FRIULI-VENEZIA GIULIA

Gorizia (Monfalcone)
Liceo scientifico «Michelangelo Buonarroti»

proposta d'iniziativa dei ragazzi


Vanessa Buttignon, Giorgia Cucut, Maria Cristina Laini, Andrea Martinelli e Andrea Nicoletti:

«Introduzione di città-lavoro e pene alternative per reati commessi da minorenni» (26)

RELAZIONE

L'ordinamento giuridico italiano riconosce al carcere la capacità di essere l'unico rimedio efficace nei confronti delle persone che commettono fatti previsti dalla legge come reati e di ottemperare le esigenze di difesa sociale che impongono l'isolamento dei rei affinché non provochino ulteriori danni come collettività. Tale esigenza fu inizialmente sentita come vendetta sociale, le pene quindi potevano essere distinte sostanzialmente in due gruppi, corporali e pecuniarie. Nell'evoluzione storica delle società e con l'acquisizione di gradi di civiltà sempre più alti, il carcere e la pena hanno recepito i caratteri della funzione rieducativa del reo alla vita sociale e alla considerazione del detenuto come persona umana, sostituendo ai concetti di volontà colpevole o responsabilità morale o addirittura di indole criminale, quello di pericolosità sociale intesa come probabilità che il soggetto, in determinate condizioni sia spinto a delinquere e la pena come retribuzione, è invece concepita come misura di sicurezza, cioè atta a prevenire il reato. L'ordinamento prevede che il detenuto per avviare il processo di reinserimento debba essere sottoposto al periodo di osservazione in cui gli operatori penitenziari elaborano le note di osservazione, ogni operatore per ogni singola competenza professionale, e che si concludano in una relazione di sintesi che individui il percorso del detenuto verso il suo reinserimento nella società libera, rispondente ai particolari bisogni della personalità di ciascun soggetto. Tutto il cammino di reinserimento inizia con l'esecuzione penale, in particolari circostanze il diritto riconosce che per i colpevoli di reati non gravi ai quali è stata inflitta una pena mite che la detenzione in carcere può essere non solo inutile, ma anche dannosa, viste le conseguenze che questa comporta (allontanamento dalla famiglia, perdita del lavoro, di stima sociale, eccetera) e che renderebbe la risocializzazione del condannato molto più difficoltosa e inutile la compilazione di un programma trattamentale all'interno dell'istituto penitenziario, vista la brevità della pena da scontare. Di qui la necessità per l'ordinamento di prevedere misure alternative alla detenzione e le sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi. Si analizzerà di seguito, in grandi linee, la normativa in materia di pene alternative alla detenzione, relazionandola alle caratteristiche oggettive e soggettive che ne consentono la fruizione. Sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi sono state introdotte dalla legge n. 689 del 1981 (modifiche al sistema penale) la finalità è quella di sostituire la carcerazione breve in sanzione di diverso contenuto, poiché la brevità della pena inflitta rende inidonee le finalità da questa prospettate.

ARTICOLATO

Art. 1.


1. Introduzione di città-lavoro in tutti i casi di reati lievi, di pene brevi (articolo 57 cap. III), per i minorenni e per i soggetti ritenuti non pericolosi per la quiete pubblica (applicabile anche alle esclusioni stabilite dalle modifiche al sistema penale stabilite dalla legge n. 689 del 1981).
2. Città-lavoro nelle quali il detenuto sarà rieducato, anche con il contributo di personale medico, affinché si reintegri anche tramite l'impiego di laboratori che l'aiuteranno a specializzarsi in un determinato campo.

Art. 2.

1. Nei casi di detenuti minorenni è prevista l'introduzione degli stessi nel settore dell'artigianato per facilitarne il reinserimento nella società.
2. La suddetta azienda dovrà, al termine del periodo di detenzione, assumerlo a pieno diritto.
3. Lo Stato provvederà a stanziare una determinata somma da versare mensilmente all'azienda quale aiuto per le spese da essa sostenute.

Art. 3.

1. Per l'attuazione dell'articolo 1 saranno utilizzate strutture preesistenti quali scuole, ospedali o altri locali dismessi.
2. L'utilizzo di queste strutture, situate in località isolate o poco popolate, ne garantirebbe inoltre un graduale ripopolamento.

Art. 4.

1. Utilizzo dei detenuti nella fase finale della loro pena in opere di interesse pubblico quali ristrutturazioni di opere pubbliche e altri impieghi socialmente utili.

Pordenone
IPSSCTS «F. Flora»

proposta d'iniziativa dei ragazzi


Ilenia Battistel, Giorgia Loconsole, Elena Piva, Riccarda Populin e Anna Sarah Venaruzzo:

«Destinazione di immobili pubblici non utilizzati, per attività dei giovani» (27)

RELAZIONE

Uno dei problemi oggi maggiormente dibattuti è la scarsa partecipazione dei giovani alla vita sociale e politica della realtà in cui essi vivono. Spesso o per la mancanza di un'occupazione stabile e di prospettive, oppure, paradossalmente, per il fenomeno contrario di un precoce abbandono della scuola per il mondo del lavoro, i giovani partecipano sempre meno alla realtà che li circonda e ai bisogni della comunità in cui vivono. Così, anche se non ce ne accorgiamo, giorno dopo giorno si assiste all'impoverimento culturale non solo di alcuni individui, ma di un'intera generazione. Ma d'altro canto dovunque esistono molti giovani che sarebbero disponibili a partecipare alla vita sociale, politica e culturale della realtà che li circonda, se solo vi fossero i luoghi e i mezzi per poterlo fare, e che si rendono conto che la mancanza di partecipazione e di confronto può portare alla creazione di falsi obiettivi, ad una generale apatia di fondo, ad una ricerca di impiegare il tempo libero in attività qualsiasi. Per tutti, ma soprattutto per costoro, è necessario trovare una soluzione adeguata al problema. Noi proponiamo a tale scopo la creazione di centri multifunzionali, che collocandosi in edifici pubblici, non più destinati a scopi istituzionali (caserme, scuole, eccetera), possano essere utilizzati direttamente da associazioni che presentino seri progetti e che siano in grado di gestire palestre, luoghi dove fare e ascoltare musica, laboratori di informatica e di creatività, biblioteche e videoteche, centri di accoglienza e di rieducazione per portatori di handicap, sale per incontri e dibattiti. Quanto noi proponiamo otterrebbe due risultati: creare luoghi di aggregazione in grado di dare risposte concrete alle richieste dei giovani e contemporaneamente creare una possibilità di lavoro a chi vuole gestire un'attività di tipo ricreativo, sociale e culturale.

ARTICOLATO

1. Gli edifici di proprietà dello Stato o degli Enti locali che non siano più utilizzati o utilizzabili a scopi istituzionali, purché siano strutturalmente idonei, vengono destinati a centri multifunzionali di aggregazione per i giovani, secondo le finalità e le necessità sociali e culturali del luogo in cui si trovano.
2. Un'apposita commissione, composta pariteticamente da associazioni «non-profit», associazioni sportive e culturali, rappresentanze studentesche e dei lavoratori, ha il compito di scegliere le migliori proposte da parte dei soggetti interessati alla gestione degli spazi, purché inseriti nella realtà locale e in possesso di adeguate strutture.
3. Si prevede che la copertura dei costi di gestione possa provenire da finanziamenti pubblici, da iscrizione ad associazioni, da attività di volontariato, dall'applicazione di prezzi politici per alcune prestazioni specificatamente individuate. La ripartizione dei costi di gestione viene determinata da successivi regolamenti di esecuzione.

Trieste
Istituto tecnico statale per geometri «Max Fabiani»

proposta d'iniziativa dei ragazzi


Andrea Marchesi, Stefano Matijasic e Matteo Rampini:

«Modifiche all'articolo 54 del codice civile» (28)

RELAZIONE

Nel diritto di famiglia per quanto riguarda le successioni, noi sappiamo che, in caso di morte di un coniuge, la normativa in materia (articolo 540 del codice civile) stabilisce che l'appartamento di famiglia dove i coniugi hanno vissuto venga ereditato oltre che dal coniuge superstite anche dai figli del defunto e al coniuge spetta il diritto di abitazione.
Può accadere che, con l'andare degli anni, l'appartamento in questione non sia più adatto alle esigenze del coniuge. Ad esempio un appartamento situato al quinto piano senza ascensore, con una persona in età con problemi di salute per cui diventa difficile muoversi e abitarvi. Se il coniuge vuole vendere quell'appartamento per comperarne un altro adatto alle sue esigenze e uno dei comproprietari non è d'accordo il coniuge non può farlo e si vede costretto o ad abbandonare la casa o a continuare a viverci con grosse difficoltà.
Chiediamo quindi un'aggiunta all'articolo del codice civile che preveda che per comprovati motivi di salute il coniuge che non può continuare ad abitare l'appartamento abbia la possibilità di venderlo con l'obbligo di acquistarne un altro consono alle sue esigenze e intestato obbligatoriamente sempre alle stesse persone.

ARTICOLATO

Art. 540-bis.

1. Il coniuge comproprietario con i figli dell'appartamento di famiglia al quale sono riservati diritti di abitazione, in caso di comprovati motivi di salute, o altri, per cui l'abitazione di cui all'uso non è più idonea alle sue esigenze ha il diritto di alienarla anche senza il consenso dei figli con l'obbligo di acquistarne un'altra adatta alle sue esigenze e intestarla alle stesse persone comproprietarie dell'immobile alienato.


Trieste
I.T.C.G.S. «Ziga Zois»

proposta d'iniziativa dei ragazzi


Katja Spetic e Deborah Vitez:

«Utilizzo degli edifici scolastici» (29)

RELAZIONE


Il problema degli edifici scolastici malconci ed inutilizzati è molto sentito e attuale in Italia. Alcune strutture scolastiche necessitano non soltanto di ordinaria, ma anche di straordinaria manutenzione, cui non si è provveduto per lunghi periodi. Molti edifici versano pertanto in uno stato di degrado notevole. Questo patrimonio immobiliare viene spesso, inoltre, gestito male. Nella maggior parte dei casi viene utilizzato, solamente per le lezioni, per corsi o riunioni scolastiche, per concorsi statali e come sede elettorale, rimanendo inutilizzato all'incirca un terzo dell'anno senza tener conto, in generale della disponibilità pomeridiana delle strutture. Lo Stato non dispone dei mezzi necessari per finanziare adeguatamente, almeno così sembra, la manutenzione degli edifici scolastici e l'acquisto di materiale didattico, necessari entrambi per una scuola moderna al passo con i tempi in una nazione sviluppata come l'Italia.
Molti di questi inconvenenti si potrebbero ovviare con una gestione autonoma del patrimonio immobiliare e del materiale didattico, mettendo a disposizione le aule scolastiche e il relativo equipaggiamento a utenti esterni, come, ad esempio, circoli culturali e sportivi, assemblee di condominio, società ed altri soggetti, nei periodi in cui non sono utilizzate a scopi didattici. Le scuole potrebbero così provvedere o partecipare alla manutenzione degli edifici. Nelle aule si potrebbero svolgere seminari, corsi e varie attività extrascolastiche, organizzate anche dagli stessi studenti. Per la direzione di questi progetti andrebbe esteso a questo settore il potere decisionale già delegato al Consiglio d'istituto, potenziando la presenza della componente studentesca alle riunioni riguardanti le modalità della gestione, e le modalità dell'impiego del denaro da essa ricavato. I guadagni derivanti da tale gestione dinamica parteciperebbero alle spese per l'amministrazione ordinaria di ogni singola scuola e servirebbero per l'acquisto di libri, computer, cd, cd-rom e videocassette didattici. Si potrebbero inoltre organizzare delle attività extracurricolari per gli studenti, in base alle scelte deliberate durante le assemblee studentesche. Gli studenti potrebbero così partecipare attivamente alla gestione delle risorse scolastiche. Gli studenti maggiorenni potrebbero assumersi l'incombenza di sorvegliare le aule durante le attività aggiuntive, ricevendo, quando possibile, un piccolo compenso in cambio per l'impiego assunto. Questo impegno potrebbe essere valutato anche nell'ambito dei crediti formativi.
In questo modo, si potrebbero potenziare le biblioteche e lo scarso materiale didattico, permettendo nel contempo agli studenti di organizzare una parte del proprio tempo libero all'interno dei vari circoli della scuola; una tale politica offrirebbe a noi studenti un'alternativa alla strada come punto d'incontro, permettendoci nel contempo di prestare il nostro lavoro, responsabilizzandoci e, introiti permettendo, di guadagnarci anche.

ARTICOLATO

Art. 1.

1. Si permette l'uso degli edifici e dell'equipaggiamento scolastico a utenti esterni su loro richiesta scritta, indirizzata al Consiglio d'istituto della scuola, nei periodi in cui non si svolgono le regolari lezioni.
2. Il Consiglio d'istituto con una componente studentesca potenziata per quanto concerne la sola votazione sui punti riguardanti l'articolo 1, valuta e redige un regolamento apposito in base alle richieste pervenute, deliberando sulle modalità della gestione; questo può entrare in vigore previa consultazione, non vincolante, dell'assemblea degli studenti. Nel regolamento vanno definite le modalità della fruizione del patrimonio scolastico da parte di terzi e dagli studenti, gli eventuali compensi e l'utilizzo prioritario degli stessi.
3. L'utilizzo del denaro ricavato riguarderebbe principalmente il finanziamento di:

a) interventi di piccola manutenzione;
b) potenziamento del materiale scolastico e didattico;
c) arredo scolastico di piccola dimensione (appendini, armadietti, scaffali...);
d) contributo a studenti bisognosi;
e) organizzazione di attività aggiuntive proposte dagli studenti;
f) organizzazione di attività informative, culturali e sportive aperte a tutti;
g) eventuale compenso (regolamentato dall'istituto) per gli studenti maggiorenni impiegati, in attività di sorveglianza dell'edificio e del materiale durante l'utilizzo da parte di terzi;
h) sovvenzione per corsi all'estero per gli studenti ed esperienze lavorative distanti dal luogo di residenza, sia in Italia sia all'estero;
i) attività sociali degli studenti (festività di Natale, ricorrenze scolastiche, cerimonia conclusiva di fine anno...).


Udine
Liceo ginnasio J. Stellini

proposta d'iniziativa dei ragazzi


Eliana Cella, Giulia Mauro, Alberto Querini, Andrea Franco Siciliotti e Enrico Sorio:

«Abolizione delle tasse di affissione per associazioni non-profit» (30)

RELAZIONE


In quest'aula, in più occasioni, abbiamo affrontato il problema dell'informazione, indicando in quali termini ci sia consentito agire al fine di permetterne la più ampia e corretta gestione.
La proposta che sottoponiamo alla vostra attenzione, può apparire di scarso rilievo, riguardando un mezzo informativo che agisce in ambiti piuttosto ristretti; assume invece rilevante importanza quando si considerino le finalità che tale informazione si propone.
Facciamo riferimento all'affissione di manifesti volti ad informare i cittadini su avvenimenti e attività di carattere culturale e ricreativo organizzati da associazioni senza fini di lucro per le quali non è attualmente previsto alcun tipo di agevolazione.
Le associazioni non-profit, come si sa, svolgono una funzione di sensibilizzazione civile e non di utilità economica e spesso sono caricate di costi eccessivamente onerosi, specialmente per quello che riguarda la produzione dei manifesti o altra propaganda informativa.
Riteniamo perciò importante proporre che laddove questa informazione svolga evidenti funzioni di pubblica utilità, venga esonerata almeno dal «pedaggio» della tassa di affissione, tassa invece doverosa per la normale pubblicità.

ARTICOLATO

Art. 1.

1. L'informazione prodotta da associazioni o enti culturali e religiosi viene agevolata in quanto utile alla collettività.
2. Si abolisce il pagamento della tassa comunale di affissione per manifesti e altro materiale informativo prodotto da associazioni che rientrano nella suddetta tipologia.
3. Rimane in vigore l'obbligo di presentare i manifesti all'ufficio competente che ne consentirà l'affissione, apporrà il timbro e fisserà il periodo di esposizione consentita.