Seduta n. 121 del 21/12/1996

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Dichiarazioni del Presidente del Consiglio dei ministri.

ROMANO PRODI, Presidente del Consiglio dei ministri. Chiedo di parlare (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).

MARCO ZACCHERA. Bravo!

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROMANO PRODI, Presidente del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, onorevoli colleghi, in relazione a quanto oggi fatto presente da alcuni deputati dell'opposizione, ricordo che il Presidente del Senato a suo tempo ha espressamente dichiarato in aula che erano stati segnalati alcuni errori materiali nel testo dell'emendamento governativo, ma che tuttavia questi errori erano stati corretti prima della stampa del testo sottoposto al voto dell'Assemblea.
È superfluo peraltro sottolineare che, come è stato ricordato ancora oggi dal Senato, è del tutto inammissibile ogni ingerenza di soggetti esterni sul procedimento legislativo seguito presso un ramo del Parlamento, essendo unico garante di tale procedimento il Presidente dell'Assemblea.
È stato altresì ricordato che il Presidente Mancino, in apertura della seduta di lunedì 16 dicembre, ha per primo rilevato la materiale omissione, informando l'Assemblea di essersi fatto carico di assicurare la coerenza dei testi e l'identità formale e sostanziale tra quanto proposto dal Governo e quanto posto successivamente ai voti. D'altra parte, come pure hanno rilevato oggi in un comunicato ambienti del Senato, gli stessi esponenti del Polo presenti a Palazzo Madama, pur segnalando in modo fortemente critico l'omissione materiale, hanno espresso il loro voto, senza alcuna contestazione rispetto alla correttezza dei procedimenti seguiti. Veramente singolare appare pertanto (Commenti del deputato Giovanardi)... Scusate, avete chiesto che io parlassi; mi sono preparato, parlo, dico il mio parere (Commenti).

PRESIDENTE. Onorevole Giovanardi!
La prego, continui, onorevole Presidente del Consiglio.

ROMANO PRODI, Presidente del Consiglio dei ministri. Ripeto, veramente singolare appare pertanto che, non ravvisato dai senatori del Polo, venga oggi prospettato dai deputati dell'opposizione quello che il Polo non ha contestato al Senato ma ritiene oggi di contestare alla Camera.
Dei fatti sopra indicati si dà atto nella lettera oggi pubblicata dal quotidiano Roma mentre, per il resto, essa riguarda questioni e proposte che attengono alla funzionalità di uffici di supporto dell'esecutivo (Ministero delle finanze, dipartimento dei rapporti con il Parlamento).
Non posso infine che confermare che il testo all'esame della Camera dei deputati è esattamente lo stesso che è stato licenziato dal Senato (Applausi dei deputati dei gruppi della sinistra democratica-l'Ulivo, dei popolari e democratici-l'Ulivo, di rifondazione comunista-progressisti, di rinnovamento italiano e di deputati del gruppo misto).

PRESIDENTE. A seguito dell'intervento del Presidente del Consiglio darò la parola, ove ne venga fatta richiesta, ai sensi del combinato disposto degli articoli 41, comma 1, e 45 del regolamento, ad un deputato per ciascun gruppo.

CARLO GIOVANARDI. Chiedo di parlare.


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PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CARLO GIOVANARDI. Signor Presidente, la risposta che abbiamo appena ascoltato avrebbero potuto darla il Presidente del Senato o il Presidente della Camera: si tratta infatti di una risposta formale nei termini che ci aveva già anticipato il Presidente della nostra Assemblea.
Non è una risposta da Presidente del Consiglio dei ministri in ordine alle richieste che noi avevamo formulato (Vivi commenti) al Governo. In primo luogo, è falso - e mi meraviglio che il Presidente del Consiglio faccia riferimento ad «ambienti del Senato», senza citare quali - il fatto che il Polo non abbia contestato quella scelta presso l'altro ramo del Parlamento; l'ha contestata, e duramente. In secondo luogo è falso che il Polo al Senato abbia avallato questo comportamento, tant'è vero che siamo stati criticati per non aver partecipato alle votazioni. In terzo luogo è falso che si tratti di modificazioni materiali; ho posto in precedenza al Presidente del Consiglio una domanda: ho chiesto cioè - poiché vi sono differenze sostanziali tra il testo sottoposto al voto di fiducia e quello licenziato in ordine a poteri di regioni, a scelte sostanziali di politica familiare - se il Governo riconoscesse come propria la prima stesura o quella che ci è pervenuta e se fosse in grado di prendere qualche impegno affinché venisse rispettato il testo originario sottoposto al voto di fiducia da parte del Senato.
Su questo il Presidente del Consiglio ha sorvolato non spendendo una parola; mi sembra - ma forse non ho capito bene - che abbia detto che la lettera del ministro Bassanini è autentica ed originale, ma è un fatto interno al Governo. Posso essere d'accordo: ci rubano il mestiere di opposizione, perché se un ministro dice che si tratta di un esecutivo di dilettanti e di incapaci ci ruba il mestiere. Rimane tuttavia non risolto il nodo: vale a dire che è stato quel Governo ad andare a trattare con il Presidente del Senato le modifiche sostanziali in questione e che un ministro, la lettera del quale il Presidente del Consiglio oggi dice essere autentica, si vanta di aver fatto passare come formali modifiche sostanziali. Questo è gravissimo e su questo il Presidente del Consiglio non ha speso una parola (Applausi dei deputati dei gruppi del CCD-CDU e di alleanza nazionale)!

ELIO VITO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ELIO VITO. Signor Presidente del Consiglio, per quanto possa essere rituale dobbiamo ringraziare il Presidente del Senato che, con la dichiarazione resa in aula il 16 dicembre, ha effettivamente compiuto un'opera di verità e trasparenza che solo oggi, alla luce della gravissima lettera del ministro Bassanini pubblicata dal giornale Roma, è possibile leggere nel suo autentico valore: di qui i nostri interventi alla Camera con questi toni. Il Presidente del Senato, il 16 dicembre, prima del voto di fiducia, dichiara che «a fronte delle richieste di modifica avanzate dal Governo, la Presidenza si è fatta carico di assicurare la coerenza dei testi e di garantirne l'identità sostanziale».
Oggi apprendiamo che le richieste di modifica, avanzate dal Governo alla Presidenza del Senato, sono state così descritte dal ministro Bassanini «dopo una lunga trattativa con il Presidente del Senato e i relativi uffici riuscivamo a far accettare alcune correzioni imputandole a "errori tipografici"». Signor Presidente del Consiglio, questo è il punto sul quale deve una risposta, perché il Governo, accortosi di errori legittimi dovuti alla fretta, alla confusione, al caos ha ritenuto di dover fare trattative lunghe con il Presidente del Senato e con i relativi uffici. Di queste trattative ne resta una traccia flebile, ma pur sempre una traccia, nell'intervento in aula per far accettare, come errori tipografici, delle correzioni che il collega Giovanardi ha detto essere di merito.
Il Governo aveva il dovere, lunedì 16 dicembre, di presentarsi in aula e dire che nel testo sul quale aveva posto la fiducia


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vi erano stati degli errori, che aveva la necessità di introdurre alcune correzioni, di presentare il nuovo testo e di porre la fiducia su questo nuovo testo.
Questo era l'atteggiamento che il Governo doveva al Senato e al Parlamento! Il Governo, invece, ha preferito una lunga trattativa con gli uffici e la Presidenza del Senato per far cambiare il testo, imputando le correzioni sostanziali ad errori tipografici per far sì che il voto di fiducia riguardasse un testo diverso da quello sul quale era stata chiesta la fiducia.
Il Presidente del Consiglio deve spiegare perché ha preferito la trattativa con gli uffici del Senato alla trattativa con l'Assemblea del Senato (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale)! Deve spiegare perché il Parlamento non merita la chiarezza, la trasparenza, la consapevolezza, la responsabilità degli atti che vota! Ventiquattro ore in più o in meno valgono la menzogna, signor Presidente del Consiglio? Questa è la domanda alla quale deve rispondere ormai non più di fronte al Parlamento, ma dinanzi al paese e al Presidente della Repubblica! (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia, di alleanza nazionale, della lega nord per l'indipendenza della Padania e del CCD-CDU).

GIUSEPPE TATARELLA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE TATARELLA. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, onorevoli ministri, il problema è uno solo e solo uno. Non crediamo, e lo diciamo ad alta voce, che le dichiarazioni giustificative del Presidente del Senato corrispondano alla verità. È una giustificazione per rendere possibile la legittimità del provvedimento.
Non crediamo, onorevole Presidente del Consiglio...

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Tatarella, la prego di non chiamare in causa un'autorità dell'altro ramo del Parlamento.

GIUSEPPE TATARELLA. Parlo del Parlamento: in tal modo il problema è risolto. E bisogna dare atto a quel ramo del Parlamento di aver salvato qualcosa di utile al paese.
A fronte delle modifiche avanzate dal Governo, la Presidenza si è fatta carico di assicurare la coerenza dei testi e di garantirne l'identità sostanziale, pertanto gli emendamenti recano esclusivamente modifiche correlate ad evidenti errori od omissioni materiali.
Signor Presidente del Consiglio, noi non crediamo che ciò che è stato aggiunto corrisponda alla coerenza dei testi: è un'altra cosa; è una cosa aggiuntiva. Tutto ciò è stato reso possibile dal Governo per guadagnare un giorno, perché, onorevoli colleghi del Parlamento, per mettere nuovamente la fiducia sull'integrazione, una volta accortisi dell'errore, si sarebbe perso un giorno. Dunque, per non perdere un giorno si è fatta la trattativa. È consigliabile la trattativa sui provvedimenti che vengono varati dal Parlamento? Io dico di no e lo dico a tutti quei deputati che hanno votato recentemente l'articolo 68 (altra trattativa, su altro settore, altro campo). Noi siamo contro il metodo della trattativa che non sia discorso limpido e aperto in Parlamento.
Questa è la nostra posizione, onorevole Presidente del Consiglio che si arrampica sugli specchi quando dice che al Senato il Polo ha messo in moto il meccanismo della censura; a parte il fatto che al Senato noi non abbiamo votato, quindi la responsabilità è di chi ha votato. Una posizione che ci ha spinto a sollevare il caso, signor Presidente del Consiglio, perché un ministro che gode della sua fiducia sostiene che questo è un Governo in cui ci sono «dilettanti allo sbaraglio». Allora, signor Presidente del Consiglio, mi dica: c'è nel mondo il caso di un Parlamento che faccia errori tecnici relativi al bilancio e alla legge finanziaria? Non c'è. C'è un Parlamento al mondo nel quale, dopo un errore tecnico, qualcuno non se ne assuma la responsabilità? Non c'è. C'è un Governo al mondo in cui un componente del ministero accusi gli altri componenti


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dello stesso ministero di essere «dilettanti allo sbaraglio»? Non c'è. C'è un altro Governo al mondo in cui un componente dia i voti in condotta agli uffici, ad alcuni dicasteri ed ai ministri? Non c'è. Noi abbiamo un professore, nel Governo, che dà bacchettate e voti ai componenti del Governo stesso.
Un gruppo che sta all'opposizione, signor Presidente del Consiglio, di fronte a un documento di questo genere, indirizzato a lei e che lei mette in frigorifero, facendo finta di niente, in un momento in cui è in difficoltà, in materia politica, nei confronti di tutti gli altri alleati, ha il dovere di denunziare il fatto, come fatto collegato ad un Governo non omogeneo, a un Governo non solidale, ad un Governo guidato da un Presidente del Consiglio che non ha, come dice la Costituzione, la guida della macchina di Governo. Questo è il punto.
Abbiamo dunque adempiuto ad un dovere di chiarezza verso il Parlamento, verso tutti i parlamentari, perché il disagio nostro nel leggere la lettera di Bassanini è moltiplicato nel campo della maggioranza, dove ci sono i tifosi di Bassanini ed i tifosi di coloro che credono che i ministri non siano dilettanti allo sbaraglio. Abbiamo, quindi, adempiuto ad un obbligo di chiarezza e di questa chiarezza il Parlamento deve essere grato a qualsiasi deputato, a qualsiasi gruppo che ponga problemi di questo genere.
Credo che le conclusioni di questo dibattito, signor Presidente del Consiglio, per le implicazioni giuridiche e costituzionali che sono aperte a più tesi, vadano esaminate, in altre sedi e non in questa, con serenità e con l'obiettivo di non creare un precedente ad una trattativa che ha stravolto il dibattito parlamentare e l'intesa tra i gruppi parlamentari (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).

MARCO BOATO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Presidente, colleghi, credo che sulla questione dobbiamo avere accenti di verità, da una parte, ma anche di rispetto istituzionale del lavoro della Camera dei deputati, in particolare, e dell'autonomia e degli interna corporis del Senato della Repubblica, dall'altra.
Sarò breve e sintetico ma devo fare alcune specificazioni, per rispetto alle questioni poste, comprensibilmente, dai colleghi dell'opposizione, anche se il collega Vito, correttamente nel suo primo intervento - non in quest'ultimo -, rispondendo al Presidente della Camera ha detto: non è questione che riguardi la Camera dei deputati. È stato correttissimo in quella fase e gliene do atto.
C'è un problema politico reale. Se noi della maggioranza, se noi dell'Ulivo e i colleghi di rifondazione comunista, che della maggioranza fanno parte, fingessimo di non vederlo, commetteremmo un errore tale che i muri si ribellerebbero. Non è materia di questa discussione, signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, ma è materia politica ad altissimo livello.
Per giorni il mio amico Bassanini ha smentito che quella lettera fosse sua; oggi non smentisce più. Quando usa l'espressione «dilettanti allo sbaraglio» non la pronuncia direttamente, ma, in quella lettera, la mette in bocca ad altri, dicendo che c'è qualcuno al Senato che dice questo. Debbo dirlo con una certa sofferenza: temo che su quel punto sia nel vero, salvo che ci vorrebbe il poscritto che l'ultimo dei dilettanti allo sbaraglio in questa vicenda è chi ha scritto e firmato quella lettera (Applausi). Questa è la verità che abbiamo di fronte.
Si tratta di una lettera, signor Presidente del Consiglio, che la mette obiettivamente in una difficoltà che non è istituzionale - perché la sua risposta è stata correttissima; lo spiegherò ora pacatamente rispetto alle questioni poste dalle opposizioni - ma politica, perché problemi di mancanza di collegialità nel Governo, di difficoltà nel rapporto tra Governo e Parlamento (non solo tra Governo ed opposizione, ma anche tra Governo e maggioranza) ce ne sono stati e ce ne sono in questi mesi, in queste settimane ed in questi giorni, compresa la


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mancanza del numero legale di qualche ora fa. Perfino quello è un segno di mancanza di corretto rapporto tra Governo e Parlamento. Per un voto è mancato il numero legale nella prima votazione.
Quindi, signor Presidente del Consiglio, il problema politico esiste e dovrà essere affrontato con pacatezza, rigore, senso di responsabilità e solidarietà nella maggioranza e tra questa e il suo Governo, che è il Governo della Repubblica e non della maggioranza. Non possiamo mettere la testa sotto la sabbia e fingere che quella lettera e i problemi cui essa fa riferimento - non nell'episodio specifico ma nelle vicende del rapporto Governo-Parlamento di questi mesi - non esistano, perché tutti noi li abbiamo vissuti. Però noi siamo solidali con lei, Presidente Prodi, e con il suo Governo; siamo solidali all'interno della maggioranza; vogliamo che questa sia una sfida da affrontare positivamente. Fossi all'opposizione, farei il mestiere che i miei amici e colleghi dell'opposizione stanno facendo; li capisco, fossi all'opposizione lo farei anch'io. Abbiamo ed ho un ruolo diverso, ma, signor Presidente del Consiglio, le pongo questo problema, con il rispetto che lei conosce, ma anche con la preoccupazione che tutti abbiamo in quest'aula; tutti, non io, non il gruppo misto o i verdi.
Vi è un problema di carattere istituzionale e su questo capisco - ripeto che al loro posto avrei fatto lo stesso, più o meno - i problemi posti dall'opposizione, ma la risposta che il Presidente del Consiglio ha dato è corretta, per i motivi che voglio dire brevemente.
Innanzitutto la possibilità di errori esiste in tutte le cose umane, anche nel rapporto tra Governo e Parlamento e in questo caso tra Governo e Senato; esiste in particolare, colleghi dell'opposizione, quando su una manovra economico-finanziaria della complessità, difficoltà, delicatezza ed importanza di quella in esame - qualsiasi sia il giudizio che si esprime su di essa - in seconda lettura al Senato si scaricano - sbaglio il numero, ministro Visco? - 2.700 e forse più emendamenti. Quasi 3.000 emendamenti mettono nell'impossibilità fisica il Parlamento, in questo caso il Senato, di esaminarli nei tempi costituzionalmente dovuti, cioè in modo che la manovra economico-finanziaria sia varata entro il 31 dicembre per non ricorrere all'esercizio provvisorio. Il Governo non può essere costretto ad andare all'esercizio provvisorio, ed è un atto di irresponsabilità per il nostro paese e per il suo ruolo in Europa andare all'esercizio provvisorio. Quando si è costretti a chiedere tre voti di fiducia di fronte a più di 2.700 emendamenti...

PRESIDENTE. Onorevole Boato, mi scusi, ma il suo tempo sta per scadere.

MARCO BOATO. Ho finito, Presidente. Quando, dicevo, si è costretti a chiedere tre voti di fiducia di fronte a più di 2.700 emendamenti su un provvedimento collegato complesso, articolato in tre articoli, rispettivamente di 267, 224 e 217 commi, mi dispiace, non doveva succedere, ma è comprensibile che errori siano successi.
Bisogna che ci si assuma la responsabilità.

PRESIDENTE. Onorevole Boato, deve concludere: è andato due minuti oltre il tempo a disposizione.

MARCO BOATO. Occorre che si svolgano le indagini conseguenti a questa responsabilità. Però l'errore - e concludo, signor Presidente - è stato sanato dalla comunicazione del Presidente del Senato di lunedì 16 dicembre 1996, tanto più che al Senato non esiste...

ROLANDO FONTAN. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROLANDO FONTAN. Signor Presidente del Consiglio, non c'è dubbio che il problema maggiore sia quello politico, come ha giustamente evidenziato il collega Boato. Non c'è dubbio che, al di là del coro


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dell'Ulivo, il Presidente Prodi è stato bravo e ha voluto difendere la dignità...

PRESIDENTE. Scusi, onorevole Fontan.
Colleghi, alle 17 non vi sarà la prevista sospensione della seduta perché per due volte è mancato il numero legale e abbiamo perso due ore di tempo (Applausi). Il presupposto per la sospensione era che il lavoro procedesse ordinatamente; così non è stato, per cui staremo qui.
Prosegua pure, onorevole Fontan.

ROLANDO FONTAN. Come dicevo, ha voluto difendere la dignità del ministro Bassanini. Però, signor Presidente del Consiglio, lei ha detto che le opposizioni potevano contestare il provvedimento al Senato. Come avrebbero potuto farlo se è stato votato un testo dopo aver aspettato tutta la mattina che arrivassero i fascicoli per capire? Non erano nelle condizioni di contestare alcunché al Senato, perché un falso può essere contestato dopo che è stato commesso e non prima. Allora, si abbia il coraggio di dire che si è trattato non di un coordinamento formale, come è stato detto, ma di un coordinamento sostanziale, e cioè che è stato modificato il provvedimento collegato alla finanziaria. Ha ragione il collega Mussi a dire che il problema non è solo giuridico ma anche politico: stiamo votando un provvedimento collegato alla finanziaria diverso da quello approvato dal Senato. Pertanto, se si va avanti così, questa finanziaria sarà nulla dal punto di vista giuridico, per cui sarà possibile fare ricorso.
A parte la richiesta di smentire o meno la lettera di Bassanini, vorrei far presente, dal punto di vista concreto, un altro esempio molto importante: nel comma 152, in materia di finanza, si fa riferimento al fondo perequativo, mentre al Senato è stato approvato un emendamento completamente diverso sulla stessa materia, particolarmente importante per le regioni dal punto di vista finanziario.
Evidentemente siamo di fronte non ad una questione meramente politica ma ad una violazione giuridica che rischia di portare ad un annullamento.
A nome del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania preannuncio che, se non interverranno modificazioni e non si cercherà di sistemare la questione, chiederemo al Presidente della Repubblica di non promulgare questa legge che viola i principi basilari del sistema bicamerale italiano (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).

SERGIO MATTARELLA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SERGIO MATTARELLA. Sono le ore 16,45 e siamo in ritardo rispetto alle previsioni di lavoro. Da questa mattina la strada del lavoro dell'Assemblea è attraversata dalla pubblicazione sul quotidiano Roma della lettera - o presunta tale - del ministro Bassanini. Credo sia ora di chiudere questa querelle distinguendo due problemi: quello relativo alla domanda se stiamo votando il testo approvato dal Senato e quello rappresentato dalla pubblicazione della lettera, o presunta tale.
Sul primo problema, non vi è alcuna questione che possa attraversare questi lavori. Ci è stato trasmesso il messaggio del Presidente del Senato e a quello siamo vincolati. Il giorno in cui chiunque in questo paese, fosse anche l'altra Camera, volesse sindacare il contenuto di un messaggio del Presidente di una Camera, sarebbe l'inizio della fine della democrazia, sarebbe la cancellazione della sovranità del Parlamento! Questo è impossibile: non è possibile che qui o altrove venga sindacato quanto si afferma nel messaggio del Presidente di una delle Camere. Per quanto ci riguarda, questo è quanto disposto dal comma 1 dell'articolo 68 e dal comma 2 dell'articolo 70 del regolamento della Camera.
L'altra questione, Presidente, riguarda ciò che questa lettera rappresenta. Non so se il testo pubblicato sia integrale o sia monco, non lo so e neanche mi interessa molto. Non so se quanto lì si scrive sia stato veramente scritto dal ministro Bassanini,


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sia la verità o fantasia. Non so se si tratti di fatti (che vengono indicati in questa lettera) o di impressioni personali. A me questa lettera evoca invece un'altra questione, un tema tante volte sollevato dai colleghi del Polo: quello della illecita pubblicazione di documenti riservati. Questa è - come tante volte in quest'aula lei, collega Giovanardi, ha detto - come si dice...

MARCO TARADASH. C'è un imbroglio di Stato!

SERGIO MATTARELLA. Onorevole Taradash, ella può parlare liberamente e deve far parlare anche gli altri. Questa lettera - come il quotidiano rimarca in più occasioni nella pagina - è riservata. Vi sono i problemi politici interni al Governo, di coordinamento, di cui ha parlato il collega Boato; esistono e il Governo dovrà affrontarli. Ma rispetto a questa pubblicazione il Governo dovrà anche operare perché si accerti dove, da chi e in che modo, da quale funzionario infedele è stata diffusa una cosa riservata (Applausi dei deputati dei gruppi della sinistra democratica-l'Ulivo e dei popolari e democratici-l'Ulivo).

OLIVIERO DILIBERTO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

OLIVIERO DILIBERTO. Presidente e colleghi, non vi è alcun dubbio - io credo - che un problema esista, cioè quello sollevato dall'opposizione nella giornata di oggi, e che pertanto il Presidente del Consiglio e il Governo dovranno valutare con attenzione il tema che è stato qui sollevato, distinguendo due profili diversi. Sul piano istituzionale, non vi è dubbio che il problema è risolto, sia nel messaggio del Presidente del Senato sia nelle dichiarazioni rese dal Presidente del Consiglio questo pomeriggio, come ha sottolineato giustamente il collega Mattarella. Sul piano squisitamente politico, è evidente che il problema resta. Bisognerà tutti insieme, come maggioranza, esaminare le cause e le conseguenze di questa presunta lettera, la cui smentita da parte di un ministro della Repubblica auspicherei venisse reiterata anche nella giornata di oggi.
Non mi stupisco in verità della pubblicazione, della circolazione di documenti riservati, per quanto ovviamente la deprechi, perché basta aprire qualunque giornale o ascoltare qualunque rete televisiva per vedere che documenti «riservati» semplicemente non esistono più, in quanto riservati, e che dunque, eventualmente, chi volesse fare qualcosa di riservato - ripeto: eventualmente - forse farebbe bene a non lasciarne traccia così evidente. Ma questo - ripeto - attiene alla presunzione di una lettera che non sappiamo se esista o non esista, se sia autentica o non lo sia, e così via. Tutto ciò comunque, lasciatemelo dire, è abbastanza sorprendente.
L'unica cosa che in verità non mi sorprende, invece, è che da stamattina stiamo discutendo di questo tema e che lo facciamo con un atteggiamento dell'opposizione che, se era legittimo nel momento in cui è stato assunto, reiterato nel corso dell'intera giornata assume un aspetto ovviamente diverso. Devo dire che a pochi giorni dall'accordo - che era stato concluso per consentire non soltanto l'approvazione dei decreti, ma anche un atteggiamento, come dire, costruttivo da parte dell'opposizione in sede di discussione della manovra economica - si conferma l'atteggiamento contrario avuto da parte di rifondazione comunista, che a quell'accordo non ci ha creduto, non soltanto per ragioni di principio, ma anche perché la nostra sfiducia rispetto all'atteggiamento costruttivo dell'opposizione era e resta totale (Applausi dei deputati del gruppo di rifondazione comunista-progressisti)

ENRICO CAVALIERE. Presidente, Presidente...

PRESIDENTE. Ha già parlato il collega Fontan su questa questione.

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