Allegato A
Seduta 114 dell'11/12/1996

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INTERPELLANZE ED INTERROGAZIONI

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A) Interpellanza:

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, per sapere - premesso che:
la legge n. 626 del 1994, che regola l'adeguamento alla normativa comunitaria in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro, fissa per il giorno 1 gennaio 1997 il termine finale per adempiere alle relative prescrizioni;
gli ultimi rilevamenti avrebbero acclarato che gran parte dei destinatari dell'obbligo di adeguamento non vi hanno ancora provveduto;
le ragioni di tale anomalia sono da ricondursi, in parte, alla scarsa pubblicizzazione della prescrizione ed in parte alla rilevante onerosità dei costi dell'adeguamento, che crea serie difficoltà economiche, soprattutto agli artigiani ed alle piccole imprese;
non esiste nessuna possibilità di controllo in relazione alla cosiddetta «economia sommersa», con specifico riferimento a chi produce strutture realizzate abusivamente, quasi sempre per assurdi e colpevoli ostacoli di natura burocratica che impediscono il rilascio di concessioni edilizie, in special modo al sud -:
quali iniziative intenda assumere o provvedimenti adottare per far fronte tempestivamente alla grave situazione che si prospetterà in un futuro non lontano, con conseguente incremento del già pesante bilancio di «morti bianche», che colpiscono, purtroppo, tanti inermi ed incolpevoli lavoratori;
se, più specificamente, non sia il caso di informare l'opinione pubblica con maggiore frequenza sull'approssimarsi della scadenza, valutando anche l'eventualità di una proroga;
se non sia opportuno concedere agevolazioni a coloro che non si trovano nella condizione di poter far fronte agli oneri connessi all'adeguamento delle strutture alla normativa comunitaria;
se infine non sia da considerare seriamente l'eventualità di sanare gli innumerevoli casi di «produzione abusiva» nei confronti di chi si autodenunci, consentendo, in tal modo, la regolarizzazione di tante fonti di produzione, con benefici riverberi sulla tutela degli ambienti di lavoro.
(2-00124)«Cola, Lo Presti, Russo».
(17 luglio 1996).

B) Interpellanza:

La sottoscritta chiede di interpellare il Ministro del lavoro e della previdenza sociale per sapere:
quali motivazioni abbiano indotto il direttore della sede Inail di Milano a comunicare agli inquilini la volontà, da parte dell'ente, di non rinnovare i contratti


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di locazione, nonostante gli stessi siano già stati stipulati e sottoposti al regime dei patti in deroga alla legge n.392 del 1978;
quali azioni intenda svolgere per dare certezza sui rinnovi dei contratti di locazione;
perché l'Inail non abbia ritenuto, a tempo debito, di mettere a disposizione i rendiconti, i prospetti di riporto e i documenti giustificativi della gestione 1990-1991, come tra l'altro richiesto anche dalla Cisl-Inail-direzione regionale Lombardia di Milano in data 17 giugno 1994, alla quale a tutt'oggi non è stata data alcuna risposta, costringendo oltre cinquecento inquilini a ricorrere in tribunale per far valere i propri diritti, in quanto il credito è andato in prescrizione, essendo trascorsi i due anni;
se risulti al Governo quali verifiche ha messo in atto e con quali risultati il magistrato della Corte dei conti delegato all'esercizio del controllo in proposito;
quando il Governo intenda ridefinire i criteri di assegnazione per le locazioni degli enti previdenziali.
(2-00176) «Aprea».
(17 settembre 1996).

C) Interpellanza:

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, per sapere - premesso che:
da alcuni anni si notano frequenti ispezioni da parte di enti (ex Scau, Inps, ispettorato del lavoro) nei vigneti del Veneto, ed in particolar modo nelle province di Treviso e Vicenza, controlli finalizzati alla ricerca di manodopera avventizia agricola impiegata in periodo di vendemmie;
nel tempo, sono mutate le condizioni di disponibilità di lavoranti per le eventuali vendemmie e le normative in vigore sul collocamento e la regolarizzazione di eventuali lavoratori non permettono alle aziende agricole di essere comunque in regola;
le normative in vigore, nel caso di piccole aziende agricole, imprese familiari diretto-coltivatrici impieganti manodopera per pochi giorni, costringono le medesime ad una soffocante ed assurda burocrazia con vari passaggi e registri, nonché documenti e denunce che non giustificano né il costo diretto, né alcun beneficio per lo Stato;
nel Veneto, per le vendemmie è forte l'utilizzo di collaborazioni di parenti, amici e familiari nell'ambito delle tradizioni agricole, culturali e storiche della regione e le ispezioni attuate tendono a non considerare tale realtà sociale come patrimonio, bensì soltanto come situazioni da perseguire con l'obbligo di regolarizzazione ed assunzione delle persone;
da tempo, i viticoltori e le loro organizzazioni professionali agricole chiedono una revisione delle procedure, con relativa semplificazione, rilevata la peculiarità delle vendemmie ed il periodo di raccolta limitato, non paragonabile ad altre tipologie di raccolta;
in particolare, alcune organizzazioni professionali agricole lo scorso mese di agosto hanno lanciato un preoccupante grido di allarme per le imminenti ispezioni nelle aziende agricole. Infatti sembrerebbe che gli ispettori dell'Inps provinciale procederanno ai controlli nelle aziende agricole trevigiane scortati dai carabinieri;
nei recenti interventi pubblici il Ministro del lavoro, in provincia di Treviso, aveva annunciato un impegno di condivisione sulle problematiche sopra esposte, con una sicura emanazione di normative semplificatorie che avrebbero tenuto conto sia delle mutate condizioni che delle esigenze lavorative e strutturali della viticoltura;
nella fattispecie, il Ministro del lavoro aveva dichiarato che il Governo avrebbe presentato al più presto un decreto contenente


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norme e procedure semplificate per l'assunzione di lavoratori stagionali. Tuttavia, la reiterazione del decreto-legge n. 301 del 1996 (ora divenuto n. 405 del 1996) non sembra aver apportato alcuno snellimento in tali procedure;
quali iniziative legislative intenda adottare, atte ad accogliere le richieste delle organizzazioni professionali agricole e dei viticoltori, che tengano conto di quanto in premessa evidenziato, considerato anche che è necessario agire d'urgenza per evitare l'accrescere delle tensioni tra i viticoltori e l'accentuarsi della contrapposizione con le istituzioni previdenziali, situazione questa sicuramente non utile alla viticoltura, già gravata di molti altri problemi.
(2-00187)
«Lembo, Michielon, Dozzo, Guido Dussin, Luciano Dussin».
(17 settembre 1996).

D) Interrogazione:

MALAVENDA, GALLETTI, CENTO e LENTO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri e ai Ministri delle poste e delle telecomunicazioni, del lavoro e della previdenza sociale e dell'interno. - Per sapere - premesso che agli interroganti risulta che:
Movicoop coop.r.l. dal 1984 ha ampliato il proprio oggetto sociale, come si desume dallo statuto sociale, dal facchinaggio ad «attività di movimentazione scenografica, attività di allestimento delle scenografie, attività che comportino l'uso di elettricisti, aiuto-macchinisti, servizi cameramen e riprese audio, telefoniste, hostess, telemarketing, servizi di receptionist, segretariato per produzioni e redazioni televisive», soprattutto a favore del gruppo Mediaset, in ordine al quale la Movicoop afferma che «è forte l'influenza del settore televisivo sul nostro fatturato totale (e) non pensiamo che tale situazione si modificherà nei prossimi mesi» (relazione del consiglio di amministrazione sul bilancio al 31 dicembre 1995);
Movicoop coop.r.l. è passata da un fatturato di lire 6.200 milioni nel 1990, a lire 8.000 milioni nel 1991, a lire 10.700 milioni nel 1992, a lire 12.100 nel 1993, a lire 10.905 nel 1994 e lire 12.935 nel 1995, con rilevanti crediti (oltre al quaranta per cento annuale), vantati prevalentemente nei confronti del gruppo Fininvest/Mediaset: ci si chiede come, in questa situazione di sostanziale monofornitura e di ridotto flusso di cassa, questa cooperativa possa sostenere le spese di gestione ordinaria, gli ammortamenti, i costi della forza lavoro, eccetera;
Movicoop partecipa in modo integrato al ciclo produttivo di Fininvest/Mediaset attraverso la prestazione professionale dei propri soci (che sono circa duecento), che di fatto vanno ad intermodularsi e/o a sostituirsi ai dipendenti di quel gruppo televisivo, di cui utilizzano i mezzi tecnici (dollies, elettrogruppi, eccetera) e dai cui dirigenti sono gerarchicamente comandati, e rispettano gli orari di lavoro e delle produzioni del gruppo in modo continuativo da oltre dieci anni circa. Inoltre, del collegio dei sindaci di questa cooperativa hanno fino a pochi mesi fa fatto parte membri dirigenti della Camera del lavoro metropolitana di Milano (Cgil), mentre nel consiglio di amministrazione sono presenti aderenti al partito di rifondazione comunista;
Movicoop coop.r.l. è a capo di una holding di società di capitali, quali la Pragma Service srl (servizi di collocamento di figuranti a Videotime), Italnord Services srl (titolare delle azioni di due società in Lettonia) e, nel recente passato, Europe Trasport Services srl (società di trasporti internazionali). Quest'ultima, a quanto risulta agli interroganti, dalla sua costituzione nel 1989 a tutto il 1992, ha avuto scambi commerciali permanenti con il Sudafrica segregazionista, violando l'embargo internazionale verso quel paese;
Movicoop coop.r.l., sempre dalla sua relazione sul bilancio del 1995, dichiara di


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avere avviato «con una importante società israeliana che opera nel campo della informatizzazione, della telefonia e soprattutto nella progettazione delle produzioni agricole» un accordo commerciale di intermediazione a favore di un paese latino-americano, presumibilmente Cuba, e sostiene di avere promosso un protocollo di intesa con il Governo di quel paese e la società israeliana Shiran inc., per un contratto nel settore delle telecomunicazioni -:
se intendano verificare se tra Movicoop e Fininvest/Mediaset si siano costituiti rapporti lavorativi interpositori conseguenti a prestazioni lavorative continuative ed integrate con le aziende di quel gruppo televisivo, in violazione della legge n. 1369 del 1960 ed in contraddizione con le proposte di legge sul lavoro temporaneo (in passato presentate in Parlamento e verso le quali gli interroganti sono sostanzialmente in disaccordo) e, in caso positivo, se non ritengano che sia necessario che siano avviate procedure di assunzione a favore di tutti i soci-lavoratori di Movicoop di fatto alle dipendenze delle società del gruppo Fininvest/Mediaset;
se risulti al Governo che si siano costituite relazioni commerciali con l'ex regime di segregazione razziale sudafricano e quali merci venivano scambiate e per conto di chi si attuavano tali traffici;
se risulti al Governo che Movicoop abbia trattato con Cuba, per conto della società israeliana Shiran inc., nel settore delle telecomunicazioni, mentre gli Usa, che hanno proditoriamente imposto l'embargo commerciale contro quel paese, hanno censurato la Stet per una partecipazione azionaria nel capitale della Etesco, società cubana di telefonia.(3-00125)
(16 luglio 1996).

E) Interrogazione:

BOGHETTA, STRAMBI e GIORDANO. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
il gravissimo incidente della Snam Portovenere a Genova ha causato la morte di sei lavoratori;
il ritardo nell'attuazione del decreto legislativo n. 626 del 1994 è stato causato, oltre che dai forti interessi economici delle aziende, dagli interventi di autorevoli membri del Governo, che hanno sostenuto posizioni favorevoli alla depenalizzazione o al condono per gli inadempienti;
l'imminente riapertura dei cantieri delle grandi opere pubbliche rende ancora più urgente la soluzione al problema della prevenzione e della sicurezza sul lavoro -:
quale sia la dinamica del grave incidente di Genova e se ne siano state chiarite le responsabilità;
quale sia la normativa in materia di prevenzione e sicurezza adottata dalla Fincantieri;
quali iniziative intenda prendere in merito alla mancata attuazione delle norme previste dal decreto legislativo n. 626 del 1994, che antepone gli interessi economici delle aziende alla sicurezza della vita dei lavoratori;
come si intenda adeguare le istituzioni preposte ai compiti di controllo di cui al decreto legislativo n. 626 del 1994 in materia di prevenzione e di sicurezza sul lavoro, e come si intenda sensibilizzare tutte le parti sociali, in modo da creare una cultura nuova su questo tema. (3-00289)
(8 ottobre 1996).

F) Interrogazioni:

ARMAROLI. - Al Ministro dei trasporti e della navigazione. - Per sapere - premesso che:
in data 2 ottobre 1996, nella sala macchine della gasiera «Portovenere», situata al largo del porto di Genova, morivano sei operai della Snam;


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le cause della tragedia potrebbero essere imputabili, a quanto pare risultare dalle prime indagini, ad un errore umano;
tutto ciò non potrebbe rappresentare comunque un comodo alibi, sempre ammesso che venga verificata la veridicità di precise responsabilità personali, per archiviare rapidamente il tragico evento, senza che si imponga, attraverso serie ed approfondite indagini, una profonda riflessione sulle condizioni di lavoro e sui livelli di sicurezza nei quali si trovano ad operare i lavoratori del settore;
quest'ultimo evento luttuoso si aggiunge ad una serie ormai continua e sempre più lunga di incidenti mortali nel mondo del lavoro, senza che dal Governo siano state nel contempo assunte iniziative finalizzate ad ottenere maggiori garanzie in ordine alla sicurezza ed alla prevenzione -:
se non ritenga opportuno intervenire per dare conto di quanto avvenuto e per illustrare quali siano le attuali condizioni di lavoro e le garanzie di sicurezza per gli operatori del settore, e quali siano, più in generale, gli intendimenti del Governo per affrontare con successo le cause di questa interminabile sequenza di tragedie nel mondo lavorativo.(8 ottobre 1996).

TURRONI e DE BENETTI. - Ai Ministri dei trasporti e della navigazione e del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
nella giornata di giovedì 3 ottobre 1996, all'alba, si è verificata l'ennesima tragedia del mare nelle acque antistanti il porto di Genova;
sei membri dell'equipaggio della nave «Snam Portovenere», la più grande turbocisterna italiana, sono morti nella sala macchine mentre erano in corso prove tecniche di navigazione;
notizie riportate dalla stampa farebbero risalire la causa del gravissimo incidente all'azionamento anticipato dei sistemi di spegnimento incendi;
i sei membri dell'equipaggio, morti per asfissia, non recano sul corpo alcuna traccia di ustioni -:
come la tragedia si sia potuta verificare;
a chi siano ascrivibili le responsabilità;
se i soccorsi siano stati tempestivi;
se a bordo della nave fosse presente un medico o quantomeno un ufficiale abilitato ad operare interventi di primo soccorso;
se a bordo della nave fossero presenti un defibrillatore ed un numero sufficiente di maschere antigas;
quali iniziative intendano assumere per evitare il ripetersi di gravissimi incidenti, quali quello di giovedì 3 ottobre 1996, per assicurare rigorose norme di sicurezza ed il loro rispetto a bordo delle navi italiane.(3-00286)
(8 ottobre 1996).

BOLOGNESI, GUERRA, CRUCIANELLI, NAPPI e BOGHETTA. - Ai Ministri dei trasporti e della navigazione, del lavoro e previdenza sociale e della sanità. - Per sapere - premesso che:
il 2 ottobre 1996, a bordo della metaniera «Snam Portovenere», nel corso delle prove tecniche di collaudo a mare che si svolgevano nel mar Ligure, a poche miglia dal porto di Genova, sono periti sei lavoratori a causa di un tragico incidente sul lavoro;
secondo le prime frammentarie ricostruzioni, la causa della tragedia sarebbe da individuarsi in un errato azionamento dell'impianto antincendio, con conseguenti mortali esalazioni di anidride carbonica, dovute allo sviluppo di un incendio causato dalla rottura di


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una conduttura di gasolio. Ferma restando l'esigenza di una compiuta ricostruzione dell'accaduto e dell'accertamento delle responsabilità da parte della magistratura ordinaria, l'episodio conferma un quadro allarmante relativo ai livelli di sicurezza sul lavoro in generale ed all'insieme di attività che compongono il comparto dell'economia marittima, da quella cantieristica a quella portuale, fino a quella meramente nautica -:
quali normative, relative alla sicurezza sul lavoro, a partire dal decreto legislativo n. 626 del 1994 e successive integrazioni e modificazioni, siano applicate durante la fase di collaudo e quali enti e/o autorità siano preposte alla loro vigilanza;
se non si ravvisi la necessità di una maggiore chiarezza nella normativa esistente relativamente alle competenze dei seguenti organi: capitaneria di porto, Rina, Usl, sanità marittima, autorità portuale;
se non ritengano necessario un rapido passaggio di personale, strutture e competenze degli uffici di sanità marittima, ancora impropriamente collocati nell'ambito del Ministero della sanità, alle aziende Usl, anche in conformità ad un indirizzo generale di decentramento delle competenze sanitarie;
se, nel caso della «Snam Portovenere», sia stato approntato un idoneo servizio di prevenzione, come prescritto dalle normative vigenti;
se esistesse un ruolo e/o un elenco di tutte le persone presenti a bordo, e se questo corrispondesse a quelle di cui si è accertata l'effettiva presenza;
se, nel caso di abbandono della nave, la «Snam Portovenere» fosse dotata degli idonei mezzi di salvataggio capaci di portare in salvo tutte le persone a quel momento presenti a bordo che, come è noto, erano oltre un centinaio, contro il normale armamento formato da diciotto-venti persone di equipaggio;
se non ritengano che, in circostanze eccezionali, quali quelle delle prove a mare, debba essere prescritta l'obbligatorietà di un presidio sanitario o l'attivazione di un servizio di emergenza sanitaria collegato con le strutture pubbliche competenti in materia di pronto soccorso, come previsto dagli articoli 12 e 15 del decreto legislativo n. 626 del 1994;
in quali tempi siano arrivati i soccorsi e da quale autorità siano stati coordinati;
quali iniziative intendano adottare per elevare ai massimi livelli la sicurezza nel lavoro in una peculiare fase della vita della nave, quale quella delle prove tecniche a mare, in cui si sommano attività cantieristiche con attività nautiche.
(3-00292)
(8 ottobre 1996).

G) Interrogazione:

TASSONE. - Ai Ministri dell'interno e dell'ambiente. - Per sapere - premesso che:
nella città di Reggio Calabria da circa un anno è in corso un braccio di ferro tra l'amministrazione comunale ed i cittadini della XIII circoscrizione-Ravagnese circa la costruzione di una discarica per rifiuti solidi urbani nella località Longhi-Bovetto;
tali cittadini da diversi mesi si sono costituiti in «comitato pro-Bovetto» per meglio organizzare la loro protesta, che ha assunto tutte le forme possibili all'immaginazione, fino a giungere alla denuncia all'autorità giudiziaria;
il 9 luglio 1996 è stato richiesto un intervento della polizia di Stato, che ha imposto con la forza la riapertura del cantiere dei lavori, bloccati da quasi tre mesi per l'intervento della soprintendenza archeologica e per la protesta degli abitanti della zona, provocando feriti tra la popolazione che, inerme, attuava una


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forma di resistenza passiva, tentando di impedire, sdraiandosi per terra, il passaggio delle ruspe -:
se siano al corrente che una petizione presentata nello scorso agosto al consiglio comunale ai sensi dell'articolo 17 dello statuto comunale, corredata da un numero maggiore delle cinquecento firme richieste, tesa alla ridiscussione della decisione di costruire nella località Longhi-Bovetto una discarica di rifiuti solidi urbani da duecento tonnellate al giorno, non è stata ad oggi mai presa in considerazione dall'amministrazione;
se ritengano possibile che lavori per conto dell'amministrazione comunale possano essere avviati, proseguiti ed imposti con la presenza della polizia, senza che alcuno dei proprietari dei terreni di cui trattasi abbia mai ricevuto notifica di occupazione temporanea né di esproprio delle particelle catastali interessate;
se ritenga accettabile l'impiego della polizia nei confronti di cittadini che protestano civilmente e correttamente, rivendicando diritti che ritengono conculcati dalle autorità preposte, se è vero, come è vero, che non è possibile neppure immaginare di poter costruire una discarica per rifiuti solidi urbani a trecentoquaranta metri dalla periferia della più popolosa città della Calabria senza provocare reazioni delle popolazioni interessate;
se non ritenga che il diritto alla salute debba essere assunto come principio informatore delle decisioni prese dalle articolazioni amministrative tanto da renderle convincenti;
quali siano le determinazioni che intendano assumere perché cessi il grave attacco alla incolumità ed alla salute delle popolazioni della zona, siano rispettati i diritti di partecipazione popolare, garantiti dalla legge n. 142 del 1990, e perché, infine, siano applicate anche nel comune di Reggio Calabria le norme sulla trasparenza amministrativa previste nella legge n. 241 del 1990;
se ritengano opportuno un controllo della corrispondenza tra la reale situazione urbanistico-abitativa del sito interessato e la rappresentazione cartacea e documentale che della stessa è stata prodotta negli atti, visto che la cartografia di base utilizzata è una aereofotogrammetria del 1981 che non riproduce fedelmente lo stato dei luoghi, mentre è giurisprudenza consolidata del Consiglio di Stato richiamare il principio di legittimità in materia di tutela ambientale;
se siano a conoscenza che negli elaborati di progetto appare sommariamente considerata l'esistenza delle sorgenti e delle falde idriche presenti nella zona. Le stesse sono indicate come piccole emergenze sorgentizie, mentre in realtà si tratta di una serie di opere idrauliche che risalgono al secolo scorso, forse antecedenti allo Stato unitario, di cui si hanno notizie da atti notarili realizzati tra la fine dell'Ottocento ed i primi del Novecento e che fanno riferimento ad autorizzazioni delle prefetture dell'epoca. Le inesattezze progettuali sull'argomento sono tali da non farlo corrispondere alle norme del decreto del Presidente della Repubblica n. 915 del 1982 ed a quelle contenute nella deliberazione del comitato interministeriale smaltimento rifiuti del 27 luglio 1984 (Gazzetta Ufficiale 13 settembre 1984, n. 253), non essendo rispettate le distanze riguardo i punti d'acqua per uso potabile oppure destinati all'irrigazione o comunque aperti al libero uso della popolazione, previste dalla normativa regionale in cinquecento metri e che in realtà sono ridotti a meno di duecento;
se siano a conoscenza che negli elaborati di progetto risulta completamente assente lo studio della direzione e dell'intensità dei venti dominanti nella zona. Da una sommaria verifica presso l'ufficio addetto dell'aereoporto dello Stretto, spirando i venti dominanti dal quadrante est-sud-est verso ovest-nord-ovest tutta la zona sud di Reggio Calabria (da Ravagnese a Sbarre/Gebbione, passando

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per l'aereoporto) che dista meno di tre chilometri, sarà invasa dal lezzo proveniente dalla discarica;
se ritengano possibile costruire una discarica per rifiuti solidi urbani da duecento tonnellate al giorno a trecentoquaranta metri dalla periferia sud della città di Reggio Calabria, la più grande e popolosa città della Calabria, mentre la normativa europea tende a dichiarare le discariche fuori legge ed a sostituirle con impianti integrati a recupero energetico. Lo stesso assessorato regionale all'ambiente non dispone più di stanziamenti di fondi per la realizzazione di discariche di rifiuti solidi urbani, in applicazione di direttive ministeriali che recepiscono le norme comunitarie sopra richiamate. In ogni modo, le zone interessate, mentre sembrano essere considerate dall'amministrazione comunale e dai tecnici incaricati come dei nuclei urbani, sono in realtà parte integrante della città di Reggio Calabria, se è vero, come è vero, che già nei dati del censimento generale della popolazione del 1981, tra le località abitate del comune di Reggio Calabria non è presente alcuna delle località interessate. A controprova di questa tesi basti la considerazione che sono presenti nella zona i principali servizi a rete (acqua, energia elettrica, fognature, telefono), le opere di urbanizzazione primaria e secondaria, tutti i servizi urbani essenziali come ufficio postale, farmacia, chiesa, scuole, linee di trasporto dell'azienda municipale, oltre ad una rete stradale che, seppure insufficiente, è regolarmente asfaltata ed integrata con quella cittadina;
se siano a conoscenza che la zona interessata secondo il piano regolatore vigente è zona agricola, come peraltro è rilevato negli elaborati progettuali, e, poiché il consiglio comunale non è stato chiamato ad effettuare le variazioni di piano necessarie, i lavori in corso sono a tutti gli effetti abusivi;
quali siano le determinazioni che intendano assumere per integrare la propria conoscenza dei fatti, per impedire il prosieguo delle illegalità in atto ed infine per garantire che i cittadini interessati possano vivere in un ambiente che sia sempre ed in ogni caso adeguato alla dignità dell'uomo e rispettoso del suo diritto alla salute.(3-00170)
(30 luglio 1996).

H) Interrogazione:

OLIVIERI, BOATO, SCHMID e DETOMAS. - Ai Ministri dell'ambiente e della sanità. - Per sapere - premesso che:
l'orso non è solo «fatto stupendo» o «cosa strana», come è scritto sul portale seicentesco del santuario di S. Romedio in provincia di Trento, ma è un valore ambientale e biologico di assoluta significatività, che non riguarda unicamente il Trentino. Non solo. Il parco e l'orso, dai destini fortemente intrecciati, hanno una notevole valenza economica e di immagine per tutte le Alpi orientali;
in Italia vivono solo due specie di orsi, quelli marsicani e quelli bruni, presenti in Trentino, unici rappresentanti autoctoni della numerosa schiera di plantigradi che un tempo popolavano tutto l'arco alpino. Il loro territorio comprende per intero quello del parco Adamello-Brenta, istituito con legge provinciale del 1967 e reso operativo negli anni Ottanta;
il parco Adamello-Brenta versa in notevoli difficoltà, sia per quanto riguarda l'approvazione del piano del parco stesso, sia per la nascita dei neo-costituiti comitati per la conservazione dei diritti e delle tradizioni locali nell'area Adamello-Brenta. Questi danno voce ad istanze demagogiche, che si rifanno ai diritti ed alle tradizioni locali, rivendicando l'autonomia gestionale e di programmazione per lo sviluppo del territorio da parte dei comuni che possiedono superfici ricadenti nel parco e dei loro residenti;
è in pericolo forse l'esistenza stessa del parco, e con esso la sopravvivenza dell'orso bruno, anche perché lo stesso


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parco fonda la sua istituzione proprio sul dichiarato obiettivo di difendere l'ultima popolazione di orsi bruni trentini;
sono ormai pochi gli esemplari di orso bruno presenti nella zona nord-orientale della catena del Brenta, all'interno del parco dell'Adamello-Brenta, e l'estinzione è un rischio reale. La biologia e l'ecologia della specie contribuiscono certo al decremento della densità numerica della popolazione ursina del Trentino, ma molto più gravi responsabilità vanno ricercate altrove;
le attuali ridottissime proporzioni numeriche del residuo numero di orsi alpini autoctoni determinano rischi di degrado genetico nonché l'alterazione dei parametri strutturali popolazionali. Il problema più urgente riguarda però il numero minimo di esemplari in grado di assicurare la sopravvivenza della popolazione, al di sotto del quale la specie presente sulle Alpi corre il serio rischio dell'estinzione;
sebbene si verifichi una migrazione spontanea dalla Slovenia verso le Alpi orientali di alcuni esemplari di orso, l'ipotesi della formazione di nuclei stanziali o di incontri con i loro simili presenti sul Brenta non è pensabile; i pochi esemplari che varcano il confine sono giovani maschi erratici e la frammentazione ambientale, oltre all'esistenza di barriere, come ad esempio il fiume Adige e l'autostrada, rende inaccessibile l'area trentina;
è indispensabile un intervento immediato attraverso un piano globale per il ripopolamento dell'orso delle Alpi, nell'ambito di una collaborazione europea con i paesi più interessati. All'interno di questo piano urge però un'azione immediata, in grado di garantire la continuità di presenza dell'orso trentino. A questo proposito vi è un programma già elaborato dall'ente parco Adamello-Brenta e dalla provincia autonoma di Trento;
questo piano prevede il rinsanguamento della specie, inserendo all'interno dell'habitat, pressoché intatto dal punto di vista ambientale, tre esemplari sloveno-croati (due femmine e un maschio). Questi plantigradi sono biologicamente e geneticamente simili ai tre esemplari presenti nel parco. Questo è il numero minimo ritenuto indispensabile per evitare in via definitiva l'estinzione, e costituisce un primo passo sperimentale;
il progetto esecutivo, redatto nel 1994, veniva supportato inoltre dalla stretta consulenza e collaborazione della Wildbiologische Gesellungschaft Munchen, che rappresenta una delle più qualificate strutture a livello internazionale per interventi faunistici;
l'ente parco ha avviato nei primi mesi del 1995 le richieste dei pareri e delle autorizzazioni necessarie. È stato poi dato parere favorevole da parte dell'osservatorio provinciale (legge provinciale n. 24 del 1991) e si è quindi conseguita l'autorizzazione del comitato faunistico provinciale. Inoltre è stato accordato il certificato di importazione, rilasciato dal Ministero per il coordinamento delle politiche agricole, alimentari e forestali (decreto del Ministro del commercio con l'estero datato 31 dicembre 1983);
il programma di rinsanguamento del nucleo degli orsi bruni del Brenta non ha per altro ancora trovato possibilità di attuazione in Italia a causa di un diniego da parte del Ministero della sanità. Il parere negativo è stato motivato dalla presunta presenza della rabbia silvestre nella riserva slovena, da cui avrebbero dovuto essere prelevati i plantigradi. Inutilmente è stata fornita la documentazione dell'università di Zagabria, certificante il fatto che su di un centinaio di orsi esaminati e stanziali in quella località non si fosse presentata alcuna traccia di contagio di questa malattia. Vana è stata anche la proposta delle istituzioni trentine, che contemplava un periodo di quarantena da realizzare, secondo le opportune modalità, al fine di valutare lo stato sanitario degli esemplari importati;
nel mese di marzo di quest'anno si è svolto un incontro tra i funzionari dei

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ministeri dell'ambiente e della sanità ed i rappresentanti del parco Adamello-Brenta, della provincia autonoma di Trento e del centro di ecologia alpina di Trento, al fine di rimuovere gli ostacoli e le difficoltà che impediscono l'attuazione dell'intervento di rinsanguamento. Pare che nell'incontro, pur avendo lo stesso avuto esito positivo, si sia rimandata al 1997 l'operazione di immissione degli orsi -:
vista la situazione numerica della popolazione ursina in Trentino, se non ritengano che si debba procedere urgentemente alle operazioni di reintroduzione;
vista la documentazione dall'università di Zagabria certificante il fatto che sui cento esemplari di orso sloveno-croato analizzati non si è riscontrato nessun contagio da rabbia silvestre, se non ritengano che i timori del contagio siano infondati;
viste le assicurazioni per effettuare il processo di rinsanguamento nel 1997 e considerato che tale operazione va condotta tassativamente nella stagione primaverile, se siano a conoscenza del fatto che tutte le autorizzazioni necessarie devono essere concesse entro l'ottobre 1996;
che cosa si sia fatto e si stia facendo concretamente perché, anche alla scadenza del 1997, che peraltro aggrava ulteriormente il rischio di estinzione ed è da considerarsi come termine ultimo oltre il quale non vi saranno residue possibilità di intervento, non vi siano ostacoli tali da compromettere il rinsanguamento;
considerato che la provincia autonoma di Trento e il parco Adamello-Brenta sono disponibili per collaborare alla ricerca di soluzioni che, sotto il profilo sanitario ed eto-ecologico, presentino indispensabili garanzie, se non ritengano opportuno dare inizio ad una fattiva e costruttiva collaborazione. (3-00183)
(1 agosto 1996).