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PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza Paissan n. 2-02146 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 3).
PIER PAOLO CENTO. Signor Presidente, con questa interpellanza richiamiamo con forza l'attenzione del Governo - in particolare del Ministero della giustizia - sulla situazione dei penitenziari e, in particolare, delle due carceri romane che svolgono una funzione importante nell'ambito dell'amministrazione penitenziaria: mi riferisco a Regina Coeli e a Rebibbia.
iniziative il Ministero stia predisponendo per accertare se, al di là delle responsabilità penali, vi siano negligenze, omissioni e colpe di chi ha il compito di garantire sia la sicurezza sanitaria all'interno dei penitenziari sia la effettiva uscita dal carcere dei detenuti una volta scaduti i termini o vi sia stato ordine da parte della magistratura di sorveglianza: mi riferisco al caso del fotografo Ciuffreda, morto in carcere nonostante dovesse essere messo in libertà da almeno 48 ore.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la giustizia ha facoltà di rispondere.
FRANCO CORLEONE, Sottosegretario di Stato per la giustizia. L'interpellanza
degli onorevoli Paissan e Cento, illustrata da quest'ultimo, tocca un nervo scoperto della situazione carceraria italiana.
GIULIO CONTI. Sono però molto aumentati i reati!
FRANCO CORLEONE, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Ciò dimostra, forse, che il sistema delle misure alternative è ormai saturo e che altri sono gli strumenti - come dirò da qui a poco - per realizzare un'effettiva riduzione della popolazione detenuta.
alla riforma penitenziaria, in particolare la legge Gozzini e - come ho ricordato - più recentemente la legge Simeone, ed alle innovazioni derivanti dalla legislazione europea, introducendo disposizioni dirette a migliorare in maniera rilevante ed effettiva gli standard di vivibilità degli istituti penitenziari. Il nuovo regolamento, infatti, introduce nuove misure e previsioni per quanto riguarda il lavoro, lo studio, la condizione degli stranieri in carcere, i servizi igienici e, in via sperimentale, la possibilità di quella che è stata chiamata la vivibilità nel carcere, cioè l'incontro con la famiglia. E ancora: dal 1o gennaio 2000 la competenza esclusiva della prevenzione e della cura dei tossicodipendenti in carcere è passata al servizio sanitario nazionale. Ritengo che questa sia una vera e propria sfida perché si tratta di affrontare da parte dei SERT e delle ASL un compito imponente: migliorare la qualità dell'assistenza dei cittadini detenuti.
ampio di sanzioni - dico sanzioni, non misure - alternative alla detenzione, anche di natura riparatoria e risarcitoria nei confronti della vittima del reato, facendo della sanzione carceraria un'extrema ratio; se non si affronterà con coraggio e determinazione, senza pregiudizi di natura ideologica, il sistema penale in materia di stupefacenti, escludendo risposte inutilmente repressive nei confronti della tossicodipendenza e rafforzando, invece, gli strumenti di cura e riabilitazione; se non si...
GIULIO CONTI. Sono quasi tutti spacciatori i carcerati tossici!
FRANCO CORLEONE, Sottosegretario di Stato per la giustizia. ...farà tutto questo, i problemi di cui parliamo oggi troveranno difficilmente possibilità di soluzione. Avremo sempre nelle carceri cifre imponenti di detenuti, di tossicodipendenti, di malati, non solo di AIDS. Al riguardo, va detto che il Parlamento ha approvato all'unanimità la legge che sancisce l'incompatibilità con il carcere dei malati di AIDS; nel carcere, però, vi sono altre malattie gravi, come la TBC e l'epatite C, nonché i disturbi psichici e psichiatrici, che interessano migliaia di detenuti.
PRESIDENTE. L'onorevole Cento, cofirmatario dell'interpellanza, ha facoltà di replicare.
PIER PAOLO CENTO. Ringrazio il sottosegretario Corleone per la precisione della sua risposta alla nostra interpellanza e per la capacità di individuare, al di là dei singoli temi, un progetto riformatore in parte iniziato e in parte da proseguire per il nostro sistema penitenziario.
L'onorevole Cento, cofirmatario dell'interpellanza, ha facoltà di illustrarla.
In queste ultime settimane, sia alla Camera sia al Senato, sono state presentate interrogazioni e interpellanze su specifici episodi, di cui hanno parlato anche i maggiori organi di informazione, relativi alle morti di almeno tre detenuti (due avvenute a Regina Coeli e una nel reparto femminile di Rebibbia) le cui modalità non sono state ancora chiarite e sulle quali pende un'indagine della magistratura volta ad accertare eventuali responsabilità di appartenenti all'amministrazione penitenziaria.
Auspico che il sottosegretario Corleone ci dia notizia, per quanto non coperto dal segreto di indagine, di come stiano procedendo le indagini della magistratura su questi episodi che rappresentano la punta di un iceberg e che si ripetono troppo spesso nel carcere, una volta definito modello, di Rebibbia ed in quello, mai definito modello, di Regina Coeli (sul quale, tuttavia, l'amministrazione penitenziaria ha investito, negli ultimi anni, decine di miliardi al fine di migliorarlo).
Oltre allo stato delle indagini della magistratura, ci interessa capire quali
Vi è pertanto un problema che riguarda le direttive dell'amministrazione penitenziaria, oltre a quello di predisporre per tempo interventi di prevenzione, affinché episodi di questo genere non si ripetano più.
Sappiamo che è stato presentato il nuovo regolamento penitenziario e che da parte del Ministero vi è un'intensa attività di impulso nei confronti del Parlamento dal punto di vista legislativo, ma il nostro sistema carcerario rimane sovraffollato, metà della popolazione carceraria è composta da tossicodipendenti, le condizioni sanitarie sono pessime e si registrano morti anche all'interno di carceri modello. Vi è altresì un problema di qualità e quantità delle pene.
Vi è quindi la necessità di capire se il Governo D'Alema intenda assolvere uno degli impegni assunti al momento del suo primo insediamento: mi riferisco all'impegno di portare a termine l'importante riforma dell'abolizione della pena dell'ergastolo con una proposta di legge già approvata dal Senato e attualmente ferma, non se ne comprende il motivo, presso la Commissione giustizia della Camera. Ci chiediamo se vi sia, da parte del Ministero della giustizia, un segnale per una nuova attenzione sulla situazione delle carceri, sulle pene e sul modo in cui esse vengono espiate.
Il mio giudizio è, ahimè, di insufficienza, anche sulla direzione dell'amministrazione penitenziaria. Il dottor Caselli si è insediato da poco e quindi non gli si possono addebitare colpe, perché il suo insediamento è ancora troppo ravvicinato; però qualcosa non ci convince, anzi ci fa affermare che oggi nelle carceri si sta peggio di qualche anno fa. E allora lanciamo con forza un allarme. Lo lanciamo anche perché abbiamo colto un'importante attenzione del ministro Diliberto ai problemi della polizia penitenziaria, ma anche una diminuita attenzione dello stesso ministro, rispetto anche ai suoi predecessori, nei confronti di tutto il comparto dell'ausilio sociale e psicologico che, all'interno delle carceri, svolge invece una funzione di importanza pari a quella della polizia penitenziaria, che ovviamente non va messa in secondo piano, non va dimenticata.
Sappiamo quanto siano migliorate le condizioni di lavoro e la qualità del personale di polizia penitenziaria. Però, registriamo, anche da parte del ministro Diliberto, un forse eccessivo spostamento di attenzione verso questo problema, senza guardare ai problemi del carcere dall'ottica del soggetto più debole, che certamente continua ad essere il detenuto, con la sua costrizione, con la sua incapacità di utilizzare, come prevede la Costituzione, il periodo della giusta detenzione per reati commessi come occasione di reinserimento, di ricollocazione sociale e lavorativa all'interno di un sistema civile basato sull'accettazione delle regole di convivenza.
Manifestiamo una forte preoccupazione, che ci auguriamo trovi da parte del Governo e del Ministero competente un'adeguata risposta, sia in termini di impulso legislativo ad alcune normative, come l'abolizione dell'ergastolo, sia in termini di intervento sulla qualità della vita dei detenuti, sia anche in termini di accertamento delle responsabilità di episodi gravi, come i tre decessi all'interno delle carceri romane, che sono balzati agli onori della cronaca nelle ultime settimane.
Comincio da alcuni dati che ci aiutano a capire più di molte parole. La popolazione carceraria, alla data del 30 novembre 1999, è arrivata alla cifra record di 53.389 detenuti, di fronte ad una capienza massima complessiva non superiore a 42.734 unità. Tutto questo nonostante siano state concesse, nei primi otto mesi dell'anno 1999, 6.999 detenzioni domiciliari, 22.030 affidamenti in prova al servizio sociale e 2.916 semilibertà.
Va anche ricordato che questo aumento della popolazione detenuta da 49 mila a oltre 53 mila unità è avvenuto negli ultimi mesi.
Purtroppo, quindi, il trend di crescita della detenzione si va stabilizzando su valori assai elevati, con improvvise impennate spesso legate alla enfatizzazione di singoli episodi criminali e all'allarme che ne consegue.
Il problema del sovraffollamento delle carceri è un problema drammatico, in quanto non solo incide in senso negativo sulle condizioni generali di vita dei detenuti, ma perché pregiudica di fatto un efficace e concreto intervento a livello trattamentale e rieducativo nel settore del lavoro penitenziario e nell'assistenza sanitaria. Le condizioni di lavoro di tutti gli operatori nelle carceri diventano più difficili, nettamente più difficili, se non impossibili in certi istituti.
L'entrata in vigore del nuovo articolo 656 del codice di procedura penale, introdotto con la legge n. 165, la famosa legge Simeone, non ha avuto l'auspicato o temuto effetto deflattivo sul sovraffollamento degli istituti penitenziari. Nessuno di noi - o comunque parlo per me - considerava fondato l'allarmismo che anche in questa occasione ha creato l'idea di uno svuotamento delle carceri, tant'è che i detenuti in questi mesi sono aumentati di 5.000 unità. Non si è nemmeno verificata quella moderata riduzione degli ingressi, che pure era ragionevole attendersi.
Lo sforzo per contenere le conseguenze negative della difficile situazione è massimo. L'amministrazione penitenziaria provvede periodicamente a disporre, per quanto possibile, il trasferimento della popolazione detenuta dagli istituti più affollati a quelli meno affollati, cercando di ottenere così il minor tasso possibile di sovraffollamento negli istituti penitenziari al fine di assicurare le condizioni minime di vivibilità all'interno delle diverse strutture, con particolare riguardo a quelle metropolitane. Questo provvedimento crea altre difficoltà per i detenuti trasferiti e per le condizioni di vita negli istituti che vedono periodicamente affluire detenuti da altri istituti.
Spero che si possa conseguire un miglioramento della condizione carceraria a seguito dell'applicazione dell'ampia depenalizzazione introdotta nell'ordinamento dal decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 307, ed anche con l'attuazione della legge 24 novembre 1998, n. 648, che, nel prevedere la competenza penale del giudice di pace, ha dettato, all'articolo 16 relativo all'introduzione per i reati minori di sanzioni diverse da quella detentiva, uno specifico criterio di delega.
Sempre nell'ottica di interventi mirati a migliorare la vivibilità nel carcere, il Ministero ha elaborato un testo di riforma del regolamento di esecuzione dell'ordinamento penitenziario, interamente sostitutivo di quello del 1976, che dovrebbe essere al più presto approvato dal Consiglio dei ministri, dopo il parere del Consiglio superiore della magistratura e del Consiglio di Stato.
Il nuovo regolamento adegua la disciplina di rango secondario alle innovazioni legislative intervenute negli anni successivi
Noi abbiamo conosciuto (l'interpellanza fa riferimento proprio alla qualità dell'assistenza nelle carceri italiane) vicende tragiche, difficili, dolorose che ci auguriamo non debbano ripetersi. Questa responsabilità del servizio sanitario nazionale riguarda il nucleo più debole della detenzione, perché parliamo di ben 15-16 mila tossicodipendenti, un terzo dei detenuti, i più bisognosi di un'assistenza efficace. Mi auguro che questa riforma non sia solo un trasferimento di competenze, ma si sostanzi in una responsabilità maggiore.
Quanto ai decessi dei detenuti evocati dall'onorevole Cento, debbo dire che, purtroppo, questo fenomeno continua a funestare le cronache quasi quotidianamente. Posso assicurare che l'impegno del ministro, di tutto il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e mio personale è massimo nel tentativo di limitare il più possibile tali eventi.
Per quanto riguarda l'episodio ricordato, avvenuto nel carcere romano di Regina Coeli, il Governo risponderà domani al Senato ad una specifica interrogazione. In questa sede posso dire che la vicenda è continuamente seguita attraverso un'indagine puntuale, in attesa anche della definizione e delle informazioni dell'attività giudiziaria. Posso però garantire che su quella vicenda non vi sarà né silenzio né ombra alcuna e che eventuali responsabilità, se dimostrate, avranno la risposta adeguata.
Voglio ricordare in particolare che sono state emanate disposizioni affinché, fin dallo stesso giorno d'ingresso in carcere, il detenuto sia sottoposto all'osservazione della personalità attraverso colloqui con lo psicologo, gli educatori, i sanitari. Certo, facciamo i conti con un personale carente nei numeri e che deve far fronte a situazioni come quelle che ho descritto. Nel contempo, tutti gli operatori sono stati più volte invitati al massimo dell'impegno, dell'attenzione, della professionalità allo scopo di individuare i bisogni, le necessità, le eventuali patologie ed anche al fine di applicare il programma sanitario più idoneo, che sia di effettivo supporto e di sostegno, soprattutto per quei soggetti che presentano particolari debolezze e difficoltà esistenziali, che in certi casi potrebbero spingere al suicidio, proprio nell'impatto anche con la struttura penitenziaria. Posso inoltre assicurare l'impegno per ogni episodio ad immediate ed approfondite verifiche al fine di individuare eventuali responsabilità di singoli. Ciò in tutti i casi, anche in occasione di recenti episodi da cui trae spunto l'interpellanza. Come ho già detto, su alcuni casi specifici vi sarà domani una risposta puntuale.
Credo peraltro di poter cogliere questa occasione per dire con chiarezza e franchezza che vi è anche un problema di ordine politico, non solo organizzativo. Due sono i nodi principali che la politica ha l'obbligo di affrontare, uno dei quali è l'eccesso di pena carceraria nel nostro sistema penale, questione che non c'entra nulla con il problema della certezza dell'esecuzione della pena, che è tema diverso (non vorrei che al riguardo vi fossero equivoci); l'altro è l'eccesso di penalità in materia di stupefacenti. Se non si interverrà con un'organica riforma del sistema delle pene, che individui un ventaglio
La situazione, pertanto, è di una complessità straordinaria, alla quale si fa fronte anche grazie all'abnegazione di coloro che nel carcere prestano la propria opera; certamente, però, non si può ricorrere all'infinito all'impegno di chi lavora nel carcere, occorrono anche altre misure. Per quanto riguarda quelle organizzative, nei prossimi giorni, nei prossimi mesi, appronteremo la riforma del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria con i decreti legislativi previsti dalla legge approvata dal Parlamento. In tal modo, daremo più spazio, attraverso le assunzioni, al personale educativo e del trattamento; daremo alla polizia penitenziaria una possibilità di carriera direttiva; daremo ai responsabili degli istituti penitenziari responsabilità di direzione, dirigenziali. Insomma, daremo a tutto il personale una motivazione, un riconoscimento della qualità del lavoro svolto che, nel giro ormai di poco tempo, dovrebbe cambiare, a livello strutturale, la condizione così difficile che ho ricordato.
In questa chiave, l'abolizione della pena dell'ergastolo, alla quale fa riferimento l'onorevole Cento a conclusione dell'interpellanza, ha certamente un valore fortemente simbolico e potrebbe rappresentare un tassello di un progetto riformatore, quale quello accennato, ed inserirsi nella riforma del codice penale alla quale la commissione del professor Grosso sta lavorando.
In proposito, non posso che ribadire la posizione favorevole più volte espressa dal ministro Diliberto sul disegno di legge approvato dal Senato e l'auspicio che anche la Camera possa al più presto affrontare il dibattito su questo tema. Il testo approvato dal Senato, peraltro a larghissima maggioranza, se non ricordo male, a mio avviso rappresenta un ragionevole punto di equilibrio tra istanze diverse; esso raggiunge l'importante obiettivo di abolire l'orrore della pena infinita, quella scritta sui fascicoli con la dicitura «fine pena mai», facendosi carico, però, di evitare che da detta abolizione discenda, come conseguenza non voluta, un regime eccessivamente morbido per i reati più gravi. Da qui la previsione di una pena semirigida - sul punto si è svolto un dibattito molto intenso al Senato - denominata «reclusione speciale», la cui durata minima è fissata in trent'anni e quella massima in trentadue, distinta dalla reclusione ordinaria. È una soluzione che dovrebbe tranquillizzare anche con riferimento ai delitti più gravi, come quelli compiuti dalle organizzazioni criminali mafiose, in quanto si mantiene l'efficacia deterrente di una pena elevatissima e certa, senza rinunciare alla finalità rieducativa della pena imposta dalla nostra Costituzione.
D'altra parte, vi è un dato da considerare: l'aumento dei detenuti! Ciò dimostra che le iniziative legislative avviate ed approvate fino ad oggi dal Parlamento non sono sufficienti a far fronte ad un sovraffollamento carcerario che non risolve né il problema di chi commette i reati né quello della risocializzazione, della rieducazione e del reinserimento nella società di chi è stato condannato.
Per quanto riguarda la questione droga, vanno considerate politiche di depenalizzazione completa, almeno per quella soglia già stabilita dalla seconda conferenza nazionale sulla droga a Napoli.
Per quanto riguarda la questione dell'ergastolo, apprezzo l'impegno manifestato dal sottosegretario Corleone a nome del Governo affinché questa legislatura veda l'approvazione di una proposta già largamente condivisa al Senato, sulla quale credo ci voglia del coraggio politico perché sia approvata anche dalla Camera.
Condividiamo anche l'approvazione definitiva del nuovo regolamento penitenziario e la capacità di superare quelle sacche di resistenza ai processi di riforma che, anche all'interno delle carceri e del sistema carcerario, continuano a persistere.
Sono tre punti importanti: sentiremo domani al Senato la risposta del Governo sulla vicenda specifica e grave legata al caso Ciuffreda, che è diventato un po' il simbolo della situazione carceraria e del modo in cui si può morire all'interno di un penitenziario nella città capitale d'Italia. Verificheremo, quindi, i contenuti di quella risposta ma, nello stesso tempo, giudichiamo positivamente gli impegni del Governo richiamati dal sottosegretario Corleone, che apprezziamo e ringraziamo.