Seduta n. 165 del 11/3/1997

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La seduta, sospesa alle 14,30, è ripresa alle 15,30.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE

Sull'ordine dei lavori.

MAURO PAISSAN. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MAURO PAISSAN. Signor Presidente, nel corso della seduta di ieri i rappresentanti di vari gruppi hanno sollevato la questione delle dichiarazioni del Presidente del Consiglio sui ritardi del Parlamento nell'approvazione di alcuni provvedimenti. Molti di questi colleghi hanno chiesto alla Presidenza un intervento al riguardo.
Il Presidente Prodi ha pronunciato una frase forse poco meditata sui lavori parlamentari in riferimento ad uno specifico provvedimento, anche se l'ha pronunciata in una sede assolutamente informale: poteva forse calibrarla meglio, come meglio potrebbero calibrare le proprie esternazioni altre cariche istituzionali. Dico questo anche perché non ho apprezzato - lo devo dire con franchezza - le reazioni politiche a quella dichiarazione del Presidente Prodi, le quali mi sono sembrate sproporzionate, talvolta spropositate, scomposte, quando non addirittura grottesche.
La invito, signor Presidente, nel prendere posizione sulla questione, a non essere concessivo verso atteggiamenti che definirei corporativi delle nostre aule parlamentari. Possiamo forse dire che i tempi di decisione del Parlamento sono adeguati ai problemi ed alle urgenze del paese? Non possiamo parlare nei convegni di velocizzazione della decisione politica e poi sopportare e condividere quelli che spesso sono i riti ed i ritmi dei nostri lavori.
Signor Presidente, lei talvolta cita dati e statistiche sull'attività parlamentare che non sono di per sé molto significativi. È come se, per la contabilità nazionale e il prodotto interno lordo, si valutasse positivamente la presenza in quei dati della voce degli incidenti stradali: più incidenti stradali ci sono, più aumenta il prodotto interno lordo sotto forma di spesa per la salute, per le carrozzerie, per i funerali e così via. Non è l'aumento del numero degli emendamenti, delle votazioni e delle sedute che possa di per sé portare ad un giudizio positivo sulla produttività del Parlamento: forse questo giudizio può riguardare l'attività, le ore impiegate, ma non - ripeto - la produttività.
La invito dunque, signor Presidente, a tener presente, pronunciandosi a nome dell'Assemblea, i vari fronti e le varie questioni che sono dietro questo piccolissimo incidente. C'è una responsabilità del Governo in ordine ai tempi di approvazione dei provvedimenti e soprattutto alle scelte di priorità; c'è una responsabilità della maggioranza parlamentare che non esprime una propria soggettività politica nella definizione dell'agenda parlamentare e nel superamento dei problemi; c'è poi talvolta una responsabilità dell'ostruzionismo delle minoranze; c'è infine una responsabilità da attribuire ai regolamenti ed all'organizzazione dei nostri lavori.


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Signor Presidente, sono ormai alcuni mesi che è stata pubblicata la sentenza della Corte costituzionale sui decreti-legge e noi non abbiamo finora adottato alcun adeguamento a questa nuova situazione. La invito, signor Presidente, a fare in modo che noi tutti teniamo presenti questi vari fronti e responsabilità. Già troppe categorie nel nostro paese reagiscono in modo corporativo (cito i magistrati e i giornalisti fra tutti): di fronte ad ogni critica, la reazione è immediatamente corporativa.
Evitiamo allora di dar vita alla categoria della «permalosità istituzionale», che non ci farebbe onore (Applausi).

CARLO GIOVANARDI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CARLO GIOVANARDI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, diversamente dal collega Paissan io sono molto preoccupato per le dichiarazioni del Presidente del Consiglio Prodi. Già ieri il collega Sanza ricordava alcuni temi su cui mi soffermerò brevemente.
Il Presidente del Consiglio si comporta come un bambino piccolo, che fa i disastri e poi dà la colpa agli altri (Applausi dei deputati dei gruppi del CCD e di alleanza nazionale)! In questi mesi, onorevoli colleghi, il Governo ha largamente usufruito di alcuni strumenti - i provvedimenti collegati alla finanziaria, il contingentamento dei tempi e i voti di fiducia a ripetizione - che hanno messo in grave difficoltà l'opposizione democratica nel momento in cui intendeva svolgere in maniera aperta e costruttiva il suo compito e la sua funzione. Ripetutamente il Governo ha reso «blindati» e impermeabili ad ogni proposta che veniva dall'opposizione i suoi provvedimenti in Commissione ed in aula. Il Presidente Prodi, quindi, risponderà dei suoi provvedimenti e degli effetti negativi che avranno sul paese, certamente non l'opposizione.
Malgrado ciò, vi è un tentativo di criminalizzare non tanto il Parlamento, quanto coloro che - magari in base ad altre dichiarazioni ed altre suggestioni - possono essere identificati come i sabotatori, come coloro che non fanno andar bene le cose in Italia.

ALFREDO BIONDI. Questo non lo ha detto, però!

CARLO GIOVANARDI. Certo, lo so benissimo, però io ho parlato di «suggestioni». Infatti, nello stesso giorno in cui il Presidente del Consiglio accusa il Parlamento di far andar male le cose nel paese si parla anche di sabotaggio; è chiaro, allora, che queste suggestioni sono tali da mettere in grave difficoltà lo svolgimento del ruolo dell'opposizione democratica in un sistema bipolare.
L'opposizione democratica vuole continuare a svolgere il suo ruolo. Non a caso ieri mi sono appellato ai Presidenti della Camera e del Senato perché difendano e tutelino il prestigio del Parlamento. Sono lieto che il Presidente Violante intervenga oggi in quest'aula per sottolineare questo ruolo insostituibile. Certo, i provvedimenti passano per il Parlamento, per essere esaminati, vagliati e migliorati, ma vi ricordate che in dicembre siamo arrivati allo scontro perché in relazione ai decreti Bassanini il rappresentante del Governo in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo veniva a dirci che entro il 31 dicembre tutti e due i decreti dovevano essere approvati? Oggi, 11 marzo, il ministro Bassanini giustamente dice che è in corso in Commissione affari costituzionali un confronto sereno, costruttivo con l'opposizione. I provvedimenti devono anche essere esaminati e migliorati nel merito, perché questa è la funzione di un Parlamento!
Ebbene, collega Paissan, evidentemente lei ha nostalgia del tempo in cui qualcuno diceva che il Parlamento poteva anche essere chiuso, scavalcato. Noi non abbiamo nostalgie di questo tipo; noi diciamo che il Governo deve operare nella pienezza delle sue funzioni, ma siamo in una democrazia parlamentare nella quale il Parlamento deve funzionare e, signor


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Presidente, le opposizioni devono essere rispettate. Non è che noi disturbiamo il «manovratore»: è nostro compito istituzionale e democratico farlo, non possiamo fare altrimenti nel momento in cui lavoriamo per gli interessi del paese.
Respingiamo quindi questo tentativo puerile, infantile, di ribaltare le colpe sul Parlamento e sull'opposizione e chiediamo alla Presidenza della Camera una tutela forte del prestigio del Parlamento e della possibilità per le opposizioni di svolgere il proprio ruolo (Applausi dei deputati dei gruppi del CCD, di forza Italia e di alleanza nazionale).

ALBERTO LEMBO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ALBERTO LEMBO. Signor Presidente, ieri ero presente in aula e quindi avevo già svolto alcune osservazioni su questo tema a nome del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania, ma poiché oggi la questione è stata ripresa, ritengo di dover aggiungere qualche altra considerazione in merito.
Le nostre considerazioni partono dal fatto che il Governo si è sicuramente comportato in modo maldestro, andando al di là dei suoi limiti. Fra l'altro è divertente vedere il Governo sparare indistintamente sul Parlamento, sulla maggioranza che lo sostiene e sugli altri schieramenti presenti.
Concordo con il collega Giovanardi sul fatto che il Governo ha avuto tante altre possibilità di forzare il gioco, per cui non ha motivo di dolersi dicendo che il Parlamento non ha seguito il suo ritmo. Credo che il Parlamento abbia invece seguito tale ritmo ed abbia fatto tutto il possibile.
È più interessante puntare il dito sulle magagne strutturali del sistema. In proposito, la ragione o il torto potrebbero essere equamente divisi; infatti su alcuni punti potrebbe aver ragione il Parlamento e su altri il Governo, nel senso che si possono individuare diverse posizioni di debolezza e di forza.
Se valutiamo le motivazioni del Governo, indubbiamente l'esecutivo può aver ragione nel momento in cui segnala un vincolo fortissimo, peraltro messo in evidenza in altre occasioni dal nostro gruppo, costituito da alcune norme fondamentali e capestro che reggono l'attività legislativa e parlamentare in Italia: mi riferisco alla Costituzione ed ai regolamenti del Senato e soprattutto - visto che siamo deputati - della Camera.
Sappiamo benissimo quale sia il limite posto alla possibilità di incidere su questo nodo; abbiamo assistito all'attivazione dello strumento bicamerale...

PRESIDENTE. Onorevole Gasparri, se potesse fare le sue riunioni fuori dall'aula, sarebbe meglio!
Prego, onorevole Lembo.

ALBERTO LEMBO. Come lei sa, consideriamo lo strumento della bicamerale inadeguato. Per quanto riguarda il regolamento della Camera, sarebbe interessante procedere ad una sua revisione sistematica, ma è pericoloso procedere ad una modifica di questo tipo quando la partita è già cominciata; lo si potrebbe fare guardando al futuro, ma per il momento si può soltanto aggiustare qualche aspetto marginale.
Il Parlamento ha ragioni da vendere quando punta il dito verso il Governo in quanto quest'ultimo è responsabile giorno per giorno, minuto per minuto, di quella macchina burocratica a cui noi dobbiamo gran parte dello sfascio dello Stato italiano. Se molti politici, se molti partiti possono avere responsabilità in questo campo, la macchina burocratica è una costante; l'abbiamo trovata, è tuttora presente e temo che, sotto la copertura dell'attuale Governo, resti immutabile.
Sullo sfondo vi è poi un terzo elemento, quello di una legislazione complessivamente inadeguata con riferimento al panorama dei rapporti europei e per quanto riguarda il fronte interno, inadeguata perché dimostra l'incapacità di agire in modo differenziato e flessibile in relazione alle diverse articolazioni dello Stato italiano.


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Molto brevemente, ma toccando un tema che sicuramente altri colleghi non affronteranno, voglio mettere in risalto il ruolo del nostro gruppo. Il gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania a volte e legittimamente si è impegnato in azioni anche molto forti di ostruzionismo, sempre però nei limiti del regolamento, perché non ci è stato consentito di seguire quella che poteva essere una via profondamente riformista, cioè una riforma incisiva delle norme, che avremmo potuto attuare in Parlamento.
Vi è una seconda possibilità, quella di superare, sempre in modo pacifico, democratico e, se vogliamo, rivoluzionario, tali norme, sostituendole con altre; a quanto pare però anche questo non ci è permesso.
Signor Presidente, onorevoli colleghi del Polo e dell'Ulivo, mentre stiamo qui a discutere del conflitto, delle accuse, degli screzi tra Governo e Parlamento, lo Stato italiano va a fondo: vanno a fondo le realtà del nostro paese, va a fondo la realtà economico-produttiva trainante del nord e conseguentemente va a fondo anche quella del sud. Se allora ci fosse, al di là di queste schermaglie verbali, la volontà di incidere veramente sulla situazione - vedo che pochissimi ascoltano: sappiamo che questa è la nostra sorte, ma non per questo rinunciamo a dirlo - e di intervenire efficacemente, invece di tante parole e di ipotizzare 10 o 50 mila posti di lavoro, anziché ricorrere ad interventi tesi a sbloccare i famosi 18 mila miliardi, si cercherebbe di attivare un sistema di costi del lavoro differenziati per aree geografiche. Ciò potrebbe portare da subito quei benefici che il nostro collega Pagliarini ha più volte individuato come il beneficio della doppia moneta. Altrimenti - e concludo - un'altra alternativa è quella di riconoscere che in tema di autodeterminazione una cosa è il riconoscimento di un principio del diritto, un'altra è andare a discutere sulle componenti.

PRESIDENTE. Onorevole Lembo, dovrebbe concludere.

ALBERTO LEMBO. Concludo, Presidente.
Da parte del nostro gruppo non vi è mai stata una precisa volontà ostruzionistica. Mai i nostri interventi in questo Parlamento sono stati dettati soltanto dal desiderio di rompere il gioco o di seminare macerie, perché il nostro non è un movimento politico su base ideologica, ma è una rappresentanza di interessi di alcuni fra i popoli dell'Italia. Se questi interessi si possono rappresentare in modo concreto e riformista ne siamo ben lieti; se non è possibile sono tutte chiacchiere (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).

TULLIO GRIMALDI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TULLIO GRIMALDI. Signor Presidente, colleghi, signori rappresentanti del Governo, considero le dichiarazioni del Presidente Prodi inopportune ed avventate anche per il modo con il quale sono state formulate, un modo del tutto generico che naturalmente non coglie il vero nodo del problema.
Non vi è dubbio che i regolamenti della Camera sono quelli che sono ed in questo momento noi avvertiamo la lentezza del procedimento di formazione delle leggi, lo abbiamo denunciato più volte. Ricordo che presso la Giunta per il regolamento giacciono diverse proposte volte proprio allo snellimento dei lavori. Alcune di tali proposte non sono state accettate, o, per lo meno, da parte dell'opposizione non vi è stato aiuto per poterle portare in aula e discuterle.
Si tratta di proposte che indubbiamente renderebbero i nostri lavori più celeri. Mi riferisco, ad esempio, alla modifica dell'articolo 96-bis, che riguarda i decreti del Governo, alla nuova disciplina del numero legale in Assemblea, che permetterebbe di svolgere sedute di sola discussione anche se nella votazione di un provvedimento il numero legale venisse meno; mi riferisco altresì al fatto che


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questo regolamento della Camera è stato pensato in un momento in cui gli equilibri erano diversi. Tutto ciò andrebbe rivisto e - naturalmente anche alla luce di quello che sarà fatto nella bicamerale - un nuovo regolamento dovrebbe portare ad uno snellimento dei lavori e ad un procedimento più rapido.
D'altra parte, il Governo deve anche tenere conto del fatto che vi è un'opposizione numerosa - non si tratta di un piccolo gruppo - la quale può avvalersi di tutti gli strumenti regolamentari. Questo, bisogna riconoscerlo, è un diritto dell'opposizione e quindi non si può pensare che questo possa essere un Parlamento di ratifica delle posizioni del Governo accettate dalla maggioranza. Se l'opposizione schiera in campo tutti i suoi elementi, riesce a bloccare - come d'altra parte ha fatto recentemente - i decreti in scadenza, alcuni dei quali il Governo ha dovuto abbandonare.
Quindi, l'accusa di inefficienza o di incapacità mossa al Parlamento mi sembra, per la verità, non trovi alcun fondamento. Peraltro, è un'accusa pericolosa, perché l'opinione pubblica potrebbe pensare che in questo momento vi sia una sorta di boicottaggio, che passa tra l'opposizione e la stessa maggioranza, per cui il Governo non riesce a svolgere la sua politica per il solo fatto che il Parlamento è assolutamente incapace di portare avanti le proposte che vengono avanzate.
Secondo me il discorso che andrebbe sviluppato e che invece non è stato neanche accennato è quello del diverso rapporto che il Governo dovrebbe avere con la propria maggioranza. Il Governo non ha con la sua maggioranza quel coordinamento preciso che permetterebbe almeno di disegnare a grandi linee le proposte avanzate e potrebbe impedire o eliminare le lunghe discussioni che si svolgono nelle Commissioni, nonché la presentazione di una numerosa serie di emendamenti portati avanti dalla stessa maggioranza.
È certo che nel Parlamento si svolge il dibattito sulle leggi ed è in esso che si formano; il Governo però dovrebbe avere maggiore chiarezza su ciò che chiede alla sua maggioranza, dovrebbe cioè stabilire un rapporto per cui certi provvedimenti dovrebbero essere esaminati quando ormai esiste già un certo consenso, tale cioè da coinvolgere perlomeno tutta la maggioranza che sostiene il Governo, non dico la maggioranza ed una parte dell'opposizione (Interruzione del deputato Biondi). Purtroppo questo molte volte non avviene. Addirittura constatiamo che nelle Commissioni il Governo ritorna sui suoi passi, riforma emendamenti, modifica norme e riesamina in buona parte le proposte già approvate dall'altro ramo del Parlamento.
Tutto questo certamente non aiuta la speditezza dei lavori parlamentari e la politica che il Governo intende portare avanti. Al riguardo, ci sarebbero tanti esempi da fare: su molte questioni il Governo è abbastanza vago; più volte assistiamo a dichiarazioni rese fuori da quest'aula; il più delle volte viene privilegiato il canale dei media con affermazioni che rilanciano una certa proposta politica che poi viene ritirata o modificata. Tutto il dibattito spesso si svolge fuori dell'aula ed anche con sviluppi polemici che coinvolgono inevitabilmente la stessa maggioranza di Governo.
Ritengo che il Governo a questo punto dovrebbe anche esaminare il proprio modo di lavorare. Certamente il Parlamento avrà le sue responsabilità, per la lentezza inevitabile delle sue procedure, ma il Governo deve pensare che la vita pubblica e politica si svolge principalmente in quest'aula, dove i provvedimenti devono essere discussi e approvati. Quindi il suo rapporto deve essere principalmente con le aule parlamentari e con la maggioranza che sostiene il Governo, con cui deve stabilire un rapporto più chiaro (Applausi dei deputati del gruppo di rifondazione comunista-progressisti).

GUSTAVO SELVA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GUSTAVO SELVA. Signor Presidente, voglio assicurare al collega Paissan che


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non farò alcuna questione né corporativa, né tanto meno di «permalosità istituzionale». Farò soltanto una questione politica e nemmeno di stile, pure credendo che non sia stato il più acconcio...

PRESIDENTE. Colleghi! Onorevole Lo Presti! Onorevole Pezzoli! Sta parlando il suo capogruppo: la prego di accomodarsi.
Prosegua pure, onorevole Selva.

GUSTAVO SELVA. ... quello usato dal Presidente del Consiglio nei confronti del Parlamento.
Su questo spetterà essenzialmente a lei, onorevole Presidente, dare una risposta. A me politicamente interessa sottolineare che Massimo D'Alema, segretario del partito democratico della sinistra, ha riconosciuto che il Polo è maggioranza nel paese, anche se l'Ulivo insieme con rifondazione comunista, per effetto della legge elettorale, detiene il maggior numero di seggi a sostegno dell'attuale Governo.
Il fatto che nel paese noi abbiamo la maggioranza dovrebbe mettere Prodi nelle condizioni di un maggiore rispetto ed attenzione nei confronti dell'opposizione.
Nei rapporti con il Governo, Piero Calamandrei ricordava che le procedure di un Governo nei confronti di un Parlamento assomigliano un po' a quelle di un processo dove l'opposizione svolge la funzione della pubblica accusa quando ritiene che ve ne siano le condizioni.
Ed io penso che nel caso del Governo Prodi ce ne siano di accuse possibili dal punto di vista politico: dalla legge finanziaria all'imposizione fiscale, alla tassa per l'Europa; materia per accusare il Governo di non aver rispettato i suoi stessi impegni elettorali mi sembra che ci sia! Ho l'impressione che la maggioranza, la quale rappresenta la difesa, mentre il giudice finale è il popolo italiano, dia qualche volta segni di incoerenza, di incapacità. Abbiamo visto il ministro Bassanini scrivere una lettera al Presidente del Consiglio correggendo gli errori di funzionamento della Presidenza del Consiglio. Credo che coloro i quali (cioè i cittadini italiani), prima o poi, saranno chiamati a fare da giudice, emetteranno la loro sentenza di condanna.
Il Presidente del Consiglio e qualche ministro (forse) vorrebbero che l'opposizione servisse soltanto per venire in soccorso della maggioranza, anche quando questa è latitante o indisciplinata, oppure quando non concorda, in tutto o in parte, con i provvedimenti presentati dal Governo. Noi abbiamo detto e ripetuto, ed oggi io lo riaffermo con la massima convinzione, che siamo disponibili ad aiutare il Governo perché l'Italia entri nell'unione monetaria europea; ma ci siamo sentiti rispondere anche su questo tema da una componente della maggioranza, rifondazione comunista, che i nostri eventuali voti non sono né richiesti né graditi. Ma, senza richiesta, noi non li daremo mai!
Il problema è dunque vostro, onorevoli membri del Governo, anche sul tema cruciale del futuro dell'Italia nell'Unione europea.
Vorrei che lei, onorevole Presidente della Camera, mi consentisse di dire una parola sull'organizzazione dei nostri lavori.

PRESIDENTE. Spero che i suoi colleghi di gruppo ci consentano di lavorare!

GUSTAVO SELVA. Io non li vedo...

PRESIDENTE. Io sì, però!

GUSTAVO SELVA. Se non sono attenti, vuol dire che dico cose che sanno troppo bene!

PRESIDENTE. Io li sento!

GUSTAVO SELVA. Per quanto mi riguarda, amo pensare che sappiano troppo bene le cose che dico.

PRESIDENTE. Ma rischiano di coprire la sua voce, onorevole Selva.

GUSTAVO SELVA. Vorrei dire una parola anche sull'organizzazione dei nostri lavori. Ho rimarcato diverse volte


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anche in Conferenza dei presidenti di gruppo che vi è un intreccio, che ostacola l'ordine dei nostri lavori, tra l'esame dei provvedimenti in Commissione e i lavori in Assemblea. Ordini del giorno lunghi talvolta come lenzuoli: di qui i tentativi o le tentazioni, da parte del Governo, di invertire l'ordine del giorno, soprattutto di fronte all'insicurezza del voto della sua maggioranza. C'è (lo ha rilevato prima il collega Giovanardi) una blindatura dei provvedimenti da parte della maggioranza (tutte le volte che ci riesce), che rende impossibile all'opposizione dare un contributo attivo.
Abbiamo consentito che venisse smaltito anche il forte arretrato in materia di decreti; non vorremmo che questa strada fosse ripresa e, essendo impossibile, com'è noto, la reiterazione, mi sembrerebbe una strada costituzionalmente sbagliata. Il ruolo che ci hanno assegnato gli elettori è quello di essere vigili ed attenti custodi dell'opposizione. Siamo consapevoli, come ha ricordato D'Alema (ed io lo ripeto ancora una volta), che oggi una maggioranza forse rafforzata di italiani non è d'accordo con quello che ha fatto o sta facendo il Governo.
Di fronte alle critiche, l'onorevole Presidente del Consiglio ha avuto una reazione scomposta anche per quanto riguarda la stessa funzione della stampa. Cito Angelo Panebianco, il quale scrive su Il Corriere della Sera: «Negli uomini dell'Ulivo, di fronte alle critiche, c'è sempre una tendenza ad assumere un atteggiamento un po' isterico, con l'aria di dire 'come vi permettete, uomini di poca fede, di criticare proprio noi, che siamo i veri unti dal Signore'» (quello di prima, nota ironicamente Panebianco, era un impostore) «'noi che godiamo del sostegno della cultura, della magistratura, del volontariato, della Presidenza della Repubblica, del sindacato, della Corte costituzionale, della cooperazione, dei parroci, dei missionari, di tutte le persone perbene e benpensanti, noi che siamo più educati, più colti e forse ancora più belli di quegli scarrafoni dell'opposizione?'». Noterò, fra parentesi, come fa lo stesso Panebianco...

PRESIDENTE. Onorevole Selva, la invito a concludere.

GUSTAVO SELVA. ...che questa insofferenza alla critica - concludo, Presidente - è tanto più preoccupante in quanto non si può davvero dire che manchi al Governo il sostegno della radiotelevisione italiana, «militarmente» occupata da uomini che non sono certo in simpatia con il Polo.
Non so se Prodi si sia reso perfettamente conto che le sue dichiarazioni - al Senato della Repubblica - di un Governo che non può restare inerte di fronte al diritto di un giornale di pubblicare notizie, anche se imbarazzanti per il Presidente della Repubblica, hanno avuto tutta l'aria di un'intimidazione nei confronti del sacro diritto della libertà di critica. Credo comunque, onorevole Presidente, che la nostra funzione di difensori del Parlamento e di difensori e custodi della nostra opposizione all'attuale Governo sia anche il migliore servizio che possiamo rendere a tutti i cittadini italiani perché sia scacciato dalla mente di ciascuno ogni sogno di regime, che del resto non appare soltanto un sogno, ma una realtà visibile attraverso l'occupazione sistematica di posti di potere in enti, ministeri e perfino in delicatissimi organi di garanzia costituzionale.

PRESIDENTE. Onorevole Stajano, la prego.

GUSTAVO SELVA. A questo dovere - in modo forte, democratico ed attivo - alleanza nazionale e il Polo per le libertà terranno massima fede in omaggio a ciò che gli elettori ci hanno consegnato come nostro primario dovere (Applausi dei deputati dei gruppi di alleanza nazionale e di forza Italia).

FEDERICO ORLANDO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.


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FEDERICO ORLANDO. Signor Presidente, rinnovamento italiano ha già richiamato, con la voce del ministro Dini, la necessità di linguaggi più cauti. Confermato questo nostro atteggiamento, desidero tuttavia aggiungere, a titolo personale, di essere sostanzialmente d'accordo con l'intervento del collega Paissan. Vi sono state da parte nostra (mi riferisco alla classe parlamentare) reazioni sproporzionate e corporative, che talvolta hanno fatto ricordare a chi ha letto qualche libro di storia il triste nome di consorteria. Il giudizio del Presidente del Consiglio Prodi è probabilmente sbagliato, ma offre la possibilità di essere valutato in positivo. Prendiamolo come un invito a fare tutti meglio il nostro lavoro, così come il paese aveva sperato dopo la riforma elettorale maggioritaria: un Parlamento più efficiente e veloce; un Governo più consapevole della propria autonomia in un regime parlamentare maggioritario, in modo da rendere più produttivi i costi della democrazia, fra i quali vi è anche quello di un dibattito lungo ed approfondito.
Sono tuttavia fermamente convinto che aveva visto giusto e messo il dito sulla piaga il ministro Maccanico quando, prima ancora che questa legislatura si aprisse, aveva dichiarato nel corso di interviste pubblicate sui giornali e in occasione di qualche dibattito parlamentare, che tutto sarebbe stato più difficile per questo Parlamento se non si fosse pregiudizialmente proceduto alla riforma dei regolamenti parlamentari. Come afferma il collega Parrelli del gruppo della sinistra democratica, un grande civilista che da dieci mesi non riesce ad ottenere che si svolga in quest'aula un dibattito sulla giustizia civile, con questo regolamento non si amministra neanche un condominio, figuriamoci un paese di 56 milioni di persone. Ecco perché credo che le parole, probabilmente ingiuste, del Presidente Prodi vadano valutate in positivo come un invito a fare tutti meglio, ciascuno la propria parte, noi come Parlamento e loro come Governo (Applausi dei deputati dei gruppi di rinnovamento italiano e dei popolari e democratici-l'Ulivo).

FABIO MUSSI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABIO MUSSI. Presidente, nell'intervento del Presidente del Consiglio Prodi che qui discutiamo c'è - mi pare - una parte di verità, che per quanto mi riguarda riconosco e condivido e sarebbe un'ipocrisia negarla. Non posso però che rammaricarmi di un'altra parte, dell'accusa ingiusta quanto generica mossa al Parlamento.
Per quanto riguarda la parte di verità, se non vogliamo mettere la testa sotto la sabbia, dobbiamo guardare ai problemi di struttura, di funzionamento, ai problemi storici delle nostre Camere, del nostro assetto istituzionale alto. Il Parlamento è rappresentanza e decisione. Devo dire per inciso che siamo arrivati ad una tale efficacia nell'applicazione del principio di rappresentanza da averla persino moltiplicata in pochi mesi dalle elezioni dell'aprile 1996: maggioritario o non maggioritario, la potenza mutante e creatrice della produzione di gruppi si è fatta sentire. Tuttavia, rappresentanza: guai se il Parlamento non fosse prima di tutto questo!.
Non esiste però rappresentanza se non combinata con una capacità forte di decisione. La democrazia è decisione; istituzioni che non riescano a decidere tempestivamente ed efficacemente prima di tutto espropriano la volontà popolare, la sovranità popolare, anche quando ne rappresentano pluralisticamente l'articolazione politica e culturale.
Qui c'è indubbiamente - non possiamo non vederlo e non riconoscerlo - un punto di crisi. Tutti i problemi non nascono a Gargonza, sarebbe troppo semplice; qualcuno sì, ma non proprio tutti, diciamo. Qui c'è un punto di crisi e lo abbiamo talmente riconosciuto che, quando abbiamo approvato la legge istitutiva della Commissione bicamerale, uno dei punti della seconda parte della Costituzione


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sottoposto alla discussione e alle decisioni della bicamerale è stato esattamente il Parlamento, il bicameralismo. Dobbiamo cambiare quella situazione di bicameralismo perfetto che è ormai un pezzo di archeologia istituzionale. Poi, i regolamenti, che, cari colleghi, lo dico ai gruppi della maggioranza ma anche a quelli dell'opposizione, perché è un interesse comune discutere apertamente di questa questione, hanno dato poteri eccezionali di interdizione, che poi si sono abbastanza agevolmente combinati con politiche consociative. C'è una responsabilità di tutti, anche della sinistra, che ha visto debolmente in ritardo la questione - come lei, Presidente Violante, qualche volta ama dire - della «democrazia decidente». Fortunatamente perdemmo da questi banchi quando si discusse in questo Parlamento del voto segreto. Ora, dobbiamo provvedere anche ai regolamenti, per entrare in un più chiaro ed efficace quadro relativo ai poteri del Governo, ai poteri della maggioranza, ai poteri dell'opposizione e alla capacità di decidere rapidamente ed efficacemente.
C'è anche un dato politico in questa legislatura che è andato un po' a giorni alterni. Troppe sono state le occasioni - consentitemi questa critica, colleghi dell'opposizione - in cui si sono usati legittimamente i regolamenti, ma con un intento che va giudicato su scala politica e non solo su scala regolamentare, cioè quello dell'ostruzionismo, che è un metodo che alla fine - collega Selva - riduce non la forza di questa o quella parte del Parlamento, ma la forza istituzionale del Parlamento. Qui è la parte di verità che va colta nella frustata del Presidente del Consiglio. Ma ce n'è un'altra, di cui invece mi rammarico, che non è giusta. Noi, come ricordava il collega Paissan, non siamo né una lobby né una corporazione, siamo rappresentanti del popolo e dunque non c'è la reazione della corporazione che è stata messa sotto accusa. Devo dire però che in questi dieci giorni abbiamo svolto un lavoro straordinario, un lavoro intellettuale e manuale al tempo stesso; si sono infatti fortificate l'anima ed anche le dita: abbiamo spinto «quel» pulsante migliaia e migliaia di volte, giorno e notte!
Al Presidente del Consiglio voglio dire che in questi dieci mesi i parlamentari della maggioranza hanno fatto fino in fondo e con grande passione politica il loro dovere ed anche l'opposizione, in determinati momenti, ha voluto e saputo essere costruttiva, cioè ha usato con pienezza e con responsabilità politica i suoi poteri.
Ora non giova a nessuno la contesa tra Governo e Parlamento, il rinfaccio; se si entra in questa logica si può incappare in valutazioni e affermazioni né corrispondenti al vero né educative. Spero che questa occasione venga utilizzata appropriatamente e consenta a tutti di compiere un passo in avanti (Applausi dei deputati dei gruppi della sinistra democratica-l'Ulivo e dei popolari e democratici-l'Ulivo).

SERGIO MATTARELLA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SERGIO MATTARELLA. Alle parole del Presidente del Consiglio sono stati attribuiti un significato ed una volontà di critica e addirittura di attacco al Parlamento. Se così fosse stato, se cioè fosse stato nelle intenzioni e nelle parole del Presidente del Consiglio quanto gli viene attribuito da alcuni esponenti dell'opposizione, a dolersi dovrebbe essere la maggioranza e non l'opposizione, perché non potrebbe che trattarsi di una critica alla maggioranza parlamentare, così come d'altronde, per inciso, ha fatto il ministro della giustizia, che infatti ha rivolto degli appunti, più o meno fondati naturalmente, alla maggioranza.
Per stemperare, potrei dire all'opposizione che si è preoccupata di difendere il prestigio della maggioranza parlamentare, ma a nostro avviso non ce n'era bisogno perché riteniamo che non fosse questa l'intenzione del Presidente del Consiglio. Per la verità, oltre ad esserne convinto, so che non era questa l'intenzione del Pre


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sidente del Consiglio, ma che era un'altra, quella cioè di sottolineare il problema della lentezza di meccanismi e procedure. È la questione del regolamento, che abbiamo dinanzi e che tante volte sia la maggioranza che l'opposizione hanno indicato, focalizzato e deciso di affrontare. È quindi eccessiva l'enfasi che si è fatta su queste parole.
In ogni caso, signor Presidente, ad avviso del nostro gruppo, quale che possa essere il grado di perspicuità delle parole adoperate, quale che possa essere il carattere più o meno felice di alcune parole, tutto ciò non può turbare le ragioni del sostegno al Governo e la compattezza della maggioranza; considerato che il rapporto tra il Governo e la sua maggioranza, tra Governo e Parlamento e la vita del Governo trovano ragioni ben maggiori. A fronte di ciò che si è fatto con l'azione di Governo e di maggioranza, di ciò che si sta facendo e delle ragioni che sostengono questa maggioranza, la polemica che si è introdotta è eccessiva e comunque non può mettere in discussione quegli intendimenti (Applausi dei deputati dei gruppi dei popolari e democratici-l'Ulivo e di rinnovamento italiano).

BEPPE PISANU. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BEPPE PISANU. Signor Presidente, onorevoli colleghi, a me dispiace di non poter raccogliere l'invito insolitamente curiale del collega Paissan a sminuire, sfumare, eludere le questioni chiamate in discussione da questo episodio, perché sono persuaso che le dichiarazioni del Presidente del Consiglio, e quelle evidentemente connesse del ministro della giustizia Flick, siano il sintomo di una medesima insofferenza nei confronti del Parlamento. Prima gli insulti - che non dimentichiamo - all'opposizione, poi le minacce - sì, le minacce - ai pochi giornali non allineati, ora l'attacco al Parlamento e alla stampa in generale.
Non credo che questa insofferenza sia dovuta, come pure ha detto qualche mio collega dell'opposizione, ad un crollo di nervi o a qualche piccolo stravizio di Gargonza; credo sia più semplicemente dovuta ad una sostanziale immaturità democratica.
Altri lo hanno già detto, ma qui gioverà ripeterlo: in una democrazia liberale il maggior pericolo per la libertà è esattamente costituito dai poteri del Governo. Per questo ci preoccupiamo degli eccessi e li sottolineiamo, non per il gusto di approfittare di un momento di debolezza, di una caduta di stile, ma per sollevare, prima che sia tardi, questioni di estrema delicatezza.
L'accusa al Parlamento è infondata ed i dati forniti anche da lei, signor Presidente della Camera, lo dimostrano in abbondanza. Peraltro, se si guarda all'attività fin qui svolta dal Parlamento, si scopre facilmente che in grandissima parte è stata un'attività svolta su proposte ed iniziative del Governo, spesso comprimendo gli spazi di iniziativa che lo stesso regolamento riserva all'opposizione.
Se dunque vi sono stati ritardi o incongruenze nell'attività del Parlamento, ne viene di logica conseguenza che essi debbono addebitarsi alla qualità delle proposte del Governo e alla gestione dei rapporti con il Parlamento. E non mi riferisco, certo, all'onorevole Bogi, che porta con grande dignità anche croci che non sono sue.
Riguardo alla questione dell'ostruzionismo, onorevole Mussi, qui più di una volta, per imperizia o per sprovvedutezza del Governo, le opposizioni sono state costrette a fare ostruzionismo. Come non ricordare, per stare all'ultimo esempio, l'episodio della settimana scorsa, quando fummo costretti, per far accettare un emendamento, ad un estenuante braccio di ferro di tre giorni, salvo poi - parlo dell'emendamento al decreto sull'autotrasporto - vederlo accettato dopo tre giorni di faticosissima resistenza parlamentare?
Certo, c'è la questione del regolamento. Anche noi siamo pronti ad affrontare la sua riforma; siamo precisamente pronti ad affrontare una riforma che, da un lato, conferisca al Governo una ben maggiore


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influenza nella determinazione dei lavori parlamentari e, dall'altro, come accade in ogni democrazia bipolare, conceda all'opposizione spazi adeguati di iniziativa. Ma fino a quando questa riforma non sarà compiuta, occorre rispettare il regolamento in essere.
Concludo rapidamente, signor Presidente della Camera.
Siamo alla vigilia di una stagione parlamentare particolarmente intensa, nel corso della quale Parlamento e Governo saranno chiamati a discutere di gravi e complesse questioni come le privatizzazioni, la liberalizzazione del mercato del lavoro, la manovra per l'Europa: questioni su cui si giocano interessi vitali per il paese.
Noi siamo pronti a fare la nostra parte, ma occorre che in Parlamento si ristabiliscano le condizioni per un confronto più pacato e sereno tra Governo e Parlamento, tra maggioranza e opposizione. Per questo ritengo che il Presidente del Consiglio - e ribadisco qui una richiesta avanzata ieri da tutto il Polo per le libertà - debba venire in Parlamento a chiarire in maniera definitiva questo sgradevole episodio.
Abbiamo apprezzato l'iniziativa assunta da lei, signor Presidente, e dal Presidente del Senato di incontrare il Presidente del Consiglio, ma temiamo che quella iniziativa non basti. Mi consenta, anzi, di dirle con estremo rispetto che c'è persino il rischio che, chiudendosi l'episodio con quell'incontro, si dia all'esterno l'impressione che il Presidente della Camera e il Presidente del Senato abbiano voluto stendere una sorta di rete di sicurezza sotto il Presidente del Consiglio e le sue acrobazie politiche.
Noi pensiamo che sia importante che il Presidente del Consiglio venga in Parlamento sia per chiarire l'episodio sia per cercare di creare in Parlamento le condizioni necessarie per un più positivo sviluppo del confronto tra Governo e Parlamento, tra maggioranza e opposizione (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Molti dei colleghi sono intervenuti - onorevole Scoca, ha finito? - invitando il Presidente a distinguere la questione dell'attività dalla questione della produttività della Camera e qualcuno ha anche suggerito di non fare difese d'ufficio o di carattere corporativo. Non è questa la mia intenzione.
Dopo quelle dichiarazioni, d'intesa con il Presidente del Senato, si è proposto al Presidente Prodi un colloquio per valutare attentamente i rapporti Parlamento-Governo in ordine alle rispettive responsabilità. Il Presidente Prodi ha immediatamente accettato questa proposta. Come sapete, giovedì, al suo ritorno da una visita di Stato all'estero, ci sarà questo colloquio, con il quale non si vuole concludere la questione né si vuole stendere alcuna rete di sicurezza attorno ad alcuno, perché credo rientri nelle responsabilità dei Presidenti dei due rami del Parlamento, di fronte a valutazioni del genere, avere un colloquio per cogliere anche gli elementi di critica e di dubbio del Presidente del Consiglio e mettere sul tavolo i problemi che possono emergere nel corso dell'attività parlamentare per arrivare ad una conclusione nell'interesse del paese.
Ho però il dovere davanti alla Camera di citare dei dati. Voglio dire molto semplicemente che la Camera dei deputati ha approvato quattro provvedimenti di legge alla settimana, tre dei quali sono diventati legge: non mi pare sia poco (Applausi). Scusate, no.
Il 90 per cento di questi provvedimenti era proposto dal Governo.
Se prendiamo in considerazione le ore di seduta dell'Assemblea, ci rendiamo conto che esse sono molto superiori a quelle delle precedenti legislature: le ore di seduta, infatti, sono state 782 rispetto alle 503 ore dello stesso periodo della scorsa legislatura. Le votazioni nominali sono state 4.500 rispetto alle 1.400 della scorsa legislatura, perché è stata chiesta frequentemente la votazione nominale.
Si registra, inoltre, una moltiplicazione piuttosto notevole tanto delle interpellanze quanto delle interrogazioni. I dati sono a


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disposizione dei colleghi; comunque, come si è fatto in un'altra occasione, farò in modo che pervengano a tutti per consentire a ciascuno di valutarli.
Sono stati anche votati quattro provvedimenti dell'opposizione (uno è stato respinto e tre sono stati approvati).
Sulla questione giustizia, posta dallo stesso ministro di grazia e giustizia, vi è stato un chiarimento nel corso di un colloquio intercorso ieri. Il Governo ha indicato in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo altre priorità ed è questo il motivo per il quale quei provvedimenti non sono stati inseriti nel calendario dell'Assemblea.
Quanto all'avvio dell'iter di tali provvedimenti, i colleghi ricorderanno che nel dicembre scorso venne approvato un ordine del giorno che impegnava il Governo a fornire i dati sugli effetti dell'eventuale depenalizzazione sull'addebito di abuso del finanziamento pubblico. Questi dati sono stati forniti al Presidente della Camera via via che arrivavano al ministero e finalmente ieri sono stati inviati i dati conclusivi, che metterò a disposizione dei colleghi. Credo che tutto questo apra la possibilità di avviare l'esame dei provvedimenti relativi alla giustizia. Ripeto, tuttavia, che i dati sono giunti nella giornata di ieri.
Possiamo dire in ogni modo che si è lavorato per molte ore; quattro leggi alla settimana penso che sia un dato altissimo, così come venti mozioni approvate. Inoltre è stata svolta circa la metà delle interrogazioni e delle interpellanze presentate, contro il 20-22 per cento delle altre legislature. L'attività parlamentare dunque c'è.
Saremmo però ipocriti se ci fermassimo a questa valutazione. Non mi pare che possiamo dirci soddisfatti della strategia e del metodo di lavoro, del rapporto fra costo del nostro lavoro (in termini fisici, intellettuali e di fatica) e prodotto. C'è dunque un problema da affrontare, non c'è dubbio che sia così. Abbiamo abbattuto il numero dei decreti-legge grazie alla collaborazione tra Parlamento e Governo, abbiamo avuto tempi più rapidi per l'esame della legge finanziaria rispetto a qualunque altra legislatura precedente e senza apposizione di questioni di fiducia. C'è dunque una serie di fatti positivi; tuttavia alcuni problemi vanno risolti, tant'è che la Giunta per il regolamento sta esaminando pazientemente una serie di modifiche da apportare alla nostra attività.
C'è un dato di fondo che dobbiamo sempre tenere presente. Penso che imprese, famiglie e cittadini attendano soprattutto di sapere quando il Parlamento decide sui provvedimenti più significativi, cioè in quale giorno dice «sì» o «no» e vogliano che il Parlamento abbia tempi di decisione coerenti con la velocità della società civile. Rischiamo di essere una «palla al piede» (chiedo scusa per l'espressione) per la società civile se i nostri tempi non si adeguano ai tempi di questa, ai tempi delle imprese ed a quelli delle famiglie e dei cittadini, che sono tempi rapidi.
Sono grato al presidente Pisanu, al presidente Selva, al presidente Giovanardi e agli altri colleghi che hanno posto la questione, sia pure in termini diversi, della riforma del regolamento. Tale questione è stata posta anche dai colleghi presidenti dei gruppi di maggioranza, ma era naturale che lo facessero.
Dobbiamo cercare di trasformare, come insegnava Thomas Mann, gli accidenti in occasioni: cerchiamo di fare di questo momento un'occasione per determinare, selezionando i punti, quali aspetti del regolamento portare in aula e su quali di essi concentrare la nostra attenzione per un lavoro più rapido, più efficiente e più funzionale alle esigenze del paese.
I problemi fondamentali derivano dal fatto che abbiamo procedure arcaiche rispetto al fabbisogno della decisione. Credo sia chiaro che molto spesso viene schiacciato tanto il lavoro di Commissione quanto quello dell'Assemblea perché non c'è garanzia di tempi minimi né per il lavoro di Commissione né per quello d'Assemblea. Quest'ultimo, tra l'altro, è una ripetizione del lavoro di Commissione (Commenti del deputato Colletti).

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Onorevole Colletti, vuole intervenire dopo?

LUCIO COLLETTI. Sta ricordando che la sua affermazione (Commenti) ...

PRESIDENTE. Inoltre abbiamo il problema di avvicinare le nostre procedure decisionali, nella rapidità e nella certezza, agli standard europei. Se entriamo in un sistema di comunicazione sempre più intensa con i nostri partner europei, c'è bisogno che essi sappiano quando il Parlamento italiano decide su alcune cose e non come decide. Ripeto: quando il Parlamento decide. Essi devono sapere che i nostri tempi di decisione sono complessivamente coerenti con l'andamento della vita del nostro continente.
L'ultima questione riguarda la necessità di distinguere tra gli interventi di riforma del regolamento che possiamo fare in questa fase, quelli cioè che non «intaccano» il lavoro della Commissione bicamerale, e quelli che verranno fatti successivamente, quando cioè avremo - come speriamo - un nuovo sistema politico. A quel punto bisognerà rivedere funditus tutto il regolamento.
Abbiamo di fronte appuntamenti come Maastricht, le riforme di tipo istituzionale, quelle della giustizia, gli interventi di carattere economico-finanziario che esigono strumenti che ci consentano di approfondire meglio, di dare all'opposizione più mezzi di intervento sul merito, di garantire tempi minimi più ampi per le Commissioni per esaminare i provvedimenti, nonché tempi garantiti minimi ma anche massimi entro i quali l'Assemblea deve deliberare. Credo che questo sia ciò che serve al paese e che il Parlamento può dare.
Spero che in aprile alcune proposte di riforma possano essere portate in Assemblea: legittimamente la Camera giudicherà, approvando o bocciando, a seconda delle maggioranze che si formeranno.
Chiariti i termini effettivi del lavoro e della produttività parlamentare, credo che possiamo cogliere questa occasione per renderci conto che, al di là dei rapporti maggioranza-opposizione o Parlamento-Governo, c'è un problema di rapporto Parlamento-paese al quale bisogna dare una risposta. Questa risposta possiamo darla in termini di certezza e di tempi celeri per le deliberazioni. Spero che in Assemblea si troverà il consenso necessario per procedere in questa direzione.
Ha chiesto di parlare il Vicepresidente del Consiglio dei ministri. Ne ha facoltà.

VALTER VELTRONI, Vicepresidente del Consiglio dei ministri e ministro per i beni culturali ed ambientali. Ringrazio i colleghi che hanno preso la parola e ringrazio in particolare lei, Presidente della Camera, perché nella parte conclusiva del suo discorso ha riassunto il senso reale di questa discussione, che si è tramutata - per merito e per senso di responsabilità, credo, di tutti coloro che hanno preso la parola - in un'occasione per una riflessione sul tema che il Presidente del Consiglio, nella sostanza del suo intervento, aveva voluto proporre.
Questa è diventata l'occasione - ed è bene che sia così - per una riflessione che ovviamente non intende essere critica (certamente non era questa l'intenzione del Presidente del Consiglio) nei confronti della maggioranza che ha sostenuto il Governo. Vorrei ricordare come Prodi abbia in molte occasioni espresso il proprio apprezzamento per il lavoro tenace della maggioranza che nel corso dei questi mesi ha sostenuto con grande forza l'operato del Governo. Né si è trattato di un'affermazione critica nei confronti dell'opposizione, la quale svolge il compito costituzionalmente assegnatogli.
Il problema posto è quello che il Presidente Violante ha riassunto nei termini della velocità e della capacità di controllo della decisione, il problema cioè di una democrazia matura e complessa, di un sistema parlamentare - aggiungo - che si trova al crocevia di un passaggio molto delicato e difficile.
Dunque, quando ci incontreremo giovedì prossimo, su iniziativa dei Presidenti di Camera e Senato, che hanno concordato con il Presidente del Consiglio questo


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colloquio, non ci sarà l'occasione per un chiarimento, del quale non vi è ovviamente alcun bisogno tra di noi, visto che credo di poter dire che siamo veramente tutti mossi dalla stessa preoccupazione, quella di far funzionare meglio tutte le istituzioni. È l'obiettivo che credo tutte le forze politiche debbano proporsi in un momento di passaggio così delicato come quello nel quale ci troviamo.
Vorrei ricordare a tutti noi che abbiamo cambiato sistema elettorale ed introdotto una modifica radicale nella natura del sistema politico italiano, mentre i nostri regolamenti parlamentari sono sostanzialmente rimasti quelli di un'altra fase della storia recente della nostra Repubblica. Aggiungo che la Commissione bicamerale è impegnata in un ridisegno complessivo che ci auguriamo giunga a felice conclusione nel corso del mese di giugno, ridisegno che ci dovrebbe aiutare a concludere il passaggio di questa transizione esattamente verso l'approdo di una democrazia dell'alternanza e bipolare.
È del tutto evidente, dunque, che si pone obiettivamente un problema che riguarda la revisione dei regolamenti. Credo sia importante che anche da parte delle opposizioni (mi riferisco all'intervento dell'onorevole Pisanu) si sia fatta un'affermazione che mi sento di poter condividere: disponibilità a rivedere i regolamenti proprio per renderli sincronici con l'evoluzione del sistema politico-istituzionale del paese; al tempo stesso, un richiamo al fatto che finché i regolamenti ci sono vanno rispettati da tutti.
Vorrei solo far presente, dal punto di vista del Governo, un'obiettiva difficoltà che oggi è di questo Governo ma domani potrebbe essere di altri. Credo infatti che quando parliamo di questioni istituzionali, ciascuno di noi debba avere la forza, direi persino la responsabilità, di immaginare il suo ruolo diverso da quello che è oggi. Ci troviamo, dunque, nella seguente condizione: questo Governo ha ereditato 95 decreti-legge; con il lavoro del Parlamento è stata smaltita la stragrande maggioranza di quei 95 decreti, ma questo è il primo Governo della recente fase della storia repubblicana che si trova nella condizione di riportare alla sua natura costituzionale l'utilizzazione dello strumento del decreto, che viene considerato praticabile solo nei casi di reale urgenza e necessità.
Come sappiamo - ce lo siamo detti spesso - nel passato c'è stato un vasto abuso della strumentazione del decreto. Aggiungo che per effetto della sentenza della Corte costituzionale il Governo non è in condizione di reiterare i decreti (altro strumento di attività legislativa del passato). Aggiungo inoltre che abbiamo avuto una stagione di naturale asprezza della battaglia politica in questa e nell'altra aula del Parlamento, per trarne la conseguenza che sicuramente tutti noi, non solo chi oggi è al Governo, abbiamo il problema di garantire in Parlamento quella dialettica tra la possibilità di esercizio della funzione di Governo e l'assoluto e rilevante peso della funzione di controllo del Parlamento, tipica di tutte le democrazie moderne.
È con questo spirito e in questo senso che credo che le dichiarazioni, il dibattito che si è svolto anche con le osservazioni critiche e il chiarimento che avremo giovedì ci potranno aiutare a fare un ulteriore passo in avanti verso l'obiettivo, che è comune, del miglior funzionamento di tutte le istituzioni, dal Governo al Parlamento (Applausi dei deputati dei gruppi della sinistra democratica-l'Ulivo, dei popolari e democratici-l'Ulivo, di rifondazione comunista-progressisti e di rinnovamento italiano).

TEODORO BUONTEMPO. Chiedo di parlare per un richiamo al regolamento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TEODORO BUONTEMPO. Presidente, le chiedo scusa, però ritengo che si sia seguita una procedura non molto corretta. Il rappresentante del Governo avrebbe infatti dovuto parlare prima del Presidente della Camera, perché il Governo, tramite...

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Buontempo, non è possibile riaprire il dibattito su questa questione.


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TEODORO BUONTEMPO. Le spiego il motivo del mio richiamo al regolamento. Se l'intervento del rappresentante del Governo viene svolto dopo che ha replicato il Presidente della Camera, si fa riaprire il dibattito. Sulle dichiarazioni di Veltroni avremmo molto da dire, a cominciare dal fatto, come suggeriva l'onorevole Martino, che semmai è una questione di qualità di leggi e se un problema c'è è quello dell'eccessivo numero di leggi e del modo indegno con il quale spesso noi parlamentari siamo costretti a lavorare, sotto la spinta dell'emergenza, sotto la spinta del Governo e...

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Buontempo, non posso darle ulteriormente la parola, perché questa questione è già chiusa.

TEODORO BUONTEMPO. Ho concluso. Sotto la spinta del Governo, dicevo, e di maggioranze che...

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