Seduta n. 426 del 23/10/1998

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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE

La seduta comincia alle 9.

ROSANNA MORONI, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).

PRESIDENTE. Comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Seguito della discussione sulle comunicazioni del Governo (ore 9,03).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione sulle comunicazioni del Governo.
Informo i colleghi, in particolare quelli dell'opposizione, che il tempo richiesto dalle iscrizioni a parlare dei deputati del gruppo di forza Italia è complessivamente di 62 minuti, ma costoro hanno a disposizione soltanto 37 minuti, per cui o si riduce il numero degli interventi oppure, come ho già detto più volte nella seduta di ieri, alcuni deputati saranno costretti a rinunciare ad intervenire. Il tempo richiesto dal gruppo di alleanza nazionale sarebbe di 63 minuti, ma i deputati dispongono di 34 minuti, per cui anche in questo caso o si riduce il numero degli interventi, oppure qualche deputato non potrà intervenire.

(Ripresa discussione sulle comunicazioni del Governo)

PRESIDENTE. Proseguiamo nella discussione sulle comunicazioni del Governo iniziata nella seduta di ieri.
È iscritto a parlare l'onorevole De Benetti. Ne ha facoltà.

LINO DE BENETTI. Signor Presidente, colleghe e colleghi, i deputati verdi condividono pienamente l'impianto istituzionale, politico e programmatico della comunicazione resa al Parlamento dal Presidente del Consiglio D'Alema. Ne abbiamo apprezzato l'alto profilo democratico, per l'acuto senso dello Stato, per il rigoroso rispetto verso le diverse componenti della sua maggioranza, per la disponibilità al dialogo verso le opposizioni, per il suo spessore sociale, per esempio con l'insistente attenzione per i giovani e per le donne.
Quello che si appresta a ricevere la fiducia, signor Presidente del Consiglio, è dunque un Governo che ha trovato il consenso di una coalizione più ampia di quella precedente, per noi pienamente legittima in questa fase istituzionale della democrazia italiana. Una coalizione più ampia, non vi è dubbio, che da una parte rende più difficile e delicato il compito di una leadership equilibrata e al tempo stesso capace di slancio riformatore, ma dall'altra parte rappresenta anche una grandissima sfida proprio perché è più ampia: la sfida di portare la democrazia italiana e le sue regole verso un sistema maggioritario compiuto e superare quindi una fase di transizione che - lo ripetiamo chiaramente e fortemente in quest'aula, ma anche ai cittadini italiani - dura ormai da troppo, troppo tempo.
Siamo anche d'accordo nel sottolineare che in questo processo riformatore vi sono diverse opzioni, pluralità di proposte, divergenti prospettive politiche, anche interne alla maggioranza parlamentare che si appresta a sostenere il Governo. Ciò fa parte, tuttavia, del gioco democratico. I


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verdi parteciperanno attivamente e costruttivamente a questa sfida con iniziative politiche, parlamentari e di partito. Naturalmente siamo ben consapevoli di essere un partito più piccolo di altri in questa coalizione, ma per i valori a cui ci richiamiamo, per le radicali convinzioni che ci animano e per le concrete proposte che avanziamo, mentre riaffermiamo la nettezza, mai smentita, della nostra scelta e della nostra leale collocazione politica, riaffermiamo con orgoglio non minore la nostra diversità e dal centro e della sinistra.
Vorrei ora concentrare il mio intervento sull'azione programmatica del Governo. Il Presidente D'Alema ha, secondo me per la prima volta da parte di un Presidente del Consiglio, felicemente centrato l'insieme dei problemi che noi verdi proponiamo e le proposte che avanziamo in questo Parlamento da oltre 12 anni. Ci attendiamo ora che il Governo realizzi con efficacia e rapidità gli impegni programmatici descritti e annunciati ieri in quest'aula. I verdi desiderano tuttavia porre al Governo e al Presidente del Consiglio alcune integrazioni e alcune sottolineature, non per compilare un «elenco della spesa» verde, che sarebbe interminabile, ma per ribadire questioni che per noi sono di fondo e al tempo stesso, riteniamo, praticabili e possibili. Tre riforme di fondo che in sintesi definiamo un nuovo ciclo riformatore per uno sviluppo ecologicamente sostenibile, per i diritti verso una nuova cittadinanza europea nell'attuale fase di trasformazioni globali ed epocali del nostro pianeta, trasformazioni che ogni giorno, ogni attimo toccano la vita concreta dei cittadini italiani.
La prima riforma di fondo è un disegno di riorientamento dell'economia, all'interno certamente di un'economia di mercato e per un consolidamento innovativo dello sviluppo dell'impresa. Certo, c'è un ministro dell'ambiente, che ha già compiuto atti riformatori importanti; si pensi alla riforma sui rifiuti e a quella sui parchi, che sono anche un atto di civiltà. Ma le politiche ambientali non si governano soltanto dal Ministero dell'ambiente. Infatti, le condizioni politiche attuali - facilitate anche dalle odierne coalizioni di Governo in Francia, in Germania e dall'esecutivo laburista in Gran Bretagna -, le condizioni economiche e finanziarie che si determinano con la nascita dell'euro, rendono possibili riforme ambientali necessarie per modernizzare e ridisegnare la produzione e rendere più equa la società. Si pensi alla necessità di un uso razionale dell'energia, ad una drastica diminuzione degli inquinanti nell'aria, nell'acqua, nel suolo, negli alimenti, nei vestiti, nelle abitazioni; si pensi alla riconversione dell'agricoltura verso pratiche compatibili con il territorio; si pensi all'obiettivo della qualità, della sicurezza, della durevolezza dei prodotti industriali; si pensi ad un sistema dei trasporti che riduca i pesantissimi impatti sulla viabilità e sull'inquinamento.
Di queste riforme possibili e necessarie ne voglio ricordare soltanto una, la difesa del suolo, perché già richiamata nella risoluzione approvata con l'ultimo DPEF come priorità di politica economica interna. Occorre attribuire alla difesa del suolo il carattere di «infrastruttura primaria», cioè nel riconoscimento dell'unitarietà idrogeografica e di gestione dei bacini nazionali. Per far ciò, ai fini di coordinare le politiche di manutenzione del territorio - come già le aveva ben definite il Presidente Prodi - e appunto la difesa del suolo, la richiamiamo, signor Presidente, ad una proposta su cui lei stesso si era in passato espresso favorevolmente. Si tratta del ministero unico per il territorio e per l'ambiente, come esigenza da tempo affermata e riconosciuta anche in altri paesi europei - così è in Francia, in Inghilterra e in Germania - per coordinare gestioni altrimenti parcellizzate e quindi a rischio.
Seconda riforma di fondo è la fiscalità ecologica all'interno di un nuovo patto fiscale. In questo quadro, i verdi apprezzano l'introduzione nella finanziaria - che deve essere approvata così com'è - di una tassa sulle emissioni di anidride carbonica (la energy carbon tax), che


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rappresenta un primo passo verso l'utilizzo della leva fiscale in senso ambientale. È un atto dovuto, sia per gli impegni che l'Italia si è assunta alla conferenza di Kyoto, sia verso le proposte di direttiva dell'Unione europea, peraltro già in fase di applicazione in alcuni paesi europei (Svezia, Finlandia, Norvegia, Olanda, Danimarca e ora, con il nuovo Governo, in Germania). La energy carbon tax può essere il primo mattone di una seria riforma di riorientamento del mercato, se costruita su un sistema di forti agevolazioni per uno sviluppo sostenibile, oltre che sul sacrosanto principio del «chi inquina paga». Noi abbiamo presentato anche una proposta di legge delega che va oltre la carbon tax e costituisce una vera e propria riforma strutturale, perché forma l'intreccio di due fattori premianti: riduzione degli oneri sociali sul lavoro e incentivi fiscali - ad invarianza di gettito - per produzioni, tecnologie, attività innovative non inquinanti. Una combinazione che da una parte premia a monte l'abbattimento dei vari impatti inquinanti e dall'altra incrementa uno sviluppo sostenibile. Insomma, un binomio virtuoso in grado di favorire nuova e duratura occupazione.
Terza riforma è un patto di nuova cittadinanza. Le trasformazioni globali ed epocali che ci attraversano stanno di fatto mutando le condizioni del vivere. Ha fatto bene il Presidente D'Alema a ricordare il bisogno di un'etica civile, ha fatto bene. Riguarda troppe cose sulle quali il nostro paese stenta a darsi delle regole. Certo, è necessario un patto di accoglienza verso le pesanti povertà che dal sud al nord, dall'est all'ovest premono e chiedono all'Italia spazi di lavoro e dignità civile.
Ma occorre anche dare cittadinanza ed identità a nuovi soggetti sociali, a milioni di persone che, a loro costo, forse sono già più avanti del paese di cui sono cittadini. Penso a quel terzo settore, che lei ha ricordato, la cui riforma è già iniziata; penso al riconoscimento dell'esistenza per i nuovi soggetti consumatori di beni, utenti di servizi privati e pubblici, che hanno diritto ad una vera scelta; penso ad un rapporto civile con gli animali, come esseri senzienti; penso al diritto, specie dei bambini, ad un'alimentazione piacevole non ridotta a merce standardizzata, insapore ed inodore; penso ai diritti dei cittadini che vogliono vedere legittimato il loro desiderio di ricerca spirituale, di libertà terapeutica, non contro le grandi conquiste della salute, non contro altre convinzioni laiche o religiose, ma in una diversità di scelte e convivenze condivise.
Oggi i Governi d'Europa, quindi anche quello italiano, non devono continuare a rincorrere a fatica e con miopia le conseguenze di queste trasformazioni, ma uno Stato moderno e democratico le deve saper interpretare, anticipare e regolare. Mi pare che anche ciò possa rappresentare un grande compito per un Governo riformatore.
Queste sono le principali valutazioni dei verdi e le proposte che noi avanziamo. Auguri di buon lavoro, signor Presidente del Consiglio. I verdi sostengono questo Governo con convinzione (Applausi dei deputati del gruppo misto-verdi-l'Ulivo).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Burani Procaccini. Ne ha facoltà.

MARIA BURANI PROCACCINI. Signor Presidente, signor Vicepresidente del Consiglio, il Governo D'Alema non mi appartiene per un duplice ordine di motivi: il primo di carattere morale, il secondo di carattere contenutistico e culturale. Appartengo infatti ad una tradizione di centro cattolico liberale che mal si è adattata ai giri di valzer della vecchia DC, dove per la presidenza di qualche banca (oggi diremmo per qualche sottosegretariato) si svendevano i valori etici e civili fondamentali, che avevano fatto grande la tradizione del pensiero di Rosmini o, più recentemente, di Luigi Sturzo.
Come si incontreranno i cossuttiani ed i cossighiani sui grandi temi della bioetica? Come si accorderanno in una sorta di mefistofelica coincidentia oppositorum? Dove avverranno le convergenze parallele a difesa della vita, della famiglia, della


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libera scuola cattolica e laica, della giustizia giusta e della sussidiarietà? Cari amici cattolici, troppi compromessi di infimo livello sono stati fatti sulla pelle degli italiani. Gente come me, nata democristiana, ormai non accetta più i compromessi. Ho troppo rispetto per la gente che mi ha dato il voto per tradirne anche la speranza.
Quanto poi al deprimente contenuto del Governo, ricordo il basso profilo di alcuni Ministeri, moltiplicatisi miracolosamente in base al crescente appetito dei clientes. Mi basta citarne uno per tutti: quello della cultura, o come diavolo si chiama il Ministero che fu dei De Santis e dei Ruggero Bonghi. Cultura italiana sempre cenerentola nel paese dei più grandi musei, dei più prestigiosi monumenti, delle più belle e numerose città storiche: ridotta a giustificare la sua estromissione di fatto per la presenza di sport e cinema. Suvvia, signori del Governo, potevate volare alto. Si dice che la cultura stia solo a sinistra. Verrebbe da dire, come in una celebre canzonetta (certamente nota al nuovo ministro), che la cultura non abita più lì, in quel nuovo Ministero che forse ora risulterà riunire sotto una sola nuova denominazione i beni culturali ed ambientali. Ricordo che proposi questo nome in un mio progetto di legge, proprio perché accomunava insieme tante cose. Ma purtroppo ormai questo Ministero è passato dalla prima Repubblica della Bono Parrino alla seconda Repubblica con il nuovo ministro. Certamente il peggio non è mai morto (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Petrini. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI PETRINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Vicepresidente del Consiglio, signori ministri, la storia ci ha consegnato un insegnamento paradossale: gli uomini non sanno mai fare tesoro degli insegnamenti della storia. Così eccoci piombati in un pieno déjà vu, a discutere esattamente come tre anni fa se sia lecito o meno che deputati eletti in una coalizione appoggino un Governo diverso da quello prefigurato dalla stessa coalizione.
Ed è un dubbio che nasce, legittimo, da una contraddizione che però tutti conosciamo e tutti abbiamo denunciato: la contraddizione tra un sistema istituzionale che vuole che i Governi siano parlamentari, ovvero legittimati dalla volontà degli eletti in Parlamento, ed un sistema elettorale che, configurato su un modello maggioritario, obbliga le forze politiche a creare coalizioni che necessariamente - implicitamente o esplicitamente, dichiaratamente o meno - vanno a prefigurare le maggioranze di un possibile governo.
Questa contraddizione tra sistema istituzionale e sistema elettorale l'avevamo ben presente e tutti, concordemente tutti, ci eravamo riproposti di sanarla, ma non siamo stati capaci di farlo.
Viene quasi da dire: chi è causa del suo mal pianga se stesso. Ed è davvero ingeneroso in questo momento accusare il Capo dello Stato di qualsivoglia disinvolta interpretazione, perché il Presidente della Repubblica è il garante della Costituzione e non può assolutamente prescindere dall'applicazione della stessa. Vale la pena di ricordare come il Capo dello Stato abbia egli stesso più volte ammonito le forze politiche della necessità di dar luogo a riforme istituzionali, avendo ben presente la contraddizione di fondo che oggi ci porta nuovamente a questa discussione.
Io però vorrei far rilevare che in questo dibattito corriamo il rischio di sottacere alcuni principi di democrazia che sono fondamentali e rilevanti. Vale a dire: se pensassimo di poter forzare in via logico-interpretativa la nostra Costituzione, affermando che questo Governo non è legittimo e che potrebbe essere legittimato soltanto attraverso elezioni popolari, in realtà arriveremo a stravolgere alcuni principi fondamentali della democrazia.
La nostra è una democrazia rappresentativa e, in quanto tale, si fonda necessariamente sul libero arbitrio degli eletti. La democrazia è potere del popolo,


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certo, ma potere del popolo su chi? Potere del popolo sul popolo. Allora, chi comanda chi? Chi comanda e chi obbedisce? È chiaro che nella democrazia dobbiamo distinguere due momenti assolutamente diversi: uno in cui il popolo è soggetto del potere - è il momento elettorale - ed esercita in modo diretto il potere di cui è depositario ed uno, successivo a quello elettorale, in cui è oggetto del potere ed è quindi sottoposto al potere di coloro a cui ha consegnato una delega che non è automaticamente removibile, anzi non lo è in nessun caso, se non in quelli previsti, appunto, dalla Costituzione come casi di scioglimento delle Camere. In questa irrevocabilità c'è il principio della responsabilità diretta, libera e indipendente di ciascuno di noi nell'interpretare il mandato ricevuto.
Una democrazia diversa sarebbe senz'altro piaciuta a Robespierre e ai giacobini che, difatti, così la configuravano, cioè come una democrazia in cui le assemblee si svolgessero in una sorta di palazzo dello sport, ove migliaia di cittadini potessero controllare ed influenzare, con il loro appoggio o con la loro riprovazione, i rappresentanti eletti. Quei rappresentanti erano cioè investiti dal principio di responsabilità: erano responsabili moralmente e giuridicamente delle deliberazioni che assumevano. Robespierre prevedeva poi che l'elettorato potesse ricusare il mandato rappresentativo all'eletto. Ma da allora ad oggi sono passati duecento anni di storia e di pensiero liberale, che hanno affermato il principio contrario, cioè quello della irresponsabilità dell'eletto. Tutte le democrazie occidentali, assolutamente tutte, si fondano sul principio irrevocabile e inderogabile del divieto al mandato imperativo.
Divieto al mandato imperativo significa che ciascuno di noi può fare le scelte in piena libertà di coscienza, salvo poi presentarsi di fronte all'elettorato, alla scadenza del proprio mandato, con la responsabilità delle scelte operate. Questo è un principio fondamentale delle democrazie moderne e occidentali. Questo principio è tanto radicato che molte democrazie prevedono addirittura il voto segreto; si prevede cioè che nessuno possa operare, attraverso la stessa conoscenza del voto espresso dal deputato, pressioni, condizionamenti e giudizi e ciò proprio per salvaguardare la piena e assoluta libertà di coscienza dell'eletto. Sono, questi, principi fondamentali della democrazia che noi non possiamo disconoscere soltanto nel momento in cui poniamo in giusto dubbio, in giusta evidenza quella contraddizione tra l'apparato istituzionale ed il sistema elettorale.
Tra l'altro in questa discussione rischiamo anche una deformazione prospettica di quella che è una democrazia e la sua complessa problematica. Corriamo il rischio, cioè, di definire la democrazia solo ed esclusivamente come la legittimazione all'esercizio del potere che diamo all'una o all'altra parte politica. Non è questa la democrazia! Se così fosse, infatti, dovremmo pensare che la democrazia sia il godimento di una parte, ancorché maggioritaria, della popolazione che esercita per interposta persona il potere, e il patimento di un'altra parte, seppur minoritaria, di popolazione che subisce l'esercizio del potere. Ma questa è una visione assolutamente riduttiva della democrazia.
I problemi della democrazia sono ben altri. Certo, lo è la legittimazione di chi esercita il potere, ma lo sono soprattutto i modi, i limiti, le garanzie, i controlli nei confronti dell'esercizio del potere. Sono questi i temi su cui soprattutto dovremmo concentrare il nostro dibattito.
Ed allora io penso che questo Governo, pienamente legittimo perché investito, come sarà, dalla fiducia parlamentare, possa continuare ad operare sulla linea del Governo precedente, aggiungendo anche quei programmi di riforma istituzionale che abbiamo lasciato colpevolmente in sospeso, e che sono alla base di tante odierne incomprensioni e di tanti odierni dibattiti. Riforme istituzionali e sanare la contraddizione fra sistema elettorale maggioritario e sistema istituzionale che prevede un Governo investito dalla fiducia del Parlamento: ciò è prioritario! Magari


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potremmo evitare di riscrivere complesse architetture istituzionali e limitarci ad alcune precise e circoscritte riforme che vadano però a migliorare il sistema attuale rendendo finalmente, per il futuro - lo spero - inutili queste contrapposizioni.
Il tempo a mia disposizione è esaurito; vi sarebbero tante altre cose da dire, mi sono limitato nel mio intervento ad un solo aspetto. Rivolgo infine i miei auguri di buon lavoro a tutto il Governo (Applausi dei deputati dei gruppi di rinnovamento italiano, dei democratici di sinistra-l'Ulivo e misto-verdi-l'Ulivo).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Nardini. Ne ha facoltà.

MARIA CELESTE NARDINI. Signor Presidente, signori del Governo, onorevoli colleghi e colleghe, con quanta facilità, con quanta superficialità nel corso di questi giorni e di queste ore, persino nell'esposizione del Presidente del Consiglio, si è tentato di togliere senso alla nostra battaglia politica. Tenacemente e rigorosamente abbiamo voluto continuare a tenere sulla scena politica le ragioni di uomini, di donne e di minori, di quei soggetti, di quella parte del paese, che mi è sembrata, anche nelle parole del Presidente, diventare virtuale, privata di corpi e di menti.
No, non è vero e lo sapete. Sapete tutti che la responsabilità non è di rifondazione comunista. Siamo stati responsabili fino in fondo e rigorosi rispetto ad un patto nei riguardi di quella parte di società che abbiamo la sensazione si voglia quasi mettere fuori, espungere. Sarebbe interessante riflettere su tutto questo, e non si inquieti Presidente Violante, ma privarci del gruppo ha avuto ed ha lo stesso significato: togliere la voce.
Dalle sei cartelline e dall'accordo programmatico del Governo ci sono diversi segnali inquietanti, soprattutto culturali, che ci destano forti preoccupazioni. Li cito velocemente.
Le questioni della bioetica. Certo, libertà di coscienza è una scelta politica, ma il suo Governo, Presidente D'Alema, non ha niente da dire?
Sulla parità scolastica ha parlato ieri la collega Lenti. Ci sembra che siate già orientati a fare questa scelta, sulla quale sentiamo, però, che non siamo i soli ad essere contrari. Quindi, cercheremo alleati dentro e fuori il Parlamento. Quanta invadenza, anche della Chiesa, in questo campo! Ci piacerebbe pensare che volgerete lo sguardo a tutti quei bambini della Calabria, e non solo, i cui genitori lottano in queste ore per poter ottenere che cosa? L'insegnante di sostegno. Ma ad essi viene risposto che, per questioni economiche e finanziarie, forse bisognerà tagliare.
I cardini dell'azione di un Governo di centro-sinistra e comunque presieduto da una personalità fortemente caratterizzata, come la sua, onorevole D'Alema (ella non è presente, ma è a lei che mi rivolgo), sono sviluppo, occupazione e politiche sociali.
Mi fermo, sia pure fugacemente, sul terzo punto, essendo, infatti, uno di quelli fortemente criticati nella intoccabile biblica finanziaria di Prodi, oggi la sua, Presidente D'Alema.
Un importante ministro del suo Governo, Bassolino, ministro del lavoro, ha già dichiarato di voler mettere mano allo Stato sociale: per riformarlo, sapendo che nel Mezzogiorno ci sono zone che non hanno mai visto lo Stato sociale, o per cancellare le residue parti? È neutra questa scelta? Può essere compiuta avendo come specchio questa finanziaria inadeguata e persino dannosa?
Anche qui, quante bugie sui contenuti! Che significa affrontare il problema delle pensioni sociali di una fascia di persone, d'altra parte assai ridotta, con un aumento, ad esempio, certo gradito ma che non scalfisce neppure il dramma dell'indigenza e, in molti casi, della sopravvivenza di una fascia più o meno ampia di cittadini di questo paese? Perché si illude il cittadino sulle esenzioni dei ticket se esse non riguardano le prescrizioni farmaceutiche?
E che dire, al di là delle scelte politiche operate, dell'assegno per nuclei familiari con almeno tre minori? Non è garantita a tutti la cifra di 2 milioni e 600 mila lire


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annue. Sapete, signori del Governo, che per molti la cifra è dimezzata. Sapete che molti, pur avendone i requisiti, non potranno usufruirne, in quanto è previsto un fondo ad esaurimento.
E che dire della compartecipazione degli enti locali al patto di stabilità che, per vostra normativa, comporterà un taglio delle spese comunali sui servizi a domande individuali?
Il Presidente non aveva parlato delle donne, di risposte da dare loro, di una loro valorizzazione? E su chi credete che prevalentemente cadranno queste scelte?
Dove sono finite le scelte riguardanti, per esempio, la gratuità dei libri di testo per la scuola dell'obbligo, l'abbattimento degli oneri relativi alla prima casa, l'eliminazione dei ticket, le misure concrete per combattere l'emarginazione economica, sociale e culturale che sta minando alle fondamenta il tessuto connettivo e democratico del paese?
Erano queste alcune delle cose semplici, visibili e tangibili che abbiamo chiesto all'inizio di questa vicenda e che continuiamo a chiedere per almeno due ragioni. La prima: la visualizzazione di un'inversione di tendenza. La seconda: le caratteristiche minimali di un Governo, certamente non comunista ma che si ispirasse, almeno, alle attese del 21 aprile.
Signor Presidente del Consiglio, per antica cultura anche sua - è a lei che mi rivolgo - ella sa che non si possono ingannare i cittadini (una volta si diceva le masse) e che quando questo lo si tenta o lo si fa dura assai poco e si corre il rischio di essere travolti. Noi riproporremo questi temi, questi problemi offrendo ipotesi di soluzione e chiedendo aiuti e contributi.
Siamo qui e se riterrà che è necessario, abbandonando contraddittori compagni di strada, riprendere quel percorso che oggi state interrompendo, riprendere il percorso del popolo della sinistra, sappia che ci ritroverà e potrà contare sul nostro contributo e sulla forza che nel paese rappresentiamo. Sappia però con estrema chiarezza che di quelle esigenze e di quel popolo noi da subito e senza soluzione di continuità saremo portavoce ed interpreti in quest'aula.
Signor Presidente del Consiglio, nonostante l'asprezza del presente io le auguro davvero buon lavoro con affetto (Applausi dei deputati del gruppo misto-rifondazione comunista-progressisti).

PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Acierno, iscritto a parlare: si intende che vi abbia rinunziato.
È iscritto a parlare l'onorevole Fontanini. Ne ha facoltà.

PIETRO FONTANINI. Signor Presidente, signor Vicepresidente del Consiglio, nella sua relazione l'onorevole D'Alema ha affermato che il Governo sarà un interlocutore attento e sensibile alle proposte che il gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania formulerà.
La riforma costituzionale è un tema su cui il nostro movimento ha prodotto tutta una serie di proposte che purtroppo, sia nella Commissione bicamerale sia nelle aule di questo Parlamento, sono state sempre osteggiate. La lega aveva pensato ad una procedura per le riforme costituzionali che passasse attraverso l'investitura popolare, perché fortemente convinta che al popolo bisogna chiedere un mandato sul tipo di riforma che si deve dare a questo paese. Avevamo indicato nell'Assemblea costituente l'organo per riformare tutta la nostra Costituzione. Ci siamo appellati ai diritti fondamentali che regolano la vita degli Stati più civili, chiedendo di introdurre nella nostra legislazione il diritto all'autodeterminazione dei popoli, per dare risposte alle speranze in particolare dei popoli del nord.
Abbiamo chiesto di introdurre il principio della sussidiarietà nella centralistica macchina dello Stato, chiamando soprattutto le autonomie locali a gestire autonomamente le comunità di cui sono espressione. Avevamo chiesto di introdurre nel sistema giudiziario una vera separazione tra la magistratura inquirente e quella giudicante.
Tutte questioni, signor Presidente, che la defunta Commissione per le riforme


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costituzionali che il Presidente D'Alema presiedeva si è guardata bene dall'esaminare. Speriamo che questa stagione di veti sia finita, che da parte del suo Governo ci sia una vera attenzione alle nostre proposte. Auspichiamo per il suo Governo una iniezione di laburismo inglese, un'impostazione di tecniche legislative alla Tony Blair, quelle norme che hanno permesso alla Scozia ed al Galles di ottenere un nuovo status con l'istituzione di un Parlamento con poteri legislativi autonomi.
Signor Presidente, la invitiamo ad un sereno confronto sulla devolution di matrice inglese, su quel passaggio di competenze legislative primarie al Parlamento scozzese che hanno dato vera dignità a quella nazione. Siamo convinti che il suo Governo, se vuole restare agganciato alle moderne democrazie europee, deve spogliarsi di molte competenze per trasferirle in particolare agli enti locali; quegli enti locali cui si vuole assicurare piena autonomia finanziaria, evitando di conseguenza i trasferimenti perché sono ancora fortemente sperequati, con i comuni del sud che ottengono finanziamenti da Roma due volte più ingenti di quelli del nord.
Noi della lega nord per l'indipendenza della Padania siamo d'accordo sul principio della solidarietà e della perequazione ma pensiamo che tale principio non possa operare in presenza di evidente e significativa evasione fiscale. In questo paese ci sono aree e regioni in cui l'evasione è molto al di là del sopportabile. Per questo motivo chiediamo a questo Governo di bloccare i trasferimenti perequativi a quelle regioni e a quegli enti che non dimostrino di combattere efficacemente ogni ipotesi di evasione fiscale e contributiva.
Nella sua relazione il Presidente D'Alema non ci ha detto che cosa pensa di fare per ridimensionare il nostro elefantiaco sistema normativo e burocratico. Le centinaia di migliaia di leggi e regolamenti vari si sono sempre tradotti in maggiori costi per tutti gli operatori economici, sia in termini di ritardi che ostacolano l'operatività nella realizzazione del progetto imprenditoriale, sia in termini di costo del personale da destinare al disbrigo delle pratiche burocratiche.
Questo sistema, tipico di un paese burocraticamente sottosviluppato, è stato da sempre anche causa del fenomeno della raccomandazione, del favoritismo, della formazione di lobby, danneggiando così imprenditori capaci che non conoscono e non vogliono conoscere la persona giusta che occupa il posto giusto. La grande pressione burocratica alimenta l'esodo delle imprese più sane verso paesi con sistemi più limpidi e semplici ed è per questi motivi che chiediamo un concreto processo di semplificazione della legislazione.
Signor Presidente, aver portato nel suo Governo il sindaco di Napoli ed avergli affidato il dicastero del lavoro ci crea qualche preoccupazione perché non riusciamo a comprendere come il sindaco Bassolino potrà conciliare la guida della città più importante del sud con la carica di ministro del lavoro; soprattutto non vorremmo che le politiche occupazionali portate avanti dal comune di Napoli con l'assunzione di migliaia di dipendenti pubblici e la creazione di effimeri posti di lavoro diventassero la ricetta per vincere la disoccupazione. Noi non vogliamo che le facili assunzioni di Napoli siano esportate al nord dove, per fortuna, la corsa al posto pubblico è ancora contenuta ed il rapporto tra cittadini e dipendenti pubblici è in linea con gli standard europei.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE LORENZO ACQUARONE (ore 9,37)

PIETRO FONTANINI. Signor Presidente, le cose che i cittadini della Padania vorrebbero veder subito realizzate non si riferiscono alla piena occupazione raggiunta gonfiando l'impiego pubblico e, di conseguenza, inasprendo il prelievo fiscale ma soprattutto alla possibilità di vedere attuata la vera autonomia, partendo dal principio di sussidiarietà, lasciando agli enti locali ampi spazi di manovra e di decisione per sostituire ed alleggerire le


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migliaia di adempimenti che già gravano sulle spalle dei cittadini.
Signor Presidente, la lega per l'indipendenza della Padania riproporrà a questo Governo tutta una serie di riforme istituzionali non solo per dare risposte alle esigenze della Padania ma anche per sollecitare questa nuova maggioranza ad affrontare i problemi del sistema italico che il Governo che l'ha preceduto - il Governo Prodi - ha sempre ignorato (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Liotta. Ne ha facoltà.

SILVIO LIOTTA. Signor Presidente, signori deputati, signor Vicepresidente del Consiglio, abbiamo ascoltato le dichiarazioni programmatiche del Presidente D'Alema ed abbiamo apprezzato lo sforzo compiuto per cercare di rendere presentabile sul piano politico-morale e su quello parlamentare un puro e semplice accordo di potere che vede nel Presidente D'Alema e nel senatore Cossiga i due unici protagonisti indiscussi. Abbiamo ascoltato dichiarazioni altisonanti poste in essere per camuffare quell'accordo di potere ma esse sono irricevibili per una considerazione elementare, che una pagina definitiva della storia del nostro paese e la composizione del corpo della nazione con la fine della guerra fredda e di una contrapposizione ideologica cinquantennale non possono essere delineate né dall'onorevole D'Alema né dal senatore Cossiga ma unicamente dal popolo nella veste di corpo elettorale. Fino ad oggi il popolo, nei primi cinquant'anni di storia repubblicana, ha tenuto sia il vecchio PCI sia i postcomunisti inchiodati ad una percentuale che mai si è avvicinata neppure ad un quarto del valore assoluto complessivo del risultato elettorale. E quale sarebbe lo schieramento politico che storicamente dovrebbe sostenere l'altro componente della diarchia salvifica per l'Italia? Un movimento - UDR - che in termini elettorali non esiste in quanto non è ancora passato al vaglio degli elettori; un Governo - quello dell'onorevole D'Alema - che ha seppellito il bipolarismo e che si regge sul bilanciamento degli opposti e su una sorta di trasformismo alla buona, alla paesana, di tipo casareccio, di compagni di merende.
A me sono stati rivolti insulti ben più gravi: sono stato chiamato in quest'aula «traditore», mentre il settimanale del Corriere della Sera mi ha dato del Giuda, quando invece i trenta denari sono andati a molti componenti del Governo D'Alema e della sua maggioranza. Le elezioni europee sono ormai all'orizzonte e allora si vedrà se il popolo italiano considererà il vostro un accordo di portata storica o lo cancellerà come un'abbuffata di potere indigesta e nauseante. Per questo negherò all'onorevole D'Alema e al suo Governo il mio voto di fiducia.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Bandoli. Ne ha facoltà.

FULVIA BANDOLI. Signor Presidente del Consiglio, colleghe e colleghi, anche per me ha un grande valore il fatto che per la prima volta nella storia di questo paese a presiedere il Governo sia una persona che viene da una tradizione politica della sinistra, che ha avuto di certo molte luci e molte ombre, ma che è stata senza dubbio una delle anime fondamentali della vita democratica italiana. Si tratta del rappresentante di una generazione che ha avuto ed ha per la politica una vera e propria passione; è una generazione che ha cercato, per quel che era possibile, di dare valore alla politica.
Non mi sfugge, inoltre, lo sforzo positivo di rendere più visibile, anche nella formazione del Governo, ciò che è già così visibile nella società e, cioè, che le donne sono parte fondamentale senza la quale non può esservi né democrazia compiuta né governo efficace della realtà. Accanto a questi elementi indubbiamente positivi, sussistono dentro di me valutazioni critiche di fondo e preoccupazioni che non sono sicuramente solo le mie: le sento percorrere in modo diffuso l'intero corpo della sinistra, i nostri elettori e il mondo


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della cultura. Quella che è nata oggi, dopo che rifondazione comunista ha deciso di far cadere il Governo Prodi aprendo un'altra fase difficile per la sinistra italiana e per questo paese, è una maggioranza di governo sicuramente legittima e le opposizioni sbagliano testo costituzionale quando negano ciò che la nostra Costituzione prevede e che loro fingono di non sapere. È una maggioranza legittima dunque, ma assai eterogenea, troppo eterogenea! Tanto che mi risulta difficile dire che si tratti di una maggioranza di centro-sinistra, come era sicuramente la precedente. Mi pare piuttosto una sorta di maggioranza di larghe, anche se non larghissime, intese, composta anche da un gruppo parlamentare, l'UDR, in forte travaglio di identità. Mentre mi è chiarissima la strada scelta dal partito popolare, che sta cercando di interpretare la cultura democratica più avanzata del cattolicesimo italiano; è altrettanto chiaro per me che altre forze cattoliche, più moderate e legate a volte ad una visione confessionale dello Stato e a concezioni assistenzialistiche dell'economia, pensano a questa maggioranza come ad un provvisorio transito, in attesa di riposizionarsi in un altro e più grande centro moderato alternativo alla sinistra.
Non mi scandalizzo, anzi apprezzo la sincerità talvolta persino sfrontata del senatore Cossiga, che anche ieri ci ha spiegato sui giornali che non ci sarà riforma senza che l'UDR non voglia. Si riferiva ieri, il senatore Cossiga, alle 35 ore che lei, Presidente, ha opportunamente e in modo molto equilibrato citato nel suo discorso programmatico come uno tra i punti programmatici del suo Governo.
Non mi scandalizzo e non fa parte della mia concezione della politica ritrarmi dalle sfide più difficili o farmi paralizzare dai dubbi (anche se ne ho molti). Mi pongo invece un problema molto serio: dove è, quando si usa quel tono, lo spirito di coalizione? Dove è finito il patto programmatico, anche se un po' frettolosamente sottoscritto? Dove è l'intento di mediazione positiva, che è l'anima di una coalizione? Quale profilo riformatore ci tiene insieme?
Sappiamo quanti danni hanno recato alla politica le intenzioni riformatrici dei governi, i veti incrociati, e quante paralisi possono provocare le ambiguità non sciolte prima. Non si tratta dunque di avere paura. Quando si fa ricorso a questa categoria - ed anche lei lo ha fatto signor Presidente del Consiglio, come lo hanno fatto molti giornali in questi giorni esortando coloro che come me mettono davanti i rischi - e quando ci chiedete di non avere paura, sembra quasi che facciate appello a qualcosa che dovrebbe essere un sentimento interiore. Io invece sono abituata ad applicare alla politica il meglio dei miei pensieri e delle mie ragioni. Non ho paura delle opinioni del senatore Cossiga; più semplicemente, non le condivido, sono distanti dalla cultura più moderna dell'Europa democratica, di quell'Europa che ha scelto in quasi tutti i paesi di farsi governare dalle forze socialiste, laburiste, socialdemocratiche, ambientalistiche, popolari e democratiche, persino comuniste, come in Francia. Ed è normale che io mi chieda - signor Presidente del Consiglio - dopo avere molto apprezzato diversi passaggi del suo discorso di ieri qui alla Camera, come sarà possibile concretizzare quella politica per le grandi emergenze - ambientali, ad esempio - o per il lavoro. Pensiamo a quanto ci costa (5 mila miliardi l'anno) il dissesto idrogeologico, che lei ha giustamente indicato come la più grande opera pubblica di cui ha bisogno il paese; pensiamo a quanto ci costerà, in termini di riqualificazione dello sviluppo, rispettare i parametri di Kyoto. Come si potrà arrivare a queste riforme importanti con una maggioranza che non si è fino in fondo confrontata nel merito delle riforme da fare, ma solo sui loro titoli? Caduto il Governo Prodi, per l'atteggiamento che io reputo sbagliato di rifondazione comunista, fallito il secondo tentativo del Presidente Prodi, se le elezioni - come io penso - erano un danno per il paese in questo momento, non perché lo


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siano in assoluto; se non approvare la finanziaria era un rischio perché ci esponeva all'esercizio provvisorio; se è vero che pesa su questo paese, su questa legislatura, la questione del semestre bianco, ebbene poteva iniziare un processo più graduale, guidato da lei, che era stato indicato da tutto l'Ulivo, per approvare la finanziaria, predisporre una legge elettorale per recepire il referendum ed andare al voto dopo le elezioni del Presidente della Repubblica. Un percorso graduale, con le forze disponibili - certo, anche l'UDR - ma su obiettivi più limitati, precisi, per compiere passi certi. Ciò che mi convince meno è questo patto di legislatura, parola grossa e pesante, contratto con forze instabili e in pochi giorni, mentre i processi politici sono complessi - lei lo sa - e vanno percorsi senza scorciatoie se si mira alla stabilità del Governo.
Voglio infine dirle con molta sincerità che l'orgoglio per il suo incarico e la riuscita del suo Governo che ho espresso nella prima parte di questo intervento e le preoccupazioni che ho manifestato nella seconda parte di esso possono, in una visione seria e alta della politica, stare insieme e non annullarsi a vicenda. Altrimenti può accadere che all'ottimismo esasperato della volontà si sostituisca l'incoscienza dei rischi, molto seri, che abbiamo tutti di fronte.
Ho apprezzato che lei abbia mantenuto aperto un confronto serio con l'insieme della sinistra di questo paese e di questo Parlamento e mi rammarico molto del fatto che per ora nessun segnale positivo giunga da quella parte, che pare volersi rinchiudere, recintare sempre di più, in un piccolo territorio di protesta. Il modo migliore per continuare a segnalare quell'attenzione sarà il concreto procedere di politiche riformatrici nei settori fondamentali. Noi siamo in Europa con la moneta, dobbiamo ancora arrivarci con il lavoro, con la qualità urbana delle città, con il riassetto del territorio, con il sistema dei trasporti, con la qualità sociale del nostro paese.
Per fare le riforme per le quali lei si è impegnato qui non le mancherà il mio piccolo contributo. Anche se più sofferto e più critico il mio voto di fiducia serve come tutti gli altri, perché una parte della fiducia che il paese offre al suo Governo in queste ore, signor Presidente D'Alema, ne sono certa, ha lo stesso segno: è una fiducia preoccupata e vigile, che non apprezzerebbe le ambiguità, le battute di arresto e i giochi trasformistici.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Schietroma. Ne ha facoltà.

GIAN FRANCO SCHIETROMA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, i deputati socialisti democratici voteranno la fiducia al Governo D'Alema. Avremmo però gradito che il Presidente del Consiglio, nonché vicepresidente dell'Internazionale socialista, insieme con Aldo Moro avesse ricordato un uomo di cui celebriamo proprio quest'anno i cento anni dalla nascita e che ebbe la capacità di indicare con cinquat'anni d'anticipo, la strada del socialismo democratico.
Quest'uomo è Giuseppe Saragat, il quale, nel 1947, a palazzo Barberini, fondò il partito italiano che per primo aderì all'Internazionale socialista; Giuseppe Saragat, senza il quale l'Italia quasi certamente avrebbe potuto avere lo stesso triste destino di fame e miseria dei paesi dell'est. Dunque, se non ci fosse stato Saragat certamente l'Italia avrebbe vissuto scenari diversi e lei, signor Presidente del Consiglio, nel suo discorso di ieri forse non avrebbe potuto parlare di sviluppi ulteriori dei rapporti tra la sinistra ed il mondo cattolico.
Ma rispetto ai rapporti tra la sinistra e i cattolici democratici, da noi sempre ricercati, dovrebbero però naturalmente avere la precedenza quelli tra le varie anime della sinistra attualmente esistenti in Italia: la sinistra comunista, quella dei democratici di sinistra e la nostra, i socialisti democratici.
Signor Presidente del Consiglio, l'esistenza nel nostro paese di queste tre sinistre fu da lei esplicitamente riconosciuta


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nell'incontro ufficiale tra le delegazioni DS e SDI che si svolse immediatamente dopo le elezioni amministrative del 24 maggio scorso. Siamo lieti che in occasione della formazione del Governo sia stato da lei confermato e ribadito questo riconoscimento politico ai socialisti democratici italiani come partito socialista autonomo ed organizzato, facente parte della coalizione di centro-sinistra. L'inserimento, sia pure in extremis, tra i ministri di un nostro rappresentante, il dottor Angelo Piazza, ha evitato una odiosa discriminazione politica che i socialisti democratici non avrebbero potuto assolutamente accettare e che sarebbe stata ancor più incomprensibile dal momento che nell'Internazionale socialista sono presenti per l'Italia non uno, bensì due partiti: l'uno che raccoglie le eredità del PSI e del PSDI e l'altro che nasce dal filone del PCI, partito quest'ultimo per il cui ingresso nell'Internazionale socialista fu decisivo il ruolo dei socialisti e dei socialdemocratici.
Comunque sia ben chiaro: nell'immediato e nel futuro respingeremo con grande fermezza qualsiasi tentativo di liquidazione del partito dei socialisti democratici italiani.
Ma torniamo al suo Governo, onorevole D'Alema. Siamo davvero lieti che anche una personalità di spicco come Giuliano Amato abbia accettato di far parte dell'esecutivo. Peraltro, dopo le prime dichiarazioni di rinuncia del Presidente Prodi, noi stessi avevamo proposto il professore Amato quale possibile candidato super partes alla carica di Presidente del Consiglio. Del resto, per la Presidenza del Consiglio il nostro partito non poteva certo avere la pretesa di indicare un proprio iscritto e per questo ha proposto Giuliano Amato, una personalità, cioè, che potesse essere non solo rappresentativa dell'intera sinistra, ma anche con possibilità di gradimento più ampio.
Dopo la rinuncia definitiva del Presidente Prodi ha preso quota la candidatura dell'onorevole D'Alema e noi consideriamo questa scelta pienamente legittima, essendo lei, signor Presidente del Consiglio, il leader del partito di maggioranza relativa, così come consideriamo positiva la nomina di ministri tecnici di grande valore, come Carlo Azeglio Ciampi e lo stesso Giuliano Amato. Ma è altrettanto importante il pieno coinvolgimento ed una partecipazione diretta al Governo di tutti i partiti della coalizione con propri rappresentanti, tra cui, appunto, il dottor Angelo Piazza per il nostro partito.
Signor Presidente del Consiglio, noi socialisti democratici italiani sosterremo lealmente il suo Governo, che nasce dall'impossibilità dell'Ulivo di avere oggi una maggioranza in Parlamento.
Il Governo Prodi, durato circa due anni e mezzo, è stato uno dei più longevi nella storia dell'Italia repubblicana; ha avuto il merito indiscutibile di aver centrato l'obiettivo Europa con un'efficace politica di risanamento. Ora, però, è necessario un Governo che affronti al meglio i problemi del lavoro e dell'occupazione, dell'alleggerimento delle tasse e di una giustizia che sia veramente tale, di una sanità più umana ed efficiente, di una scuola pubblica in grado di garantire un inserimento reale dei giovani nel mondo del lavoro. Ma non basta. È vitale, per il benessere e la ricchezza dell'Italia, porre mano una volta per tutte alle politiche sociali senza trascurare, come per troppo tempo si è fatto, l'agricoltura, il turismo, la cultura, l'ambiente, formidabili occasioni di sviluppo socio-economico. Un Governo che duri per gli altri due anni e mezzo della legislatura: questo è l'augurio sincero che le facciamo, onorevole D'Alema.
Consideriamo positivo l'allargamento al centro della maggioranza di Governo: ciò potrà meglio garantire la stabilità, che è presupposto indispensabile per affrontare adeguatamente le emergenze reali.
Da un Governo guidato dal vicepresidente dell'Internazionale socialista ci aspettiamo, però, un'azione politica autenticamente socialdemocratica. Ci opporremo, quindi, ad un indebolimento della scuola pubblica.


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Signor Presidente del Consiglio, abbiamo apprezzato il suo intervento e, in particolare, il suo impegno a ridurre la pressione fiscale, l'esplicito riferimento alla necessità di un contenimento delle imposte sulla casa. Su questo punto chiediamo però chiarezza al ministro delle finanze: evitiamo pasticci, come quello dell'addizionale IRPEF e della restituzione dell'eurotassa. Occorre un provvedimento chiaro ed immediatamente percepibile dall'opinione pubblica, tale da dimostrare in modo inequivocabile la volontà del Governo di ridurre la pressione fiscale. Dunque, cancelliamo, con la prossima finanziaria, l'IRPEF sulla prima casa. A tal riguardo desidero far presente sin d'ora che, nel caso di riproposizione - concludo, Presidente - integrale della finanziaria del Governo Prodi, esistono, a partire dall'anno 2000, sulla tabella A della legge finanziaria duemila miliardi che, nel programma elaborato dal ministro Ciampi, sono già finalizzati alla riduzione della pressione fiscale. Poiché la cancellazione dell'IRPEF sulla prima casa costa non più di 2.000 miliardi, proponiamo di utilizzare la cifra prevista nella tabella A come copertura necessaria per eliminare, appunto, l'imposta sul reddito della prima casa.
Quanto al resto, mi rifaccio al pregevole intervento svolto ieri dal mio collega onorevole Sergio Fumagalli ed alle conclusioni che il presidente dei socialisti democratici italiani, onorevole Enrico Boselli, esporrà nel pomeriggio, in sede di dichiarazione di voto (Applausi dei deputati del gruppo misto-socialisti democratici italiani).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Alberto Giorgetti. Ne ha facoltà.

ALBERTO GIORGETTI. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi, si sta consumando in questi giorni in Parlamento, ritengo, una delle pagine più tristi della storia politica della Repubblica italiana. È uno spettacolo deprimente, che vede purtroppo il ritorno, ai nostri occhi, della prima Repubblica, della partitocrazia, in cui il Governo è espressione di circa dieci partiti, che purtroppo non sono rappresentati adeguatamente, partiti che di fatto non hanno ricevuto il consenso degli elettori, ma che sono esclusivamente frutto di logiche di potere, di logiche consociative, che purtroppo si ripropongono e perpetuano in quest'aula.
Non c'è dubbio che i vincitori di questa operazione, coloro che l'hanno condotta, ovvero Cossiga e D'Alema, di fatto risultano portare avanti una strategia che è contro la logica del bipolarismo, contro la logica della chiarezza. I grandi perdenti sono sicuramente i cittadini, il popolo italiano. Mi riferisco al popolo italiano nella sua ampia maggioranza, proprio perché ritengo sconfitto, da una parte, l'Ulivo, essendo stato sfiduciato alcuni giorni or sono, in quest'aula parlamentare, il Governo Prodi, mentre oggi si vede riproporre un Governo attraverso un'alleanza che non è, evidentemente, quella che ha ricevuto il consenso degli elettori. Dall'altra parte, anche gli elettori del Polo non si sentono rappresentati e manifestano tutta la loro perplessità ed indignazione, sia in sede parlamentare, attraverso la nostra dura opposizione, sia al di fuori di tale sede, con una grande manifestazione che si terrà domani a Roma e che poi verrà portata in tutte le piazze d'Italia.
Dicevo, quindi, che vi sono due grandi vincitori, Cossiga e D'Alema. Si tratta, di fatto, di una riedizione del compromesso storico, che in un sol colpo ha messo fuori gioco sia Prodi che Scalfaro: il primo mediante l'eutanasia dell'Ulivo, attuata con l'appoggio più o meno consapevole di Bertinotti: il secondo, Scalfaro, attraverso la regia del «ribaltone 2», portato avanti da Cossiga, che ha messo di fatto fuori gioco anche quell'uomo del Colle che fino ad oggi ha consentito alla sinistra (a fronte del «ribaltone uno», quello del 1994) di governare e di essere presente in Parlamento con un peso, direi, decisamente eccessivo.


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In questa logica, purtroppo, determinanti sono stati i parlamentari eletti con i voti del Polo, i quali, con un comportamento trasformistico, stanno consentendo alla sinistra, e ad un esecutivo composto di fatto soprattutto da post-comunisti e comunisti che si dichiarano ancora tali, di governare l'Italia. Ebbene, dobbiamo registrare l'indignazione, oltre che nostra, di milioni di elettori che hanno votato il Polo per le libertà, il quale ha comunque raccolto la maggioranza dei consensi a livello nazionale.
Riteniamo che questa logica da prima Repubblica contempli innanzitutto la prospettiva di una grande ricostituzione del centro, in cui evidentemente la DC tenta di riprendere vigore giocando con le alleanze nelle diverse situazioni, oggi a livello nazionale con la sinistra, in altri casi tentando di allearsi, sempre per logiche di potere, con esponenti di centro-destra. Credo che tutto ciò vada contro quello che deve essere il futuro del nostro paese, con un Governo credibile ed unitario che si proietti nell'Europa: peraltro, proprio l'Europa, in questi giorni, ha censurato il Governo che sta nascendo e questo tipo di atteggiamento, con il quale si sconfessano ancora una volta gli elettori.
La chiarezza sembra non essere l'elemento fondante di questo Governo: chiarezza per noi è bipolarismo e democrazia dell'alternanza tra destra e sinistra, con un centro che comunque sceglie. In questa logica ci muoveremo e dispiegheremo a tutti i livelli la nostra presenza parlamentare e la nostra opposizione a questo Governo, dando altresì voce ai cittadini, alla loro indignazione nelle piazze ed in ogni occasione in cui ciò sarà possibile (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Bergamo. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO BERGAMO. Signor Presidente del Consiglio, intendo svolgere il mio breve intervento non ripetendo le osservazioni critiche giustamente sdegnate espresse dai colleghi del centro-destra per l'operazione dell'apparato di palazzo che le ha consentito di sedersi su quella poltrona. La presentazione del suo programma nel suo intervento di ieri non è altro che quello che ci aspettavamo: una serie di dichiarazioni buoniste, quasi ecumeniche, intrise di quella demagogia che è propria a lei e a tutta la sinistra.
È il solito libro dei buoni propositi a cui non crediamo, perché lei, signor Presidente del Consiglio, ci ha ormai abituati a non crederle. Lei è arrivato a palazzo Chigi dopo una serie di fallimenti, ma il danno più grave, a mio parere, lei lo ha prodotto all'Italia quando nel 1996 ha contribuito a portare l'onorevole Prodi a palazzo Chigi. I risultati della politica di Prodi li conosciamo: ha massacrato l'economia, ha distrutto la piccola e media impresa, la disoccupazione e la fiscalità hanno raggiunto limiti da record! È di oggi la notizia che nel mese di luglio sono andati persi altri 16 mila posti di lavoro: il meridione d'Italia, per l'Ulivo, è stato solo uno slogan elettorale e null'altro. In proposito, lei promise e sbandierò in Sicilia che avrebbe realizzato il ponte sullo stretto: ricordo bene, infatti, la campagna elettorale del 1996; ebbene, mi auguro che adesso, nei prossimi mesi, nei prossimi anni, o nei prossimi giorni (perché tanto spero che duri il suo Governo) riuscirà a realizzarlo!
Noi la metteremo alla prova, anzi la metteremo con le spalle al muro e personalmente aspetto i ministri, i sottosegretari, qualche campione che si è messo vicino, quando verranno nelle Commissioni ed in quest'aula per confrontarsi con noi. Lei, signor Presidente, va incontro ad un altro fallimento, già predeterminato: guardi la fotografia ed il titolo di copertina che le dedica un giornale a lei vicino, L'Espresso: «I ragazzi dello zoo di Baffino»! Approvi quindi questa finanziaria, faccia una legge elettorale onesta e coerente con il bipolarismo; poi si dimetta, mi creda. Per il resto, a mandare a casa il suo compagno Scalfaro, penseremo noi (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia)!


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PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Frosio Roncalli, iscritta a parlare: s'intende che vi abbia rinunciato.
Onorevole Miccichè? C'è l'onorevole Miccichè?
Constato l'assenza dell'onorevole Miccichè, iscritto a parlare: si intende che vi abbia rinunziato.
Constato l'assenza dell'onorevole Cavaliere, iscritto a parlare: si intende che vi abbia rinunziato.

GIANFRANCO MICCICHÈ. Presidente, sono presente!

PRESIDENTE. Mi rincresce, onorevole Miccichè, ma l'ho già dichiarata decaduto.

ALESSANDRO BERGAMO. Perché questa intolleranza?

PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Marzano, iscritto a parlare: si intende che vi abbia rinunziato.

STEFANIA PRESTIGIACOMO. Sull'ordine dei lavori!

ALESSANDRO BERGAMO. Questa intolleranza è assurda. Cominciamo bene!

PRESIDENTE. Io devo rispettare il regolamento. Comunque, facendo un'eccezione e assumendomi un onere che non mi compete, darò la parola all'onorevole Miccichè. Ricordo peraltro a tutti i deputati presenti che quando l'ho dichiarato decaduto lei non era presente in aula.
Ha facoltà di parlare, onorevole Miccichè.

GIANFRANCO MICCICHÈ. Presidente, vorrei precisare che due minuti fa sono uscito dall'aula e dovevano intervenire ancora otto colleghi prima di me, che però non sono risultati presenti. Credo che bisognerebbe essere un po' più democratici.
Presidente D'Alema, oggi è la sua festa...

MASSIMO D'ALEMA, Presidente del Consiglio dei ministri. No, è il 20 aprile!

GIANFRANCO MICCICHÈ. ...ed è la festa di quel centinaio di persone che ha gratificato con una poltrona più o meno importante. Ho imparato dalla vita che ogni giorno, anche per noi il più triste, bisogna avere la forza di trovare un motivo per gioire, ed anche oggi l'ho trovato. Ho finalmente eliminato l'ultimo piccolo motivo di incertezza che avevo da ex simpatizzante della sinistra. Vi avevo già abbandonato quando mi resi conto che le battaglie di libertà che avevamo combattuto insieme negli anni settanta erano soltanto una truffa e che in realtà nei vostri cuori serpeggia l'animo giustizialista più terribile. Mi era però rimasto sempre un piccolo dubbio. Oggi, con questa operazione, con questa marmellata acida in cui lei ha messo le mani non ho più dubbi: per il potere siete riusciti a mettere insieme quello che è con certezza il peggiore esecutivo dell'Italia repubblicana, un'accozzaglia di saltimbanchi, di massoni, di tangentisti, di corrotti, di boiardi di Stato.
Mi sia allora almeno consentito di gioire per la delusione che lei oggi ha dato a tutto il suo popolo di sinistra, a migliaia di testardi coerenti. Mi lasci gridare l'orgoglio di militare in un partito che è l'opposto del suo, consenta anche a me di fare festa oggi che è caduta l'ultima foglia di fico, che avete dimostrato non solo la vostra incapacità di volare alto, ma il vostro bisogno di strisciare come i vermi (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia).

PRESIDENTE. Richiamo gli onorevoli Cavaliere e Marzano, iscritti a parlare. Ci sono? Ne constato l'assenza: si intende che abbiano rinunziato a parlare.

ELIO VITO. Marzano è presente!

PRESIDENTE. Mi rincresce, ma l'ho già chiamato diverse volte. Non facciamo più questi scherzi!


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ALESSANDRO BERGAMO. Ma come si permette di dire che stiamo scherzando?

PRESIDENTE. La richiamo all'ordine, onorevole Bergamo.
È iscritto a parlare l'onorevole Scajola. Ne ha facoltà.

CLAUDIO SCAJOLA. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi, occuperò il poco tempo, davvero troppo poco, che ci viene concesso leggendo alcune parti del resoconto parlamentare relativo all'intervento pronunciato in questa aula il 6 dicembre 1913 da un deputato della mia stessa terra. «Gli è, onorevoli colleghi» - diceva l'onorevole Orazio Raimondo - «che noi, all'ombra della bandiera democratica, siamo arrivati ad un regime absit iniuria verbis, un regime di dittatura. Quando i partiti si dimenticano dei loro programmi, quando gli arrivati alle soglie della Camera depositano alle porte come ciabatte le loro convinzioni politiche, bisogna che le maggioranze si reggano con altri mezzi, con l'artifizio soprattutto. Definirò la situazione con le parole di Giuseppe Zanardelli: "Sciolti i legami politici, i quali in nome di alti concetti mantengono strette le maggioranze intorno ad un Ministero, ne nacque la necessità di ricorrere ad un sistema di espedienti, per vedersi intorno schiere obbedienti ed il bisogno di concedere e di cedere di qua e di là e di accontentare le più opposte parti, gruppi ed anche individui, secondo queste convenienze parlamentari". Così» - continuava Raimondo - «si arriva in pratica all'annullamento delle istituzioni parlamentari, all'annientamento dei partiti, al confusionismo, ad un trasformismo che non ha più non solo una scusa, ma neppure un'attenuante. Questo vostro trasformismo da quale idea politica è giustificato? Qual è il principio che tiene unite forze politiche così disparate? Qual è il vostro programma politico?».
Ecco, signor Presidente del Consiglio, le dedico queste parole, che furono pronunciate ottant'anni fa in questa stessa aula contro il Governo Giolitti da un deputato della sinistra riformista qual era Orazio Raimondo, di quella tradizione socialista di Turati e di Modigliani della quale il suo partito, onorevole D'Alema vorrebbe essere erede. Erano parole di denuncia dei trucchi, delle menzogne, del trasformismo, quel metodo che annunciò la crisi e la disfatta del sistema parlamentare e sappiamo tutti a cosa portò.
Oggi, onorevole Marini, il Governo che vi accingete a votare ripete quel metodo e quegli errori. Quello che sta avvenendo in quest'aula per vostra responsabilità è una truffa ai danni degli italiani. Con questo gesto voi, onorevole Mastella, diventerete da oggi uomini di progresso, impeccabili riformatori, veri democratici; come ha scritto Panebianco, è la sinistra a certificarlo. Conosciamo questo metodo, che era già nella tradizione del partito comunista italiano. Per dei cattolici, lo capisco, è importante essere mondati dal peccato originale, ma questo si ottiene con il battesimo. Con il tradimento, onorevole Mastella, ci si danna l'anima (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia).

PRESIDENTE. Onorevole Scajola, date le nostre comuni origini potentine, le dico che Orazio Raimondo non pronunciò quelle parole in quest'aula, perché nel 1913 c'era l'aula Comotto, dove c'è adesso il cortile.
È iscritto a parlare l'onorevole Matteoli. Ne ha facoltà.

GIOVANNI FILOCAMO. C'era l'onorevole Marzano!

PRESIDENTE. L'onorevole Marzano è stato dichiarato decaduto. Prego, onorevole Matteoli.

ALTERO MATTEOLI. Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, onorevole Presidente del Consiglio, nel suo ultimo intervento alla Camera da parlamentare, poche settimane fa, lei dichiarò: «Io sto governando dal 1995», secondo verità, perché questa è la verità. Ma dal 1995 in poi lei ha studiato da primo ministro e devo dire che c'è riuscito molto bene.


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Lei ha strumentalizzato tutti e tutto ciò che era possibile strumentalizzare. Prima, Prodi e il suo Governo. Se lo merita l'onorevole Prodi di aver fatto la fine che ha fatto. È stato il suo cavallo di Troia; lo ha portato a fare il Presidente del Consiglio. Lei ha strumentalizzato l'Ulivo. In un colpo solo ha cancellato due nemici, Prodi e l'Ulivo. Successivamente, ha strumentalizzato i trasformisti che hanno guadagnato la medaglia di parlamentari attraverso elettori di centro-destra e poi oggi appoggiano un Governo di sinistra-centro.
Lei stesso lo ha detto nel suo intervento: il suo Governo nasce grazie al trasformismo che si è verificato sia nel Polo sia nell'Ulivo (o comunque nel partito di rifondazione comunista). Ma ieri in aula il suo trasformismo e la sua strumentalizzazione si sono spinti fino al punto di citare Aldo Moro. Quando quest'ultimo parlava di accordo tra centro e sinistra eravamo alla metà degli anni settanta: il partito comunista italiano era diventato il primo del paese nelle elezioni europee, la democrazia cristiana era al Governo da tanti anni e superava ancora il 30 per cento dei voti. Dunque quando Moro disse quelle cose non esistevano certo il clima ed i numeri della politica di oggi.
Il suo capolavoro, onorevole Presidente del Consiglio, lo ha realizzato, però, quando ha insistito per il Governo Prodi-bis. Era necessario uccidere definitivamente il Presidente del Consiglio battuto (per la prima volta nella storia) dal voto del Parlamento: lei ha insistito con il Presidente Scalfaro per affidare nuovamente l'incarico a Prodi. Il fine era toglierlo dalla sua strada per ottenere a sua volta la nomina di capo del Governo.
Ieri in quest'aula lei ha cercato di ammansire l'opposizione strumentalizzando le riforme. Il suo intervento è stato abile, ma la sirena D'Alema ha già cantato per cancellare l'asse Prodi-Veltroni. Nei confronti del Polo il suo cantare è troppo stonato: non cadremo nella trappola di rinunciare ad un'opposizione seria e ferma per il fatto che nel suo intervento ha ventilato l'ipotesi di riprendere il colloquio per le riforme. Vedremo nelle prossime settimane se questo è vero. Se è vero, sicuramente saremo disponibili a procedere alle riforme insieme con tutti i gruppi parlamentari (o comunque nell'ambito di larga maggioranza).
La caduta del Governo Prodi è la testimonianza non solo di una crisi politica (sono sue parole), ma di una crisi del nostro sistema. Lei è il primo Presidente del Consiglio ad essere stato comunista fino a poco tempo fa; come è logico e giusto, non ha rinnegato il suo passato (nessuno glielo chiede). Pensavamo però che nel suo intervento ci avrebbe detto come intende affrontare insieme con il Parlamento questa crisi del nostro sistema, che si protrae da troppo tempo.
Lei va al Governo dando vita ad un sogno di alcuni democristiani e del partito comunista nella metà degli anni settanta: il grande compromesso storico. Lei realizza questo disegno dopo vent'anni, anche se certamente su posizioni deboli.
Onorevole Presidente del Consiglio, non contesto il fatto che un ex-comunista, segretario del primo partito italiano sotto il profilo del numero di voti, diventi Presidente del Consiglio. Contestiamo però i modi con cui lei è arrivato a questo traguardo: subdolamente, facendo surrettiziamente fuori gli avversari interni. In questi anni lei non ha lavorato legittimamente contro il Polo, ma contro i suoi amici e colleghi dell'Ulivo, per avere oggi l'investitura di Primo ministro. Non le faccio gli auguri. Chi arriva alla massima carica in questo modo non può ricevere gli auguri dell'opposizione. Ma credo che lei non potrà riceverli nemmeno da parte di coloro che nel 1996 hanno votato per l'Ulivo (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Prestigiacomo. Ne ha facoltà.

STEFANIA PRESTIGIACOMO. Presidente, Presidente del Consiglio, colleghi, voterò contro questo Governo perché penso di interpretare lo sdegno di quanti


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credevano finalmente finito il tempo delle congiure di palazzo.
Voterò contro questo Governo decapartito perché non è stato votato da nessun cittadino della Repubblica: gli elettori avevano chiesto ai trenta arruolati da Cossiga e D'Alema, ai trenta ulivisti dell'ultima ora di fare opposizione a D'Alema, di candidarsi e di fare eventualmente parte di un Governo contro D'Alema.
Soprattutto, voterò contro chi, al di là di piccoli voltafaccia, di piccoli onorevoli uomini, ha vanificato la logica del bipolarismo, che aveva riconsegnato finalmente alla gente il potere, il dovere, la responsabilità, il diritto di scegliere il Governo che voleva. E gli italiani hanno scelto, nel 1994, il Governo Berlusconi, ma quel voto è stato tradito; gli italiani hanno scelto, nel 1996, il Governo Prodi, ma anche quel voto è stato tradito!
Oggi Cossiga, Cossutta e D'Alema con grande arroganza si sono sostituiti a 50 milioni di cittadini, a 50 milioni di italiani, ed hanno pensato di decidere loro per tutti contro tutti.
Io voterò contro questo Governo, contro i trenta voltagabbana eletti dai moderati e che oggi si spartiscono, senza un minimo di dignità, le poltrone con i comunisti italiani. Io voterò contro il tradimento della volontà popolare.
Aggiungo anche un'ultima considerazione importante: voterò contro anche perché vengo dal sud e sento forte la rabbia di giovani, di donne ed anche di un centro produttivo che si è sentito tradito da questa classe dirigente. Loro avevano chiesto sviluppo ed aiuto a crescere: hanno ricevuto, invece, risposte con le pratiche spartitorie vecchie e deprecate.
A chi vi chiedeva un aiuto a sopravvivere voi avete risposto garantendo la vostra sopravvivenza politica. La loro rabbia è la mia rabbia ed il mio «no» a questo Governo è il loro «no» (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Migliori. Ne ha facoltà.

RICCARDO MIGLIORI. Signor Presidente, colleghi, altri deputati dei gruppi del Polo delle libertà hanno sufficientemente indicato le ragioni che ci fanno propendere per un duro giudizio di illegittimità politica, non certo costituzionale, alla luce del nuovo sistema elettorale della democrazia del maggioritario nei confronti del Governo che il Presidente D'Alema si appresta a formare.
In questi due minuti vorrei fare esclusivamente una riflessione molto concreta su una decisione relativa alla formazione della compagine governativa, che già sta producendo forti ripercussioni negative nel sistema complessivo delle autonomie locali del nostro paese.
Con il Governo D'Alema registriamo infatti la frantumazione di quel ministero precedentemente assegnato al ministro Bassanini, che oggi si articola nei tre distinti dicasteri della funzione pubblica, degli affari regionali e delle riforme istituzionali. C'è una preoccupazione forte perché viene a mancare un interlocutore unico; c'è una preoccupazione forte per una confusione in ordine a delicati adempimenti sul piano territoriale (mi riferisco agli adempimenti regionali e comunali relativi all'applicazione delle leggi nn. 59 e 127); c'è una preoccupazione forte che questo Governo segni ancor di più, rispetto al Governo Prodi, una stagione di insufficiente attenzione nei confronti del sistema delle autonomie locali.
Noto una contraddizione tra l'intervento del Presidente del Consiglio, che ha sottolineato la strategicità della questione riforme istituzionali, e la frantumazione dell'interlocutore istituzionale che dovrebbe essere unico per l'insieme delle autonomie locali. È evidente che i dosaggi partitocratici hanno avuto un peso rilevante in questa scelta; è evidente che questa scelta contraddice, sotto un profilo molto concreto, un'impostazione di carattere generale. Dunque, una sorta di vizi privati e pubbliche virtù, da un lato, rispetto ad osservazioni teoriche condivisibili circa l'urgenza di una riforma in senso federalista della forma di Stato nel nostro paese, e, dall'altro, una frantumazione


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di quei momenti dirigenziali di natura istituzionale che il Governo avrebbe, a mio avviso molto più opportunamente e coerentemente, deciso di unificare per ciò che riguarda gli interlocutori unici delle regioni, delle province e dei comuni rispetto all'esecutivo.
Sottolineo un'ultima preoccupazione: l'assegnazione ad un esponente dei comunisti italiani dell'importante Ministero degli affari regionali. Più volte in quest'aula e durante i lavori della Commissione bicamerale l'onorevole Cossutta ha rimarcato una sostanziale linea di conservatorismo istituzionale, ha rimarcato l'indisponibilità del suo allora partito e oggi gruppo parlamentare rispetto a modifiche costituzionali che pongano sul serio le regioni al centro di questo processo costituente.
Il fatto che un esponente cossuttiano, dei comunisti italiani, sia oggi l'interlocutore cardine dell'esecutivo rispetto al sistema delle regioni, è un elemento di forte preoccupazione perché segna un arretramento in termini di conservazione dell'esistente rispetto ad una riforma costituzionale che deve vedere invece in primis focalizzato il ruolo sostanziale delle regioni. Il tutto avviene, tra l'altro, nell'ambito di una riforma impegnativa per le nostre istituzioni (il riferimento è alla legge n. 59). Queste sono preoccupazioni che affido alla valutazione dell'Assemblea e del Presidente del Consiglio, sperando che nella sua replica, sotto tale profilo, vi sia una delucidazione non nei miei confronti o del gruppo di alleanza nazionale, ma nei confronti del sistema delle autonomie locali nel nostro paese.
Concludo sostenendo che tali chiarimenti su questo sistema potrebbero definitivamente evidenziare che non siamo in presenza di una «occasione» di potere ma di Governo, da cogliere in senso riformista: cosa che è smentita purtroppo da queste scelte (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Previti. Ne ha facoltà.

CESARE PREVITI. Signor Presidente della Camera, signor Presidente del Consiglio, nella presentazione del Governo, lei, signor Presidente del Consiglio, ha fatto un'apertura alle riforme istituzionali che certamente non può non trovare un riscontro molto interessato da parte del Polo, in rappresentanza dell'effettivo interesse del paese.
Tutti noi però sappiamo, e lei pure lo sa, visto che per anni è stato alfiere del bipolarismo, che una norma di partenza che dovrà essere contenuta prima nella nuova legge elettorale e poi nel più ampio quadro delle riforme istituzionali, è quella che comunemente viene chiamata «norma antiribaltone», dopo che l'esperienza di questi anni ci ha dimostrato che ciò che la politica vera tesse, in rappresentanza della pubblica opinione, e cioè la cristallizzazione e nello stesso tempo la cementificazione del rapporto tra il parlamentare e l'elettore, tra la forza politica e la gente, è una esigenza che dovrebbe trovare una sua concretizzazione in una normativa di portata costituzionale che trovi applicazione diretta e immediata nel momento di massimo rapporto tra la politica e la gente: il momento elettorale.
Mi chiedo dunque come sia possibile che ella abbia la fiducia da parte non soltanto del Polo ma anche della gente quando il suo Governo nasce con il supporto dei «professionisti del ribaltone», quando il suo Governo nasce condizionato dalla presenza di personaggi che, sedendo in questa Camera, hanno nettamente e direttamente ribaltato la volontà dei loro stessi elettori, cioè di quegli stessi personaggi che li hanno portati alla Camera.
È per questo che le neghiamo la fiducia a nome di tutti i parlamentari del Polo ma anche, soprattutto, a nome della maggioranza degli italiani (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Carlo Pace. Ne ha facoltà.

CARLO PACE. Signor Presidente, onorevole Presidente del Consiglio, onorevoli


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colleghi, nella invero scarna trattazione che l'onorevole D'Alema ha dedicato agli aspetti della politica economica del suo Governo, poche e preoccupanti le cose dette (valga per tutte il dichiarato intento di riproporre, senza alcuna modifica la finanziaria presentata dal precedente Governo Prodi) molte, invece, le cose lasciate nel vago oppure omesse nell'evidente tentativo di cercare di non scontentare nessuno all'interno della compagine governativa come all'esterno.
Tra quelle lasciate nel vago, primario rilievo assume la questione della riduzione dell'orario di lavoro, nei cui confronti il Presidente del Consiglio ha mostrato il proposito - direi - di lanciare il sasso e nascondere la mano, essendosi limitato ad annunciare che il Governo solleciterà il Parlamento all'esame del provvedimento e senza chiarire quale posizione invece assumerà nel merito. In secondo luogo, la cura messa dal Presidente del Consiglio nell'evitare di impegnarsi ad indicare con quali mezzi intenda perseguire una politica per il lavoro e il riferimento a misure capaci, al più, di arrecare sollievo del tutto temporaneo dimostrano chiaramente che dalle parole non si intende passare ai fatti e che ancora una volta si disattendono le aspettative di tanti milioni di persone, soprattutto meridionali, e delle fasce di età giovanili che sono rimaste escluse dal mondo del lavoro.
Ma c'è di più. Ci saremmo attesi che l'onorevole D'Alema, non più pressato, come il suo predecessore, dalle pretese demagogiche di rifondazione comunista avesse provato a dissipare il timore di un attentato all'autonomia della banca centrale e di una violazione del divieto, divenuta di rango costituzionale con la sottoscrizione del Trattato di Maastricht, di finanziamenti del tesoro a carico della banca. Un timore, questo, che non è frutto di mera immaginazione ma che è invece alimentato dalla dichiarazione di continuità con il precedente Governo, il quale a sua volta aveva annunciato il proposito di utilizzare presunte eccedenze delle riserve nel finanziamento degli investimenti. L'assenza di ogni assicurazione in proposito e la mancata presa di distanza dal precedente Governo in materia alimentano il già pesante clima di incertezza, che non è ultima ragione delle deludenti prestazioni del nostro sistema economico in questo periodo.
È per questi motivi, onorevole Presidente, che non potrò, in piena coscienza, riconoscere fiducia al Governo da lei presieduto (Applausi dei deputati dei gruppi di alleanza nazionale e di forza Italia).

PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Radice iscritto a parlare: si intende che vi abbia rinunziato.

NICOLA BONO. Faccio miei i minuti dell'onorevole Radice, così parlo per cinque minuti!

PRESIDENTE. Non è del suo stesso gruppo, onorevole Bono.
È iscritto a parlare l'onorevole Nan. Ne ha facoltà.

ENRICO NAN. Presidente, colleghi, le numerose espressioni di sdegno che si sono elevate tra ieri e oggi in quest'aula hanno sostanzialmente tratteggiato un disegno politico che nasce con il ribaltone, si concretizza con il Governo Dini e si ripropone oggi confermando che l'accusa di regime non è propagandistica o pretestuosa ma una realtà presente nel nostro paese. È regime quando si occupano le istituzioni e con esse si gestisce la politica (a questo proposito fungono da riscontro le dichiarazioni di Cossutta), è regime quando si imbrogliano gli elettori, e questo Governo oggi è nato sulla base di un furto di un milione di voti ad elettori che hanno votato contro il suo Governo, onorevole D'Alema.
Mi domando come possa accettare un Governo di questo tipo quella parte del mondo cattolico che fino ad oggi ha sostenuto il centro-sinistra, nel momento in cui i più importanti dicasteri - quelli della cultura e della scuola - per il mondo confessionale sono in mano a


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persone che hanno una storia e una cultura certamente diametralmente opposte.
Mi domando quale possa essere il futuro del nostro paese in Europa nel momento in cui vi entriamo con il Governo più a sinistra della nostra storia repubblicana. Entriamo in Europa con una disoccupazione molto elevata, con una forte pressione fiscale: credo lei non si debba preoccupare dello sdegno manifestato in quest'aula ma di quello che porteremo domani nelle piazze a Roma, dove i cittadini si riverseranno nelle strade perché hanno capito che si è verificata una caduta della democrazia.
Un'ultima cosa, onorevole D'Alema: mi consenta di dire che Machiavelli nei suoi confronti era uno scolaretto (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Aracu. Ne ha facoltà.

SABATINO ARACU. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, non ripeterò cose già dette perché abbiamo pochissimo tempo.
Abbiamo ascoltato interventi di tutti i generi, ma una cosa è certa: al di là del trasformismo e del fatto di aver ascoltato affermazioni poi smentite da tutte le componenti politiche che partecipano al Governo, ciò che mi preoccupa di più - perché in due minuti posso dire poco - è quello che succederà ai lavoratori dipendenti, quelli che a parole sono stati tanto cari a questa sinistra, quelli che la sinistra avrebbe dovuto sempre difendere.
Oggi è stato formato un Governo che è la riedizione peggiorata della prima Repubblica; almeno i lavoratori dipendenti durante la prima Repubblica - soprattutto gli operai - avevano un vantaggio. Il Governo era costituito ugualmente per mantenere il potere e le poltrone ma esistevano dei sindacati, che di quel Governo erano il contraltare, che difendevano i lavoratori dalle sue vessazioni.
Oggi avete compiuto l'ultimo atto di egemonia totale: dopo la CGIL e la UIL, anche la CISL - già c'era prima, non avevamo dubbi - è salita sul carrozzone del Governo e si è venduta, come hanno fatto tutti gli altri, il suo patrimonio, cioè i lavoratori. Li hanno venduti alla sinistra per fare carriera politica: questo ormai accade sistematicamente.
Credo che verranno momenti molto difficili perché, se è vero che il ceto medio soffre, è anche vero che questa politica - da lei sostenuta, Presidente D'Alema, anche in questi due anni - è stata totalmente fallimentare.
Le chiedo ancora qualche secondo per dire che non abbiamo problemi di tipo razziale, come si è voluto far credere, con i comunisti. Credo che chi è stato comunista per 20 anni, è cresciuto in quella scuola e ci ha creduto non può governare un paese, perché ha capito di aver sbagliato e quindi è un pentito; comunque ha sbagliato per 20 anni. Invece se non ha capito ci sta truffando ed allora a truffatori e ad incapaci non possiamo consegnare il Governo (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Rivolta. Ne ha facoltà.

DARIO RIVOLTA. Signor Presidente, in due minuti non si possono sviluppare grandi pensieri, quindi mi limiterò ad alcune considerazioni slegate.
Personalmente non sono affatto indignato né stupito del fatto che la designazione sia andata ad un post-comunista; al di là di quella che può essere la forma, trovo che nel gioco della democrazia ciò sia legittimo e non mi spaventa che qualcuno che proviene da una formazione politica marxista-leninista possa salire al Governo. Non concordo con le sue idee ma - ripeto - questo non mi spaventa affatto.
Ciò che mi spaventa e mi dispiace profondamente è che faccia parte del Governo un rappresentante dell'ex partito comunista, con l'ausilio di persone che hanno notoriamente più che tradito il mandato ricevuto dagli elettori. Si è affermato più volte che la Costituzione prevede che il deputato sia eletto senza


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vincolo di mandato, ma ciò aveva un significato solo quando con il voto di preferenza il deputato veniva scelto ad personam; oggi tutti sappiamo, al di là della forma, che il deputato eletto in un collegio uninominale è rappresentante di uno schieramento, che può vincere o perdere. Nel momento in cui un deputato eletto con quei voti e con quell'intento consente la nascita di un Governo con l'opposto schieramento, al di là del rispetto della forma costituzionale, viene intaccata la volontà dei cittadini.
Un'altra considerazione riguarda il fatto che lei, signor Presidente del Consiglio, oltre ad aver definitivamente riabilitato colui che ebbe una responsabilità oggettiva nell'assassinio di Giorgiana Masi a ponte Garibaldi - il senatore Cossiga - si è incamminato su una strada pericolosa, e non può non saperlo: è sulla strada della distruzione di quel sistema bipolare che si stava cominciando a creare in Italia. Lei crede di giocare una partita a poker con il Presidente Cossiga, ma sa benissimo che la posta di questa partita è la fiducia che la gente avrà non in lei, non in Cossiga, non in noi, ma nella politica. Davanti al tradimento, davanti alla distruzione del sistema bipolare che si sta preparando il prezzo che tutti noi stiamo pagando è una continua e maggiore disaffezione nei confronti della politica. Ciò mi spaventa di più del fatto che lei, appartenente all'ex partito comunista, possa guidare il Governo (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Romani. Ne ha facoltà.

PAOLO ROMANI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, non so cosa consegneremo alla storia di questo passaggio politico; probabilmente si dirà che il sistema politico italiano dal 1993 - anno del referendum - aveva effettuato una chiara svolta in direzione del sistema bipolare, ma che poi improvvisamente il meccanismo si è inceppato a causa dell'entrata in campo di una variabile impazzita, rispondente al nome di Francesco Cossiga, che si era insinuato nell'impianto politico istituzionale della cosiddetta seconda Repubblica. Così il sistema politico italiano subì uno scossone e da un sistema tendenzialmente bipolare si tornò ad un sistema afflitto da consociativismi, trasformismi, capriole e gattopardismi, tutti fenomeni non nuovi per la tradizione politica italiana.
Ho avuto cura di comperare un libro e di leggere cosa ne pensasse al riguardo il compagno Massimo e ho trovato alcune enunciazioni interessanti che spero di poter riferire ai colleghi nell'arco di due minuti. Porta a porta del 18 novembre 1996: «Penso che gli italiani abbiamo preso gusto a questa democrazia dell'alternanza nella quale le forze politiche non fanno pasticci sotto banco ma si sfidano apertamente». 11 aprile 1998: «Un uomo che è stato Presidente della Repubblica» - e ci si riferisce chiaramente a Cossiga - «non dovrebbe entrare nella mischia politica»; 1994: «Abbiamo l'occasione di diventare un paese democratico vero, un paese dove la gente decide con il voto da chi vuole essere governata. Se perdiamo questa occasione, può darsi che questo paese vada a rotoli» (Commenti del deputato Paolone). 1997: «Il Governo appartiene a chi vince le elezioni, le istituzioni appartengono a tutti»; 1994: «Chi diventa leader di un esercito che non è il suo e che ha fiducia in altri leader non sarà mai leader, ma una marionetta». Presidente D'Alema, lei diceva queste cose nel 1994.

GIOVANNI FILOCAMO. Infatti è una marionetta!

PAOLO ROMANI. «Non ho partecipato ad alcun ribaltone» (1996).

ALFREDO BIONDI. Chi è l'autore?

PAOLO ROMANI. Massimo D'Alema! «Il paese deve essere governato dalla maggioranza scelta dai cittadini. Questa è la grande novità della seconda Repubblica». Queste cose diceva Massimo D'Alema, nostro Presidente incaricato. Winston Churchill diceva che la coerenza è la virtù


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degli imbecilli: mi pare che in questo caso stiamo veramente esagerando (Applausi dei deputati di forza Italia)!

MASSIMO D'ALEMA, Presidente del Consiglio dei ministri. Posso citarmi per un attimo? Chi le ha vinte le elezioni (Commenti dei deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale)? Voi? No, le abbiamo vinte noi, non voi!

ELIO VITO. Presidente, può richiamare il Presidente del Consiglio?

MASSIMO D'ALEMA, Presidente del Consiglio dei ministri. Voi le avete perse (Commenti del deputato Filocamo)!

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Tringali. Ne ha facoltà.

PAOLO TRINGALI. Signor Presidente, è certamente stata opportuna la decisione del Polo per le libertà di iscrivere a parlare tutti i deputati ad esso aderenti perché si possa, dalla tribuna parlamentare, dire con forza al popolo italiano che il «pasticciaccio» messo in piedi da una partitocrazia che preme per rinascere verrà combattuto, e spero battuto, perché sia data ai cittadini la possibilità, a loro, titolari del diritto di scelta, di scegliere da chi intendano essere governati.
Nessuno deve dimenticare che il popolo italiano il 21 aprile 1996 ha dato in voti la maggioranza al Polo per le libertà; mentre soltanto il pasticcio della desistenza ha consegnato l'Italia alla minoranza del paese.
Ma chi di coltel ferisce, di coltel perisce: così, i «desistenti» hanno fatto crollare il castello di carta messo in piedi con l'inganno!
Il Presidente del Consiglio ha ammesso (e non poteva certo farne a meno) che la strada più giusta e corretta sarebbe stata quella di chiamare al voto i cittadini per restituire loro il diritto di scegliere. Ancora una volta, però. Chi avrebbe dovuto tutelare i diritti dei cittadini ha preferito, prima di lasciare, rinnovare il tradimento nei confronti della quasi totalità degli elettori che avevano deciso di scegliere il sistema maggioritario abolendo un sistema che si prestava, e purtroppo continua a prestarsi, «all'inciucio» parlamentare.
Così anch'io, per non tradire il mandato che il 62 per cento degli elettori del mio collegio mi hanno conferito, debbo qui esprimere il mio voto contrario a questo Governo, che nasce frettolosamente e male e che probabilmente cesserà di esistere prima di quanto il pur volenteroso Presidente possa immaginare.
Il mio «no» è altresì diretto ad evidenziare il tradimento di chi, anche nel mio collegio elettorale, tradendo il mandato affidatogli dagli elettori, oggi, dalle fila dell'UDR si accinge a votare la sfiducia al Polo per le libertà che lo ha portato a palazzo Madama (Applausi dei deputati dei gruppi di alleanza nazionale e di forza Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Vito. Ne ha facoltà.

ELIO VITO. Signor Vicepresidente della Camera, signor Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi, annuncio il mio voto contrario al Governo D'Alema che, per come è nato, per la composizione della sua maggioranza e del suo stesso esecutivo, recupera la peggiore esperienza partitocratica e trasformista della prima Repubblica, tradendo in tal modo le speranze non solo degli elettori del Polo, ma anche di quegli elettori della sinistra che speravano che il loro segretario arrivasse al potere in modo ben diverso. È un voto contrario ad un Governo e ad una maggioranza che non perdono occasione per mostrare il volto cinico ed arrogante di chi detiene il potere, privo di vera legittimazione popolare e che, con autentica vocazione da regime, pretende pure di indicare e di ammettere chi può fare opposizione e come debba farla. Come, ad esempio, da regime sarebbe l'elezione di un Vicepresidente di minoranza della Camera, non scelto dalle stesse opposizioni, ma imposto dalla maggioranza.
Il Governo D'Alema, essendo sorto in dispregio alle regole della democrazia


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dell'alternanza, del maggioritario e del bipolarismo, non ha la credibilità necessaria per proporre quelle riforme istituzionali, che pure sono urgenti, e che forza Italia ed il Polo della libertà per primi hanno sostenuto e continueranno a sostenere nel paese ed in Parlamento (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Bono. Ne ha facoltà.

NICOLA BONO. L'onorevole Mussi, nel corso della direzione del suo partito, onorevole D'Alema, quando cercò di spiegare agli increduli le esigenze politiche che portavano alla costituzione di un Governo a sua guida usò le parole «Governo di necessità». Il Polo sostiene che il suo sia un Governo abusivo; una definizione corretta potrebbe essere che si tratta di un Governo abusivo per necessità (proprio come nel caso di quanti hanno cercato di costruirsi una casa nel Mezzogiorno). Qual è la necessità? Esclusivamente quella di scongiurare le elezioni, che avrebbero segnato la sconfitta della sinistra di Governo nelle sue variegate articolazioni. Vero è infatti, come lei ha poco fa voluto precisare, che ha vinto le elezioni, ma le ha vinte sulla base di un qualcosa di diverso da quello che ci vuole propinare in questi giorni; in ogni caso, lei non ha mai avuto la maggioranza nel paese, neppure quando ha vinto le elezioni, e questo non deve dimenticarlo mai.
Valeva la pena di creare questa innaturale quanto immorale coalizione di maggioranza numerica del tutto disomogenea e politicamente improponibile per espropriare gli italiani del diritto di esprimere il proprio orientamento? Valeva la pena fare un vero e proprio golpe per salvare il potere della sinistra, al prezzo di un ritorno al passato, alle logiche perniciose della prima Repubblica? Valeva la pena sconfessare l'autentica volontà riformatrice del sistema, che aveva animato anche ampi settori della sinistra, al punto da portare il capo del suo principale partito a presiedere la bicamerale, per poi, in cambio di qualche mese in più di Governo, condannare l'Italia al rischio del ritorno alla più becera e corrosiva partitocrazia? Proprio lei, che aveva detto che la caduta di Prodi non era crisi di Governo ma di sistema, propone la ricetta più lontana da quella unanimemente ritenuta idonea, vale a dire la realizzazione di riforme in senso autenticamente bipolare. Ha preferito invece seppellire l'Ulivo - che non continua a vivere nella sua gestione - senza comprendere neanche le ragioni profonde che hanno portato alla caduta del Governo Prodi. Possibile che non le sfugga che i motivi del fallimento di Prodi sono tutti, perfino amplificati, alla base della sua esperienza di Governo? A partire dai temi del lavoro, per i quali non basta anteporli nominalmente nella scala delle priorità o la nomina del ministro Bassolino; occorre al contrario elaborare terapie di gestione dell'economia che la maggioranza che la sostiene non è geneticamente in grado di concepire, come i due anni di Governo di Prodi hanno ampiamente dimostrato.
Per tali ragioni voterò «no» alla fiducia e aspetterò sereno il momento - a mio avviso ravvicinato - dell'implosione del suo disperato tentativo di Governo (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Rosso, iscritto a parlare: si intende che vi abbia rinunziato.

NICOLA BONO. Con un cognome così non può parlare contro questo Governo!

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Alessandro Rubino. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO RUBINO. Carlo Scognamiglio, eletto nel collegio di Milano 1 con i voti del Polo; Salvatore Cardinale, eletto nel proporzionale Sicilia 2 con i voti del Polo; Gianguido Folloni, eletto nel proporzionale in Emilia con i voti del Polo; Valentino Martelli, eletto a Cagliari 1 con i voti del Polo; Maretta Scoca, eletta nel


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proporzionale Lazio 2 con i voti del Polo; Nuccio Cusumano, candidato del Polo nel 1996, che ha perso contro il candidato Mangiacavallo, poi eletto, entrambi sottosegretari del Governo D'Alema; Luca Danese, eletto nel proporzionale Lazio 2 con i voti del Polo; Ferdinando De Franciscis, eletto a Maddaloni con i voti del Polo; Teresio Delfino, eletto nel proporzionale Piemonte 2 con i voti del Polo; Mauro Fabris, eletto nel proporzionale Veneto 1 con i voti del Polo; Agazio Loiero, eletto nel proporzionale in Calabria con i voti del Polo.
Sono tutti ministri e sottosegretari del Governo D'Alema che nelle parole del senatore Cossiga dovrebbero essere il centro alternativo alla sinistra. Sbagliato o, come ci ha abituato negli ultimi tempi il senatore Cossiga prendendo in giro oggi noi e voi, dovremmo parlare di centro alternato alla sinistra: ad ogni ministro di sinistra, siede vicino un ministro del centro. Un centro che non è politico, ma semplicemente centro di potere. A noi questo non piace e probabilmente a voi poco importa; ma non piacerà certamente agli italiani che dovranno giudicarvi.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Santori. Ne ha facoltà.

ANGELO SANTORI. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi, subisco con un profondo senso di delusione e di sdegno il ritorno violento di un modo di fare politica da parte degli uomini che compongono la maggioranza che sembrava almeno in parte essere stata relegato nella nostra memoria storica.
La prevedibile caduta del Governo Prodi e la composizione del nuovo esecutivo guidato da lei, onorevole D'Alema, ha riportato in auge il vecchio, ma evidentemente ancora attuale, sistema della spartizione scientifica e capillare di ogni posizione di potere. In questi giorni abbiamo assistito, grazie anche alla sapiente ma deprecabile complicità del Capo dello Stato, alla vergognosa creazione di un Governo posto in essere attraverso quella metodologia di scelte combattuta dai mass media, osteggiata dagli italiani e rifiutata a parole dagli stessi rappresentanti che ora siedono sui banchi del Governo, ma poi, in realtà dagli stessi scrupolosamente osservata nei fatti.
Il copione teatrale - e lei, onorevole D'Alema, ne è il regista - imparato ad arte da tutti i componenti della maggioranza, riguardante il profondo senso di responsabilità che hanno gli uomini del centro-sinistra, il delicato momento che attraversa il nostro paese dopo l'entrata in Europa, la particolare necessità di vedere votata la legge finanziaria in questo determinato contesto economico, rappresentava lo scudo morale dietro cui nascondersi pur di non far cadere il Governo. In realtà, serviva a mascherare null'altro che la famelica e pericolosa bramosia di potere di cui gli uomini della sinistra e dei transfughi eletti dal Polo non risultano mai sufficientemente paghi.
Ora, finalmente, siete stati costretti a gettare la maschera e tutti gli italiani hanno avuto modo di conoscere le reali intenzioni che si celavano dietro le vostre ipocrite affermazioni di comodo.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE (ore 11)

ANGELO SANTORI. Onorevole D'Alema, onorevole Cossutta, onorevole Mastella, senatore Cossiga, attori consumati della politica italiana: avete messo in scena con la sapiente regia del Quirinale la versione moderna ed al tempo stesso raccapricciante dell'armata Brancaleone; avete dimenticato, però, che la maggioranza degli italiani e tutti i parlamentari del Polo non sono disposti né a ridere né, tanto meno, ad applaudire e domani, a piazza San Giovanni, ve ne accorgerete. Io, intanto, dico «no» ad un Governo truffa.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Bocchino. Ne ha facoltà.

ITALO BOCCHINO. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, oggi dichiariamo


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il nostro «no» a questo Governo e non perché ci sentiamo esclusi dall'intesa allargata in modo anomalo dal tentativo D'Alema, ma per rispetto della maggioranza degli elettori. Non intendo solo il rispetto della maggioranza di coloro che nell'aprile del 1996 hanno scelto le liste del Polo per le libertà pur perdendo le elezioni, come ha detto lei, onorevole D'Alema. Comunque, la maggioranza degli elettori ha scelto le liste del Polo per le libertà. Io parlo di rispetto della maggioranza, anche di coloro che scelsero nel 1992 di dire «sì» al referendum per la preferenza unica. Quella maggioranza voleva scegliere gli uomini, voleva dare un incarico agli uomini, conferire un mandato alla singola persona, non alle cordate, non ai gruppi di potere; cordate e gruppi di potere con cui lei si è alleato in Parlamento per stravolgere quella che era la maggioranza degli elettori e per raggiungere la poltrona di Presidente del Consiglio.
La maggioranza degli elettori ha deciso con il referendum Segni un sistema elettorale che, chiamandosi maggioritario, dovrebbe garantire a chi è maggioranza nel paese il Governo dello stesso e che garantisce invece a chi è minoranza nel paese di governarlo. La maggioranza ha scelto il centrodestra, ma la sinistra governa. Lei, onorevole D'Alema, si è inserito con grande abilità nelle pieghe di una legge elettorale che, come tutte le leggi figlie di compromesso, ha dei difetti attraverso i quali si può raggiungere un risultato diverso. Prima con la desistenza, poi con l'acquisizione di parlamentari eletti nelle liste del Polo, lei ha raggiunto una maggioranza parlamentare che non rispetta quella del paese: ecco perché diciamo «no» al suo Governo (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Colleghi, desidero informarvi sui tempi: i deputati di forza Italia hanno ancora cinque minuti e tredici minuti i colleghi di alleanza nazionale. Se siamo d'accordo, proporrei di procedere in questo modo: procediamo nei lavori, secondo l'ordine delle iscrizioni a parlare, fino alle 12,30, ora in cui avranno inizio gli interventi a titolo personale. Quindi, anche se ci trovassimo al di là del tempo stabilito, potremmo andare avanti.

FILIPPO MANCUSO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Prego, onorevole Mancuso: non mi faccia però ora un intervento.

FILIPPO MANCUSO. Signor Presidente, vorrei che nella sua discrezionalità ed equità valutasse la circostanza che su molti componenti del nostro gruppo è caduta la mannaia della decadenza, per occasionali assenze temporanee dall'aula. Ciò ha comportato l'ammortizzamento di tempi rilevanti. La richiesta che le faccio è allora quella di valutare se questo piccolo monte di economia di tempo non possa essere utilizzato per l'arricchimento di quei cinque minuti di cui ancora disponiamo.

PRESIDENTE. Stavo appunto dicendo che propongo di andare avanti fino alle 12,30 comunque, ammettendo quindi anche coloro che sono stati dichiarati decaduti. Forse non mi sono spiegato.

FILIPPO MANCUSO. Va bene, Presidente, ho capito di non aver capito.

PRESIDENTE. No, per carità, sono stato poco chiaro io.
Andiamo comunque avanti fino alle 12,30, ammettendo anche coloro che sono stati dichiarati decaduti.
È iscritto a parlare l'onorevole Saponara. Ne ha facoltà.

MICHELE SAPONARA. Signor Presidente D'Alema, lei ha dimostrato intelligenza politica allorché ha riconosciuto che forza Italia è parte significante del quadro politico italiano e non il nulla come, con infelice battuta, ebbe a ritenerla l'infelice e frastornato Prodi. Ma io diffido della sua intelligenza e quindi voterò contro un


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Governo formato in maniera torbida, con persone che hanno tradito il loro elettorato, un Governo ispirato e condizionato da un personaggio politico da lei ritenuto, anche di recente, inquietante e pericoloso, denunziato dal partito cui appartiene per attentato alla Costituzione, allorché era Presidente della Repubblica.
Il suo Governo si impegna a far rispettare l'autonomia di ogni singolo potere ed a garantire una giustizia giusta e rapida, ma lei ha scelto un ministro che da capogruppo di rifondazione comunista ha difeso posizioni giustizialiste, dichiarandosi contrario alla modifica dell'abuso di ufficio, alla modifica dell'articolo 513, e favorevole alla riduzione del potere ispettivo del ministro nei confronti delle procure. Mi preoccupa anche il suo attacco agli ordini professionali, che significa disinteresse per i ceti medi.
Voto, infine, contro un Governo di cui fa parte un ministro - Bassolino - che intende continuare a fare il sindaco di Napoli, operazione, questa, clientelare e di malcostume, assolutamente inconciliabile con la questione morale per anni invocata come patrimonio esclusivo della sinistra (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Scarpa Bonazza Buora. Ne ha facoltà.

PAOLO SCARPA BONAZZA BUORA. Signor Presidente, io non voterò a favore del Governo D'Alema, com'è ovvio, per una serie di motivi che sono stati illustrati dai colleghi intervenuti prima di me.
Posso solamente aggiungere, signor Presidente del Consiglio, che chi tradisce una volta normalmente è portato a tradire ancora: quindi, da questo punto di vista le faccio i miei migliori auguri. Credo che ne vedremo ancora, di tradimenti e di percorsi di ritorno.
Probabilmente ci sono degli scontenti tra i mancati sottosegretari e tra quanti magari contavano su una poltroncina, eventualmente di secondo piano, i quali si trovano ora sostanzialmente a piedi. Lei, comunque, è avvertito, è un uomo estremamente intelligente ed esperto, per cui credo che di questo terrà conto.
Posso aggiungere, da tecnico del settore agricoltura, che ho notato la totale assenza nel suo discorso delle tematiche relative alla nostra agricoltura e al nostro comparto primario: mi dispiace molto e spero che il suo Governo possa dedicare un'attenzione maggiore rispetto alle sue dichiarazioni ad una questione tanto importante per l'economia nazionale e per l'occupazione. Aggiungo il mio sconcerto di fronte al no espresso, tra le prime azioni del suo Governo, al referendum consultivo proposto dalla regione Veneto per conquistare maggiori spazi d'autonomia: devo dire che la cosa non mi meraviglia, perché ricordo che ella ebbe già modo di far bocciare il mio emendamento per lo statuto speciale del Veneto quando presiedeva la Commissione bicamerale. Direi quindi che il suo comportamento non si discosta dall'atteggiamento centralista che già in passato aveva dato modo di farci conoscere.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Mitolo. Ne ha facoltà.

PIETRO MITOLO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Presidente del Consiglio, una parte delle dichiarazioni programmatiche, per la provenienza del mandato di cui sono investito, ha richiamato in modo particolare la mia attenzione: si tratta della parte dedicata alle minoranze etniche, che ella ha affermato intende tutelare in una visione dinamica delle loro autonomie speciali, con l'impegno a salvaguardare le peculiarità delle stesse con particolare riguardo alle eventuali riforme costituzionali ed elettorali; e ciò sempre nel nome di una visione di eguaglianza e di uguali diritti di tutti i cittadini. Il che, per l'esperienza che ho e dati i privilegi già concessi al gruppo di lingua tedesca, mi sembra una contraddizione in termini: mi pare che sul tema non vi sia nulla di nuovo nel suo discorso, signor Presidente del Consiglio, perché anche il Presidente Prodi, all'atto della


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sua presentazione alle Camere, parlò di «accettazione della concezione dinamica dell'autonomia» rivolgendosi ai rappresentanti del partito degli altoatesini di lingua tedesca.
Con le scarne e sintetiche dichiarazioni svolte ieri, ho avuto l'impressione - mi scusi, Presidente - che non abbia dedicato la dovuta attenzione alla situazione del Trentino-Alto Adige. Questa regione è in uno stato di profonda crisi, aggravatosi proprio in questi giorni con la sentenza della Corte Costituzionale che ha bocciato la legge elettorale varata al fine di rendere possibile la governabilità, mentre in Alto Adige sicuramente la situazione del gruppo linguistico italiano non è delle più rosee. Ciò grazie proprio alla concezione dinamica dell'autonomia (meglio sarebbe definirla «politica del carciofo») che ha caratterizzato fino ad oggi le linee direttrici del sistema creato nel 1948 e perfezionato (si fa per dire) nel 1971 con il famoso pacchetto. Mi preme segnalarle due dati, signor Presidente: nel 1971, secondo i dati del censimento, il gruppo di lingua italiana contava...

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Mitolo.

PIETRO MITOLO. Presidente, naturalmente il mio voto sarà contro il Governo.
Chiedo alla Presidenza l'autorizzazione a pubblicare in calce al resoconto stenografico della seduta odierna il testo di considerazioni integrative al mio intervento.

PRESIDENTE. La Presidenza lo consente, onorevole Mitolo.
È iscritto a parlare l'onorevole Martinat. Ne ha facoltà.

UGO MARTINAT. Signor Presidente, credo che il mio voto sia dato in qualche modo per scontato ma ognuno di noi interviene in quest'aula per rappresentare non solo le posizioni politiche del proprio partito e della propria area ma anche altre istanze, avendo sentito il Presidente del Consiglio incaricato, nella sua lunga relazione, sollecitare una serie di aspettative, che sono quelle degli italiani.
Se mi consente, signor Primo ministro, il problema vero non è tanto lo stupore per l'inserimento nella compagine governativa dell'UDR, quanto nel sistema, nella composizione, nel numero di ministeri e sottosegretari che sono aumentati e moltiplicati, nella classica logica della vecchia prima Repubblica. Se mi consente, quello che mi ha particolarmente colpito è il fatto di mettere le persone sbagliate nei posti giusti. Mi riferisco in particolare al ministro Bassolino, che a Napoli chiamano sindaco. Ci lascia fortemente perplessi il fatto che Bassolino, che ha dimostrato la sua totale incapacità come sindaco, sia stato nominato ministro del lavoro e abbia mantenuto il doppio incarico, in quanto Napoli è la città che ha uno dei più alti indici di disoccupazione e l'unico modo individuato dal Governo Prodi per creare occupazione è consistito nei falsi lavori socialmente utili.
Domani, quando sfileremo in piazza qui a Roma, parleremo proprio di lavoro e alleanza nazionale ha parlato e parlerà di lavoro. Il suo Governo ha, oggi, due grandi contraddizioni: da un lato, per accontentare l'ex rifondazione comunista deve sottoscrivere un patto leonino sulle 35 ore, dall'altro lato, vuole essere in Europa (domani, a Klagenfurt, si presenterà per dire, forse, che l'Italia si allinea con l'Europa?). Il problema della mobilità delle piccole e medie aziende, la possibilità di assumere e licenziare sarà affrontato dal suo Governo o ci sarà un ulteriore irrigidimento? Onorevole D'Alema, l'occupazione in Italia continua a diminuire e per questo vi sono preoccupazioni da parte degli industriali ma soprattutto dei disoccupati. Un industriale può essere preoccupato perché guadagna di meno, ma comunque ha qualcosa da perdere; chi è disoccupato, il giovane che cerca lavoro e non lo troverà ha una preoccupazione in più, perché vede il proprio futuro non roseo ma grigio e vede drammaticamente


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allontanarsi la possibilità di trovare un'occupazione stabile, di entrare nel mondo della produzione.
Siamo convinti che rivedendo in modo drastico il problema della mobilità, la possibilità di assumere e licenziare dipendenti secondo la produttività e le disponibilità delle aziende, soprattutto di quelle medie e piccole, riusciremo a creare occupazione. Questo Governo, invece, si avvia a creare ulteriore disoccupazione: per questo, come ho detto all'inizio del mio intervento, esprimerò un voto contrario (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Scaltritti. Ne ha facoltà.

GIANLUIGI SCALTRITTI. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi, i dati relativi al prodotto interno lordo e all'occupazione nella grande industria sono deludenti e deficitari. Essi dimostrano, oltre al fallimento del tanto decantato Governo Prodi, anche e soprattutto il fallimento della politica del centro-sinistra, che ha regalato soldi alle grandi industrie senza alcun effetto sull'occupazione, opprimendo fiscalmente la piccola e media impresa e aumentando la povertà.
Onorevole D'Alema, nel suo discorso introduttivo lei ha detto che il polo per le libertà non ha credibilità di governo e che la coalizione che lei sostiene, che va dai pendolari di Cossiga ai comunisti di Cossutta, è garante della governabilità di oggi e del bipolarismo di domani. Capisco che deve mascherare la lotta di potere che si svolge nell'ambito della sinistra e che l'ha costretta ad accordarsi con il vecchio democristiano Cossiga e con il suo staff di opportunisti, ma prendere in giro gli italiani con questi giochi di palazzo è una storia che ormai ha stancato e che sta portando ad una sempre minore credibilità della politica e delle istituzioni. La nostra Italia ha bisogno di un Governo credibile, capace di avviare lo sviluppo economico e sociale, sostenendo l'impresa perché vi sia lavoro per i giovani e una migliore qualità di vita per i più bisognosi.
Il polo per le libertà ha dimostrato, nella breve esperienza del Governo Berlusconi, di avere e poter applicare un modello di sviluppo reale per la nazione. Lei, onorevole D'Alema, ha al suo attivo solo il fallimento della bicamerale e si presenta oggi con un Governo privo della legittima investitura elettorale, composto di uomini e donne che di costituzionale hanno la propria conformazione anatomica alle poltrone a cui tanto tengono. Per questo negherò a lei e alla sua virtuale maggioranza la mia fiducia, insieme a tutti quegli italiani che, stanchi della politica di palazzo, voglio un futuro di certezze, di giustizia sociale e di libertà (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Gasparri. Ne ha facoltà.

MAURIZIO GASPARRI. Onorevole Presidente, onorevole Presidente del Consiglio, sappiamo che la nostra maratona oratoria poco può modificare rispetto ai risultati della scontata votazione, ma è indubbiamente un gesto simbolico di protesta per il modo anticamente parlamentare con cui nasce questo Governo. Noi crediamo nel bipolarismo, nella democrazia dell'alternanza e rispettiamo i risultati elettorali. Il Governo precedente, in un modo o nell'altro, era scaturito, desistenze o non desistenze, da un responso elettorale. Questo Governo nasce dal più antico trasformismo. Questo Governo peraltro ha i difetti di tante altre situazioni: nessuno ha parlato delle indagini giudiziarie in corso sul Presidente del Consiglio e quindi anche le polemiche sulla giustizia non sono appannaggio solo di un certo schieramento ed è questo un argomento che probabilmente riemergerà.
Quindi, noi riteniamo quello che nasce un Governo privo di una legittimazione democratica. Riteniamo che siano stati truffati centinaia di migliaia di elettori da un leader di un partito che ha una lunga storia; una storia che si può giudicare in modi diversi e il nostro giudizio certamente non può che essere critico, come


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immagino potrebbe essere altrettanto critico il giudizio su di noi del Presidente del Consiglio. Ebbene, questo leader avrebbe dovuto soppesare diversamente quello che si è verificato.
Noi siamo qui oggi di fronte ad una situazione che rischia di allontanare, signor Presidente del Consiglio, i cittadini dalla politica. La gente che comunque si era schierata, con il Polo o con l'Ulivo, con questa speranza di bipolarismo, viene ancora una volta tradita e questo è un reato politico, che a volte conta più di reati penali in senso stretto, perché uccide una speranza, uccide la chiarezza e soprattutto rischia di allontanare i cittadini dalla politica.
Nel merito, il suo discorso, per la sua parte propositiva, è stato, me lo consenta, estremamente vago. Vorrei sapere ad esempio se il ministro dell'interno Jervolino impedirà domenica a Roma lo spinello-party annunciato da un centro sociale; se interverrà, come è suo dovere, e, se dovesse farlo, cosa diranno Cossutta e gli esponenti del partito comunista d'Italia che sono nella maggioranza. Sono problemi seri questi. Speriamo che almeno nella gestione ordinaria la maggioranza variegata che si è composta non conduca alla paralisi. Sullo straordinario o sui problemi di fondo, non ci illudiamo sulla sua possibilità di intervento.

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Gasparri, questa volta faccio il lavoro inverso: lei ha cinque minuti, non due, quindi se vuole può continuare.

MAURIZIO GASPARRI. Rinuncio in favore di altri colleghi.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Stagno d'Alcontres. Ne ha facoltà.

FRANCESCO STAGNO d'ALCONTRES. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il Presidente del Consiglio, onorevole D'Alema, ha ribadito recentemente la legittimità del suo Governo. Personalmente, su ciò non ho dubbi: un Governo che ottiene la maggioranza dei voti in aula è legittimato a governare.
Le regole e la storia recenti della politica italiana hanno dimostrato che il patto elettorale stipulato tra i parlamentari e gli elettori non ha alcun valore o, per meglio dire, quando vi sono le condizioni, cioè a seconda delle opportunità e delle convenienze e della discrezionalità dell'eletto e non dell'elettore, può venir meno. La mia preoccupazione è che la violenza perpetrata da qualche tempo a danno della volontà dell'elettore possa determinare un allontanamento del cittadino dalla politica e dalle istituzioni, con riflessi negativi e pericolosi sulla pace sociale del nostro paese.
Quindi, onorevole D'Alema, io credo, come lei ama dire, che sia più corretto parlare di legittimità formale. Ben altra cosa è quella sostanziale, quella cioè omologata dagli elettori. Ma ho rispetto, anche se non le condivido, delle sue idee.
D'altronde, lei stesso ha dichiarato che non viene dalla luna. In realtà, non si tratta di pianeti, ma di formazione politica ed ideologica distinte e distanti dalla cultura della maggioranza degli italiani e che, laddove hanno trovato radicamento, consentendo di governare, non hanno mai permesso consultazioni elettorali.
Onorevole D'Alema, la sua strategia procede impeccabilmente: prima si è mascherato con l'onorevole Prodi, oggi osservo con profonda amarezza che arriva al Governo d'accordo con gli eredi di coloro che hanno lottato per la libertà e per la democrazia del nostro paese e che ci hanno fatto crescere rendendoci edotti sui pericoli, i guasti ed i limiti della sinistra. Mi auguro che questo sia solo un fatto transitorio e che si possa arrivare in tempi brevi a riscrivere quelle regole che gran parte degli italiani sostengono come necessarie per la stabilità e la legittimazione dei Governi futuri.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Stradella. Ne ha facoltà.

FRANCESCO STRADELLA. Signor Presidente, signori deputati, anch'io


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preannuncio il voto di sfiducia al Governo presieduto dall'onorevole D'Alema con profonda convinzione e per il rispetto di quanti, nell'attribuirmi il loro voto, si sono affidati ai miei giudizi per rappresentarli in quest'aula.
Sono certo che la mia decisione non sorprenderà i rappresentanti del Governo, che questa volta hanno preventivamente fatto i conti dei sì e dei no. Ma questo esecutivo che oggi riceve la fiducia della Camera sa di non avere il consenso del paese. La maggioranza degli italiani nel 1996 non voleva ed oggi non vuole un Governo a partecipazione comunista. I nostri concittadini conoscono perfettamente quali sfasci la sinistra abbia procurato laddove ha avuto il potere. Questo Governo, nato da un rapporto improprio tra ex-democristiani e post e neo-comunisti, è distante e distinto dalle aspettative degli italiani.
Signor Presidente del Consiglio, pressato dalle segreterie dell'eptapartito che ha varato, lei ha dovuto aumentare il numero dei ministeri, con un'omissione però. Questa era l'occasione per ripristinare il ministero della protezione civile, perché con il suo Governo il nostro paese sarà vittima del peggiore cataclisma politico della sua storia.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Buontempo. Ne ha facoltà.

TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, l'ex capo dei servizi segreti sovietici, diventato per breve tempo Capo dello Stato sovietico, Andropov, in una riunione dei vertici disse: oggi un colpo di Stato ed una dittatura non possono essere fondati sulla forza dei carri armati e sulla violenza; un moderno colpo di Stato si fa costruendo due poli politici apparentemente antagonisti, che rispondano invece alla stessa regia, alla stessa logica, agli stessi obiettivi ed agli stessi referenti.
Oggi sta nascendo concretamente ciò che Andropov aveva annunciato: un colpo di Stato, una dittatura strisciante. È il tentativo di costruire (per coprire tutto questo) due poli apparentemente contrapposti ma che rispondano in realtà alla stessa logica politica: la «ribollita» della prima Repubblica per gli uomini cari alla massoneria, per gli uomini che ancora non hanno saputo spiegare i finanziamenti illeciti dei servizi segreti e lo stragismo, che ha portato tremende sofferenze in questo paese (senza che mai siano stati individuati gli assassini che lo hanno insanguinato); la «ribollita» della prima Repubblica: tutto il potere ai partiti, con l'annientamento della volontà popolare.
Caro Presidente del Consiglio, mi auguro che il Polo per le libertà consideri questa vicenda ormai un fatto compiuto, come quando avviene una disgrazia in famiglia o si subisce una rapina. È inutile recriminare: bisognava agire prima. Il Polo non lo ha fatto adeguatamente. Avevo proposto, per esempio, le dimissioni di tutti i parlamentari del Polo, per far capire cosa stesse accadendo; non era un atto eversivo, ma solo legittima difesa della democrazia.
Mi ha colpito una sua frase, onorevole D'Alema. Nel suo intervento di ieri ha detto che non è solo il PIL a dover indicare il grado di sviluppo di un paese. Io credo che questa sia la frase più significativa.
Spero che il centro-destra la smetta di recriminare sulla rapina avvenuta e la voglia sfidare proprio su questi temi: occorre, per esempio, considerare la prima casa non come fonte di reddito, ma come bene sociale e comune, che deve essere defiscalizzato. Spero anche che la sfidi sull'occupazione in modo da dividere previdenza e assistenza e porre fine alla rapina di Agnelli e dei suoi compagni sulla previdenza sociale, sulla rottamazione, sulla esportazione di capitali all'estero, che creano altra disoccupazione.
Spero, in conclusione, che il centro-destra la sfidi sui grandi temi sociali, per fare in modo che le nuove povertà fungano da stimolo alle forze politiche perché abbandonino il palazzo, lottino in piazza e chiedano conto ai sindacati, anch'essi complici di questa «ribollita» (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).


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PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Taborelli, iscritto a parlare: si intende che vi abbia rinunziato.
È iscritto a parlare l'onorevole Mancuso. Ne ha facoltà.

FILIPPO MANCUSO. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, voterò come i miei colleghi di gruppo contro questo Governo di stampo milazziano. Questo faccio, però, con la consapevolezza del dovere di riconoscere l'effettività del potere quando sia formalmente costituito.
Certo, esso parte con un vantaggio, che neppure misconoscerò: quello di seguire il ciclista appiedato e di seguire, per quanto riguarda ciò che più mi sta a cuore, quella sorta di italico Ivanhoe dal nome di carillon che sedeva al Ministero di grazia e giustizia.
Stamani, confidenzialmente, amichevolmente e direttamente, conferendo con il suo successore, forte della fiducia che ho nella sua persona e nella sua personalità culturale, gli ho detto quello che sento il dovere di ripetere qui come raccomandazione di coscienza e di conoscenza anche a lei, signor Presidente del Consiglio: il guardasigilli è l'ispiratore tecnico, giuridico, politico e culturale di un Governo. Se non può far questo, se non sa fare questo, è un burocrate sostituibile in ogni tempo.
Io mi auguro che il nuovo ministro di grazia e giustizia sappia far questo, anche eventualmente affrontando i problemi straordinari della giustizia e delle istituzioni e sappia tenere a bada, soprattutto, le forze che, paludate o di fatto, tenteranno inevitabilmente di condizionarne le libertà.
Questo è essenziale al Governo, è essenziale all'opposizione, è essenziale allo Stato, perché al di sopra non solo delle nostre pur rispettabili storie personali, ma della nostra stessa contrapposizione politica v'è l'interesse della collettività e della legge (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Tarditi, iscritto a parlare: si intende che vi abbia rinunziato.
È iscritto a parlare l'onorevole Tortoli. Ne ha facoltà.

ROBERTO TORTOLI. Presidente ed onorevoli colleghi, è indubbio che l'incarico a D'Alema presenti molti risvolti inediti in un paese democratico.
Il Presidente D'Alema avrebbe avuto altra legittimità se fosse stato «sancito» dalle urne e non da una manovra di palazzo concordata con il capo di un partito che non esiste, con il quale ha costituito un Governo che potremmo chiamare delle «basse intese».
Questa mancanza di legittimità oggettiva, la deve accettare, Presidente, e non si deve meravigliare delle nostre reazioni che sono quelle dalla gente comune ma anche de L'Osservatore romano e perfino de il manifesto. Non si deve meravigliare se da noi non avrà risposta alla sua apertura sulle riforme. Il suo Governo non ha titoli per parlare di riforme! Se le manca legittimità non è certo colpa nostra. Ma analizziamo meglio il perché le manca legittimità. È sufficiente andare a leggere i risultati elettorali del 21 aprile e vedere che il suo Governo ha solo il 34,8 per cento dei consensi elettorali: 21,1 per il PDS; 6,8 per il partito popolare, per i repubblicani, i socialisti, i popolari per Prodi; 2,5 per i verdi; 4,3 per rinnovamento-lista Dini e lo 0,1 per il partito sardo di azione. Ripeto, il 34,8 per cento mettendo insieme ben 10 aggregazioni politiche distinte, distanti e spesso create ad hoc, senza un programma comune se non quello di non andare a votare. Come può pensare allora di avere legittimità, Presidente D'Alema, con un Governo che parte avendo contro il 65,2 per cento degli italiani? Porti pure avanti il suo programma e il suo progetto contro la volontà dell'intero paese, ma accetti la nostra ferma e piccata avversità al suo esecutivo.
Vorrei rivolgerle un solo ammonimento: visto come sono andate le cose, non chiami noi eversivi (Applausi dei


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deputati dei gruppi di alleanza nazionale e di forza Italia)!

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Conte. Ne ha facoltà.

GIANFRANCO CONTE. Presidente, onorevoli colleghi, quando nel 1994 fui invitato ad entrare in politica si era appena chiusa l'epoca del pentapartito e tutto lasciava presagire una vittoria schiacciante dei comunisti; accettai proprio per dare il mio contributo a scongiurare quella ipotesi. Vincemmo sull'onda dell'entusiasmo per forza Italia e per il suo leader.
Ci furono poi il ribaltone, nuove elezioni, l'Ulivo e la sua rovinosa caduta. Ora si apre un'altra era: quella del decapartito che ha spianato la strada a un comunista come premier.
Ora, più di allora, intendo moltiplicare gli sforzi perché questa anomalia abbia fine e si possa tornare ad una competizione bipolare che contrapponga la libertà allo statalismo e il progresso alla stasi, lo sviluppo economico alla povertà, il lavoro alla disoccupazione.
Ma oggi debbo esprimere la mia amarezza per il tradimento consumato ai danni del Polo e dei suoi elettori da quei colleghi che hanno abbandonato la strada dell'anticomunismo per incamminarsi verso il nuovo arco costituzionale ideato dal senatore Cossiga, che ha il solo scopo di tornare indietro: al compromesso storico, al CAF, dimentichi o forse anelanti dei guasti che hanno prodotto.
Questo nostro paese meritava di più. Giuro, anche per i loro elettori, che resterò fedele agli ideali del Polo delle libertà. Lo giuro!
Mi permetta, infine, onorevole D'Alema, di darle un consiglio, i cosiddetti «straccioni» di Valmy per lo più non amano le estenuanti fatiche delle aule parlamentari. Dovrà quindi chiedere alla sua maggioranza di garantire la presenza in aula anche per loro e per i suoi innumerevoli ministri e sottosegretari se non vorrà già dalla prossima finanziaria cominciare a provare l'amaro calice della sconfitta (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Urbani, iscritto a parlare: si intende che vi abbia rinunziato.
È iscritto a parlare l'onorevole Valducci. Ne ha facoltà.

MARIO VALDUCCI. Signor Presidente, colleghi deputati, vorrei fare tre flash sulla situazione attuale. Sono assolutamente d'accordo che la politica deve riacquistare il suo giusto peso nei confronti delle altre istituzioni e nel paese, ma non credo che con i vecchi metodi che l'allontanano dai cittadini, la politica esca da quella situazione di cittadella del potere odiata dalla società civile.
Il modo in cui si è formato il suo Governo, indipendentemente dal merito, da me ovviamente non condiviso, è stato contrario ai principi di una buona e corretta politica, poiché in diversi passaggi si è andati contro la volontà dei cittadini che nel 1996 avevano votato un'altra maggioranza ed un altro premier.
Dobbiamo almeno rivedere, nell'ambito delle riforme, il sistema elettorale tenendo presenti i seguenti punti: l'indicazione del Presidente del Consiglio; il conseguimento del bipolarismo, che oggi si è interrotto per la sua azione, attraverso norme antiribaltone e rispettando la volontà dei cittadini nell'applicazione del maggioritario. Il referendum sul sistema elettorale proposto da Segni e Di Pietro aiuta sì ad abbattere i partiti ma non la partitocrazia, e rende il sistema ancor più proporzionale, senza approdare né al bipolarismo né a quella volontà popolare del maggioritario, ovvero la certezza di dare un mandato ad una maggioranza politica omogenea.
Come terzo flash, voglio ricordare quanto stamattina ho letto sui quotidiani, cioè che lei, caro Presidente del Consiglio, è rimasto deluso dal fatto che il compagno Bertinotti non si sia congratulato per la formazione del suo Governo. Credo che sia stato un lapsus del suo subinconscio, che mi ricorda la barzelletta di quella


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signora che, violentata da un bruto - ovvero l'Ulivo, il suo precedente progetto politico sodomizzato da Bertinotti -, si lamentava perché quel signore non si era più fatto sentire con una lettera, una telefonata, dei fiori.

ALFREDO BIONDI. Era una scimmia, però!

MARIO VALDUCCI. Per questo credo poco alle sue smentite per aver contribuito all'abbattimento di Prodi e dell'Ulivo, guarda caso a metà legislatura ed interrottasi la sua attività da presidente della Commissione bicamerale.
Ovviamente, il mio voto sarà negativo (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Viale. Ne ha facoltà.

EUGENIO VIALE. Annunciando il mio voto contrario a questo Governo, tralascio le motivazioni di carattere morale che obbligano tutti a giudicare negativamente i troppi personaggi che, eletti nelle file del Polo delle libertà, ora stanno dall'altra parte, pur di ottenere una poltrona, un beneficio clientelare e così via. Non so come e con che ardire questi voltagabbana potranno presentarsi al loro elettorato, ma certamente il futuro sarà giusto giudice in tal senso.
Ora voglio invece far notare che questo Governo che nasce è fortemente influenzato da ideologie comuniste e postcomuniste. È indubbio, invece, che la concezione politica comunista nel mondo dove è stata applicata ha prodotto solo povertà e mancanza di progresso. Ora, forse solo a parole, anche l'onorevole D'Alema ha ammesso di voler fare il liberale, negando quindi la validità del proprio passato politico. Speriamo che ciò si verifichi realmente per poter davvero ricreare sviluppo, diminuzione della disoccupazione, benessere per tutti.
Noi dell'opposizione non ci stancheremo di chiedere questo e saremo custodi fedeli dei veri e saldi principi liberali. E così, esemplificando, non ci stancheremo di richiedere una consistente diminuzione delle imposte e degli oneri sociali, la liberalizzazione di tutto ciò che è possibile, la trasformazione dei burocrati in servitori civili dei cittadini, la sollecitazione degli investimenti con una moderna cultura del mercato e con iniziative concrete e credibili, non certo con ipotesi deleterie come quella delle 35 ore o dell'agenzia per il lavoro e per il sud. (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Losurdo. Ne ha facoltà.

STEFANO LOSURDO. Onorevole D'Alema, quando lei quest'estate si recherà a Gallipoli attraversando la nostra Puglia, attraverserà anche una pianura di ulivi secolari, probabilmente destinati all'espianto. Io so che lei se ne intende di espianti di ulivo, pur tuttavia non posso fare a meno di ricordarle quello che il passato Governo Prodi ha combinato per quanto riguarda la politica olivicola italiana: ha permesso che fosse accettata una riduzione del 21 per cento degli aiuti comunitari all'olivicoltura nazionale per la campagna 1996-1997.

ERNESTO ABATERUSSO. Non è vero.

STEFANO LOSURDO. Ha accettato un'analoga riduzione, questa volta del 41 per cento, per la campagna 1997-1998; ha provocato così, per i produttori olivicoli italiani, una perdita di oltre mille miliardi nel reddito complessivo aziendale, con riflessi pesanti per tutta l'economia delle zone interessate, che ovviamente non sono solo quelle del sud Italia perché c'è da ricordare anche la Liguria e la Toscana.
Quel Governo ha accettato ancora, nel quadro della nuova organizzazione comune di mercato del settore, una ripartizione delle quantità garantite che penalizza l'agricoltura italiana, non coprendo tutta la produzione olivicola italiana, con rischio di ulteriore, pesante penalizzazione. Non ha dato corso alla legge


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approvata dal Parlamento recentemente sul made in Italy, volta a garantire il mercato dell'olio d'oliva italiano dalla concorrenza anche dei paesi terzi, sotto le pressioni delle multinazionali del settore - se lo ricordi bene - e delle surrettizie osservazioni della Commissione della Comunità.
Ritengo che il neo ministro dell'agricoltura, dottor Paolo De Castro, di cui tutti conosciamo la competenza come ex consigliere agricolo del Presidente del Consiglio Prodi e come consigliere economico dell'ex ministro Pinto, probabilmente non potrà essere innovativo per quanto riguarda gli indirizzi della politica agricola italiana; per lo meno, nutriamo forti dubbi su questo.
Onorevole D'Alema, il mondo agricolo italiano è sfiduciato ed anche arrabbiato, perché ormai da decenni, tranne rare eccezioni, non si vede mai compreso dalla politica governativa in materia agricola. Potrei dire - ma non lo dico perché ho stima di lei - che lei dovrebbe essere cromosomicamente incapace di dare indirizzi innovativi alla politica agricola; mi consenta però di nutrire forti dubbi sulla possibilità che questo Governo sia innovativo per tutto ciò che di disastroso è stato combinato in tema di politica agricola in Italia: per questi motivi le voterò contro.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l'onorevole Marzano.

ANTONIO MARZANO. La ringrazio in maniera particolare, signor Presidente.
Colleghi, ieri l'onorevole D'Alema ha voluto puntellare il suo imbarazzato discorso con alcune citazioni un po' audaci: ha citato Cossiga, ma stia attento all'ortografia, onorevole D'Alema. Controlli il resoconto a stampa del suo discorso: per noi Cossiga si scrive con la «C», ma dalle sue parti Cossiga si scrive con il «K». Lo ricorda, onorevole D'Alema? Lo ricorda, onorevole Cossiga?
Lei ha citato l'apprezzamento di Moro per certe sensibilità della sinistra. Ma Moro non poteva prevedere che quelle stesse sensibilità esasperate avrebbero portato al suo assassinio. A quell'esasperazione concorsero tante cose, anche le bombe molotov contro la polizia, bombe di cui si sa che nei suoi dintorni si ebbe qualche pratica. È mistificante che lei citi Moro, onorevole D'Alema, martire dell'odio comunista; se vuole un consiglio, lo lasci riposare in pace!
Lei dice che il voto non avrebbe risolto i nostri problemi: allora non votiamo più in Italia? Sono sicuro che lei non lo pensa. Ma allora lei crede seriamente che i nostri problemi saranno risolti dal trasformismo meglio che dal voto? Il trasformismo alla lunga non paga, onorevole D'Alema. A questo proposito sarò io a citare lei: forum de l'Unità, 3 settembre 1998. Lei disse: «Se si spezza la maggioranza elettorale si determina una novità non fungibile con altre. Non è accettabile» - diceva lei - «dal punto di vista democratico l'idea di una variabilità parlamentare delle maggioranze elettorali».
Era lei a parlare o un suo omonimo? Ma voi siete abituati ad usare il trasformismo. La lega, con il ribaltone numero 1, la definiste «una costola della sinistra»; ora come definirete l'UDR? Una vostra costola? O magari una vostra costoletta? Sia pure, e buon appetito! (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale).

ALFREDO BIONDI. O un altro organo!

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Dell'Utri. Ne ha facoltà.

MARCELLO DELL'UTRI. Signor Presidente, mi rivolgo direttamente al Presidente del Consiglio per ricordare quanto da lui dichiarato nella giornata di ieri a proposito dell'apertura all'opposizione, che è poi la parte di discorso che interessa di più alla generalità del paese. Onorevole D'Alema, questa apertura è stata molto apprezzata all'interno del Polo, anche se vi sono state forti critiche che qui tralascio poiché vi hanno già fatto cenno i miei colleghi di partito. Le voglio


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ricordare che questa apertura dovrebbe avere un percorso ben diverso da quello che si era avviato nella Commissione bicamerale, che lei ha definito una nave affondata da Berlusconi. Mi permetto di ricordarle che il nocchiero della nave era lei, così come lo è di quest'altra nave e che non è stato Berlusconi ad affondarla. In ogni caso le rammento quanto è scritto in epigrafe allo statuto dei navigatori della repubblica marinara veneta: «Il capitano della nave g'ha sempre torto»! Quindi mi auguro che questo nuovo capitano riesca a ricondurre la nave in porto e non sugli scogli per un ulteriore naufragio.
Non posso esprimere un voto di fiducia poiché essa nasce dall'esperienza. Sono in attesa di vedere nei fatti cosa succederà e poi decideremo (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Sbarbati. Ne ha facoltà.

LUCIANA SBARBATI. Signor Presidente del Consiglio, sarebbe troppo semplice per me, come rappresentante del partito repubblicano italiano all'interno del gruppo di rinnovamento italiano, iniziare un discorso sulla fiducia a questo Governo senza fare riferimento alcuno alla storia più e meno recente che ci ha visti tutti insieme partecipi di una battaglia politica a difesa delle ragioni che il 21 aprile 1996 ci portarono a costruire quella grande alleanza dell'Ulivo per dare al paese un Governo diverso. Il partito repubblicano italiano ha fatto la sua parte all'interno di questa alleanza con lealtà e compostezza, soprattutto cercando di lavorare per l'interesse del paese. Il Governo dell'Ulivo ha ottenuto buoni risultati, anche insperati, come l'approdo europeo che sembrava un obiettivo quasi impossibile e il risanamento economico e finanziario del paese, che è stato perseguito, a costo di grandi sacrifici, con grande abilità e capacità politica, oltre che economica, dal ministro Ciampi. Potevamo ritenerci soddisfatti, ma l'Ulivo è venuto meno nel momento in cui occorreva uno scatto in più per affrontare gli altri problemi drammatici del paese, e cioè l'occupazione e la scuola. Il Governo dell'Ulivo è venuto meno per un'implosione interna alla sua stessa maggioranza che ha fatto da sponda all'altra implosione interna dell'opposizione.
Signor Presidente del Consiglio, per parte nostra abbiamo apprezzato la sua relazione al Parlamento soprattutto nella prima parte, là dove con grande abilità ha sostenuto le ragioni infondate di quanti oggi gridano all'incostituzionalità di questo passaggio che la vede oggi come Presidente del Consiglio e contemporaneamente ancora come leader del partito di maggioranza relativa della coalizione dell'Ulivo. È giusto quanto lei ha affermato, ma è altrettanto giusto rimarcare che non sarebbe stato facile - a nostro giudizio addirittura disastroso - ricorrere ad elezioni anticipate per risolvere i problemi del nostro paese liquidando una finanziaria che per la prima volta inverte la rotta rispetto a quelle precedenti. Una finanziaria che è essenziale per mantenere il nostro paese in Europa; perché in Europa non basta entrarci - e noi repubblicani lo abbiamo sempre sostenuto - ma bisogna rimanerci! Per rimanerci occorre anche far fronte ai grandi problemi che questo paese ancora ha e risolvere le scommesse sulle quali abbiamo puntato con l'alleanza dell'Ulivo e sulle quali appunto dovremo ancora puntare in questo nuovo Governo di centro-sinistra.
Come lei ben sa, noi abbiamo sostenuto - forse per primi e anche in maniera del tutto gratuita - la necessità che a questo punto dovesse essere il leader del partito di maggioranza relativa a governare e a farsi carico di responsabilità di governo in questo paese. Lo sostenevamo tranquillamente perché conosciamo la sua capacità (dico questo senza alcun tipo di ossequio non dovuto o «mercantile»), la sua tattica e la sua abilità in qualche momento eccezionale; come ha dimostrato ieri nel momento in cui, una volta che è franato, si è riappropriato dell'Ulivo: lei è diventato il leader dell'Ulivo ieri mattina in quest'aula con il suo discorso, dopo aver consegnato


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il suo partito alla guida del vice Premier dell'Ulivo passato, onorevole Valter Veltroni.
È una grande scommessa; è un grande rischio e vi sono grandi possibilità. Ci auguriamo che ella abbia effettivamente calcolato i rischi dietro l'angolo e prima della porta. Ci auguriamo che ella sappia gestire - come ha sempre fatto - con cautela (la prudenza è nel suo stile, lo sappiamo) tutte le fasi di questi delicati assaggi.
Presidente D'Alema, nel suo discorso, oltre alla prima parte che ci è parsa estremamente brillante e condivisibile, ve ne è una seconda che, per quanto ci riguarda, riteniamo abbastanza problematica e carica di possibili grandi rischi. Mi riferisco a quella parte del suo intervento nel corso della quale ha affermato che, a fianco di una coalizione (e quindi di un'alleanza che è comunque quella dei vecchi partiti della coalizione dell'Ulivo) che decide di aprire ad un centro-sinistra diverso e quindi ad un governo di tipo moroteo (l'alleanza tra i comunisti e i cattolici: i DS e i cattolici; per quanto ci riguarda, perché riteniamo che i popolari siano stati consegnati nelle mani del senatore Cossiga), vi è chi persegue - come il senatore Cossiga - un altro disegno politico: quello dell'alternanza! Si tratta quindi di un Governo di grande, duratura e possibile stabilità, ma che comunque ci fa fare un passo indietro.
A fronte di tutto ciò, lei vede come frontale o speculare un'altra ottica politica che non è la sua, ma del senatore Cossiga. Saranno confliggenti? Fino a che punto coabiteranno in questo Parlamento e in questo Governo? Fino a che punto riusciranno a risolvere i problemi veri del paese? Lo vorranno fare o si sapranno soltanto limitare a costruire una nuova legge elettorale, che probabilmente sarà l'unica vera cosa possibile, per tornare poi alle elezioni, magari avendo fatto piazza pulita - con il doppio turno di collegio - di tutte le forze minoritarie che nel nostro paese esprimono comunque delle culture alle quali non può che farsi un riferimento costante, perché in questo momento la democrazia ne ha bisogno, come ne ha avuto bisogno ieri?
Onorevole D'Alema, la seconda parte del suo discorso di ieri pone al partito repubblicano e a noi laici dei problemi forti. Non si può infatti pensare che soltanto perché il senatore Cossiga ha abilmente inglobato o ingaggiato - per così dire - nella sua compagine persone alle quali va tutta la nostra stima...

ALFREDO BIONDI. Ma non la nostra.

LUCIANA SBARBATI. ...come l'ex Presidente del Senato del Governo Berlusconi. Costoro possano rappresentare l'area laica, l'area repubblicana e l'area liberale di questo paese. Non può e non potrà mai farlo il senatore Cossiga! Onorevole D'Alema, lei non può commettere questi errori di valutazione (e sono sicura che non li commetterà!).
Ma il passo successivo a queste valutazioni, che dobbiamo pur considerare, è che noi siamo estranei a questo Governo! Noi, che siamo stati leali e che abbiamo fatto una scelta di campo da sempre (e non «pecuniaria», come fa qualcuno), non riusciamo a comprendere la logica del «premio ai saltimbanco», a dei personaggi eletti nel centro-sinistra che poi sono passati a destra e che ora ritornano, con una capriola di 360 gradi, nel centro-sinistra, ottenendo anche un sottosegretariato per l'interno!
Sono cose sulle quali non si può tacere, onorevole D'Alema; sono cose sulle quali abbiamo il dovere di compiere una riflessione politica. Siamo infatti convinti che la dignità di un partito non si misuri dal numero di ministri e sottosegretari, ma dalla sua capacità di essere leale, propositivo, dalla sua capacità di incidere, nei momenti cruciali del paese, con azioni di responsabilità. Noi siamo capaci, onorevole D'Alema, di lavorare gratis, perché lavoriamo per il paese; lo abbiamo sempre fatto: non lavoriamo per le persone. Ne siamo capaci ed abbiamo dimostrato di essere leali perché mai siamo stati traditori; così sarà anche in futuro, ma tutto questo non può non preoccuparci.


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Non può non preoccuparci il fatto che da questo Parlamento sia stata spazzata via la rappresentanza - non parlo né per me né per il segretario del mio partito, che non ne ha assolutamente bisogno - di una cultura laica, repubblicana, liberaldemocratica, che non è presente nella sua compagine di Governo; né alcuno di quelli che ne fanno parte ha la titolarità a rappresentarla, questo sia chiaro!
Mi deve allora rispondere a proposito dei problemi nodali di questo paese quali l'occupazione, che volevamo al primo posto nel suo discorso, la scuola e la formazione delle giovani generazioni, per la quale ho visto cancellato nel suo intervento il riferimento all'argine costituzionale, fatto che non mi preoccupa poco. Si può infatti anche fare una legge sulla parità scolastica ed è doveroso affrontare il problema nella chiave in cui lei lo ha esposto con massimo equilibrio, ma è anche necessario essere chiari perché l'argine costituzionale rispetto al quale si è svolto in questo Parlamento un ampio dibattito, nel corso del quale le forze allora democristiane, con grande saggezza laica, affrontarono il problema per definirlo così come è stato delineato, non può essere svenduto a nessuno e per nessun motivo. Non vorrei che nelle sue parole vi fosse un tentativo di giocare di rimessa di fronte a questo problema perché rispetto a ciò, come rispetto al problema dell'occupazione ed a quello delle riforme, noi saremo attenti, vigili e capaci di fare politica come qualcuno pensa che i laici, soprattutto i repubblicani, non siano più capaci di fare, perché vi è un tentativo maldestro e rozzo di cancellarli dalla storia di questo paese. Questo, le assicuro, non succederà (Applausi dei deputati del gruppo di rinnovamento italiano e dei deputati Biondi e Taradash).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Zacchera. Ne ha facoltà.

MARCO ZACCHERA. Presidente D'Alema, la vedo un po' provato, forse un po' annoiato, forse un po' preoccupato per il futuro. Coraggio, Presidente, nei prossimi mesi forse rimpiangerà molte volte di non essere andato in barca a vela!
Intanto, per aiutarla, visto che si è tanto parlato di tradimento, cercherò di stemperare la situazione analizzando come si potrebbero chiamare alcuni pilastri della sua nuova maggioranza. Ho ricavato dal dizionario dei sinonimi e dei contrari alcuni termini. Basta con il tradimento; tradimento è infedeltà, fellonia, perfidia, diserzione, defezione, slealtà, voltafaccia, rinnegamento, ripudio, adulterio, inganno, frode, imbroglio. Il traditore - come giustamente potrebbe dire il ministro al suo fianco - è apostata, defezionista, disertore, Giuda, marrano, rinnegato, transfuga, fellone, infedele, infido, perfido, sleale, ingannatore, imbroglione. Mi spiace, Presidente D'Alema, che sia sempre al telefono! Se il suo Ministero nasce con l'imbroglio possiamo dire che imbroglio è viluppo, groviglio, garbuglio, intrigo, matassa, intreccio, arruffio, aggrovigliamento, avvolgimento, mescolamento, pasticcio, inghippo, inciucio, paperacchio, papocchio, guaio, difficoltà, truffa, frode, inganno, tranello, raggiro, gabbola, broglio, turlupinatura, infinocchiatura, bidonata, bidone, fregata, fregatura, buggeratura, buscherata, tresca, impostura, intrallazzo, pastetta, intruglio, macchinazione, manipolazione, trama, mistificazione, trucco e sotterfugio. Auguri che non sia un bluff (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale)!

PRESIDENTE. La ringrazio: abbiamo acquisito ulteriori elementi di valutazione!
Ha facoltà di parlare l'onorevole Rosso.

ROBERTO ROSSO. Strana, onorevole D'Alema, la storia di chi scrive libri per impartire lezioni ad altri e poi non le rispetta in proprio.
Lei, onorevole D'Alema, scrisse un libro per invocare un paese normale, dove il popolo fosse il sovrano della democrazia ed il Governo l'espressione del suo volere. Se però il D'Alema letterario così ha scritto e così si è espresso, quello politico, in meno di quattro anni, ha dapprima


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ribaltato un Governo voluto dal popolo per sostituirlo con uno tecnico voluto da Scàlfaro e quando le elezioni le ha vinte davvero dietro al faccione di Romano Prodi, ha ribaltato Governo, premier, programma e coalizione elettorale, imbarcandosi a bordo un manipolo di scrocconi, scesi in campo con una maglia che gli elettori credevano azzurra e, alla maniera di tutti i travestiti, riconvertita prontamente in rosa. Molti italiani ancora non sapevano che l'onorevole Mastella predilige il double face.
Qualcuno minacciò di fare di quest'aula, un tempo sorda e grigia, bivacco per i propri manipoli. Sostituendo ai temerari gli scrocconi ed una mano di vernice rossa a quella nera, ormai giù di moda, lei ha dimostrato al mondo intero di sapere passare dalle parole ai fatti. Sono nipote di un partigiano che seppe rischiare la vita per una patria che non gradiva in mano ai prepotenti, né a quelli burberi come il vecchio Benito, né a quelli aggraziati come si è dimostrato lei ieri, onorevole D'Alema. Sono orgoglioso di appartenere ad una razza politica, quella di forza Italia, che ancora oggi sa opporre resistenza ai nemici della democrazia.
Pochi di questi giorni onorevole D'Alema!

PRESIDENTE. Colleghi, passiamo ora agli interventi a titolo personale. Come sapete, la Conferenza dei presidenti di gruppo ha stabilito un tempo complessivo di sessanta minuti per questi interventi e, quindi, gli otto colleghi che hanno chiesto di parlare a titolo personale disporranno di otto minuti ciascuno.
È iscritto a parlare, a titolo personale, l'onorevole Costa. Ne ha facoltà.

RAFFAELE COSTA. Signor Presidente, ho ascoltato con interesse il discorso del Presidente del Consiglio, che mi è sembrato sereno e civile, ma non convincente. Il tono misurato non si accompagna con prospettive facilmente realizzabili, perché il Governo non potrà adottare davvero una linea diversa rispetto a quella che costituisce il patrimonio della sinistra.
In taluni passaggi ella ha auspicato che il centro-destra, l'area liberale, assuma atteggiamenti diversi rispetto al recente passato. Non è una richiesta del tutto ingiustificata. Abbiamo necessità di meglio qualificare in senso liberale il nostro lavoro, dobbiamo meglio selezionare uomini e programmi. Alla sinistra, che ci chiede collaborazione ed anche di cambiare un po', abbiamo il dovere di chiedere altrettanto, di essere diversa da quella che è stata, soprattutto negli ultimi mesi, non la sinistra che ora ha messo insieme comunisti, ortodossi ed eterodossi, socialisti, socialdemocratici, popolari, diniani, liberali sedicenti di sinistra, dipietristi, diessini. Non ci convince facilmente e tanto meno convince ora che ha aperto le sue porte, le porte dell'esecutivo e prima ancora della maggioranza, ad un Governo di parlamentari eletti con il Polo. Io non voglio giudicare. Rammento a me stesso che nessuno è senza peccato. Vorrei però chiedere a tutti, all'opinione pubblica, al Governo, al leader della maggioranza, se sia giusto quanto sta avvenendo.
Nel 1996 il Polo si oppose all'Ulivo; con il Polo entrammo in questa aula in 240 deputati ed ora una ventina di questi colleghi ha deciso di passare dall'altra parte, dalla parte del Governo della maggioranza.
Lei è sicuramente un bravo calciatore, oltre che un ottimo politico: è come se due giocatori dell'Inter domenica, entrati in campo per giocare contro la Juventus con la maglia nera ed azzurra, comincino a tirare calci verso la loro porta. È come se nel consiglio comunale di Roma dieci consiglieri eletti con Rutelli passassero con Borghini e silurassero l'attuale sindaco. Potrebbe anche farci piacere, ma sarebbero ugualmente censurabili. Le piacerebbe?
Salterò una parte di ciò che avevo preventivato di dire perché mi rimangono solo due minuti. Vorrei però sottolineare la nota positiva che emerge dal travaglio di queste settimane. Se noi abbiamo la possibilità di dolerci di certi comportamenti


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che hanno consentito di costituire un Governo, dobbiamo guardare anche agli aspetti positivi della vicenda.
Da qualche mese il Polo sta cambiando in meglio. Non vi sono più forti dispute nel suo interno, non vi sono quasi più polemiche; il Polo non si spacca più, come scrivevano i giornali. Sono tornati tra noi l'armonia ed anche un certo entusiasmo. Lo misureremo domani. Siamo uniti negli obiettivi, coerenti, costruttivi e ci vogliamo perfino un po' di bene, cosa che in politica non capita troppo sovente. Le elezioni prima o poi arriveranno, il tempo è una grande medicina.
Nel suo discorso sottovoce ho colto alcuni passaggi interessanti, in particolare le espressioni rivolte al modo in cui si cercherà di far valere i diritti dei più deboli. Voglio però oggi chiedere di essere ascoltato particolarmente su un punto, da lei e dal ministro competente, che non è presente in questo momento. Non intendo - me ne guardo bene - riaprire il discorso sul caso Di Bella, va però detto in maniera netta che quel caso ha evidenziato la disperazione della società che non si arrende di fronte a ciò che è definito ineluttabile, che ritiene - come io stesso ritengo - non si faccia abbastanza per contrastare malattie che, stando al recentissimo congresso degli oncologi di Torino e ad una dichiarazione - che al termine del mio intervento le rimetterò - della lega nazionale antitumore, colpiranno tra quindici anni (è una previsione che ci auguriamo non si realizzi, ma che tanti elementi fanno ritenere attendibile) quasi un terzo dei viventi nel nostro paese.
Anche se abbiamo idee diverse, soprattutto circa i controlli della spesa, sono convinto che il ministro Bindi ha fatto e farà il possibile per assicurare alla sanità le risorse necessarie. Occorre però concentrare sul tema della prevenzione un cumulo senza precedenti di energie, di impegni finanziari, di strutture. Se il settore della ricerca può, forse, essere in parte delegato ad altri paesi, a laboratori che operano all'estero, a ricercatori delle diverse latitudini, ad istituti che studiano fuori del nostro paese, non è così per la prevenzione. Il ministro sa bene che la prevenzione è in Italia insufficiente, incompleta, inadatta, irrazionale, sfasata e contraddittoria. Essa è condotta da enti ed organizzazioni volenterose, ma quasi mai sufficienti a rispondere al dramma della società. Mi sono permesso di sottolineare tempo fa alla Camera la carenza di iniziativa legislativa nel settore ed i 415 miliardi stanziati per la prevenzione dal 1995 al 1997, che non risultarono spesi; non ripeto quel discorso, chiedo però al Governo ed alle competenti Commissioni di procedere all'esame delle diverse proposte di legge sull'argomento. Ci sono in Italia decine di istituti, centinaia di ricercatori, migliaia di medici onesti che sentono l'esigenza che il loro lavoro sia affiancato, anzi preceduto da un'informazione corretta, concreta, dal sapere della società, nel momento in cui il male non è ancora sorto. Io non sono un tecnico, non sono un medico, non sono un esperto, molto temporaneamente sono stato ministro della sanità ed ho imparato una cosa importante: a tendere l'orecchio, ad aprire gli occhi, a captare cosa succede, a cogliere tutte le cose che percepisco, come tanti altri, nella società, nei luoghi di lavoro, nei luoghi di svago, nelle famiglie: è tutto un rincorrersi di cattive notizie, di eventi dolorosi, di vite spezzate, di crudeli aggressioni, di sorteggi tragici, di drammi, di mali incurabili. Aiutare i cittadini a non arrendersi, questo ci chiede la società; ci chiede di aiutare chi non sa farlo da solo a proteggersi preventivamente, ad evitare il male. Ho studiato in queste settimane i dati relativi all'insorgenza della malattia in America, dove per merito della prevenzione le cose vanno meglio in modo percettibile: da cinque anni vi è lo 0,7 per cento in meno all'anno di nuovi casi e di morti. Ho letto i dati relativi all'Italia, con il nord-est che precede tutti nella triste graduatoria e che raddoppia le percentuali rispetto al sud, almeno in questo fortunato.
Ci troviamo in questa situazione: come persone riteniamo doveroso intervenire, anche se non sappiamo bene in quali


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termini; come politici ci riteniamo quasi impotenti; come operatori - chi lo è - ci sentiamo non assistiti. Cinque anni fa, signor Presidente del Consiglio, progettai e costituii la commissione oncologica nazionale. Oggi vorrei che fossero dati al ministro competente gli strumenti necessari affinché la stessa commissione possa operare attivamente, cosa che non riesce a fare. So bene che lei conosce la realtà, che il problema non le è sfuggito, che il ministro la tallonerà. Le consegno, terminando questo mio intervento, un recente drammatico volumetto, edito da una piccola casa editrice Il pensiero scientifico: i dati sono allarmanti! (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia)

PRESIDENTE. È iscritto a parlare, a titolo personale, l'onorevole Calderisi. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE CALDERISI. Signor Presidente, colleghi, voterò contro la fiducia al Governo ma parlo a titolo personale perché non ho condiviso la scelta del Polo per le libertà di iscrivere a parlare tutti i propri deputati per due minuti ciascuno: alla compressione del dibattito sulla fiducia al Governo (un Governo che rappresenta un evento di straordinaria rilevanza politica) occorreva rispondere in altro modo. Certo non con questa forma di protesta basata su interventi di due minuti, tempo adatto forse per l'indignazione, l'agitazione o la propaganda, certo anch'essa necessaria in politica, ma è sicuramente un tempo non adatto per l'analisi, il confronto e la proposta politica di cui invece il Polo ha sempre più urgente ed assoluta necessità se vuole colmare il vuoto di iniziativa politica che da troppo tempo lo affligge e che finisce per facilitare il compito degli avversari politici, così come, credo, ha certamente favorito lo sbocco truffaldino della crisi di Governo.
Ho detto «sbocco truffaldino», signor Presidente, perché non vi è dubbio che il suo Governo nasce con una doppia frode politica: ho detto e sottolineo «politica». Infatti, se è difficile o discutibile sostenere che vi è stata una violazione formale delle vigenti regole del gioco, certamente costituisce una frode politica il fatto che questo Governo, onorevole D'Alema, nasca senza che lei si sia candidato alla carica di premier davanti agli elettori e costituisce un'altra frode politica il fatto che il suo esecutivo nasca con il voto determinante dei deputati dell'UDR, eletti nel Polo, cioè in uno schieramento contrapposto al suo: un ennesimo, inquietante episodio di trasformismo politico da parte di parlamentari, quasi tutti ex DC, ritenuti fino a ieri dalla sinistra «sporchi e cattivi» e oggi, in quanto vostri alleati, «ritenuti candidi e buoni», ripuliti da quella grande lavanderia della storia che è stata la sinistra comunista e che ancora oggi è la sinistra post-comunista, come ha perfettamente descritto Angelo Panebianco sul Corriere della Sera di lunedì scorso, un'eredità del PCI che rappresenta forse l'elemento di maggiore continuità per i democratici di sinistra rispetto alla tradizione comunista.
Non credo che siano esagerate le grida di allarme che si sono levate da più parti, non solo dal Polo, circa la restaurazione, o meglio la rifondazione, partitocratica che questo Governo può rappresentare. È il primo Governo frutto solo dei partiti che nasce dopo il referendum del 18 aprile 1993. I Governi Berlusconi e Prodi (pure essi formati da coalizioni di partiti) erano comunque stati scelti dagli elettori; i Governi Ciampi e Dini sono stati Governi tecnici e del Presidente della Repubblica. Questo Governo nasce invece esclusivamente su base e volontà partitica di ben dieci partiti e partitini; è un Governo decapartito che nasce con gli stessi vizi, gli stessi riti, le stesse alchimie dei Governi della prima Repubblica (rigida applicazione del manuale Cencelli, puntualmente aggiornato, aumento consistente del numero dei ministri e sottosegretari, anche per acquisire - uso questo termine più gentile - il passaggio di campo di alcuni parlamentari).
Per questa operazione avete speso parole grosse e citazioni illustri: sia Cossiga sia lei avete fatto riferimento a Moro e


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Berlinguer, cercando di dare ad intendere che questo Governo rappresenta, dopo oltre vent'anni, il compimento del disegno di Moro e Berlinguer. Di ben altra operazione e di ben altro scambio credo si tratti: Cossiga legittima lei come premier consentendole di non dover percorrere la via maestra della legittimazione davanti agli elettori, un percorso che le avrebbe imposto di fare fino in fondo i conti con la sua storia; lei onorevole D'Alema, in cambio, legittima il tentativo (almeno di tentativo credo si tratti) di Cossiga di ricostruire sostanzialmente la democrazia cristiana. Un'operazione, come si vede, a livello molto più basso dell'evocato disegno di Moro e Berlinguer: un'operazione di «neoconsociativismo imperfetto», come più oltre preciserò, che ha comunque poco a che vedere con la costruzione del bipolarismo.
Anche l'elemento che avevamo ritenuto positivo, cioè l'attribuzione della carica di premier al segretario del partito di maggioranza relativa viene ora a cadere per l'adozione, come faceva la DC, della regola non scritta del divieto del doppio incarico di premier e segretario di partito, regola che rappresenta la negazione del principio di responsabilità politica. Questo Governo rappresenta dunque un duro colpo al bipolarismo: lo rappresenta nei fatti, al di là della professione di fede bipolare contenuta nel suo discorso programmatico.
Ma certamente, se questo è vero, nessuno può nascondersi che questo ennesimo colpo alla credibilità delle istituzioni si iscrive in una più generale crisi del sistema politico. Come lei stesso ha detto, la caduta del Governo Prodi è stata non solo una crisi politica ma l'ennesima testimonianza di una crisi ancora irrisolta del sistema. Per questo - non vi è ombra di dubbio, onorevole D'Alema - sono necessarie ed urgenti adeguate riforme costituzionali ed elettorali. Al riguardo, mi auguro che il polo ritrovi la capacità di iniziativa politica e non subisca, ma anzi lanci esso stesso la sfida su questo terreno.
Lanciare la sfida sul terreno delle riforme significa innanzitutto comprendere e chiarire i termini della questione e la posta in gioco. Che cosa intendo dire? Lei ha riconosciuto che «il processo in corso non esprime una normalità della dialettica politica» e che il Governo «contiene un tratto di eccezionalità». Ha anche riconosciuto che dentro la nuova maggioranza convivono due diverse ispirazioni, due diversi disegni circa il possibile approdo del bipolarismo: quello che fa riferimento all'alleanza che ha dato vita all'Ulivo e quello secondo cui la coalizione di centro-sinistra contiene in sé entrambi i termini del futuro bipolarismo. Lei ha infine affermato che la strada del maggioritario e del bipolarismo è comunque stata tracciata e che indietro non si torna. Ebbene, credo che vi sia una grande contraddizione e un grande rischio in queste sue affermazioni.
La contraddizione è che il suo Governo rappresenta esso stesso, come ho già detto, la negazione e il passo indietro rispetto al bipolarismo. Il rischio è che non si tratti affatto di una situazione eccezionale di breve durata, ma di un assetto neoconsociativo, che potrebbe consolidarsi e che potreste essere portati a far divenire permanente proprio attraverso riforme costituzionali ed elettorali costruite appositamente a questo fine. Mi spiego.
Durante la crisi Cossiga ha fatto riferimento, non a caso, al sistema politico dell'Austria (oltre che del Belgio e del Lussemburgo), ma non a quello delle grandi democrazie bipolari europee, quali Germania, Inghilterra e Francia. Occorre ricordare che in Austria vi è un sistema consociativo e non bipolare: socialisti e popolari governano assieme da molti anni, si spartiscono le massime cariche istituzionali, agli uni il 'Cancelliere e agli altri il Presidente della Repubblica, eletto direttamente dagli elettori ma scelto di comune intesa da socialisti e popolari. Il Presidente della Repubblica non è dotato di poteri di governo ma solo di garanzia. Mi sembra che non solo Cossiga e i popolari, ma anche lei abbia in mente proprio questo sistema. Lo avete in mente innanzitutto e probabilmente per la prossima


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elezione parlamentare del Capo dello Stato e lo avete in mente per la riforma della Costituzione. Nella bicamerale lo scontro è stato proprio sulla questione dei poteri del Presidente della Repubblica, cioè se quest'ultimo dovesse essere di garanzia oppure dotato di poteri di governo, come in Francia.
Ma l'Italia, lo ripeto, non è l'Austria: non ha nove milioni di abitanti, ma 57 milioni; in Italia non vi è la pace sociale che esiste in Austria, ci sono Bertinotti e la lega, un sistema costituito non da quattro o cinque partiti come in Austria, ma da oltre venti partiti. In Austria socialisti e popolari hanno il 70-80 per cento dei voti, voi, tutti insieme, dieci partiti e partitini che siete, avete il 37 o il 40 per cento dei voti, mentre il 60 per cento del paese è all'opposizione. Da qui deriva, per voi, l'esigenza di approvare una legge elettorale concepita su misura, funzionale all'esigenza di consolidare questo assetto politico neoconsociativo, che potremmo definire di «neoconsociativismo imperfetto» (imperfetto proprio perché costituito su basi ristrette di consenso elettorale). A questo fine vi serve una legge elettorale a doppio turno di collegio, che esalti al primo turno l'elemento dell'identità partitica (siete un decapartito) e poi, al secondo turno, dia spazio alla vostra spregiudicata capacità di coalizione a tutto campo, da Cossiga a Cossutta, mettendo insieme tutto e il contrario di tutto, le forze più eterogenee e diverse. Un doppio turno con soglia bassa di accesso al secondo turno e non collegato all'elezione diretta del «decisore politico» (intendo il premier o il Presidente della Repubblica, come in Francia). Una legge elettorale con la quale non si costruisce affatto un sistema bipolare, perché essa non risolverebbe nessuna delle due principali cause di instabilità del nostro sistema, quelle che hanno causato, la prima la caduta del Governo Berlusconi e, la seconda, la caduta del Governo Prodi.
Il doppio turno di collegio, se non è abbinato all'elezione diretta del «decisore politico» e se non ha una soglia sufficientemente alta, come in Francia, non può essere preso in considerazione in alcun modo da parte di chi vuole costruire un sistema davvero bipolare. Almeno fino ad allora non si può prescindere, credo, dal turno unico (non ho il tempo per citare a questo riguardo Maranini).
Sulle riforme è certamente necessario un confronto. Noi vogliamo le riforme, ma quelle che servono a realizzare il bipolarismo. Quindi, se c'è l'elezione diretta del Presidente della Repubblica con poteri di Governo, si può anche fare il doppio turno, ma solo se c'è l'elezione diretta di un Presidente della Repubblica che ha poteri di Governo, come in Francia.
Io credo però, Presidente, che se c'è una speranza, se c'è una possibilità in queste condizioni di varare le riforme costituzionali ed elettorali che servono per costruire davvero il bipolarismo e non una pseudo-riforma capace di consolidare l'assetto neoconsociativo, questa speranza e questa possibilità sono legate unicamente allo svolgimento del referendum. Se la Corte non lo ammetterà, contraddicendo smaccatamente la propria giurisprudenza, bloccherà di fatto ogni possibilità di riforma. Se lo ammetterà, tale possibilità sarà invece aperta. Mi auguro che tutti coloro che invocano le riforme, tutte le cariche istituzionali che le invocano, a partire dal Capo dello Stato, siano pienamente consapevoli di questa realtà. Non è solo la mia opinione, lo dice anche Mino Martinazzoli, che cito: «Sarà necessaria probabilmente una tenace rivolta civile che, per ora, si chiama referendum sulla legge elettorale. Gli italiani hanno diritto di imporre a questa classe politica, di governo e di opposizione» - continua Martinazzoli - «l'approdo della transizione. Questa via è l'unica di fronte alla rovina del bipolarismo all'italiana».
Credo quindi e mi auguro che attraverso il referendum si trovi la strada per fare le riforme di cui questo paese ha assoluta e urgente necessità.
Utilizzo solo venti secondi, Presidente, per fare un accenno al problema della


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laicità dello Stato. Io mi auguro, signor Presidente, che il primo Governo presieduto dal segretario di un partito post-comunista non debba comportare un cedimento grave sul problema della laicità dello Stato, magari anche con il concorso dei voti del Polo. Mi auguro che così non accada. Se dovesse accadere, però, l'ho già detto parlando nel dibattito sulla fecondazione assistita, credo che da parte dei laici e dei liberali, dei cattolici liberali e dei laici liberali, ci sarebbe solo una strada, che non vorremmo essere costretti a percorrere. Se dovesse essere approvata una legge che vada ad intaccare il principio della laicità dello Stato, credo che anche in questo caso si dovrebbe intraprendere la via di un terzo referendum, dopo quello del divorzio del 1974 e quello dell'aborto del 1981. Non è certo la nostra idea; speriamo di evitare un confronto di questo tipo. Ma se un cedimento ci dovesse essere questa strada sarebbe obbligata.

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Calderisi (Applausi del deputato Taradash).
È iscritto a parlare, a titolo personale, l'onorevole Sgarbi. Ne ha facoltà.

VITTORIO SGARBI. Onorevole Presidente del Consiglio, onorevoli ministri, onorevoli colleghi...

ANTONIO BOCCIA. Vacci piano, eh!

VITTORIO SGARBI. Moderatamente, onorevole.

PRESIDENTE. Moderatamente «colleghi», in realtà...!

VITTORIO SGARBI. «Colleghi» è inevitabile.
Sarei felice di poter contribuire anche soltanto con il mio voto a questo Governo, che è il più simile a quello che io mi auguro, cioè un Governo conservatore rispecchiato sui modelli della prima Repubblica, dopo che la devastazione e il colpo di Stato sostanziale di un manipolo di magistrati ha distrutto soltanto i partiti laici e riformisti. Non compare più in questo Parlamento, e neppure nella penombra del Governo, il partito repubblicano. Non compare più in questo Parlamento il partito dell'uomo più onesto che sia stato in quest'aula, che è Marco Pannella. Non compare più in questo Parlamento il partito liberale, se non come corrente di forza Italia. Non compare più in questo Parlamento nessuna ombra di ciò che fu laico e che più di tutto contribuì a distinguere l'Italia cattolica e comunista da quella di una democrazia moderna e cioè il partito socialista, che per i travagli di corruzione è completamente sparito, altro che nella penombra di un magistrato scelto ad arte come ministro di questo Governo.
Sono rimasti, invece, come se loro solo non avessero partecipato della corruzione, la democrazia cristiana, nei suoi due tronconi di destra e di sinistra, e il partito comunista: i due veri partiti degli onesti. Se loro soltanto sono qua, grazie al magistero di Borrelli, vuol dire che Pannella era corrotto, i socialisti erano tutti corrotti, i repubblicani erano corrotti e soltanto democristiani (di Calogero Mannino, di Andreotti, di De Mita) e comunisti erano persone oneste.
Credo a questa ricostruzione, così veridica, che i magistrati hanno favorito. Credo sia la verità. E saluto con favore il primo Governo in cui è presente un amico e sodale di un mafioso, messo naturalmente alle comunicazioni per controllare un mafioso: sappiamo che Berlusconi è mafioso; occorreva mettere al controllo delle televisioni l'amico di Calogero Mannino, che il vostro amico Caselli ha tenuto in carcere due anni. Io non sono convinto che Mannino sia un mafioso: so che è stato in carcere per due anni; e so che il nuovo ministro Cardinale, che stimo ed ammiro, è il suo più stretto sodale.
Mi piace questo Governo, che nasce con questa solidarietà verso il mondo della mafia. Ma nasce in particolare nella solidarietà con Gladio, con la P2, con Gelli. Onorevole D'Alema, darei molto volentieri il mio voto; sono molto tentato di farlo, per aggiungere la mia corruzione


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alla vostra, aggiungere merda a merda. Perché non darvi il mio voto se ve lo dà perfino Cossiga? Ma voi avrete veramente tutti questi voti? Potranno votare veramente a favore di Cossiga persone come Diego Novelli e Cossutta? Veramente vanno a dire sì al capo di Gladio, all'amico di Gelli?
Il problema, in altre parole, non è che i democristiani votino voi: quelli sono pronti a fare qualunque cosa! Il fatto è che voi votate i democristiani!
Leggo che il dottor Salvi - mancato ministro perché occorreva un vero comunista per normalizzare la magistratura - dice che era vero quanto dicevate contro Gladio e che nello stesso tempo era vero ciò che diceva Cossiga: la doppia verità. Neanche al tempo del Torquato Accetto («Della dissimulazione honesta») era possibile dire una cosa del genere: che Gladio era una struttura sovversiva e, contemporaneamente, che Cossiga aveva ragione a sostenerla. Lo dichiara oggi Salvi in un'intervista a la Repubblica. È veramente formidabile! Pirandello non avrebbe potuto concepire una possibilità così estrema. Chi ha detto fino a sei giorni fa «mai con Cossiga» oggi sta con lui in un abbraccio assoluto (parlo di Cossutta).
Il dottor Amato è stato per quindici anni nello stesso gabinetto (in tutti i sensi...) dell'onorevole Craxi. Oggi risulta qui ministro, come se non sapesse della corruzione di quello che poteva prendere i voti senza i soldi perché si chiamava Craxi. Amato prendeva i soldi con i finanziamenti illeciti di quel partito (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale). Però Amato è qua.
Di fronte a tali meraviglie, voglio vedere Novelli che viene qui a dire sì a Cossiga, sì a Gladio. Quando io e pochissimi altri sostenevamo Cossiga voi lo avete trattato in modo tale da arrivare a chiederne le dimissioni: Occhetto, D'Alema, Salvi, Rodotà, Mancino; lo stesso Scàlfaro era là ad urlare contro Cossiga come sovversivo, come eversore! Scàlfaro era là a dire «quest'uomo è contro il Parlamento»!
Voi con l'uomo contro il Parlamento fate il Governo. È giusto, è bello, è nobile, è alto. È sottile.
Credo che qui non vi sia nessuno più intelligente di lei, onorevole D'Alema. Io vi darei il mio voto (adesso devo decidere nella mia coscienza, all'ultimo momento), se non fosse che mentre lei è qui seduto, in questo momento, stanno distruggendo piazza del Popolo. Perché a voi non ve ne frega niente dell'arte! Avete distrutto piazza Montecitorio, piazza di Pietra, piazza Sant'Ignazio, l'abbazia di Valvisciolo. State distruggendo la lupa di Roma (vada a vederla, faccia la sua funzione!). Vada a piazza del Popolo a vedere l'orrore dei restauri idioti del verde Rutelli (caro Ronchi!). Mai nessuno ha fatto il sacco di Roma come dall'epoca del vostro Governo!
Ebbene, queste cose sono sostanza, ma occorre invece condannare chi parla. Ogni giorno ricevo una condannuccia (un anno, un anno e mezzo) perché ho detto «miserabile» a qualcuno. Per esempio, ho detto che i concorsi universitari sono corrotti: devo pagare. Ma chi distrugge le piazze di Roma non paga niente! Perché? Perché c'è il nuovo Governo: prima il Governo Prodi, che era buono; oggi il Governo D'Alema che è cattivo. Buono e cattivo devono comunque punire laddove non c'è il vero colpevole.
Quando guardo in quest'aula e vedo che c'è Brutti e non c'è Pannella, dico d'accordo: c'è un avanzamento di democrazia. È bello vi siano uomini che hanno odiato Cossiga fino a ieri. Caro Brutti, lo avete trattato come un eversore delle istituzioni: oggi siete con lui, abbracciati. Voi e Gladio, voi e la mafia, voi e i poteri occulti!
Oggi accogliete questo giovine di buone speranze, mio grande amico, che vi porta ministri nuovi, smaglianti: Folloni, Cardinale, Scognamiglio. Scognamiglio: Presidente del Senato di Berlusconi, eletto come un cavallo (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale)! Scognamiglio: uomo liberale di forza Italia, atlantico... E lo vota Cossutta! Alla difesa c'è il pilota degli aerei americani! E lo vota


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Cossutta! Scognamiglio: l'uomo del treno, quello che si portava i parenti e gli amici in vacanza. Quello è il vostro ministro della difesa: è l'orrore della mafia di Berlusconi riciclata nell'ordine, nella pulizia, nella moralità del Governo neocomunista.
Evviva i democristiani, evviva i comunisti! Mi iscriverò domani al PDS (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale - Congratulazioni).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare, a titolo personale, l'onorevole Malavenda. Ne ha facoltà.

MARA MALAVENDA. Presidente, questo Governo nasce all'insegna delle peggiori logiche democristiane di sottogoverno e controllo sociale ed è battezzato proprio in queste ore da due significativi esempi. Il primo: 32 miliardi pubblici per Ales, una società mista di lavori socialmente utili operante per conto dei beni culturali in Campania e nel Lazio con quattrocento lavoratori tutti scelti direttamente da CGIL, CISL e UIL. Il secondo: ieri al Ministero del lavoro la FIAT e sempre CGIL, CISL e UIL si sono riuniti per licenziare altri seicentocinquanta lavoratori tra Pomigliano e Napoli, mentre circolano voci di nuove assunzioni di rimpiazzo. Delle due l'una: o si dicono bugie quando si parla di nuove assunzioni oppure si sta truffando l'INPS che paga la mobilità per finanziare la FIAT.
Si cacciano dalle fabbriche i lavoratori ormai consumati dalle catene di montaggio, gli invalidi, gli ammalati, gli anziani per rifornire la FIAT di «carne fresca». E lei, Presidente, cosa dice? Ci piacerebbe essere smentiti, ma abbiamo buone ragioni per credere che il suo Governo continuerà a finanziare la FIAT e gli altri padroni, proprio come quel vecchio faccendiere di Prodi.
Ogni anno si foraggiano le aziende private con 95 mila miliardi, di cui i padroni non devono rendere conto a nessuno. Le cifre sono state rese note da un'apposita Commissione del Senato.
È grazie a queste cose che nel 1997 si è registrato il massimo storico di 14 mila 416 miliardi di profitti padronali, mentre il lavoro dipendente è entrato nella fascia di povertà e la disoccupazione ha toccato record spaventosi.
Spera veramente Bassolino di risolvere i problemi della disoccupazione e del Mezzogiorno, ricorrendo agli amuleti e ai «cornicelli» che porta sempre in tasca o affidandosi a san Gennaro? Solo poche settimane fa non ha esitato a baciare l'ampolla tenuta tra le mani dal cardinale Giordano, indagato per usura. Già ci provò Leone con i risultati che tutti ricordiamo.
Questo sindaco che ha scagliato in più occasioni la polizia contro i disoccupati è degno collega del gladiatore Cossiga, che di polizia e di manganelli se ne intende, a cominciare dalla sue responsabilità in materia di eversione, trame oscure, logge massoniche e servizi segreti deviati, tuttora operanti con una vera e propria rete nazionale di spionaggio, compresa quella ordita ai danni dei lavoratori in tutte le fabbriche FIAT: lo confessò Romiti nel processo per i fondi neri e falso in bilancio. È quanto emerge dalle prove acquisite dalla magistratura torinese a seguito della denuncia dello SLAI-Cobas.
Crede forse, Presidente, che qualcuno applaudirà alle trentacinque ore che, in realtà, preparano la flessibilità totale dell'orario di lavoro, mentre i padroni incassano il bottino delle duecentocinquanta ore di straordinario obbligatorio? In soldoni, si tratta di un posto di lavoro in meno ogni undici lavoratori occupati.
Ha dimenticato Dini le promesse fatte in ordine ai lavori usuranti, quando tagliò le pensioni, dopo aver intascato la sua più che milionaria? Possiamo chiamarlo contratto quello dei metalmeccanici, che chiede un caffè al giorno di aumento salariale e soldi a palate da versare nei fondi delle pensioni integrative in cui sono soci d'affari padroni e sindacati e per i quali non si è esitato a ricorrere ai soliti referendum truffa per falsificare il voto operaio?
Mentre qui si parla, al Ministero del lavoro si continuano a firmare accordi clandestini per il licenziamento dei lavoratori


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FIAT. Sono accordi che i funzionari ministeriali si rifiutano da giorni di consegnarmi, in violazione dei più banali diritti all'informazione dei deputati. Questo è un fatto di una gravità inaudita, che voglio formalmente denunciare, anticipando anche che oggi, a lavori conclusi, mi recherò personalmente al ministero, dove resterò finché non mi saranno consegnati. Certamente la storia finirà dinanzi alla magistratura perché questi funzionari che seguono le direttive della FIAT e dei suoi sindacati, rifiutandosi di adempiere i loro obblighi istituzionali, vanno denunciati penalmente.
Il suo recente Governo, Presidente, rappresenta non solo la continuità antioperaia, antipopolare del Governo Prodi, ma anche la sua naturale degenerazione e definitiva sottomissione ai cosiddetti poteri forti, economici e finanziari.
Presidente, noi sappiamo che chi è privo di casa continuerà a non poterla avere, che lavorerete per una legge sulla rappresentanza dei lavoratori che cancellerà lo stesso statuto dei lavoratori. Sappiamo che gli immigrati continueranno ad essere ammassati e imprigionati nei campi lager, privi di qualunque assistenza anche minima o addirittura lasciati perire in mare. Sappiamo che i responsabili della strage del canale d'Otranto continueranno a non pagare per il loro efferato delitto. Tutto questo, Presidente, non ci appartiene e Bertinotti dovrebbe spiegare quale senso ha un'opposizione costruttiva in questo degradato contesto politico istituzionale. Presidente, siamo certi di una sola cosa: da questo Governo gli operai, i pensionati, i disoccupati e la povera gente non potranno aspettarsi niente di buono.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare, a titolo personale, l'onorevole Taradash. Ne ha facoltà.

MARCO TARADASH. Presidente D'Alema, lei ieri ha fatto un discorso adeguato alle circostanze e alla situazione; un discorso acuto e triste in cui ha commesso, a mio avviso, anche un peccato nei confronti di quest'aula e della dignità stessa del suo discorso quando, ricordando i Governi che si sono succeduti e che hanno avvito e proseguito il risanamento dei conti, ha citato i Governi Amato, Ciampi, Dini e Prodi, ma ha saltato, credo in modo non motivato, in un discorso come quello di ieri, il Governo Berlusconi che fece una manovra da 40 mila miliardi, che riuscì a ridurre le tasse e al tempo stesso ad aumentare le entrate e che impostò una riforma delle pensioni, fatta saltare da lei, dal suo partito e dalle manifestazioni sindacali, a cui bisognerà pure arrivare se qualcuna delle promesse contenute nel suo intervento dovesse mai andare in porto. Ci si arriverà tardi, ci si arriverà magari non con lo sciopero generazionale citato da Monti, che è un atto istituzionale e che rientra nei costumi democratici, ci si arriverà magari con qualche botto generazionale molto più grave e difficile da contenere: si farà tardi e male ciò che il Governo Berlusconi tentava di fare al momento giusto per creare nuove opportunità e nuove speranze per gli emarginati di questo paese.
Onorevole D'Alema, lei ci ha citato i successi dell'Ulivo e vi è stato anche un applauso nobile, patetico e forse anche un po' ipocrita al Presidente Prodi. Ma se l'Ulivo avesse davvero ottenuto tutti i risultati che lei ha enumerato, allora non si capisce perché diffusa era la convinzione che le elezioni avrebbero non premiato ma bocciato l'Ulivo. Non si capirebbe cioè perché sia stata inventata questa strana soluzione di un Governo D'Alema-Cossiga invece di presentarsi agli elettori, fare il conto dei meriti e chiedere un nuovo consenso per un Governo magari guidato da Massimo D'Alema. Ho sostenuto che è un fatto positivo che sia il leader della forza di maggioranza e del partito di maggioranza relativa a diventare Presidente del Consiglio, è un fatto di normalità in un sistema bipolare. Purtroppo per arrivare a questo risultato si è dovuta compiere quella doppia frode politica di cui ha parlato il collega Calderisi, anzitutto nei confronti degli elettori dell'Ulivo, che hanno scelto Prodi, degli elettori del PDS che certo oggi vedono


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D'Alema Presidente del Consiglio ma alleato di Francesco Cossiga, e poi, ovviamente, nei confronti degli elettori del Polo che hanno eletto dei parlamentari che hanno scelto di trasmigrare e di votare per un Governo di centro sinistra che certamente non era nelle speranze di quegli elettori. Ma il problema di fondo è la risposta politica da offrire a questa soluzione.
Noi sappiamo che il Governo Prodi ha fallito, ha portato l'Italia in Europa ma ce l'ha portata in ginocchio: i dati dell'Eurostat dell'altro ieri ci dicono che siamo ultimi nella crescita e primi nella disoccupazione. E lei ci ha indicato delle soluzioni, gran parte delle quali sono condivisibili (la lotta ai corporativismi, a certi ordini professionali, eccetera) ma all'interno di un discorso pieno di contraddizioni; un discorso in cui si è cercato, ancora una volta, di lavorare su una contrapposizione destra-sinistra che ritengo francamente sbagliata e superata. Lei che sicuramente conoscerà Antony Giddens saprà la definizione che ha dato della storia d'Europa e del mondo degli ultimi decenni: la storia di un conservatorismo che si è fatto radicale e di un socialismo che è divenuto conservatore.
Io credo che questo sia in realtà lo scontro, la frattura che riesce ad interpretare meglio la storia degli ultimi anni e, soprattutto, la storia che si va a costruire: lo scontro tra conservatori e riformatori. E non c'è dubbio che il Governo che oggi lei rappresenta è il precipitato di tutti i conservatorismi e di un tentativo che nasce da un accordo tra postcomunisti e postdemocristiani di ricreare una società che non esiste più in questo paese.
Certo, oggi credo che questo Parlamento non sia in grado di interpretare lo scontro vero tra conservatori e riformatori. Abbiamo ancora una destra che cerca di mettere le mutande alla società e una sinistra che cerca di mettere il cappello alla storia. Avremmo bisogno di capitalismo, di mercato, di più democrazia liberale e di più libertà civili. Avremmo quindi bisogno di un laicismo che non sia soltanto contestazione e ripudio delle logiche confessionali e della pretesa delle chiese e della Chiesa di intervenire sulle scelte politiche, ma anche di un laicismo che sia rifiuto di ogni centralismo statalista e burocratico. Avremmo bisogno di una società aperta, di una società liberata dalle pressioni che provengono da poteri che cercano di correggere delle distorsioni che sono invece la verità di una società. La libertà e le differenze che vengono definite deviazioni sono invece i valori differenti che ciascuno porta nella sua vita, nella sua coscienza e nella sua interpretazione del mondo.
Non abbiamo questo, e soprattutto non l'abbiamo attraverso il suo Governo. Abbiamo sentito un'elencazione di contraddizioni incredibili. Lei ci ha detto di volere dirigismi non bruschi, di volere un liberismo non per uno statalismo non vecchio. Ecco, credo che queste attenuazioni, questi tentativi di trovare una soluzione terza rispetto a quelli che sono gli scontri reali nella costruzione del futuro siano profondamente sbagliati e segno di un rischio grave di fallimento.
Un ultimo minuto rispetto al sistema politico su cui lei si è diffuso. Sia da Cossiga sia da lei è stata richiamata la memoria di Aldo Moro. Ma voglio ricordare che allora la democrazia cristiana contava per il 35 per cento e il partito comunista più o meno per la stessa percentuale. Dunque, il 70-75 per cento si ritrovava in quella maggioranza, che per me rappresentò un tentativo, purtroppo riuscito, di bloccare l'evoluzione del sistema politico verso la democrazia liberale e competitiva. Oggi lei rappresenta il 20 per cento degli italiani, mentre il senatore Cossiga rappresenta l'1 per cento degli italiani. Come si può pensare di ricostruire intorno a questa sinistra e a questo centro del 21 per cento, più cespugli sparsi, un modello per il nostro paese? Per questo non riuscirete a costruire un futuro decente, decoroso per l'Italia e per gli italiani.
È necessaria, certo, la riforma istituzionale, è necessaria la riforma economica, è necessaria la riforma elettorale;


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ma non arriveranno da questo Parlamento. Arriveranno dal referendum: mi auguro che Prodi, Di Pietro, Berlusconi interpretino la necessità di bipolarismo e di bipartitismo di questo paese e capiscano che la strada è quella del referendum. Intanto so che il Moro cui dovrete far riferimento non è quello tragicamente scomparso, ucciso dalle brigate rosse e anche da un disegno politico, ma quello di un'altra tragedia, quella di Shakespeare, il Moro di Venezia. Si aspetta lo Iago: lei ha ucciso l'Ulivo, Cossiga tenterà di uccidere il Polo e poi la partita sarà tra voi due (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare, a titolo personale, l'onorevole Vitali. Ne ha facoltà.

LUIGI VITALI. Onorevole Presidente, onorevole Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi, si sta recitando un nuovo atto di una commedia che va in scena ormai dal lontano gennaio 1995.
Qualcuno aveva creduto che con lei, onorevole D'Alema, pur nella diversità delle posizioni politiche, si sarebbe potuto avere un franco, leale, corretto confronto soprattutto in rapporto al tema delle riforme istituzionali. Avevamo di fatto dimenticato che nel 1995 ella, signor Presidente del Consiglio, non aveva esitato un attimo a capovolgere una maggioranza di Governo uscita legittimata dal voto popolare. L'abbiamo votata Presidente della bicamerale proprio per dimostrarle la nostra disponibilità a collaborare per migliorare le regole della nostra Costituzione.
Ella ha fallito perché ad un certo punto non ha più voluto essere il Presidente super partes che lavorasse nell'interesse reale del paese. Con questo Governo, poi, ella afferma un principio che è il contrario del bipolarismo, non tenendo conto dello sdegno e della contestazione dell'opinione pubblica. Nel suo intervento di ieri, signor Presidente del Consiglio, ella si è meravigliata e quasi scandalizzata della veemente reazione del Polo nei confronti di questo nascente Governo, affermando che tutto sommato la maggioranza di questa coalizione era quella che aveva vinto il 21 aprile e che quindi non vedeva la necessità di gridare questa protesta.
Ma, mi consenta, delle due l'una: o lei ha una corta memoria oppure è politicamente inaffidabile. Quella motivazione non tiene conto del fatto che nel 1995 ella lavorò per portare al Governo una maggioranza esattamente contraria a quella che aveva vinto il 21 marzo 1994. Ella ha fallito nel progetto della «Cosa 2» e in quello della bicamerale; fallirà, onorevole D'Alema, anche in quest'ultima avventura.
Noi faremo la nostra parte, senza sconti e senza isterismi e la faremo a cominciare da domani. Venga, onorevole D'Alema, domani in piazza san Giovanni: sentirà quello che il popolo italiano pensa di lei, della sua posticcia e raccogliticcia maggioranza e del suo Governo; sempre se tutto questo per lei ha ancora un valore (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare, a titolo personale, l'onorevole Caruso. Ne ha facoltà.

ENZO CARUSO. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, non posso che esprimere la mia contrarietà a questo Governo che sta nascendo dal trasformismo di un manipolo di deputati che, eletti da un elettorato per andare a rappresentare certe istanze, invece si trovano nello schieramento opposto e dall'astuzia con la quale vi siete liberati di Romano Prodi.
Un Governo formato da 11 partiti, 56 sottosegretari, 26 ministri: un vero esercito. Ha dovuto fare le 4 del mattino, onorevole D'Alema, per poter quadrare il cerchio e mettere tutti d'accordo; un Governo unito solo dal collante del potere, che comprende quello che fu il braccio destro di Craxi per 15 anni, Giuliano Amato (e questo sarebbe il nuovo), un Governo che mette insieme Cossutta e Cossiga, quando fino a 10 giorni fa il primo diceva che mai avrebbe unito i suoi


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voti con quelli di Cossiga. E pensare che Cossiga qualche anno fa veniva messo in stato di accusa per tradimento dal segretario del suo stesso partito, dall'onorevole Occhetto, quello che Cossiga stesso chiamava lo «zombie con i baffi».
Un Governo che voglio vedere alla prova dei fatti: come farà la maggioranza a rimanere unita quando si parlerà delle 35 ore per legge, dell'intervento della NATO nelle zone più calde d'Europa, quando si parlerà della procreazione medicalmente assistita o della flessibilità del costo del lavoro, della difesa della vita? È un Governo che, appena nato, è stato benedetto dai poteri forti: abbiamo ascoltato le dichiarazioni di Gianni Agnelli e di una serie di sindacalisti inseriti all'interno dello stesso Governo. Vedremo se saranno capaci di assumere certi decisioni anche dalla loro nuova posizione! È un Governo benedetto dal blocco della conservazione, dalla grande industria che continua a perdere addetti (la stampa di questa mattina riportava la cifra di 16 mila unità) e che continua a socializzare le perdite e a privatizzare i guadagni. È ovvio dunque che veda con favore la nascita di un Governo come questo, di un Governo che, sulla scia dell'Ulivo, non fa altro che penalizzare e mortificare il Mezzogiorno d'Italia. Mai avevamo visto un Governo così contrario agli interessi del sud, come quello che c'è stato e che purtroppo ci sarà! È un Governo che continua ad illudere i giovani con i lavori socialmente utili, borse lavoro, lavori di pubblica utilità, piani di inserimento professionale invece di dare una prospettive di sicurezza favorendo il lavoro autonomo. I negozi sono vuoti, sono deserti, siamo in una fase di profonda recessione, per non dire di glaciazione, ed è questo il motivo per cui l'inflazione è stabile. Nonostante ciò, nonostante che il tasso di inflazione rimanga stazionario, in Europa il nostro è il paese in cui il prodotto interno lordo aumenta in misura minore rispetto a tutti gli altri, mentre abbiamo il record della disoccupazione. È vero, siamo entrati nell'euro ma il problema è come restarci, anche se l'obiettivo dell'ingresso è stato raggiunto con falsa contabilità, con contabilità creativa.
È un Governo che purtroppo ripercorre la strada del consociativismo che determinerà gli stessi effetti che produsse quello passato di triste memoria: una nuova voragine del debito pubblico che ha chiuso ogni prospettiva per i nostri giovani. L'anomalia del sistema politico italiano, che compie un passo indietro con questa restaurazione partitocratica, consiste nel mettere insieme 11 partiti perdendo contemporaneamente chi non è stato accontentato con la poltrona di ministro o sottosegretario; l'anomalia sta nella sfiducia che ha colpito i cittadini. Negli ultimi anni si era manifestato un entusiasmo popolare che ha favorito la partecipazione della gente alla vita pubblica e alla politica nell'uno e nell'altro schieramento: era il bipolarismo che la gente voleva. Ora vi è una profonda rassegnazione, una profonda sfiducia, la gente per strada ci domanda perché andare a votare se poi i voti vengono utilizzati a favore di uno schieramento diverso, per fare un'altra politica. Occorre dunque riconquistare la fiducia e la partecipazione della gente, portando l'Italia verso la democrazia matura dell'alternanza, perché la vera anomalia del nostro sistema politico consiste proprio nell'assenza di una vera alternanza. Il problema è che tutto rimane come prima, che si compiono passi indietro, che si favorisce il ritorno di metodi e personaggi della prima Repubblica. Mi auguro che domani non dobbiate pentirvi della restaurazione che oggi avete favorito.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare, a titolo personale, l'onorevole Galeazzi. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO GALEAZZI. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, se dovessi ridurre in estrema sintesi le sue enunciazioni programmatiche e politiche, la frase che mi verrebbe in mente è la seguente: «è meglio impallidire oggi che arrossire domani». Il «pallore» di oggi è


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evidente, è noto ed è contestuale. Io le porgo la mia solidarietà umana e non politica. Il «rossore» di domani ha una doppia interpretazione, perlomeno da parte mia: mentre il «rossore» per lei era la poca credibilità della classe dirigente del Polo e quindi il non poter consegnare ad una classe dirigente poco credibile questo paese, per me il «rossore» potrebbe riguardarla da vicino nel momento in cui la sua maggioranza politica e di governo, che parte da uno schema bipolare, è oggi un deca partito! Questo rappresenta un record assoluto nella storia di queste istituzioni!
Vede, io non sono molto dispiaciuto della defezione dei parlamentari dell'UDR. Sono particolarmente contento perché bisogna fare alcune considerazioni e delle analisi politiche: io non apprezzo gli interventi demagogici e gli slogan politici. Penso che chi si spaccia di essere depositario dei valori del mondo cattolico, abbia perso l'ultima occasione per poterlo dimostrare, perché è chiaro che chi si macchia di tradimento e di defezione non è depositario di valori!
Allo stesso tempo, signor Presidente, una cosa è molto chiara: che lei ha raccolto i depositari di quei 120 milioni di miliardi di debito pubblico, che hanno ridotto a pezzi questo paese! Quindi, i detti popolari parlano chiaro: meglio perderli che trovarli; dimmi con chi vai e ti dirò chi sei! In ogni caso, non mi sembra di essere molto lontano da una considerazione più politica.
Un ultimo passaggio importante.
Signor Presidente, lei ha sdoganato tutto il Parlamento: ha parlato della lega che le ha permesso di governare (probabilmente, per permettere ancora alla sinistra di governare), ma non ha citato alleanza nazionale. Lei dovrà fare i conti con alleanza nazionale, perché noi vogliamo le riforme e perché per noi i passaggi che lei ha citato sul volontariato e sul terzo settore hanno un nome preciso, che è il principio di sussidiarietà. Non è quello verticale, trasversale o orizzontale, ma è il principio di sussidiarietà che permette la libera aggregazione per migliorare la qualità della vita in un concetto di libertà!
Signor Presidente, noi la aspettiamo al varco perché su tali questioni lei dovrà confrontarsi con quella forza politica che riafferma e vuole il bipolarismo e che si sente depositaria dei valori in questo Parlamento e dei valori dei rapporti con il mondo cattolico (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare, a titolo personale, l'onorevole Paolone. Ne ha facoltà.

BENITO PAOLONE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, vi è una espressione che forse, più di qualunque altra, ci può aiutare a comprendere quello che dovrà necessariamente succedere: le vie dell'inferno sono sempre lastricate dalle buone intenzioni. Quali erano le intenzioni del Governo Prodi? Quali sono le intenzioni del Governo D'Alema? Si muovono in una linea di continuità e, per gli aspetti della continuità mantenuti in piedi, noi dovremmo registrare quello che è successo in ordine allo sviluppo (una debacle!); quello che è successo in ordine all'occupazione (una debacle!); quello che è successo conseguentemente in ordine all'aumento della ricchezza: sono aumentate le povertà!
Se questa allora è la linea di continuità, il popolo italiano deve già sapere cosa succede e noi dobbiamo sapere che con questo Governo e con questa linea di continuità si andrà verso i cerchi più profondi dell'inferno!
Se questo è l'aspetto che riguarda la continuità, la discontinuità in che cosa consisterebbe? Nell'avere ripreso metodi, modelli e comportamenti nei quali si è potuto registrare di tutto! Mettendo da parte il discorso relativo al significato di un tradimento, di un'azione che non è coerente con l'impegno assunto verso il popolo che ti ha eletto e ti ha scelto e lasciando perdere tutte queste cose che sono gravissime, vorrei chiedervi se vi sembra nulla come è stato formato questo


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Governo. Mi riferisco all'aumento dei ministeri e dei sottosegretariati, alle alchimie utilizzate (e poi si parla del manuale Cencelli e di che cosa fosse la prima Repubblica). E questa condizione di ripristino, signor Presidente del Consiglio? Che cos'è, onorevoli colleghi, un miglioramento sul piano morale questo vostro atteggiamento di saccenza che vi porta sempre a dare giudizi su dove sta il bene e dove sta il male? Altro non è se non il ripristino di una vocazione egemonica, quella vocazione ecumenica a mettere insieme due forze che per 30-40 anni hanno paralizzato questa nazione per l'alternanza, che era alla base di tutto per comunicare al popolo italiano cosa fare per scegliere con chiarezza. Dove e quali sono le tesi? Dove e quali sono le responsabilità? L'arretramento è questo, non solo il fatto, gravissimo, di un Presidente del Consiglio che si chiama D'Alema, e proviene dal partito comunista. È questo un fatto di per sé già gravissimo, perché non è espressione della volontà del popolo italiano, ma l'arretramento sta anche nel fatto che si sta confondendo la lingua. Tutti i ragionamenti dei colleghi del Polo tendono a raggiungere una chiarezza che dobbiamo assumere come forza politica rispetto a questo Governo per far capire agli italiani che si sta rompendo la linea dell'alternanza, che si sta rientrando nella linea della partitocrazia, nell'inciucio, nel compromesso. Siamo alla strumentalizzazione del pensiero di Moro; pensiero che, chiarito, ci deve far vedere il pericolo di ripristinare la medesima situazione.
Questo è quanto dobbiamo combattere. Di conseguenza, il nostro voto, secondo coscienza, è assolutamente contrario a questo Governo. Riteniamo che il Polo debba battersi per far comprendere al popolo italiano quali sono i pericoli verso i quali si incammina con il Governo D'Alema.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione generale sulle comunicazioni del Governo.
Avverto che nella votazione per appello nominale che avrà luogo nel pomeriggio saranno ammessi a votare per primi i seguenti deputati, che ne hanno fatto tempestiva e motivata richiesta: Eduardo Bruno, Buffo, Dini, Errigo, Finocchiaro Fidelbo, Frattini, Gambato, Gasparri, Gazzilli, Giovanardi, Iotti, Lembo, Manca, Manzoni, Masiero, Mattarella, Mauro, Melandri, Montecchi, Pagliarini, Santori, Saonara, Selva e Soave.
La Presidenza avverte sin d'ora che ulteriori richieste di voto anticipato non saranno ammesse.
Sospendo la seduta che riprenderà alle ore 15, con la replica del Presidente del Consiglio dei ministri.

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