Commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività ad esso connesse - Martedì 20 febbraio 2001


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ALLEGATO

RELAZIONE SULLA TOSCANA ED UMBRIA

(relatore: senatore Giovanni Iuliano)

Premessa.

Nell'esercizio delle funzioni attribuite dalla legge istitutiva, la Commissione - come noto - ha proceduto alla stesura di rapporti territoriali sulla situazione del ciclo dei rifiuti.
Quanto alla Toscana ed all'Umbria, oggetto della presente trattazione, informazioni sono state assunte sia mediante missioni in loco
(1), sia attraverso l'audizione di esponenti di enti vari sia pubblici che privati (2), sia ancora attraverso l'acquisizione di documentazione scritta.
La Commissione ha proceduto alla verifica dei livelli di attuazione della legislazione inerente alla gestione del ciclo dei rifiuti, all'acquisizione di conoscenze relative alla situazione reale del territorio regionale e alle problematiche inerenti a specifici siti, nonché all'accertamento di eventuali nessi tra l'attività degli operatori del settore e attività illecite.
Vale la pena osservare, sin da subito, che le due regioni sono state accomunate perché la loro storia di gestione dei rifiuti, urbani e speciali, viene da lontano e la sensibilità ambientale appare particolarmente spiccata, specialmente sotto il profilo della prevenzione e dell'educazione del cittadino al rispetto dell'ambiente.
La regione Toscana, infatti, fin dalla legge regionale 13 novembre 1984, n. 65, ha individuato un sistema di pianificazione di settore che ha attribuito a ciascuna amministrazione provinciale e a ciascun comune potere di intervento nella formazione del piano e nella gestione dello stesso, nonché nell'individuazione dei siti idonei allo smaltimento.
Interessante è verificare come il programma di sensibilizzazione abbia avuto effetto educativo specialmente sulle nuove generazioni, in quanto il data 19 gennaio 2001, a conclusione del progetto di sensibilizzazione della regione Toscana, sono stati premiati studenti per un concorso sui rifiuti.


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L'importanza del progetto e la sua valenza in termini di sensibilizzazione emerge immediatamente dal numero (circa tremila classi e oltre 60 mila giovani coinvolti) delle classi coinvolte; ma quello che è più importante è che "L'educazione ambientale entra a scuola".
Il progetto è articolato nella distribuzione di un "kit educativo" agli allievi e agli insegnanti, s didattica, e nell'organizzazi upporto per un'ampia ed articolata attività one di un concorso. "L'impegno per la riduzione, il riuso e il riciclaggio dei rifiuti rappresentano una grande battaglia di civiltà, per cui tutti, amministratori e cittadini, devono fare la loro parte; visti i grandi risultati raggiunti in questi anni dalla Toscana nelle raccolte differenziate, si può affermare che questi potranno essere ancora migliorati, se si riuscirà a motivare e a sensibilizzare al massimo anche i più giovani nei confronti di una responsabilità che è di tutti. Si mette poi in evidenza in modo chiaro e conciso (perché rivolto alle giovani generazioni) il ruolo dell'educazione ambientale nelle scuole definendolo come "cruciale".
Altrettanto deve dirsi per la regione Umbria, la quale, partendo dalla legge regionale 22 gennaio 1979, n. 9, e passando attraverso la legge regionale 27 dicembre 1983, n. 52, è pervenuta all'approvazione della legge regionale 27 dicembre 1983, n. 52, in cui si dà un riordino completo al settore.
Al di la, però, delle singole disposizioni approvate ed applicate, piace alla Commissione mettere in evidenza che, in entrambe le regioni l'opera di sensibilizzazione non si è limitata ad un piano formale e legislativo, ma è passata attraverso una comunicazione mediatica delle esigenze ambientali, che ha dato frutti in ogni settore. Tale tendenza viene concretamente attuata, nella regione Toscana, mediante una campagna rifiuti che consente di informare la popolazione, anche e soprattutto attraverso una comunicazione mediatica, come trasformare una lattina, una bottiglia di plastica, un barattolo di vetro, una pera, una scatola di cartone in salvadanaio, attraverso la raccolta differenziata, dato che grazie ad essa chi risparmia l'ambiente risparmia denaro: quello della collettività e anche il proprio (vedi i siti di informazione istituzionale www.regione.toscana.it e www.rete.Toscana.it (3). Altrettanto deve dirsi per quanto riguarda la regione Umbria, che ha adempiuto a tale obbligo di informazione istituzionale (si dice obbligo in quanto più disposizioni legislative lo impongono) attraverso la predisposizione di una campagna di informazione ai cittadini, che culmina nella predisposizione di un sito istituzionale (www.regione.umbria.it). L'approccio alla problematica dei rifiuti accolto e fatto proprio dalle due regioni in esame non può che trovare concorde la Commissione.
Nonostante questo approccio positivo, si deve affermare che nel corso delle audizioni e delle missioni non sono stati pochi gli aspetti ancora non risolti messi in evidenza sia dalle istituzioni che dall'associazionismo ambientalista. Di questi si renderà conto nel


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corso della presente relazione; in questa sede non può che riconfermarsi il giudizio positivo della Commissione rispetto alle modalità ed alla tempestività con cui il problema ambiente è stato affrontato e, diremo, risolto. In sostanza, a differenza di altre regioni (vedi ad esempio Campania, Basilicata, Sicilia, Piemonte, Emilia Romagna), si può dire che per le due regioni oggetto della presente relazione il problema "emergenza rifiuti" non è mai esistito.
Una riprova di quest'ultima affermazione si ha se si esamina il contesto territoriale sotto l'aspetto dei procedimenti penali in materia ambientale in generale e, in particolare, sotto quello dei c.d. delitti di "ecomafia".

Le indagini giudiziarie.

Toscana.

Sebbene, come riferito da Ciro Scarfato, comandante del NOE dei carabinieri di Napoli, in occasione della missione della Commissione a Napoli, nel luglio 1996 fossero stati rinvenuti e sequestrati rifiuti nella zona di Montecorvino Pugliano (SA) a poca distanza dalla discarica in località Parapoti provenienti dal nord Italia e diretti in Toscana, si deve dire che tale regione viene in evidenza sempre e soprattutto come destinataria di rifiuti, spesso perché è, forse, l'unica a possedere impianti idonei allo smaltimento. Questa circostanza, invero, ha dato adito a sospetti di "triangolazione" per lo smaltimento illecito, sospetti che si evidenziano da più circostanze.
In primo luogo, si deve ricordare un centro in provincia di Ravenna, presso il quale è stato accertato l'arrivo di rifiuti lombardi con una codifica non prevista dalla legge e la partenza degli stessi presso inesistenti centri di recupero in altre regioni italiane, in particolare Toscana e Lazio (4); poi i numerosi capannoni dismessi riempiti di frazione secca, che la Commissione ha avuto modo di vedere in diverse regioni (Lombardia, Abruzzo, Toscana, Friuli, Lazio), tutti accomunati dall'avvenuta comunicazione agli organi preposti dell'inizio attività di stoccaggio o recupero. Da ultimo, si ricordi la circostanza, riferita dal sostituto procuratore della Repubblica di Napoli, dottor Guerriero (5), secondo cui gli interessi di alcuni clan camorristici, notoriamente dediti al traffico di rifiuti, si sono spostati nella regione Toscana, con l'acquisizione di attività turistiche alberghiere. Afferma, infatti, il predetto magistrato: "Questo è un caso tipico in cui - naturalmente a nostro avviso, poi tutto dovrà essere valutato dall'autorità giudicante perché siamo ancora nella fase delle indagini - abbiamo la dimostrazione che i proventi derivanti dall'illecito sversamento dei rifiuti sono stati utilizzati dal clan camorristico in un'attività completamente diversa, un'attività turistica in Toscana, attraverso imprenditori che, come cellule, stanno riproducendo in altre aree del territorio italiano gli stessi meccanismi che


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prima ho descritto". L'aspetto dell'intromissione della camorra in Toscana, mediante il riciclaggio di danaro proveniente dalla gestione illecita di rifiuti, viene posto in rilievo anche dal procuratore distrettuale di Firenze, dottor Antonino Guttadauro, nel corso della missione del 19 settembre 2000 e, sempre in detta circostanza, dal prefetto di Firenze, dottor Achille Serra, il quale afferma: "Non vi è la sensazione, né vi sono elementi tali da far ritenere che oggi in Toscana la criminalità organizzata abbia messo mano su questo fenomeno", però "Vi è stato il segnale di qualche investimento di denaro proveniente da illeciti, soprattutto sull'area di Montecatini".
Di altre indagini in corso ha dato contezza, con relazione segreta, il procuratore distrettuale di Firenze nel corso della missione del 19 settembre 2000.
Il rilievo, da ultimo posto in evidenza, da una parte dimostra come gli interessi delle attività imprenditoriali camorristiche o mafiose non abbiano confini territoriali e, dall'altra, come attraverso la ripulitura dei proventi di traffici illeciti si possa "inquinare" un territorio prima non contaminato da attività camorristiche. D'altra parte, emerge con chiarezza come la camorra e la mafia operino a tutto campo e come possano muovere ingenti capitali di provenienza illecita. È questo un ulteriore aspetto delle cosiddette "ecomanie" che occorre prendere in considerazione, specialmente quando si analizza una regione tradizionalmente esente da fenomeni camorristici o mafiosi. La criminalità organizzata entra in tale contesto sociale attraverso le attività tradizionali del luogo (nel nostro caso quella turistico-alberghiera) per poi portare il suo modus operandi nel territorio e diventarne il controllore. Il fenomeno, non nuovo, merita un'attenzione particolare da parte della Commissione, che potrà essere ulteriormente sviluppato attraverso opportuni collegamenti, anche di indagini comuni, con la Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno della mafia.
Ritornando all'aspetto dei delitti più propriamente diretti ad offendere l'ambiente, si deve dire che la Toscana appare indicativa dal livello di non conformità alla normativa ambientale anche di aziende, purtroppo, di grosse dimensioni: si ricordi l'inchiesta giudiziaria connessa alla vicenda della costruzione della linea ferroviaria ad alta velocità sull'Appennino toscano, con particolare riferimento ai cantieri T13 e T17, che la Commissione ha visitato, dove il cattivo funzionamento del depuratore delle acque di lavaggio delle gallerie in costruzione ha causato un gravissimo inquinamento dei fiumi Santerno e Diaterna, che ha portato alla sospensione e, poi, alla revoca dell'autorizzazione allo scarico da parte del comune (6).
Altro caso portato all'attenzione della Commissione è quello dell'impianto di Scarlino della società Ambiente spa. Tale impianto, noto anche come inceneritore del Casone, sorge in un territorio con vocazione turistica e dovrebbe bruciare rifiuti urbani, provenienti anche da altre province, per un totale di 140 mila tonnellate annue. L'impianto consiste in una riconversione di vecchi forni industriali e di strutture


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ormai obsolete. Per lo stesso, prima di arrivare alla fase autorizzativa, vi sono stati ricorsi promossi dal comitato del "no" e da singoli cittadini, che in origine chiedevano la sospensione dell'autorizzazione del TAR della Toscana; la domanda di sospensiva è stata rigettata; avverso la mancata sospensiva concessa dal TAR della Toscana si è ricorso al Consiglio di Stato, che ugualmente ha rigettato il ricorso. Nel frattempo il TAR della Toscana si è pronunciato anche sul merito, riconfermando il giudizio che si è in presenza di una centrale alimentata da combustibili non convenzionali. Si deve, inoltre, rilevare che di recente il tribunale del riesame di Grosseto (ordinanza del 17 gennaio 2001, procedimento n. 3334 del 2000) ha disposto il sequestro preventivo dell'impianto di Scarlino per violazione degli articoli 51, 27, 28 e 30 del decreto legislativo n. 22 del 1997, in quanto successivamente all'autorizzazione ministeriale "avviavano e proseguivano la produzione di energia elettrica senza osservare le disposizioni di legge in materia di rifiuti, in particolare senza conseguire, relativamente all'impianto di Scarlino, l'iscrizione nell'Albo nazionale, senza inoltrare all'amministrazione provinciale la domanda volta ad ottenere l'approvazione del progetto e, inoltre, senza ottenere l'autorizzazione provinciale allo smaltimento".
Il procedimento, ancora allo stato iniziale delle indagini, in effetti rientra nella nota problematica dell'applicabilità o meno delle procedure semplificate di cui agli articoli 31 e 33 del decreto legislativo n. 22 del 1997.
Altro caso da ricordare è quello scaturente da alcune indagini in ordine a presunte irregolarità nell'assegnazione degli appalti per la ricostruzione postalluvionale in Versilia-Garfagnana; per questi fatti la procura della Repubblica presso il tribunale di Lucca ha chiesto ed ottenuto il rinvio a giudizio nel procedimento a carico di Roberto Daviddi ed altri soggetti, per i reati di turbativa d'asta, interesse privato in atti d'ufficio, appropriazione indebita ed altro. In effetti, secondo la tesi accusatoria, in previsione dell'udienza del 12 marzo 2001, alcuni appalti sarebbero stati aggiudicati dal Daviddi, quale commissario straordinario ed in occasione degli eventi alluvionali, a ditte che non possedevano i requisiti richiesti dalla legge. Inoltre tali ditte - operanti nell'ambito della raccolta e del trasporto dei rifiuti - avrebbero poi ceduto i rifiuti, dietro compenso, invece di trasportarlo nei luoghi indicati dal commissario straordinario (7).
Altri fatti rilevanti dei quali si sia interessata la magistratura toscana non risultano agli atti della Commissione, sebbene, da accertamenti fatti direttamente mediante propri consulenti, risultino episodi quanto meno sospetti o che possano evolversi in fatti criminosi (8).

Umbria.

Per quanto concerne la regione Umbria, si può affermare che i fatti sottoposti all'esame dell'autorità giudiziaria "evidenziano solo


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scarichi occasionali di rifiuti, prevalentemente liquidi, che vengono abbandonati sul territorio al fine di lucrare nelle spese di smaltimento (9). Dalla relazione del prefetto di Perugia svolta in occasione della visita della Commissione, si evidenzia come il margine di attenzione al fenomeno sia particolarmente elevato sia da parte delle istituzioni in genere che da parte delle forze dell'ordine in particolare. Si rileva inoltre come, sia dalle indagini della polizia di Stato (10) che da quelle del comando provinciale dei carabinieri (11), sia confermato quanto già innanzi riportato e segnalato dal comando del Corpo forestale dello Stato circa la presenza di sversamenti isolati, per lo più liquidi, finalizzati all'elusione delle spese di smaltimento.

La legislazione regionale (12).

Toscana.

L.R. 31 agosto 2000, n. 71 (13) - Modifiche alla L.R. 18 maggio 1998, n. 25 (Norme per la gestione dei rifiuti e la bonifica dei siti inquinanti), come modificata dalla L.R. 22 dicembre 1999, n. 70 (Moldifiche ed interpretazione autentica della L.R. 18 maggio 1998, n. 25 concernente: «Norme per la gestione dei rifiuti e la bonifica dei siti inquinanti»).
L.R. 22 marzo 2000, n. 40 (14). - Modifiche ed integrazioni alla L.R. 1o dicembre 1998, n. 88, concernente "Attribuzioni agli Enti locali e disciplina generale delle funzioni amministrative e dei compiti in materia di urbanistica e pianificazione territoriale, protezione della natura e dell'ambiente, tutela dell'ambiente dagli inquinamenti e gestione dei rifiuti, risorse idriche e difesa del suolo, energia e risorse geotermiche, opere pubbliche, viabilità e trasporti conferito alla Regione dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112".
L.R. 22 dicembre 1999, n. 70 (15). - Modifiche ed interpretazione autentica della L.R. 18 maggio 1998, n. 25 concernente: "Norme per la gestione dei rifiuti e la bonifica dei siti inquinati".
Delib.C.R. 21 dicembre 1999, n. 385 (16). - L.R. n. 25/1998 articolo 9 comma 1 "Piano regionale di gestione dei rifiuti secondo stralcio relativo ai rifiuti speciali anche pericolosi".
Delib.G.R. 20 dicembre 1999, n. 1442 (17). - L.R. n. 25/1998 - Modifiche ed integrazioni al metodo standard di certificazione delle


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percentuali di raccolte differenziate dei rifiuti urbani di cui alla Delib.G.R. n. 1369/1998.
Delib.G.R. 29 marzo 1999, n. 320 (18). - L.R. n. 25 del 1998. Articolo 10, comma 1. Piano regionale di gestione dei rifiuti - 2o stralcio relativo ai rifiuti speciali e speciali pericolosi.
L.R. 1 dicembre 1998, n. 88 (19). - Attribuzione agli Enti locali e disciplina generale delle funzioni amministrative e dei compiti in materia di urbanistica e pianificazione territoriale, protezione della natura e dell'ambiente, tutela dell'ambiente dagli inquinamenti e gestione dei rifiuti, risorse idriche e difesa del suolo, energia e risorse geotermiche, opere pubbliche, viabilità e trasporti conferite alla regione dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112.
Delib.G.R. 16 novembre 1998, n. 1369 (20). - L.R. n. 25 del 1998 - Approvazione del metodo standard di certificazione delle percentuali di raccolte differenziate dei rifiuti urbani.
Circ. 12 novembre 1998, n. 2 (21). - Chiarimenti in merito alla natura ed alla classificazione dei sottoprodotti della caseificazione "siero" e "scotta" in relazione alla vigente normativa in materia di rifiuti.
L.R. 18 giugno 1998, n. 34 (22). - Modifica della L.R. n. 25 del 1998 "Norme per la gestione dei rifiuti e la bonifica dei siti inquinati".
L.R. 18 maggio 1998, n. 25 (23). - Norme per la gestione dei rifiuti e la bonifica dei siti inquinati (24).


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L.R. 28 dicembre 2000, n. 81, Art. 4 (25) - Disposizioni in materia di sanzioni amministrative.


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L.R. 18/04/1995, n. 66 (26) - Istituzione dell'Agenzia regionale per la protezione ambientale della Toscana.
Delib.G.R. 29/11/1999, n. 1348 (27) - Agenzia regionale per la protezione ambientale della Toscana (A.R.P.A.T.) - Adozione direttive per il triennio 2000-2002, in merito agli obiettivi prioritari di riordino dei controlli ed alla protezione ambientale.
In particolare, la legge regionale n. 25 del 1998, in attuazione del decreto legislativo 22/97, ha istituito nove ambiti territoriali ottimali (ATO (28). Questi rappresentano il riferimento geografico adeguato per conseguire economicità gestionale e per garantire che la gestione affidata ai comuni ed esercitata attraverso le comunità di ambito, risponda a criteri di efficienza ed efficacia. Nella maggior parte dei casi, il riferimento geografico coincide con quello provinciale. Ogni ATO deve garantire l'autosufficienza dello smaltimento dei rsu.

Umbria.

Delib.G.R. 8 novembre 2000, n. 1298 (29) - Procedure semplificate articoli 31 e 33 del decreto legislativo n. 22/1997. Comunicazione di inizio attività per l'esercizio delle operazioni di recupero dei rifiuti non pericolosi. Direttiva.


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Delib.G.R. 30 settembre 1997, n. 6250 (30) - Decreto legislativo n. 22/1997, articoli 30 e 57. Modifica disposizioni autorizzative. Determinazioni in merito alle procedure per la gestione del periodo transitorio.
L.R. 6 marzo 1998, n. 9 (31) - Norme sulla istituzione e disciplina dell'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente (ARPA).
Delib.G.R. 28 giugno 2000, n. 694 (32) - Linee guida vincolanti per le aziende USL relative alla vigilanza negli studi medico-odontoiatrici con riferimento al D.Lgs. n. 626/1994.

Gli impianti.

Toscana.

Lo stato dell'ambiente in Toscana è stato efficacemente fotografato nel "Rapporto 2000 sullo stato dell'ambiente", edito dall'amministrazione regionale.
Il rapporto si propone come approfondimento ed aggiornamento dei precedenti e riprende l'idea centrale, di partire dalla descrizione degli elementi socioeconomici del territorio e "dall'analisi della loro evoluzione passata e futura per arrivare a misurare il loro impatto sulla qualità ambientale e ad indicare interventi che contribuiscano a coniugare la crescita economica e produttiva con uno sfruttamento dell'ambiente che non ne intacchi la riproducibilità delle risorse". È indubbio, infatti, che esista un rapporto di condizionamento reciproco fra lo sviluppo economico e le questioni ambientali: non sono soltanto la presenza umana, le attività produttive, i trasporti o i flussi turistici ad esercitare effetti pesanti sulle condizioni ambientali, ma sono anche queste ultime, specialmente se degradate, a ripercuotersi significatamente sulle condizioni di vita e di lavoro, sulle determinanti e sui fattori di localizzazione delle attività, sulla consistenza e la qualità della dotazione infrastrutturale e, non ultimi, sui fattori di competitività.
In questo quadro gli insediamenti produttivi, in generale, e quelli destinati ad attività più pericolose, in particolare, sono, fra tutte le attività umane, quelli che impongono i costi maggiori in termini di qualità ambientale, ma sono anche i fattori determinanti dell'evoluzione sociale, economica e culturale di una comunità.
Tali osservazioni sono ancora più pregnanti in una regione la cui caratteristica principale è quella della varietà del paesaggio, con una rilevante presenza di aree montane e di alta collina, di distretti industriali di piccola e media impresa, di aree rurali, di aree urbane, di aree di richiamo turistico.

- Eurocom di Capalbio

In data 18 settembre 2000 è stata effettuata dalla Commissione una visita presso l'impianto di Capalbio della società Eurocom,


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adibito allo stoccaggio dei rifiuti pericolosi e non pericolosi. Esso sorge nell'area industriale ed occupa una superficie di 7500 metri quadrati, di cui 1825 consistenti in capannoni. Completano l'impianto gli uffici ed un laboratorio. Le attività che si svolgono presso l'impianto sono di tipo fisico (triturazione, cernita, vagliatura) e di tipo chimico (innocuizzazione e stabilizzazione chimico-fisica, nonché miscelazioni tra specie reattive). I materiali in arrivo all'impianto provengono prevalentemente da attività industriali, artigianali, di servizio e commercio e da operazioni di bonifica. La potenzialità di stoccaggio è di 1410 tonnellate, di cui 430 metri cubi di rifiuti liquidi stoccati in otto serbatoi di acciaio e due serbatoi in vetroresina. Le apparecchiature di cui è dotata l'area di trattamento consistono di un trituratore a cesoia rotante e di un cilindro rotante (inertizzatore) avente capacità di 12 tonnellate/ora.
Nel corso della visita, l'impianto non era in attività e quindi non si è potuto osservare da vicino il modo di trattamento dei rifiuti per effettuare una verifica con quanto asserito dai tecnici dell'impianto stesso. Si è avuta tuttavia la chiara impressione che i trattamenti , così come descritti, non siano del tutto credibili e che ci sia molta improvvisazione. Per fare un esempio, la riduzione dei cromati a cromo trivalente insolubile, che avverrebbe con solfito sodico in fase solida, non è tecnicamente fattibile. Vi è anche il sospetto che le cosiddette miscelazioni consistano in vere e proprie diluizioni di rifiuti pericolosi con altri rifiuti. La piattaforma ha tutte le caratteristiche, più che di un centro di trattamento, di un centro di smistamento di rifiuti (chemicals, catalizzatori esausti, eccetera) verso altre destinazioni e verso altri centri di stoccaggio, con il risultato che del rifiuto originario, attraverso un giro bolla ed il cambio di detentore, si perde ogni traccia. Per alcuni chemicals stoccati, ad esempio il solfato di nichel (classificato rifiuto pericoloso e sospetto cancerogeno), non sono state fornite informazioni sufficienti né sulle modalità di trattamento, né sul destino finale. L'area di stoccaggio fusti (alcuni dei quali corrosi, con conseguente gocciolamento di liquidi sul pavimento) non è ispezionabile, in quanto questi sono accatastati in maniera tale che è fisicamente impossibile verificare di quali materiali si tratti.

- Ambiente spa di Scarlino

La visita della Commissione, in località Casone, è avvenuta in data 18 settembre 2000. Nell'area industriale operano tre aziende: Ambiente spa, Solmar e Tioxide Europe. Oggetto della visita è stata la società Ambiente spa, nel cui sito vi è un impianto di cogenerazione da 140.000 tonnellate/anno di potenzialità, che dovrebbe bruciare CDR, ossia combustibile derivato dai rifiuti, proveniente anche da fuori regione. L'area dove sorge l'impianto era originariamente della società Nuova Solmine (che oggi si dedica prevalentemente alla produzione di acido solforico). Fu questa azienda che, a seguito di richiesta al Ministero dell'industria per essere autorizzata alle emissioni in atmosfera ai sensi dell'articolo 17 del decreto del Presidente della Repubblica n. 203/88, ottenne il parere favorevole della regione Toscana con deliberazione n.4248 del 23 ottobre 1995


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per il termoriutilizzo dei combustibili non convenzionali (biomasse, CDR, eccetera). La società Ambiente, subentrata, era altresì autorizzata, con decreto del Ministero dell'industria del 12 giugno 1996, ad installare un impianto da 65 MW termici per produrre energia elettrica, utilizzando i residui di cui all'allegato 1 al decreto interministeriale 16 gennaio 1995, in cui si prevedeva un periodo di marcia sperimentale della durata di diciotto mesi. La giunta regionale Toscana, con decisione n. 55 del 4 marzo 1996, richiedeva la valutazione di impatto ambientale, trattandosi di un impianto a riconversione industriale per produrre energia elettrica da combustibili non convenzionali. La stessa giunta della regione Toscana esprimeva una valutazione conclusiva del progetto con decisione n. 16 del 14 luglio 1997, chiedendo alcune prescrizioni e invitando l'ARPA ad effettuare controlli sull'impianto (in particolare sulle emissioni), concordati in seguito con la regione stessa per mezzo di un protocollo tecnico. In considerazione della densità di aziende nel territorio (centrale Enel di Torre Mozza, impianti della società Tioxide Europa e della Solmine, inceneritore di Valpiana) nella zona è sorto un "comitato del no" al cogeneratore di Scarlino, rivendicando la vocazione turistica del territorio. L'azione costante e decisa del comitato ha senz'altro contribuito alla temporanea fermata dell'impianto da parte della magistratura locale, di là dalle questioni tecniche coinvolte e dagli atti amministrativi. L'impianto di cogenerazione consiste in un revamping delle vecchie strutture e dovrebbe operare con tre forni a letto fluido per la produzione di energia, con una potenzialità massima di produzione di energia elettrica di 130 milioni di KWh/anno. Un problema ancora aperto, nel caso che l'impianto riparta, rimane quello della provenienza del CDR da altre regioni in considerazione del fatto che esso potrebbe essere utilizzato per soddisfare le esigenze del territorio toscano piuttosto che quelle di altre regioni.
Cumuli di ceneri di pirite (minerale impiegato per produrre acido solforico e ferro), utilizzati come rilevato stradale, sono ammucchiati in un'area senza alcuna precauzione e senza alcun sistema di messa in sicurezza. La vendita di tali ceneri ad una società veneta è in corso da alcuni anni e si stima che il completo smaltimento possa avvenire entro quindici anni. Desta qualche perplessità nella Commissione l'utilizzo di tali ceneri, per i problemi che può comportare sia sul sito dove sono stoccate sia sui siti dove vengono utilizzate. Data la natura del materiale (presenza di metalli tossici), infatti, non sono da escludersi pericolose contaminazioni delle falde idriche sottostanti. Quello della contaminazione della falda e del territorio di Scarlino (colline metallifere Scarlino- Empoli) è peraltro un forte elemento di preoccupazione, specialmente se riferita a quella della falde, in cui si è dimostrata sperimentalmente la presenza di quantità preoccupanti di mercurio. Le colline già sfruttate dalla Montedison e poi dall'ENI hanno comportato, unitamente alle produzioni dell'industria chimica locale, la produzione di notevoli quantità di rifiuti tossici e nocivi per la presenza, tra l'altro, di piombo, arsenico, cadmio, mercurio, e la collocazione al di fuori di ogni regola e normativa in circa ventiquattro discariche abusive, che hanno contaminato le falde idriche per la presenza nelle acque dei metalli di cui sopra. Lo stato


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di completo abbandono delle miniere ha causato un forte dissesto idrogeologico, con smottamenti in atto specie nel territorio di Niccioleta, in cui circa ventimila metri cubi di terreno stanno franando. L'attuale sistema industriale, proprio perché scarsamente riconvertito alle nuove tecnologie, non opera correttamente se si pensa alle recentissime perdite di acido solforico dall'impianto della Nuova Solmine, già oggetto di indagini della magistratura per aver causato pericolose contaminazioni del suolo, delle falde e morie di pesci nel mare antistante. Problemi urgenti di bonifica del territorio si pongono nel rispetto della vigente normativa, includendo nel piano regionale di bonifica le aree contaminate dell'ex impianto denominato di pellettizzazione, che l'ENI vorrebbe fossero escluse.

- Seal di Livorno

La società Seal è a gestione mista pubblico-privata ed è controllata dalla compagnia portuale di Livorno, in cui vi sono quote del comune. L'attività prevalente della Seal è quella del trattamento e dello smaltimento dei rifiuti. La piattaforma polifunzionale vide la luce nel 1988 e venne realizzata a cura del Ministero dell'ambiente e della regione Toscana, con la collaborazione della provincia e del comune di Livorno, per ospitare e trattare i rifiuti delle "navi dei veleni" esportati illegalmente in Paesi del terzo mondo e rispediti nel nostro Paese. Negli anni 1994-1995 la gestione della piattaforma fu assegnata alla Seal per affrontare la nuova emergenza dei vagoni ferroviari contenenti amianto. L'impianto Seal è il più grande della Toscana ed è autorizzato per lo stoccaggio e per il trattamento conto terzi di rifiuti pericolosi e non pericolosi. La superficie occupata è di circa ventimila metri quadrati e comprende un capannone in struttura metallica di ventimila metri quadrati con annessa tettoia da 780 mq, che costituisce il cuore dell'impianto, in quanto è l'area dove viene decoibentato l'amianto delle carrozze ferroviarie. Oltre alla decoibentazione dell'amianto, fanno parte della piattaforma, un impianto per la neutralizzazione di rifiuti liquidi, un impianto per l'inertizzazione chimica di fanghi e polveri (ad esempio ceneri dell'inceneritore di Milano) e due capannoni della capacità di 1500 e 900 metri quadrati utilizzati per lo stoccaggio e per la lavorazione dei rifiuti. La piattaforma è munita anche di un laboratorio di analisi e di strutture ausiliarie: sistema antincendio, sistema per la raccolta di eventuali liquidi sversati accidentalmente, sistema di captazione e filtraggio dell'aria. La bonifica dei vagoni ferroviari contenenti amianto viene realizzata attraverso le seguenti fasi seguite tutte dal controllo computerizzato: presmontaggio delle vetture, bonifica sotto depressione atmosferica, controllo delle fibre aerodisperse, trattamento dell'aria estratta trattata con filtri assoluti, trattamento a ciclo chiuso dell'acqua di lavaggio delle strutture previamente raccolta attraverso un sistema di griglie sul pavimento. Dopo la bonifica si effettua la messa in sicurezza, il trasporto, lo smaltimento dei rifiuti e la rottamazione delle carcasse. La capacità di trattamento delle vetture è di 400 l'anno. La società è anche impegnata nel settore delle bonifiche ambientali e non solo di amianto: esperienze in tal senso sono state quelle di Carbonara Scrivia e Tortona. Le bonifiche


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dell'amianto hanno riguardato gli stabilimenti Eridania di Ferrara, di Bagnoli e dell'Alfa Romeo di Pomigliano d'Arco.

- Area di Pisa

La visita all'impianto è stata effettuata dalla Commissione in data 18 settembre 2000. L'impianto Area di Pisa (Azienda di riciclaggio edilizia ambiente) sorge in località Navacchio di Cascina (Pisa). Si tratta di una piattaforma di comprensorio, in cui si effettua il trattamento e il riciclo dei rifiuti inerti provenienti dall'ambito territoriale ottimale di Pisa. L'azienda opera anche nel settore della demolizione di insediamenti civili e industriali, nonché nei lavori di escavazione e movimento terra. La gestione è mista. L'impianto utilizza i risultati della sperimentazione di un prototipo progettato e realizzato a Castellarano (Reggio Emilia) e costituisce uno dei modelli più avanzati (ROSE: recupero omogeneizzato scarti edilizi) tra i circa settanta impianti mobili ed i trenta impianti fissi di frantumazione esistenti in Italia. All'ingresso vi è una prima sezione di controllo di qualità del materiale, effettuata con videocamere per verificarne l'ammissibilità all'impianto. Segue lo scarico del materiale in apposita area di stoccaggio, con ripartizione in cumuli aventi una composizione merceologica omogenea (inerti puliti, inerti misti di scavo, terra mista a limo e argilla, terra sporca non riutilizzabile, terra vegetale, calcestruzzo). Dalla tramoggia di carico, anch'essa controllata con videocamera, il materiale alimenta un vibrovaglio che separa la frazione fine ed invia alla macinazione con mulino ad urto le frazioni più grossolane. Cosi facendo si consente il distacco del ferro dall'impasto di calcestruzzo; a valle del sistema di macinazione vi è un sistema di captazione delle polveri. Usciti dal frantoio, i materiali per mezzo di un nastro trasportatore vanno ad un deferrizzatore elettromagnetico a nastro; segue una seconda deferrizzazione ed una vibrovagliatura che permette una separazione granulometrica degli inerti. Le frazioni ottenute nel processo (carta, plastica, ferro, inerti) vengono separate, stoccate, in attesa di essere vendute per essere riutilizzate.

- Ecolevante (Waste recycling) di Santa Croce sull'Arno (Pisa)

Nella piattaforma della società Ecolevante i rifiuti vengono conferiti da mezzi di trasporto prevalentemente della stessa azienda, grazie ad un parco mezzi che comprende anche bilici compattatori, ribaltabili e cisternati, autotreni scarrabili e cisternati, autospurgo, furgoni per la microraccolta, pale meccaniche, escavatori e caricatori. All'interno del sito si trova un impianto di stoccaggio gestito dalla società Waste recycling, consociata della Ecolevante. I rifiuti tal quali conferiti alla piattaforma da svariate tipologie di aziende anche attraverso il sistema della microraccolta, vengono inviati ad un impianto di selezione automatico e manuale con cabina di cernita ed in grado di separare carta, plastica, materiali ferrosi, frazioni organiche. I materiali separati vengono infine pressati ed avviati al recupero di filiera attraverso apposite convenzioni oppure alla discarica se si tratta di rifiuti non recuperabili. Nel 1999 sono state


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trattate centomila tonnellate di rifiuti. La Ecolevante opera anche nel settore della bonifica dell'amianto, delle demolizioni e della bonifica dei terreni e, grazie alla collaborazione con l'università di Pisa, utilizza le strutture del proprio laboratorio per esperienze comuni sui rifiuti, in particolare nel settore del recupero delle plastiche. Nell'area è inoltre installato un sistema di depurazione di reflui liquidi industriali (acque da cabine di verniciatura, sospensioni acquose, reflui da produzioni alimentari, percolati di discariche, liquidi da fosse settiche, eccetera). I liquami in arrivo vengono analizzati, separati per flussi omogenei e stoccati in serbatoi di vetroresina, in attesa di essere convogliati al sistema di trattamento. La capacità dell'impianto è di 150 metri cubi/giorno, per ciò che riguarda la sezione di trattamento chimico-fisico e di flottazione, e di 200 mc/giorno per ciò che riguarda la sezione biologica a fanghi attivi.

- Inceneritore di Pietrasanta, località Falascaia

L'inceneritore di Pietrasanta in località Falascaia è in fase di completamento. Esso utilizzerà combustibile derivato dai rifiuti, CDR, ed ha una potenzialità di 170 tonnellate/giorno ripartita su due linee. La localizzazione di tale impianto non è delle più felici: infatti, esso si trova a meno di un chilometro da un ospedale con un bacino di utenza di circa tremila persone, a due chilometri dal mare, ad un chilometro e mezzo da Forte dei Marmi e da Viareggio, in una zona definita di pregio ambientale dal comune di Pietrasanta e di rischio idraulico 4 dalla regione Toscana. Il sistema di viabilità rende difficile anche l'accesso ai veicoli che conferiranno i rifiuti.
Il comitato per la difesa della Versilia a fronte di tale non opportuna localizzazione, ha inviato ricorsi al Ministero, al TAR, nonché esposti, diffide, denunce alla magistratura. L'impianto, progettato in vigenza del decreto del Presidente della Repubblica n. 915/82 che prevedeva l'utilizzo di RDF (combustibile derivato da rifiuti) per scopi energetici, è stato approvato vigendo il decreto legislativo n. 22/97. Esso sorge nel sito dove era operante in passato un inceneritore di prima generazione, le cui ceneri sono state smaltite a pochi metri di distanza dal nuovo impianto, tanto che l'area è sottoposta ad operazioni di bonifica non ancora ultimate. Il processo complessivo dell'impianto prevede che il combustibile derivato dai rifiuti venga introdotto in un reattore a letto fluido a ricircolazione interna al di sopra della griglia. Il calore di combustione scalda l'acqua di una caldaia a generazione di vapore; il vapore inviato ad una turbina permette la produzione di energia elettrica, completa l'impianto un sistema di trattamento fumi di combustione, del tipo a semisecco, e un sistema di abbattimento ad umido in ambiente basico.

- Società Chimet di Arezzo

La Chimet è una società chimico-metallurgica, nata a metà degli anni settanta, e si pone oggi come azienda leader nel settore del recupero e della raffinazione dei metalli. Essa fa parte del gruppo orafo più importante del mondo, Gori e Zucchi spa. All'impianto


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vengono conferite tipologie di residui e rifiuti industriali in cui siano presenti metalli quali oro, argento, platino, rodio e palladio. Grazie all'esperienza nel trattamento dei metalli, la Chimet effettua anche l'inertizzazione di ceneri, polveri, melme provenienti dai settori della petrolchimica, dell'elettronica, dell'impiantistica in genere, dell'industria galvanica e fotografica. Dal recupero dei metalli e dalla sua attività in generale la Chimet realizza paste serigrafiche per lunotti termici e parabrezza; per il settore della ceramica, del vetro e della porcellana viene prodotto invece oro liquido. Vengono altresì prodotti catalizzatori al platino, palladio, rodio e rutenio per l'industria chimica e chimico-farmaceutica, nonché una vasta gamma di sali metallici di metalli preziosi.

Umbria.

Impianto Gesenu di Perugina

È uno dei primi impianti che opera nel settore della separazione della frazione secca e della frazione umida dai rifiuti tal quali. La Gesenu ha in appalto la raccolta, la gestione e il trattamento dei rifiuti della città di Perugia e di un comprensorio di altri venti comuni. La gestione dell'azienda è pubblico-privata. Le apparecchiature installate nell'impianto consistono in elettrocalamite per la separazione dei metalli, vibrovagli, sistemi di captazione di odori collettati poi ad un biofiltro. Il compost ottenuto, essendo prodotto da rifiuti tal quali, non è utilizzabile per ammendante ma solo come materiale di riempimento di cave o per ripristini ambientali. Nel conto economico risulta una passività nel bilancio finanziario del 1999, di oltre 62 miliardi di lire. La Gesenu, società partecipata dal comune di Perugia e da privati, ha inoltre una serie di società collaterali. Vi è in corso un'indagine del NOE tendente a chiarire se il costo sopportato dai cittadini per il servizio non sia troppo alto, relativamente ai costi reali dello smaltimento. I rifiuti solidi urbani separati nell'impianto non hanno ancora un rilevante sbocco nelle filiere per ciò che riguarda la frazione secca. Secondo quanto riferito nel corso dell'audizione presso la prefettura di Perugia del 12 gennaio scorso dal dottor Nicola Miriano, procuratore della Repubblica di Perugia, pare che si stia indagando per capire se le attività svolte dalla Gesenu nel trattamento dei rifiuti comportino alti costi che, come è ovvio, sopporterebbe il cittadino.

Impianto Nuova Terni Industrie Chimiche di Nera Montoro (Terni)

L'azienda Nuova Terni Industrie Chimiche fa parte di una holding (Hydro Agri Europe), ha sede a Milano ed opera nello stabilimento di Nera Montoro nel settore dei prodotti chimici per l'industria. Nel processo si utilizzano almeno trentadue tra materie prime e chemicals per produrre catalizzatori per impianti industriali, per i servizi (acqua di raffreddamento, resine scambiatrici, additivi anti-impaccanti per urea e nitrato di calcio). La precedente proprietà Terni Industrie Chimiche spa ha provveduto nel 1995 a denunciare un interramento di fusti di anidride arseniosa e nel 1996 e 1997 ad


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effettuare operazioni di bonifica sia all'interno dell'area operativa che all'esterno, in località Podere Vagno. Lo smaltimento dei rifiuti prodotti viene affidato prevalentemente alla ditta Pulimar di Bari.

Missioni.

Firenze, 19 settembre 2000.

Nel corso della missione hanno avuto luogo le audizioni del prefetto di Firenze, dottor Achille Serra, del procuratore distrettuale antimafia di Firenze, dottor Antonino Guttadauro, dell'assessore all'ambiente della regione Toscana, Tommaso Franci, del presidente dell'Agenzia regionale recupero risorse, Valerio Caramassi, del direttore generale dell'ARPAT, Alessandro Lippi, di rappresentanti dell'Associazione industriali di Firenze e delle associazioni ambientaliste, i quali hanno rappresentato una realtà sostanzialmente conforme alla normativa vigente, sebbene degna di attenzione per gli sviluppi e per particolari situazioni, anche di carattere giudiziario-penale, in corso di accertamento.
Particolare attenzione è stata posta ai cantieri relativi all'alta velocità, dove, come afferma il procuratore distrettuale antimafia di Firenze, "sono in corso indagini in ordine alle modalità di smaltimento dei rifiuti provenienti dalle gallerie di scavo, in particolare dei fanghi contaminati da oli e cemento. Al riguardo sono state avanzate diverse ipotesi di reato, quali un'attività di smaltimento non autorizzata mediante abbandono dei fanghi in discariche autorizzate solo per materiali inerti o mediante tombamento dei fanghi stessi in cave aperte all'uopo per la realizzazione dei cantieri. Vi è poi una non corretta gestione del rifiuto nella forma del recupero presso un cementificio della zona del Mugello, denominato Calce Paterno, in quanto parrebbe trattarsi di rifiuto non compatibile con le modalità di recupero previste dal decreto ministeriale del 5 febbraio 1998" e, in ogni caso "patentemente sotto i nostri occhi si capiva che proprio da un punto di vista tecnico il lavoro di trattamento dei fluidi che venivano dagli scavi avveniva attraverso macchinari di capacità del tutto insufficiente, cosa che aveva determinato la quasi uccisione del fiume sottostante".

Perugia, 12 gennaio 2001.

Nel corso della missione hanno avuto luogo le audizioni del prefetto di Perugia, dottor Gianlorenzo Fiore, e del procuratore distrettuale antimafia, dottor Nicola Miriano, dell'assessore all'ambiente della regione Umbria, dei rappresentanti dell'ARPA Umbria, di rappresentanti dell'Associazione industriali e dalle associazioni ambientaliste, i quali hanno rappresentato una realtà, sostanzialmente conforme alla normativa vigente, sebbene degna di attenzione per gli sviluppi e per particolari situazioni. È stato riferito che l'abusivismo è stato alimentato dal sisma e dalla necessità di smaltire ingenti quantità di materiali inerti provenienti dalle demolizioni, evitando il pagamento dei relativi lavori; e su tale fronte la Commissione ha


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avuto modo di accertare una particolare sensibilità delle istituzioni, che hanno intensificato i controlli mediante servizi mirati a prevenire il fenomeno e mediante un'adeguata campagna di educazione ambientale.

L'associazionismo ambientalista.

La Commissione ha ascoltato in varie occasioni le associazioni ambientaliste, che hanno anche fornito notizie specifiche su situazioni particolari, quali quella dell'alta velocità sulla tratta Bologna-Firenze e quella dell'amianto. È stata registrata la denunzia fatta dalle associazioni in merito al ritardo accumulato nel settore dell'amianto, mentre le stesse hanno evidenziato che è necessaria un'azione di contrasto efficace che parta da una corretta educazione. Interessante è la collaborazione che le associazioni hanno assicurato nella preparazione e nell'esecuzione di piani regionali di educazione all'ambiente, dal quale il più interessante, anche per la sua ormai ventennale storia, sembra essere quello proposto in collaborazione con la regione Toscana (33).

Conclusioni.

La Commissione ritiene che in questa sede possano essere richiamate le osservazioni di carattere generale formulate per le precedenti relazioni territoriali e, in particolare, quelle relative alla necessità di coordinamento delle attività investigative e di controllo del territorio, riportate nel documento XXIII, n.5, approvato il 26 marzo 1998, relativo fra l'altro all'introduzione nel codice penale del delitto ambientale, nonché nella relazione biennale alle Camere (34). Anche se si registra una presa di coscienza sempre maggiore da parte degli organi deputati al controllo ed al contrasto, il percorso sembra ancora lungo. Ad avviso della Commissione, occorre passare attraverso un'elaborazione del concetto di ambiente come bene primario differenziato rispetto ai singoli beni tradizionalmente tutelati. Il concetto, già espresso in studi e provvedimenti giurisprudenziali, abbisogna di una concretizzazione sul piano penale che risponda in modo effettivo alla nuova cultura ambientale dell'intera comunità; cultura che sia idonea ad evitare i facili allarmismi e le facili strumentalizzazioni che puntualmente si verificano quando si addiviene alla localizzazione sul territorio di un qualsiasi tipo di impianto di smaltimento dei rifiuti. Si deve, necessariamente, superare il concetto e l'abitudine di "sversare i rifiuti nell'orto del vicino".
Si deve quindi affermare, ad avviso della Commissione, che tra le funzioni proprie della protezione ambientale non c'è, evidentemente, soltanto quella di garantire sempre più puntuali, estesi, corretti controlli sullo stato dell'ambiente, bensì anche quella di promuovere, tra la popolazione, la cultura della tutela del territorio, in una prospettiva strategica di sviluppo sostenibile.


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Lo sviluppo sostenibile, infatti, non è fondato soltanto su processi, pur indispensabili, di natura tecnico-scientifica, finalizzati ad una conoscenza sempre più puntuale delle pressioni ambientali, ma anche, e soprattutto, su processi di natura sociale e culturale, capaci di coinvolgere, in azioni di concertazione e partecipazione attiva, le istituzioni locali, il mondo produttivo, quello sindacale, quello della scuola, la cittadinanza tutta.
A tal fine è indispensabile, da parte di chiunque si occupi di protezione dell'ambiente, attivare iniziative, quanto più ampie e rigorose possibili, di informazione, comunicazione, formazione, educazione in campo ambientale. Questo si è riscontrato in Toscana ed in Umbria: nella prima regione, su chiaro mandato della legge regionale n. 66 del 18 aprile 1995 istitutiva dell'Agenzia regionale per la protezione ambientale della Toscana (ARPAT), fin dall'inizio si è inteso pervenire alla realizzazione di progetti di educazione ambientale, miranti ad una conoscenza partecipata dei diversi territori della regione e dei loro problemi ecologici. A tal fine, si sono attuate larghe intese con i provveditorati agli studi, con i singoli istituti scolastici, con gli enti locali ed i loro laboratori di didattica territoriale, con i parchi della Toscana, con le associazioni ambientaliste, allo scopo di dare uno specifico contributo, da parte dell'ARPAT, alla creazione di un vero e proprio "sistema regionale di educazione ambientale". Un primo impatto positivo sul territorio di tale politica si è già innanzi richiamato quando si è dato conto dell'iniziativa della regione Toscana, conclusasi nel gennaio 2001, che ha portato all'istituzione di un premio per le attività dei giovani studenti delle scuole medie in materia di rifiuti (35).
Pur tra molte difficoltà, il lavoro è stato intenso e produttivo, conoscendo uno sviluppo, nei quattro anni di esistenza dell'ARPAT, che il contenuto di queste pagine pienamente testimonia. In esse si trovano sia le linee strategiche di intervento dell'Agenzia nel campo dell'educazione ambientale, sia il catalogo dei progetti finora predisposti, che chiunque interessato ad usufruirne può richiedere all'ufficio educazione ambientale.
La strategia dello sviluppo sostenibile richiederà sempre più in Toscana, come altrove, l'educazione delle comunità locali sulle problematiche ambientali specifiche di ciascun territorio. Il lavoro passato fa ben sperare in una nostra capacità di essere pronti anche in futuro, a fianco di tutti coloro che all'educazione ambientale sono al pari di noi interessati, a saper supportare tale innovativa strategia con le giuste, necessarie, adeguate iniziative di promozione culturale, verso i giovani e verso gli adulti, della protezione e della valorizzazione dell'ambiente.
Ciò è maggiormente necessario in Toscana ed Umbria, tradizionalmente terre di passaggio (lo sono state per anni) di un colossale flusso di rifiuti, che oggi deve essere ancora di più monitorato per la presenza di centri di stoccaggio e di nuovi impianti destinati al loro recupero.

(1) V. in seguito le missioni svolte dalla Commissione.
(2) Per quanto riguarda la Toscana, si ricordano come particolarmente interessanti le audizioni tenutesi nelle sedute del 14 aprile 1998 (ingegner Demetrio Egidi, direttore del servizio protezione civile della regione Emilia Romagna, del dottor Lario Agati e del dottor Piero Biancalani dell'ARPA della regione Toscana, e dell'ingegner Fabio Trezzini, presidente dell'osservatorio ambientale per l'alta velocità tratta Bologna-Firenze) e del 21 aprile 1998 (procuratore della Repubblica aggiunto presso la procura circondariale di Firenze, dottor Beniamino Deidda), che hanno affrontato in modo esaustivo le problematiche relative all'insediamento dei cantieri dell'alta velocità, nonché quella del 16 ottobre 1997, nel corso della quale sono stati auditi i rappresentanti di Italia Nostra, Legambiente, Greenpeace, WWF, Fare Verde, Ambiente e/è vita, i quali hanno messo in evidenza come la Toscana sia stata la prima regione italiana a dotarsi di una legge organica sullo smaltimento dei rifiuti e come i frutti di tale "politica" abbiano avuto benefico impatto sia sull'ambiente che sull'attività produttiva. Al riguardo, si rinvia al "rapporto 2000 sullo stato dell'ambiente", edito dalla regione Toscana
(3) In quest'ultimo sito risulta pubblicato il ricordato "rapporto 2000 sull'ambiente" della regione Toscana, che contiene interessanti osservazioni e tabelle, fra le quali spiccano quelle relative ai risultati di smaltimento differenziato raggiunti e, in particolare, lo stato di attuazione del "decreto Ronchi" che in questa regione si può definire praticamente "a regime"
(4) V. relazione territoriale sull'Emilia Romagna, doc. XXIII n. 32.
(5) Audizione di Antonio Guerriero, sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Napoli, il 5 ottobre 2000
(6) V. audizione del procuratore della Repubblica aggiunto presso la procura circondariale di Firenze, dottor Beniamino Deidda, il 21 aprile 1998
(7) V. decreto che dispone il giudizio nel procedimento penale n. 1438/96 della procura di Lucca, con il quale vengono rinviati a giudizio Daviddi Roberto, Tescono Alvaro, Cervasio Pietro, Iacobellis Gerardo, Lunardi Angela, Nardi Nello e Vitti Aldo
(8) V. verbali delle operazioni del cap. Di Giambattista, Guardia di finanza, doc. 887/1, 886/1, 288/1, 287/1 e 291/1
(9) V. doc. 213/7, risposta del comando del Corpo forestale dello Stato per la regione Umbria del 14 maggio 1998

(10) V. nota della divisione anticrimine della questura di Perugia del 10 gennaio 2001, allegata alla relazione del Prefetto di Perugia (protocollo Commissione 15 gennaio 2001, n. 8918).
(11) V. nota del comando provinciale carabinieri di Perugia del 16 dicembre 2000, allegata alla relazione del prefetto di Perugia (protocollo Commissione 15 gennaio 2001, n. 8918)
(12) Si ritiene di riportare qui la legislazione regionale per chiarire alcuni "passaggi" della presente relazione
(13) Pubblicata nel B.U. Toscana 11 settembre 2000, n. 29, parte prima
(14) Pubblicata nel B.U. Toscana 31 marzo 2000, n. 14, parte prima
(15) Pubblicata nel B.U. Toscana 31 dicembre 1999, n. 36
(16) Pubblicata nel B.U. Toscana 1o marzo 2000, n. 9, Suppl. straord n. 30, Parte seconda
(17) Pubblicata nel B.U. Toscana 19 gennaio 2000, n. 3, parte seconda
(18) Pubblicata nel B.U. Toscana 5 maggio 1999, n. 18
(19) Pubblicata nel B.U. Toscana 10 dicembre 1998, n. 42
(20) Pubblicata nel B.U. Toscana 13 gennaio 1999, n. 2, S.S
(21) Pubblicata nel B.U. della regione Toscana 30 giugno 1999, n. 26, emanata dal dipartimento del diritto alla salute e delle politiche di solidarietà
(22) Pubblicata nel B.U. 29 giugno 1998, n. 23
(23) Pubblicata nel B.U. Toscana 28 maggio 1998, n. 19
(24) La Commissione ha ritenuto di limitare l'elencazione alla legislazione attualmente vigente. Con l'articolo 32, a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, (ad eccezione dell'articolo 10 della L.R. 19 agosto 1988 n. 60, dell'articolo 4 della L.R. 6 settembre 1993 n. 64, del comma 5 della L.R. 2 settembre 1989 n. 61 e dell'articolo 4 della L.R. 4 aprile 1995 n. 35 che sono riferiti alla A.R.R.R.) sono abrogate:
la L.R. 19 agosto 1988, n. 60 "Norme per la limitazione ed il recupero dei rifiuti";
la L.R. 2 settembre 1989, n. 61 "Modifiche ed integrazioni alla L.R. n. 60 del 1988 - Norme per la limitazione ed il recupero dei rifiuti";
- la L.R. 22 marzo 1990, n. 19 "Costituzione Agenzia regione recupero risorse S.p.A. articolo 10 L.R. n. 60 del 1988";
la L.R. 12 maggio 1993, n. 29 "Criteri di utilizzo di aree inquinate soggette a bonifica";
la L.R. 6 settembre 1993, n. 64 "Disciplina delle materie prime secondarie - Catasto rifiuti ed osservatorio regionale sui rifiuti e sulle M.P.S. - Modifiche ed integrazione alla L.R. 19 agosto 1988, n. 60 - Norme per la limitazione e il recupero dei rifiuti";
la L.R. 7 novembre 1994, n. 85 "Integrazione alla L.R. 12 maggio 1993, n. 29 recante criteri di utilizzo di aree inquinate soggette a bonifica";
la L.R. 12 gennaio 1995, n. 4 "Norme per lo smaltimento dei rifiuti";
la L.R. 4 aprile 1995, n. 35 "Contributi per interventi urgenti a sostegno infrastrutture per lo smaltimento dei rifiuti e di bonifica di siti inquinati e modifiche alla L.R. n. 60 del 1988, alla L.R. n. 29 del 1993 e alla L.R. n. 4 del 1995";
la L.R. 28 giugno 1996, n. 47 "Modifiche ed integrazioni della L.R. 12 gennaio 1995, n. 4 e successive modificazioni recante "Norme per lo smaltimento dei rifiuti"";
la L.R. 17 dicembre 1992, n. 55 "Procedure per l'individuazione dei siti di cava e discarica necessari alla realizzazione delle opere pubbliche e per l'utilizzo prioritario delle materie prime secondarie", articoli 7, 9 e 11. Sono fatte salve le obbligazioni assunte fino alla data di entrata in vigore della presente legge e derivanti dall'articolo 16 della L.R. 12 gennaio 1995, n. 4 e dall'articolo 6 della L.R. 12 maggio 1993, n. 29.
(25) Pubblicata nel B.U. Toscana 5 gennaio 2001, n. 1, parte prima. Legge riportata in quanto l'articolo 4 completa il sistema di gestione dei rifiuti prevedendo anche le sanzioni amministrative applicabili e riservando tale applicazione alla regione stessa. (Art. 4 - Funzioni riservate alla Regione. Sono riservate alla Giunta regionale le funzioni amministrative concernenti le potestà sanzionatorie relative a:
a) le infrazioni amministrative ascrivibili in via solidale all'ente competente all'applicazione delle sanzioni secondo i principi di cui all'articolo 2;
b) l'igiene dei prodotti alimentari garantita attraverso procedure di autocontrollo - decreto legislativo 26 maggio 1997, n. 166 (Attuazione delle direttive n. 93/43/CEE del Consiglio, del 14 giugno 1993 e n. 96/3/CE della Commissione, del 26 gennaio 1996, concernenti l'igiene dei prodotti alimentari) -;
c) l'igiene dei prodotti e dei sottoprodotti di origine animale, ottenuti in stabilimenti soggetti a riconoscimento ai sensi della normativa comunitaria.
1. decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 1982, n. 503 (Attuazione delle direttive CEE n. 71/118 del Consiglio, del 15 febbraio 1971, n. 75/431 del Consiglio, del 10 luglio 1977 e n. 78/50 del Consiglio, del 13 dicembre 1977 relative a problemi sanitari in materia di scambi di carni fresche di volatili da cortile); decreto legislativo 14 dicembre 1992, n. 508 in materia di rifiuti di origine animale;
2. decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 530 (Attuazione della direttiva n. 91/492/CEE Consiglio, del 15 luglio 1991, che stabilisce le norme sanitarie applicabili alla produzione e commercializzazione dei molluschi bivalvi vivi);
3. decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 531 (Attuazione della direttiva n. 91/493/CEE Consiglio, del 22 luglio 1991, che stabilisce le norme sanitarie applicabili alla produzione e commercializzazione dei prodotti della pesca);
4. decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 537 (Attuazione della direttiva n. 92/5/CEE Consiglio, del 10 febbraio 1992, relativa a problemi sanitari in materia di produzione e commercializzazione di prodotti a base di carne e di alcuni prodotti di origine animale);
5. decreto legislativo 18 aprile 1994, n. 286 (Attuazione delle direttive n. 91/497/CEE del Consiglio, del 29 luglio 1991 e n. 91/498/CEE del Consiglio, del 29 luglio 1991 concernenti problemi sanitari in materia di produzione e di immissione sul mercato di carni fresche);
6. decreto del Presidente della Repubblica 14 gennaio 1997, n. 54 (Regolamento recante attuazione delle direttive n. 92/46/CEE del Consiglio, del 16 giugno 1992 e n. 92/47/CEE del Consiglio, del 16 giugno 1992 in materia di produzione e di immissione sul mercato di latte e di prodotti a base di latte);
7. decreto del Presidente della Repubblica 3 agosto 1998, n. 309 (Regolamento recante norme di attuazione della direttiva n. 94/65/CEE Consiglio, del 14 dicembre 1994, relativa ai requisiti applicabili all'ammissione sul mercato di carni macinate e di preparazione di carni);
d) la produzione, commercializzazione ed impiego degli alimenti per animali ed integratori.
1. legge 15 febbraio 1963, n. 281 (Disciplina della preparazione e del commercio dei mangimi);
2. decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 123 (Attuazione della direttiva 95/69/CE del Consiglio, del 22 dicembre 1995 che fissa le condizioni e le modalità per il riconoscimento e la registrazione di taluni stabilimenti ed intermediari operanti nel settore dell'alimentazione per animali);
e) i farmaci veterinari, i presidi veterinari e l'impiego negli allevamenti di sostanze vietate
1. decreto legislativo 27 gennaio 1992 n. 119 (Attuazione delle direttive n. 81/851/CEE del Consiglio, del 28 settembre 1981, n. 81/852/CEE del Consiglio, del 28 settembre 1981 n. 81/852/CEE del Consiglio, del 28 settembre 1981, n. 87/20/CEE del Consiglio, del 22 dicembre 1986 e n. 90/676/CEE del Consiglio, del 13 dicembre 1990, relative ai medicinali veterinari);
2. decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 336 (Attuazione delle direttive n. 96/22/CE dei Consiglio, del 29 aprile 1996 e n. 96/23/CE del Consiglio, del 29 aprile 1996 concernenti il divieto di utilizzazione di talune sostanze ad azione ormonica, tireostatica e delle sostanze beta-antagoniste nella produzione di animali);
f) la qualità delle acque destinate al consumo umano - decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 236 (Attuazione della direttiva CEE n. 80/778 del Consiglio, del 15 luglio 1980, concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano) -;
g) la produzione ed il commercio di prodotti dietetici, alimenti per la prima infanzia e cosmetici
1. decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 111 (Attuazione della direttiva n. 89/398/CEE Consiglio, del 3 maggio 1989, concernente i prodotti alimentari destinati ad una alimentazione particolare);
2. decreto legislativo 19 marzo 1996, n. 241 (Disciplina sanzionatoria delle direttive n. 91/321/CEE della Commissione, del 14 maggio 1991 e n. 92/52/CEE del Consiglio, del 18 giugno 1992 in materia di alimenti per lattanti e alimenti di proseguimento);
h) i materiali e gli oggetti destinati a venire in contatto con i prodotti alimentari - decreto del Presidente della Repubblica 23 agosto 1982, n. 777 (Attuazione della direttiva CEE n. 76/893 del Consiglio, del 23 novembre 1976, relativa ai materiali e agli oggetti destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari) -;
i) gli aromi destinati ad essere impiegati nei prodotti alimentari - decreto legislativo 25 gennaio 1992, n. 107 (Attuazione delle direttive n. 88/388/CEE del Consiglio, del 22 giugno 1988 e n. 91/71/CEE della Commissione, del 16 gennaio 1991, relative agli aromi destinati ad essere impiegati nei prodotti alimentari ed ai materiali di base per la loro preparazione) -;
j) i prodotti cosmetici - legge 11 ottobre 1986, n. 713 (Norme per l'attuazione delle direttive della Comunità economica europea sulla produzione e la vendita dei cosmetici) -;
k) la difesa dai pericoli dall'impiego dell'amianto - legge 27 marzo 1992, n. 257 (Norme relative alla cessazione dell'impiego dell'amianto) -;
k) la difesa dai pericoli dall'impiego dell'amianto - legge 27 marzo 1992, n. 257 (Norme relative alla cessazione dell'impiego dell'amianto) -;
l) il divieto di fumo negli uffici della regione, degli enti da essa dipendenti e delle aziende sanitarie ed ospedaliere - legge regionale 7 agosto 1996, n. 65 (Norme in materia di tutela della salute contro i danni derivanti dal fumo) -;
m) la sicurezza ed igiene dei luoghi di lavoro - decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626 (Attuazione delle direttive riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro) -;
n) l'autorizzazione, l'immissione in commercio e l'utilizzazione di prodotti fitosanitari;
1. decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 194 (Attuazione della direttiva n. 91/414/CEE Consiglio, 15 luglio 1991 in materia di immissione in commercio di prodotti fitosanitari);
2. legge regionale 1o luglio 1999, n. 36 (Disciplina per l'impiego dei diserbanti e geodisinfestanti nei settori non agricoli e procedure per l'impiego dei diserbanti e geodisinfestanti in agricoltura);
3. La giunta regionale formula criteri ed indicazioni per l'esercizio uniforme delle funzioni di cui alla presente legge, anche sulla base di informazioni e dati relativi all'applicazione delle sanzioni amministrative, assunte presso gli enti competenti.
(26) Pubblicata nel B.U. Toscana 28 aprile 1995, n. 33
(27) Pubblicata nel B.U. Toscana 29 dicembre 1999, n. 52
(28) Provincia di Massa Carrara, provincia di Lucca, provincia di Pisa, provincia di Livorno, provincia di Prato e Pistoia con i comuni del circondario dell'Empolese Val d'Elsa, provincia di Firenze esclusi i comuni del circondario dell'Empolese Val d'Elsa, provincia di Arezzo, provincia di Siena e provincia di Grosseto
(29) Pubblicata nel B.U. Umbria 13 dicembre 2000, n. 63
(30) Pubblicata nel B.U. Umbria 5 novembre 1997, n. 54
(31) Pubblicata nel B.U. Umbria 12 marzo 1998, n. 20
(32) Pubblicata nel B.U. Umbria 2 agosto 2000, n. 41
(33) V. premessa alla presente relazione
(34) V. doc. XXIII, n. 35
(35) V. premessa alla presente relazione.