PROGETTO DI LEGGE - N. 2135




        Onorevoli Colleghi! - Il rapporto tra le istituzioni e gli zingari si presenta difficile: molto spesso essi non sono registrati nemmeno all'anagrafe; non hanno quindi carta d'identità, passaporto o altro documento, per cui da un punto di vista giuridico sono inesistenti.
        Ciò causa una serie di conseguenze negative: non possono avere un lavoro regolare, non possono avere diritto all'assistenza sanitaria, alla concessione di licenze, al rilascio della patente di guida e così via.
        La consistenza numerica del fenomeno è di circa 55.000 unità sparse sull'intero territorio italiano, ed attualmente non esiste alcuna legge particolare dedicata alla sua disciplina specifica. La stima della consistenza numerica degli zingari in Italia è particolarmente difficile da fare, sia per il nomadismo che li contraddistingue, sia per la volontà degli zingari stessi di sfuggire ai controlli burocratici (tanto spesso non denunciano neppure la nascita dei figli), sia per le carenze del censimento italiano.
        Secondo l'Associazione italiana zingari, oggi i Sinti presenti in Italia sono circa 20.000, mentre i Rom, giunti in ondate successive, sarebbero circa 35.000.

Origine ed epoca presunta dell'insediamento.

        Varia è la distinzione etnica degli zingari, ma tutti si riconoscono nell'etnonimo "ROM" che nella loro lingua, detta "romanes", significa "uomo".
        Gli zingari presenti in Italia appartengono ai gruppi Rom e Sinti, e la denominazione di questi ultimi è tratta dal fiume "Sind", che si trova nel nord dell'India. Dallo studio della lingua è stato possibile stabilire la loro origine indiana. Cominciarono ad emigrare verso occidente nel IX secolo, quando dalle regioni nord-occidentali dell'India si spostarono verso la Persia e da qui in Turchia ed in Grecia, da dove poi si diffusero in Europa.
        L'origine degli zingari in Italia si fa risalire all'invasione dei Balcani da parte dei Turchi. Dai Paesi slavi e dalla Grecia si spostarono verso l'Italia per due vie: per via terra, attraverso i Balcani e i territori tedeschi, giunsero nel nord Italia; per via mare, dalla Grecia, raggiunsero le coste calabresi, siciliane, pugliesi ed abruzzesi.

La lingua.

        La lingua degli zingari viene denominata "romanes", termine che non individua una lingua unitaria, ma un insieme di dialetti, che con il tempo si sono differenziati per ragioni collegate al loro nomadismo. Ancora oggi si possono rintracciare affinità tra i diversi dialetti zingari ed alcuni dialetti neoindiani.
        Attualmente i dialetti zingari si presentano con molti "prestiti" da lingue con cui essi hanno avuto contatto nei diversi spostamenti. I dialetti degli zingari italiani appartengono al gruppo delle lingue non "vlakh", che si caratterizzano per l'assenza dell'influenza della lingua romana, mentre è accentuata l'influenza della lingua greca, tedesca, slava e italoromanza; il "romanes" viene parlato a livelli familiare o di clan; i dialetti rappresentano il secondo veicolo linguistico, mentre l'italiano rappresenta il terzo codice.

La scolarizzazione.

        La scolarizzazione degli zingari presenta problemi di non facile soluzione. I loro frequenti spostamenti non garantiscono le condizioni sufficienti per un regolare curriculum degli studi dei bambini; d'altra parte ai genitori, in gran parte analfabeti, mancano le motivazioni, necessarie per incoraggiare i bimbi alla frequenza scolastica, anche a causa della costante diffidenza che hanno nei confronti delle istituzioni.
        Un'indagine svolta dall'Opera nomadi, nel 1980, sulle condizioni degli zingari nel Lazio, ha dato i seguenti risultati: il 49 per cento degli zingari non in età scolare è analfabeta; il 15 per cento si è dichiarata autodidatta. Inoltre, nell'anno scolastico 1979/1980 solo il 16,5 per cento dei bambini nomadi in età scolare (dai sei ai quattordici anni) ha frequentano regolarmente la scuola, di cui l'8,5 per cento irregolarmente, mentre il 75 per cento non l'ha frequentata affatto.
        Il grado di conoscenza dell'italiano si pone a un livello molto basso. Ciò è da attribuire alla mancanza di scolarizzazione e all'atteggiamento di diffidenza verso la cultura istituzionale.

Religione.

        Gli zingari non appartengono ad una religione ben definita. Si può affermare che hanno praticato un certo sincretismo tra credenze e pratiche religiose di tipo animistico e le religioni con cui sono venuti a contatto, con la presenza di superstizioni e leggende acquisite lungo il corso del loro girovagare. Nel loro credo si individua un dio del bene, Del Devel, una divinità del male, chiamata Beng, inferiore per potenza a Del.
Rilevante è il culto della vita, della fecondità, rivolto alla terra quale grande madre (Bari Dai). Al di sotto di Devel e di Beng sono i "mulè", gli spiriti dei morti. Nella fase attuale gli zingari si adeguano, per lo più in forma esteriore, alle credenze religiose presenti tra gli zingari: ricordiamo solo la "slava", cerimonia di tipo pagano per ricordare un defunto con particolari riti. Tra le credenze degli zingari spicca la concezione dell'anima intesa come entità che si può staccare dal corpo anche durante il sonno. In ciò non è estranea l'influenza delle religioni orientali. In passato esisteva, presso gli zingari, il culto per alcuni animali, in modo particolare per il cavallo.


Aspetti socio-culturali.

        Alcune attività professionali hanno particolare significato: il fabbro, lo stagnino e il calderaio: nella mentalità degli zingari rappresentano mestieri collegati con forze soprannaturali, con le attività degli stregoni e dei maghi.
        Così per le donne l'attività più frequente è la divinazione e l'individuazione della sorte (cartomanzia e lettura della mano), legate certamente al mondo magico-religioso.
        Il mondo della magia è prontamente riflesso nelle fiabe che vengono tramandate oralmente.
        Esse ci rappresentano alcuni punti importanti delle loro credenze e dei valori che devono essere trasmessi. Tra gli aspetti caratteristici ricordiamo:

            il senso della famiglia ed il rispetto degli zingari, uniti alla solidarietà fra i membri;

            il rifiuto dei matrimoni misti (cioè con i non-zingari);

            il rispetto dell'uomo-zingaro la cui dignità gli proviene dalla famiglia, dalla saggezza e dall'abilità;

            l'amore per la libertà;

            l'atteggiamento di avversione nei confronti dei non-zingari.


Situazione alloggiativa.

        Gli zingari sono caratterizzati dal nomadismo, ma non da un nomadismo in senso pieno: il 33 per cento si possono considerare nomadi (nel senso che vivono in un habitat mobile e si spostano regolarmente dalle trenta alle cinquanta volte all'anno); il 16 per cento semi-nomadi (vivono in un habitat mobile, ma si spostano solo in un periodo dell'anno); il 51 per cento sedentari, che non si muovono, nonostante il loro habitat possa essere mobile.
        Nel nord Italia predomina il nomadismo, nel sud il sedentarismo.


Forme associative.

        Le associazioni presenti in Italia che si interessano degli zingari sono sorte all'esterno della minoranza stessa. Vanno ricordate:

            l'Opera nomadi, ente morale, che svolge attività di promozione sociale;

            il Centro studi zingari, che promuove inchieste ed attività di conoscenza sulla situazione degli zingari;

            l'Opera assistenza spirituale nomadi in Italia, organismo per l'evangelizzazione;

            la Missione evangelica zingara;

            l'Associazione nazionale zingari oggi.


Grado di integrazione della popolazione nelle comunità locali.

        Il rapporto tra gli zingari e la comunità italiana è stato e rimane problematico principalmente per due motivi: l'uno imputabile al comportamento proprio della popolazione zingara, restia a qualsiasi tipo di controllo e di integrazione; l'altro, attribuibile alla secolare diffidenza della comunità italiana nei loro confronti.
        Gli stessi gruppi sedentari che vivono in baracche ai margini delle città sono malvisti dalla popolazione del luogo.
        Il mondo del lavoro offre loro pochi spazi; essi si dedicano prevalentemente al commercio di cavalli e di asini, sono artigiani del metallo, lavorano nei luna-park.
            La precarietà dei mestieri esercitati riduce gli zingari in grave difficoltà, anche perché, con tutta la più buona volontà, la loro riconversione è poco praticabile a causa del loro rifiuto inserirsi in lavori che prevedono orari e doveri fissi.
        Questo stato di cose provoca l'aumento del fenomeno della questua (la manghel) praticata soprattutto dalle donne e dai bambini, questua che, talvolta, rimane l'unico mezzo di sostentamento.
        Con la presente proposta di legge si è cercato di trovare una soluzione (certamente non facile) al problema rappresentato dalla presenza di popolazioni nomadi sul territorio dello Stato:

                a) con una maggiore responsabilizzazione del nomade;
                b) con il trattenere per il maggior tempo possibile le famiglie appartenenti ai gruppi nomadi su di un determinato territorio, presupposto indispensabile perché qualsiasi tipo di iniziativa, diretta alla scolarizzazione dei bambini o all'inserimento nel mondo del lavoro degli adulti, possa essere intrapresa con un minimo di possibilità di successo;

                c) con l'incentivare la "scelta sedentaria" per il definitivo abbandono della vita nomade ed una conseguente integrazione nel tessuto sociale;

                d) con il limitare la consistenza numerica delle presenze nei campi-sosta in rapporto alla popolazione residente nei singoli comuni, ciò al fine di evitare possibili fenomeni di frizione e di intolleranza.
        Il problema è complesso, ma siamo certi che con il concorso degli onorevoli colleghi sarà possibile trovare un'adeguata soluzione.




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