Onorevoli Colleghi! - La Giunta riferisce su una richiesta di deliberazione in materia di insindacabilità avanzata dal deputato Umberto BOSSI con riferimento ad un procedimento civile pendente nei suoi confronti presso il Tribunale di Roma, iniziato con atto di citazione del dottor Sergio Tè, direttore dell'Agenzia giornalistica O.P.I. (Osservatorio politico internazionale).
Il fatto di cui si duole il dottor Tè consiste in alcune affermazioni rese dall'onorevole Bossi nel corso di una conferenza stampa tenutasi presso l'Associazione della Stampa estera nella sede di Roma il 20 ottobre 1994.
Secondo quanto è prospettato nell'atto di citazione, si trattava di una conferenza stampa in cui erano presenti almeno 50 giornalisti. Nel corso della medesima, il dottor Tè ebbe ad interrogare l'onorevole Bossi sulle conseguenze che certe dichiarazioni di alcuni politici, in particolare leghisti, causavano sulla Borsa italiana. La risposta dell'onorevole Bossi sembra essere stata del seguente tenore: «Caro amico, su di Lei abbiamo fatto qualche indagine ed abbiamo scoperto che dietro di sé Lei ha un telefono e delle cose strane» alludendo in tal modo alla scarsa onorabilità del dottor Tè. Ad una successiva domanda, sempre del dottor Tè, riguardante il sospetto che la Lega avesse abbandonato il federalismo popolare, l'onorevole Bossi ebbe infine a rispondere: «Mi lasci in pace: so bene che Lei lavora per i Servizi segreti». Infine, all'osservazione spiritosa di uno dei presenti secondo cui il dottor Tè era in rapporto con il Sisde in quanto diretto dall'allora Ministro dell'interno, onorevole Maroni, l'onorevole Bossi affermava: «se fosse così, vorrebbe dire che Maroni non ha ancora fatto tutta la pulizia che deve fare». Il resoconto della vicenda è altresì riportato in un articolo apparso su Il Corriere della Sera del 31 ottobre 1994 a firma di Gianfanco Ballardin.
L'attore chiede, per tali fatti, il risarcimento del danno nella misura di un miliardo.
La Giunta ha esaminato la questione nella seduta del 17 novembre 1999 alla quale il deputato Bossi, sia pure debitamente convocato, non ha ritenuto di intervenire.
Nel corso del dibattito è stato messo in evidenza da taluni componenti della Giunta che, sebbene il contesto potesse considerarsi lato sensu politico-parlamentare, le espressioni usate dall'onorevole Bossi abbiano travalicato tale contesto scendendo sul piano dell'ingiuria personale. Da altri è stato, viceversa, messo in evidenza che, anche al di là delle apparenze, il contesto politico complessivo nel quale si sono svolti i fatti è tale da giustificare pienamente il comportamento del collega. Non va dimenticato, infatti, che stiamo parlando del momento storico in cui, in un momento di turbolenza dei rapporti tra i partners della maggioranza dell'epoca, che preludeva all'abbandono di tale maggioranza da parte della Lega nord, furono diffuse da alcuni ambienti alcune liste di deputati che si preparavano a ritirare il loro appoggio al Governo. È stato ritenuto che avanzare, in un momento politico così difficile, dinanzi ad una platea particolarmente qualificata e sensibile come quella della stampa estera, l'accusa di voler incidere scientemente, con la propria attività politica, sull'andamento della Borsa, costituisca un attacco politico gravemente diffamatorio nei confronti della formazione della quale è leader l'onorevole Bossi e che dunque il contesto complessivo era da considerarsi complessivamente politico e pertanto tale da giustificare almeno il carattere politico della reazione dell'onorevole Bossi.
Per il complesso dei motivi sopra evidenziati la Giunta riferisce all'Assemblea nel senso che i fatti per i quali è in corso il procedimento concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni.
Michele SAPONARA, Relatore.
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