PROGETTO DI LEGGE - N. 7433
Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge sul
riconoscimento e la tutela delle minoranze rom, sinte e
caminanti, che ci onoriamo di sottoporre alla vostra
attenzione, vuole essere anzitutto un doveroso atto di
solidarietà verso quelle popolazioni zingare che, da tempo
immemorabile, vivono con il loro ricco patrimonio culturale e
spirituale nel territorio della Repubblica e che oggi si
trovano segregate nei cosiddetti "campi nomadi", spesso in
condizioni al di sotto di quel livello minimo di civiltà che
caratterizza il nostro Paese e le altre nazioni europee.
Si deve tenere conto che quella zingara è una società
centrata sulla famiglia, fortemente coesa e solidale, dove
ancora oggi si attua una trasmissione per "contagio
psicologico" di valori umani e criteri di giudizio, dove
l'oralità e l'apprendistato rappresentano ancora il sistema di
comunicazione culturale e materiale dei modi di vita e delle
tecniche lavorative del popolo zingaro. Tra gli zingari, i rom
(il gruppo più numeroso) comunicano attraverso una lingua
straordinaria, il romanè, che ha molti punti di contatto con
il sanscrito e si tramanda per via orale.
Va qui ricordato il contributo del popolo zingaro alla
storia del nostro Paese. Lungo i secoli in cui la società
italiana ha mantenuto una organizzazione in parte rurale, le
popolazioni nomadi hanno svolto un ruolo prezioso, pur
mantenendosi separate ed autoreferenti rispetto alla società
italiana. L'attività di calderai e dei fabbri, il commercio e
l'addestramento di cavalli, la produzione di vasellame di
rame, l'artigianato del cuoio e dei vimini, le attività
itineranti dei circhi e delle giostre, la loro arte, la loro
musica hanno apportato un contributo significativo
all'economia e alla cultura del nostro Paese.
Quando l'industrializzazione, l'urbanizzazione, la
diffusione dei mezzi di comunicazione di massa,
l'informatizzazione hanno permeato totalmente la società
italiana nelle sue forme organizzative, le funzioni svolte
dagli zingari sono diventate obsolete. La rapidità con cui il
cambiamento si è verificato, aggravata dalle forme di
emarginazione e di isolamento poste in atto nei confronti
degli zingari, non ha consentito ad essi di percepire quanto
andava accadendo intorno a loro. Sospinti fuori dal processo
produttivo, espulsi dagli spazi in cui sostare, dai processi
di urbanizzazione e di trasformazione del territorio,
estraniati dal processo di cambiamento, essi sono oggetto di
pregiudizi sociali e atteggiamenti di esclusione, che talvolta
si traducono in manifestazioni aggressive nei loro
confronti.
Oggi le popolazioni zingare si aggirano sulle 100 mila
persone, di cui quasi il 50 per cento ha meno di quindici anni
di età. Solo l'1 per cento supera i sessanta anni. Da stime
approssimative si calcola che il 60 per cento degli zingari
abbia scelto una vita sedentaria, il 30 per cento
semisedentaria (con 10-30 spostamenti all'anno) e che il
restante 10 per cento pratichi il nomadismo con spostamenti di
30-50 volte l'anno.
Tra le discriminazioni di cui sono vittime, la più grave è
quella dell'habitat. A decorrere dagli anni ottanta la
tendenza alla sedentarizzazione comincia ad estendersi in modo
considerevole, mettendo le amministrazioni locali di fronte ai
bisogni primari di queste popolazioni, tra i quali
l'habitat, i permessi di soggiorno, la scolarizzazione,
il lavoro. Esistono, almeno sulla carta, dodici leggi
regionali, oltre la legge della provincia autonoma di Trento,
che sanciscono la tutela della diversità culturale dei rom,
dei sinti e dei caminanti.
Rispetto all'habitat, che si pone quale esigenza
prioritaria, i comuni sono stati sollecitati ad adottare
iniziative tese a favorire l'accesso alla casa alle famiglie
zingare che hanno optato per la sedentarizzazione. In realtà
la politica attuata è quasi sempre quella dell'area di sosta
attrezzata in modo precario ed insufficiente, sia dal punto di
vista dell'organizzazione interna, sia rispetto al fabbisogno
di insediamenti (sono appena 145 le aree di sosta attrezzate,
per un'utenza che ne avrebbe bisogno del doppio). Così
moltissimi rom e sinti sono costretti a vivere sul greto dei
fiumi, vicino alle discariche, lontano dal tessuto urbano e in
condizioni per le quali le percentuali di infortunio sono
altissime. Dobbiamo considerare che negli ultimi anni si
contano più di quaranta bambini morti per la precarietà
dell'habitat. A questo punto occorre ricordare che ci
troviamo di fronte a popolazioni che hanno subìto persecuzioni
da secoli, e che, come gli ebrei, sono state vittime dello
sterminio nazista. Ma, mentre con la fine della guerra è
finito l'incubo per gli ebrei sopravvissuti, che hanno avuto
la possibilità di mostrare lo spessore culturale di quel
grande popolo cui appartengono, per gli zingari non c'è stata
la riabilitazione. Del loro olocausto nessuno parla.
Indesiderati e male sopportati, vengono emarginati, impediti
di sostare, respinti e criminalizzati. In tale senso, più
volte il Parlamento europeo ha esortato gli Stati membri ad
attivarsi per la conservazione e la tutela del popolo e della
cultura zingari.
Già nel 1969, con la raccomandazione n. 563, l'Assemblea
parlamentare del Consiglio d'Europa esortava gli Stati membri
a mettere a disposizione un numero sufficiente di terreni
attrezzati e forniti di fabbricati comunitari al fine di
garantire l'acquisizione di una buona istruzione. La
raccomandazione esortava anche ad offrire insediamenti stabili
per chi lo desiderava. Con la risoluzione del 1989 si
raccomandava di prendere provvedimenti adeguati ricordando che
"gli zingari e i girovaghi formano attualmente nella comunità
una popolazione che supera il milione di persone, e che la
loro cultura, la loro lingua fanno parte da più di 500 anni
del patrimonio culturale e linguistico della comunità".
Ricordiamo ancora la raccomandazione n. 1203 del 1993
dell'assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa sulla
tutela delle minoranze nomadi in Europa. In tale
raccomandazione, partendo dal riconoscimento degli zingari
come vera minoranza, anche se non inquadrabili nella
definizione di minoranza nazionale, in quanto sprovvista di
territorio, viene sottolineato il loro contributo alla
diversità culturale europea, attraverso la lingua, la musica e
le attività artigianali.
Pertanto, anche tenuto conto delle precedenti
raccomandazoni e risoluzioni, l'assemblea parlamentare del
Consiglio d'Europa raccomanda al Comitato dei ministri di
indirizzare una serie di proposte ai governi nazionali e alle
autorità locali, per sollecitare iniziative nei settori della
cultura, dell'educazione, dell'informazione, dell'uguaglianza
dei diritti, della vita quotidiana e a livello generale.
L'intento della presente proposta di legge è appunto
quello di costituire un atto di riparazione per
l'atteggiamento di assenteismo delle nostre istituzioni nei
loro confronti, anche dopo il periodo fascista. Si tratta di
avviare a soluzione il grave ed annoso problema della
situazione delle minoranze rom, sinte e caminanti, alle quali
non possono essere disconosciuti gli indeclinabili diritti
fondamentali dell'uomo proclamati solennemente dall'articolo 2
e dall'articolo 6, sulle minoranze linguistiche, della
Costituzione. Bisogna anche tenere conto che circa la metà
delle minoranze in questione sono cittadini italiani. Di
conseguenza ad esse deve essere riconosciuta la pari dignità
sociale e giuridica senza distinzione di razza, lingua,
religione, condizioni personali e sociali, come detta
l'articolo 3 della Costituzione; come pure devono essere
rimossi gli ostacoli di ordine economico e sociale che
impediscono lo sviluppo della persona umana, come solennemente
affermato nel secondo comma dello stesso articolo 3.
Un tale atto di riparazione potrà sicuramente contribuire
a recuperare alla legalità particolari atteggiamenti di
devianza, sicuramente dovuti alle condizioni in cui gli
zingari sono costretti a vivere.
A tale scopo, preliminarmente si pongono le finalità,
enunciate nel capo I della proposta di legge, di tutela e di
assistenza per la funzione di tutti i servizi idonei a
garantire l'autonomia culturale, nonché la salute ed il
benessere personale e sociale.
Il capo II prevede una serie di interventi, anche di
carattere finanziario, per assicurare sia il diritto alla
sedentarizzazione e all'abitazione stabile, sia il diritto al
nomadismo, con la costruzione di aree di insediamento
attrezzate e dotate delle necessarie infrastrutture e di
servizi per lo svolgimento di una vita civile, libera e
dignitosa.
Degne di particolare segnalazione sono le norme dettate
dall'articolo 8, in tema di soggiorno e cittadinanza, nelle
quali si tiene conto del fatto che la posizione giuridica
delle popolazioni zingare, rom e sinte non può essere
ricondotta ed accomunata a quella degli immigrati, poiché a
differenza di questi ultimi, che provengono da una nazione che
li esprime e li rappresenta, i rom e i sinti sono popoli senza
territorio, senza Stato. D'altra parte gli zingari sono in
Europa da quasi mille anni e la loro cultura, la loro storia,
la loro lingua fanno parte integrante della storia e della
cultura dei Paesi europei. Non dimentichiamo che da seicento
anni essi sono presenti in Italia, dove, come abbiamo detto,
hanno svolto un ruolo non secondario, nella cultura e
nell'economia del nostro Paese. Per tali ragioni, proponiamo
che le norme in materia di soggiorno e di cittadinanza tengano
conto della specificità delle minoranze rom, sinte e caminanti
rispetto agli immigrati e agli altri stranieri, e, in
particolare, che per il minore nomade nato in Italia siano
previste agevolazioni per il riconoscimento della cittadinanza
italiana rispetto alla disciplina vigente, dettata in via
generale per gli stranieri, nella cui nozione non rientrano i
nomadi.
Per l'inserimento nella nostra comunità delle minoranze
rom, sinte e caminanti, nella delicata fase dell'adolescenza
dei minori zingari, le disposizioni del capo III ribadiscono
per essi il diritto, e, in pari tempo, l'obbligo di frequenza
scolastica, in conformità alla legislazione vigente in
materia, nonché il dovere delle competenti istituzioni di
realizzare corsi annuali di preparazione professionale per
attività di lavoro consoni alle richieste delle utenze delle
etnie zingare.
I capi IV e V, rispettivamente, prevedono l'istituzione di
un ente selezionato attraverso appositi bandi di concorso, per
il censimento delle presenze dei nomadi, per attivarne le
varie forme espressive (capo IV) e la istituzione di una
consulta regionale (capo V).
Infine, il capo VI è dedicato alla disciplina del
commercio e dell'artigianato.
La normativa proposta, che raccomandiamo alla vostra
approvazione, intende svolgere un efficace intervento da un
lato, per scoraggiare la frequente delinquenza, peraltro
attinente in genere ai reati di lieve entità e di minore
allarme sociale, e, dall'altro lato, per favorire
l'inserimento dei rom, sinti e caminanti nella nostra
comunità, nel pieno rispetto delle diversità culturali.
Rispetto, di cui è preclaro esempio il nobile principio
applicato in tema di potestà genitoriale dal tribunale per i
minorenni di Roma nella sentenza del 30 giugno 1992,
(presidente Fadiga, pubblicata su "Il Diritto di famiglia e
delle Persone" anno 1994, pagina 251), la cui massima reca:
"In presenza di un valido e comprovato rapporto affettivo e di
una condotta parentale tesa a salvaguardare ed onorare le
esigenze primarie della prole, non sussistono le condizioni
per la decadenza della potestà sui figli dei genitori e per
l'avvio della procedura di adottabilità nei confronti di un
minore, appartenente ad una comunità di nomadi, non rilevando
che gli insediamenti abitativi riservati a costoro, e nei
quali il minore e la sua famiglia sono costretti a vivere, non
assicurino, per mancanza dei requisiti igienici minimali e
delle necessarie strutture, un livello di vita decente, poiché
tali condizioni di disagio e di degrado non sono imputabili
alla comunità dei nomadi, ma alle carenze ed ai ritardi
dell'intervento pubblico, non potendosi, peraltro,
discriminare sistemi di vita diversi per usanze e per valori
culturali ed esistenziali quali sono quelli dei nomadi, ma
dovendosi, invece, assicurare anche ai minori appartenenti
alle comunità di nomadi il diritto di preservare la propria
identità etnica, e, quindi, di conservare la propria vita
culturale ed i propri usi".