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PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle modifiche introdotte dal Senato.
Ha facoltà di parlare il relatore, onorevole Ruffino.
ELVIO RUFFINO, Relatore. Come già rilevato in occasione della prima lettura del provvedimento, il disegno di legge in esame ha il fine di porre un freno al rilevante esodo dei piloti militari che, attratti dall'offerta di un migliore trattamento economico e di una più gratificante valorizzazione professionale, transitano in numero crescente dall'aviazione militare a quella civile. Il fenomeno appare preoccupante in quanto determina forti squilibri all'interno del settore operativo ed addestrativo delle forze aeree. L'esodo, infatti, riguarda prevalentemente ufficiali piloti nei gradi da capitano a tenente colonnello, che ricoprono posti chiave per la sicurezza e l'efficacia dell'attività di volo.
quanto si tratta di misure invocate da più parti, in una situazione di emergenza caratterizzata dalla pressione delle imprese di trasporto aereo private che, operando in un mercato governato dalle regole della libera concorrenza, hanno estremo interesse nel procurarsi piloti militari già formati ed addestrati, e quindi pronti all'impiego operativo.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.
GIOVANNI RIVERA, Sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente, il Governo si riserva d'intervenire in sede di replica.
PRESIDENTE. Il primo iscritto a parlare è l'onorevole Lavagnini. Ne ha facoltà.
ROBERTO LAVAGNINI. Signor Presidente, onorevole sottosegretario, onorevoli colleghi, l'atto Camera n. 5205-B, al nostro esame oggi, affronta il problema dell'esodo dei piloti dell'aeronautica militare che per esigenze immediate deve essere affrontato con urgenza.
militare. Non bastano i riconoscimenti profusi durante le cerimonie ufficiali (che nel nostro paese non hanno mai una grande diffusione), e grande spazio viene sempre dato alle critiche, spesso strumentalizzanti, che indubbiamente mortificano chi, dopo una lodevole preparazione, affronta con impegno, con correttezza e con professionalità riconosciutaci internazionalmente una vita di sacrifici per il buon nome della patria.
donne, l'eliminazione della leva, la questione degli alloggi, la formazione di una forza multinazionale europea: sono tutti problemi che devono essere affrontati in modo globale con una riforma vera e propria del settore della difesa e della sicurezza. Noi sosteniamo che bisogna rivedere la percentuale di riferimento del prodotto interno lordo destinata al settore, che per l'Italia è la metà, in alcuni casi un terzo, rispetto a tutti gli altri paesi europei e della NATO, e porre in atto una riforma globale che ci permetta di affrontare il problema della difesa e della sicurezza integrata europea alla pari dei nostri partner.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Tassone. Ne ha facoltà.
MARIO TASSONE. Signor Presidente, ho ascoltato con la dovuta attenzione e considerazione il relatore Ruffino, che ha riferito sulle modifiche introdotte nel traghettamento del provvedimento tra Camera e Senato.
non avremo un'affidabile linea di volo, né un'affidabile linea di navigazione per la marina militare; di tutto ciò non si parla, se non occasionalmente, in modo circostanziale.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Rizzi. Ne ha facoltà.
CESARE RIZZI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor sottosegretario, l'atto Camera n. 5205-B, reca il titolo «Disposizioni per disincentivare l'esodo dei piloti militari», un titolo che è - lasciatemelo dire - tutto un programma, se si pensa che è già stato approvato dalla Camera e modificato in sede deliberante dalla Commissione difesa del Senato. Esso è considerato di grande importanza dall'aeronautica militare che subisce la concorrenza spietata delle compagnie dell'aviazione civile. Non essendo in grado di corrispondere stipendi paragonabili a quelli pagati dalle compagnie private, una parte significativa dei migliori piloti in forza all'aeronautica militare (quelli della fascia dai 35 ai 40 anni corrispondente ai gradi compresi tra capitano e tenente colonnello) abbandona «l'arma» azzurra. Non dimentichiamo che ben 120 ufficiali piloti hanno lasciato l'aeronautica nel 1996 e la tendenza è in aumento; oggi sembra che siano circa 500. Vale la pena di ricordare che ciascun pilota costa, per la sua formazione, dai sei ai dieci miliardi. Pertanto, lascio a voi fare il conto di quanto sia costata la formazione di questi piloti.
volontaria: 30 milioni di lire per il primo biennio, 18 milioni di lire per il secondo biennio, 22 milioni di lire per il terzo biennio, 26 milioni di lire per il quarto biennio e 30 milioni di lire per il quinto biennio.
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle modifiche introdotte dal Senato.
Nel rinviare ai dati illustrati nella relazione scritta predisposta in occasione della prima lettura del provvedimento, mi soffermerò brevemente sulle modifiche introdotte dalla IV Commissione difesa del Senato al testo che abbiamo approvato.
La IV Commissione difesa del Senato ha modificato il comma 1 dell'articolo 1 approvato dalla Camera nel senso di prevedere che la ferma volontaria biennale, alla quale sono ammessi gli ufficiali in servizio permanente delle Forze armate in possesso del brevetto di pilota militare, che abbiano ultimato la ferma obbligatoria e maturato almeno sedici anni di servizio, sia rinnovabile per non più di quattro volte (e non tre come previsto dal testo della Camera) entro il quarantacinquesimo anno di età. Conseguentemente, i premi previsti una tantum dal comma 2 del medesimo articolo 1 sono stati rimodulati secondo il seguente schema: trenta milioni di lire per il primo biennio, da corrispondere per metà all'atto della assunzione della ferma e per metà dopo dodici mesi; diciotto milioni di lire per il secondo biennio da corrispondere in unica soluzione; ventidue milioni di lire per il terzo biennio da corrispondere in unica soluzione; ventisei milioni di lire per il quarto biennio da corrispondere in unica soluzione; trenta milioni di lire per il quinto biennio da corrispondere in unica soluzione.
La Commissione difesa del Senato ha poi soppresso l'articolo 2 del testo approvato dalla Camera, che prevedeva (in varie forme) la ferma obbligatoria di un anno per gli ufficiali in servizio permanente già reclutati alla data di entrata in vigore della legge.
Infine, sono stati soppressi i commi 4, 5 e 6 dell'articolo 4 del testo approvato dalla Camera (ora articolo 3 nel nuovo testo trasmesso dal Senato). Si è pertanto stabilito di non trattenere in servizio ex lege, per un anno, gli ufficiali in servizio permanente del Corpo della guardia di finanza in possesso del brevetto di pilota militare che non abbiano superato il cinquantesimo anno di età e si sono conseguentemente soppresse le norme che fissavano specifici premi per coloro i quali, all'interno di tale categoria, scegliessero di contrarre la ferma volontaria.
Sebbene le modifiche introdotte all'articolo 1, commi 1 e 2, del disegno di legge determinino una significativa variazione delle spese per disincentivare l'esodo dei piloti, non è stato modificato nel corso dell'esame al Senato l'articolo 6, recante le disposizioni di copertura finanziaria. Al riguardo si rileva che la Commissione difesa del Senato ha previsto di compensare l'aumento di spesa causato da tali modifiche mediante la predetta soppressione dell'articolo 2 e dei commi da 4 a 6 dell'articolo 4 (anch'essi recanti oneri per il bilancio statale).
Ora - e questo è un impegno che dovremmo assumerci nella riunione di domani del Comitato dei nove - dovremmo verificare l'attualità della copertura finanziaria essendo scaduto l'anno amministrativo.
La Commissione difesa della Camera ha esaminato il testo trasmesso dal Senato nelle sedute del 14 ottobre e del 9 novembre 1999. Anche in occasione di questo secondo passaggio alla Camera sul disegno di legge e sulle modifiche apportate dalla Commissione difesa del Senato si sono registrati larghi consensi, in
Allo scopo di vagliare in pieno tale profilo, la Commissione aveva svolto, il 2 dicembre 1998, in occasione quindi dell'esame in prima lettura del disegno di legge, l'audizione dell'allora capo di stato maggiore dell'aeronautica militare, generale Mario Arpino, il quale sottolineò come il fenomeno dell'esodo dei piloti militari verso le imprese di trasporto privato fosse un fenomeno generalizzato in tutti i paesi dotati di una moderna ed efficiente aviazione militare, offrendo dati e riferimenti numerici a dimostrazione della gravità del fenomeno per quanto riguarda l'Italia.
Sulle modifiche apportate dal Senato la Commissione ha acquisito i pareri favorevole della I Commissione (Affari costituzionali), della V Commissione (Bilancio) e della VI Commissione (Finanze).
Rilevata l'urgenza del provvedimento per la funzionalità dell'aeronautica militare, ne raccomandiamo la rapida approvazione da parte dell'Assemblea.
Il proliferare di piccole compagnie aeree civili e il potenziamento delle grandi compagnie già esistenti ha creato sul mercato una richiesta di piloti ben addestrati da inserire nei propri organici, depauperando in modo significativo l'aeronautica militare italiana. Il fenomeno negli ultimi anni ha superato in larga misura il numero di piloti che l'amministrazione riesce ad inserire nei reparti di volo, creando problemi di operatività alla forza armata.
Tra il 1995 e il 1998 hanno lasciato l'aeronautica militare circa 500 piloti che rappresentano il 25 per cento dell'organico. Se le indicazioni di mercato sullo sviluppo dell'aviazione commerciale per i prossimi anni saranno esatte, il trend dell'esodo, anziché attenuarsi, potrebbe raggiungere valori molto preoccupanti, per cui nel 2003 verrebbe a mancare ai reparti di volo circa il 35 per cento dei piloti. In questo caso, l'operatività della forza armata, già ridotta nella fase di ristrutturazione in atto, potrebbe forzare la chiusura di alcuni enti con ripercussione sul livello occupazionale sia militare sia civile e la probabile rinuncia a programmi avviati con l'industria per gli armamenti. Ciò che maggiormente disturba e preoccupa la forza armata è che l'esodo non coinvolge solo i piloti di complemento, ma anche quelli formati dall'accademia, quindi coloro che hanno ottime possibilità di carriera e già inseriti in posti di rilievo negli stati maggiori.
L'aeronautica militare è in continua evoluzione e quindi ha bisogno di ufficiali preparati a ricoprire posti-chiave per dare maggiore sicurezza ed efficacia all'attività di volo. Un'ulteriore preoccupazione nasce quindi dal fatto che la forza armata potrebbe trovarsi in difficoltà anche nel selezionare qualitativamente e quantitativamente gli ufficiali che possono aspirare ad essere i futuri dirigenti.
Oltre all'aspetto economico, che è indubbiamente il più importante, esistono altre ragioni che inducono certi ufficiali piloti a lasciare la forza armata. La collettività e alcune istituzioni non riconoscono la specificità della condizione
I numerosi trasferimenti a cui vengono sottoposti gli ufficiali delle Forze armate non vengono compensati da riconoscimenti economici adeguati per i disagi che devono affrontare sia loro sia le rispettive famiglie. La carenza di alloggi di servizio, soprattutto nelle grandi città, impone il ricorso al mercato e costringe a pagare affitti gravosi in relazione agli stipendi percepiti. Le indennità di trasferimento sono rimaste immutate dal 1973. Riguardo alle indennità di volo la tassazione IRPEF ha portato il prelievo dal 40 al 50 per cento nel 1997. Vi sono gli interventi di tipo previdenziale e pensionistico peggiorativi per coloro che da anni prestano servizio con dignità, passione, rischio ed abnegazione.
La retribuzione dei piloti dell'aeronautica militare non è neppure comparabile con quella dei piloti civili: lo stipendio mensile dei piloti militari, con il grado da tenente a tenente colonnello, oscilla da 2,5 a 3,5 milioni mensili, mentre quello dei piloti dell'aviazione civile va dai 5 ai 15 milioni mensili. Se poi paragoniamo gli stipendi dei piloti militari italiani con quelli degli altri paesi europei e NATO, constatiamo che i nostri percepiscono circa il 50 per cento rispetto agli altri, mentre le missioni internazionali di pace mettono continuamente a confronto non solo gli stipendi ma anche l'efficienza dei mezzi disponibili.
Ogni pilota militare ha un costo medio di formazione di circa 6 miliardi: 3 miliardi e mezzo per i piloti dei G-222 e 7 miliardi e mezzo per i piloti dei Tornado. Quindi, i cinquecento piloti che hanno lasciato l'aeronautica militare sono costati allo Stato circa 3 mila miliardi in quattro anni di formazione: se vogliamo fare un conto rapido, raddoppiando lo stipendio di tutti i piloti militari (sono circa 2 mila), in quattro anni spenderemo circa 312 miliardi. Il provvedimento in esame prevede un premio globale di 105 milioni lordi in dieci anni, circa 500 mila lire nette al mese per i piloti che opteranno per una ferma biennale plurima fino al compimento del quarantacinquesimo anno di età. Siamo convinti che questo premio non servirà a nulla, poiché la differenza che un pilota percepirà in dieci anni passando all'aviazione civile è di circa 600 milioni, senza considerare i risvolti pensionistici e previdenziali.
Oltre tutto, questo provvedimento di iniziativa governativa sarà considerato discriminante da molti altri ufficiali delle Forze armate ed indubbiamente creerà una rincorsa incredibile da parte di tutte le specialità delle Forze armate per conseguire trattamenti economici migliorativi o premi biennali. Vorrei fare alcuni esempi, senza togliere alcun merito a tutte le specialità che evidentemente non potrò menzionare: gli ufficiali dei carabinieri che hanno lasciato l'Arma per andare a costituire o dirigere i sistemi di sicurezza nell'industria privata, gli ufficiali della Guardia di finanza che vengono chiamati come consulenti fiscali sia dall'industria sia dagli studi dei commercialisti, gli ufficiali ingegneri navali della marina militare che passano ai cantieri navali privati, gli ingegneri del genio militare, i medici militari che transitano nelle strutture pubbliche e private per migliorare le loro condizioni economiche.
Signor sottosegretario, penso che il Governo debba valutare quanto lo Stato perde in relazione a costi di formazione che vengono vanificati con gli esodi che ogni anno l'amministrazione subisce. Ciò deve indurre a rivedere il trattamento economico del personale delle Forze armate, ridando quella dignità che la specificità della condizione militare impone. È in atto una grande ristrutturazione delle Forze armate, con la ridislocazione di gran parte delle unità su tutto il territorio nazionale, per non citare l'entrata delle
Abbiamo chiesto al paese sacrifici per partecipare ai programmi economici e finanziari europei ed entrare nell'area dell'euro: dovremo dunque affrontare con altrettanta serietà i problemi che si pongono per partecipare a pieno titolo alla politica comune europea per la sicurezza e la difesa.
Ho ascoltato anche l'onorevole Lavagnini e credo che egli abbia posto l'accento sul vero problema che stiamo affrontando. Per dire la verità, signor Presidente, signor rappresentante del Governo, considerazioni analoghe sono state fatte già nel passato, anzi esse ritornano puntualmente quando si affrontano provvedimenti di questo tipo, vale a dire quelli che riguardano i temi della difesa e della sicurezza delle Forze armate.
Signor Presidente, il provvedimento in esame nasce in un momento particolare perché vi è l'urgenza e la necessità di fornire risposte ai piloti a fronte di un esodo massiccio. Avevamo chiesto una rivisitazione generale, non solo per quanto riguarda l'aeronautica militare, ma anche per tutte le Forze armate, auspicando una seria riforma, una seria riconsiderazione anche delle risorse investite, nonché della condizione degli ufficiali, dei sottufficiali e della truppa. Si è voluto porre in essere il provvedimento in esame che, a mio avviso, è limitato, «tampone»; alcuni lo definiscono assistenziale, altri, proprio per il suo carattere di precarietà e marginalità, non esaustivo né risolutorio di un enorme problema, che peraltro non riguarda solo i piloti della arma azzurra, ma che dovrebbe riguardare anche tutti gli altri ruoli tecnici delle Forze armate.
In questo periodo si sta facendo avanti la considerazione secondo la quale un provvedimento di questo genere è squilibrante rispetto ad altre aspettative e mi sembra lo dicesse anche l'onorevole Lavagnini: infatti, invece di risolvere un problema, se ne aprono altri.
Signor Presidente, credo che siamo consapevoli di tutto ciò e ritengo che, rispetto alla situazione all'interno delle Forze armate, il Governo lo sia più di ogni altro. Oltre all'esodo dei piloti, abbiamo - ad esempio - quello degli ufficiali medici, che non è stato solo minacciato, anzi è stato realmente compiuto in alcuni momenti della storia del nostro paese. Ritengo si tratti di un dato sul quale riflettere. Non vogliamo avere una sanità militare, ma non abbiamo nemmeno una struttura affidabile per quanto riguarda l'aeronautica militare.
Il sottosegretario sicuramente ci farà conoscere il giudizio della forza armata dell'aeronautica militare sul provvedimento in esame; noi vorremmo capire se il capo di stato maggiore dell'aeronautica militare abbia solo questo problema, oppure se ve ne siano altri. Siccome tutto ciò non viene detto, noi sosteniamo che il problema delle Forze armate è certamente rappresentato dai piloti, dall'esodo, dall'insufficienza di trattamento e dal modo in cui le risorse vengono impiegate, con un ritorno non adeguato sul piano del servizio, ma vi è anche un problema di strutture, di ammodernamento, di linee di volo e, ancora, di programmazione e anche di pianificazione. Fra qualche anno
Se vogliamo esprimere un giudizio esaustivo, le considerazioni debbono essere complessive, anche perché verifichiamo l'insufficienza delle nostre Forze armate in sede internazionale. Mi riferisco al fatto che l'Italia non viene mai coinvolta nei casi in cui in Europa vengono allestite le brigate. In sostanza, il nostro paese gioca un ruolo marginale nell'ambito di alcune strutture europee destinate alla difesa e questo fatto ci dovrebbe indurre a comprendere meglio la situazione e ad individuare le risposte adeguate perché con il provvedimento in esame non diamo alcuna risposta, anzi, aggraviamo il problema.
Nel maggio del 1999, quando abbiamo esaminato in prima lettura questo testo, avevamo chiesto al Governo di affrontare in maniera organica in Parlamento (in aula o in Commissione) tutta la materia relativa alle Forze armate. L'unica risposta del Governo è il riordino dell'Arma dei carabinieri che è settoriale, parziale, corporativo in quanto non riguarda tutta l'Arma ma solo i vertici. Nei mesi scorsi tutto l'impegno del Governo non è stato volto a dare una risposta positiva alle esigenze delle Forze armate, bensì a soddisfare le richieste provenienti da settori particolari che determinano squilibri e producono effetti negativi nel settore, il cui impegno dovrebbe essere rivolto al recupero della credibilità del nostro strumento di difesa.
Come è stato più volte ricordato, l'addestramento dei piloti è molto costoso, mentre il ritorno economico è minimo, ragion per cui, alla luce delle considerazioni espresse non solo oggi ma anche in passato, il Governo dovrebbe dire una parola di chiarezza. Potrebbe, per esempio, chiederci di approvare questo disegno di legge perché contemporaneamente si stanno esaminando altri testi di carattere più organico; però, se questo provvedimento è l'unica risposta del Governo alle esigenze più volte sottolineate, si tratta di un fatto negativo e devastante per tutte le nostre Forze armate. Da qui nascono le mie preoccupazioni, da qui deriva la mia difficoltà ad esprimere un voto positivo su questo provvedimento.
Mi auguro, infine, che le sollecitazioni espresse il lunedì pomeriggio nell'aula di Montecitorio non vengano considerate una routine ma vengano raccolte per la serietà che meritano o per lo meno per lo spunto che possono imprimere all'azione del Governo.
I meccanismi di disincentivazione dell'esodo introdotti dal provvedimento consistono in proroghe volontarie biennali della ferma obbligatoria con associata corresponsione di premi, i cui importi variano per ciascuno periodo di ferma
Le modifiche introdotte dal Senato hanno riguardato essenzialmente l'importo dei premi che sono stati ritoccati al rialzo, senza che peraltro siano state variate le disposizioni relative alla copertura finanziaria: questo fatto non è assolutamente da sottovalutare. È stato elevato il numero delle possibili successive ferme volontarie (da tre a quattro), ma sono stati eliminati i premi originariamente previsti per i piloti della Guardia di finanza; tale disparità di trattamento non mancherà di suscitare polemiche e risentimenti. Infine, è stata cancellata la norma che prevede il trattamento coatto in servizio, per un anno, del personale già reclutato.
È vero: la Lega forza nord per l'indipendenza della Padania si è espressa favorevolmente sulla modifica della normativa, quantunque si tratti di un aumento delle paghe corrisposte ai piloti dell'aeronautica militare, il che sostanzia di fatto una lievitazione delle spese per il personale militare: infatti, i maggiori costi vanno confrontati con l'ammontare degli investimenti perduti per la fuoriuscita di ogni singolo ufficiale pilota. Gli 8,5 miliardi stanziati per il primo anno, i 9,5 miliardi stanziati per il secondo anno, i 7,7 miliardi stanziati per il terzo anno, vanno paragonati con i 500 miliardi di investimento che vanno in fumo ogni anno, dal momento che la preparazione di ciascuno dei 120 piloti costa dai 6 ai 10 miliardi. Resta, ovviamente, da verificare l'efficacia della disposizione contenuta nel provvedimento ai fini del contenimento dell'esodo dei piloti militari verso l'aviazione civile, considerato che i premi per la ferma volontaria annuale sembrano non essere superiori a quanto le compagnie private sono in grado di offrire per ciascun pilota.
A nostro avviso, il provvedimento in esame - come affermato da altri colleghi - non serve assolutamente a nulla. Mi auguro che esso sia modificato, emendato e trasformato in modo che possa essere utile a qualcosa, altrimenti non riusciremo più a sanare la grave piaga dell'esodo dei piloti militari. Mi auguro che la Camera dei deputati ponga mano ad una tale situazione di stallo che si trascina da anni senza che si sia fatto nulla: infatti, dal momento che lo Stato spende molti miliardi per istruire personale, questo deve poi essere compensato adeguatamente; diversamente, è pacifico che le compagnie aeree procederanno al reclutamento di tale personale in quanto, a loro giudizio, si tratta del personale migliore sul mercato. Le compagnie private offrono ai piloti militari cifre notevoli, che non hanno nulla a vedere con gli stipendi pagati dallo Stato; infatti, lo stipendio corrisposto ai piloti militari fa ridere: con tutto il rispetto, dirò che una cameriera percepisce più di un pilota militare. Pertanto, sarebbe bene rivedere la normativa; siamo favorevoli alla modifica del provvedimento e ci auguriamo che esso venga emendato nel modo migliore.