Seduta n. 71 del 9/10/1996
(pomeridiana)

Back Index Forward

Pag. 4080


...

Svolgimento di interpellanze
e di una interrogazione (ore 19,05).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca: Interpellanze ed interrogazioni.
Cominciamo con l'interpellanza Sbarbati
2-00141 (vedi l'allegato A).
L'onorevole Sbarbati ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n.2-00141.

LUCIANA SBARBATI. Signor Presidente, mi riservo di intervenire in sede di replica.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la pubblica istruzione ha facoltà di rispondere.

ALBERTINA SOLIANI, Sottosegretario di Stato per la pubblica istruzione. Signor Presidente, onorevoli deputati, in merito alla soppressione del primo circolo didattico di Senigallia, disposta in sede di razionalizzazione della rete scolastica per l'anno scolastico 1996-1997, occorre precisare che il provvedimento in parola è stato proposto dal competente provveditore agli studi di Ancona dopo un attento esame della situazione locale.
Il problema del primo circolo didattico, sottodimensionato rispetto ai parametri minimi previsti dalla vigente normativa per l'autonomo funzionamento di tale tipo di scuola 47 posti di insegnamento su 50 richiesti è da tempo oggetto di discussione e di riflessione in sede locale ed è proprio muovendo da tale situazione che il provveditore agli studi, già alla fine del novembre 1995, ha attivato iniziative per acquisire utili elementi di valutazione attraverso il coinvolgimento dell'amministrazione comunale, delle organizzazioni sindacali e degli organi collegiali.
L'ipotesi della soppressione della direzione didattica ha incontrato il consenso pressoché unanime delle parti interessate. Favorevoli alla riduzione dei circoli didattici del comune da quattro a tre sono stati anche i pareri espressi dal competente distretto scolastico, dal consiglio scolastico provinciale e dal medesimo ente locale. Ciò anche in previsione di ulteriori interventi contemplati per i prossimi anni, sull'assetto delle scuole dell'obbligo dei comuni dell'hinterland senigalliese i cui amministratori hanno già avanzato ipotesi di particolare interesse.
Al momento il competente provveditore agli studi è orientato a far seguire alla soppressione del circolo in questione non una totale ed immediata ristrutturazione, bensì un'operazione graduale di assegnazione dei plessi ai circoli viciniori, concedendo così all'ente locale la possibilità di riorganizzare in un arco temporale più lungo i servizi connessi (trasporti, mense scolastiche, eccetera).
Riguardo, infine, a situazioni della provincia che sembrano analoghe a quella di Senigallia, il provveditore agli studi ha precisato che per le stesse non sono stati proposti provvedimenti di razionalizzazione per varie considerazioni di carattere sociologico e ambientale. Per quanto esposto si ritiene che le preoccupazioni espresse dall'onorevole interrogante circa possibili disfunzioni nel funzionamento del servizio scolastico non abbiano ragion d'essere.

PRESIDENTE. L'onorevole Sbarbati ha facoltà di replicare per la sua interpellanza n.2-00141.

LUCIANA SBARBATI. Signor Presidente, accetto, perché così devo fare sul piano della comunicazione, la risposta che sotto il profilo tecnico oltreché politico,


Pag. 4081

perché vi sono anche valutazioni di merito di ordine politico in questa risposta, ella ha fornito in questo momento. Debbo però dichiararmi profondamente insoddisfatta perché la mia interpellanza è stata preceduta da contatti con gli uffici del ministero che hanno avuto per oggetto una serie successiva di atti amministrativi e politici, non ultimo quello della giunta e del consiglio comunale di Senigallia in cui veniva revocata la precedente deliberazione adottata probabilmente in fretta e senza tener conto di svariate considerazioni. Tra l'altro si chiedeva anche la revoca del provvedimento, del quale si era venuti a conoscenza durante il mese di agosto; anche questo fatto non può essere sottovalutato perché ha scompaginato il quadro della programmazione ed ha inciso sulla possibilità di effettuare le iscrizioni, nonché sul funzionamento dell'organizzazione didattica e amministrativa di una scuola elementare con una situazione molto particolare.
Sappiamo bene in che consista il famoso discorso della razionalizzazione scolastica, sappiamo altresì che c'è uno snodo che non ha mai funzionato, quello della comunicazione tempestiva e della capacità di funzionamento degli organi collegiali preposti ad esprimere un parere, vale a dire il collegio dei docenti, il consiglio di circolo, il distretto, gli enti locali, il consiglio scolastico provinciale, la giunta e quindi il provveditorato agli studi. In tutta questa serie concatenata di interventi, che dovrebbero essere in sequenza, si verificano black-out comunicativi, ritardi, inosservanza dei tempi sui quali non viene mai effettuata una verifica o una funzione di controllo dell'attività scolastica periferica a livello provinciale.
Non mi riferisco ad Ancona, ma a tutto il territorio nazionale, dal quale arrivano segnalazioni di ogni tipo. È evidente che si creano situazioni ingestibili, nel senso che, di fronte ad una programmazione effettuata dal consiglio provinciale, non c'è rispondenza nelle deliberazioni dell'ente locale o, viceversa, non c'è rispondenza nelle deliberazioni del distretto, che si preoccupa di una situazione più ampia di quanto non competa a un collegio di docenti che guarda alla propria realtà.
In questo caso ciò è avvenuto perché da anni si parlava della ristrutturazione dei circoli a Senigallia, ma lo si faceva non tanto in funzione del primo circolo ma del quarto, l'ultimo creato in ordine di tempo, con una particolare situazione di organico e che peraltro non è situato nel centro storico di Senigallia. Anche questa è una considerazione da fare. Essa è tanto più valida in quanto, per la stessa legge e per le stesse procedure, gli alunni che si recano a Senigallia dalle aree limitrofe sono stati tutti concentrati nella scuola media «Fagnani», molto vicina al primo circolo del centro storico. Per quanto riguarda la scuola elementare, invece di fare capo al primo circolo, gli alunni devono essere separati negli altri tre circoli. Ciò avviene con grave disagio per gli alunni, che dovrebbero rimanere collegati alle loro realtà socio-culturali, alle amicizie e a tutto ciò che concerne un rapporto interpersonale, che è un punto fondamentale per costruire le classi; sono infatti queste ultime ad avere una capacità di interagire e di far avanzare anche un progetto didattico che possa essere ampiamente condiviso.
Il territorio, che comprende quattro circoli, ha una popolazione di 47 mila abitanti, 41 mila dei quali di Senigallia e 6 mila dei comuni di Ripe, Monterado e Castelcolonna. La situazione demografica di questo comune è identica a quella del comune di Jesi, dove lei, signor sottosegretario, con molta delicatezza mi ha detto che il provveditore ha fatto presente che esistevano situazioni ambientali o di altra natura (non si è capito bene) per cui non si è proceduto a fare la stessa operazione di razionalizzazione. Non credo che ci debbano essere figli e figliastri e in questo caso denuncio la situazione di disparità tra due comuni che conosco molto bene (Iesi e Senigallia), una disparità molto consistente, per la quale siamo in grado di dimostrare tutti i dati relativi al numero dell'utenza (numero degli alunni, dei circoli e così via).


Pag. 4082

Il problema però, a mio parere, è ancora più complesso perché in questo caso c'è una discrezionalità di valutazione rispetto a due comuni che hanno entrambi le stesse caratteristiche. A livello nazionale la questione è molto più delicata in termini politici e ci investe sia per quanto riguarda la situazione odierna sia per quanto riguarda il prossimo domani, cioè la legge finanziaria che ci apprestiamo a varare, nella quale si prevede un taglio gravosissimo di classi, un'incredibile perdita di posti di lavoro per il personale docente e non docente direttivo, taglio sul quale dobbiamo fare un'attenta riflessione.
Sono anni che con la legge n.426 e con i successivi decreti si è affrontato il problema della razionalizzazione della rete scolastica in maniera assolutamente discriminatoria tra le varie fasce ed aree del paese. Vi sono realtà, zone, province e regioni nelle quali si è fatto tutto ciò che si doveva come nella realtà marchigiana forse essendo «più realisti del re»; ed altre nelle quali, invece, non si è fatto nulla! Vi sono inoltre situazioni nelle quali si usa il bilancino per verificare e in cui vengono fatte pressioni politiche o pseudopolitiche, che fanno valere una questione soltanto di potere o di non potere.
È quindi impensabile che si possa andare avanti in questo modo, anche perché le situazioni ambientali che andiamo a comparare non sempre sono comparabili (questo è vero!), ma certamente offrono dati oggettivi utili. È pertanto evidente che il riferimento alla normativa deve essere un riferimento certo; altrimenti, nella non certezza del diritto e dell'applicabilità reale di una normativa, si può verificare di tutto: può accadere, ad esempio, che mentre a Jesi un circolo non viene soppresso, a Senigallia, invece, non si faccia altrettanto. Sottolineo poi il fatto che si tratta guarda caso! proprio di quei circoli del centro storico che si dovrebbero salvaguardare; centri storici dei quali denunciamo continuamente lo spopolamento, l'abbandono, lo stato di degrado e così via.
Sottolineo inoltre che questo circolo ha una peculiarità che credo dovrebbe essere assolutamente salvaguardata: mi riferisco al tempo pieno. Si parla sempre di moduli e di un tempo pieno che le famiglie chiedono, nel quale i ragazzi si trovano bene e che vede il maggior numero di handicappati frequentare questa scuola (per i quali vi sono progetti mirati, che offrono una possibilità di recupero ottimale), mentre poi si chiude un circolo e si smantella un organico, che ha costruito nel tempo una professionalità docente funzionale al recupero dei soggetti portatori di handicap. Viene smantellato perché l'operazione deve comunque essere realizzata! Mi chiedo, peraltro, perché tale operazione di smantellamento non sia stata effettuata per il quarto circolo. Non si è capito poi perché il ministero non abbia inteso accogliere la proposta di rinvio di un anno di tale operazione; una proposta sulla quale il comune si sarebbe espresso in maniera favorevole perché, nel frattempo, è in corso di realizzazione un progetto di riordino anche delle strutture edilizie esistenti, che avrebbero garantito anche una compatibilità ambientale all'operazione di razionalizzazione. Vorrei evidenziare, peraltro, che quest'ultima è stata comunque prevista anche nella prossima finanziaria mentre, invece, era stato promesso che tale operazione avrebbe avuto una precisa scadenza.
Queste sono le ragioni per le quali non posso essere soddisfatta della risposta fornita dal Governo. Non lo posso essere sia per il carattere specifico della risposta (sullo specifico mi sono invece soffermata nella mia interpellanza) sia e soprattutto per quanto attiene alla qualità della vigilanza del ministero rispetto al discorso della razionalizzazione, che deve trovare una situazione di puntuale riferimento in parametri certi ed applicabili da tutti, sui quali deve essere esercitato un controllo. Non è assolutamente possibile continuare in questo modo. Non è possibile inoltre che, di finanziaria in finanziaria, vediamo aumentare, invece di diminuire, le richieste di razionalizzazione, oggi fatte passare per riorganizzazione (in ogni caso, dell'ar


Pag. 4083

gomento discuteremo in sede di esame della legge finanziaria).
La mia posizione è comunque assolutamente contraria a che tutto ciò vada avanti! Sottosegretario, sarebbe opportuno fermarsi brevemente per fare un esame di ciò che è stato fatto, di quello che abbiamo perso o guadagnato, dei risparmi ottenuti e di quanto è stato reinvestito. Non si può continuare a far pagare agli alunni in primo luogo -, alle famiglie, ai docenti e ai lavoratori della scuola il prezzo di un'operazione di razionalizzazione che, peraltro, non porta nulla nelle casse della scuola pubblica statale; quest'ultima, tra l'altro, non ha mai visto impiegare i risparmi così racimolati per progetti di qualità!
Per questo motivo lo ripeto sono assolutamente insoddisfatta della risposta del Governo. Lo sono anche perché il ministero ha compiuto numerosi atti discrezionali in funzione sia di situazioni analoghe sia, forse, di situazioni più marginali rispetto alla realtà che si voleva affrontare. In questo caso, invece, non vi è stata questa attenzione, forse, come lei diceva, perché si era in presenza di un parere favorevole. In ogni caso, vorrei sottolineare che ho prodotto una serie di atti successivi (sono alla vostra attenzione) che ho inviato, con regolare missiva, sia al ministro sia al sottosegretario onorevole Masini! Facciamo nomi e cognomi, tanto per essere chiari, e diciamo fino in fondo che non si è registrata la dovuta attenzione al problema, che abbiamo riscontrato in altri casi che se vuole le posso indicare, perché qui nessuno ha gli occhi bendati o le orecchie chiuse!
Nella sostanza, vogliamo pari opportunità per tutti e che si faccia un discorso certo e chiaro. Per questo motivo lo ripeto nuovamente la mia insoddisfazione per la risposta fornita dal Governo è totale e mi riservo di presentare proposte in sede di esame della prossima finanziaria che consentano di modificare una situazione che di fatto si è radicata a causa della discrezionalità dei provveditori, del ministero, dei funzionari del ministero e dei sottosegretari e che non può assolutamente andare avanti in questo modo! Le esigenze vi sono e valgono per tutti i cittadini, i quali vanno trattati tutti allo stesso modo!

PRESIDENTE. Segue l'interrogazione Giacco n.3-00103 (vedi l'allegato A).
Il sottosegretario di Stato per la pubblica istruzione ha facoltà di rispondere.

ALBERTINA SOLIANI, Sottosegretario di Stato per la pubblica istruzione. Il ministero concorda pienamente con le osservazioni espresse dagli onorevoli deputati interroganti nella premessa dell'interrogazione, ed in particolare sul fatto che in Italia e in Europa il superamento delle classi speciali è considerato una grande conquista di civiltà, come indubbiamente dimostra la scelta largamente prioritaria a favore della scuola normale effettuata dalle famiglie degli allievi portatori di handicap a decorrere dal 1977, anno in cui, come è noto, è stato introdotto nell'ordinamento scolastico il diritto all'integrazione.
Poiché tutte le misure previste dalla legge quadro n.104 del 1992, in materia di inserimento degli alunni disabili nelle scuole di ogni ordine e grado, sono state sin qui debitamente poste in essere, è decisamente da escludere che il ministero possa in qualche modo favorire o condividere eventuali tentativi di circoscrivere il problema dell'handicap entro ambiti rigidamente sanitari, così come è paventato nell'interrogazione.
L'amministrazione scolastica, per quanto le concerne, resta impegnata ad evitare rischi del genere, in ciò incoraggiata non solo dalla richiesta delle famiglie dei portatori di handicap e delle relative associazioni, ma anche dalla costante diminuzione degli allievi che, per motivi vari, ancora frequentano classi e scuole speciali.
Tra le iniziative promosse dal ministero affinché le difficoltà di apprendimento derivanti da handicap non costituiscano ostacolo all'esercizio di tale diritto-dovere si ricordano innanzitutto quelle relative all'istituzione, sin dal 1990, dell'osservatorio interistituzionale sull'handicap


Pag. 4084

(che ha tra i compiti primari quello di seguire, attraverso indagini di tipo statistico, l'evoluzione del fenomeno dell'integrazione scolastica), e quelle realizzate con l'emanazione dei decreti del 26 giugno e del 31 luglio 1992, con i quali sono stati indicati i criteri per la costituzione di gruppi di lavoro interistituzionali provinciali previsti dall'articolo 15, comma 1, della legge n.104 e ormai operanti presso ciascuna provincia.
Con decreto del 9 luglio 1992 sono stati, inoltre, dettati gli indirizzi per la stipula di accordi di programma tra amministrazione scolastica, unità sanitarie locali ed enti locali, allo scopo di favorire in concreto l'effettiva realizzazione dei progetti di integrazione scolastica ed extrascolastica dei singoli alunni handicappati.
Per ovviare poi ad eventuali casi in cui la qualità dell'integrazione non abbia la possibilità di realizzarsi per circostanze diverse, nell'ambito dell'intesa stipulata dal ministero il 27 dicembre 1995 con l'unione delle province italiane, al fine di migliorare i rapporti interministeriali e rendere più efficiente il servizio scolastico, è stato espressamente previsto che le province si impegnino a stipulare specifici accordi di programma, con particolare riferimento agli alunni audiolesi che, a norma della legge n.67 del 1993, hanno diritto all'assistenza scolastica a carico dell'ente provincia.
Come previsto dal comma 8 dell'articolo 12 della legge n.104, risultano di norma curati ed aggiornati nelle singole province i profili dinamico-funzionali dei singoli allievi. L'amministrazione scolastica, dal proprio canto, non manca di individuare i docenti di sostegno di cui le singole scuole attualmente hanno bisogno sulla base dell'organico di diritto, in modo da consentire, sin dall'avvio dell'attività didattica, il pieno soddisfacimento delle esigenze conseguenti alla presenza di allievi portatori di handicap.
Al fine di fronteggiare situazioni di particolare gravità, in relazione a specifiche e comprovate esigenze, vengono peraltro, di volta in volta, autorizzate deroghe al rapporto medio di un docente di sostegno per ogni quattro alunni portatori di handicap, stabilito, come è noto, dalla vigente normativa. Per migliorare l'attività di sostegno a favore dei portatori di handicap è stato inoltre avviato un piano pluriennale di corsi di aggiornamento curriculare per il personale direttivo e docente e di corsi di specializzazione per insegnanti da impegnare, appunto, nell'attività di sostegno.
Quanto alla richiesta di notizie concernenti l'utilizzazione dei fondi previsti dalla legge n.104, si fa presente che, anche per il corrente anno scolastico, si è già provveduto ad inviare un dettagliato resoconto al Ministero per la solidarietà sociale perché sia inserito nella relazione annuale da presentare al Parlamento.
Si rileva infine che l'esperienza di integrazione scolastica vissuta nella scuola italiana ha visto crescere nella scuola, tra i suoi operatori, gli alunni e le famiglie, quella cultura dell'integrazione che ha segnato non solo la cultura educativa del paese, ma lo stesso processo di innovazione della scuola italiana.
Solidarietà ed innovazione, progettualità come risposta ai diritti: questo è il messaggio della scuola al paese. Ciò, insieme all'impegno delle istituzioni ed al prezioso sostegno dell'associazionismo e del volontariato, è la garanzia migliore affinché in Italia su questo terreno non si torni indietro.
L'annunciato piano nazionale di azione per i minori, promosso dal Ministero degli affari sociali di intesa con i ministeri interessati, tra i quali in primis quello della pubblica istruzione, confermerà e rilancerà nel nostro paese l'impegno dell'intero Governo per i minori, a cominciare dai più deboli.

PRESIDENTE. L'onorevole Giacco ha facoltà di replicare per la sua interrogazione n.3-00103.

LUIGI GIACCO. Per quanto riguarda la risposta del sottosegretario, debbo affermare che sono d'accordo sulle premesse concernenti l'integrazione. Sappiamo però che ogni legge deve poi essere attuata nel


Pag. 4085

quotidiano. In proposito ritengo sia necessario fare qualche puntualizzazione.
Rivolgo un invito al Governo, anche in relazione alla documentazione che ha fornito in riferimento alla relazione sull'attuazione della legge n.104, della quale sono stato relatore in Commissione affari sociali, poiché ciò che il sottosegretario ci ha detto è molto generico e fugace: chiedo dunque in maniera più diretta che il Governo si impegni in modo operativo nel portare avanti almeno due temi. Il primo riguarda la legge n.517 del 1977, con la quale come lei ha sostenuto l'Italia ha compiuto un notevole salto di qualità, perseguendo l'integrazione del soggetto disabile, che diventava artefice e protagonista del suo inserimento all'interno della scuola, sviluppando le sue potenzialità a livello cognitivo e sociale.
Occorre tuttavia tenere presente che oggi vi sono alcune situazioni critiche. Ieri ho ascoltato una trasmissione su Radio Zorro nel corso della quale vi sono stati interventi di alcuni genitori, i quali hanno messo in luce la differenza spesso esistente tra organico di diritto e organico di fatto. Sottolineo tale aspetto tanto più che oggi il numero degli inserimenti dei ragazzi handicappati all'interno della scuola si è stabilizzato. Vi è infatti una limitata variabilità per quanto riguarda la scuola materna e la scuola secondaria. Si potrebbe pertanto far coincidere l'organico di diritto con l'organico di fatto, in modo tale che gli alunni, fin dal primo giorno di scuola, possano avere un sostegno che sia realmente capace di fornire gli strumenti e le opportunità necessarie dal punto di vista educativo.
Per quanto riguarda gli accordi di programma, ritengo che il ministero debba farsi carico di predisporre un disegno di legge che imponga agli enti locali di attuare su tutto il territorio nazionale gli accordi di programma, affinché non rimangano solo sulla carta o siano affidati alla sensibilità di amministrazioni locali, provveditorati e USL, che in alcuni casi provvedono alla loro realizzazione. Infatti la premessa indispensabile affinché l'integrazione possa essere effettivamente realizzata è che siano garantite le condizioni operative sia in termini di personale sia in termini di competenze interdisciplinari, così da consentire un reale inserimento degli handicappati.
Ritengo quindi opportuno che il ministero si impegni sia a livello amministrativo per l'attuazione della legge n.517, sia a livello legislativo, presentando disegni di legge finalizzati appunto a rendere gli accordi di programma che sono una delle condizioni indispensabili realmente realizzabili.
Vi sono altri aspetti importanti, come per esempio i corsi biennali di specializzazione che vengono avviati in queste settimane. Credo che il ministero debba prestare tutta l'attenzione possibile all'attuazione di tali corsi soprattutto dal punto di vista della formazione degli insegnanti, evitando che tutto si riduca ad un titolo o ad un diploma, senza che i docenti acquisiscano le competenze e le capacità necessarie per svolgere la loro attività. Anche questo aspetto deve essere riaffermato e puntualizzato: il ruolo dell'insegnante di sostegno non deve essere ridotto ad un rapporto di uno ad uno o di uno a quattro con il disabile, a seconda delle condizioni, ma deve essere un punto di riferimento e di supporto per l'organizzazione del lavoro all'interno della classe.
L'altra questione è quella del superamento delle barriere architettoniche. È vero che non si tratta di una competenza specifica del Ministero della pubblica istruzione, ma credo che quest'ultimo possa farsi carico del problema nell'ambito del Governo e che nella prossima finanziaria possano essere previste risorse anche per facilitare l'inserimento negli edifici scolastici, prima ancora che l'integrazione.
Mi ritengo soddisfatto della risposta del sottosegretario, a condizione però che vi sia la volontà politica di attuare nel quotidiano le leggi cui si è fatto riferimento e soprattutto di monitorare l'integrazione nella scuola italiana.

PRESIDENTE. Segue l'interpellanza Anedda n.2-00133 (vedi l'allegato A).


Pag. 4086

L'onorevole Anedda ha facoltà di illustrarla.

GIAN FRANCO ANEDDA. Signor Presidente, onorevole sottosegretario, l'interpellanza di cui sono primo firmatario intende richiamare l'attenzione non tanto e non solo sull'istituzione della zona franca per l'intero territorio della Sardegna, quanto sul tema più generale, seppure stringatamente trattato, dello sviluppo della Sardegna.
I percorsi dello sviluppo è un dato comune passano attraverso scelte politiche, ma anche attraverso la rigorosa verifica dei costi e dei benefici, una verifica che sia fondata su un preciso calcolo economico.
Ebbene, noi abbiamo risolto da tempo il problema dei costi e dei benefici. Ormai non vi è più dubbio (se ne discute da oltre vent'anni) che l'istituzione della zona franca per la Sardegna potrebbe servire a colmare quegli squilibri che non per ragioni legate (o non del tutto, come dirò) alle caratteristiche della Sardegna stessa la differenziano e creano la sperequazione con il resto dell'Italia.
Da qualche tempo si sente insistentemente parlare dell'istituzione di punti franchi, si legge di incontri tra il Governo ed i vertici della regione sarda, si riflette se debba essere o meno attuata una delle prerogative statutarie regionali, ossia l'istituzione dei punti franchi. Il sottosegretario sa che una norma dello statuto sardo attribuisce alla regione questo potere. Questo gran parlare, il ripetersi degli incontri, ai quali si è unito, uscendo almeno in parte dal coro, il parere delle organizzazioni sindacali, ricorda assai il muoversi molto per restare fermi.
Ecco la ragione dell'interpellanza: la stasi dei governi regionali in tutti questi anni, in questi decenni, si è accompagnata e si è accordata con la stasi dei governi. Tutte le giunte di centro, di centro-sinistra, di sinistra hanno lavorato in simbiosi per non fare alcunché.
Sappiamo anche che manca una definizione giuridica, una distinzione tra «punti franchi» e «zone franche» se non quella che si basa sull'ampiezza del territorio; tuttavia, il genus è lo stesso. Occorre vedere per gli uni e per le altre se l'ambito sia ristretto, angusto (se pensiamo ad Amburgo, ci rendiamo conto che è un qualcosa di più vasto della Sardegna, almeno quanto a entità e a popolazione) e se sia solo un problema di ampiezza territoriale.
Sappiamo poi e su questo richiamo l'attenzione del Governo che dovrebbe essere più informato di noi che i conti econometrici in Sardegna, indipendentemente dalle congiunture nazionali ma accompagnando una crisi che ormai per la Sardegna è endemica, dimostrano un progressivo rallentamento degli incassi e delle riscossioni tributarie ed extratributarie del compartimento doganale di questa regione. Si tratta di un indice preciso per quanto riguarda i costi presunti.
Del resto, noi intendiamo la zona franca non come mero fatto di esenzioni doganali, ma come alternativa ad un percorso dello sviluppo maturato in tutti questi anni (e fino ad oggi seguito) e come stimolo per le iniziative industriali e per le aperture alla legge del mercato.
Nel fare simili affermazioni, lo confesso, provo disagio, perché quando in Parlamento si discute della Sardegna viene alla mente turbando la pace della memoria il sardus quaerulus di antichi ricordi scolastici: il problema di colui che chiede, che lamentosamente invoca, senza sapersi amministrare da sé!
Ebbene, se volessi fare un raffronto di corrispettivo, sarebbe facile senza ricorrere alla storia rappresentare i vincoli, le servitù e i limiti che lo Stato, giustamente, chiede alla Sardegna per quanto riguarda le servitù militari e le servitù penitenziarie. Ma il problema non è quello del sinallagma contrattuale: qui si tratta di conoscere la volontà del Governo circa la svolta che la zona franca imporrebbe ed imporrà all'economia della Sardegna. Si tratta di sapere se il Governo sia a conoscenza del fatto che i tentativi per integrare l'economia regionale nel tessuto economico nazionale sono falliti.


Pag. 4087

Bisogna sapere se a parte le moltissime inadempienze in termini di strutture il discorso sarebbe lungo, più vasto e deviante il Governo si renda conto che l'insularità richiede rimedi diversi e che occorre porre fine a quel socialmente ed economicamente tragico trasferimento di risorse straordinarie male amministrate e drammaticamente fallite nel risultato.
Si tratta di sentire dal Governo in che modo, di fronte ad opinioni così duramente espresse dai sindacati, intenda reagire; si tratta di sapere dal Governo in che modo ritenga di doversi comportare quando confidiamo tra breve sospinto dall'iniziativa di tutte le forze politiche della Sardegna si discuterà della legge per l'istituzione della zona franca. Si tratta di conoscere per far conoscere, per rappresentare e, se mi è consentito dirlo in una sede molto dimessa quale l'illustrazione di un'interpellanza, per riaprire ai sardi un pertugio alla speranza.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per le finanze ha facoltà di rispondere.

GIOVANNI MARONGIU, Sottosegretario di Stato per le finanze. Signor Presidente, con l'interpellanza al nostro esame gli onorevoli interpellanti hanno chiesto di conoscere l'orientamento del Governo in ordine all'istituzione di zone franche, iniziativa che potrebbe rappresentare un possibile strumento di sviluppo con particolare riferimento alle regioni del Mezzogiorno d'Italia e soprattutto (così è scritto nell'interpellanza) per le città di Cagliari, Palermo, Napoli, Gioia Tauro e Brindisi.
Al riguardo, è opportuno in primo luogo rammentare che la disciplina concernente l'istituzione di zone franche è prevista dalle norme contenute nel testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale, approvato con decreto del 1973, e da quelle contenute nel codice doganale comunitario e nel successivo regolamento recante le disposizioni di applicazione del predetto codice (regolamento CEE del 2 luglio 1993 della Commissione delle Comunità europee). In particolare, la normativa di rango comunitario riconosce agli Stati membri la facoltà di destinare talune parti del territorio doganale comunitario a zona franca, definendo nel contempo il regime cui sottoporre le merci ivi collocate, che consiste in buona sostanza nella sospensione dei diritti doganali mantenendo la totale libertà relativamente alla destinazione definitiva delle merci stesse. Tale regime agevolativo, com'è noto, a seguito della libera circolazione in ambito comunitario interessa ormai unicamente i traffici con i paesi terzi.
Ciò premesso, è il caso di rammentare che allo scopo di definire un programma di strumenti per il rilancio del settore dell'occupazione, cui esplicitamente si riferisce l'interpellanza, è stato di recente sottoscritto un accordo tra Governo, organizzazioni sindacali e organizzazioni dei datori di lavoro, con cui si sono concordate le linee guida al fine di attivare un piano straordinario per l'occupazione. Particolare attenzione è stata rivolta alla situazione esistente nelle regioni meridionali e insulari del paese, e comunque alle aree a minor tasso di sviluppo e a maggiore tensione occupazionale. In particolare, saranno individuate talune specifiche aree tra le aree di crisi già oggetto dell'azione svolta dal comitato per il coordinamento delle iniziative per l'occupazione presso la Presidenza del Consiglio, in cui attivare nuovi strumenti d'intervento idonei a favorire nuovi investimenti produttivi, i cui utili saranno reinvestiti nel rafforzamento patrimoniale e tecnologico delle singole iniziative imprenditoriali.
L'individuazione delle aree avverrà di volta in volta da parte della Presidenza del Consiglio, al fine di garantire una maggiore tempestività degli interventi, tenendo conto, affinché gli stessi abbiano maggiore probabilità di successo, di fattori quali la vocazione specifica dell'area, l'esistenza di concreti progetti di investimento, l'azione di soggetti che abbiano attivato o possano attivare le sovvenzioni. In ciascuna area prescelta sarà stipulato tra tutti i soggetti interessati (amministrazioni centrali e locali, rappresentanze dei lavoratori e dei datori di lavoro e banche) un contratto


Pag. 4088

d'area, consistente in buona sostanza in uno strumento di semplificazione delle procedure amministrative e decisionali, nonché dei rapporti tra le parti sociali, mirante ad ottenere maggiore tempestività negli interventi.
I contratti d'area prevedono tra l'altro il perfezionamento di accordi di programma-quadro tra i vari soggetti pubblici coinvolti nella realizzazione di interventi nelle specifiche aree, contenenti i punti essenziali relativi agli interventi da realizzare. Inoltre, nell'ambito dei contratti d'area verranno stipulati accordi tra le parti sociali, con l'obiettivo di concorrere a determinare condizioni vantaggiose per l'attuazione di nuovi investimenti o per ampliamenti di attività produttive esistenti, massimizzando gli effetti sull'occupazione.
Il Governo si è impegnato a svolgere una specifica azione di impulso per accelerare la realizzazione dei necessari interventi infrastrutturali nelle predette aree, in particolare adottando iniziative per il coinvolgimento del sistema bancario nel reperimento di fondi con modalità definite. Inoltre il Governo procederà ad individuare, con criteri di selettività concordati a livello locale, specifiche aree in cui introdurre, previo consenso della Comunità economica, forme di agevolazione fiscale a termine sugli utili reinvestiti oppure su particolari tipologie di reddito, ad esempio quelle derivanti da attività nel settore turistico o manifatturiero, opportunamente valutate anche al fine di ottenere la predetta approvazione comunitaria. L'ipotesi allo studio può prevedere un'imposizione agevolata su tali redditi o una defiscalizzazione degli utili in misura compresa inizialmente tra il 10 e il 20 per cento degli stessi, con progressiva riduzione nel corso della durata prevista per l'agevolazione, posto che l'incentivazione deve esplicare il suo impulso più forte nella fase d'avvio degli investimenti.
Atteso il carattere di novità, nonché la rilevanza di tali misure agevolative, il Governo provvederà a svolgere un'azione di monitoraggio successivamente all'applicazione delle misure medesime anche in prospettiva di una loro evoluzione sulla base dei risultati ottenuti nella fase sperimentale. I predetti strumenti dovranno essere messi a punto e attentamente considerati preliminarmente all'adozione, che avverrà per mezzo di provvedimenti legislativi. Per tali provvedimenti, seppure non ricompresi nelle iniziative legislative collegate alla legge finanziaria per il 1997, il Governo richiederà al Parlamento l'adozione di un percorso di approvazione preferenziale.
Sulla scorta delle considerazioni sinora svolte si può quindi affermare che il Governo ha già manifestato di condividere la necessità di interventi che promuovano lo sviluppo di aree notoriamente disagiate ed inoltre che le misure in tal senso individuate nell'accordo da ultimo sottoscritto hanno incontrato il pieno consenso delle organizzazioni sindacali, del resto firmatarie dell'accordo medesimo. Le uniche considerazioni che risultano espresse alla stampa riguardano la raccomandazione a prevenire eventuali fenomeni illeciti che possono purtroppo essere catalizzati (come dimostrano esperienze passate) dai particolari regimi incentivanti che verrebbero adottati nelle aree in questione. Considerazioni, queste, pienamente condivisibili.
In sintesi ed a conclusione, non vi è da parte del Governo nessuna preclusione nei confronti né dei punti franchi né delle zone franche, ma vi è la ferma volontà di considerarle nell'ambito dei programmi d'intervento sopra illustrati. E questa, se l'interpellante me lo consente, non può che essere anche la personale interpretazione del sottosegretario, considerata la lettera con cui termina il mio cognome.

PRESIDENTE. L'onorevole Anedda ha facoltà di replicare per la sua interpellanza n.2-00133.

GIAN FRANCO ANEDDA. Onorevole sottosegretario, se io volessi fare riferimento all'impatto negativo che avrà nei sardi la risposta che lei ha reso alla mia interpellanza, dovrei dichiararmi molto soddisfatto. Ma in realtà non è così perché l'abitudine a valutare temi generali se


Pag. 4089

mi è consentito dirlo e l'abito mentale ai comportamenti chiari generano l'insoddisfazione.
Lei ha sprecato chiedo scusa, ha impiegato molte parole per dire ciò che poteva essere detto in poche: il Governo non intende costituire né zona franca né punti franchi. Ci saremmo intesi e ciascuno avrebbe assunto, nella chiarezza, le proprie posizioni senza tentativi di risposte burocratiche. Di questi programmi, signor sottosegretario, la Sardegna ne ha visti tanti; di questi accordi sindacati-imprenditori, la Sardegna ne ha visti tanti; così come ha visto ahi noi! tanti interventi straordinari che hanno avuto sorti non scoperchiate, ma molto affini a Tangentopoli.
Qui si trattava di sapere se il Governo avesse in animo di staccarsi da una scelta di intervento meramente finanziario e se intendesse rinnovare quell'intervento agevolativo fiscale che in Sardegna abbiamo avuto e che è fallito, perché oltre che la storia occorre vedere anche la cronaca. Esenzioni fiscali la Sardegna ne ha avute; esenzioni sull'imposta dei redditi (che allora aveva altro nome) la Sardegna ne ha avute. Il risultato è stato un disastro. E non soltanto perché i Governi hanno imposto, mi permetto di dire, con la connivenza dei governi regionali, iniziative industriali estranee alla Sardegna, quali la Petrolchimica; ma perché quelle mere agevolazioni erano di per se stesse incapaci di innescare la spirale dello sviluppo.
La scommessa che la Sardegna intendeva fare (e quando mi riferisco alla Sardegna debbo dalla sua risposta apprendere che mi riferisco alle popolazioni ma non alla classe dirigente) era con la propria capacità se fosse stata posta su un piede di eguaglianza con l'altro territorio di sfruttare (e mi dispiace dire una banalità) la sua posizione al centro del Mediterraneo. Infatti (ciò è ancora banale) la Sardegna è un'isola al centro del Mediterraneo, che guarda e deve guardare ai paesi terzi più che al nord Europa, che vede ed ha nei paesi terzi lo sbocco naturale delle proprie risorse. La Sardegna non è e non vuole essere (ed io sono uno di coloro che credono a questo sviluppo) la terra del turismo; vuole essere la terra della crescita regolata industriale e commerciale. Ma per fare questo il Governo deve porla su una posizione di parità con le altre regioni d'Italia. La zona franca è una di quelle occasioni: prendo atto che il Governo non intende attuarla.

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Anedda.
È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze e delle interrogazioni all'ordine del giorno.

Back Index Forward