Commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività ad esso connesse - Martedì 16 novembre 1999


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ALLEGATO

Relazione sul documento di lavoro della direzione generale XI della Commissione europea, inerente alla modifica della direttiva 94/62/CEE (cosiddetta direttiva imballaggi).

Premessa.

Il decreto legislativo n.22 del 1997 ha recepito in Italia 3 importanti direttive comunitarie tra cui la 94/62/Cee del Parlamento Europeo e del Consiglio del 20 dicembre1994, sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio.
Le finalità della direttiva 94/62/Cee sono:
armonizzare le misure nazionali in materia di gestione degli imballaggi e dei rifiuti da imballaggio;
prevenire la produzione di rifiuti da imballaggio;
sviluppare il reimpiego degli imballaggi, il riciclaggio ed altre forme di recupero dei rifiuti da imballaggio;
ridurre lo smaltimento finale di tali rifiuti.

La direttiva 94/62/Cee si applica a tutti gli imballaggi immessi sul mercato europeo ed a tutti i rifiuti di imballaggio ed è stata emanata ai sensi dell'articolo100La del Trattato per «...garantire il funzionamento del mercato interno e prevenire l'insorgere di ostacoli agli scambi nonché attenuazioni e restrizioni alla concorrenza nella comunità...» (articolo 1, comma 1).
La direttiva 94/62/Cee prevede l'adozione da parte dei paesi membri di obiettivi di recupero e riciclaggio (articolo 6 comma 1) che, entro 6 mesi dalla scadenza della prima fase di cinque anni (31 dicembre 2000) e sulla base dei dati ufficiali trasmessi dai singoli stati membri entro il 30 giugno 1999, con procedura di codecisione devono essere aggiornati (articolo 6, comma 3, lett. b).
La Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse, nell'esercizio dei suoi poteri (articolo 1, comma 1, lett. f) della legge istitutiva, intende offrire le proprie valutazioni e proposte.

1. Le modifiche proposte alla «direttiva imballaggi».

L'Unità per la gestione dei rifiuti della Commissione ha distribuito ai paesi membri un documento di lavoro che propone le seguenti modifiche:
1. 75 per cento di riciclaggio per tutti i materiali d'imballaggio;
2. 45 per cento minimo di riciclaggio per singolo materiale per gli imballaggi primari (vendita). Questo obiettivo può essere ridotto in casi di aumento delle quote di riuso;
3. i paesi membri dovranno incoraggiare sistemi di riuso;
4. eliminazione degli obiettivi di recupero energetico;
5. promozione della riduzione delle quantità di imballaggi;
6. i costi dei sistemi di raccolta e riciclaggio saranno a carico, in tutto o in parte, dei produttori o dei commercianti.

Il documento propone un'interpretazione più chiara di «imballaggio», secondo un criterio comunicato nel «Comitato imballaggi» della dg XI (articolo 21 della direttiva), allegando alla direttiva un elenco non vincolante e un'interpretazione


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di «riciclaggio» che esclude l'attuale definizione di recupero di energia.
Nel documento si prevede che vi sia una limitazione progressiva, in quantità e in pericolosità, del flusso di rifiuti generati da imballaggio. Si restringono inoltre i canali di gestione del ciclo, attraverso l'emarginazione della combustione con relativo recupero energetico, favorita - secondo il documento - da «...obiettivi di recupero elevati...». Questi ultimi non vengono più utilizzati e vengono sostituiti da obiettivi di riutilizzo di alcuni materiali da imballaggio, abbinati a obiettivi di riciclaggio (obiettivi minimi 75 per cento del peso).
Infine il documento prevede che i costi per il sistemi di restituzione, raccolta, riutilizzo e riciclaggio devono essere sostenuti dai produttori e dai commercianti, rafforzando i principi di cui all'articolo 7 della direttiva.

2. L'istruttoria della Commissione.

Poiché la modifica della direttiva 94/62 presuppone la verifica dell'esperienza avutasi medio tempore nelle varie realtà nazionali, la Commissione d'inchiesta ha avviato un'indagine per ottenere un quadro della situazione italiana.
In tal senso ha scelto di svolgere audizioni di esperti, tra cui esponenti dei consorzi del sistema Conai. Sono stati ascoltati, nella seduta del 28 luglio 1999, Pietro Capodieci, presidente del Conai, Roberto Valdinoci, direttore generale del consorzio Rilegno e Vermondo Busnelli, rappresentante in Italia dell' European Recovery and Recycling Association (Erra); nella seduta del 16 settembre 1999, sono stati ascoltati Franco Todisco, presidente dell'Assovetro, Carlo Montalbetti, direttore generale del Comieco e Mario Magnini, presidente del Corepla. Infine nelle sedute del 21 e del 23 settembre 1999 sono stati sentiti rispettivamente Valerio Bernardi, direttore generale del Consorzio imballaggi in alluminio (il 21 settembre) e Giuseppe Russo, amministratore delegato del Consorzio dell'acciaio, Walter Ganapini, Rosanna Laraia e Mariella Maffini per l'Anpa (il 23 settembre).
A tutti costoro, in sostanza, sono state chieste opinioni e previsioni circa l'opportunità di una revisione della direttiva o piuttosto della sua radicale sostituzione. E, nel primo caso, se la revisione possa dirsi sostenuta da adeguate informazioni circa l'attuale andamento della gestione del ciclo degli imballaggi.
Ancora: è stato chiesto se gli obiettivi suggeriti nel documento di lavoro fossero ritenuti realistici; quale ruolo debba in futuro essere riservato alle tecnologie di recupero energetico e infine come possa essere giudicato il rafforzamento del principio della responsabilità del produttore, in base al quale si addossano a costui i costi del sistema di recupero.

3. Considerazioni della Commissione d'inchiesta.

3.1. Mancanza di una sufficiente base informativa.

3.1.1. Non vi sono dati sufficienti per valutare la situazione attuale in relazione agli obiettivi e non ci sono le necessarie informazioni per proporne di nuovi. Gli obiettivi di recupero e riciclo dei vari paesi membri si basano su quantità che sono ancora oggetto di stima. In ciascun paese dell'Unione europea vi sono modi diversi di misurazione delle quantità e differenti capacità delle autorità preposte di tenere sotto osservazione l'andamento del ciclo degli imballaggi. In pratica non sono ancora disponibili dati esaurienti da parte dei paesi membri circa il raggiungimento degli obiettivi attuali. Del resto la stessa Commissione deve riferire, in sede Ue, entro il 30 giugno 2000 e ogni aumento di obiettivi deve essere basato su dati certi e su un'analisi in termini di costi-benefici, delle conseguenze ambientali, sociali ed economiche. Gli standard europei (Cen), che consentono la piena


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applicazione dei requisiti essenziali, saranno completati soltanto per la metà o la fine dell'anno 2000. Questi standard permetteranno di avere uniformità nelle definizioni e nei calcoli riguardanti le percentuali di recupero e riciclaggio.
Per quello che concerne l'Italia, il sistema di gestione degli imballaggi e dei rifiuti da imballaggio è appena agli inizi e solo da pochissimi mesi l'Anpa e l'Osservatorio dei rifiuti hanno messo a punto meccanismi che sono al contempo di gestione del fenomeno e di osservazione dello stesso.
Il Conai e i vari consorzi di filiera, hanno da pochissimo tempo approvato i loro programmi di prevenzione e dunque la relativa fase di attuazione è ancora alle prime mosse (1).

(1) Il Conai ha approvato il suo programma nel luglio del 1999.

Consegue da quanto precede che il termine entro cui l'Italia potrà offrire un quadro informativo più realistico non cadrà prima del 2001.

3.1.2. Sarebbe necessario arrivare ad un linguaggio comune, costituendo un database europeo che renderebbe coerente l'insieme delle rilevazioni in tutti gli stati membri dell'Unione, con dati affidabili e confrontabili. In tale ottica appare necessario l'avvio, da parte del Conai, di una serie di studi a carattere prevalentemente tecnico-economico per individuare e monitorare:
a) livello internazionale, la gestione degli imballaggi e dei rifiuti da imballaggio nei vari paesi dell'Unione europea, con particolare riferimento ai costi per il loro riutilizzo, riciclo e recupero;
b) a livello nazionale, le possibili strategie per la gestione degli imballaggi e dei rifiuti da imballaggio che siano il più possibile armonizzate e compatibili con le corrispondenti politiche degli altri stati comunitari.

I dati risultanti da tali studi, accompagnati da specifiche relazioni, dovrebbero poi essere trasmessi, almeno annualmente a ll'Osservatorio nazionale dei rifiuti e all'Anpa.

3.2. Sul concetto di prevenzione.

Il principio della prevenzione è un obiettivo importante ed è da condividere.
Prevenzione non significa però esclusivamente ridurre gli imballaggi in circolazione, mentre sicuramente devono essere ridotti i rifiuti da destinare in discariche.
Gli imballaggi hanno una funzione ineludibile sul mercato: utilità per il trasporto, elemento di marketing, salvaguardia dell'integrità delle merci, eccetera.
Non ha pertanto valore ambientale fissare degli obiettivi «quantitativi» di prevenzione, in quanto il minor impatto ambientale dipende da innumerevoli fattori (fase di produzione meno inquinante, scarti ridotti o riciclati, imballaggi più facilmente riciclabili, eccetera). Ne consegue che la prevenzione deve essere perseguita, imponendo ai produttori misure volte alla produzione di imballaggi dalle caratteristiche eco-compatibili e ponendo delle scadenze temporali realistiche.
Politiche troppo spinte di prevenzione possono ingenerare fenomeni di protezionismo ecologico. La Commissione europea, per esempio, ha promosso la procedura di infrazione nei confronti della Germania e della Danimarca, in quanto questi paesi hanno introdotto misure che costituiscono un ostacolo al mercato interno, limitano la concorrenza e discriminano certi tipi di imballaggio.
Per il reale «funzionamento del mercato e per prevenire l'insorgere di ostacoli agli scambi, nonché distorsioni e restrizioni alla concorrenza» (finalità della direttiva 94/62/CE), i diversi sistemi di gestione devono coordinarsi per potenziare gli sforzi comuni (accordi volontari). Un modello potrebbe essere il sistema di compensazione in atto tra i diversi sistemi postali nazionali.


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3.2.1. Sulle problematiche trattate in questo paragrafo il «Documento di lavoro» della dgxi appare troppo rigido: non è tenuto in sufficiente considerazione il ruolo degli imballaggi nella prevenzione dei rifiuti e la domanda di imballaggi non è una variabile su cui si può pretendere di agire in maniera irriguardosa degli altri interessi in gioco.

3.3. Sugli obiettivi.

La direttiva 94/62/Cee prevede la revisione della stessa (articolo 6, comma 3, lettera b) con lo scopo di fissare gli obiettivi di recupero e di riciclaggio per il secondo quinquennio (2001-2006). Si rileva che l'Unità incaricata della gestione rifiuti (dgxi-e3) propone ulteriori e ben più ampie modifiche.
Il documento di lavoro propone, per la seconda fase di cinque anni, di innalzare gli obiettivi di riutilizzo e di riciclaggio ad almeno il 75per cento del peso delle frazioni di imballaggi, compresa la percentuale minima per ogni materiale di imballaggio (l'attuale obiettivo globale di riciclaggio per il 2001 è del 25 per cento o 45 per cento), eliminando quelli di recupero.
I paesi membri avrebbero la possibilità di ridurre gli obiettivi di riciclaggio di una quantità corrispondente alla percentuale di riutilizzo raggiunto. Gli obiettivi sono riferiti ai rifiuti generati da imballaggi per la vendita (primari).
Un problema è stato sollevato nel corso delle audizioni: la suddivisione degli imballaggi in tre classi (primari, secondari e terziari) sta creando problemi sia in fase di applicazione del contributo, sia in fase di applicazione dell'accordo quadro con l'Anci.
Un'ipotesi di revisione potrebbe essere quella di suddividere i rifiuti di imballaggio per flussi di generazione (raccolta pubblica, industria ed artigianato, piccola e grande distribuzione, eccetera), al fine di ottimizzare la gestione in fase di raccolta, riciclo e recupero. Risulterà necessario garantire una gestione trasparente dell'intero sistema, che specifichi sia la destinazione dei flussi finanziari che la contabilizzazione differenziata dei quantitativi delle singole tipologie di imballaggio.
In tal modo si potrebbe confutare l'impostazione della Commissione dell'Unione europea in relazione all'obiettivo riferito ai soli imballaggi primari. Tutto ciò comunque comporterebbe una revisione profonda del sistema-imballaggi come delineato dal decreto legislativo n.22 del 1997, anche al fine di consentire una valida politica di prevenzione.

3.3.1. Sono carenti le motivazioni (economiche ed ambientali) che sono alla base della proposta di aumento di target, riferiti peraltro ai soli imballaggi primari, mentre gli obiettivi indicati sulla direttiva sono globali ed indistinti e sono riferiti alla generalità degli imballaggi immessi sul mercato.
È emerso, infine, da parte di alcuni settori industriali (acciaio e plastica) l'estrema difficoltà, se non l'impossibilità, di rispettare i nuovi obiettivi, anche per la rimozione del recupero energetico come metodo per raggiungere gli stessi.

3.4. Sul riutilizzo.

La proposta della Commissione rafforza il concetto di riutilizzo «allo scopo di prevenire e ridurre l'impatto dei rifiuti di imballaggi sull'ambiente».
L'attuale testo della direttiva (articolo 5) prevede che gli stati membri «possono favorire sistemi di riutilizzo degli imballaggi che possono essere reimpiegati in modo ecologicamente sano» in conformità con il Trattato.
Il recupero energetico nell'attuale gerarchia di gestione dei rifiuti della normativa comunitaria ha un suo preciso posto (operazione di recupero e non di smaltimento) e la sua eventuale «rimodulazione» dovrebbe prioritariamente essere coordinata con i lavori dell'apposito comitato ex articolo 18 della direttiva 91/156. Il recupero energetico deve essere comunque mantenuto anche in sede di revisione della direttiva.


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La diffusione degli imballaggi riutilizzabili ha stimolato una significativa innovazione nei materiali, nelle attrezzature, nell'attività commerciale, eccetera.
Il riutilizzo gioca - pertanto - un ruolo molto importante, ma non è una scelta sempre valida sia sul piano della diminuzione dell'impatto sull'ambiente (trasporto vuoti, pulizia ed igienizzazione) sia sul piano economico (costi).
Diversi studi dimostrano che non vi è una base ambientale per favorire in modo consistente il riutilizzo rispetto alle altre opzioni di recupero degli imballaggi (cfr. gli studi di life cycle analysis dell'agenzia per l'ambiente tedesca). Inoltre alcuni paesi membri sono arrivati a limitare la quota di mercato per gli imballaggi per bevande non riutilizzabili (in contrasto con l'articolo 18 che garantisce libertà di immissione sul mercato degli imballaggi), realizzando così misure protezionistiche a favore dell'industria locale.

3.4.1. Quindi il rafforzamento indiscriminato del riutilizzo e la «discriminazione» di altre forme di recupero (energetico), sono scelte non condivisibili. Non è accettabile considerare il recupero energetico un «freno» al riciclaggio. Esso piuttosto rappresenta una forma di recupero ambientalmente ed economicamente adeguata al trattamento di alcuni tipi di rifiuti di imballaggio, ampiamente utilizzata in molti paesi comunitari.
Il riutilizzo deve essere considerato come una delle opzioni possibili nelle attività di prevenzione senza un obiettivo quantitativo. Il riutilizzo nell'ambito di «obiettivi combinati» è un concetto invece interessante, purché questi ultimi siano estesi a tutte le tecniche di recupero ambientalmente corrette, siano raggiungibili, sostenibili e misurabili ed evitino ostacoli al mercato unico. I paesi membri dovrebbero essere lasciati liberi di ricavare ed attuare corrette forme di gestione dei rifiuti di imballaggio che siano adatte alle specifiche realtà locali, produttive, distributive e di consumo.
La previsione di un obiettivo globale è un importante, quanto irrinunciabile, risultato raggiunto dall'attuale direttiva, così come altrettanto irrinunciabile è la previsione di un range negli obiettivi, sia di recupero che di riciclo, che permetta ai diversi paesi membri, secondo le loro peculiarità, di decidere il giusto equilibrio. In assenza di dati affidabili, si ritiene quindi che debbano essere confermati gli obiettivi da 50 fino al 65 per cento di recupero e da 25 al 45 per cento di riciclo, con un minimo del 15 per cento in peso per ciascun materiale. Il superamento di questi obiettivi da parte dei paesi membri dovrebbe essere consentito per uso interno, con il controllo di strutture centrali e dovrebbe essere mantenuta l'espressione «in modo ecologicamente sano», prevista all'articolo 5 della direttiva, aggiungendo ad essa l'espressione «ed economicamente compatibile.
In secondo luogo occorre fissare in modo uniforme il metodo di calcolo delle quantità riciclate. In particolare sarebbe opportuno chiarire che la percentuale di pertinenza di un paese membro è quella relativa alle quantità di rifiuto di imballaggi effettivamente trattato in quel paese e non alla quantità di prodotto finito, immesso sul mercato e poi riciclato a prescindere dal luogo in cui avviene il riciclaggio. Si pensi, per esempio, al fatto che materiale in vetro prodotto come bene finale in Germania viene importato in Italia e quivi riciclato da imprese italiane. Tali quantità di materiale attualmente non rientrano nel computo degli obiettivi riferiti all'Italia bensì in quelli tedeschi.
In terzo luogo si potrebbero stipulare «accordi di reciprocità», veri e propri accordi ambientali tra autorità pubbliche e operatori privati.
Per esempio i diversi esportatori di prodotti imballati nei paesi europei, potrebbero versare direttamente il contributo al sistema nazionale. È una questione da approfondire. I paesi membri devono avere la libertà di essere in grado implementare la direttiva attraverso negoziati in materia ambientale con le industrie. Attualmente ciò non è previsto.
Si può infine affermare che una profonda modifica strutturale, ma anche il


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solo aumento degli obiettivi, delle legislazioni di tutti gli stati membri creerà incertezza sulle normative poste in atto dagli stessi, proprio in una fase critica dell'implementazione per la maggior parte dell'Europa.

4. Sulla responsabilità del produttore.

La Commissione propone di rafforzare il principio della responsabilità del produttore (articolo 7) con l'attribuzione a questo soggetto dei costi dei sistemi di recupero. Ciò già avviene in alcuni paesi membri: ma il produttore è parte di un sistema di costi e benefici dal quale è condizionato e sul quale non è l'unico ad influire.
Si ritiene che il «sistema imballaggi» come è stato previsto nel decreto legislativo n.22 del 1997, basato sul principio della «responsabilità condivisa», sia un principio valido e da continuare ad applicare secondo costi e benefici bilanciati, in quanto nell'ambito del life cycle dei prodotti tutti i soggetti interessati (produttori, utilizzatori, utenti finali) hanno una loro parte di responsabilità per quello che riguarda l'impatto sull'ambiente, sull'economia e su ogni altro aspetto che ne possa scaturire.

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