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PRESIDENTE. Passiamo all'interrogazione Carlesi n. 3-04164 (vedi l'allegato A - Interpellanze ed interrogazioni sezione 5).
FABIO DI CAPUA, Sottosegretario di Stato per la sanità. La ringrazio, Presidente.
dell'imminente entrata in vigore del decreto ministeriale del 7 aprile 1999, sia della disponibilità assicurata per iscritto dalla ditta distributrice del vaccino inattivato, nella forma singola e combinata, a far fronte alle immediate necessità delle regioni e delle province autonome.
PRESIDENTE. L'onorevole Carlesi ha facoltà di replicare.
NICOLA CARLESI. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario Di Capua ma, nonostante l'affetto che nutro nei suoi confronti, avendo svolto in questi anni un lavoro comune in Commissione affari sociali, non posso dichiararmi soddisfatto
della sua risposta perché egli, di fatto, ha confermato ciò che è contenuto nella mia interrogazione e, quindi, che ci troviamo di fronte ad un caso non voglio dire di malasanità, ma di inefficienza e di inefficacia, questa volta da non imputare alle regioni. Oggi abbiamo parlato dell'influenza e del sistema sanitario lombardo; le regioni hanno responsabilità e tutti siamo pronti a riconoscerle ma, in questo caso, non ve ne sono da parte loro.
Questo era il senso della mia interrogazione e queste sono anche le motivazioni della mia insoddisfazione che sono determinate non tanto da quello che lei, signor sottosegretario, ci ha detto rispetto al problema delle vaccinazioni dalla poliomelite, quanto alle iniziative che il Governo avrebbe dovuto assumere nei confronti di due uffici che non hanno funzionato, creando grave disagio alla popolazione e ai genitori. Il ministero avrebbe dovuto invece prendere iniziative affinché questi fatti non si ripetano più.
Il sottosegretario per la sanità, onorevole Di Capua, al quale anche la Presidenza rivolge i suoi auguri, ha facoltà di rispondere.
Con l'entrata in vigore del nuovo calendario della vaccinazione antipoliomelitica che, in accordo a quanto indicato nel decreto ministeriale 7 aprile 1999, va ora effettuata somministrando due dosi di vaccino antipoliomielitico inattivato, seguite da due dosi di vaccino antipoliomielitico orale (tipo Sabin), alcune aziende sanitarie locali ed alcune regioni hanno effettivamente lamentato difficoltà nell'approvvigionamento del vaccino inattivato.
Tali difficoltà si sono accentuate in particolar modo nei mesi estivi, tra la prima decade di luglio e la fine di agosto e possono aver portato a ritardi nell'inizio e nel completamento della vaccinazione antipoliomielitica. Per la verità, non è del tutto esatto che tutti i bambini italiani da tre a cinque mesi siano stati o siano tuttora nell'impossibilità di essere vaccinati contro la poliomielite. L'emergenza legata agli eventi bellici in Kosovo e la necessità di vaccinare con vaccino inattivato sia i volontari italiani diretti nella zona per prestare aiuti umanitari, sia i numerosi bambini facenti parte dei gruppi di rifugiati può aver contribuito, anche in modo rilevante in alcune realtà regionali, alla momentanea carenza di vaccino antipolio inattivato. Le regioni, comunque, erano state tempestivamente informate sia
In ogni caso, prevedendo inevitabili difficoltà di pronto approvvigionamento nelle prime fasi di transizione da una modalità all'altra di vaccinazione antipolio, questo Ministero si era reso disponibile ad esitare eventuali richieste di vaccino inattivato, attingendo alle scorte costituite presso il proprio magazzino del materiale profilattico e, in tale ottica di collaborazione, ha fornito alle regioni ed alle province autonome circa 10 mila dosi di vaccino inattivato nel solo periodo aprile-giugno 1999.
Circa le disfunzioni interne al Ministero della sanità, ipotizzate dall'onorevole Carlesi, si rappresenta come il nuovo calendario della vaccinazione antipoliomielitica - che è un punto saliente delle proposte della commissione di esperti istituita con decreto ministeriale del 20 ottobre 1997 - e le ragioni epidemiologiche di sanità pubblica che ne suggerivano l'applicazione nel più breve tempo possibile siano stati ampiamente discussi nel corso della seduta del 17 marzo 1999 del Consiglio superiore di sanità, cui erano invitati anche i rappresentanti istituzionali del dipartimento valutazione medicinale e farmacovigilanza.
Il passaggio alla vaccinazione antipolio sequenziale, che vede il nostro paese allinearsi ad altri paesi industrializzati, europei ed extraeuropei, dove è stata eliminata la poliomelite da virus selvaggio, era stato sollecitato non solo dalla sopracitata commissione di esperti, ma anche da numerosi rappresentanti delle regioni e delle ASL, oltre che da privati cittadini.
L'adozione del nuovo calendario delle vaccinazioni antipolio era necessaria per ridurre quanto più possibile il rischio di polio paralitica associata a vaccini. Tale complicazione, per quanto rarissima - pare si verifichi un caso ogni 2 milioni e mezzo di dosi somministrate, ma nei riceventi la prima dose di vaccino la frequenza scende ad un caso ogni 500 mila dosi (in realtà la frequenza aumenta) -, non può essere accettata né dall'opinione pubblica, né dagli stessi operatori di sanità pubblica, in situazioni nelle quali non si verificano più casi di malattia da virus selvaggio.
Il rischio di importazione di casi di poliomelite da virus selvaggio è ora molto più modesto che in passato grazie alle attività per l'eradicazione della polio promosse e sostenute dall'OMS, che hanno portato ad una notevole riduzione della morbosità per poliomelite a livello globale e all'assenza di casi nella regione europea dell'OMS dallo scorso novembre 1998. A ciò si aggiunga l'ottimo livello di copertura immunitaria della popolazione italiana nei confronti della malattia: la copertura vaccinale nei bambini di età inferiore ai due anni è di circa il 95 per cento sul territorio nazionale. Questo, naturalmente, non autorizza ad abbassare la guardia e, soprattutto, a rinunciare alla vaccinazione di massa come mezzo di prevenzione.
La scelta della vaccinazione antipoliomelitica sequenziale rappresenta, pertanto, il modo per contemperare esigenze di tutela della salute collettiva e di salvaguardia della sicurezza del singolo individuo; al riguardo, va anche segnalato come, dopo la registrazione, avvenuta lo scorso maggio, di un altro vaccino pentavalente contenente il vaccino inattivato e la conseguente immissione dello stesso sul mercato in Italia ad opera di una seconda azienda farmaceutica, la situazione relativa alla disponibilità di tale vaccino per i nuovi nati dovrebbe considerarsi normalizzata.
Il sottosegretario ha confermato che vi è stato un periodo, che a me non risulta andare soltanto da luglio ad agosto, bensì fino a settembre - nel mio Abruzzo, e quindi in qualche regione, fino alla fine di settembre si è verificato tale inconveniente -, nel corso del quale non è stato possibile vaccinare i bambini contro la polio. Vi sono stati ritardi ed inefficienze da parte del sistema sanitario centrale e, dal mio punto di vista, del Ministero della sanità, ma il sottosegretario non ci ha detto a cosa ciò sia dovuto. Egli ha parlato del Kosovo.
Effettivamente, si sono avuti due o tre mesi di disagi, di ansie e di angoscia. Credo che siano state eccessive l'ansia e l'angoscia di quelle famiglie che non potevano vaccinare i propri bambini, perché sappiamo che - ringraziando Iddio - la situazione non è drammatica rispetto al problema della poliomelite in Italia. Si è però sicuramente registrato un disagio per le famiglie non solo in termini psicologici, nel momento in cui si presentavano alle aziende sanitarie per avere il vaccino e si sentivano opporre un rifiuto. Non solo veniva rifiutata la vaccinazione, ma veniva addirittura - come è avvenuto nel mio Abruzzo - detto a questi genitori che sarebbero dovuti ritornare, che li avrebbero richiamati e che avrebbero però dovuto sottoscrivere un documento nel quale dichiaravano che erano stati messi a conoscenza che il vaccino non era testato dall'Istituto superiore italiano della sanità, ma solo ed unicamente dall'istituto superiore francese, vale a dire dai responsabili di quel paese dal quale proveniva il vaccino stesso (mi riferisco al vaccino Salk).
Rispetto a questa situazione non si può affermare che si sia trattato soltanto di una fase di transizione, ma occorre precisare che quella situazione è stata il frutto di una evidente disorganizzazione all'interno del Ministero perché non vi è stata comunicazione, o quanto meno non vi è stata concertazione, o quanto meno non si sono messi d'accordo o non comunicano tra loro due uffici: il dipartimento di prevenzione, da una parte, che ha provveduto alla messa in atto del decreto sulla base del quale si è poi passati a queste nuove modalità di vaccinazione; e, dall'altra parte, l'ufficio di valutazione per l'immissione in commercio delle specialità medicinali, che deve testare questi vaccini. È evidente che la confusione e la mancanza d'una organizzazione adeguata hanno evidentemente messo in ansia i familiari dei bambini, creando sicuramente un disservizio nelle nostre ASL.
So benissimo che ora il problema è stato risolto (ci mancherebbe altro, perché diversamente non saremmo più una nazione civile che ha risolto il problema della poliomelite); ma, come giustamente affermava il sottosegretario, non si deve abbassare la guardia!
Mi vorrei ora soffermare sull'ultima affermazione del rappresentante del Governo, secondo la quale i rischi di contrarre la poliomelite in Italia sono bassissimi, anche in relazione al fenomeno dell'emigrazione perché vi è una Organizzazione mondiale della sanità che si sta adeguatamente organizzando per il controllo di tale fenomeno. Non si può tuttavia abbassare la guardia e non tenere conto che in una società come la nostra che si sta organizzando su un modello di tipo multirazziale esiste anche il problema della clandestinità, che è molto difficile da controllare; il rischio di questi fenomeni aumenta e bisogna pertanto alzare e non abbassare la guardia rispetto a problemi come quello della poliomelite. Basti pensare al fatto che purtroppo in Italia sta riemergendo la tubercolosi, proprio in relazione ai flussi migratori clandestini!