All'onorevole Presidente
della Camera dei Deputati
Roma, 3 settembre 1997.
Oggetto: Richiesta di autorizzazione a norma dell'articolo 68 della Costituzione nei confronti dell'onorevole Cesare Previti formulata dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Milano (proc. 9520/95 R.G.N.R.).
Per il tramite del Procuratore Generale presso la Corte di Appello, il Procuratore della Repubblica legittimato alle indagini mi ha inviato in duplice originale l'allegata richiesta di «autorizzazione a richiedere, emettere ed eseguire la misura della custodia cautelare in carcere» nei confronti del Parlamentare sopra indicato.
Per quanto di competenza, trasmetto pertanto in duplice originale la predetta richiesta con gli allegati costituiti da n. 6 faldoni sigillati dall'ufficio richiedente.
Al signor Ministro
di grazia e giustizia
Milano, 3 settembre 1997.
Invio per la successiva trasmissione al Signor Presidente della Camera dei Deputati, in duplice originale accompagnati da una serie di allegati, la richiesta di autorizzazione a richiedere, emettere ed eseguire la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di un Membro del Parlamento della Repubblica.
Con alta stima e considerazione.
Milano, 3 settembre 1997.
Oggetto: Richiesta di autorizzazione a richiedere, emettere e - se concessa - ad eseguire ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di: Cesare PREVITI, nato a Reggio Calabria il 21.10.1934, Deputato al Parlamento.
Al Signor Presidente
della Camera dei Deputati
ROMA
nell'ambito del procedimento indicato in epigrafe a carico anche di: Cesare PREVITI, nato a Reggio Calabria il 21.10.1934,
in ordine:
A) al reato di cui agli artt. 81, 110, 321, in relazione all'articolo 319 c.p., perché agendo in concorso con altri, intermediando la promessa ed il versamento di denaro a Renato Squillante - e per il tramite di questi - ad altri pubblici ufficiali, unitamente ad Attilio Pacifico o comunque in concorso con lui, consegnava ingenti somme di denaro in contanti per conto di società aventi sede in Milano, perché Renato Squillante, nella sua qualità di pubblico ufficiale in quanto Consigliere Istruttore aggiunto presso il Tribunale di Roma, compisse una indeterminata serie di atti contrari ai doveri d'ufficio in quanto stabilmente retribuito perché ponesse le sue pubbliche funzioni al servizio degli interessi degli erogatori violando i doveri di imparzialità, probità e indipendenza tipici della funzione giudiziaria, in tutti i procedimenti e in ogni altra attività di cui fosse richiesto, e violando altresì il segreto d'ufficio fornendo le informazioni a lui richieste, ed impegnandosi altresì ad intervenire su altri appartenenti agli uffici giudiziari al fine di indurli a compiere atti contrari ai doveri del loro ufficio in modo da favorire le società predette o comunque gli erogatori in violazione dei già citati doveri di imparzialità, probità e indipendenza.
In Milano e altrove sino al 1989.
B) del reato previsto e punito dagli artt. 81-110, 112 n. 1, 321 in relazione agli artt. 319 e 319-ter c.p. perché, agendo in concorso con ACAMPORA Giovanni, PACIFICO Attilio, SQUILLANTE Renato (nella sua qualità indicata al capo precedente), VERDE Filippo - nella sua qualità prima di magistrato con funzioni giudicanti presso le sezioni civili del Tribunale di Roma, poi di Capo di Gabinetto del Ministro di Grazia e Giustizia -, ROVELLI Nino e con i suoi eredi BATTISTELLA Primarosa e ROVELLI Felice nonché in concorso con altri magistrati appartenenti al distretto di Corte d'Appello di Roma e pubblici ufficiali od incaricati di pubblico servizio appartenenti all'amministrazione giudiziaria, intermediando - in accordo con ACAMPORA, PACIFICO e SQUILLANTE - tra ROVELLI Nino ed i suoi eredi da un lato ed i pubblici ufficiali dall'altro, perché costoro violassero i loro doveri di imparzialità, segretezza, indipendenza e probità nell'espletamento delle loro funzioni pubbliche, allo scopo di favorire ROVELLI Nino ed i suoi eredi nei vari gradi di giudizio del procedimento civile fra costoro e l'I.M.I. - procedimento trattato nel merito prima dal Tribunale poi dalla Corte d'Appello di Roma (cause riunite 3176/89 e 3250/89) e passato in giudicato a seguito della dichiarazione d'improcedibilità del ricorso dell'IMI da parte della Corte di Cassazione - riceveva dagli eredi di ROVELLI le somme di seguito indicate, direttamente ed attraverso ACAMPORA e PACIFICO, destinate in parte a retribuire la mediazione, in parte ai citati pubblici ufficiali che le ricevevano.
In particolare, tra gli altri:
VERDE nella sua qualità di Presidente di sezione del Tribunale Civile di Roma, nel giudizio di primo grado della controversia IMI/Rovelli, in data 31.10.1986, decideva ed induceva a decidere la causa favorevolmente ai ROVELLI;
VERDE nella sua qualità di Capo di Gabinetto del Ministro di Grazia e Giustizia, al fine di impedire al dr. MINNITI - Presidente di sezione del Tribunale civile di Roma, componente del collegio giudicante che avrebbe dovuto occuparsi del giudizio civile di determinazione del quantum di risarcimento del danno, che, avendo studiato l'incarto processuale, aveva reso nota la sua determinazione di disporre una nuova perizia per la quantificazione dell'entità del danno - di partecipare al predetto giudizio ed in particolare all'udienza del 4.4.89 organizzava per lo stesso giorno pretestuosamente una inutile riunione presso il Ministero di Grazia e Giustizia, avente ad oggetto questioni di edilizia giudiziaria, convocando il dr. MINNITI alla predetta riunione ed imponendogli di parteciparvi inderogabilmente;
Pubblici ufficiali o comunque incaricati di pubblico servizio, appartenenti agli uffici della Corte di Cassazione, violavano il segreto d'ufficio rendendo noto a terzi - diversi dai componenti del Collegio che in Cassazione avrebbe dovuto occuparsi della questione della improcedibilità - che il Presidente del Collegio dr. CORDA aveva predisposto un appunto indirizzandolo ai colleghi del Collegio giudicante, e che nell'appunto si prospettava la possibilità di una modifica dell'orientamento giurisprudenziale, idonea a consentire l'ammissibilità del ricorso presentato dall'IMI presso la Suprema Corte, così creando le condizioni di fatto per l'astensione del magistrato dal giudizio sulla ammissibilità del ricorso IMI;
SQUILLANTE, in violazione dei doveri di imparzialità, probità e indipendenza tipici della funzione giudiziaria, metteva in contatto Felice ROVELLI, con l'avv. Francesco BERLINGUER, perché costui, a fronte di una promessa di retribuzione per ingenti somme di denaro non inferiori a 500.000.000 di lire, avvicinasse un membro del collegio giudicante della Corte di Cassazione per indurlo a violare l'obbligo del segreto e fornire agli eredi ROVELLI notizie attinenti al giudizio IMI/ROVELLI.
Ricevendo ai fini sopra indicati, tramite bonifici effettuati dai predetti eredi ROVELLI rispettivamente:
a) Pacifico FRS 28.850.000 presso:
1. quanto a FRS 10.000.000 (pari a lire 11.677.300.000), Società Bancaria Ticinese di Bellinzona, a favore di Alvaneu Anstalt, valuta 21.3.94;
2. quanto a FRS 6.000.000 (pari a lire 6.854.100.000), S.B.S. Lugano, a favore di EMCO AG, valuta 31.3.94;
3. quanto a FRS 6.000.000 (pari a lire 6.812.040.000), S.B.S. Lugano, a favore di Veteri Anstalt, valuta 07.04.94;
4. quanto a FRS 6.000.000 (pari a lire 6.724.740.000), Verwaltungs und Privat-Bank Vaduz, a favore di CODAVA Est., valuta 13.5.94;
5. quanto a FRS 850.000 (pari a lire 995.460.500), Società Bancaria Ticinese di Bellinzona, a favore del conto Pavone, valuta del 24.6.94;
b) Previti FRS 18.000.000 (pari a lire 21.019.140.000). SBS Ginevra, a favore del conto 136183, rif. Filippo. valuta del 21.3.1994;
c) Acampora FRS 10.850.000:
1. quanto a FRS 850.000 (pari a lire 995.460.500), B.I.L. Lussemburgo, a favore del conto 5/102/4379/540, valuta 24.6.94;
2. quanto a FRS 2.500.000 (pari a lire 2.927.825.000), Royal Bank of Scotland, Londra, a favore del conto SWLAMA, valuta 24.06.94;
3. quanto a FRS 2.500.000 (pari a lire 2.927.825.000), Royal Bank of Scotland, Londra, a favore del conto BLAWOR, valuta 24.06.94;
4. quanto a FRS 2.500.000 (pari a lire 2.927.825.000), Liechtensteinische Landesbank, Vaduz, a favore del conto 396.085.04, valuta 24.06.94;
5. quanto a FRS 2.500.000 (pari a lire 2.927.825.000), Liechtensteinische Landesbank, Vaduz, a favore del conto 396.088.09, valuta 24.06.94;
e così complessivamente la somma di FRS 57.700.000 pari - al cambio di valuta nel giorno degli accrediti - a lire 66.789.541.000.
Reato aggravato dal numero delle persone superiore a cinque.
Accordi intervenuti in luogo imprecisato a far tempo dal 1986 e pagamenti avvenuti su banche in Lussemburgo, Confederazione Elvetica, Liechtenstein, Regno Unito almeno fino al 1994.
1. - SUI GRAVI INDIZI DI REITÀ.
A carico di Cesare PREVITI sussistono gravi indizi di colpevolezza in ordine alle ipotesi reato sopra indicate.
I) reato di cui ai capo a):
Stefania ARIOSTO ha dichiarato, in data 28 luglio 1995 e 23 ottobre 1995 (cfr. allegato nr. 1), ed ha ampiamente confermato in successivo incidente probatorio (cfr. allegato nr. 2), di avere appreso da Cesare PREVITI che egli «aveva a libro paga numerosi magistrati romani»; di avere assistito personalmente a due versamenti di denaro da parte di Cesare PREVITI a Renato SQUILLANTE (indicato quale collettore delle tangenti); che a tali vicende partecipava anche Attilio PACIFICO, avvocato in Roma e legato a Cesare PREVITI.
Le indagini esperite hanno permesso di accertare che:
Stefania ARIOSTO frequentava Cesare PREVITI, con il quale era in rapporti di cordialità e fiducia come risulta in modo inequivocabile da fotografie acquisite (cfr. allegato nr. 3) e da dichiarazioni di vari soggetti;
in epoca antecedente a quella in cui rese dichiarazioni alla Autorità Giudiziaria, Stefania ARIOSTO aveva riferito gli episodi a due persone che hanno confermato i colloqui, avvenuti in epoca non sospetta e cioè Giorgio CASOLI (già consigliere della Corte Suprema di Cassazione in servizio alla Prima Sezione Penale della Corte Suprema, già Sindaco di Perugia, Senatore della Repubblica e Sottosegretario alle Poste) - (cfr. allegato nr. 4) e Vittorio DOTTI (già Deputato al Parlamento, per lo stesso raggruppamento politico cui appartiene l'on. Cesare PREVITI - (cfr. allegato nr. 5);
i rapporti molto stretti fra Cesare PREVITI e numerosi magistrati di cui Stefania ARIOSTO aveva riferito sono risultati provati talora in modo documentale, come nel caso del viaggio negli U.S.A. per la premiazione (organizzata dalla NIAF) di CRAXI quale «uomo dell'anno» in cui le spese di viaggio e soggiorno di molti magistrati furono pagate da Cesare PREVITI. Al viaggio parteciparono, tra gli altri, Filippo VERDE e Renato SQUILLANTE (1) (cfr. allegato nr. 6);
nei periodi indicati dall'ARIOSTO - come in altri periodi - risultano numerose operazioni bancarie da cui è possibile evidenziare rilevanti disponibilità di contanti in capo a Cesare PREVITI: in particolare su conti correnti presso B.N.L., Banca Commerciale Italiana e Rolo Banca di Roma intestati a Cesare PREVITI nel periodo 1.1.1986-13.05.1992 risultano versamenti per contanti per complessive lire 17.804.030.500 (2), e prelevamenti mediante assegni a favore di se stesso per vari miliardi per l'esattezza oltre quattro miliardi e mezzo, con punte di quasi un miliardo e duecento milioni nel 1988 e quasi due miliardi e trecento milioni nel 1989) - (cfr. allegato nr. 7);
per numerose operazioni risulta aver operato Marco IANNILLI, impiegato, assistente addetto alla segreteria dello studio dell'on. Cesare PREVITI dal 1977, menzionato frequentemente nelle agende di Attilio PACIFICO in periodi nei quali si verificano altri fatti di rilievo per la vicenda di cui al capo successivo (cfr. allegato nr. 8);
risultano effettivamente esservi stati rapporti fra Cesare PREVITI ed EFIBANCA come segnalato dall'ARIOSTO (cfr. allegato nr. 9);
Renato SQUILLANTE aveva ingenti disponibilità finanziarie all'estero, incompatibili con i suoi redditi apparenti e dichiarati. Inoltre indagini esperite presso l'agente di cambio ALOISIO De GASPERI hanno permesso di evidenziare come gli asseriti investimenti di borsa fossero invece soltanto manovre per dissimulare la provenienza del denaro, evidentemente illecita (cfr. allegato nr. 10);
nel periodo cui si riferisce il capo A SQUILLANTE ha ricevuto. tramite bonifici, quasi 200.000 franchi svizzeri (tutti provenienti da conti di Pacifico) e 150.000 dollari sui conti accesi presso la Società Bancaria Ticinese, per un totale in controvalore in lire di circa 380 milioni, in un periodo di poco successivo, ed esattamente il 6 marzo 1991, poco più di 434.000 dollari (pari a mezzo miliardo di lire, come specificato dalla contabile) bonificatigli da Cesare PREVITI (cfr. allegato nr. 11).
Altri elementi sono riepilogati nella ordinanza di custodia cautelare emessa in data 11.3.1996 nei confronti di Renato SQUILLANTE e Attilio PACIFICO (cfr. allegato nr. 12), nonché in quella emessa in data 10.4.1997 nei confronti di Fabio, Mariano SQUILLANTE e Olga SAVTCHENKO (cfr. allegato nr. 13) e nei provvedimenti che in sede di gravame hanno confermato la sussistenza di gravi indizi di reità (cfr. allegato nr. 14 e 15).
Gli elementi ora elencati costituiscono riscontro decisivo delle dichiarazioni rese da Stefania ARIOSTO (il cui contenuto è stato contestato dalla difesa di Cesare PREVITI senza che, tuttavia, tali elementi di riscontro e gli altri, ampiamente indicati nei vari provvedimenti sulla libertà personale, siano stati intaccati (3), sicché sulla posizione dell'indagato non è il caso di soffermarsi oltre, rinviando per i dettagli al contenuto dei provvedimenti citati sopra, anche alla luce delle imponenti prove, di cui ora si dirà, in relazione al reato sub B).
II) reato di cui al capo b).
L'esatta comprensione della pregnanza degli elementi d'accusa a carico di Cesare PREVITI deve, necessariamente, muovere dai provvedimenti cautelari emessi nei confronti di ACAMPORA e PACIFICO, nei quali nei diversi gradi di giurisdizione e fino alla Corte di Cassazione, è stata riconosciuta l'esistenza di un nesso tra le erogazioni di danaro dei ROVELLI, poste in essere attraverso gli indagati, ed il condizionamento dell'esito del giudizio IMI/ROVELLI, attraverso la corruzione di pubblici funzionari (4).
Altro provvedimento di custodia cautelare per i medesimi fatti corruttivi è intervenuto nei confronti di Felice ROVELLI e Primarosa BATTISTELLA, rispettivamente figlio e vedova di Nino ROVELLI (cfr. allegato nr. 20 e 21).
Siffatti provvedimenti devono intendersi integralmente richiamati in questa sede (5).
Orbene, se i versamenti a Cesare PREVITI sono stati posti in essere nel medesimo contesto e per le medesime ragioni delle erogazioni avvenute verso PACIFICO ed ACAMPORA, circostanza affermata dagli eredi ROVELLI e non smentita da alcuno degli indagati, se siffatte erogazioni sono intervenute con finalità corruttive, circostanza ritenuta nei citati provvedimenti cautelari fino al giudizio di cassazione, è indiscutibile la sussistenza di gravi indizi a carico dell'indagato.
Del resto, le indagini eseguite. pure esse richiamate nei citati provvedimenti cautelari, hanno consentito di escludere la riferibilità di tali versamenti in denaro ad una attività professionale svolta da ACAMPORA, PREVITI e PACIFICO per i ROVELLI (6).
Ulteriore elemento avente natura indiziana, anch'esso direttamente riferibile alla posizione di Cesare PREVITI, è costituito dalla circostanza che per i pagamenti è stato utilizzato lo stesso fondo destinato agli impegni della procedura IMI e dal fatto che i pagamenti in questione sono avvenuti solo dopo la materiale percezione della somma netta attribuita ai ROVELLI in esito al giudizio.
Altro elemento avente natura indiziaria emerge dall'analisi delle modalità dei versamenti, quale risulta dalla seguente tabella:
Dall'analisi dei tempi e delle modalità dei versamenti è dato desumere, con alto grado di probabilità, l'origine illecita delle somme in questione, giacché si evidenzia come gli indagati abbiano cercato di porre una barriera tra i loro, comunque occulti, rapporti bancari esteri, e il ricevimento delle somme di cui si tratta.
Ed invero:
gli eredi ROVELLI hanno costituito una apposita società, con sede in Liechtenstein, la PITARA Trust, per provvedere ai pagamenti relativi alla vicenda processuale con l'IMI. Questa società e i conti correnti aperti a suo nome, sono stati interposti nei pagamenti diretti ad ACAMPORA, PACIFICO e PREVITI (cfr. allegato nr. 22);
PACIFICO, pur avendo a disposizione una nutrita serie di conti correnti accesi presso la Società Bancaria Ticinese di Bellinzona, la S.B.S. di Lugano e la Banca Commerciale di Lugano, ha costituito per il tramite di Ettore ABELTINO (delle cui dichiarazioni si richiama a questo proposito il contenuto - cfr. allegato nr. 27) delle società nelle quali non figura nemmeno come beneficiario economico.
Cesare PREVITI ha ricevuto l'importo non direttamente sul conto corrente «Mercier» presso la Darier Hentsch di Ginevra, bensì lo ha fatto transitare su un conto corrente transitorio della S.B.S. di Ginevra, da cui poi è stato girato sul conto «Mercier» (cfr. allegato n. 28).
Peraltro, dalla documentazione bancaria e societaria acquisita recentemente presso la Confederazione Elvetica risulta evidente che il denaro ricevuto da PREVITI, PACIFICO e ACAMPORA è andato per gran parte a confondersi attraverso una serie di passaggi tra i vari conti correnti dell'uno e dell'altro interprete della vicenda. In particolare, nell'aprile 1994 Cesare PREVITI ha movimentato circa 5.500.000 FrS verso PACIFICO (cfr. allegato n. 29) e, a partire dalla seconda metà del 1994 - quando era Ministro della Repubblica - ha movimentato complessivamente almeno altre lire 1.600.000.000 verso PACIFICO (cfr. allegato n. 30) mentre da società che si ha ragione di ritenere collegate ad ACAMPORA o a persone a lui vicine sono state bonificate a PACIFICO complessivamente cifre dell'ordine di miliardi di lire.
È stato altresì accertato che PACIFICO ha disposto attività di spallonaggio, tramite tale BOSSERT (cfr. allegato n. 31), per far rientrare in Italia in contante, complessivamente oltre dieci miliardi di lire ed in talune ipotesi l'attività di spallonaggio è stata preceduta dalle rimesse di denaro da Cesare PREVITI (cfr. allegato nr. 30) e ACAMPORA (o soggetti a lui vicini) a PACIFICO.
Ulteriori elementi significativi di responsabilità a carico di Cesare PREVITI si traggono dall'analisi della vicenda processuale IMI/ROVELLI, che evidenzia le incredibili anomalie che ne hanno caratterizzato lo svolgimento. Non si intende qui sindacare il merito di un provvedimento giudiziario ma soltanto evidenziare come siano intervenute talune aporie esterne al momento decisorio e tuttavia certamente idonee ad influenzarlo tutte nella prospettiva del riconoscimento delle ragioni degli eredi ROVELLI. Il rilievo di tali anomalie, nella vicenda in esame, consiste nella circostanza che esse individuano una parte degli atti contrari ai doveri di ufficio per i quali sono intervenuti i pagamenti effettuati dalla famiglia ROVELLI, pagamenti cui sono seguiti, a breve intervallo, flussi di denaro privi di plausibile giustificazione, tra PACIFICO da un lato, SQUILLANTE e uno degli autori di tali atti «contra ius», VERDE, dall'altro.
La vicenda processuale IMI/ROVELLI è descritta nell'ordinanza di custodia cautelare del G.I.P. del Tribunale di Milano datata 15.05.96 (pagg. 7-11 - allegato n. 16), alla quale si fa espresso rinvio. Essa è stata caratterizzata tra le altre, dalle anomalie che seguono.
Dopo che il Tribunale di Roma - collegio presieduto da Filippo VERDE - con sentenza 31.10.1986 aveva accolto la domanda proposta dagli eredi ROVELLI limitatamente all'an debeatur, disponendo la separazione e la prosecuzione del giudizio sul quantum, con sentenza 13.5.1989 il Tribunale di Roma determinò il quantum, e cioè l'importo che I.M.I. doveva corrispondere agli eredi ROVELLI.
Sennonché la formazione del nuovo collegio giudicante ebbe a subire un'improvvisa modificazione a causa di una singolare circostanza. Infatti, il Presidente del Tribunale di Roma - dr. Carlo Minniti - (cfr. allegato n. 32), che avrebbe dovuto presiedere il collegio - attesa la delicatezza della causa - aveva preventivamente studiato l'incarico processuale formandosi l'idea di dover disporre una nuova perizia per la determinazione del quantum. Di tale circostanza aveva avuto modo di parlare con il dr. Sammarco (Presidente della Corte d'Appello di Roma) precedentemente all'udienza fissata per il 4.4.89. Proprio quel giorno ricevette invece una convocazione telefonica dal Ministero di Grazia e Giustizia (dall'ufficio del Capo di Gabinetto - dr. VERDE o da altro ufficio dello stesso Ministero) per una riunione relativa all'edilizia giudiziaria. Considerato che proprio quel giorno era in programma la causa IMI SIR tentò di rinviare la convocazione al Ministero ricevendo quale risposta l'improrogabilità della stessa. A questo punto designò la d.ssa Campolongo quale presidente del collegio con l'intesa che ella avrebbe disposto un rinvio per permettere al dr. MINNITI di presiedere la causa.
La riunione al Ministero durò circa un'ora, vi prese parte il dr. SAMMARCO e si fece vedere anche il dr. VERDE, e non portò ad alcuna decisione definitiva. Accertamenti svolti da questo Ufficio hanno permesso di accertare che presso il Ministero non vi è traccia documentale di tale convocazione e della relativa riunione (cfr. allegato n. 33).
Al rientro in Tribunale il dr. MINNITI apprese dalla d.ssa CAMPOLONGO che «la causa era stata ritenuta in decisione» in quanto «gli avvocati avevano insistito e lei era stata costretta a mandarla in decisione».
Premesso ciò si evidenzia che il collegio presieduto da Filippo VERDE emise la sentenza favorevole agli eredi ROVELLI il 31.10.1986 (data di deposito) e appena due mesi dopo, come emerge dalla documentazione acquisita in Svizzera attinente le presenze degli indagati presso l'Hotel Splendide di Lugano, Filippo VERDE si trovò appunto in tale località dal 27.12.86 al 02.01.87 occupando più camere. Il soggiorno venne pagato dall'avvocato PACIFICO come risulta dalle annotazioni apposte dall'Hotel sulle ricevute (cfr. allegato nr. 34), anch'egli presente per tutto il periodo.
Una seconda anomalia, rilevante in ordine al contenuto della sentenza, riguarda il giudizio di cassazione.
Essendo intervenuta sentenza d'appello (26.11.90, n. 4809) che condannava l'I.M.I. al pagamento, a favore dell'Ing. ROVELLI e della FIND S.R.L, di una somma complessiva aggirantesi intorno a 1000 miliardi di lire (capitale, interessi, spese ed altro), l'I.M.I. propose ricorso per Cassazione, notificato alla difesa ROVELLI in data 3.01.1991 e depositato, con gli allegati, in data 22.01.91.
All'udienza del 29.01.92. che costituisce uno dei momenti centrali dell'intera vicenda, innanzi alla Corte di Cassazione, Prima Sezione Civile, la difesa degli eredi ROVELLI sollevò eccezione di improcedibilità del ricorso, per mancato deposito della procura speciale conferita con atto separato. La difesa ROVELLI sosteneva infatti che, nel fascicolo di parte della difesa I.M.I., mancava la procura speciale ad litem dei difensori, il cui deposito è previsto dall'articolo 369 n. 3 c.p.c. Nel prosieguo la difesa I.M.I. presentò una denuncia presso la Procura della Repubblica di Roma a seguito della quale si instaurò un procedimento penale contro ignoti.
Da una parte proseguì l'azione civile. La Cassazione (ordinanza 30.01.92. depositata il successivo 12.02.92) sospese il giudizio e rimise alla Corte Costituzionale la questione di legittimità dell'articolo 369 n. 3 c.p.c. nella parte in cui non consente di sanare la situazione di cui alla stessa norma. La Corte Costituzionale (sentenza 10.11.92 deposito delle motivazioni 24.11.92) dichiarò l'inammissibilità della questione di legittimità proposta. La Cassazione fissò nuova udienza per il giorno 18.3.93, poi spostata al giorno 25.03.93, e quindi al giorno 27.05.93, e definì il giudizio dichiarando l'improcedibilità del ricorso I.M.I..
Dall'altra nacque un procedimento penale: in data 30.01.92. Luigi ARCUTI, presidente dell'I.M.I., presentò querela contro ignoti, per il reato di cui all'articolo 490 c.p. sostenendo che la procura speciale non mancava in origine ma era stata fatta sparire; procedimento caratterizzato dal fatto che mentre a più riprese il pubblico ministero aveva chiesto al G.I.P. l'archiviazione del procedimento, per essere ignoti gli autori del fatto (e cioè per esser stata la procura regolarmente depositata, fatta sparire da qualcuno), il G.I.P. dispose invece l'archiviazione per infondatezza della notizia di reato (e cioè per non essere stata depositata la procura). La Corte di Cassazione annullò il provvedimento d'archiviazione del G.I.P.
La vicenda è compiutamente descritta nell'ordinanza del G.I.P. Tribunale di Roma 14.05.96, nr. 2454/94 R.G.N.R., a cui si rinvia per i particolari (cfr. allegato nr. 35).
Una terza anomalia riguarda l'astensione del presidente di uno dei collegi della Corte di Cassazione che avrebbe dovuto decidere sulla causa.
Nel 1993, dopo la sentenza della Corte Costituzionale, fu fissata una nuova udienza dalla Suprema Corte di Cassazione per il 18 marzo 1993, e quale Presidente fu designato il dr. Mario CORDA (cfr. allegato n. 36). Attesa la rilevanza della causa il Presidente provvide per tempo, come da prassi, a studiare l'incarto predisponendo un «appunto manoscritto» (cfr. allegato n. 37) nel quale si evidenziavano i punti sui quali la Corte era chiamata a decidere invitando i colleghi a presentarsi «preparati», sui punti in discussione, affrontando la questione della improcedibilità anche alla luce della sentenza della Corte Costituzionale, e manifestando tra l'altro la possibilità di modificare la giurisprudenza con il dichiarare ammissibile il ricorso dell'IMI.
L'appunto in questione venne fotocopiato con l'ausilio di una collaboratrice di cancelleria (cfr. allegato nr. 38), inserito in buste chiuse dallo stesso Presidente ed inserito nella casella della posta di ciascun membro del collegio.
Nei primi di marzo del 1993 pervenne un esposto anonimo indirizzato al Presidente dalla Corte di Cassazione nonché al dr. CORDA nel quale, in sintesi, si diceva che quest'ultimo aveva già anticipato il giudizio sulla causa e che copia del manoscritto era a mani dell'anonimo autore, (cfr. allegato nr. 39).
A seguito di tale missiva il dr. CORDA, con l'animo di continuare a presiedere il collegio, predispose la bozza di una istanza di astensione al Presidente della Cassazione, nella convinzione che sarebbe stata rigettata. Presentò tale minuta al dr. BRANCACCIO che seduta stante e sulla stessa bozza dell'istanza di astensione dispose la sostituzione del dr. CORDA con altro membro del collegio (vds. allegato n. 40). L'udienza venne spostata dal 18 al 25 marzo 1993 e quindi al 27 maggio 93 con l'ulteriore sostituzione del Presidente del collegio.
Non si può dubitare che il manoscritto sia stato consegnato (o comunque letto ad estranei all'amministrazione della Giustizia) da un appartenente all'ordine giudiziario od al Ministero di Grazia e Giustizia (magistrato o collaboratore di cancelleria), con evidente violazione del segreto d'ufficio.
La circostanza è emersa in momento successivo allorquando con un altro anonimo è stata recapitata (01.06.93) al Presidente della Cassazione la procura speciale privata del margine sinistro e del lembo superiore destro (ove potevano o dovevano essere apposti i timbri del deposito) - (cfr. allegato n. 41). Tale ultima lettera indirizzata ai dr. Brancaccio - Sgroi e Corda recita: «ringrazio per la sensibilità dimostrata per i fatti da me denunciati e per l'astensione che ha permesso di chiudere la partita 3 a 2. Per evitare fastidi a cancellieri e avvocati accusati dai servi dell'IMI restituisco l'originale del documento che ha fatto punire definitivamente il palazzo e tangentopoli».
L'astensione di cui parla l'anomino era appunto quella del dr. CORDA. Non a caso destinatario della lettera era anche il dr. CORDA che alla data dell'1.6.93 (data in cui è stata protocollata in Cassazione) non aveva più nulla a che vedere con la causa IMI/SIR.
Appare evidente dal contenuto dell'anonimo che accompagnava la procura speciale mutilata, che esso proveniva dallo stesso autore o comunque dallo stesso «centro di interessi» che aveva inviato il precedente anonimo che provocò l'astensione del Presidente Corda. Ne segue che la procura speciale era in possesso della persona o delle persone che inviando quel primo anonimo avevano inteso favorire la «parte ROVELLI» nel procedimento in Cassazione. Ciò rende improbabile che la procura speciale non sia stata depositata per mera negligenza (cfr. allegato nr. 42 deposizioni dr. Bibolini e dr. Morelli)
Le vicende processuali assumono significato particolarmente pregnante se messe in relazione con i contatti intervenuti tra gli indagati in occasione delle tappe fondamentali di sviluppo del procedimento giudiziario, quali risultano da:
1. agende e block notes sequestrati a PACIFICO;
2. sviluppo del traffico telefonico delle rispettive utenze, tra le quali ha particolare rilievo il cellulare 0337-277519, intestato alla società LA FULVIA spa ma sicuramente in uso a Felice ROVELLI (7) nel periodo 21.01.92-03.11.93; nonché l'utenza 0337/723535, relativa a un telefono cellulare utilizzato di solito dal prof. ARE, che però l'aveva prestato a Felice ROVELLI nei giorni 11 e il 12 febbraio 92.
La tabella che segue è esemplificativa dei rapporti esistenti tra gli eventi giudiziari e i contatti tra gli indagati o con terze persone aventi comunque relazione con i procedimento giudiziario, L'analisi completa dei rapporti può essere letta nell'allegato nr. 44.
Per dimostrare la rilevanza dei contatti, si approfondisce qui, ancora a titolo di esempio (sottolineando che le considerazioni hanno lo stesso rilievo per una serie di altri casi), l'annotazione contenuta nella agenda 1993 di PACIFICO riferibile alla giornata del 07.12.93: 1.10 CASTELLO: «il terzo del collegio è il Cons. APICE e non MARZIALE».
Orbene, in quella data vi è stata una udienza collegiale innanzi alla Prima Sezione Civile della Corte d'Appello di Roma ed uno dei membri del collegio era proprio il Consigliere Dr. Umberto APICE. A seguito dell'udienza è stata emessa ordinanza «con la quale è stata respinta l'istanza di sospensione della sentenza della Corte d'Appello di Roma» (dichiarazioni del prof. ARE in data 28.10.96. pag 3). CASTELLO è dirigente della Cancelleria della Seconda Corte d'Appello di Roma (cfr. allegato nr. 45).
Perché PACIFICO si interessa della composizione del collegio che si appresta a prendere una decisione nella vicenda IMI-SIR? Perché contatta CASTELLO, evidentemente giorni prima, per conoscere tale composizione? La risposta non può che essere coerente con le prospettazioni di questo ufficio: informarsi sulla composizione del collegio non può certo rientrare nelle «mere consultazioni» asserite da ROVELLI né in un ruolo extragiudiziario legato alla vicenda, bensì in una «attività» così come descritta nel capo di imputazione (8).
E ancora, in occasione dell'udienza di rinvio presso la Corte di Cassazione, a seguito del rigetto della questione di legittimità dell'articolo 369 c.p.c. da parte della Corte Costituzionale, si rileva tra Cesare PREVITI e ROVELLI un contatto non altrimenti spiegabile se non nella prospettiva già delineata (la telefonata è del 22.3.1993, ore 22.35, dura 146 secondi, ed è un cellulare stabilmente a disposizione di Cesare PREVITI, il cui abbonamento e stato però sottoscritto da Paolo TIFI, marito di una dipendente dello studio legale dell'onorevole a chiamare ROVELLI) (9) (cfr. allegato n. 47 e 48).
In concreto, in occasione di ogni evento significativo del procedimento, nella prospettiva del suo condizionamento in senso favorevole ai ROVELLI, si riscontra un contatto tra Felice ROVELLI e taluno dei soggetti coinvolti nella vicenda.
L'elemento comune a tutta questa serie di contatti è, dunque, costituito dal medesimo interesse esistente in capo ai diversi soggetti per l'esito del procedimento, interesse che giustifica ed è in grado di spiegare perché persone che non sono legate tra loro da alcun rapporto professionale si siano più volte messe in contatto. Esso è in grado di spiegare perché le telefonate tra ROVELLI Felice ed i coindagati vengano effettuate e concentrate solamente in alcuni particolare momenti, e non siano invece diluite nel tempo.
Peraltro, che la logica di ROVELLI nell'approccio alla vicenda giudiziaria con l'IMI fosse essenzialmente di natura corruttiva è dimostrato da fatti accertati nel corso delle indagini, che dimostrano inequivocabilmente la natura dei rapporti intercorsi tra gli eredi ROVELLI ed i destinatari del denaro. Ed invece, dall'analisi dei tabulati è emerso che la persona che usava il cellulare intestato alla TECHSO (il nome della società risulta nella precedente tabella), l'avv. Francesco BERLINGUER, ha intrattenuto vari contatti telefonici con Renato SQUILLANTE e Felice ROVELLI nei primi mesi del 1992, proprio nel periodo in cui la Corte di Cassazione si riuniva (29.1.92) e decideva (30.1.92, ordinanza depositata il 12.2.92) di trasmettere gli atti alla Corte Costituzionale. Intercorrono ben 16 telefonate in poco più di un mese. Sentito più volte in ordine al contenuto di tali rapporti, l'avv. BERLINGUER (cfr. allegato n. 49), dopo non poche reticenze, rispose che nel corso del 1992 Renato SQUILLANTE gli chiese di incontrarlo e, avuto il contatto, gli chiese di avere un colloquio con Felice ROVELLI. Egli aderì all'invito di SQUILLANTE ed incontrò effettivamente ROVELLI in almeno due o tre occasioni sempre all'hotel Hassler dove alloggiava ROVELLI, in una delle circostanze alla presenza dello SQUILLANTE. BERLINGUER ha riferito: «ROVELLI mi chiese se io potevo avvicinare un membro del collegio della Suprema Corte - la d.ssa Simonetta Sotgiu - per avere notizie da quest'ultima circa l'andamento della causa, ossia quali decisioni avevano in mente di prendere rispetto al ricorso che era stato presentato».... . «Tenga presente che sia SQUILLANTE che ROVELLI hanno insistito a che io avvicinassi la d.ssa Sotgiu». Alla domanda se gli fosse stato promesso qualche cosa da ROVELLI, l'avv. BERLINGUER risponde: «Si, una buona parcella, queste sono le parole usate da ROVELLI, senza peraltro quantificare la cifra» (nella deposizione successiva la cifra viene indicata, salvo errori della memoria, in 500 milioni). «Non ricordo se quando mi ha fatto il discorso della parcella era presente anche SQUILLANTE, ma il fatto che mi erano stati proposti dei soldi da parte di ROVELLI era un fatto conosciuto anche dal magistrato...». Tra Francesco BERLINGUER e la d.ssa SOTGIU intercorrevano rapporti di amicizia. L'esistenza di tali rapporti è stata confermata dalla stessa d.ssa SOTGIU nel corso della deposizione resa in data 11.06.97. nonché dallo sviluppo del traffico telefonico del cellulare in uso a Francesco BERLINGUER relativamente al periodo che qui interessa (cfr. allegato nr. 50).
Dall'utenza in uso all'avv. BERLINGUER viene chiamato, in più occasioni, anche il numero telefonico dello studio professionale di Cesare PREVITI (cfr. allegato n. 51).
E l'intervento di SQUILLANTE, in funzione chiaramente corruttiva e di intermediazione verso magistrati, o comunque persone ad essi vicine, per piegare il contenuto dell'attività giurisdizionale di costoro alla illecita realizzazione di interessi privati, a fronte della promessa e del versamento di somme di denaro, dimostra ulteriormente l'attendibilità delle dichiarazioni dell'ARIOSTO, nella parte in cui costei indica l'alto magistrato come persona che, insieme a Cesare PREVITI ed a PACIFICO, non casualmente coinvolti nella vicenda in esame, svolge una attività corruttiva anche nel senso della intermediazione, nell'interesse di privati, verso altri magistrati del distretto romano, con la conseguenza che la pregnanza accusatoria delle dichiarazioni dell'ARIOSTO nei confronti di Cesare PREVITI viene ulteriormente corroborata e costituisce altro elemento di prova a carico dell'indagato in relazione alla vicenda in esame.
Quanto ai flussi di denaro intervenuti tra Cesare PREVITI, PACIFICO e VERDE, prima di entrare nel merito degli indizi raccolti nelle presenti indagini preliminari a carico dell'indagato è opportuno, sia pur sommariamente, esporre cronologicamente già esiti di altri procedimenti penali instauratisi a Perugia a carico del predetto magistrato.
Filippo VERDE è stato interrogato per la prima volta in data 20.05.1996 (cfr. allegato n. 52) a seguito di presentazione spontanea a quella A.G. ed a seguito delle notizie giornalistiche che ponevano in risalto i suoi rapporti con l'imprenditore NICOLETTI. In tale contesto nulla riferiva delle sue consistenze patrimoniali, precisando altresì che i rapporti con l'avvocato PACIFICO erano «di cordiale amicizia, consolidata in occasione di villeggiature».
L'indacato veniva arrestato a seguito di misura cautelare nel giugno 96 e nel corso dell'interrogatorio reso innanzi al G.I.P. in data 3.6.96 (cfr. allegato n. 52) specificava:
a) di aver avuto la disponibilità di un cellulare svizzero che gli era stato dato dall'avv. PACIFICO;
b) non forniva spiegazioni plausibili sul perché, nello stesso periodo, detenesse due apparati telefonici, uno italiano ed uno svizzero (cfr. da pagina 28 a 31 - interrogatorio del 03.06.96);
c) ribadiva che i rapporti con PACIFICO erano esclusivamente di amicizia escludendo in modo categorico che tramite il predetto avesse effettuato operazioni di borsa o altro tipo di operazioni:
d) che si era recato a Bellinzona insieme all'avv. PACIFICO soltanto per accompagnare quest'ultimo, senza conoscere i motivi per i quali l'avvocato si era recato in territorio elvetico (cfr. pagina 78/81 - interrogatorio del 03.06.96).
Nell'agosto del 1996 Dionigi RESINELLI, dirigente della Società Bancaria Ticinese di Bellinzona (Svizzera) - istituto di credito in ordine al quale questo Urncio aveva già inoltrato richiesta di assistenza giudiziaria internazionale per conoscere quali e quanti rapporti bancari fossero lì accesi a nome di indagati del presente procedimento penale - veniva in Italia (Sardegna) per trascorrere le ferie. Lo stesso veniva convocato da questa A.G. quale persona informata sui fatti ed a seguito dell'atteggiamento assunto nel corso del predetto atto istruttorio veniva richiesta ed ottenuta dalla Procura della Repubblica di Tempio Pausania una misura cautelare per il reato di cui all'articolo 371 bis c.p.. Nuovamente interrogato ammetteva l'esistenza di rapporti tra l'istituto di credito e l'avvocato PACIFICO, nonché l'esistenza di conti correnti accesi da Renato SQUILLANTE e Filippo VERDE (cfr. allegato n. 53)
In data 21.11.1996 il Giudice per le Indagini Preliminari di Perugia, su richiesta della Procura, emetteva un ulteriore provvedimento cautelare nei confronti del magistrato (cfr. allegato n. 54). Nuovamente interrogato (21.11.1996), soltanto in questa sede ed a seguito della contestazione delle deposizioni rese da Dionigi RESINELLI ammetteva di essere titolare di un conto estero, fornendo spiegazioni inadeguate se non addirittura risibili. Sul punto si fa rinvio agli interrogatori in atti trasmessi dalla Procura di Perugia (cfr. allegato n. 52).
Anche l'avvocato PACIFICO, interrogato dai P.M. di Perugia in data 22.11.1996 (cfr. allegato n. 55), ammetteva di essere a conoscenza di un conto in Svizzera di VERDE precisando che:
a dire del magistrato le somme accreditate sul conto svizzero derivavano da compensi per arbitrati;
in due occasioni aveva ricevuto in Italia, somme di denaro contante (400 e 150 milioni) dal magistrato e che tramite un corriere aveva fatto accreditare le somme sul conto estero;
era stato delegato ad operare su questo conto dal magistrato.
A seguito delle dichiarazioni di RESINELLI la Procura di Perugia inoltrava apposita richiesta di assistenza giudiziaria alla A.G. elvetica, all'esito della quale veniva identificato il conto corrente denominato «MASTER 811» acceso da Filippo VERDE presso la Società Bancaria Ticinese di Bellinzona. Documentazione che la Procura di Perugia trasmetteva a questo Ufficio ai sensi dell'articolo 371 c.p.p..
Considerato che - come risulta dagli atti - su tale conto vi è altresì la delega ad operare a favore di Attilio PACIFICO e che questo Ufficio già dal 14.03.1996 aveva richiesto per rogatoria l'accertamento delle consistenze patrimoniali nella disponibilità di PACIFICO Attilio (ivi compresi i conti sui quali questi era delegato ad operare), documentazione identica a quella trasmessa dalla Procura di Perugia è pervenuta a questo Ufficio anche dalla A.G. elvetica in esecuzione della richiesta rogatoriale sopra specificata.
Dall'esame dei documenti relativi conto svizzero risulta che:
1. il numero di conto è «11606.00», denominato «MASTER 811»;
2. è stato acceso in data 30.04.1991;
3. i beneficiari sono VERDE Filippo e la moglie CAPPETTA Anna Maria:
4. PACIFICO Attilio era delegato ad operarvi.
I movimenti di rilievo del conto corrente sono i seguenti (cfr. all.to n. 56»
Accrediti.
il conto, aperto in data 30.04.91, ha registrato in data 02.05.91 un accredito di 500.000.000 di lire (valuta 06.05.91);
un versamento di 246.000 franchi svizzeri (pari a circa 280 milioni di lire) è stato eseguito in data 31.05.1994, verosimilmente per contante.
Addebiti.
bonifico a Chiasso ABN AMRO BANK - c/c OKAPI pari a lire 50.400.000;
bonifico a Chiasso ABN AMRO BANK - c/c OKAPI pari a lire 50.500.000;
Versamento di 500.000.000 di lire (02.05.91).
Il conto corrente è stato aperto con il versamento di 500.000.000 di lire. La contabile trasmessa dalla Società Bancaria Ticinese in relazione a questo conto corrente non riporta alcuna indicazione in ordine alla provenienza della somma.
Questo Ufficio nell'ambito del presente procedimento penale ha inoltrato numerose richieste di assistenza giudiziaria internazionale rivolte anche alla autorità giudiziaria elvetica, all'esito delle quali sono pervenuti documenti bancari in data 24 luglio 1997.
Dall'esame delle predette carte si è potuto ricostruire, almeno in parte l'articolata operazione finanziaria che si è conclusa, tra l'altro, con il versamento di 500.000.000 di lire sul conto di VERDE. L'operazione bancaria in questione, pur apparendo allo stato prescindere dai movimenti bancari dei quali è stata riscontrata attinenza con la vicenda IMI/ROVELLI, è tuttavia dimostrativa di collegamenti tra VERDE e Cesare PREVITI.
Schematicamente l'operazione in questione può così riassumersi: (10)
Addebiti di 100.000.000 di lire (settembre - ottobre '93).
Significativi sono i bonifici a favore del c/c OKAPI presso la ABN AMRO BANK di Chiasso rispettivamente di 50.400.000 (29.09.93) e 50.500.000 di lire (12.10.93).
Sul punto si richiamano gli interrogatori ed i documenti prodotti da BOSSERT Alfredo titolare della società «OKAPI» (utilizzata anche in questo caso per le attività di spallonaggio), ed in particolare il verbale del 29.07.1997 nel corso del quale ha dichiarato di non conoscere VERDE e di aver eseguito le due operazioni su richiesta dell'avvocato PACIFICO ai quale ha poi consegnato l'equivalente in contanti a Lugano (cfr. allegato n. 31).
Le predette operazioni sono di estremo interesse alla luce di quanto specificato nell'ordinanza di custodia cautelare della AG di Perugia a carico di VERDE (pagina 7 della richiesta di ordinanza di custodia cautelare, richiamata integralmente dalla conseguente ordinanza): «appena fu notiziato delle indagini del SECIT, Filippo Verde pagò spontaneamente l'importo delle imposte evase e delle soprattasse che ammontava a 288 milioni di lire. Il versamento fu effettuato il 23.10.93 presso l'ag. 90 della Banca di Roma, con denaro contante, in mazzette fascettate, estratto da una valigetta. Non v'è traccia della relativa provvista in alcuno dei conti correnti riferibili al Verde che sono stati individuati nel corso delle indagini, all'esito di richieste rivolte a tutti gli istituti di credito operanti sul territorio nazionale».
Per pagare le imposte e le pene pecuniarie VERDE ha fatto rientrare in Italia somme depositate all'estero pari a 100 milioni di lire (previo un parziale disinvestimento), per il tramite di PACIFICO e BOSSERI.
Dell'ulteriore somma di 188 milioni di contante nulla si conosce. Il fatto che non sia stata individuata la fonte di tale disponibilità giustifica il sospetto che VERDE fosse titolare di altri rapporti bancari all'estero.
Seconda operazione di versamento.
A distanza di soli sette mesi (31.05.94) dal prelievo di cui al paragrafo precedente, sul conto «Master 811» viene eseguito un versamento di 246.000 FrS (circa 280 milioni di lire).
Preliminarmente si evidenzia che non sono stati accertati redditi o comunque altri proventi tra la fine dell'ottobre 93 (data in cui ha «dato fondo» a tutte le sue disponibilità finanziarie in Italia facendo rientrare anche somme dall'estero) ed il maggio 94 (data del versamento). In particolare dall'ordinanza di custodia cautelare di Perugia si rileva che l'ultima operazione immobiliare ricondotta a VERDE risale al 30.01.1992 (vendita dell'immobile di via Albimonti in Roma).
Nello stesso periodo del versamento sul conto «Master 81», PACIFICO Attilio ha ricevuto i seguenti bonifici disposti da Felice ROVELLI per il tramite dell'avv. Rubino MENSCH, in relazione la vicenda IMI/ROVELLI:
A seguito di rogatorie internazionali venivano acquisiti i documenti bancari relativi ai movimenti dei sottonotati Conti «Emco AG» - «Codava» e «Alvaneu Anstalt» così schematizzabili:
Immediatamente dopo l'accredito dei bonifici di ROVELLI, Attilio PACIFICO ha provveduto a prelevare pari importi per contanti.
Contemporaneamente a queste operazioni PACIFICO ne ha eseguito altre sugli altri conti correnti provvedendo ad esempio a bonificare a favore di BOSSERT l'equivalente di 300 milioni (13.04 e 14.04.94 rispettivamente per 100 e 200 milioni) per il successivo trasferimento del contante in Italia (cfr. allegato n. 31 - deposizione BOSSERT).
In conclusione all'epoca del versamento sul conto «Master 811», PACIFICO stava «distribuendo» le somme provenienti da ROVELLI, eseguendo tutte le operazioni con estrema accortezza, ossia prelevando contante dai suoi conti svizzeri oppure disponendo il trasferimento di contante in Italia per il tramite di Bossert.
Interrogato su queste movimentazioni PACIFICO non ha mai inteso fornire alcuna spiegazione, soprattutto con riferimento alle persone destinatarie delle somme.
In data 31.05.94 si è accertato che PACIFICO Attilio:
soggiornava presso l'Hotel Splendide di Lugano: dalla ricevuta dell'albergo si rileva che ha occupato le stanze 653 e 656 dal 29.05.94 al 31.05.94 (cfr. allegato n. 59);
accedeva ai locali del casinò in data 29.05.94 e 30.05.94 (cfr. allegato n. 60);
si presentava presso la Società Bancaria Ticinese di Bellinzona in data 31.05.94 ove dava disposizione per l'investimento di 243.844,25 FrS in «SBC Money Market Fund» proprio sul conto «MASTER 811» - cfr. allegato n. 54 relativa contabile con specifico riferimento alle disposizioni d'acquisto - operazione contabilizzata dalla banca solo il successivo 03.06.94;
eseguiva presso la Società Bancaria Ticinese di Bellinzona un versamento di 128.000 FrS accreditandoli sul c/c «771 Pavone», di cui era beneficiario economico lo stesso PACIFICO (contabile rif. nr. 36579) - (cfr. allegato n. 61);
verosimilmente, eseguiva anche il versamento di 246.000 FrS sul conto «Master 811» (contabile rif. n. 36589: ossia solo dieci operazioni dopo il versamento di 128.000 FrS sul conto di PACIFICO). La ricevuta bancaria non reca la firma di chi ha eseguito l'operazione.
Tutto ciò premesso si può concludere:
VERDE non disponeva di 280 milioni in contanti in Italia;
PACIFICO non ha provveduto al trasferimento di questa somma verso la Svizzera. Anche ammettendo che le dichiarazioni degli indagati siano vere, mai avrebbe svolto una simile operazione perché nello stesso periodo stava riportando somme in Italia e quindi avrebbe eseguito una «compensazione» trattenendo per sé il contante ricevuto in Italia, bonificando una pari somma da uno dei suoi conti svizzeri a favore di quello di VERDE: evitando il movimento dalla Svizzera all'Italia del contante di sua pertinenza e quello dall'Italia alla Svizzera del contante di VERDE avrebbe ottenuto altresì un doppio risparmio sulle provvigioni dei «corrieri»;
PACIFICO in quel periodo stava «distribuendo» la somma proveniente dai ROVELLI.
A tali elementi si aggiunga poi che il conto di Filippo VERDE viene «creato» con una provvista proveniente dal conto di Cesare PREVITI coindagato nel medesimo procedimento.
Alcune considerazioni sullo stesso tema vanno svolte anche circa la posizione di Renato SQUILLANTE. Si premette che la natura complessiva dei rapporti intervenuti tra costui e gli altri indagati non richiede che esso sia stato specificamente retribuito per l'attività prestata a favore della famiglia ROVELLI. Se è vera l'affermazione dell'ARIOSTO, secondo la quale costui era «a libro paga» di chi influenzava attraverso la corruzione decisioni di magistrati del distretto della Corte d'Appello di Roma, il compenso per la sua collaborazione non era necessariamente correlato alla vicenda occasionalmente oggetto della sua attenzione, ma era costituito appunto da una «paga», e cioè da rimesse in qualche misura continuative. Che SQUILLANTE abbia ricevuto ingentissime somme di denaro è assolutamente dimostrato: al momento della chiusura del conto presso la Società Bancaria Ticinese è stato prelevato, apparentemente per contanti, l'equivalente di quasi nove miliardi di lire (cfr. allegato nr. 62), ai quali vanno aggiunti i precedenti prelevamenti per alimentare le fasulle operazioni di borsa di ALOISIO o il pagamento in nero di parte del prezzo di immobili che la famiglia ha acquistato (11) o per altro. Dalla tabella che segue risulta come la voce «interessi» sia rappresentata da cifre non particolarmente elevate rispetto al capitale, e ciò dimostra che le disponibilità dipendono soprattutto da versamenti di terzi (qualunque ne sia stata la modalità) piuttosto che dalla remunerazione del deposito.
Ebbene nonostante questa premessa, vanno svolte almeno due considerazioni.
In primo luogo dalla documentazione bancaria risulta un rapporto di conto corrente acceso dal predetto presso la Banca Commerciale di Lugano in data 20.1.1987. La titolarità del conto è adeguatamente mascherata: esso è intestato a IBERICA DEVELOPMENT SA, l'amministratore della società e del conto è tale avv. Rubino MENSCH, e soltanto da un fogliettino manoscritto, intitolato «Promemoria interno» e datato 18.2.1987, si apprende che avente diritto economico del conto «è il signor Renato SQUILLANTE, magistrato a Roma» (cfr. allegato nr. 63). La circostanza non avrebbe particolare rilievo se della Banca Commerciale di Lugano non fosse azionista la famiglia ROVELLI e se l'avv. MENSCH non fosse colui che dagli inizi degli anni ottanta cura gli interessi della famiglia ROVELLI.
In secondo luogo risulta che nel periodo immediatamente successivo ai versamenti da parte dei ROVELLI ad ACAMPORA, PACIFICO e Cesare PREVITI degli oltre sessantasei miliardi di cui si tratta, costituenti il compenso per la complessiva attività di corruzione (e relative mediazioni), Renato SQUILLANTE ha ricevuto bonifici o versamenti in contante per complessivi FRS 780.000 sui suoi conti correnti aperti presso la Società Bancaria Ticinese (per l'esattezza sono stati versati 100.000 FRS il 20 di giugno, 425.000 FRS il 29 di luglio, 127.500 FRS il 2 e 127.500 FRS il 3 di agosto). Il controvalore in lire ammonta a 920 milioni e rotti. Nulla si è acquisito documentalmente, al momento, in ordine alla provenienza e alle modalità del versamento, ma è significativa la circostanza che Pacifico riceve, in data 24.6.94 850.000 FRS dai ROVELLI, e preleva o bonifica rispettivamente il corrispondente di 530.000 franchi il 5 di luglio e 127.050 franchi l'8 di luglio (cfr. allegato n. 64).
2 - SULLA COMPETENZA TERRITORIALE
La competenza territoriale appartiene allo stato degli atti all'autorità giudiziaria di Milano sulla scorta delle seguenti pronunzie della Suprema Corte di Cassazione:
1. 16.4.1996 (depositata il 23.5.1996) sul ricorso proposto da Renato SQUILLANTE avverso l'ordinanza 11 marzo 1996 emessa dal G.I.P presso il Tribunale di Milano, relativamente al capo A (cfr. allegato n. 14):
«La condotta offensiva, attribuita allo Squillante, come dirigente dell'ufficio giudiziario, consiste nella trasgressione sistematica del dovere di garantire a scopi istituzionali quella vigilanza che a lui competeva a presidio della legalità dell'organizzazione e dell'azione corretta dei componenti della medesima».
«Ed ancora, la condotta antidoverosa ipotizzata è stata identificata nel piegare l'organizzazione dell'ufficio e la gestione del medesimo a vantaggio di un gruppo economico ("in quanto stabilmente retribuito perché ponesse le sue pubbliche funzioni al servizio degli interessi degli erogatori ... società aventi sede a Milano..."), in modo da far risultare l'ufficio stesso in un rapporto strumentale rispetto ad interessi estranei all'amministrazione della giustizia, e far apparire il proprio ruolo e quello di alcuni componenti dell'organizzazione giudiziaria in stretto collegamento con persone esponenziali del gruppo imprenditoriale».
«In violazione dei doveri... tipici della funzione giudiziaria in tutti i procedimenti e in ogni altra attività in cui ne fosse richiesto...», avrebbe procurato al gruppo il favore di componenti della amministrazione della giustizia, («impegnandosi ad intervenire su appartenenti agli uffici giudiziari... in modo da favorire le società predette...)», nonché determinato una credibilità diffusa di influenza di detto gruppo sull'andamento della giustizia in settori di interesse delle società».
«Il tutto è stato addebitato allo Squillante in ragione di una strumentalità inquinante da costui posta in essere in favore del gruppo imprenditoriale costituito dalle società aventi sede in Milano, assecondando gli interessi delle società stesse secondo determinazioni, ideazioni ed una complessiva concertazione illecita incentrata nel luogo stesso di collocazione e di diffusione degli scopi delittuosi, cioè in Milano».
Ciò posto, come risulta dal testo stesso dell'ordinanza impugnata, attraverso la stigmatizzazione indiziaria degli elementi utilizzati per la ricostruzione dell'intera vicenda (rapporti costanti e frequentazioni tra Squillante, Previti, Pacifico, intreccio di interessi finanziari riferibili all'attività delle società milanesi nonché dei su nominati, modalità e circostanze inerenti alle intense comunicazioni e motivazioni delle medesime, aderenza di un determinato ambiente giudiziario rispetto agli interessi del gruppo rappresentati da personaggi di significativo rilievo, interferenza nell'attività giudiziaria in corso, giacenze finanziarie all'estero) -, la condotta corruttiva contestata allo Squillante, ed ai compartecipi, va oltre alla individualizzazione di singoli atti formali, ed attiene al substrato dell'attività complessiva inerente al suo ufficio, caratterizzata illecitamente dalla deviazione rispetto ai doveri fondamentali della struttura giudiziaria».
«Ed allora, identificato nella suddetta condotta il veicolo dell'offesa dell'interesse tutelato i due episodi di materiale dazione del denaro, indicati dal "teste", costituiscono solo momenti della complessiva vicenda corruttiva, ed assumono il più riduttivo ruolo di momenti satisfattivi dell'ampio disegno corruttivo dello Squillante, d'intesa con gli esponenti del gruppo economico di Milano».
«Al fine di definire più puntualmente l'addebito corruttivo dello Squillante, questo Collegio non può trascurare di considerare come l'inquinamento di un'organizzazione, di natura professionale, quale quella giudiziaria, possa manifestarsi in un lento e progressivo condizionamento delle sue scelte rispetto a gruppi economici attraverso la creazione di collegamenti anomali con i suoi componenti verso i quali si viene a determinare un rapporto di "simpatia" ovvero di condivisione dei subvalori a costoro riferibili, sulla base di procurate occasioni di incontri, di regalie, di mondanità, di soddisfacimento di esigenze di gratificazione individuali di ogni specie. E ciò non può non risultare di più agevole ed incisivo risultato ove l'attività possa giovarsi di un esponente, qualificato e quindi di vertice, dell'organizzazione stessa, potendo non solo "intervenire sugli altri appartenenti" dell'ufficio, non solo garantire una copertura di complicità, ma determinare motivazioni per la rimozione di ogni remora psicologica a livello individuale di slealtà verso l'organizzazione, nella commistione che il capo dell'ufficio determina tra potere formale, che distorce, e potere informale indirizzato alla cura di interessi antinomici, che nell'esercizio di quello dissimula».
«Da quanto sopra, s'impone una più approfondita rilettura normativa delle ipotesi criminose di corruzione, tutte le volte che abbiamo come riferimento fatti non solo di mercimonio dei doveri dell'ufficio in relazione ad atti squisitamente formali, ma coinvolgenti la condotta in genere del pubblico ufficiale di favoritismo e quindi antidoverosa (Cass. sez. 6, 29 ottobre 1992, P.m. in proc. Riso, CED Cass. 193821, 193822; idem, 14 marzo 1996, Varvarito); e ciò soprattutto quando, come nel caso in esame, la corruzione, investendo i doveri di base di un'organizzazione («professionale», in quanto sono ad essa affidate scelte di valore, come le decisioni giudiziarie), comporta la sistematica abdicazione delle sue finalità legali, e la formazione di una subcultura che sostituisce quelle finalità con gli scopi illeciti posti a base del mercimonio dell'ufficio».
«Ed il suddetto inquinamento costituiva la ragione, come risulta dall'ordinanza impugnata, dell'inserimento dello Squillante nell'assetto degli interessi del gruppo economico di Milano, dal quale il medesimo risultava destinatario di denaro ed utilità patrimoniali».
«La localizzazione dell'accordo e quindi della relativa promessa di denaro e di altre utilità in Milano trova, d'altra parte, conferma laddove, nell'ordinanza impugnata, richiamando - il giudice - alcune intercettazioni ambientali di particolare valore indiziario (come quella del «bar Mandara»), viene fatto riferimento agli incontri tra lo Squillante ed i massimi esponenti del gruppo societario in questione, incontri avente ad oggetto la gestione e l'esito di affari economici».
«In considerazione di quanto sopra, allo stato procedimentale deve riconoscersi la competenza territoriale dell'autorità giudiziaria di Milano, luogo di intreccio degli illeciti interessi e dell'accordo corruttivo.
2. 26.6.1996 (depositata il 29.8.96) sul ricorso proposto da Attilio PACIFICO avverso l'ordinanza 15.5.1996 del G.I.P. presso il Tribunale di Milano, relativamente al capo B (cfr. allegato n. 17):
«Esaminando i motivi dedotti in ordine di pregiudizialità logica va anzitutto disattesa l'eccezione diretta a contestare la competenza territoriale dell'A.G. di Milano».
«Al riguardo l'impugnata ordinanza, partendo dall'incontestato assunto della non individualità allo stato del luogo di perfezionamento degli accordi corruttivi e della non utilità, per la dislocazione estera, del luogo di effettuazione dei versamenti a favore degli avvocati indagati (che comunque è bene aggiungere, non integrerebbe, per l'identità dei destinatari, la dazione consumativa della corruzione), e premessa quindi la necessità, per stabilire la competenza territoriale, di far ricorso alle regole suppletive di cui all'articolo 9 c.p.p., rileva la non praticabilità dei criteri di cui al primo e al secondo comma del citato articolo, in base, da un lato, all'irrilevanza del luogo della condotta commissiva od omissiva del pubblico ufficiale, non facente parte della fattispecie della corruzione, e, dall'altro, alla presenza di indagati aventi residenza, dimora o domicilio in luoghi diversi, pervenendo così alla conclusione della necessaria applicazione del criterio residuale, di cui all'ultimo comma dell'articolo 9 c.p.p., della priorità di iscrizione nel registro previsto dall'articolo 335 c.p.p. conducente alla competenza dell'A.G. di Milano».
Nel ricorso si contesta tale argomentazione in base al rilievo che tutti i soggetti corrotti (magistrati, funzionari e incaricati dello studio legale che patrocino l'IMI nella causa civile con i Rovelli) hanno quantomeno il domicilio in Roma, onde potrebbe e dovrebbe trovare applicazione nella specie il criterio del forum rei, che identifica il foro competente in quello di Roma, da spostarsi poi ex articolo il c.p.p., per il prospettato coinvolgimento di magistrati appartenenti al distretto della Corte di appello di Roma, a quello di Perugia».
«Nei motivi aggiunti si richiama altresì, come ricordato in narrativa, il criterio del reato più grave, ex coord. disp. artt. 12 e 16 c.p.p., in relazione al falso per soppressione che sarebbe sostanzialmente contenuto nella contestazione e per il quale le indagini, già chiuse con archiviazione, risulterebbero riaperte».
«Le suesposte obiezioni sono destituite di fondamento».
«Quanto, invero all'invocata praticabilità del forum rei, rilevasi che il riferimento ai soggetti corrotti fatto nel ricorso, oltre ad essere contenutisticamente lacunoso e inidoneo, venendo prospettata con relativa attendibilità la comunanza in Roma solo del domicilio dei soggetti stessi, laddove, come emerge palesemente dal tenore del cpv. articolo 9 c.p.p., i criteri della residenza, della dimora o del domicilio vanno applicati in graduale successione fra di loro (v. in relazione alla medesima previsione del vecchio codice, Cass. 18.1.1979, Sammartino), è soggettivamente parziale, ricavandosi chiaramente dalla contestazione il concorso anche di altri corruttori (tra i quali in primo luogo gli eredi Rovelli), per i quali la comunanza suddetta non è dedotta (né, per quanto attiene agli eredi Rovelli, ravvisabile». «L'affermazione dell'ordinanza sulla diversità dei luoghi di residenza, dimora o domicilio dei vari soggetti sottoposti alle indagini, non può dunque ritenersi validamente confutata e superata dai rilievi del ricorrente».
«Circa poi l'argomentazione facente leva sul reato più grave, deve senz'altro respingersi la tesi che nella contestazione mossa all'indagato sia sostanzialmente contenuto anche il reato di falso per soppressione, in riferimento alla sparizione della procura speciale autenticata, posta che tale sparizione è messa nella contestazione in alternativa all'ipotesi minore dell'omesso deposito, risultando così priva, per definizione, della consistenza della gravità indiziaria. Al momento dell'emissione dell'ordinanza applicativa della misura peraltro, un procedimento aperto per il falso de quo era stato archiviato per obiettiva infondatezza della notitia criminis (v. ordinanza 13.5.1996 del GIP del Tribunale di Roma, allegata sub 8 ai motivi aggiuntivi del ricorrente); né risulta in alcun modo che le relative indagini fossero state riaperte (nulla provando in proposito la richiesta del 29.5.96 presentata dal difensore dell'Acampora al GIP del Tribunale di Roma per il rilascio di copie degli atti relativi alla riapertura delle indagini nella vicenda relativa alla assenza della procura rilasciata dall'IMI ai propri difensori, e, in particolare, l'annotazione a mano ivi fatta a margine dal P.M. che riserva la decisione al P.M. di Milano, ormai titolare, che, anzi, lascia supporre la perdurante assenza di qualunque presupposto per la competenza, sulla vicenda stessa, della A.G. di Roma)».
«Deve pertanto ritenersi correttamente individuata nell'ordinanza impugnata, allo stato degli atti, la competenza territoriale del GIP del Tribunale di Milano».
3. - SULLE ESIGENZE CAUTELARI E ADEGUATEZZA DELLA MISURA RICHIESTA.
Ad avviso di questo Ufficio sussistono le esigenze cautelari di cui alle lettere a), b) e c) dell'articolo 274 c.p.p..
Quanto all'esigenza cautelare di cui alla lettera «a» dell'articolo 274 c.p.p. il concreto ed attuale pericolo per l'acquisizione o la genuinità della prova, si può desumere dalle seguenti circostanze di fatto:
dalla natura dei fatti contestati, vale a dire un quadro sistematico di corruttela di appartenenti ad Uffici giudiziari, così da sviare il corso dei procedimenti, falsando le decisioni giudiziarie;
dalla vicenda della «sparizione» della procura speciale I.M.I., indicativa della disponibilità, da parte degli indagati, di soggetti in grado di operare, su loro disposizione, l'occultamento di importanti fonti di prova a loro carico;
dalla conoscenza da parte sua e dei coindagati di notizie segrete o riservate sull'attività degli organi giudiziari;
dalla dimostrata capacità di interferire non solo sul funzionamento ma persino sulla formazione dei collegi giudicanti.
Peraltro risulta con chiarezza dalle indagini svolte in questo come in altri procedimenti che l'on. Cesare PREVITI si era posto da tempo in condizione di poter inquinare le prove. Infatti:
dopo la scoperta della microspia all'interno del bar Tombini in Roma SQUILLANTE, PACIFICO e PREVITI hanno acquisito notizie riservate in ordine alle presenti indagini come risulta anche dalle conversazioni telefoniche intercettate in data 19.02.1996 ore 17.50 e 17.58 tra Renato SQUILLANTE e Attilio PACIFICO nonché dalla relazione di servizio da cui emerge che mezz'ora prima delle due telefonate, Attilio PACIFICO si era recato presso lo studio di Cesare PREVITI (cfr. allegato nr. 65). D'altro canto il fatto che fosse stato Cesare PREVITI a riferire a PACIFICO di «Stefania ARIOSTO» è stato confermato da quest'ultimo in sede di interrogatorio reso in data 16.03.96 al P.M. (cfr. allegato nr. 25);
SQUILLANTE in data 12.02.96 - ore 09.52 - utilizzando una cabina telefonica pubblica - si è messo in contatto con il Consigliere di Stato Sergio Berlinguer con il quale - esprimendosi cripticamente - ha fissato un appuntamento. Sergio BERLINGUER, sentito quale persona informata sui fatti, anche all'esito del riascolto della conversazione intercettata ammetteva di essere stato sollecitato da Renato SQUILLANTE ad acquisire notizie negli ambienti giudiziari milanesi (cfr. allegato nr. 66);
Francesco PACINI BATTAGLIA (int. 13.2.97) - (cfr. allegato nr. 67), persona per la quale è stato chiesto il rinvio a giudizio, in altro procedimento (e persona con la quale Cesare PREVITI ha intrattenuto rapporti di natura finanziaria) ha dichiarato di avere appreso dallo stesso Cesare PREVITI, intorno alla metà del febbraio del 1996 (quando la notizia era ancora coperta da segreto) che Stefania ARIOSTO aveva reso dichiarazioni a magistrati di questo ufficio;
l'on. Cesare PREVITI ha utilizzato una o due schede telefoniche GSM svizzere, fornitegli da PACINI BATTAGLIA (in. 30.7.97) «per essere più tranquillo sulle telefonate che faceva» (cfr. allegato nr. 67);
il 9 e 11 luglio del corrente anno PACINI BATTAGLIA è stato notato intrattenersi nello stabile sito in Roma, via Cicerone, 60, ove tra l'altro ha sede lo studio legale dell'on. Cesare PREVITI (cfr. allegato nr. 68);
Appare evidente che se lasciato in libertà Cesare PREVITI ben potrà ancora gravemente interferire sul procedimento a carico suo e dei coindagati, al fine di impedire il corretto accertamento dei fatti, soprattutto se si considera che, secondo quanto può univocamente desumersi dalla entità dei versamenti con finalità corruttiva e dalla descrizione degli atti contrari ai doveri d'ufficio - allo stato esattamente identificati solo in parte - devono ancora essere individuati numerosi correi i quali hanno tutto l'interesse ad inquinare ulteriormente il quadro probatorio.
Quanto all'esigenza cautelare di cui alla lettera «b» il concreto pericolo di fuga risulta dai seguenti elementi di fatto:
dalla esistenza di ingenti disponibilità finanziarie all'estero e da una rete di rapporti con soggetti operanti all'estero che potranno permettergli di sottrarsi all'esecuzione di una eventuale sentenza di condanna;
dalla estrema gravità - anzi ben può dirsi dalla inaudita gravità - dei fatti oggetto di contestazione, con particolare riguardo al capo B: non è dato rinvenire nella storia italiana (ma forse neppure in quella di altri Stati) un così grave episodio di corruzione in atti giudiziari, sia per l'entità delle somme oggetto di giudizi, sia per quelle versate dai ROVELLI, sia per gli organi giudicanti coinvolti.
Quanto alla esigenza di cui alla lettera c) la stessa è desumibile:
dall'inserimento di Cesare PREVITI in un ampio contesto di corruttela e come tale criminoso e criminogeno con manifestazioni delinquenziali durate almeno dal 1988 al 1994 e riguardanti anche magistrati al vertice di uffici giudiziari:
dal perdurare di legami originati o caratterizzati anche da rapporti illeciti con pubblici ufficiali e dalla conoscenza di altrui illeciti con conseguente grave possibilità di ricatto;
dalla possibilità di perpetrare per tali motivi ed ai fini di inquinamento probatorio ulteriori reati della stessa specie.
Non risulta ed anzi va all'evidenza escluso che il fatto sia stato compiuto in presenza di una causa di giustificazione, di non punibilità, e che sussistano cause di estinzione del reato o della pena irrogabili. In considerazione della particolare gravita dei fatti e della pena edittale stabilita per il reato di cui al capo d'incolpazione, si ritiene non possa essere concessa dal giudice la sospensione condizionale della pena.
Le predette esigenze cautelari, in considerazione della loro particolare natura ed intensità, non possono essere adeguatamente soddisfatte da una misura diversa dalla custodia cautelare in carcere, poiché tali diverse misure presuppongono tutte la previsione della leale e spontanea sottomissione alle prescrizioni imposte agli indagati dall'Autorità giudiziaria, ma ciò appare da escludere nel caso concreto, stante il giudizio negativo sulla personalità, caratterizzato dal reiterato ricorso alla corruzione nei confronti di appartenenti ad uffici giudiziari, con violazione di ogni regola deontologica ancor prima che penale.
4. - SULLA RICHIESTA DI AUTORIZZAZIONE.
Con la legge costituzionale n. 3 del 29.10.1993 è stato modificato l'articolo 68 della Costituzione, che indica i casi in cui è richiesta autorizzazione al compimento di atti nei confronti di parlamentari.
Data la mancata conversione di numerosi decreti legge attuativi dell'articolo riformato, non è intervenuta alcuna modifica delle disposizioni precedenti in ordine ai tempi e alle modalità della richiesta di autorizzazione. In conseguenza risulta tuttora applicabile (nelle parti non in contrasto con il nuovo testo della norma costituzionale) l'articolo 343 c.p.p., secondo il quale, «fino a quando non sia stata concessa l'autorizzazione, è fatto divieto di disporre il fermo o misure cautelari personali nei confronti della persona rispetto alla quale è prevista l'autorizzazione medesima».
Ritiene in conseguenza questo Ufficio che la richiesta di autorizzazione debba precedere il momento della decisione del giudice sulla richiesta di applicazione della misura cautelare e che, stante la lettera degli articoli 343 e 344 c.p.p., competente a richiedere l'autorizzazione sia il Pubblico Ministero.
Contestualmente - e per il caso di accoglimento totale o parziale da parte del GIP della richiesta di misura cautelare - si richiede altresì l'autorizzazione ad eseguire l'ordinanza di custodia in carcere o altra di minore gravità.
In ogni caso ci si rimette all'eventuale diversa indicazione della Camera dei Deputati o di sue articolazioni circa le modalità che dovranno essere seguite.
La normativa in vigore non prevede la necessità di far precedere la richiesta da altre attività non previste dall'articolo della Costituzione, in particolare tendenti a consentire al parlamentare di svolgere eventuali difese prima che il Parlamento sia investito di una decisione di tanto rilievo. Tuttavia, più di una circolare è stata emanata per sottolineare l'opportunità che il parlamentare venisse informato della pendenza del procedimento a suo carico per rendergli possibile la facoltà di presentarsi spontaneamente a svolgere, ove lo ritenesse, le sue difese. Argomenti di logica elementare portano a ritenere che tale opportunità non sia venuta meno con la modifica della disposizione costituzionale, nonostante che nessuno dei vari decreti legge emanati per l'attuazione dell'articolo 68 della Costituzione, poi decaduti per mancanza di tempestiva conversione in legge, prevedesse un simile incombente. Pare ovvio, infatti, che il parlamentare debba essere messo al corrente della pendenza del procedimento perché, ove lo ritenga e ne abbia la possibilità, presenti gli argomenti a sua difesa attraverso una presentazione spontanea.
L'incombente è stato ampiamente assolto nel presente procedimento con riferimento sia al primo che al secondo capo della rubrica. Il suo nominativo, infatti, è stato iscritto nel registro delle persone sottoposte alle indagini preliminari rispettivamente in data 6.9.95 per il primo capo e 10.5.96 (ma a far data dall'8.5.96) per il secondo capo: per il primo capo è stata notificata all'on. Cesare PREVITI in data 18.3.96, e per il secondo capo è stata notificata in data 12.12.96 la richiesta di proroga delle indagini preliminari, che tiene luogo dell'informazione di garanzia (cfr. allegato n. 69). Peraltro l'on. Cesare PREVITI ha partecipato, tramite i suoi legali di fiducia, quanto al capo a), all'incidente probatorio consistito nell'esame di Stefania ARIOSTO (cfr. allegato nr. 2), e risulta essere informato nel dettaglio degli addebiti mossigli in ordine ad entrambi i capi, perché ciò emerge con chiarezza dalla sentenza 16.1.1997 del Tribunale federale della Confederazione elvetica (cfr. allegato nr. 70). La sentenza decide una serie di opposizioni alle richieste di assistenza giudiziaria che questa procura ha rivolto all'autorità giudiziaria svizzera in data 14.03.96, 19.03.96, 25.03.96, 26.04.96, 20.05.96, 21.05.96, 23.05.96, 04.06.96 e 08.04.97 (le richieste di assistenza giudiziaria, che descrivono ampiamente i fatti, sono allegate alla presente - cfr. - allegato nr. 71). Ebbene, dalla sentenza risulta che l'on. Cesare PREVITI ha impugnato la decisione (e, il 23.10.96, ha presentato nuove osservazioni), argomentando ampiamente, e ciò presuppone l'esatta conoscenza dei fatti oggetto del procedimento.
Risulta dunque che l'on. Cesare PREVITI era da tempo a completa conoscenza dei fatti oggetto della presente richiesta, e quindi in grado, ove avesse voluto, di esercitare la facoltà della presentazione spontanea per sostenere eventuali difese (cfr. allegato nr. 66).
chiede l'autorizzazione, nei confronti di Cesare PREVITI, Deputato al Parlamento:
per questo Ufficio a formulare al Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale Ordinario di Milano richiesta di applicazione della custodia cautelare in carcere;
per il Giudice per le indagini preliminari eventualmente ad emettere ordinanza di custodia cautelare in carcere o altra minore misura;
per questo Ufficio e gli organi di polizia giudiziaria che saranno delegati ad eseguire l'eventuale ordinanza applicativa della misura.
(1) Il viaggio aereo e le spese di soggiorno sono state pagate da Cesare PREVITI con assegni tratti dai suoi conti correnti a favore della MERIDIANO VIAGGI, agenzia di viaggio che ha curato l'organizzazione del viaggio per tutti gli ospiti di PREVITI. Alcuni di questi, ma non VERDE, hanno ritenuto di «rimborsare» tali spese. Fa specie che SQUILLANTE, mentre riceveva vari accrediti sul suo conto corrente svizzero da parte di PACIFICO e, in epoca successiva, anche di PREVITI, si sia preoccupato di conservare per otto anni la documentazione che dimostra l'avvenuto rimborso delle spese in questione.
(2) Complessivamente sui conti correnti in questione, nel periodo considerato, affluiscono versamenti provenienti da terzi per 31 miliardi 996.000.616. Di questi, 17 miliardi 804.030.000 sono in contanti, gli altri in assegni bancari o circolari e in bonifici.
(3) Questo Ufficio ha ritenuto di allegare la documentazione difensiva prodotta dai legali di Cesare Previti nel corso dell'incidente probatorio ed in relazione allo stesso perché ne possa essere presa visione (cfr. allegato nr. 72).
(4) In data 15.05.96, su richiesta di questo Ufficio, il G.I.P. presso il Tribunale di Milano ha emesso ordinanza di custodia cautelare nei confronti di PACIFICO Attilio ed ACAMPORA Giovanni (cfr. allegato nr. 16). La Corte di Cassazione, Sezione VI, con sentenza 29.08.96. n. 2563 (cfr. allegato nr. 17), pronunciando sulla posizione di ACAMPORA riteneva sussistere una pluralità di elementi convergenti, in modo logico, alla formazione del quadro accusatorio, idonei ad argomentare l'esistenza di un nesso tra le erogazioni di danaro ed il condizionamento dell'esito del giudizio I.M.I.-ROVELLI, attraverso la corruzione di pubblici funzionari. Sulla medesima ordinanza di custodia cautelare, relativamente alla posizione di PACIFICO Attilio, veniva chiamato a pronunciarsi, altresì, il Tribunale del riesame di Milano (a seguito di sentenza di rinvio della Suprema Corte di Cassazione - Sezione Quarta), che riconfermava l'ordinanza con il provvedimento n 2166/96 TDR (cfr. allegato n. 18). Il ricorso proposto dalla difesa di Attilio PACIFICO contro tale ordinanza è stato respinto dalla Suprema Corte di Cassazione (cfr. allegato n. 19).
(5) La vicenda indicata nei citati provvedimenti può essere riassunta come segue. Immediatamente dopo l'arresto di Renato SQUILLANTE e di Attilio PACIFICO, per il reato sub a), nell'ambito delle ulteriori attività istruttorie, è stato richiesto alla A.G. elvetica di interrogare la signora BATTISTELLA Primarosa in ordine ad un bonifico da lei disposto a favore di PACIFICO. A seguito della richiesta Primarosa BATTISTELLA e Felice ROVELLI hanno reso interrogatorio all'A.G. Elvetica in sede di rogatoria (cfr. allegato n. 22). In tale sede hanno affermato che:
nel dicembre 1990 Nino ROVELLI, prima di sottoporsi ad una operazione chirurgica, aveva informato la moglie di essere in debito con l'avv. PACIFICO pregandola, nel caso in cui non fosse sopravvissuto all'intervento, di provvedere al pagamento. L'ing. ROVELLI decedeva il 30.12.1990;
Attilio PACIFICO, circa un mese dopo il decesso di Nino ROVELLI, si presentò a Felice ROVELLI asserendo di vantare un credito quantificandolo in circa 30 miliardi di lire. Contestualmente aggiungeva che anche gli avvocati Cesare PREVITI e Giovanni ACAMPORA erano essi pure creditori verso Nino ROVELLI;
i ROVELLI hanno risposto di non avere in quel momento disponibilità liquide tali da poter estinguere il debito del loro congiunto e richiesto di procrastinare il pagamento all'esito della controversia giudiziaria I.M.I./ROVELLI;
all'esito favorevole della causa che consentì agli eredi ROVELLI di ricevere una somma, detratte le tasse, di oltre 650 miliardi di lire, nel 1994 si era proceduto, su indicazione di PACIFICO, PREVITI e ACAMPORA, a corrispondere ai medesimi gli importi indicati nella imputazione sub b).
(6) Premesso che gli eredi ROVELLI concordemente sostengono di avere appreso dell'esistenza del «debito» nei giorni successivi alla morte di Nino ROVELLI e che pertanto - stando a tale versione - non avrebbero nessun rilievo, sulla genesi del debito stesso, eventuali contatti professionali intervenuti successivamente tra la famiglia ROVELLI e PACIFICO, ACAMPORA e PREVITI:
non sarebbe spiegabile la frequente contestualità tra i contatti tra i vari indagati e gli eventi di maggior momento verificatisi nella vicenda processuale IMI/ROVELLI, dei quali si riferirà in seguito;
non risulta l'esistenza di rapporti amicali tra gli indagati (la circostanza è esclusa dallo stesso ROVELLI che ha dichiarato di aver conosciuto PREVITI ed ACAMPORA dopo la morte del padre e solo in relazione al pagamento delle somme sopra specificate. Altrettanto ROVELLI ha dichiarato in relazione al rapporto con PACIFICO circoscrivendolo ad incontri finalizzati soltanto a conoscere lo stato della causa giudiziaria in vista del pagamento delle somme dovute all'avvocato, attesa la dilazione richiesta dai ROVELLI ovvero, nel secondo interrogatorio e solo a seguito delle contestazioni dell'Ufficio, a mere «consultazioni» per la vicenda IMI/ROVELLI);
in relazione alla vicenda IMI/ROVELLI gli indagati PACIFICO, ACAMPORA e PREVITI non hanno mai avuto incarichi formali. Si vedano al riguardo i verbali di assunzione di informazioni rese dai difensori degli interessi ROVELLI nella causa (cfr. allegato nr. 23), prof. Mario ARE, il 28.10.96 e il 13.9.96 (tra l'altro, pag. 3, «Devo categoricamente escludere che altri si siano occupati della vicenda in sede giudiziale»; pag. 4, «Domanda: L'ing. ROVELLI le ha mai parlato degli avvocati ACAMPORA, PACIFICO e PREVITI in relazione alla vicenda IMI/SIR? Risposta: Non me ne ha mai parlato. Domanda: Dopo la morte dell'ing. ROVELLI del dicembre 1991, dalla vedova o dai figli dell'ing. ha mai saputo che della causa si erano occupati ACAMPORA, PREVITI e PACIFICO? Risposta: Lo escludo nella maniera più categorica. Ho appreso dai giornali il coinvolgimento di questi avvocati») e prof. Michele GIORGIANNI il 16.6.96 (tra l'altro, pag. 2, «Per quello che mi consta escludo nella maniera più assoluta che in tutte le fasi della lunga controversia IMI/SIR gli avvocati PACIFICO, ACAMPORA, PREVITI, si siano occupati della controversia. Domanda: È mai capitato su richiesta prima dell'Ing. Nino ROVELLI e poi da parte degli eredi che lei abbia mai mandato delle memorie o comunque documentazione riguardante la controversia agli avvocati PREVITI, ACAMPORA, PACIFICO? Risposta: Mai. Domanda: È a conoscenza che Felice ROVELLI o la madre o gli altri eredi ROVELLI abbiano contattato gli avvocati ACAMPORA, PREVITI, PACIFICO per la questione IMI/SIR? Risposta: Mai») alla A.G. di Milano;
la signora BATTISTELLA ha escluso ogni rapporto di tipo professionale tra gli indagati (int. 08.05.96, pag 4, «Domanda: L'avv. PACIFICO, per quel che le risulta, si è mai occupato degli affari legali della sua famiglia?» Risposta: «No, per quel che ne so io il PACIFICO aveva nei confronti di mio marito quel credito di cui ho parlato, ma non aveva altri rapporti»);
Felice ROVELLI (int. 14.09.96) ha dichiarato che la famiglia non aveva conferito alcun mandato agli avvocati PACIFICO, ACAMPORA, PREVITI, per curarne gli interessi in Italia od all'estero (pag. 2), confermando, inoltre, di non aver mai affidato a PACIFICO alcun incarico, nemmeno stragiudiziale per una eventuale transazione con l'I.M.I. (pag. 3). I colloqui intervenuti con costui erano comunque tutti posteriori alla quantificazione del credito fatta dal primo (pag. 3);
Giovanni ACAMPORA ha affermato (cfr. allegato nr. 24) di aver svolto attività professionale per conto di Nino ROVELLI nel periodo settembre 89-dicembre 90 legata alla vicenda IMI/ROVELLI e che di questa attività era informato anche il figlio Felice, tant'è che la richiesta della «\uparcella» sarebbe stata formulata direttamente dal professionista al cliente senza la «mediazione» di PACIFICO. Le affermazioni sono contraddette categoricamente dagli eredi ROVELLI (questi sostengono di non saper nulla della pretesa attività professionale, e di aver corrisposto il denaro ad ACAMPORA solo ed esclusivamente in ragione della «introduzione» di questi tra i creditori di Felice ROVELLI da parte di PACIFICO);
Attilio PACIFICO ha asserito (cfr. allegato nr. 25) di aver svolto genericamente consulenze per conto di Nino ROVELLI, senza precisarne la natura ma escludendo di essersi interessato della vicenda IMI/ROVELLI. Le affermazioni sono in aperto contrasto con i documenti sequestrati presso lo studio del professionista tra i quali figurano altresì appunti riservati predisposti dall'avv. ARE e da questi consegnati a Nino ROVELLI (vds. sommarie inf. prof. avv. Mario ARE);
Cesare PREVITI non è mai stato interrogato. Le sue dichiarazioni pubbliche, riportate dalla stampa, legano il ricevimento del denaro alla prestazione di non meglio specificate attività professionali, anch'esse comunque sconosciute agli eredi ROVELLI;
per quanto riguarda l'unica richiesta di versamento - da parte di PACIFICO - corredata di documentazione che apparentemente giustificherebbe un rapporto professionale, la signora BATTISTELLA rivela di esser stata pienamente consapevole della simulazione posta in essere per fornire una causale lecita (esistenza di un rapporto professionale) al pagamento (cfr. int. 8.5.96. pag. 4. sulla fattura 1/94 (cfr. allegato n. 26) emessa da PACIFICO: «Io confermo di aver dato a PACIFICO la somma corrispondente a questa ma escludo categoricamente, per quanto a mia conoscenza, che le prestazioni indicate nella fattura siano state effettuate da PACIFICO».
(7) a) LA FULVIA spa appartiene alla famiglia ROVELLI;
b) nell'interrogatorio del 14.09.96 Felice ROVELLI ha ammesso la circostanza;
c) il periodo di utilizzazione del cellulare da parte di Felice ROVELLI è stato confermato dagli accertamenti svolti sui «MSC» (micro switch channel, ossia i ponti radio impegnati) impiegati per le telecomunicazioni e da quelli riguardanti le presenze alberghiere di Felice ROVELLI in Roma (cfr allegato n. 43).
(8) Tenuto conto della natura dei rapporti tra gli indagati che non può essere ricondotta a frequentazioni di natura amicale o professionale ufficiale legata alla vicenda IMI/ROVELLI, nell'allegato n. 46 sono stati rappresentati i contatti accertati tra i medesimi così come rilevati dalle agende e block notes di PACIFICO.
(9) Nello stesso periodo, e sulla stessa utenza intercorrono contatti telefonici con PACIFICO (16.3.1993) nonché SQUILLANTE (17.3.1993). Lo stesso telefono viene utilizzato il 5.3.1994 per chiamare l'utenza di New York di Felice ROVELLI.
(10) Per ragioni espositive i fatti verranno elencati in progressione cronologica:
in data 16.04.91 (valuta 18.04) sul conto corrente «Mercier» di PREVITI Cesare (acceso presso la Darier Hentsch di Ginevra) viene accreditata la somma di Lit. 1.800.000.000 proveniente dalla Società di Banca Svizzera di Lugano;
in data 23.04.91 (val. 26.04) dal conto «Mercier» viene disposto un bonifico di Lit. 500.000.000 diretto alla Banca del Sempione di Lugano a favore del «pavoncella» di PACIFICO Attilio, ove viene effettivamente accreditato in data 24.04.91 (val. 26.04). In data 30.04.91 (val. 30.04) PACIFICO preleva la somma di Lit. 500.000.000;
con ordine datato 19.04.91 (val. 19.04) dal conto «Mercier» viene disposto un bonifico di Lit. 500.000.000 diretto alla Società Bancaria Ticinese di Bellinzona a favore del conto «771 Pavone» di PACIFICO Attilio. Su questo ultimo conto l'importo viene accreditato in data 22.04.91 (val. 22.04) nel sottoconto in lire italiane, che in precedenza aveva un saldo pari a zero.
1. - Dalle disposizioni impartite da PACIFICO alla banca risulta chiaramente che il bonifico era stato preannunciato telefonicamente e che la somma doveva essere investita a «48h». In pari data (con valuta 24.04) la banca investiva l'intera somma in un «deposito fiduciario call 48 ore».
2. In data 30.04.91 PACIFICO dava disposizione alla banca di trasferire Lit. 500.000.000 al conto «811 master» di VERDE con valuta 06.05.1991.
3. In data 02.05.91 la banca provvedeva in primo luogo a rimborsare il deposito fiduciario (val. 06.05) e quindi a bonificare la somma a favore del conto «811 master» con valuta 06.05.91 come da disposizioni impartite da PACIFICO.
A margine si evidenzia che l'apertura del conto di VERDE è del 30.04.1991, data dell'ordine impartito da PACIFICO la cui esecuzione è stata differita di qualche giorno per poter liquidare il deposito fiduciario.
in data 08.05.91 (val. 06.05) dal conto «Mercier» viene registrato un ulteriore bonifico di Lit. 250.000.000 diretto alla Banca del Sempione di Lugano a favore del c/c «pavoncella» di PACIFICO Attilio, ove viene effettivamente accreditato in data 07.05.91 (val. 10.05). In data 08.05.91 questa somma è stata trasferita da PACIFICO a favore del conto «Quasar Business» acceso presso la Società di Banca Svizzera di Lugano, verosimilmente dello stesso PACIFICO (cfr. allegato n. 57).
(11) Le vicende relative all'estinzione dei conti correnti esteri riconducibili a Squillante Renato nonché quelle relative all'acquisto di un immobile in Roma sono dettagliate nella misura di custodia cautelare in carcere nei confronti di Mariano SQUILLANTE (cfr. allegato n. 13) e nell'ordinanza del Tribunale della Libertà (cfr. allegato n. 15).
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