RELAZIONE SULLA FORMA DI STATO

DEL SENATORE FRANCESCO D'ONOFRIO


1. Nella relazione presentata alla Commissione il 22 maggio scorso per illustrare la prima proposta di testo base, affermavo a pag. 2: «è sempre più evidente che siamo di fronte ad un passaggio storico della nostra esperienza nazionale unitaria: è infatti posta oggi la questione del passaggio ad una Repubblica federale».
Il discrimine tra decentramento territoriale e ordinamento federale veniva individuato nell'esistenza o meno di un patto federativo tra lo Stato, le Regioni e le autonomie territoriali minori: affermavo pertanto che federale si sarebbe potuto definire l'ordinamento italiano se si fosse dato vita ad un patto costituente tra Stato, Regioni ed autonomie locali concernente la ripartizione delle funzioni legislative, la ripartizione delle risorse finanziarie, l'organizzazione costituzionale centrale dello Stato, il procedimento di revisione della Costituzione, almeno per le parti concernenti la struttura federale della Repubblica.
La proposta che veniva allora avanzata prevedeva che ciascuna delle Regioni italiane fosse dotata di uno Statuto speciale di rango costituzionale, nel quale fossero definite sia le funzioni - statali, regionali e locali per ciascuna Regione - sia la ripartizione delle risorse finanziarie, lasciando in secondo piano le questioni della revisione costituzionale generale, proprio perché il patto federativo veniva stipulato dallo Stato con ciascuna Regione.
La svolta federale della Repubblica italiana veniva in tal modo ancorata ad un modello che si riteneva adeguabile alla realtà italiana con le necessarie modifiche concernenti soprattutto il ruolo dei Comuni, che nella storia italiana rappresentano il primo degli ancoraggi territoriali politicamente capaci di fondare il nuovo ordine costituzionale anche di tipo federale.


2. Il dibattito che si è svolto nella Commissione il 26 maggio sulla base della proposta originaria ha posto in evidenza che mentre veniva affermato l'orientamento favorevole ad una svolta federalistica dell'ordinamento italiano, veniva peraltro respinto dai più il modello costituzionale degli Statuti speciali per ciascuna Regione, ritenuto inidoneo ad assicurare il minimo comune denominatore nazionale di eguaglianza dei diritti, con particolare riferimento ai diritti sociali.
Negli interventi degli esponenti dei diversi gruppi politici risultava in tal modo chiara la preferenza per un modello di federalismo più simile alla esperienza maturata negli Stati Uniti, in Germania, in Austria, o in altri ordinamenti nei quali vi è una ripartizione di funzioni tra centro e periferia identica per tutte le Regioni. Problema ulteriore era rappresentato dalla peculiarità italiana della tradizione municipale.
In conseguenza della constatazione del prevalere, largo anche se non unanime, per una svolta di tipo federalistico della forma di Stato italiana, formulavo una seconda proposta che veniva adottata come testo base il 3 giugno scorso.
Questa proposta conservava ancora l'istituto dello Statuto speciale di rango costituzionale per ciascuna Regione, ma cercava di render più evidente che il modello di federalismo proposto era a tre punte, l'una centrata sui Comuni e sulle Province, l'altra sulle Regioni e l'altra ancora sullo Stato.
Contrariamente a quanto veniva affermato in quei giorni, il modello degli Statuti speciali rimetteva per sua natura intrinseca a ciascuno Statuto la definizione delle materie di competenza statale e delle materie di competenza regionale, sì che era improprio affermare che l'elencazione delle materie di competenza statale subiva arretramenti centralistici per il solo fatto di prevedere un elenco più ampio di materie di competenza statale rispetto al testo originario.
Venivano pertanto presentati gli emendamenti al testo base, e nelle sedute del 17, del 18 e del 19 giugno scorsi la Commissione procedeva a votare il testo definitivo sulla forma di Stato, che, con la denominazione di Titolo I della Parte Seconda della Costituzione viene ora sottoposto al Vostro esame.
È opportuno pertanto aver presente il fatto che il testo definitivo non adotta più il modello di federalismo fondato sugli Statuti speciali per ciascuna Regione ma il modello della predeterminazione in Costituzione delle materie di competenza legislativa statale e di quelle di competenza legislativa regionale.
Siamo, dunque, in presenza di un orientamento che nel modello ora proposto richiede di valutare, insieme alle due questioni fondamentali (entrambe trattate nel presente Titolo I) relative alla ripartizione delle funzioni legislative e amministrative tra Stato, Regioni, Province e Comuni, e alla ripartizione delle risorse tra i diversi livelli di governo, anche la disciplina che viene proposta in riferimento alla struttura del Parlamento e della Corte costituzionale, alla revisione costituzionale e al processo di integrazione europea.
Un giudizio complessivo sul nuovo assetto costituzionale, dunque, dovrà tener conto dell'insieme delle risposte che sono state o saranno date a queste questioni.
Nel passaggio dall'originario testo base alla disciplina che viene sottoposta al Vostro esame è dunque mutato il modo attraverso il quale giungere ad un ordinamento federalistico della Repubblica. Gli Statuti speciali rappresentavano ad un tempo traguardo e modo, laddove il nuovo assetto costituzionale, se consente di ritenere sempre possibile l'approdo ad una Repubblica federale, richiede che si completino in senso appunto federale le parti della Costituzione che concernono la struttura degli organi costituzionali nazionali e il processo di revisione costituzionale.


3. È dunque ora più agevole passare ad illustrare gli articoli (a partire dal nuovo articolo 55) concernenti il Titolo I dell'Ordinamento della Repubblica, con i quali la Commissione propone di iniziare la nuova Parte Seconda della Costituzione.
I punti essenziali della proposta sono i seguenti.


a)
L'articolo 55, con il quale si apre il Titolo I della nuova Parte Seconda della Costituzione, contiene la definizione della Repubblica, che è rimasta la medesima dall'originaria proposta presentata il 22 maggio al nuovo testo approvato dalla Commissione.
In base ad esso si afferma che: «la Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Regioni e dallo Stato».
Il grande dibattito che si è sviluppato in Commissione e fuori su questa definizione richiede ancora una volta un chiarimento.
La distinzione tra Stato-ordinamento e Stato-comunità fa parte di una consolidata lettura della Costituzione italiana vigente. Sebbene non si possa affermare che il Costituente del '47 abbia sempre voluto e saputo distinguere tra Repubblica e Stato, si può certamente affermare che con il testo che si propone alla Vostra attenzione non si intende dissolvere l'unità politica della Repubblica, ma più semplicemente, seppur molto significativamente, affermare che non vi è più identificazione tra la Repubblica intesa come comunità nazionale e lo Stato inteso come apparato centrale.
Il principio di sussidiarietà, che diventa il fondamento del nuovo modello di Repubblica, parte pertanto dai Comuni per giungere allo Stato ed oltre, traendo tutte le conclusioni possibili dal principio contenuto nell'articolo 5 della Costituzione, in base al quale la Repubblica «riconosce le autonomie locali».


b)
Nel nuovo articolo 56 si affronta anche il rapporto tra gli enti politici territoriali, Stato compreso, e i privati. Si tratta di una questione di principio che ha suscitato attenzione e critiche di particolare rilievo ideale sulle quali è opportuno soffermarsi.
Già nell'articolo 2 della Costituzione la persona umana viene considerata potenzialmente capace di attività di rilievo pubblico e, quindi, tali da limitare fin dall'origine i poteri degli enti politici, locali, regionali o nazionali.
La formulazione dell'articolo 56 del nuovo Ordinamento repubblicano intende riprodurre questo rapporto tra pubblico e privato nel senso della necessità della motivazione della scelta dello strumento pubblicistico ogni qualvolta la persona dimostri di esser capace di svolgere «più adeguatamente» le attività che l'ente pubblico intenderebbe svolgere.
È di tutta evidenza che si tratta di un passaggio molto rilevante del testo, sì che è prevedibile che su di esso si esprimeranno giudizi e si formuleranno valutazioni che concorreranno al dibattito sul nuovo Ordinamento della Repubblica italiana.


c)
La centralità del Comune nel nuovo ordinamento viene affermata con l'esplicita indicazione che è attribuita ai Comuni la generalità delle funzioni regolamentari e amministrative, anche nelle materie nelle quali spetta allo Stato o alle Regioni la potestà legislativa, salve le funzioni espressamente attribuite alle Province, alle Regioni o allo Stato dalla Costituzione, dalle leggi costituzionali o dalla legge.
Si realizza in tal modo il superamento del parallelismo tra funzioni legislative e funzioni amministrative che ha caratterizzato sino ad oggi il decentramento.
Il principio che questo articolo afferma è quello della necessità di una motivazione specifica per le leggi regionali e statali che, disciplinando le materie di rispettiva competenza legislativa, intendano attribuire funzioni amministrative per la loro attuazione non già al Comune, come da preferenza indicata nel testo, ma alla Provincia o alla Regione o allo Stato medesimo.
E a tutela di questa attribuzione costituzionale di competenza l'articolo 60 prevede la facoltà nuova per i Comuni e per le Province di ricorrere direttamente alla Corte costituzionale contro le leggi regionali e statali lesive delle rispettive competenze amministrative.
Una esplicita previsione di ordinamenti differenziati per i piccoli Comuni per le zone montane e per le aree metropolitane completa l'articolazione costituzionale nuova della Repubblica.


d)
È espressamente sancito, nell'ultimo comma dell'articolo 56, che gli atti dei Comuni, delle Province e delle Regioni non sono sottoposti a controlli preventivi di legittimità o di merito.


e)
Se l'originaria proposta prevedeva che la ripartizione delle funzioni legislative tra Stato e Regioni avvenisse negli Statuti speciali di ciascuna Regione, sì che l'elenco delle materie di competenza statale sarebbe stato definito appunto da ciascuno Statuto in modo anche potenzialmente diverso da Regione a Regione, l'articolo 59 del Titolo I, invece, una volta scelto il modello della ripartizione nazionale uniforme delle competenze legislative, contiene la definizione delle materie di competenza legislativa statale, tutte le altre essendo rimesse alla potestà legislativa delle Regioni.
Si tratta del rovesciamento del principio di ripartizione delle funzioni legislative tra Stato e Regioni operato dall'attuale articolo 117 della Costituzione. Pur non potendo affermarsi che questo rovesciamento configuri di per sé solo la realizzazione del principio federalistico, è certamente vero che un ordinamento non potrebbe essere ritenuto federale se non vi fosse affermato il principio della attribuzione allo Stato di potestà legislativa specifica.
L'individuazione delle materie di competenza statale avviene sulla base di tre distinti interessi: la soggettività internazionale dello Stato; l'organizzazione dello Stato medesimo; i compiti di benessere per i quali viene attribuita allo Stato la potestà legislativa concernente la definizione dei livelli minimi uniformi nazionali per i diritti sociali, economici e civili.
L'unità dell'ordinamento giuridico repubblicano è garantita dal mantenimento della legislazione civile e penale nazionale, e delle relative giurisdizioni.
Tutti gli altri oggetti attribuiti alla competenza legislativa statale possono certamente essere posti in discussione, purché si rilevi che molti di essi sono formalmente attribuiti alla competenza legislativa statale in quasi tutti gli ordinamenti federali stranieri. Ogni dibattito sulla conservazione o meno in capo al Parlamento nazionale di questa o quella circoscritta potestà legislativa fa parte pertanto del dibattito sul modello di federalismo proposto per l'Italia, sì che ogni iniziativa tendente a modificare l'elenco delle materie di competenza statale sarà valutata alla luce del principio di fondo che ha ispirato la formulazione del testo: i livelli minimi sono definiti dal Parlamento nazionale, lasciando alle Assemblee legislative regionali l'articolazione dei livelli ulteriori di copertura dei diritti dei cittadini, e la definizione delle scelte amministrative e finanziarie ritenute opportune per il conseguimento degli obiettivi che ciascuna Regione ritiene di voler perseguire.
Quanto alla norma di chiusura con la quale si attribuisce allo Stato la potestà legislativa «per la tutela di preminenti e imprescindibili interessi nazionali», è ben possibile ragionare sulla sua formulazione e sul suo contenuto, purché sia chiaro che in ogni ordinamento anche federale esiste, esplicito o implicito, il potere del Parlamento nazionale di far fronte a fatti sopravvenuti o ad interessi che emergano come richiedenti una disciplina nazionale uniforme.


f)
Molto significativa è la formula con la quale si afferma che le attività culturali non sono una materia ripartibile tra Stato, Regioni ed enti locali, ma una dimensione dell'essere di ciascuno di questi soggetti istituzionali, sì che essi tutti possono promuovere ed organizzare attività culturali.


g)
L'articolo 61 disciplina gli oggetti degli Statuti ordinari che ciascuna Regione adotterà in piena autonomia, senza alcuna sottoposizione ad approvazione nazionale. Le due novità più significative concernono la libertà per ciascuna Regione di definire la propria forma di governo e la propria legge elettorale.
Si tratta di due principi di autonomia regionale che sono stati al centro di dibattiti molto appassionati in Commissione e che hanno dato vita ad una affermazione molto rilevante di autonomia politica delle Regioni.
Per quanto concerne la legge elettorale regionale si prevede che essa sia adottata a maggioranza dei due terzi dei componenti l'Assemblea legislativa, al fine di evitare che la maggioranza di governo scelga da sola la propria legge elettorale.


h)
Due novità rilevanti concernono i rapporti della Regione con l'Unione europea e con Stati o parti di Stati non facenti parte dell'Unione europea.
Per quanto concerne il primo punto, esso è trattato nella parte relativa all'Unione europea, e si fa riferimento ad esso in questo contesto perchè la disciplina dell'attività europea delle Regioni è fortemente orientata ad affermare il loro ruolo propositivo ed attuativo.
Per quanto concerne i rapporti delle Regioni con Stati o parti di Stato, si afferma, all'articolo 62, questa facoltà nuova di rapporti internazionali delle Regioni nelle materie di loro competenza, sulla base di una legge statale che disciplini l'assenso, anche tacito, del Governo.


i)
Negli articoli 64 e 65 si disciplina la parte fiscale del nuovo ordinamento costituzionale.
Questa disciplina è stata approvata dalla Commissione in alternativa ad una diversa disciplina di federalismo fiscale da me proposta.
Sono consapevole che su questo tema il dibattito nelle prossime settimane sarà particolarmente acceso. Per quanto mi concerne ritengo che dobbiamo operare per un equilibrio tra due esigenze entrambe fondamentali: salvaguardare la certezza per lo Stato di far fronte agli interessi sul debito pubblico attraverso il prelievo fiscale; ripartire tra Stato, Regioni ed enti locali la restante parte del gettito in modo da procedere anche in questo caso sulla base del principio di sussidiarietà, partendo pertanto dagli enti locali verso lo Stato e non viceversa.
Perequazione e solidarietà devono rappresentare l'aspetto unitivo del federalismo proposto, senza far violenza al principio di responsabilità che deve caratterizzare il rapporto tra enti locali, contribuenti, servizi e giudizio politico conseguente.
Una cosa deve essere certa: il federalismo non può comportare un incremento della pressione fiscale che per molte attività produttive e lavorative ha già superato la soglia di tollerabilità.


l)
Con l'articolo 66, che è l'ultimo della parte relativa alla originaria forma di Stato di mia competenza, si disciplinano i mutamenti territoriali relativi a Regioni, a Province e Comuni.
La novità maggiore concerne il potere attribuito alla Regione di istituire nuove Province o di mutare i confini e la denominazione delle Province esistenti.
Si tratta di un potere di organizzazione politica del territorio regionale, che già oggi comprende la potestà regionale relativa alla istituzione di nuovi Comuni. Con l'attribuzione di questo potere alle Regioni si opera uno sganciamento tra l'articolazione territoriale di ciascuna Regione e l'organizzazione periferica dello Stato. Nel nuovo assetto istituzionale proposto non vi è infatti più coincidenza tra l'una e l'altra, come invece avviene oggi nello Stato centralizzato articolato in periferia appunto su base provinciale.
In considerazione della rilevante novità istituzionale compiuta in tal modo si afferma, nella II disposizione transitoria, che la potestà legislativa regionale concernente le Province potrà essere esercitata a partire dal quinto anno successivo all'entrata in vigore della riforma costituzionale presente. Nella III disposizione transitoria, infatti, si prevede che ciascuna Regione decida il momento dell'entrata in vigore del nuovo ordinamento costituzionale sul suo territorio, scegliendolo tra il primo ed il quinto anno successivo all'entrata in vigore della riforma. È per questa ragione che la potestà legislativa regionale relativa alle Province potrà essere esercitata a partire dal quinto anno successivo all'entrata in vigore del nuovo ordinamento.
Resta confermata la possibilità di dar vita a Regioni che nascano dalla fusione di due o più Regioni purché con il consenso, espresso mediante referendum, delle popolazioni di ciascuna Regione interessata.


m)
Nell'articolo 58 si prevede la conferma delle Regioni esistenti, delle autonomie particolari per quelle a Statuto speciale, della articolazione della Regione Trentino-Alto Adige nelle due Province autonome di Trento e Bolzano. Nella I disposizione transitoria si disciplina il passaggio alle nuove competenze legislative da parte delle Regioni a Statuto speciale, con procedure anche semplificate rispetto a quelle previste dai rispettivi Statuti speciali.


n)
Nella III disposizione transitoria si disciplina il processo di transizione dal vecchio al nuovo ordinamento costituzionale: se le Regioni lo vorranno, questo processo sarà compiuto in non più di un anno dall'entrata in vigore della riforma.
Il Governo e il Parlamento dovranno definire di conseguenza le forme e i modi del trasferimento delle funzioni amministrative e dei relativi stanziamenti finanziari ai Comuni, alle Province e alle Regioni.
Nella IV disposizione transitoria si fanno salve le eventuali attribuzioni di competenze amministrative a favore di Comuni, Province e Regioni intervenute prima dell'entrata in vigore della riforma medesima.


4. In considerazione della opportunità di valutare la disciplina costituzionale della pubblica amministrazione con riferimento contestuale allo Stato, alle Regioni e agli enti locali, era stato affidato alla mia responsabilità di relatore sulla forma di Stato anche la proposta della disciplina costituzionale relativa appunto alla pubblica amministrazione.
Nel corso dei lavori della Commissione si è ritenuto opportuno prevedere espressamente, tra le materie di competenza legislativa statale, anche la competenza relativa ai princìpi dell'organizzazione e dell'attività amministrativa statale e, tra le materie di competenza regionale, l'attribuzione allo Statuto regionale della competenza a disciplinare l'organizzazione e l'attività amministrativa appunto regionali.
In sede di coordinamento finale del testo sottoposto al Vostro esame, si è ritenuto preferibile dedicare alla pubblica amministrazione una specifica Sezione, immediatamente successiva alla disciplina relativa al Governo.
In questi tre articoli si affermano principi costituzionali anche nuovi rispetto a quelli del buon andamento e della imparzialità oggi contenuti nell'articolo 97 della Costituzione.
Si prende in particolare atto della necessità di organizzare la pubblica amministrazione in senso sempre più produttivo di risultati utili per i cittadini. In tal senso si prevede l'adozione di sistemi di controllo interno di gestione e dei risultati conseguiti, anche con esplicito riferimento alla tutela dei diritti dei cittadini.


5. A conclusione di queste brevi considerazioni illustrative del nuovo Titolo I della Parte Seconda della Costituzione, mi sembra opportuno richiamare un passaggio della relazione che accompagnava l'originario testo base: «Non si rischia pertanto di passare dalla unità nazionale alla disunione nazionale ma, al contrario, dal patto di unità nazionale stipulato con la Costituzione repubblicana vigente ad un nuovo patto di unità nazionale, nella convinzione che il patto federale è oggi capace di dare nuovo vigore e nuova linfa proprio all'unità nazionale che è posta in discussione se si resta immobili nella conservazione dello status quo».
Il tempo trascorso dal 22 maggio ad oggi rende sempre più attuali quelle considerazioni.

Francesco D'ONOFRIO, relatore sulla forma di Stato.


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