Seduta n. 486 del 16/2/1999

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Sull'arresto del leader del PKK Ocalan.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Mantovano.

RAMON MANTOVANI. Presidente, il mio cognome è Mantovani.

FRANCESCO GIORDANO. Mantovano è dall'altra parte, nel gruppo di AN.

ROLANDO FONTAN. Rosso o nero, la differenza è minima.

PRESIDENTE. Le assicuro che sono due cose diverse. Colleghi, a seguito delle intese raggiunte nella Conferenza dei presidenti di gruppo, si svolgerà adesso un breve dibattito sul caso Ocalan in cui potrà intervenire un oratore per ciascun gruppo che ne faccia richiesta per non più di cinque minuti.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Mantovani, al quale chiedo scusa per l'errore commesso. Ne ha facoltà.

RAMON MANTOVANI. Signor Presidente, il presidente del partito dei lavoratori del Kurdistan Abdullah Ocalan è stato arrestato in Kenya con un atto di pirateria internazionale dai servizi segreti turchi e con l'attiva collaborazione del servizio segreto israeliano.


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Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, colleghe e colleghi, vi sono gravissime responsabilità del Governo italiano e dell'Europa nella vicenda dell'arresto del presidente Ocalan. Egli venne in Italia quale portatore di un messaggio di pace e propositore di una soluzione politica e pacifica dell'annosa questione curda; si consegnò nelle mani delle autorità italiane chiedendo l'asilo politico in quanto perseguitato da un regime che non dà alcuna garanzia democratica all'interno dello Stato turco.
Il Governo italiano si è mostrato inizialmente diviso; il Presidente D'Alema ha annunciato l'intenzione di voler intraprendere una iniziativa capace di risolvere, sia giuridicamente, sia politicamente, la vicenda del presidente Ocalan, attraverso l'istituzione di un tribunale internazionale alla quale il PKK e il presidente Ocalan hanno dato immediatamente il loro consenso. Altri ministri, però, come il ministro Dini, il ministro Scognamiglio e il ministro Fassino, nel corso di quegli stessi giorni, hanno parlato più come rappresentanti del Governo turco che come rappresentanti del Governo italiano ed hanno chiesto che non fosse concesso l'asilo politico.
In seguito sono venute le pressioni degli Stati Uniti d'America, quelle pubbliche e quelle occulte, che insieme al cambio di posizione di molti partiti della maggioranza - che inizialmente si erano espressi per la concessione dell'asilo politico - hanno determinato un arretramento della posizione ufficiale del Governo D'Alema. Ecco allora che molti partiti della maggioranza hanno cambiato posizione; ecco che D'Alema ha definito terrorista Ocalan nel corso di un dibattito parlamentare; ecco che sono venute le pressioni affinché l'Italia si liberasse della presenza scomoda del presidente Ocalan, scomoda non tanto per la sua persona, quanto perché testimone e portatore di una vicenda che turba gli equilibri della NATO nel Medio Oriente e delle alleanze strategiche alle quali l'Italia appartiene, giacché alla Turchia è concessa carta bianca per poter liberamente uccidere le donne, i bambini e gli uomini del Kurdistan e imprigionare gli oppositori al regime di quel paese.
Care colleghe e colleghi, voi dovete sapere - mi rivolgo a quanti di voi chiedono oggi che vi sia un processo democratico e rispettoso dei diritti dell'imputato - che in Turchia vi sono vostri colleghi parlamentari regolarmente eletti che sono stati condannati e che scontano la pena a quindici anni di carcere solo per essersi espressi nella loro lingua nel Parlamento turco. Non so proprio di quali garanzie si possa pretendere oggi che la Turchia sia rispettosa.
Ora con grande chiarezza dichiaro in quest'aula che il Parlamento italiano è stato tradito dal Governo italiano, il quale non ha fatto nulla per applicare una risoluzione approvata dal Parlamento alla quale era vincolato.
Nel corso delle settimane della sua permanenza in Italia, vi sono state pressioni del Governo italiano affinché il presidente Ocalan lasciasse il nostro paese. Il Governo sapeva benissimo (e si è vantato pubblicamente di aver esercitato tali pressioni) che, facendolo uscire dal nostro paese o inducendolo ad uscire, sarebbe stato esposto alla persecuzione della Turchia. Oggi si sta consumando nel nostro paese una grandissima ipocrisia: oggi vedo numerosi esponenti dei partiti di maggioranza e di opposizione che invocano la non applicazione della pena di morte ad Ocalan e chiedono diritti ed incolumità per la sua persona. C'era un modo, una via maestra per garantire tali diritti, quella di concedere l'asilo politico al quale (Applausi dei deputati del gruppo misto-rifondazione comunista-progressisti) il nostro paese è tenuto in rispetto della nostra Costituzione.
Oggi si sta consumando una grande ipocrisia: coloro i quali non hanno voluto concedere l'asilo politico oggi chiedono alla Turchia di essere rispettosa delle garanzie di Ocalan. È una grandissima ipocrisia dietro alla quale noi non ci nasconderemo per far tornare tutto come prima, come già hanno in animo diversi esponenti della maggioranza di Governo.


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Mi riferisco al segretario dei democratici di sinistra, il quale ha dichiarato che, se la Turchia applicherà la pena di morte ad Ocalan, non potrà entrare in Europa, il che significa che, se non l'applicherà, la Turchia potrà entrare in Europa mentre massacra le popolazioni curde e mantiene in carcere i deputati e gli oppositori al regime.
Noi non ci aggiungiamo a questa manifestazione di ipocrisia, che invece denunciamo ad alta voce, e chiediamo al Governo italiano (spero che il rappresentante del Governo, assorto in letture di ben altro tipo in questo momento) si faccia interprete, presso la Presidenza del Consiglio, dei sentimenti che esprimo. Chiedo che il Governo italiano dichiari quello che tutti i democratici europei sanno e cioè che nel Kurdistan turco è in atto un conflitto; chiedo che l'Italia cessi di commerciare armi con quel paese che le usa per ammazzare la popolazione civile. Chiedo che il Governo italiano ottenga dal Governo turco la garanzia che Ocalan venga processato non in Turchia ma presso i tribunali italiani.
Infine, signor Presidente della Camera, desidero manifestare la mia emozione e la grande amarezza che provo in questo momento. Io però non porto la responsabilità di aver contribuito a questa solo apparente realpolitik, che è in realtà opportunismo e servilismo nei confronti degli interessi commerciali, non ho la stessa responsabilità del Governo italiano. Mi riferisco alla responsabilità delle migliaia di vittime che ci saranno nelle prossime settimane e nei prossimi mesi, da una parte e dall'altra, nel Kurdistan turco: è una responsabilità che peserà per tutta la vita sulle coscienze di tutti i ministri di questo Governo (Applausi dei deputati del gruppo misto-rifondazione comunista-progressisti)!

CARLO GIOVANARDI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà (Commenti dei deputati del gruppo misto-rifondazione comunista-progressisti).

CARLO GIOVANARDI. Signor Presidente, un dibattito «a caldo» su questa materia rischia di essere fuorviante ma, davanti alle affermazioni del collega Mantovani, ancora una volta credo che non sia possibile non dare qualche risposta pacata. Il collega Mantovani ha esordito parlando di un atto di «pirateria internazionale». Ancora una volta si parla ribaltando la verità dei fatti perché diventano pirati i Governi legittimi di paesi democratici come la Grecia, diventano all'improvviso pirati Governi come quello degli Stati Uniti. Secondo il collega Mantovano, diventa pirata anche il Governo italiano per ciò che ha fatto o ha omesso di fare; insomma, saremmo all'interno di una logica di pirateria internazionale, di cui Ocalan sarebbe la vittima predestinata.
In realtà, la comunità internazionale si sta da tempo ponendo il problema di una legalità internazionale, di regole che non facciano godere del privilegio dell'extraterritorialità individui accusati di essersi macchiati di gravi delitti contro l'umanità: ciò vale tanto per coloro che hanno operato in Bosnia negli ultimi anni (Commenti del deputato Nardini) e che sono stati soggetti a critiche da parte della comunità internazionale, nonché a procedimenti penali nei loro confronti, quanto per chi - come nel caso di specie - è accusato, non dimentichiamolo, onorevole Mantovano...

GIORGIO MALENTACCHI. Mantovani, si chiama Mantovani! Sono tre volte che lo chiami Mantovano!

RAMON MANTOVANI. Capisco la tua dimestichezza con l'altro, ma...

PRESIDENTE. Colleghi, vi prego, non credo che questo sia l'aspetto più grave della vicenda.

CARLO GIOVANARDI. Sì, non credo che sia esattamente il cuore del problema che stiamo trattando; il problema è, invece, quello di una persona accusata di terrorismo, non solo per aver preso le


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armi contro un Governo o un regime da lui ritenuto illiberale, quanto per aver praticato l'assassinio di massa del suo stesso popolo, del popolo curdo.

RAMON MANTOVANI. È falso!

CARLO GIOVANARDI. Questo si dimostrerà. Non sono io che devo giudicare se è vero o falso.
Il Presidente del Consiglio D'Alema ha qualificato Ocalan come un terrorista; gli Stati Uniti e la magistratura tedesca hanno la stessa posizione al riguardo: l'accusa non è quella di aver reagito con le armi ai soprusi, bensì di aver praticato l'assassinio politico di uomini, donne e bambini curdi che non la pensavano come Ocalan e come il suo movimento, il PKK.
Dunque, non è pirata la comunità internazionale! Certo, permangono le preoccupazioni comuni alla sensibilità di tutta l'Assemblea: che il processo - che si svolgerà in Turchia - sia equo; che non venga, comunque, applicata la pena di morte; che in Turchia si sviluppi un processo di pacificazione con il riconoscimento di larga autonomia, dell'identità, del diritto alla lingua del popolo curdo; che quanto è accaduto in questi anni vada visto in una luce diversa; che si tenga conto, in quel paese, del significato della lotta - questa sì, legittima - per l'autonomia, l'indipendenza, la tutela della propria etnia, della propria cultura e delle proprie tradizioni.
Il Governo italiano ha commesso molti errori in questa sciagurata vicenda, da noi ripetutamente sottolineati; alcuni gruppi parlamentari sono stati protagonisti - in testa, il collega Mantovani - del meccanismo che ha messo in moto una trafila di avvenimenti che hanno coinvolto il nostro paese.
Ritengo che si possa trovare un punto di intesa comune e far pesare il Governo italiano ed il Parlamento italiano nella comunità internazionale, non dando asilo politico a chi è accusato di aver commesso fatti criminosi, bensì invitando - insieme ai nostri partner europei ed agli Stati Uniti - il Governo ed il Parlamento turco al rispetto delle regole: solo in tal modo si può misurare la capacità di un grande paese, nostro amico e nostro alleato, di avere le carte in regola per far parte dell'Europa, nonché per riconoscersi in quei principi di civiltà e di tolleranza comuni a tutti i paesi europei.
Noi certamente respingiamo questo linguaggio e queste accuse rivolte al Parlamento italiano ed anche le frasi infelici e sopra le righe volte ad attribuire responsabilità che né il nostro Parlamento né il nostro paese hanno. Esprimiamo ancora una volta solidarietà al Governo ed al popolo turco ed ai paesi che come la Grecia si sono mossi in un'ottica di solidarietà internazionale nell'ambito della legalità; chiediamo fortemente che il nostro Parlamento ed il nostro Governo si muovano affinché non venga applicata la pena di morte e si svolga un processo giusto, nell'ottica di una pacificazione nazionale tra turchi e curdi nell'ambito della nazione turca.

ENRICO CAVALIERE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ENRICO CAVALIERE. Signor Presidente, vorrei ricordare al collega Giovanardi che non sempre i Parlamenti, gli Stati ed i Governi rappresentano le istanze ed i diritti dei popoli, altrimenti non si vedrebbe per quale motivo all'interno della Carta delle Nazioni Unite sia previsto il diritto all'autodeterminazione. Questo vale per tutti i popoli che hanno un forte senso della loro identità, quindi per il Kurdistan, come in questo caso, per i paesi baschi, per il Chiapas ed anche per i popoli della Padania (Applausi del deputato Calzavara). Il Governo italiano deve attivarsi fortemente per garantire innanzitutto che non vengano comminate sanzioni che arrivino fino alla pena di morte al leader del popolo curdo Ocalan, in quanto egli rappresenta, appunto, un popolo, e le reazioni manifestate dai cittadini di questo Kurdistan, uno Stato che non esiste nella carta geopolitica, ma


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esiste di fatto, dimostrano proprio che egli ne è il leader. La vicenda Ocalan non può essere ridotta, quindi, ad una soluzione di mediazione.
Ciò vale anche per la soluzione del caso cipriota, ossia dell'invasione turca dell'isola di Cipro; noi auspichiamo la soluzione di questo annoso problema, ma essa non può passare attraverso una sorta di vendetta trasversale che porti alla mediazione statunitense per risolvere il problema turco-cipriota.
La questione deve essere portata non di fronte ad un tribunale turco, che non avrebbe sicuramente l'obiettività necessaria per giudicare il capopopolo Ocalan, bensì di fronte ad un tribunale internazionale, perché soltanto questo può risolverla e sancire finalmente i diritti del popolo curdo (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).

GUALBERTO NICCOLINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GUALBERTO NICCOLINI. Signor Presidente, qui non siamo chiamati a giudicare Ocalan, sarà qualcun altro a doverlo fare: buono o cattivo, profeta del suo popolo o terrorista, certo è un uomo che ha preso le armi ed ha combattuto contro un Governo che non sarà democratico, probabilmente, Mantovani, però è riconosciuto internazionalmente.
Oggi dal collega Mantovani abbiamo ricevuto le prime certezze, dopo due mesi di grandi incertezze. Ora abbiamo la certezza che i servizi segreti di Israele hanno contribuito a questa cattura: è l'unica notizia sicura, perché finora del caso Ocalan non siamo riusciti a sapere nulla, né in Commissione esteri né in aula. Sappiamo che forse oggi ritorna finalmente l'aereo che l'ENI ha concesso per tanto tempo a questo esule politico che girava per il mondo in cerca di una sede. Forse finiremo di pagare pesantemente tutti gli errori che il Governo italiano ha commesso. Il caso Ocalan dimostra ancora una volta il grande fallimento dell'Europa (su questo credo siamo tutti d'accordo), in cui due nazioni si sono particolarmente distinte. In primo luogo la Germania, con i suoi mandati di cattura dimenticati, cancellati, messi da parte per motivi di opportunità politica, e poi l'Italia. Il nostro Governo è passato da una furberia all'altra: l'asilo o il non asilo, aspettiamo o spingiamo, paghiamo, corrompiamo, inventiamo viaggi, andiamo a pagare le guardie di confine di Mosca affinché chiudano un occhio quando porteremo Ocalan, perché le autorità russe non devono sapere che sta tornando nel loro paese... Insomma, abbiamo fatto veramente di tutto, siamo ricorsi alle manovre più oscure, e sempre in nome della legalità, della ricerca di diritti. Ma quali diritti, quando si lavora in maniera oscura e losca e con questo aereo si continua a girare per l'Italia e per l'Europa, facendo benzina di qua e di là, senza che il Parlamento italiano riesca a sapere nulla di quanto sta accadendo?
Oggi abbiamo la certezza che i servizi segreti israeliani - secondo quanto dice Mantovani - hanno contribuito alla cattura di Ocalan. Può anche darsi: forse è una sua certezza, ma non è la nostra, che non abbiamo certezze in ordine a nulla in questa avventura. Sappiamo soltanto che un giorno Ocalan sbarcò a Roma, accompagnato da un collega di questo Parlamento; sappiamo anche che i servizi segreti avevano ricevuto l'annuncio che egli sarebbe arrivato in Italia e che il Governo non sarebbe stato informato; sappiamo poi che, una volta arrivato, non si sapeva cosa farne e si è scoperta la villa all'Infernetto per tenerlo buono. Sono saltate un po' di teste (SISDE, SISMI), che probabilmente non avevano nessuna colpa, visto che le notizie di cui disponevano i servizi segreti non sono state trasmesse a chi di dovere.
Il Governo è stato poi assolutamente altalenante: dal profeta Ocalan al terrorista Ocalan; «no» all'asilo politico e «no» all'estradizione in Turchia, con il conseguente tentativo di corrompere mezzo mondo pur di scaricarlo. Siamo


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riusciti a fare quello che non volevamo fare: siamo riusciti a consegnarlo alle autorità turche! È evidente che, dal punto di vista dei diritti umani, tutti auspicheremmo all'unanimità che la condanna a morte non venga eseguita ed abbiamo appreso con una certa soddisfazione che la prima dichiarazione del premier turco Ecevit questa mattina è stata: lo abbiamo noi, ma non abbiamo alcuna intenzione di dare esecuzione alla condanna a morte; sarà processato.
È chiaro che la Turchia, in qualche modo, è entrata nel novero delle grandi nazioni europee. Dobbiamo ricordare che è una dei pochi baluardi musulmani contro il fondamentalismo: non dimentichiamolo, proprio alla luce dei timori che abbiamo nel Mediterraneo e, in particolare, nell'Adriatico.
L'errore fondamentale è stato compiuto da questo Governo, dagli uomini che ne fanno parte e che non hanno saputo gestire in maniera oculata e, soprattutto, lineare e trasparente un caso che si è creato forse in modo troppo imprudente. Quando è stato detto a Ocalan di venire in Italia, il discorso non era stato preparato: questo è stato un gravissimo errore che oggi ha le ripercussioni che dobbiamo constatare. Sul Governo italiano, colto di sorpresa e che non era stato avvertito dai servizi segreti, oggi grava una certa responsabilità, quella che Ocalan è stato consegnato ai turchi, pur non avendolo consegnato noi. Il danno e la beffa, dunque!
Il Governo deve pertanto farsi un esame di coscienza, deve intervenire in maniera più decisa e, insieme al Parlamento, dovrà battersi affinché almeno la pena di morte non venga applicata.

MAURO GUERRA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MAURO GUERRA. Presidente, colleghi, il giorno dell'arresto di Ocalan a Roma noi cercammo di dire - ed abbiamo continuato a cercare di dirlo nei giorni e nelle settimane successive - che su una vicenda di così grande rilevanza, che coinvolgeva tutta la questione curda, sulla quale peraltro il Parlamento si era pronunciato ripetutamente in termini spesso unanimi, sarebbe stato utile ed opportuno, sarebbe stata cosa giusta evitare strumentalizzazioni del momento.
Credo che facevamo bene allora e che un richiamo all'impegno ad evitare l'uso di questioni come quella di Ocalan per le contingenze polemiche del momento debba essere fatto anche nell'occasione attuale.
Vede, onorevole Niccolini, ricordo che in quel momento dai deputati che siedono nei banchi accanto a lei fummo invitati non ad essere trasparenti, ma ad essere più furbi. Il Governo avrebbe dovuto trovare il modo, certo non trasparente, di respingere immediatamente Ocalan, liberandosi così di un problema: questi furono gli inviti che ci vennero rivolti da quei banchi!
Il Governo ha cercato, in questa vicenda, di tenersi, invece, ancorato ad alcuni principi di fondo; intanto a quello di avere presente e di non perdere di vista che quella di Ocalan è una questione correlata a quella curda, e poi a quello di tener fermi alcuni principi di diritto internazionale, di diritti fondamentali delle persone e dei popoli. Abbiamo dunque cercato di tener fermi questi punti di riferimento.
Abbiamo altresì cercato testardamente di coinvolgere l'Europa in una posizione che avesse sempre presente questi punti di riferimento perché l'Europa possa, complessivamente, dare una risposta politica; purtroppo non abbiamo trovato in quel momento tanta condivisione di assunzione di responsabilità. Ma quello era l'impegno che ha guidato l'azione anche del Governo ed è lo stesso che oggi confermiamo, con un obiettivo immediato - e questo lo diciamo al Governo -: si tratta oggi di intraprendere tutte le iniziative possibili perché, oltre che dal nostro paese, dalla stessa Europa vi sia una presa di posizione al fine di garantire intanto la sicurezza personale di Ocalan e poi per garantire l'esclusione del ricorso alla pena


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di morte, per garantire i diritti di difesa di Ocalan, per garantire insomma il rispetto di quei principi umanitari che ci avevano condotto a negare l'estradizione alla Turchia.
C'è bisogno di una forte iniziativa su questa vicenda perché pare addirittura che vi sia il rischio che ci possa non essere un processo. Sembra infatti che su Ocalan penda già una condanna in contumacia emessa da parte di qualche tribunale turco e che vi sia quindi nei suoi confronti una sentenza già emessa e da eseguire. Bisogna intanto fermare tutto questo. Su ciò concentriamo oggi i nostri sforzi e chiamiamo il Governo a rispondere.
Signor Presidente, stamane abbiamo presentato un'interrogazione e abbiamo sollecitato il Governo a venire in quest'aula a rispondere con urgenza sui fatti avvenuti nelle ultime ore, su come si è svolta la vicenda e sulle iniziative che il Governo ha assunto e che intende assumere, anche nei confronti degli altri partner europei, per dare una risposta anche su quei punti cui ho fatto cenno.
Ci riserviamo di intervenire di nuovo sul punto; in ogni caso insistiamo perché vi sia un «passaggio» in quest'aula a seguito di comunicazioni, di indicazioni del Governo rispetto a questa vicenda.
Cogliendo l'occasione di questo primo confronto odierno, insistiamo perché in attesa di un ulteriore passaggio parlamentare e in accordo con la proposta di risoluzione licenziata stamane dall'ufficio di presidenza della Commissione affari esteri che si è subito riunita, venga immediatamente intrapresa un'iniziativa per garantire - lo ripeto - la sicurezza personale a Ocalan e il rispetto dei diritti fondamentali, avviando attività coordinata a livello europeo che consenta di avere per Ocalan le garanzie di cui ho appena parlato e di riaprire e riproporre la questione politica relativa al popolo curdo, alla sua autonomia e agli altri aspetti ad essa connessi.
Insistiamo su questo, Presidente, e come abbiamo già fatto in sede di Conferenza di presidenti di gruppo sollecitiamo il Governo perché venga a riferire a questa Assemblea e sulle sue affermazioni si possa aprire un dibattito (Applausi dei deputati del gruppo dei democratici di sinistra-l'Ulivo).

PRESIDENTE. Onorevole Guerra, il ministro Folloni ha detto che riferirà al Presidente del Consiglio e poi ci farà sapere quando il Governo sarà disponibile a riferire alla Camera.

FEDERICO GUGLIELMO LENTO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FEDERICO GUGLIELMO LENTO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, stamane è accaduto un fatto molto grave: Ocalan è stato arrestato e consegnato ai turchi. La Turchia è un paese che, contrariamente a quanto previsto dal diritto internazionale e dal diritto umanitario, ancora pratica la pena di morte; è un paese in cui il presidente curdo Ocalan è già stato condannato a morte.
Stamane il presidente della Commissione affari esteri ha sottoposto all'ufficio di presidenza una dichiarazione da rendere alla stampa (sulla quale tale ufficio ha concordato), in cui si dicono cose molto importanti. Vorrei ricordarle brevemente per fare poi alla fine una richiesta.
All'inizio di questa trattativa, il Presidente del Consiglio D'Alema venne in aula a riferire e dimostrò molto coraggio - consentitemi di dirlo - perché, nonostante le pressioni internazionali degli Stati Uniti d'America e della Turchia, la quale, contro tutto il diritto internazionale, stabilì nei nostri confronti quelle che una volta si chiamavano le inique sanzioni, resistette. E lo fece per un fatto molto semplice: il nostro ordinamento e le nostre leggi non consentivano di estradare un cittadino in uno Stato in cui vigesse la pena di morte.
Si è successivamente manifestato però il gesuitismo e la politica parallela di alcuni Stati dell'Europa che hanno lasciato sola l'Italia in questa sua avventura:


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vi è stata la Germania che ha emesso un mandato internazionale di arresto cui non è seguita una richiesta di estradizione; vi è stata l'Olanda che non ha voluto accettare un tribunale internazionale dove potesse essere giudicato Ocalan nel caso in cui si fosse dimostrato che aveva commesso dei crimini. Non venitemi a dire che egli sarà giudicato equamente dal Presidente della Turchia, il quale gli chiede di arrendersi e consegnarsi con il ricatto che non gli sarà torto un capello se tutto il movimento di lotta dei curdi farà la stessa cosa. Consentitemi di non crederci!
È necessario un grande sforzo politico dell'Italia, di questo Governo e di tutta l'Europa, perché Ocalan non è venuto per caso in Italia. È venuto perché il nostro paese aveva dimostrato un grande interesse nei confronti della soluzione dell'annosa questione curda. Tant'è che nei locali del Parlamento italiano si era riunito il parlamento curdo in esilio. Successivamente era stata fatta una proposta e in Commissione esteri tutti i partiti politici avevano firmato una mozione che sollecitava un tavolo internazionale per discutere l'annosa questione del popolo curdo. Oggi sicuramente scriviamo una pagina nera, perché viene consegnato un uomo ad una nazione illiberale e, contemporaneamente, perché la questione dei curdi fa sicuramente grandi passi indietro, contrariamente agli sforzi fatti dall'Italia, che ha invitato anche l'Europa ad agire in direzione di una sua soluzione.
Chiediamo quindi che il Governo nei suoi massimi vertici torni in quest'aula a riferire e a riaprire il dibattito perché, se in un primo momento abbiamo assistito ad un impegno serio nella persona del Primo ministro D'Alema, successivamente vi è stato un black out.
Speriamo che la questione si possa risolvere, ma non abbiamo molto tempo a disposizione. Chiediamo quindi che l'informativa del Governo avvenga nel più breve tempo possibile (Applausi dei deputati del gruppo comunista).

LUIGI SARACENI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUIGI SARACENI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, finora il collega Pisapia ed io abbiamo mantenuto un rigoroso costume di astensione dalle numerose occasioni di dibattito che vi sono state in quest'aula sul caso Ocalan per l'ovvia considerazione che è opportuno, a nostro avviso, mantenere separati i ruoli e noi abbiamo anche il ruolo di difensori.
Tuttavia, questo è un momento particolare e chiedo a lei, signor Presidente, e a tutti i colleghi, un momento di comprensione per questa deroga che manterrò nei limiti ristrettissimi dell'espressione di una preoccupazione, mentre mi asterrò rigorosamente dall'intervenire nel dibattito politico.
La preoccupazione umana, che voglio esprimere in questo momento, riguarda l'incolumità fisica di Abdullah Ocalan. Non ho alcuna notizia precisa sulla questione, non voglio quindi né provocare allarmismi, né avanzare sospetti, né creare suggestioni di alcun tipo. Credo però che sia umanamente comprensibile, non solo per chi si trova ad essere difensore, ma da parte di chiunque, che in ore come queste ci si preoccupi anche della possibilità che Ocalan sia in pericolo di vita. Con ciò non voglio minimamente mancare di rispetto allo Stato turco. Si sa che persone che si trovano in condizione di restrizione della libertà, specie quando su di loro gravi una grossa tensione - e in questo caso la tensione è di proporzioni, direi, immense - corrono rischi anche per la loro incolumità fisica. Solo su questo punto e per tale ragione chiedo alla Camera di pronunciarsi affinché in queste ore venga salvaguardata l'integrità fisica di Abdullah Ocalan (Applausi dei deputati dei gruppi misto-verdi-l'Ulivo, dei democratici di sinistra-l'Ulivo e comunista).

GUSTAVO SELVA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GUSTAVO SELVA. Signor Presidente, dirò poche parole con la massima serenità


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possibile. L'onorevole Mantovani e il Governo si sono resi responsabili di un enorme pasticcio del quale finisce per essere vittima anche colui che da tale pasticcio avrebbe dovuto essere «salvato».

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CARLO GIOVANARDI (ore 15,38)

GUSTAVO SELVA. Onorevole Mantovani, lei è andato a prendere a Mosca colui che chiama «il presidente Ocalan», che - va detto con molta serenità - è presidente del suo partito e non rappresentante di tutto il popolo curdo, e l'ha portato in Italia. Se le sue intenzioni fossero state corrette, e non quelle di sfruttare il «caso», evidentemente si sarebbe dovuto accertare, prima dell'arrivo di Ocalan a Roma, della possibilità di ottenere l'asilo politico, ossia che vi fossero le condizioni per le quali lei dice di battersi. Con il suo comportamento, invece, lei ha messo nei guai il suo compagno Ocalan e ha indotto il Governo ad una serie di contraddizioni - in questo caso posso perfino essere d'accordo con lei - che vanno dalla forse vaga promessa iniziale di concedere l'asilo politico alla definizione, espressa dal Presidente del Consiglio alla Camera, del signor Ocalan come di un «terrorista».
Il consiglio che posso dare al signor Ocalan, se potesse ascoltarmi, è di guardarsi bene da questi difensori, sia quelli che sono al Governo sia quelli che sono dalla sua parte politica, onorevole Mantovani, perché con tali difensori ha fatto pochissima strada.
Onorevole Mantovani, lei ha già espresso un giudizio definitivo: lei sa già che la Turchia è uno Stato che uccide barbaramente uomini e donne del Kurdistan e che ha la responsabilità di tutti i delitti commessi nel paese, mentre io non ho le sue stesse certezze. Dalle informazioni che ho, e che credo siano da porre sullo stesso piano, so che anche il signor Ocalan si è macchiato di reati comuni (è questa l'imputazione che gli viene fatta), uccidendo donne e bambini che con la lotta di indipendenza del Kurdistan non hanno nulla a che vedere. Credo, quindi, che lei sia un avvocato che, difendendo quella causa, accetta la logica terroristica, con la quale non capisco, però, cosa abbiano a che fare donne e bambini.
L'unica cosa che può fare il Parlamento italiano non è, onorevole Guerra, onorevole collega del partito comunista di Cossutta, l'ennesima discussione sul caso Ocalan; quel che possiamo fare, e da parte mia lo faccio senza alcuna ipocrisia perché condanno la pena di morte dal punto di vista costituzionale e della mia fede cattolica, è assumere un'iniziativa nei confronti della Turchia - come ha fatto questa mattina l'ufficio di presidenza della Commissione affari esteri - affinché la Turchia non infligga ad Ocalan una condanna che porti all'esecuzione della pena di morte. L'unico passo che possiamo fare credo che sia questo, perché né nei confronti dei nostri alleati della NATO, cioè i turchi e i tedeschi, né nei confronti di Ocalan né il Governo né l'opposizione di rifondazione comunista ha avuto un atteggiamento che ha aiutato la causa dei curdi. (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).

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