CAMERA DEI DEPUTATI - XIII LEGISLATURA Resoconto della Commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività ad esso connesse |
SOMMARIO
Mercoledì 28 luglio 1999
UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI
Sulla pubblicità dei lavori
...
214
Audizione del dottor Pietro Capodieci, presidente del Consorzio nazionale imballaggi (CONAI - articolo 41, decreto legislativo n. 22 del 1997), del dottor Roberto Valdinoci, direttore generale del consorzio «Rilegno» e del dottor Vermondo Busnelli, rappresentante in Italia della European Recovery and Recycling Association
...
214
Mercoledì 28 luglio 1999.
L'Ufficio di Presidenza si è riunito dalle 13.40 alle 13.50.
Mercoledi 28 luglio 1999. - Presidenza del Presidente Massimo SCALIA indi del Vicepresidente Franco GERARDINI.
La seduta comincia alle 13.50.
(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).
Sulla pubblicità dei lavori.
Il deputato Massimo SCALIA, presidente, avverte che, non essendovi obiezioni, l'odierna seduta verrà ripresa mediante il sistema televisivo a circuito chiuso; avverte inoltre che verrà redatto e pubblicato il resoconto stenografico della seduta.
Audizione del dottor Pietro Capodieci, presidente del Consorzio nazionale imballaggi (CONAI - articolo 41, decreto legislativo n. 22 del 1997), del dottor Roberto Valdinoci, direttore generale del consorzio «Rilegno» e del dottor Vermondo Busnelli, rappresentante in Italia della European Recovery and Recycling Association.
Massimo SCALIA, presidente, introduce gli ospiti e dà la parola al deputato Franco Gerardini, coordinatore del gruppo di lavoro sull'impatto della legislazione sulle amministrazioni e sulle imprese.
Il deputato Franco GERARDINI (DS-U) nell'esporre le ragioni di utilità che hanno indotto la Commissione a disporre l'audizione degli esperti presenti, illustra i contenuti di un documento di lavoro prodotto dalla direzione generale XI della Commissione Europea, relativa alla revisione della direttiva 94/62/CEE sugli imballaggi
e sui rifiuti da imballaggi. Tale documento di lavoro involge diversi profili della direttiva, dall'adeguamento degli obiettivi alla precisazione di alcune definizioni. Esso inoltre, in una proposta di modifica all'articolo 7 della direttiva, propone un sostanziale rafforzamento del principio della responsabilità estesa del produttore dei rifiuti, ciò che costituisce un positivo sviluppo di un mutamento culturale già avutosi con l'emanazione stessa della direttiva. Esprime soddisfazione per il fatto che il CONAI abbia, da un lato, predisposto un programma generale di prevenzione e gestione degli imballagi e dei rifiuti di imballaggi e, dall'altro, sottoscritto un accordo con l'ANCI per cinque delle sei filiere consorziate.
Pietro CAPODIECI, presidente del CONAI, premette, in via di principio, che gli operatori dell'industria e del commercio - anche grazie all'opera di sensibilizzazione svolta da talune organizzazioni - hanno finalmente fatto proprio il concetto dello sviluppo sostenibile. Questo è oggi avvertito come un interesse strategico di tutti e non come una bandiera di parte da contrastare. In questo senso, tuttavia, occorre distinguere tra le singole imprese e il sistema delle stesse, giacché i comportamenti individuali possono talora contrastare con l'interesse generale.
Massimo SCALIA, presidente, domanda quante imprese siano consorziate al CONAI.
Pietro CAPODIECI risponde che attualmente sono consorziate circa un milione e 400 mila imprese. Ciò costituisce un assai significativo aumento rispetto a meno di un anno fa. Nel settembre del 1998 erano consorziate solo 5 mila imprese e nel novembre dello stesso anno erano cresciute a circa 100 mila. Sottolinea tuttavia che il 90 per cento dei volumi di imballaggi prodotti può ancora essere ascritto alle prime 5 mila imprese consorziatesi. Ribadisce ancora che da questo insieme di soggetti non proviene più una «critica acritica» agli obiettivi di riciclaggio e recupero, i quali devono essere considerati comuni a imprese e cittadini, giacché l'importanza del riciclare o recuperare un dato quantitativo di materiale non cambia a seconda di chi lo recupera o lo ricicla.
verso la fine della catena della distribuzione. Sono essenzialmente i comportamenti dei distributori e dei consumatori che determinano i volumi degli imballaggi. Al riguardo tuttavia crede che sia giunto il momento di predisporre studi seri sul ciclo di vita dei prodotti, poiché quelli disponibili attualmente sono tanto numerosi quanto discordanti.
Roberto VALDINOCI, direttore generale del consorzio «Rilegno», espone che il consorzio che rappresenta fa parte del sistema del CONAI e che nell'agosto del 1998 raccoglieva 150 imprese sia di produttori che di confezionatori di imballaggi. Attualmente il numero di imprese consorziate è cresciuto sino a 2 mila.
Vermondo BUSNELLI, rappresentante in Italia dell'ERRA, espone che l'associazione a nome di cui parla si è costituita all'inizio degli anni '90 per volontà di 30 grandi imprese europee, le quali - ben prima dell'emanazione della direttiva 94/62/CEE - hanno assunto iniziative nel campo della raccolta multimateriale e del riciclaggio. Non disconosce tuttavia l'importanza della direttiva per il mutamento culturale che essa ha indotto.
ha sostanzialmente chiuso il suo mercato interno delle bevande, avvalendosi delle quote di riuso.
Il deputato Lucio MARENGO (AN) domanda per quale motivo nel campo del riciclaggio e del riuso vi sia il monopolio del CONAI attraverso cui si esprime il dominio dei produttori. Costoro infatti pagano - per esempio - 140 lire al chilo la plastica consegnata al consorzio. Tali risorse servono poi al CONAI per finanziare il COREPLA e il POLIECO, l'uno essendo il consorzio che recupera le bottiglie e l'altro il materiale plastico utilizzato in agricoltura. In tale contesto, le grandi imprese si sottraggono alla potenziale concorrenza che loro deriverebbe dal ritorno sul mercato del materiale residuale che esse stesse hanno prodotto.
Franco GERARDINI, presidente, nel ringraziare l'onorevole Marengo per il suo intervento, che tuttavia si riferisce in generale all'attività del CONAI e non alla revisione della direttiva sugli imballaggi, dà la parola a Pietro Capodieci.
Pietro CAPODIECI espone che il CONAI è al vertice di un sistema che ricomprende sei consorzi di filiera. Esso tuttavia su tali consorzi non esercita alcuna vigilanza o controllo.
sottolinea che, se l'Italia è il primo riciclatore al mondo di PET, ciò è dovuto anche al consorzio Replastic, che per prima lo ha praticato, e che la Montefibre acquista sul mercato prodotti riciclati.
Franco GERARDINI, presidente, nel ringraziare e congedare gli esperti intervenuti, ricorda che la Commissione tornerà sull'argomento alla ripresa autunnale con nuove audizioni.
La seduta termina alle 14.50.
N.B.: il resoconto stenografico è pubblicato in un fascicolo a parte.
Ritiene che lo sbocco del lavoro della Commissione sull'ipotesi di revisione della direttiva 94/62/CEE possa essere un documento di proposta che il Parlamento potrà prendere in considerazione nell'approvazione della legge comunitaria e che il Governo potrà considerare nell'emanazione dei relativi decreti legislativi, anche perché si tratta di un settore che in Italia ha un fatturato di oltre 30 mila miliardi e circa 100 mila addetti.
In ordine alle modifiche proposte alla direttiva, esprime dissenso rispetto alla prefigurata confusione tra riuso e riciclaggio e al fatto che il documento di lavoro non sembra contemplare il recupero energetico. Altro motivo di perplessità deriva dalla circostanza che non viene prestata la giusta attenzione alla diversità dei vari materiali da riciclare. Al riguardo, le modifiche proposte potrebbero anche comportare la cessazione dell'attività di riciclaggio per taluni di tali materiali.
Quanto alla revisione degli obiettivi, contesta il metodo con cui le nuove percentuali verrebbero fissate. Teme che l'innalzamento di queste ultime possa favorire quei paesi membri che raggiungono i livelli prescritti attualmente con calcoli fittizi che non scontano l'esportazione dei materiali. A questo proposito ritiene che i dati relativi al riciclaggio di un certo paese membro debbano riflettere fedelmente le quantità effettivamente riciclate in quel paese e non invece le quantità di beni finiti prodotti in quel paese che poi vengono riciclate, sia pure in paesi diversi. Un calcolo corretto, infatti, favorirebbe l'Italia, che è importatrice netta di carta, segatura e bottiglie di plastica. Espone che attualmente, nelle decisioni relative alla produzione degli imballaggi, il peso maggiore si è spostato
Sottolinea che le ripercussioni pratiche delle attività dei consorzi non sono ancora compiutamente valutabili per mancanza di dati affidabili.
Per quanto riguarda il consorzio «Rilegno», espone che esso è il primo al mondo per volumi riciclati. Ciò è consentito essenzialmente dal fatto che il materiale residuo di prodotti finiti in Italia viene destinato alla manifattura di mobili.
Per quel che concerne la proposta di modifica della direttiva, concorda con i rilievi critici espressi dal dottor Capodieci, in particolare in punto di confusione tra riuso e riciclaggio. Il primo infatti impone ai produttori di beni finiti il riutilizzo integrale di materiali scartati e comporta pertanto costi talora assai elevati, mentre il riciclaggio consente anche la produzione di imballaggi a perdere che poi verranno trattati e usati altrimenti.
A suo avviso però, essa presenta tre aspetti negativi. In primo luogo viene imposta la misurazione di grandezze (quali i rifiuti da imballaggio) che in qualche misura sono artificiose. Ciò - ed è il secondo aspetto critico - ha contribuito a fermare l'attenzione degli operatori e delle autorità sul concetto di imballaggio e non su quello di rifiuto. Da ultimo, la direttiva non ha contribuito ad eliminare il cosiddetto protezionismo verde.
Aggiunge che gli obiettivi della direttiva sono di difficile verificabilità, poichè non si dispone di dati attendibili, e che essa contiene delle definizioni meritevoli di perfezionamento. Al riguardo deposita della documentazione scritta.
Afferma poi l'importanza del concetto della proporzione. Al riguardo espone che in dodici paesi dell'Unione europea considerati, vengono riciclati 15 milioni e mezzo di tonnellate annui di imballaggi per un costo complessivo di più di 5 miliardi di euro. Di questi, 5 milioni di tonnellate vengono riciclate dalla Germania, ma per un costo di 2,7 miliardi di euro, cioè più della metà del costo complessivo. A suo avviso, la sproporzione nelle operazioni di riciclaggio può ravvisarsi anche in prospettiva, poichè i consumatori dell'Unione europea - secondo stime attendibili - potrebbero dover spendere in futuro circa 10 miliardi di euro per un recupero totale di circa 20 milioni di tonnellate annue. Tale quantità tuttavia costituirebbe solo l'1 per cento del totale dei rifiuti solidi prodotti.
Quanto alle osservazioni del dottor Capodieci circa gli studi di Life Cycle Analysis (LCA), osserva che sarà molto difficile ottenere risultati omogenei, poichè gli studi di LCA muovono per definizione da presupposti e condizioni diversi. Tra questi vi è il fatto che, in regime di libera circolazione dei beni nell'Unione, è assai difficile stabilire quale sia l'effettivo ciclo di vita di un prodotto. Forse soltanto la Germania potrebbe offrire analisi relativamente sicure, poichè
Venendo al documento di lavoro per la revisione della direttiva 94/62/CEE, osserva che si tratta di un documento volto a provocare una discussione, poichè esso appare proporre obiettivi non realistici e sembra sottovalutare di molto l'importanza del recupero energetico.
Afferma altresì l'importanza della prevenzione, intesa come riduzione dei volumi prodotti. Rileva infatti che nei Paesi più evoluti al crescere del prodotto interno lordo non è vero che cresce la produzione di rifiuti da imballaggi ma anzi talvolta accade il contrario. Lo sviluppo economico non deve essere ostacolato dalle norme sulla prevenzione, ma occorre che queste ultime impongano imballaggi più leggeri e adatti al riciclaggio.
In conclusione, auspica che l'azione delle competenti autorità parlamentari e governative italiane sia coordinata in sede comunitaria, affinchè la disciplina degli imballaggi sia ispirata ai principi della sussidiarietà, della proporzione, della flessibilità, della competitività e della responsabilità condivisa.
Ulteriore prova di ciò è offerta dal fatto che rappresentanti delle imprese di riciclaggio hanno insistentemente esperito tentativi di entrare a far parte del consiglio d'amministrazione del COREPLA, ma ciò non si è rivelato possibile, nonostante che lo stesso presidente del CONAI si fosse espresso favorevolmente.
Si domanda ancora perchè esista un solo consorzio, se il bilancio di questo sia pubblico e controllato da qualcuno e se nel campo esista un'autorità di vigilanza.
Osserva che se vi è un monopolio del CONAI, esso è il mero risultato di un obbligo di legge di recupero e riciclaggio degli imballaggi posto a carico delle imprese. A queste è offerta una triplice alternativa: recuperare e riciclare in proprio i materiali di scarto; versare una cauzione; o consorziarsi. La quasi totalità delle imprese hanno scelto quest'ultima via.
Si tratta tuttavia di un monopolio di per sè non lucroso. Ad esempio - osserva - per quel che concerne i comuni, il CONAI paga loro 390 lire al chilo per il materiale consegnato e ne spende altre 400 per renderlo nuovamente utilizzabile. Si tratta pertanto di una spesa di circa 800 lire al chilo per ottenere un bene da offrire sul mercato.
Quanto al problema del rapporto tra produttori e riciclatori, rileva che, mentre vi sono dei settori in cui tali qualità sono in capo a soggetti diversi (plastica e legno), ve ne sono altri in cui produttore e riciclatore spesso coincidono (vetro e carta). Osserva altresì che il regolamento relativo alla partecipazione dei riciclatori alla gestione del COREPLA, pur essendo stato predisposto, è ancora all'esame del Ministero dell'ambiente e che il CONAI ne ha sollecitato una pronta definizione. Peraltro