PROGETTO DI LEGGE - N. 890
Onorevoli Colleghi! - Il vino in lattina e tetrabrik,
specialmente se rosso, può subire notevoli alterazioni
chimiche e organolettiche dopo solo tre mesi dal
confezionamento e, in qualche caso, anche prima. Lo ha
affermato anche l'Unione nazionale consumatori sulla base di
rigorose prove analitiche condotte separatamente da tre
differenti laboratori.
I risultati delle analisi hanno indotto l'Unione nazionale
consumatori a rinnovare le critiche già espresse in occasione
dell'emanazione dei decreti ministeriali che hanno consentito
il confezionamento di vini da tavola nei contenitori
cosiddetti "alternativi". In una conferenza stampa tenuta a
Roma, il segretario generale dell'organizzazione dei
consumatori, Vincenzo Dona, ha motivato la decisa opposizione
- già manifestata al Ministero della sanità - al
confezionamento in tali contenitori, qualora non sia previsto
il duplice obbligo di effettuare preventive prove di "tenuta"
sul tipo di vino da inscatolare e di indicare sulla confezione
il termine minimo di conservazione anziché la data di
confezionamento, analogamente ad altri prodotti alimentari
assai meno deperibili del vino in scatola.
Le sperimentazioni, su vari tipi di vino bianco e rosso,
in diversi contenitori, sono state separatamente condotte
dalla facoltà di tecnologia dei cicli produttivi
dell'università di Roma, dall'istituto d'igiene "G. Sanarelli"
della stessa università, e dall'Istituto statale di
viticoltura di Friburgo, in Germania. Lo scopo delle prove
effettuate dai tre laboratori, riferisce l'Unione nazionale
consumatori, è stato quello di accertare nel tempo l'eventuale
insorgenza di modificazioni chimiche, fisiche e organolettiche
delle caratteristiche originarie di vari tipi di vino. Gli
esami sensoriali e analitici, svolti prima del confezionamento
e, successivamente, a intervalli regolari, hanno riguardato
campioni di vino comune da tavola bianco e rosso, di vino
rosso Merlot, di vino bianco Pinot e di Vin de pays de l'Aude
di circa 11 gradi alcolici, confezionati secondo le normali
tecniche industriali in contenitori di vetro, in scatole di
alluminio, in scatole di banda stagnata e in poliaccoppiato
polietilene-cartone-alluminio (tetrabrik). Dopo il
procedimento di pastorizzazione flash o "in
tunnel", secondo i casi, effettuato per attenuare la
flora batterica e assicurare al prodotto una più lunga
conservazione inibendo ulteriori fermentazioni, i campioni di
vino sono stati immessi nei diversi contenitori di normale
capacità commerciale. Per ogni vino sono stati sperimentati
circa 200 litri e tutti i contenitori sono stati mantenuti in
ambiente a temperatura di 20 gradi centigradi e sottoposti
separatamente da esperti e a scadenze prestabilite alle
seguenti prove ed analisi:
analisi organolettica secondo il metodo "Antonio
Piccinardi";
analisi organolettica secondo il metodo ONAV;
analisi spettrofotometrica nel visibile;
analisi gas cromatografica secondo la tecnica "spazio di
testa" (GC-HS);
determinazione del grado alcolico, dell'acidità volatile
e totale, del PH, dell'anidride solforosa, della glicerina,
dell'acido lattico, dei polifenoli e dell'attività
ossidiasica;
determinazione delle cessioni di alluminio, ferro,
piombo, rame e altri minerali.
Riassumendo i dati analitici riscontrati da tre
laboratori, l'Unione nazionale consumatori fa notare, innanzi
tutto, che dagli esami organolettici svolti dopo tre mesi dal
confezionamento non sono risultate differenze apprezzabili fra
i vini in vetro e quelli nei contenitori "alternativi", ma a
partire dal quarto mese il comportamento dei vari campioni è
stato diverso:
nelle settimane successive al quarto mese il Vin de pays
de l'Aude confezionato in tetrabrik ha cominciato ad alterarsi
passando progressivamente dal color rosso purpureo al marrone
e subendo un deterioramento tale da essere dichiarato "non
bevibile per i conoscitori di vino" dopo sei mesi; secondo
l'Istituto statale di viticoltura di Friburgo si tratta di un
risultato "inatteso" in quanto questo tipo di vino, se
confezionato in vetro, raggiunge uno sviluppo ottimale di
maturazione dopo un anno, conservandolo poi per molto
tempo;
i vini rossi italiani nei contenitori alternativi, al
contrario, hanno mantenuto le caratteristiche originarie per
circa sei mesi, denotando differenze "evidenti e schedabili"
da quelli in vetro alla scadenza dell'ottavo mese e "un sapore
piatto, scomposto e disarmonico" alla scadenza del dodicesimo
mese, con una "ossidazione avanzata sgradevole sia all'odore
che al sapore";
anche i campioni di vino bianco in lattina o in
tetrabrik non si sono potuti valutare dopo sei mesi dal
confezionamento a causa delle "evidenti trasformazioni"
subite, quali viraggio del colore verso toni
ambrato-giallastri, perdita di aroma, cambio di gusto e
"maderizzazione" progressiva; dopo dieci mesi, su alcuni
campioni confezionati in scatola di alluminio si è notato un
acre odore di mandorla amara determinato da violenta
alterazione, mentre altri in banda stagnata hanno manifestato
analogo odore acre "che ricorda i caseinati e rivela la
presenza di sostanze estranee, con sapore sgradevole e
retrogusto altrettanto sgradevole e persistente". I campioni
in vetro, dopo dodici mesi dal confezionamento, non hanno
subito modificazioni significative.
Per quanto riguarda le analisi chimico-fisiche, i
risultati ottenuti permettono di concludere che, in genere, i
campioni di vino mantenuti nei contenitori di alluminio, banda
stagnata e tetrabrik, rispetto a quelli in vetro, hanno
cominciato a subire trasformazioni a partire dal terzo mese di
confezionamento e in qualche caso anche prima. Ma
l'organizzazione dei consumatori osserva che tali
trasformazioni risultano più evidenti nei vini rossi che in
quelli bianchi e che alcuni parametri non hanno mostrato
variazioni significative in rapporto al tipo di contenitore
utilizzato. In sintesi, i risultati delle analisi, effettuate
secondo i metodi ufficiali tra il secondo e il quarto mese dal
confezionamento, sono i seguenti:
nessuna variazione significativa in rapporto al tipo di
contenitore è stata riscontrata per il PH (simbolo che esprime
l'acidità o l'alcalinità di una soluzione), il cui valore è
rimasto presso che stabile intorno a 3,3; altrettanto si può
dire del grado alcolico, dell'acidità volatile e dell'acido
tartarico che, però, è diminuito sensibilmente nei vini rossi
in tetrabrik, forse a causa della cessione di sostanze
interferenti con la determinazione;
i campioni di vino bianco confezionato in scatola di
alluminio hanno dato luogo alla formazione di un "precipitato"
(sedimenti) fra il secondo e il terzo mese di conservazione,
probabilmente dovuto all'aggressività del vino sulle pareti
della scatola e al conseguente distacco di sali
d'alluminio;
il livello dei polifenoli è risultato maggiormente
stabile nei vini confezionati in vetro rispetto a quelli in
altri contenitori, nei quali si sono manifestati aumenti a
partire dal terzo mese causati probabilmente dall'ossidazione
o dalla cessione di composti. I polifenoli sono degli elementi
che provengono principalmente dal graspo dell'uva e che
rimangono come "addormentati" nel vino fino a quando non
insorgono cause (come per esempio l'ossidazione) che li
liberano e li aumentano. Un alto contenuto in polifenoli rende
il vino meno digeribile;
la "tenuta" dell'anidride solforosa libera, combinata e
totale è risultata ottima nei vini rossi in vetro e
scarsissima in quelli negli altri contenitori, anche dopo un
solo mese di conservazione; maggiore stabilità dei valori è
stata invece riscontrata per i vini bianchi. La perdita di
anidride solforosa determina un più rapido scadimento del
vino;
la "tenuta" all'ossidazione è risultata decisamente
migliore nei vini rossi conservati in vetro, mentre per i
bianchi non sono state riscontrate differenze in rapporto ai
diversi tipi di contenitori;
il colore ha subito alterazioni notevoli nei vini rossi
e bianchi confezionati in contenitori alternativi, mentre
quelli in vetro hanno manifestato una migliore limpidezza,
luminosità ed una più costante "cromaticità";
dall'analisi dei metalli, effettuata al terzo mese di
conservazione, sono risultate evidenti cessioni di alluminio
nei campioni di vini rossi confezionati in poliaccoppiato di
alluminio e di rame negli stessi vini rossi confezionati in
scatole di alluminio e di ferro nei vini bianchi in scatole di
banda stagnata.
I risultati delle analisi, conclude l'Unione nazionale
consumatori, motivano ampiamente le serie perplessità già
manifestate in occasione dell'autorizzazione a confezionare i
vini da tavola nei contenitori "alternativi", trattandosi di
una bevanda con caratteristiche particolari che ne rendono
aleatoria la buona conservazione in materiali diversi dal
vetro. Le sperimentazioni effettuate dimostrano, infatti, che
il consumatore corre il rischio di comprare un prodotto
scadente, alterato o addirittura imbevibile e dannoso per
l'organismo a un prezzo spesso superiore a quello corrente dei
normali vini da tavola in bottiglia; dal momento che il vino
in scatola costa al dettaglio anche 3.500 lire al litro ovvero
un prezzo analogo a quello di un buon vino DOC in bottiglia, è
evidente che l'autorizzazione all'inscatolamento concessa con
il decreto del Ministro dell'agricoltura e delle foreste, di
concerto con il Ministro della sanità, in data 25 novembre
1982, è servita soltanto a permettere un'enorme speculazione
commerciale cambiando semplicemente la presentazione del
prodotto. Le sperimentazioni dimostrano anche che non è
possibile impiegare contenitori diversi dal vetro senza prima
effettuare, caso per caso, prove di tenuta di "quel"
particolare vino in "quel" particolare contenitore per
accertare il mantenimento delle caratteristiche organolettiche
e il termine minimo di conservazione; attualmente il criterio
previsto dal decreto del Ministro della sanità in data 21
marzo 1973 per le prove di cessione è quello di usare un
"liquido simulante" costituito da acqua e alcol etilico al 15
per cento. Considerata la particolare natura del vino, che ha
anche un'acidità superiore a quella della birra, la data di
confezionamento è chiaramente insufficiente a garantire una
corretta informazione del consumatore.
L'articolo 28 del decreto del Presidente della Repubblica
12 febbraio 1965, n. 162, prevedeva esplicitamente per il
confezionamento dei vini soltanto "recipienti di vetro, di
terraglia, di ceramica, di porcellana, di legno". Nessuna
variazione fu apportata a queste norme per 17 anni ovvero fino
al 25 novembre 1982 quando, alla vigilia dell'insediamento del
nuovo Governo, il Ministro uscente dell'agricoltura,
Bartolomei, di concerto con quello della sanità, Altissimo,
emanò un decreto che autorizzava il confezionamento dei vini
da tavola (quindi con esclusione dei vini DOC) in contenitori
di materiale plastico, di metallo o di poliaccoppiato;
l'autorizzazione era valida fino al 31 dicembre 1984 e a
condizione che sulle confezioni fosse indicata la data di
riempimento. Va rilevato, fra l'altro, che il decreto
ministeriale del 21 marzo 1973, concernente la disciplina
igienica degli imballaggi per alimenti, anche se contiene
disposizioni piuttosto severe e dettagliate non prevede i
contenitori in alluminio e banda stagnata; mentre per i primi
non esistono ancora norme che ne stabiliscano le
caratteristiche, quelli in banda stagnata sono stati
disciplinati solo con un decreto del Ministro della sanità in
data 18 febbraio 1984 che, però, ammetteva la
commercializzazione di quelli fuori norma fino al 31 marzo
1987. Con un successivo decreto del Ministro dell'agricoltura
e delle foreste, di concerto con il Ministro della sanità, in
data 21 aprile 1983, l'impiego dei contenitori di metallo, con
capacità fra un quarto e mezzo litro, fu estesa anche ai vini
frizzanti, sempre fino al 31 dicembre 1984 e a condizione che
nelle confezioni fosse indicata la data di riempimento.
Il decreto del Ministro dell'agricoltura e delle foreste,
di concerto con il Ministro della sanità, in data 29 novembre
1984 ha prorogato al 31 dicembre 1985 l'impiego dei
contenitori alternativi, poi ulteriormente prorogato fino al
31 dicembre 1987. Il decreto del Ministro dell'agricoltura e
delle foreste, di concerto con il Ministro della sanità, in
data 11 febbraio 1988, ha autorizzato l'impiego dei
contenitori alternativi, stabilendo che vi figurino le date di
confezionamento e di scadenza, fissata in nove mesi dal
confezionamento per i contenitori di poliaccoppiato e in sei
mesi per quelli di polietilente reftalato.
Scopo dichiarato dei provvedimenti che hanno consentito
l'impiego dei contenitori alternativi è quello di diffondere
il consumo di vino anche tra i giovani, di offrire un prezzo
al dettaglio più conveniente per il consumatore e di aumentare
la quota di esportazione. Nessuno dei tre obiettivi è stato
raggiunto. Mentre il vino in poliaccoppiato ha mantenuto una
sia pur marginale quota di mercato, specialmente nelle
confezioni da un litro, quello in lattina ha registrato un
crollo di vendite piuttosto notevole anche per i prezzi al
consumo. Né si può dire che i contenitori alternativi abbiano
contribuito all'incremento delle esportazioni di vino, dal
momento che, nel 1983, queste erano diminuite del 29,3 per
cento e quasi completamente per il vino da tavola.
Per quanto riguarda gli altri Paesi, la situazione
legislativa è la seguente.
In Francia, Germania, Gran Bretagna e Stati Uniti
d'America è ammesso il confezionamento in scatola del vino da
tavola, purché i contenitori siano rispondenti alle rispettive
norme sui materiali destinati a venire in contatto con gli
alimenti. Ogni tipo di contenitore usato comporta la necessità
di effettuare tutte le prove di cessione e di compatibilità
con il contenuto per verificare il mantenimento delle
caratteristiche organolettiche e di conservabilità.
In Austria, Spagna e Svizzera ogni tipo di contenitore è
soggetto a una specifica omologazione oppure ad una specifica
autorizzazione all'uso rilasciata dall'autorità sanitaria
competente.
Nei Paesi scandinavi non esistono norme valide per tutti
gli alimenti e, in genere, ci si riferisce alla normativa
tedesca o a quella della americana Food and Drug
Administration.
Nella maggior parte dei casi l'autorizzazione all'uso dei
contenitori deve essere chiesta di volta in volta sul prodotto
finito.
Onorevoli colleghi, è sulla base di tali premesse che
evidenziano la necessità di difendere l'ignaro consumatore dai
danni che gli possono essere arrecati dal mutamento delle
caratteristiche del vino acquistato in confezioni diverse da
quelle tradizionali, che abbiamo redatto la presente proposta
di legge che offriamo alla vostra valutazione certi che
terrete nella dovuta considerazione la necessità di una
regolamentazione legislativa della materia.
Questa proposta riproduce quelle già presentate il 5
luglio 1984, il 2 luglio 1987, il 12 maggio 1992 e il 16
aprile 1994, rispettivamente nella IX, X, XI e XII
legislatura, anche in vista della auspicata cessazione delle
sperimentazioni su contenitori così detti alternativi e che
altro non sono che ulteriori strumenti di inquinamento del
prodotto e dell'ambiente.