglio 1999. È bene sottolineare che, rispetto a quanto già abbiamo comunicato, non disponiamo al momento di alcun elemento nuovo. Nell'assalto, le forze dell'ordine albanesi hanno tenuto comportamenti diversificati tanto che la magistratura albanese ha posto sotto inchiesta alcuni componenti della locale polizia accusati di non avere impedito - come era loro dovere - il saccheggio ma, anzi, di avervi preso parte.
Tra le ipotesi formulate dalla magistratura inquirente e attualmente in esame figura anche quella secondo la quale possa essere stato favorito con l'intento di occultare eventuali ammanchi nelle scorte. In ordine al presunto discredito che avrebbe offuscato il prestigio dell'Italia in ambito internazionale, osserviamo che il nostro paese ha accolto l'appello che è stato lanciato alla comunità internazionale dalla stessa Repubblica albanese dalle Nazioni Unite, dall'ufficio dell'Alto commissariato per i rifugiati.
Il Governo decise l'avvio di una operazione umanitaria denominata missione Arcobaleno che anche l'onorevole Niccolini ha ricordato essere una grande esperienza. È una missione in grado di offrire assistenza e rifugio a migliaia di profughi kosovari giunti in Albania.
Dopo una prima missione esplorativa in territorio albanese guidata dal ministro Jervolino, il Governo fissò, come obiettivo della missione, l'assistenza a 25 mila profughi.
Immediatamente, l'apparato della protezione civile attivò e realizzò in tempi brevissimi, unanimemente riconosciuti, centri di accoglienza di livello qualitativo elevato, come attestato dalla stampa straniera e dalla stampa italiana.
Con l'aggravarsi dell'emergenza, l'obiettivo iniziale fu superato e nel momento di massima operatività la missione prestò assistenza diretta e indiretta a circa 60 mila profughi, conservando sempre quegli standard di efficienza e di calore umano che risultarono molto elevati in raffronto alle realizzazioni di altri paesi o di organismi internazionali nel difficile contesto albanese.
È opportuno sottolineare che questi dati di fatto, cioè i risultati conseguiti, restano intatti in tutto il loro valore. La missione ha raggiunto e superato gli obiettivi per i quali era nata dando prova, grazie anche al grande impegno degli italiani, di efficacia, di efficacia operativa, di tempestività e di qualificazione professionale.
Questi giudizi sono stati espressi dalla comunità internazionale, ampiamente e


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dettagliatamente informata di ciò che accadeva grazie alla capillare presenza dei mass media di ogni provenienza. Il merito di questo va attribuito al complessivo sistema della protezione civile e, in particolare, alle organizzazioni di volontariato che hanno offerto il contributo più consistente in termini di risorse umane (cito, a solo titolo di esempio, i cinquemila avvicendamenti avvenuti) e di elevata qualificazione tecnico-operativa.
Anche per queste ragioni, per le ragioni anche qui invocate, di grande trasparenza, noi dobbiamo questa trasparenza a quei volontari, la dobbiamo naturalmente al Parlamento - l'ho già ampiamente detto - e a tutti i cittadini italiani.
Le recenti vicende non intaccano gli obiettivi e i risultati della missione Arcobaleno che non ha fallito né nel perseguimento degli scopi, né nei metodi, né nell'organizzazione.
I fatti sui quali sono oggi in corso le indagini configurano ipotesi di gravi responsabilità personali che, se accertate, verranno perseguite anche dall'amministrazione con la massima durezza e con l'assoluto rigore già esplicitati in queste fasi come è stato riconosciuto anche dalla magistratura.

PRESIDENTE. L'onorevole Niccolini ha facoltà di replicare.

GUALBERTO NICCOLINI. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario. Non è la prima volta che parliamo di questa vicenda qui, in questo Parlamento, come ha ricordato anche il sottosegretario, però ogni volta il Governo è venuto qui a ripeterci tutte cose che già sapevamo perché, chiaramente, i giornali sono ampiamente documentati sull'argomento ed è logico che, se se ne parla, si continuano a ripetere le stesse cose.
In questo caso, non avevamo sollevato un problema di incompatibilità per il sottosegretario Barberi in riferimento alla nomina a direttore dell'agenzia per la protezione civile. Non era questo il problema. Poteva essere una questione di opportunità e non di incompatibilità nel momento in cui era ancora un responsabile politico (poi sarà un responsabile tecnico e avrà altri incarichi e responsabilità).
Noi stiamo cercando di capire la responsabilità politica dell'operazione che è andata bene da una parte, ma male dall'altra. Ad esempio, ci chiediamo come mai nessun responsabile politico si sia accorto che i costi per assistito a Valona ammontavano mediamente sui 700 dollari, mentre iniziative analoghe di altri paesi europei registravano un costo per assistito pari a 70 dollari. Probabilmente, offrivamo un'assistenza migliore, non dico di no, ma un costo superiore di dieci volte mi sembra dovrebbe balzare agli occhi: qualcuno avrebbe dovuto «dare un'occhiata».
Abbiamo ricevuto alcuni dati dal Ministero, dai quali risulta che abbiamo messo a disposizione un medico ogni venticinque assistiti: è un'assistenza meravigliosa; i medici della nostre ASL hanno duecento, cinquecento, mille assistiti mentre in quel caso c'era un medico ogni venticinque assistiti, praticamente un medico personale. Credo che questi piccoli esempi dimostrino che vi era un po' di allegra amministrazione, del tipo: siamo tanto buoni, siamo tanto ricchi, è giusto offrire tanto. Ritengo quindi che ci volesse una maggiore responsabilità politica.
Concludo ricordando ciò che ha scritto L'Osservatore Romano due giorni fa: «Sul tormentato quadro politico italiano, grava lo scandalo della missione Arcobaleno e torna, come una cappa di piombo, la pesantezza della questione morale, che è questione politica. Potrebbe sembrare un'espressione fuori moda, ma la questione morale si ripropone in tutto il suo pregnante significato, proprio in giorni come questi, nei quali è triste dover constatare come neppure un'operazione umanitaria sia stata caratterizzata da limpidezza ed onestà. La questione morale è dunque una questione politica, che non può essere messa ai margini della politica come se niente fosse accaduto e come se nulla inquietasse l'opinione pubblica.


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Quindi il Governo non può continuare a cantare vittoria per questa splendida missione e non prendere atto che questa splendida missione, per pochi servitori infedeli dello Stato, è stata inquinata».
Ecco perché non possiamo ritenerci soddisfatti della risposta, che il gentile sottosegretario ha voluto fornirci.

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