Commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività ad esso connesse - Giovedì 15 luglio 1999


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ALLEGATO 1

PROPOSTA DI RELAZIONE TERRITORIALE SULL'EMILIA ROMAGNA

Premessa.

Nell'esercizio delle funzioni attribuitele dalla legge istitutiva, la Commissione - come noto - ha proceduto alla stesura di rapporti territoriali sulla situazione del ciclo dei rifiuti.
Quanto all'Emilia Romagna, oggetto della presente trattazione, informazioni sono state assunte sia mediante apposite missioni in loco, sia attraverso l'audizione di esponenti di enti vari sia pubblici che privati, sia ancora attraverso l'acquisizione di documentazione scritta.
La Commissione ha proceduto alla verifica dei livelli di attuazione della legislazione inerente alla gestione del ciclo dei rifiuti, all'acquisizione di conoscenze relative alla situazione reale del territorio regionale e alle problematiche inerenti a specifici siti, nonchè all'accertamento di eventuali nessi tra l'attività degli operatori del settore e attività illecite.
Occorre evidenziare fin da subito che la realtà emiliana si attesta su livelli meritevoli di assoluto rispetto, specie se confrontata con altre situazioni territoriali, anche se presenta una certa complessità, dovuta sia a talune particolari situazioni locali sia alla presenza di problematiche relative alla produzione di rifiuti speciali, anche pericolosi, e nucleari (rivenienti dalla centrale nucleare di Caorso, in provincia di Piacenza).

1. - Le audizioni e le missioni svolte.

Il 23 e 24 marzo 1998 una delegazione della Commissione composta dal Presidente Scalia, dall'onorevole Foti e dai senatori Asciutti, Cortelloni, Giovanelli, Lasagna e Polidoro si è recata in Emilia Romagna per una missione conoscitiva. Il 23 marzo sono stati effettuati sopralluoghi presso la centrale nucleare di Caorso (Piacenza), presso il polo petrolchimico di Ferrara e presso il polo petrolchimico di Ravenna. Il 24 marzo sono stati effettuati sopralluoghi presso l'impianto di depurazione della società Ambiente Mare di Marina di Ravenna e presso l'impianto di trattamento e combustione rifiuti di Coriano (Rimini).
La missione si è poi conclusa presso la prefettura di Bologna con le audizioni - nel pomeriggio del 24 marzo - del prefetto Enzo Mosino, del direttore generale dell'assessorato ambiente della Regione Emilia Romagna dottoressa Leopolda Boschetti, del responsabile del servizio pianificazione programmazione ambientale della Regione Emilia Romagna dottor Giuseppe Benedetti, dell'assessore all'ambiente della Provincia di Parma dottor Giuseppe Gavioli, del direttore dell'Agenzia Regionale di Protezione Ambientale (ARPA) dottor Edolo Minarelli, del direttore tecnico dell'ARPA dottor Adriano Zavatti, del rappresentante della struttura di ingegneria ambientale dell'Arpa dottor Vito Belladonna, del comandante del Nucleo Operativo Ecologico dell'Arma dei Carabinieri di Bologna capitano Alcide Careri, del presidente della Federazione industriale emiliano romagnola dottor Alberto Mantovani, del presidente della Legambiente Emilia Romagna dottor Luigi Rambelli, dei rappresentanti dell'associazione Ambiente e/è Vita dottor Giampaolo Bastia, dottor Fernando Ferrara e dottor Francesco Sansoni.
Il 14 aprile 1998 la Commissione ha proceduto - in sede di adunanza plenaria


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- all'audizione del direttore del Servizio di protezione civile della Regione Emilia Romagna dottor Demetrio Egidi e del presidente dell'Osservatorio ambientale per l'alta velocità tratta Bologna-Firenze ingegner Fabio Trezzini.
Inoltre il Presidente Scalia - a seguito di esposti pervenuti alla Commissione - si è recato a Parma il 29 maggio 1998 per un sopralluogo presso la costruenda discarica comprensoriale di Monte Ardone, dove ha incontrato, unitamente all'onorevole Copercini, l'assessore all'ambiente della provincia di Parma dottor Giuseppe Gavioli e i rappresentanti delle associazioni e dei comitati contrari alla realizzazione della discarica. Successivamente il Presidente Scalia e l'onorevole Copercini si sono recati presso la prefettura di Parma per un incontro con il prefetto Tommaso Blonda e con il dottor Giuseppe Grandinetti della sostituto procuratore circondariale di Parma che ha avviato un'indagine connessa alla realizzazione di tale impianto.
Il 3 febbraio 1999, la Commissione ha proceduto all'audizione della dottorssa Danila Indirli, sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Ravenna. Il 10 febbraio 1999, la Commissione ha ascoltato il direttore dell'Arpa Emilia Romagna, dottor Edolo Minarelli, e il responsabile di ingegneria ambientale dell'Arpa Emilia Romagna, dottor Vito Belladonna. Il 14 aprile 1999, sempre in sede di adunanza plenaria, la Commissione ha ascoltato il vice sindaco di Parma, architetto Vittorio Guasti, il delegato all'ambiente del Comune di Parma, dottor Pietro Vignali, e l'assessore all'ambiente della Provincia di Parma, dottor Giuseppe Gavioli. Il 28 aprile 1999, in sede di adunanza plenaria, la Commissione ha proceduto all'audizione del dottor Giorgio Grandinetti, sostituto procuratore presso il Tribunale di Parma.
Il 28 aprile 1999 una delegazione della Commissione, composta dal Presidente Scalia e dall'onorevole Copercini si è recata in Emilia Romagna per una missione conoscitiva: sono stati effettuati sopralluoghi presso l'impianto di incenerimento di Reggio Emilia, presso l'Elf Atochem di Boretto (Reggio Emilia) e presso il Centro Integrato Rifiuti di Lugo (Ravenna).

2. - La normativa sui rifiuti e il suo stato di attuazione. L'azione delle pubbliche amministrazioni.

2.1. Il ciclo dei RSU in Emilia Romagna è disciplinato innanzitutto dalla legge regionale n. 27 del 12 giugno 1994. Si tratta di un atto normativo che, sia pure antecedente al decreto legislativo n. 22 del 1997, ne anticipa molti dei contenuti. A questo proposito tuttavia i responsabili della regione hanno sottolineato che il completo adeguamento della normativa regionale a quella nazionale è in corso ma potrà essere ultimato solo quando saranno stati emanati i decreti attuativi di quest'ultima.
Sul piano strategico, la linea della regione è ispirata da tre fondamentali principi: la riduzione della produzione; l'autosufficienza nella gestione e la delega alle province nella pianificazione dell'intero settore dei rifiuti.
Quanto alla prima, la disciplina regionale è impostata secondo non solo la finalità della riduzione della produzione dei rifiuti, ma anche al loro recupero, riciclo e riutilizzo e considera quindi lo smaltimento in discarica quale ipotesi residuale e consentita solo nel caso nell'area non siano presenti impianti di recupero, riciclo e riutilizzo. Esiste poi un divieto (peraltro derogabile) allo smaltimento di RSU extra-regionali.
Quanto alla seconda (l'autosufficienza regionale) il principio generalmente è soddisfatto, fatta eccezione per le provincie di Rimini e di Parma. Nel primo caso il ciclo dei RSU è concentrato in buona parte nell'impianto AMIA di Coriano (RN), ma non essendo il territorio idoneo alla realizzazione di discariche viene utilizzata quella di Sogliano, in provincia di Forlì. Per quanto riguarda Parma, la situazione è più complessa: nel territorio provinciale esiste un inceneritore di vecchia concezione


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a Cornocchio ed è prevista una discarica in località Fornovo, che sta però suscitando accesi contrasti ed è al centro di un'indagine giudiziaria. Per questi motivi la produzione di RSU (d'ora in avanti: RSU) della provincia di Parma viene in gran parte smaltita in altre aree della regione.
Quanto infine alla tendenza al decentramento deciosionale attraverso la delega, si noti che le province hanno non solo funzioni amministrative legate all'approvazione dei progetti relativi agli impianti e alla gestione degli stessi, ma hanno potestà anche in merito alla programmazione degli interventi e alla redazione dei piani di smaltimento che, per essere effettivamente operativi, devono essere approvati dal consiglio regionale.
Alla legge regionale del 1994 poc'anzi menzionata, è seguita, il 17 luglio 1997, da parte del Consiglio regionale l'approvazione di un atto di programmazione di interventi di recupero e smaltimento dei rifiuti. Si tratta di un atto che prevede interventi a favore degli enti locali per incentivare la raccolta differenziata nonché sostegno finanziario all'imprenditoria privata per la riduzione della produzione dei rifiuti nei cicli produttivi. È quindi un intervento per favorire un sistema più avanzato nella gestione dei rifiuti.
Da ultimo, nel mese di aprile del 1999, è stata approvata la legge regionale n. 3 la quale contempla tre livelli di pianificazione relativi al ciclo dei rifiuti.
Il primo livello è dato dal piano territoriale regionale di competenza della regione; il secondo è dato dai piani territoriali di coordinamento provinciale mentre il terzo è costituito dai piani provinciali di gestione dei rifiuti. È in questi ultimi piani che le province adottano tutte le misure volte ad attuare le finalità contenute nel «decreto Ronchi». Saranno i prossimi mesi ed anni a dire come le fasi più recenti di questo sviluppo normativo e programmatico ingloberanno e tesaurizzeranno le precedenti esperienze.

2.2. Quanto alla congruità dell'azione amministrativa, occorre osservare innnanzitutto che prima dell'approvazione della legge regionale n. 3 del 1999, le province emiliano-romagnole erano tenute, ai sensi dell'articolo 8 della legge regionale del 1994, a emanare un piano attuativo degli interventi detto «piano infraregionale» che tutte le province hanno emanato. Tali atti, a quel che consta alla Commissione, sono piuttosto completi e denotano un livello di conoscenza e del territorio e della realtà produttiva da parte della burocrazia locale assai elevato. I dati contenuti nei piani trasmessi, tuttavia, non sono sempre aggiornati.
Diverse provincie dell'Emilia Romagna hanno conseguito un risultato di produzione di rifiuti inferiore alle previsioni di piano. È da osservare, però, che tutti i piani infraregionali presentano una previsione in crescita nella produzione dei rifiuti, ad un ritmo che va dallo 0,6% di Bologna al 5,5% di Forlì-Cesena. Va evidenziata la prevista apertura di diverse nuove discariche nel territorio regionale, di dimensioni anche molto elevate: la pianificazione quindi - pur prevedendo nuovi impianti di recupero - sembra poggiare ancora in maniera significativa su un sistema che la normativa nazionale imporrebbe invece di superare.
Appare peraltro ben puntuale l'iniziativa regionale connessa alla bonifica delle aree inquinate. Per quanto concerne questo particolare aspetto, infatti, la Giunta regionale ha prodotto, nel luglio 1998, un aggiornamento del censimento delle aree contaminate approvato nel 1995. Da tale aggiornamento risultano censite in Emilia Romagna 84 aree inquinate, mentre altre 38 aree vengono indicate come bonificate, in corso di bonifica o messe in sicurezza. Tuttavia si tratta di un'attività che oggettivamente risente delle elevate spese necessarie: nel dicembre 1998, infatti, la regione ha approvato due soli interventi di bonifica per l'anno in corso per complessivi due miliardi di spesa. Esiste pertanto un evidente gap negativo tra le aree per cui è necessaria la bonifica e quelle per cui tale attività viene posta in essere: è


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opinione della Commissione che il risanamento dei suoli e del territorio deve invece costituire un obiettivo primario della pubblica amministrazione, specie quando i siti contaminati siano di proprietà pubblica.
Sempre sul piano amministrativo, è di rilievo l'attività di collaborazione tra la regione e gli enti locali da un lato e altre istituzioni dall'altro. Si tratta di forme di collaborazione mediante le quali le amministrazioni locali si avvalgono del contributo di altre istituzioni pubbliche e private come per esempio L'ARPA, le università, i consorzi obbligatori, i consorzi agrari e le associazioni imprenditoriali.

3. - La situazione territoriale.

3.1. - Osservazioni generali.

In base ai dati ufficiali più recenti (1) in Emilia-Romagna nel 1997 si è registrata una produzione di RSU pari a 2.193.300 tonnellate; di queste, 1.657.346 tonnellate sono state smaltite nelle 31 discariche esistenti in regione; 44.813 tonnellate sono state trattate nei 9 impianti di compostaggio esistenti in Emilia-Romagna; 566.031 tonnellate sono invece state incenerite negli 8 impianti regionali. Inoltre, 255.755 tonnellate di raccolta differenziata sono state inviate al recupero e al riciclo. Il totale dei RSU smaltiti o trattati è di 2.523.945 tonnellate, quindi superiore alla produzione regionale: ciò è dovuto alle deroghe concesse per l'introduzione di RSU extra-regionali.

(1) Anpa-Osservatorio Nazionale sui Rifiuti, Secondo rapporto sui rifiuti urbani e sugli imballaggi e rifiuti di imballaggio, Roma, febbraio 1999.

Relativamente invece ai rifiuti speciali e ad alcune categorie di pericolosi è stata segnalata una carenza di discariche per queste tipologie di rifiuti in regione, motivo per cui questi vengono smaltiti in gran parte in Veneto.
Alla carenza di discariche fa da contraltare un numero molto elevato di centri di stoccaggio con rischi - come è stato sottolineato dagli stessi organismi di controllo - di sovraesposizione ai traffici illeciti. La grande quantità riscontrata di centri di stoccaggio determina infatti un gran numero di carichi in circolazione, con relativi documenti di trasporto e registri di carico e scarico di cui in diversi casi è stata accertata la falsificazione. Vale qui la pena di citare il caso di un centro in provincia di Ravenna, presso il quale è stato accertato l'arrivo di rifiuti lombardi con una codifica non prevista dalla legge, e la partenza degli stessi presso inesistenti centri di recupero in altre regioni italiane, in particolare Toscana e Lazio.
Si tratta di una situazione confermata sostanzialmente anche dall'associazione di categoria degli industriali che ha lamentato prezzi di smaltimento troppo alti i quali - secondo i rappresentanti degli imprenditori - inviterebbero chi deve smaltire a cercare soluzioni meno costose pur se in contrasto con la legge. Infine le associazioni ambientaliste hanno evidenziato una serie di anomalie nel settore dei rifiuti ospedalieri (dove si riscontrano forbici di prezzi molto ampie) e situazioni di impatto ambientale per quanto concerne alcuni impianti di smaltimento.
Attenzione specifica è stata infine dedicata al caso della centrale nucleare di Caorso, dal 1987 in stato di custodia protettiva passiva e per la quale solo in tempi recentissimi sono state avviate le procedure per il decomissioning. Anche su questo argomento - al quale viene dedicato uno specifico capitolo di questa relazione - sono intervenute le associazioni ambientaliste, che hanno sottolineato in particolare l'anomalia rappresentata da un impianto che da oltre 10 anni è in attesa di essere smontato: un tempo mai raggiunto per alcun impianto di questo genere al mondo e che deve quindi suscitare grande attenzione per i problemi connessi alla sicurezza che ne potranno derivare.
Occorre qui evidenziare anche l'importanza che - anche ai fini della salvaguardia del territorio - può avere il recupero, in particolare il trattamento della frazione organica con produzione di un compost di qualità. Diversi studi evidenziano infatti il progressivo impoverimento organico dei


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terreni della pianura padana, che rischiano di avviarsi a uno stato di desertificazione. Il trattamento di tali terreni con un compost di qualità avrebbe quindi un duplice positivo risultato: da un lato un arricchimento organico del terreno (con conseguente allontanamento dei rischi di desertificazione), dall'altro una drastica riduzione nell'utilizzo di prodotti chimici nelle attività agricole.

3.2. - Produzione e smaltimento di RSU nella regione.

3.2.1. - Provincia di Bologna.

In questo territorio sono state prodotte nel 1997 475.000 tonnellate di RSU; la raccolta differenziata (comprensiva dei rifiuti ingombranti) ha rappresentato il 10%, concentrata soprattutto nelle filiere del materiale organico (7.600 tonnellate), del vetro (11.944 tonnellate) e della carta (15.768 tonnellate). Al netto della raccolta differenziata, la produzione di RSU è stata di 428.000 tonnellate.
In provincia di Bologna esistono 4 discariche: S. Agata Bolognese, Imola, Gaggio Montano e Baricella. In questi impianti nel 1997 sono state smaltite complessivamente 400.853 tonnellate. L'inceneritore di Bologna ha invece smaltito 139.209 tonnellate. Il totale dei rifiuti smaltiti supera la produzione provinciale, a causa del fatto che sono stati smaltiti anche RSU provenienti da altre provincie. A questi va poi aggiunta la frazione umida trattati negli impianti di Ozzano e S.Agata Bolognese, pari complessivamente 8.390 tonnellate.
Non si hanno dati in merito alla capacità residua delle discariche esistenti, mentre per quanto riguarda l'inceneritore si tratta di un impianto realizzato nel 1973 e rimodernato nel 1992; dotato di una tecnologia a griglia, può trattare 600 tonnellate al giorno di rifiuti. Nel 1997 ha prodotto 40.555 MWh elettrici.
È utile fare riferimento a un documento redatto dall'Agenzia Regionale per la Protezione dell'Ambiente (ARPA) nel 1998, per la ricognizione della pianificazione in materia di rifiuti: da tale documento si evince come la domanda di smaltimento per questa provincia nel 1997 sia stata superiore di circa 25mila tonnellate al previsto. Rispetto agli scenari di piano, inoltre, risultano ancora da avviare l'inceneritore di Molinella - per una potenzialità di 100.000 tonnellate/anno - e le discariche di Galliera e Castello di Serravalle, con una capacità rispettivamente di 1 milione di metri cubi e un milione e 330mila metri cubi.

3.2.2. - Provincia di Ferrara.

Nel 1997 in questa provincia si è registrata una produzione di 213.250 tonnellate di RSU; la raccolta differenziata (comprensiva dei rifiuti ingombranti) ha rappresentato il 14,1% del totale, riguardando soprattutto le filiere del materiale organico (2.902 tonnellate), del vetro (4.896 tonnellate) e della carta (3.735 tonnellate). Al netto della raccolta differenziata, la produzione di RSU è stata di 183.230 tonnellate.
Nel territorio provinciale esistono sette discariche - Copparo, Ferrara, Argenta, Comacchio 1 e 2, S.Agostino, Bondeno - che nel 1997 hanno complessivamente smaltito 195.327 tonnellate di rifiuti. A Ferrara sono poi in funzione due impianti di incenerimento; quello di Ferrara 1, realizzato nel 1975 e rivisto nel 1991, ha una capacità di 120 tonnellate/giorno, senza recupero né energetico né termico: nel 1997 ha trattato 10.229 tonnellate di rifiuti. L'impianto di Ferrara 2 è invece entrato in funzione nel 1993 ed ha una capacità di 150 tonnellate/giorno di rifiuti; nel 1997 ha trattato 37.308 tonnellate di rifiuti, producendo 26.170 MWh termici.
Si ha pertanto una sostanziale autosufficienza di questa provincia per quanto riguarda il trattamento e lo smaltimento dei rifiuti prodotti; va però aggiunto che non sono disponibili informazioni in merito alla capacità residua delle discariche esistenti su questo territorio.


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In questa provincia la quantità di rifiuti inviata allo smaltimento è risultata inferiore alle previsioni di piano di circa 20mila tonnellate, indice di un buon andamento della raccolta differenziata. In questo territorio, inoltre, dovrebbero essere avviate due nuove discariche a Ferrara e Ostellato, con una capacità rispettivamente di 1 milione e mezzo di metri cubi e 2 milioni e mezzo di metri cubi. Sempre ad Ostellato dovrebbe entrare in funzione un impianto di compostaggio con produzione di cdr dalla potenzialità di 50mila tonnellate/anno.

3.2.3. - Provincia di Forlì.

La produzione di RSU nel 1997 è stata - in provincia di Forlì - di 200.970 tonnellate; la raccolta differenziata (comprensiva dei rifiuti ingombranti) ha rappresentato l'8,8% del totale, concentrata soprattutto nelle filiere del materiale organico (5.098 tonnellate), del vetro (4.976 tonnellate) e della carta (4.714 tonnellate). Al netto della raccolta differenziata, la produzione di RSU è risultata nel 1997 di 183.340 tonnellate.
Le due discariche esistenti in provincia, Sogliano al Rubicone e Cesenatico, hanno complessivamente smaltito nel 1997 265.333 tonnellate di RSU, una quantità sensibilmente superiore alla produzione provinciale di RSU. Va però tenuto presente che nella discarica di Sogliano viene convogliata buona parte dei rifiuti prodotti in provincia di Rimini. Esiste inoltre un inceneritore, a Forlì, di vecchia realizzazione (risulta infatti in funzione dal 1976) con una capacità di 200 tonnellate/giorno. Nel 1997 l'impianto ha trattato 52.589 tonnellate di rifiuti, producendo 11.628 Mwh termici. In questa provincia è infine in funzione un impianto di compostaggio, a Santa Sofia, che tuttavia nel 1997 ha trattato solo 50 tonnellate di rifiuti.
Anche la provincia di Forlì ha fatto registrare una quantità di rifiuti inviata allo smaltimento assai inferiore rispetto alle previsioni di piano, con un saldo positivo di circa 80mila tonnellate. Più in generale è stata la produzione di RSU a risultare molto inferiore (70mila tonnellate) rispetto alle previsioni avanzate. Rispetto alla situazione attuale, in questo territorio dovrebbe realizzarsi una nuova discarica a Cesena-Tessello, con una capacità di 2 milioni di metri cubi.

3.2.4. - Provincia di Modena.

In questa provincia, nel 1997, si è registrata una produzione di RSU di 324.970 tonnellate; la quota di raccolta differenziata (compresi gli ingombranti) si è attestata al 14,8% del totale, concentrata - anche in questa provincia - nelle filiere del materiale organico (9.446 tonnellate) del vetro (9.758 tonnellate) e della carta (4.714 tonnellate). La produzione di rifiuti, al netto della raccolta differenziata, è stata di 276.900 tonnellate.
Per quanto riguarda lo smaltimento, cinque delle sei discariche esistenti in provincia - Modena, Carpi, Medolla, Mirandola e Montefiorino - hanno ricevuto nel complesso 287.552 tonnellate di RSU nel 1997. Per quanto riguarda una sesta discarica, ubicata a Pievepelago, non sono disponibili dati in merito allo smaltimento di RSU nel 1997. A Modena è inoltre un funzione un impianto di incenerimento (costruito nel 1980 e rimodernato nel 1995), con una capacità di 500 tonnellate al giorno, che nel 1997 ha trattato 120.000 tonnellate di rifiuti, producendo 37.000 MWh elettrici.
In questa provincia esistono inoltre due impianti di trattamento rifiuti con produzione di compost, a Carpi e Fossoli, che nel 1997 hanno trattato complessivamente 69.835 tonnellate di rifiuti. Esiste infine un impianto di compostaggio a Soliera, che nel 1997 ha trattato 2.500 tonnellate di rifiuti.
È evidente la maggiore capacità di trattamento e smaltimento di rifiuti di questa provincia rispetto alla produzione complessiva del territorio. Si tratta quindi, anche in questo caso, di un'area che


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sopperisce alla carenza di soluzioni per altri territori regionali ed extra-regionali.
Inoltre anche la provincia di Modena ha inviato allo smaltimento circa 30mila tonnellate in meno rispetto alle previsioni di piano. Il risultato è stato ottenuto grazie al miglior andamento della raccolta differenziata, atteso che la produzione complessiva è risultata invece in linea con quanto previsto. Dovranno essere inoltre realizzate in provincia nuove discariche a Prignano, San Felice, Fiumalbo e Pavullo, per una capacità coimplessiva di circa 1 milione e 200 mila tonnellate.

3.2.5. - Provincia di Parma.

La produzione di rifiuti in questa provincia è stata nel 1997 di 189.820 tonnellate, con la raccolta differenziata (compresi gli ingombranti) che ha rappresentato una quota del 14,2%. Materiale organico (3.662 tonnellate) vetro (7.018 tonnellate) e carta (7.470 tonnellate) sono le filiere in cui si è concentrata la raccolta differenziata; al netto di questa, la produzione di rifiuti è risultata di 162.820 tonnellate.
In provincia di Parma esistono due discariche, a Borgo Val di Taro e a Corniglio, che nel 1997 hanno smaltito complessivamente 42.320 tonnellate. È inoltre un funzione l'inceneritore di Parma: avviato nel 1975 e rimodernato nel 1991, ha una capacità di 300 tonnellate/giorno. Nel 1997 ha trattato 62.000 tonnellate di rifiuti, senza alcun recupero né termico né elettrico.
Emerge quindi un deficit di soluzioni per lo smaltimento o il trattamento dei rifiuti di questa provincia, dove l'unico impianto esistente alternativo alla discarica risulta essere di vecchia concezione e non più rispondente ai parametri di legge.
La quantità di rifiuti inviata a smaltimento è risultata inferiore di circa 40mila tonnellate rispetto alle previsioni di piano, il medesimo gap rilevato anche nella produzione complessiva di RSU. In questa provincia è previsto l'ampliamento dell'inceneritore di Parma, portando la potenzialità a circa 100mila tonnellate/anno, e la realizzazione di quattro nuove discariche, la cui localizzazione non viene però indicata nel citato documento dell'ARPA. Sulla situazione di Parma si tornerà più avanti nel corso della relazione.

3.2.6. - Provincia di Piacenza.

Nel 1997 si è registrata in questa provincia una produzione di RSU di 129.790 tonnellate. La raccolta differenziata e degli ingombranti ha rappresentato il 21,9%, quota che fa di questa provincia la più «virtuosa» tra quelle della regione. Materiale organico (7.210 tonnellate) vetro (5.898 tonnellate) e carta (8.181 tonnellate) sono le frazioni in cui si è concentrata la raccolta differenziata. Al netto di questa, la produzione di rifiuti è risultata di 101.340 tonnellate.
Le quattro discariche presenti in provincia - Ottone, Cortebrugnatella e i due lotti di Ponte dell'Olio - hanno smaltito complessivamente 58.767 tonnellate nel 1997. Esiste poi un impianto di compostaggio a Sarmato, che nel 1997 ha trattato 11.000 tonnellate di rifiuti.
Anche questa provincia sconta quindi un grave deficit per quanto riguarda la capacità di smaltimento o trattamento dei rifiuti rispetto alla produzione. Nel 1999 dovrebbe tuttavia entrare in funzione un impianto di incenerimento a Piacenza con una capacità nominale di 240 mila tonnellate/anno.
In questa provincia la quantità di rifiuti inviata allo smaltimento nel 1997 è risultata inferiore di circa 20 mila tonnellate rispetto alle previsioni di piano, grazie al miglior andamento della raccolta differenziata. È inoltre prevista la realizzazione di due nuove discariche, a Castel S.Giovanni e ad Alseno, per una capacità di 500mila metri cubi ciascuna.

3.2.7. - Provincia di Ravenna.

La produzione di RSU in questa provincia è stata nel 1997 di 203.460 tonnellate. La raccolta differenziata (compresi


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gli ingombranti) ha rappresentato una quota del 14,4%, concentrata soprattutto nelle filiere del materiale organico (6.908 tonnellate), vetro (5.194 tonnellate) e carta (4.377 tonnellate). Al netto della raccolta differenziata la produzione di RSU è risultata di 174.090 tonnellate. Va aggiunto che questa provincia è stata l'unica della regione ad aver fatto registrare nel 1997 un calo del 3,4% nella produzione di rifiuti rispetto all'anno precedente.
In questa provincia esistono due discariche, a Ravenna e Lugo-Alfonsine, che complessivamente hanno smaltito nel 1997 162.795 tonnellate di RSU. Esiste poi un impianto per la produzione di Combustibile derivato da rifiuti (Cdr) a Ravenna, che tuttavia nel 1997 ha trattato appena 167 tonnellate di rifiuti; a Faenza sono poi presenti due impianti di compostaggio, che nel periodo considerato hanno trattato 3.765 tonnellate di rifiuti. Esiste quindi un saldo negativo tra la produzione e la gestione dei rifiuti in questa provincia, ad indicare che una parte di questi (anche della frazione non differenziata) viene trattata fuori dal territorio.
Neanche per la provincia di Ravenna esistono dati in merito alla disponibilità residua delle discariche esistenti. Risultano comunque in fase di realizzazione due linee per l'incenerimento di rifiuti: la prima di queste dovrebbe entrare in funzione nel 2.000, mentre la seconda dovrebbe essere avviata nel 2.002.
La provincia di Ravenna ha inviato a smaltimento circa 70 mila tonnellate in meno rispetto alle previsioni di piano, con una produzione complessiva risultata di circa 50 mila tonnellate inferiore a quanto previsto. Nel territorio dovrebbero essere ampliate le discariche di Lugo-Alfonsine (fino a 1 milione e 320 mila metri cubi) e di Ravenna (fino a 4 milioni di metri cubi). È inoltre prevista la realizzazione di una discarica - non localizzata - dalla capacità di un milione e 200 mila metri cubi.

3.2.8. - Provincia di Reggio Emilia.

Nel 1997 in questa provincia si è registrata una produzione di RSU di 237.800 tonnellate. La raccolta differenziata (compresi gli ingombranti) ha rappresentato il 19%, concentrata nelle frazioni del materiale organico (10.591 tonnellate), del vetro (9.640 tonnellate) e della carta (12.100 tonnellate). Al netto della raccolta differenziata, la produzione di rifiuti è risultata di 192.650 tonnellate.
Le tre discariche esistenti in provincia - Castellaro, Carpineti e Novellara - hanno complessivamente smaltito nel 1997 223.596 tonnellate di rifiuti. A Reggio Emilia è inoltre in funzione un inceneritore - avviato nel 1967 e rimodernato nel 1994 - con una capacità di 200 tonnellate/giorno. Nel 1997 ha trattato 45.496 tonnellate di rifiuti, producendo 4.028 MWh elettrici e 38.576 MWh termici.
Anche in questa provincia si è quindi registrata nel 1997 una capacità di trattamento o smaltimento dei rifiuti superiore alla produzione del territorio, indicativa del fatto che questo territorio ha supplito alle carenze di altre aree regionali o extra-regionali.
In questa provincia si è registrato un invio di rifiuti a smaltimento superiore di 20mila tonnellate rispetto alle previsioni di piano, con una produzione superiore di 15mila tonnellate al previsto.

3.2.9. - Provincia di Rimini.

Questa provincia nel 1997 ha fatto registrare una produzione di RSU di 217.770 tonnellate; la raccolta differenziata (inclusi gli ingombranti) ha rappresentato il 13,6%. Le filiere su cui si è concentrata la raccolta differenziata sono state il materiale organico (5.269 tonnellate), il vetro (5.355 tonnellate) e la carta (7.547 tonnellate). Al netto della raccolta differenziata la produzione di rifiuti è stata di 188.070 tonnellate.
In provincia di Rimini non esistono discariche (viene utilizzata l'area di Sogliano in provincia di Forlì). A Coriano è in funzione dal 1976 (rimodernato nel 1992) un impianto di incenerimento con una capacità di 500 tonnellate/giorno.


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L'impianto nel 1997 ha trattato 99.200 tonnellate di rifiuti, senza alcun recupero né termico né elettrico. A Rimini esiste poi un impianto di compostaggio che nel 1997 ha trattato 6.423 tonnellate di rifiuti.
Si tratta quindi di una provincia che fa registrare un saldo negativo per quanto concerne la capacità di smaltimento o trattamento dei rifiuti, recuperato in gran parte con l'invio dei rifiuti nella confinante provincia di Forlì.
La provincia di Rimini ha inviato a smaltimento nel 1997 oltre 20 mila tonnellate in più rispetto alle previsioni di piano, benché la produzione di RSU sia risultata in linea con quanto previsto. Nel territorio dovrebbero essere realizzate due discariche, a Torriana e Rimini, con una capacità rispettivamente di un milione e mezzo e due milioni di metri cubi.
Il quadro generale della situazione relativa alla produzione e alla raccolta dei RSU in Emilia Romagna è desumibile dalle tabelle e dalle cartine seguenti.
(Seguono cartine).

4. - Le situazioni particolari.

4.1. - La produzione di rifiuti speciali.

4.1.1. - La centrale elettronucleare di Caorso.

L'impianto, dotato di un reattore ad acqua leggera, con una potenza termica di 2.650 MW, è entrato in esercizio nel 1981. A seguito del referendum popolare svoltosi nel 1987, la delibera CIPE, oltre a disporre la chiusura definitiva della centrale di Caorso, dava mandato all'Enel di eseguire le operazioni necessarie a portare l'impianto nella condizione di custodia protettiva passiva ed a predisporre il piano di disattivazione. In tale contesto la Struttura Gestione Impianti Nucleari dell'Enel (Enel/Sgn), ha predisposto la documentazione necessaria al raggiungimento dell'obiettivo che si intendeva perseguire e successivamente, così come previsto dal decreto legislativo n. 230 del 17 marzo 1995, ha trasmesso alle autorità competenti l'istanza di autorizzazione alla disattivazione alla quale ha allegato il piano globale di disattivazione, il rapporto quadro ed il progetto di massima. L'istanza contiene, nei suoi allegati, la descrizione degli interventi che sono necessari per porre l'impianto nella condizione di custodia protettiva passiva, indica le attività da svolgere per la messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi ed effettua una stima delle dosi ai lavoratori.
In sintesi, lo stadio di custodia protettiva passiva si configura come una condizione di impianto in cui gli elementi di combustibile irraggiato sono stati sistemati in modo adeguato fuori dal vessei, la radioattività residua è confinata in un numero limitato di edifici esistenti, i rifiuti radioattivi sono stati tutti condizionati e la situazione impiantistica e radiologica garantisce la tutela fisica e sanitaria dei lavoratori e della popolazione.
Per raggiungere questa configurazione impiantistica, come rilevato anche dall'Enel/Sgn, è di primaria importanza effettuare delle decontaminazioni all'interno dell'impianto, alienare il combustibile nucleare fresco ed allontanare dal vessei del reattore il combustibile nucleare irraggiato. Quest'ultimo sarà confezionato in appositi contenitori metallici (cask) - progettati e costruiti per essere anche in grado di essere trasportati fuori dalla centrale - e sarà immagazzinato temporaneamente a secco, all'interno della centrale, in attesa del trasferimento in un deposito centralizzato quando questo sarà disponibile. A questo proposito l'Anpa, in considerazione del fatto che il combustibile nucleare ancora risiede nel vessei del reattore da più di 11 anni e facendo riferimento alle prescrizioni della licenza di esercizio in vigore alla data del 10 febbraio 1998, ne ha autorizzato il trasferimento nelle piscine di stoccaggio all'interno dell'edificio del reattore.
Si tratta di dover allocare nelle rastrelliere delle piscine 560 elementi di combustibile, di cui 160 sono da considerare freschi. Le motivazioni che stanno alla


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base della decisione assunta dall'ANPA, secondo l'Enel/Sgn, tengono conto principalmente di tre fattori:
il primo riguarda l'operazione della scarica che richiede, per la sua delicatezza, di essere effettuata da personale esperto ancora presente nell'impianto e un ulteriore rinvio potrebbe comportare in un prossimo futuro la necessità di dover eseguire un costoso adeguamento dei sistemi di sicurezza, ancora oggi efficienti nel reattore, con conseguente impegno di dosi indebite al personale;
il secondo fattore riguarda il fatto che l'operazione di scarica è la prima attività che viene effettuata quando si decide la chiusura definitiva di un impianto nucleare;
il terzo fattore è che tale operazione porta l'impianto in una condizione di maggior sicurezza. Infatti non esistono esperienze al mondo di combustibile che sia rimasto per un periodo di tempo superiore ai 10 anni in un reattore senza alcuna ispezione.

Va rilevato che nei confronti dell'autorizzazione concessa dall'Anpa non vi è stata alcuna opposizione da parte delle autorità locali, mentre le rappresentanze dei lavoratori hanno manifestato il loro dissenso, sostenendo che anche tale operazione deve rientrare tra quelle da autorizzare nell'ambito delle attività previste dal piano globale di disattivazione.
Per quanto attiene i rifiuti radioattivi prodotti durante l'esercizio pregresso, questi sono tutti condizionati e caratterizzati secondo le procedure e le prescrizioni approvate per la licenza in esercizio; solo una parte di questi sono stati condizionati e caratterizzati secondo i requisiti della G.T. n.26. Rimane quindi ancora da svolgere un'attività di trattamento e di condizionamento per la preparazione di manufatti pronti per l'invio al futuro centro di smaltimento.
A tale riguardo è da segnalare che la messa in custodia protettiva passiva, nonché lo smantellamento dei sistemi e dei componenti, darà luogo anche ad una produzione significativa di materiali non radioattivi dal contenuto tossico e nocivo, quali amianto e lana di vetro, oli esausti, oli fyrquel, PCB, glicole etilenico, accumulatori di piombo, resine, ecc. e di materiale inerte di demolizione, nei confronti dei quali sarà opportuno svolgere una attenta verifica ed una descrizione delle attività di smaltimento.
Va infine segnalato come esiste un'oggettiva difficoltà per tali operazioni, legata all'impossibilità di poter disporre, in tempi ragionevolmente brevi, di un centro nazionale di smaltimento e di un deposito temporaneo per l'alta attività e per il combustibile irraggiato e della mancanza di normativa per il rilascio dei materiali da zona controllata e del valore de minimis. Questo stato di fatto può essere pregiudiziale in un contesto autorizzativo e nel contempo può condizionare pesantemente la volontà di accelerare l'iter procedurale per la disattivazione di Caorso ma, più in generale, tutte le attività di disattivazione degli impianti nucleari previste dai programmi presentati agli organi autorizzativi competenti.

4.1.2. - Impianto Enichem di Ferrara.

L'azienda occupa una superficie di 2.000.000 metri quadrati per un numero di addetti di 708 ed opera nel settore della produzione di polimeri stirenici, tecnopolimeri e gomme. Per ciò che riguarda la produzione di rifiuti, sulla base dell'ecobilancio fornito dall'azienda, si ricava che nel 1997 sono stati prodotti rifiuti per 56 tonnellate, che il trattamento esterno è stato di 303 tonnellate e che il trattamento interno dei rifiuti pericolosi ha riguardato 189 tonnellate. Gli impianti di trattamento delle acque consistono di un depuratore biologico con filtro percolatore, mentre un impianto di incenerimento a tamburo rotante munito di camera di post-combustione, provvede allo smaltimento dei fanghi, di rifiuti solidi e di rifiuti liquidi.
L'azienda si è dotata di un sistema di rilevamento della qualità dell'aria a mezzo


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di apposite centraline di misura. In una zona vicina al sistema torcia d'impianto è stato realizzato un progetto di messa in sicurezza di una discarica di rifiuti industriali (probabilmente smaltiti precedentemente o a cavallo del 1982, anno di entrata in vigore del decreto del Presidente della Repubblica n. 915 del 1982 ). Negli ultimi tre anni sono stati avviati progetti per rimuovere, bonificare e smaltire manufatti con presenza di amianto e altri rifiuti pregressi.

4.1.3. - Impianto Enichem di Ravenna.

In quest'area operano diverse società del gruppo Enichem, ognuna con singole competenze. Si tratta di Ambiente Spa del gruppo ENI, di Borregaard Italia, Ecofuel, Enichem spa, Enichem Elastomeri, Enichem Syntehesis, E.V.C., Frene, Great Lakes Italia, Rivoira, Vinavil. La Borregaard produce difenoli, la Ecofuel prepara additivi per benzine (MTBE,ETBE), l'Enichem Spa produce resine ABS, acido nitrico, nitrato ammonico e concimi complessi. All'Enichem Elastomeri è affidata la produzione di butadiene, gomme stirene.butadiene, lattici, polibutadiene CIS, gomme acriliche. La Enichem Synthesis produce Dimetilcarbonato (DMC) e derivati del DMC. La EVC produce cloruro di vinile monomero e policloruro di vinile, la Great Lakes Italia prepara additivi per materie plastiche, la Vinavil produce acetato di vinile, la Rivoira prepara gas tecnici mentre la Frene gestisce la centrale termoelettrica. Da ognuna di queste attività residuano rifiuti di ogni tipologia, in particolare speciali pericolosi e non pericolosi.
Alla Società Ambiente Spa del gruppo ENI è affidata la gestione delle strutture ecologiche interne che consistono in un depuratore biologico delle acque di scarico, in forni inceneritori di fanghi, rifiuti industriali e rifiuti clorurati liquidi. Tra questi forni è da menzionare quello denominato F4, oggetto di uno specifico sopralluogo e in fase di avanzata costruzione al momento della visita. Esso è dotato di moderne tecnologie di trattamento ed abbattimento delle emissioni, sul modello dei termodistruttori diffusi nel Nord Europa, con tecnologia consolidata ormai da anni. Tale termodistruttore, oltre a gestire i rifiuti interni, in un prossimo futuro potrebbe essere utilizzato anche per conto terzi.
Alla Società Ambiente è inoltre affidata la gestione di un cementificio che ha la doppia funzione di smaltire rifiuti industriali come materia prima per produrre clinker e quella di bruciare CDR derivato dai RSU come combustibile ausiliario. Il controllo della qualità dell'aria all'esterno del sito Enichem è affidato ad una rete di rilevamento gestita da Comune e Provincia. Dal rapporto ambientale Enichem 1997 si ricavano dati non completi: i rifiuti prodotti nel 1997 ammontano a 250 tonnellate, i rifiuti pericolosi trattati all'interno sono stati 71 tonnellate nel 1994, mentre i rifiuti non pericolosi prodotti nel 1997 ammontano a 9064 tonnellate. Per quanto riguarda la bonifica degli impianti e delle aree dismesse, dopo una indagine idrogeologica curata dalla società Dames & Moore, sono stati approntati sette progetti già presentati alla autorità competente per l'approvazione.
In merito allo smaltimento e alla bonifica di manufatti che hanno contenuto amianto la Commissione ha appreso che nel periodo 1996-1997 sono state smaltite 546.457 tonnellate di amianto da impianti di proprietà Enichem attraverso varie ditte che hanno effettuato la bonifica (Demont, Isolfin, Protex, Saver Mavi, General Smontaggi ) con destinazione finale presso gli impianti di Barricalla (TO), Cedes di Pederobbia (TO), Area (RA), Ecolombardia del Gruppo Ecodeco (Cervesina), Ecograf di Peschiera Borromeo, Pulinet di Piano Rosa Boca (Novara).

4.2. - Gli impianti notevoli.

4.2.1. - La società Ambiente Mare di Marina di Ravenna.

L'impianto della società Ambiente Mare è sito in una zona particolarmente


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delicata da un punto di vista ambientale, racchiusa tra la Pialassa Piombone da una parte e la zona turistica di Marina di Ravenna dall'altra, che impone severi vincoli ambientali. Per tale motivo all'ARPA Emilia Romagna è stato richiesto dalla Provincia di Ravenna l'effettuazione di uno studio relativo ai cicli di trattamento dei rifiuti, ai cicli di recupero dell'olio, alle emissioni idriche e gassose. L'azienda è autorizzata allo stoccaggio ed al trattamento depurativo di rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi, liquidi e/o fangosi, provenienti dal territorio nazionale ma prioritariamente dall'area portuale di Ravenna per un totale annuo di 60.000 metri cubi.
Nel 1997 sono state conferite al impianto varie tipologie di rifiuti, quali emulsioni oleose, acque di sentina di navi, percolati di discariche, oli minerali impuri e/o sintetici, fondami si di serbatoi dell'industria petrolifera (depositi, raffinerie, stazioni di servizio), morchie oleose e fanghi contenenti metalli pesanti.
L'azienda fino al 1994 era intestata alla Società Secoter srl che gestiva l'impianto di trattamento delle acque oleose raccolte dalla Secomar di Ravenna e da altre utenze locali e nazionali. Dopo il 1994, al fine di garantire una maggiore efficienza da un punto di vista ambientale al servizio di ricevimento delle acque di sentina delle navi del porto di Ravenna (si ricorda a questo proposito l'impegno assunto dal governo italiano nell'ambito della Convenzione Marpol 73/78) è stata costituita la società Ambiente Mare in cui al privato è subentrata per una quota del 15% l'azienda AREA (Azienda ravennate energia ambiente, azienda speciale del Comune di Ravenna, cui spetta la Presidenza di Ambiente Mare).
Nell'impianto esistono cinque aree di stoccaggio rispettivamente per olii, per reflui oleosi, per reflui acidi, per reflui alcalini e per reflui neutri. I reflui in ingresso sono stoccati in serbatoi che hanno una capacità totale di 2511 mc, i chemicals e i prodotti di recupero sono stoccati in serbatoi che, a seconda della natura del liquido, sono in acciaio, vetroresina, acciaio inox, cemento armato. I liquidi oleosi, scaricati in impianto da bettoline del porto e da autobotti, subiscono un trattamento di decantazione, di filtrazione e di centrifugazione. In tal modo si ottengono oli che dopo un controllo qualitativo vengono inviati alla vendita. Le acque e i fanghi residuanti dalla centrifugazione vengono inertizzati con ossido di calcio e dopo un controllo qualitativo inviati a discarica controllata.
I reflui acidi, alcalini e neutri vengono collettati in una vasca di equalizzazione e inviati quindi ad un trattamento chimico-fisico, cui seguono un trattamento biologico, un trattamento con ipoclorito, una serie di filtrazioni su sabbia e carboni attivi e lo stoccaggio finale dell'acqua depurata che, dopo un controllo qualitativo, viene inviata allo scarico. I fanghi della depurazione vengono anch'essi inertizzati ed inviati in discarica controllata. Lo scarico delle acque trattate è discontinuo ed avviene nel Canale Candiano dovendo rispettare i limiti della tabella A della legge n. 319 del 1976. Prima dello scarico, l'acqua stoccata viene analizzata per confermare il rispetto dei limiti tabellari. L'autorizzazione allo scarico è stata rilasciata il 27 dicembre 1996 dal Comune di Ravenna.
Va qui rilevato che non risulta sufficientemente chiara la procedura di gestione dei rifiuti in arrivo. È emerso infatti che i rifiuti oleosi del settore petrolifero (in particolare i fondami di serbatoi di benzina e di gasolio delle stazioni di vendita carburanti) pervengono già miscelati all'impianto con evidenti violazioni dell'articolo9 del decreto legislativo n 22 del 1997 (divieto di miscelazione di rifiuti pericolosi con altri rifiuti). Non è inoltre del tutto convincente il processo di inertizzazione dei fanghi d'impianto, giacché l'unico agente inertizzante risulta essere l'ossido di calcio, che - secondo molti studi - tutt'al più riesce ad inertizzare solo una parte del carico inorganico di metalli tossici presenti nei fanghi.


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4.2.2. - L'inceneritore di Coriano (RN).

L'AMIA opera nel settore del recupero dei materiali da raccolta differenziata. L'inceneritore, oggetto della visita, è stato nel recente passato argomento di polemiche con la popolazione locale e di azioni giudiziarie nonché di accesi dibattiti in relazione all'impatto ambientale delle emissioni in atmosfera. Il nuovo assetto della piattaforma dell'AMIA, di cui l'inceneritore sottoposto di recente a ristrutturazioni fa parte integrante, sembrerebbe oggi escludere ulteriori problemi ambientali alla luce anche di un più razionale assetto che tiene conto dei principi del decreto legislativo n 22 del 1997 (recupero di materiali da raccolte differenziate e produzione di energia da residui non riciclabili). La divisione impianti dell'AMIA comprende la gestione delle seguenti unità operative:
1) Impianto di selezione rifiuti attualmente in servizio. Si tratta del cosiddetto «sacco secco» della raccolta differenziata che contiene plastica, carta, lattine che vanno avviate al riutilizzo come materie prime. I sovvalli di tale riutilizzo vengono avviati in discarica controllata;
2) Impianto di incenerimento rifiuti urbani e speciali in servizio, da integrare con un impianto di generazione di vapore e di produzione di energia elettrica in fase di messa in servizio al momento della visita della Commissione. I residui della termodistruzione (ceneri) vanno inviati in discarica controllata;
3) Impianto di essiccamento fanghi biologici umidi anch'esso in fase di messa in servizio al momento della visita
4) Impianto di produzione compost in servizio che riceve la frazione organica umida del RSU e i fanghi biologici secchi dell'impianto di essiccamento a cui va aggiunto anche del legno triturato. Il sovvallo di tale impianto viene inviato in discarica controllata;
5) Impianto di vagliatura sabbia in servizio. Riceve sabbia sporca che dopo vagliatura è inviata al riutilizzo. Il sovvallo residuo va in discarica controllata.

4.2.3. - Il C.i.r. di Lugo (RA).

L'area del Centro Integrato Rifiuti sorge al confine tra i comuni di Lugo e Alfonsine, in provincia di Ravenna, ed è posta al servizio dei nove comuni che amministrano il Co.Se.Co. (Consorzio servizi comunali): oltre ai due citati, fanno parte del Co.Se.Co. i comuni di Bagnacavallo, Bagnara, Conselice, Fusignano, Massalombarda, Cotignana e S.Agata sul Santerno.
Attualmente nell'area esiste una discarica di 1a categoria, in corso di ampliamento per ulteriori 550.000 mc. Accanto ad essa è in via di realizzazione un impianto di selezione della frazione secca, cui si aggiungerà un impianto per la produzione di compost. È inoltre presente un impianto per il recupero dei rifiuti inerti (scarti da edilizia) che già produce materiale utilizzato per il rilevato stradale nell'area lughese.
Si tratta insomma di un centro integrato di valida progettazione che potrà dare risposte positive per una gestione moderna ed efficiente dei rifiuti prodotti nell'area, soprattutto se sarà armonizzato il sistema di raccolta oggi non omogeneo nei diversi comuni: in alcuni centri infatti la differenziazione segue il c.d. metodo «porta a porta', in altri si effettua nei cassonetti.
Esistono tuttavia motivi di perplessità che la Commissione deve sottolineare: in base alle comunicazioni che il Consorzio ha inviato alla provincia di Ravenna, infatti, l'impianto per la selezione della frazione secca avrà una potenzialità di 50.000 tonnellate/anno; identica la potenzialità dell'impianto di compostaggio. Si tratta di dimensioni assolutamente non corrispondenti a quanto previsto dal piano infraregionale di smaltimento della Provincia di Ravenna che - per l'impianto di selezione - prevede due linee di selezione con una potenzialità di 13.500 tonnellate/anno ciascuna, mentre l'impianto di compostaggio è previsto per 11.500 tonnellate/anno (ampliabili).
Insomma, i progetti del Co.se.co. vanno a più che raddoppiare ciò che ha previsto


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la provincia, e ciò è stato l'oggetto di una nota ufficiale di richiamo che l'ente di controllo ha inviato al Consorzio. Va poi considerato che nell'area nel 1998 sono state prodotte circa 57.000 tonnellate di RSU; non si vede quindi l'utilità di realizzare impianti di tale potenzialità se non con la previsione di trattare anche rifiuti prodotti al di fuori del bacino di utenza. A questo proposito la Commissione deve rilevare che ciò contrasterebbe in toto con il dettato del decreto legislativo n. 22 del 1997 che invece prevede l'autosufficienza nella gestione dei rifiuti nei singoli ambiti.
Va infine posto in evidenza come presso la discarica di Lugo (parte integrante del centro di smaltimento) sono giunte in maniera illecita diverse alcune migliaia di tonnellate di rifiuti: in particolare, secondo quanto accertato dagli organismi competenti, i rifiuti in questione sono giunti da Milano (anche se nei formulari era falsamente attestato che gli stessi provenivano da Piacenza) e da Parma. Questi ultimi sono stati smaltiti senza la necessaria autorizzazione regionale. Per quanto riguarda - in particolare - i rifiuti provenienti dal capoluogo lombardo, il trasporto è stato documentato anche da una troupe televisiva che ha seguito un camion lungo tutto il tragitto. Se dal punto di vista ambientale ciò non ha causato particolari problematiche, la Commissione deve però sollecitare a un maggior controllo rispetto ai carichi in entrata: l'ingresso di RSU non autorizzati è indicatore di una gestione non sufficientemente attenta, e rischia di compromettere (qualora i casi dovessero ripetersi) la programmazione posta in essere in materia dagli enti locali.

4.3. - La situazione di Parma.

La Commissione si è occupata in maniera specifica della situazione connessa alla gestione dei RSU in provincia di Parma, ed in particolare delle vicende connesse alla realizzazione di una discarica nel comune di Fornovo e di un centro di selezione in località Cornocchio.
Si è già avuto modo di rilevare come la provincia di Parma presenti attualmente un serio deficit di smaltimento: i RSU prodotti in questo territorio (che vede la raccolta differenziata al 14,2%) hanno infatti come possibili destinazioni in provincia le discariche di Borgo Val di Taro e Corniglio, nonché l'inceneritore di Cornocchio (di vecchia concezione e del quale è programmata la sostituzione con un nuovo impianto). Il resto dei RSU prodotti - pari a circa 90.000 tonnellate/anno - viene inviato in discariche extra-provinciali, con un conseguente sensibile aumento dei costi.
Per superare tale situazione il piano infraregionale di smaltimento della provincia di Parma ha previsto la realizzazione di un centro di selezione e di una discarica a servizio dello stesso. L'invaso è stato previsto in località Monte Ardone del comune di Fornovo, in una zona calanchiva, a circa tre chilometri in linea d'aria da Langhirano, su un terreno sovrastante un metanodotto. La localizzazione relativamente vicina a Langhirano aveva suscitato le proteste dei produttori di prosciutto dell'area: gli esami anemometrici avevano infatti messo in risalto come i venti soffino in prevalenza in quella direzione, e ciò potrebbe creare difficoltà nell'esportazione dei prosciutti in aree quali gli Stati Uniti dove esiste una legislazione molto restrittiva in materia. Dovendo però la discarica accogliere solo frazione secca compattata, la Commissione non ritiene che ciò possa rappresentare un reale nocumento ai produttori.
Nel corso dei lavori di realizzazione dell'impianto si sono avuti diversi movimenti franosi che hanno interessato l'area a servizio della discarica, nonché le strade di accesso alla stessa. La Commissione ha acquisito a questo proposito le relazioni geologiche redatte dal Servizio Geologico d'Italia (su richiesta del Coordinamento per la Protezione Civile) e dai professori Edoardo Semenza e Floriano Villa (su richiesta del comitato che si oppone alla discarica).
Le relazioni giungono a conclusioni diametralmente opposte, ma è il caso di


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notare come il Servizio Geologico d'Italia affermi che «i lavori inerenti alla realizzazione dell'invaso (...) hanno modificato il contesto morfologico preesistente a vantaggio della stabilità del sito». Si tratta di una conclusione che lascia perplessi, giacché non è chiaro come i movimenti di terreno determinati dai lavori possano consolidare una situazione franosa. Inoltre la relazione del Servizio Geologico d'Italia non tiene affatto in considerazione l'esistenza del metanodotto, la cui presenza è invece una ovvia fonte di rischio nella zona sottostante la discarica.
Si deve aggiungere - a tale considerazione - il fatto che recentemente sono state rinvenute nell'infratelo della discarica presenze di metano, in quantità non irrilevanti. Non è chiara la provenienza del gas, anche se i professionisti, incaricati dall'impresa che ha realizzato e dovrà gestire la discarica, ipotizzano che lo stesso si sia potuto formare dal materiale putrescibile rimasto chiuso tra i due teli; si tratta di un'ipotesi a giudizio della Commissione non attendibile, a causa della troppo ravvicinata distanza (circa un anno) tra la deposizione dei teli e il rinvenimento del gas metano. Più attendibile, a giudizio della Commissione, ipotizzare invece - come fa l'ARPA emiliana - che il metano provenga dal sottosuolo (particolarmente ricco di tale sostanza) e sia riuscito a penetrare nell'infratelo: si tratta però di un'ipotesi che evidenzia la scarsa tenuta delle soluzioni adottate in fase progettuale.
La discarica di Monte Ardone è stata, come accennato, programmata a servizio dell'impianto di selezione realizzato a Cornocchio. La Commissione si è interessata anche delle vicende relative a tale impianto, i cui lavori sono stati avviati con un'ordinanza della Provincia di Parma, emessa in base all'articolo 13 del decreto legislativo n. 22 del 1997, quindi con presupposti di necessità e urgenza. La realizzazione è stata ultimata nell'agosto 1998, ma da allora l'impianto è ancora fermo, in attesa dell'apertura della discarica di Monte Ardone. Paiono quindi evidenti due anomalie: la prima riguarda l'uso di un'ordinanza ex articolo13 per un impianto di selezione, e la seconda è relativa al legame stretto, quasi indissolubile, che è stato disegnato tra i due impianti.
La Commissione esprime perplessità sul nesso creato tra l'impianto di Cornocchio e la discarica di Monte Ardone; al di là del giudizio su tale discarica, infatti, Parma già da tempo potrebbe inviare allo smaltimento (anche extra-provinciale) diverse migliaia di tonnellate in meno al mese. Non è pertanto comprensibile perché non si sia voluto cominciare a sfruttare tale opportunità.
Infine, è emerso in maniera chiara dalle audizioni svolte dalla Commissione l'arretratezza del sistema della raccolta differenziata, soprattutto nella città di Parma. A questo proposito la Commissione non può che sollecitare l'introduzione di un sistema di raccolta differenziata che privilegi anzitutto la separazione della frazione umida, una soluzione che consente di raggiungere in maniera sollecita buoni livelli di differenziazione e di produrre un compost di qualità: questo materiale, peraltro, appare quanto mai necessario per l'arricchimento organico di terreni, come quelli della pianura padana, ormai prossimo allo stadio di desertificazione.

5. - Le attività illecite nel ciclo dei rifiuti in Emilia Romagna.

5.1. - Assenza di infiltrazioni mafiose.

Per quanto riguarda le attività illecite, sia il prefetto di Bologna che i rappresentanti delle forze dell'ordine ascoltati in audizione hanno escluso infiltrazioni della criminalità organizzata in tale settore economico; esiste tuttavia una diffusa illiceità nel ciclo dei rifiuti, non tanto in materia di smaltimenti abusivi quanto relativamente ad attività irregolari che risultano essere l'origine di successivi sversamenti o smaltimenti illeciti. Si tratta di osservazioni che saranno riprese e meglio illustrate successivamente.


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5.2. - Episodi criminosi.

La Commissione ha raccolto numerose notizie specifiche in ordine agli illeciti connessi all'attività di raccolta e smaltimento dei rifiuti in questa regione; dalle audizioni del prefetto di Bologna, dell'assessore regionale all'ambiente e dei rappresentanti delle associazioni ambientaliste, nonché dai dati forniti dalle forze dell'ordine, risulta che le violazioni nel settore attengono principalmente all'abbandono di rifiuti pericolosi sul territorio, in specie lungo gli argini dei fiumi (come quello di ben 20.000 litri di liquidi riversati nel fiume Mesola, presso Cesena) con gravi ripercussioni sulle stesse falde idriche, ed alla realizzazione di discariche abusive (il Nucleo Operativo Ecologico dell'Arma dei Carabinieri ha evidenziato, per l'anno 1997, ben 19 violazioni su 17 ispezioni effettuate).
Un settore che in Emilia Romagna appare particolarmente esposto al rischio di comportamenti illeciti è quello relativo all'attività svolta dai numerosi centri di stoccaggio insistenti nella regione, i quali - è ben noto - offrono facilmente il fianco ad attività di miscelazione tout court e modifica (mediante alterazioni e falsificazioni dei documenti di accompagnamento) della tipologia dei rifiuti tossico - nocivi, che vengono in tal modo avviati a forme di smaltimento non corrette, nei siti più disparati, con grave danno per l'ambiente e la salute dei cittadini.
Significativi al riguardo i dati offerti dall'ARPA, che evidenziano il ricorso a tale pratica illegale presso centri di stoccaggio di diversi comuni dell'Emilia Romagna (come Ferrara, Rimini, Piacenza, Parma, Ravenna) ed hanno determinato l'avvio di inchieste della magistratura che - come vedremo più avanti - destano particolare allarme per la natura e diffusione del fenomeno.
Fra gli episodi illeciti, merita segnalare il ritrovamento di 88 fusti metallici contenenti reflui industriali esausti, che sono stati abbandonati su un terreno in prossimità del comune Montale di Piacenza (il procedimento penale è tuttora in corso). Altro episodio preoccupante è stato il rinvenimento di un contenitore per rifiuti radioattivi addirittura nell'oasi naturalistica di Punte Alberete, nei pressi di Ravenna (già nel luglio 1997 nella stessa area erano stati trovati contenitori con un materiale altamente tossico quale il policlorodifenile); le analisi del contenuto hanno evidenziato la presenza di scorie di cesio e di berillio.
Nel quadro dell'attività svolta dalla Guardia di Finanza merita segnalare la scoperta nel comune di San Pietro in Casale di una vasta area destinata a deposito non autorizzato di rifiuti pericolosi (oli esausti e batterie per auto) e speciali (veicoli a motore, rimorchi ed altro, rifiuti derivanti a attività di demolizione e di costruzione ecc.), posta immediatamente sotto sequestro nel marzo 1998. Sono stati rinvenuti ben 15.000 quintali di rifiuti speciali e 10 quintali di rifiuti pericolosi. Il procedimento penale nei confronti del titolare che ha gestito tale deposito senza alcuna autorizzazione sin dal 1993 è tuttora pendente. Vi è, poi, da segnalare l'abbandono di diverse tonnellate di rifiuti pericolosi (anche lastre di amianto) in una discarica abusiva sita nella frazione di Casalborsetti del comune di Ravenna.
Sempre Ravenna, nel maggio 1998, è stata teatro di un incendio di vastissime proporzioni sviluppatosi presso il capannone della società «Fertildocks s.r.l.» (oltre 7000 mq.), destinato al trattamento di rifiuti provenienti dall'azienda AMSA di Milano (la municipalizzata titolare del servizio di smaltimento rifiuti) che dovevano, poi, essere avviati alla termocombustione nella centrale ENEL di Fusina (Veneto), in virtù di un'intesa stipulata nel luglio 1997 tra le regioni Lombardia ed Emilia Romagna. Al momento dell'incendio giacevano nel capannone circa 5000 tonnellate di tali rifiuti, posti sotto sequestro penale unitamente al capannone.
L'episodio ha determinato l'avvio di un'indagine da parte della Procura di Ravenna, che allo stato ha accertato la natura certamente dolosa dell'incendio, la


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cui opera di spegnimento, protrattasi per ben 22 giorni (19 maggio - 10 giugno 1998), ha richiesto l'impiego delle forze dei Vigili del fuoco dei comuni di Bologna, Forlì, Lugo e Faenza, oltre che di Ravenna. Dai primi accertamenti esperiti, è risultato che nel capannone giacevano già dal settembre 1997 RSU e fertilizzanti che non erano stati trattati, motivo per il quale proprio il giorno precedente al verificarsi dell'incendio era stata convocata la Giunta comunale per ottenere chiarimenti relativamente alla corretta esecuzione del contratto da parte della società AREA, impegnata nelle attività di stoccaggio e trattamento dei rifiuti, e dell'azienda d'intermediazione, che è risultata essere una ditta (la SEA) avente sede nella Repubblica di San Marino.

5.3. - Le principali vicende giudiziarie.

Dalle audizioni e dalla documentazione acquisita, la Commissione è venuta a conoscenza di attività illecite su scala nazionale che vedono coinvolta questa regione, purtroppo divenuta negli ultimi anni nodo di scambio di traffici illeciti di rifiuti, in cui ricorrono sia società e soggetti che svolgono attività d'intermediazione nel settore, sia organizzazioni criminali operanti in altre regioni (soprattutto Campania e Puglia), che hanno ormai esteso il loro raggio d'azione su tutto il territorio nazionale (connessioni fra traffici abusivi di rifiuti e criminalità organizzata - operante in determinate aree territoriali depresse del paese - sono emersi, infatti, anche in Piemonte, Lombardia e Liguria), ampliando altresì le loro attività specifiche nel settore dei rifiuti dal semplice controllo dei siti finali di smaltimento alle attività di trasporto e di commercializzazione e, quindi, gestendo siffatte attività illecite dal produttore di rifiuti sino al sito di smaltimento illegale.
Particolare rilievo in questo nuovo scenario delineatosi e più volte denunciato dai rappresentanti dell'associazione Legambiente ai vari organi preposti ai controlli nel settore oltre che alla magistratura, è l'indagine condotta dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli su alcuni traffici illeciti di rifiuti tossico - nocivi provenienti da industrie del nord Italia, in specie dell'Emilia Romagna (comuni di Reggio Emilia e Bologna), e trasportati lungo le dorsali tirrenica e adriatica, per essere abbandonati in aree territoriali del meridione controllate dalla criminalità organizzata (2).

(2) Cfr. il Doc. XXIII n.12 e il Doc. XXIII n.16 approvati dalla Commissione.

Attraverso il sistema del cosiddetto «giro bolla», i rifiuti pericolosi vengono declassificati in residui riutilizzabili presso centri di stoccaggio (spesso costituiti artatamente) e affidati per lo smaltimento, per lo più illecito presso cave abbandonate o discariche non autorizzate a ricevere rifiuti di provenienza extra regionale, se non addirittura mescolati al terriccio ed interrati per essere utilizzati nella pavimentazione di strade o nella costruzione di abitazioni civili, con grave pericolo per i cittadini e con produzione di notevoli profitti illeciti.
Fortemente indicativi degli interessi coinvolti nell'»affare» rifiuti e delle dimensioni preoccupanti assunte dal fenomeno sono i dati offerti dalla Procura Distrettuale di Napoli in ordine alla varietà dei siti finali di smaltimento (3), prontamente reperiti grazie all'intervento dei clan criminali (in particolare di clan camorristici, come quello dei Casalesi), per farvi confluire i rifiuti provenienti da altri siti illegali, ogni volta che questi venivano individuati e posti sotto sequestro dalla magistratura.

(3) Cfr. il Doc. XXIII n.12.

Emblematica è, altresì, l'inchiesta condotta dalla Procura di Rimini - da cui il relativo procedimento penale, tuttora pendente (è stata formulata richiesta di rinvio a giudizio) - che ha portato all'arresto di ben undici personaggi titolari di attività di trasporto o di raccolta e smaltimento di rifiuti urbani, ovvero di società d'intermediazione nel settore, nonché di alcuni


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amministratori pubblici collusi, per il delitto di associazione per delinquere finalizzata al traffico illecito di rifiuti e per reati connessi (truffe, falsificazioni di certificati e di autorizzazioni, violazioni fiscali e altro).
Alcune ditte di smaltimento e trasporto della regione Emilia Romagna (soprattutto dei comuni di Rimini, Piacenza, Parma, Forlì e, in parte, Bologna) avevano inviato, infatti, i loro rifiuti (urbani) per lo più in discariche abusive della Puglia e dell'Emilia Romagna, ma anche di Abruzzo e Calabria, sempre attraverso il ben noto meccanismo del cosiddetto «giro bolla», per cui i rifiuti venivano miscelati in alcuni centri di stoccaggio e poi spediti verso tali siti finali di smaltimento.
Precisamente, Marco Savini, titolare di un centro di stoccaggio di rifiuti urbani ed assimilabili nel comune di Borgonovo, aveva incaricato la ditta Muratori Trasporti a effettuare trasporti di RSU dal comune di Piacenza e territori limitrofi e dal Consorzio smaltimento rifiuti fra i comuni di Salsomaggiore Terme e Fidenza, alle discariche di Ancarano, Pomarico, Collecorvino, Corigliano Calabro. Tali rifiuti, in realtà, non sono mai pervenuti nelle citate discariche, ma sono risultati smaltiti prevalentemente presso la discarica di Ginestreto, attraverso l'utilizzazione di false bolle ecologiche emesse dal Cia s.p.a. di Coriano, grazie alla compiacenza di un suo funzionario che percepiva dall'illecita emissione lauti compensi (secondo quanto appurato dai magistrati \P.500.000 circa per ogni bolla).
La ditta Muratori Trasporti, peraltro, era titolare di un appalto con il Cia s.p.a. per il trasporto di RSU dal forno di incenerimento del comune di Coriano alla discarica di Ginestreto, per cui non era difficile far figurare gran parte dei rifiuti di altre località fra quelli provenienti da Coriano mediante, appunto, una falsa bolla ecologica proveniente dal Cia s.p.a. (false bolle ecologiche false sono state emesse anche dalle società Amga di Cesena e dall'Amiu di Forlì).
È evidente la truffa realizzata ai danni dei comuni di provenienza dei rifiuti, che pagavano la ditta per il trasporto e lo smaltimento degli stessi, nonché ai danni del Cia s.p.a., secondo un sistema - quello descritto - che si è ripetuto per alcuni anni (1994 - 1996), poiché non venivano effettuati controlli più penetranti della mera verifica formale dei documenti di accompagnamento dei rifiuti, in apparenza del tutto regolari. Per ingenti quantitativi di rifiuti provenienti dall'inceneritore di Salsomaggiore Terme, di cui sempre il Savini curava lo smaltimento, forte è il sospetto che essi siano stati addirittura smaltiti in discariche non autorizzate o comunque in luoghi non idonei a riceverli, dal momento che non è stato possibile accertarne la destinazione finale.
Un altro filone della stessa indagine condotta dalla Procura di Rimini ha consentito di reprimere un gravissimo traffico illecito di rifiuti: nel 1995 notevoli quantitativi di fanghi tossico - nocivi prodotti dalle Acciaierie venete s.p.a. ed affidati per il trattamento e lo smaltimento alla ditta Asbestos Tecnical Service 2, venivano inviati direttamente, senza subire alcun processo di inertizzazione e trattamento, in una cava dismessa sita in territorio veneto (comune di Soave) e finivano addirittura utilizzati dalla ditta «Edilstrade» per la pavimentazione delle strade, con gravissimo pregiudizio per l'ambiente e la salute pubblica.
Le due ditte, infatti, si facevano garanti dell'attività di trasporto, trattamento e riutilizzo finale di tali rifiuti mediante false attestazioni agli enti competenti, così lucrando ingenti somme dalle «Acciaierie Venete s.p.a.» per il servizio loro affidato e solo in apparenza svolto. È interessante notare come l'accertamento dei fatti sopra riferiti è stato condotto valendosi di tecniche d'indagine (come le intercettazioni telefoniche) rese possibili dalla contestazione di reati economico - fiscali, che hanno consentito al pubblico ministero di «chiudere il cerchio» e individuare l'esatta portata delle condotte criminose e delle responsabilità individuali in un settore - quello dei reati ambientali - in cui, purtroppo, spesso la Commissione ha dovuto registrare un forte ritardo nell'attività di accertamento degli illeciti dovuto a molteplici fattori (quali la fitta rete di collusioni, l'inadeguatezza dei controlli e l'assenza di una efficiente attività di coordinamento tra gli organi competenti, le difficoltà per quanto riguarda gli accertamenti


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tecnici e analitici e, soprattutto, l'assoluta insufficienza dei tempi e degli strumenti d'indagine a disposizione della magistratura, essendosi in presenza di fattispecie prevalentemente contravvenzionali), con gravissime conseguenze sia sotto il profilo dei danni arrecati all'ambiente e alla salute del cittadino nonché degli interessi patrimoniali coinvolti, che sotto quello, strettamente processuale, dei termini brevi di prescrizione dei reati de quo e, quindi, della possibilità di esplicare un'efficace azione repressiva di siffatte condotte illecite.
A tale proposito, la Commissione rinnova il suo impegno a sollecitare l'introduzione nel sistema penale di nuove fattispecie di reato ambientale ed il rafforzamento degli strumenti d'indagine, rinviando ai lavori dell'apposito gruppo di studio che ha formulato nel marzo 1998 proposte poi inviate ai Presidenti della Camere e delle Commissioni parlamentari. Non c'è dubbio, infatti, che una delle cause principali dell'illegalità diffusa nelle attività di raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti, nonché della progressiva e preoccupante penetrazione nel settore da parte della criminalità organizzata, debba essere individuato nella inadeguatezza degli strumenti di garanzia del rispetto della legalità anche di carattere normativo. Ciò senza voler trascurare la necessità - da più parti denunciata dinanzi alla Commissione (magistratura, forze dell'ordine) e dalla stessa Commissione già rappresentata al Parlamento ed al Governo - di una serie interventi tesi, per un verso, al rafforzamento delle attività di controllo fino ad oggi risultate gravemente lacunose nell'ambito delle attività connesse al ciclo dei rifiuti (vedi centri di stoccaggio); per altro, alla dotazione di mezzi e strutture idonei alle varie forze di polizia giudiziaria investite di competenza in materia di reati ambientali, che siano capaci di operare in stretto raccordo fra loro e con gli altri organismi preposti alla salvaguardia dell'ambiente (Agenzie regionali per la protezione dell'ambiente - amministrazioni regionali e provinciali - procure territoriali), sì da poter incidere efficacemente sulle diverse realtà territoriali del paese.

6. - Conclusioni.

L'intensa attività svolta dalla Commissione e l'interesse con il quale è stata costantemente seguìta la situazione della regione Emilia Romagna non possono certo esaurire tutte le complesse tematiche concernenti le varie attività connesse al ciclo dei rifiuti attualmente in essere nell'ampio territorio in esame. E del resto la Commissione continuerà a seguire l'evoluzione della situazione in quest'area, come nelle altre già oggetto di specifiche relazioni.
Le varie situazioni esaminate in dettaglio consentono tuttavia di trarre conclusioni sia sullo stato della normativa regionale e sul connesso livello di attuazione, sia sull'attività di controllo svolta dai pubblici poteri, sia sui ruoli svolti dai vari soggetti coinvolti nell'»affare» rifiuti, ivi compresi i soggetti che operano nell'ambito della criminalità comune ed organizzata e quelli che svolgono attività di carattere imprenditoriale.
Il ciclo dei rifiuti in Emilia Romagna, come si è andato descrivendo sin qui, presenta una situazione tranquillizzante per quanto riguarda i RSU (fatta eccezione per la provincia di Parma), mentre più problematico appare il quadro per quanto concerne i rifiuti speciali.
Dal punto di vista normativo la Commissione può esprimere un giudizio positivo. Per quanto riguarda i piani già adeguati al decreto legislativo n. 22 del 1997 è tuttavia da sottolineare come questi prevedano aumenti nella produzione dei RSU, senza aderire perfettamente al concetto di riduzione degli stessi che è uno dei punti fondamentali della normativa citata.
Diverso, come detto, il quadro per quanto riguarda i rifiuti speciali e pericolosi: l'Emilia Romagna presenta infatti un numero elevato di centri di stoccaggio dove - come la Commissione ha segnalato agli organismi di controllo - in diverse occasioni sono stati illecitamente eseguiti i cosiddetti «giri bolla» o le miscelazioni tra distinte categorie di rifiuti. Nel corso della relazione si è dato conto delle


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inchieste giudiziarie condotte da diverse procure dell'Emilia Romagna che hanno portato appunto alla scoperta di tali condotte truffaldine. La Commissione ritiene quindi doveroso reiterare l'invito a una sempre più puntuale azione di controllo diretta sui centri di stoccaggio della regione, a fronte peraltro di una situazione che vede l'Emilia Romagna sito di produzione di importanti quantità di rifiuti pericolosi, ma con possibilità di smaltimento di molto inferiore rispetto alle necessità.
Per i riflessi ambientali che determinano sono quindi da sottolineare i diffusi fenomeni di «dispersione dei rifiuti» e della loro «declassificazione»; fenomeni accertabili unicamente a posteriori con danni gravissimi per l'habitat regionale, sia rispetto al sostanziale inquinamento permanente, sia rispetto alle possibilità di ripristino seguenti l'accertamento delle responsabilità.
La Commissione ribadisce conclusivamente che la lotta alla criminalità ambientale deve essere condotta su più fronti, intensificando soprattutto l'attività di contrasto con controlli amministrativi, accertamenti fiscali e la corretta lettura dei fenomeni economici, come per esempio le condizioni di libera concorrenza e di accesso agli appalti.


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ALLEGATO 2

EMENDAMENTI alla bozza di relazione territoriale sull'Emilia Romagna.

Al paragrafo delle Premesse, sostituire il quarto capoverso con i seguenti:
Vale la pena osservare, sin da subito, che in materia di rifiuti, sia urbani che speciali, la regione Emilia Romagna fin dal 1986 ha individuato un sistema di pianificazione di settore che attribuito a ciascuna amministrazione provinciale il compito di elaborare un proprio piano, detto infraregionale. Al riguardo, qualche elemento di crisi è stato riscontrato nelle province di Parma e Piacenza, sulle quali la Commissione ha condotto iniziative specifiche.
L'esame approfondito della situazione regionale ha confermato l'esistenza di smaltimenti illeciti di rifiuti regionali in altre aree del Paese (come talune inchieste giudiziarie stanno a testimoniare). La Commissione ha comunque riservato grande attenzione alla problematica dei rifiuti pericolosi, essendo questa regione sede di importanti aree industriali (per tutte i petrolchimici di Ferrara e Ravenna) con un sistema di smaltimento tuttora deficitario anche se si registrano significative novità in questo senso.
Va infine segnalato come anche in questa regione - come già per il Piemonte - si è prestata attenzione alla problematica relativa ai rifiuti radioattivi, in particolare alla attuale situazione dell'impianto di Caorso e ai progetti per la messa in custodia protettiva passiva e al successivo decomissioning di quella centrale.
1.
Gerardini.

Al paragrafo 2.1, a pag. 3, dopo il quarto capoverso, aggiungere il seguente:
La strategia della delega alle province s'inquadra in un disegno di coinvolgimento e responsabilizzazione dei livelli amministrativi più bassi e più vicini ai cittadini. Essa ha creato anche in sede locale un patrimonio di conoscenze ed esperienze di discreto spessore, ciò che inevitabilmente ha una positiva ricaduta in termini di formazione civica della popolazione.
2.
Gerardini.

Al paragrafo 2.2, a pag. 4, al primo capoverso, sopprimere il secondo periodo.
3.
Gerardini.

Al paragrafo 2.2, a pag. 4, al terzo capoverso, quarto periodo, dopo le parole spese necessarie aggiungere le seguenti: pur tenendo presente lo stanziamento, deliberato dalla regione, di 15 miliardi nel triennio 1998-2000.
4.
Gerardini.

Al paragrafo 2.2, a pag. 4, dopo il terzo capoverso, aggiungere il seguente:
La regione Emilia-Romagna ha anche adottato, con una delibera del 1996, un «piano di protezione dall'amianto», che contiene una serie di misure volte, tra l'altro, ad accrescere sia i livelli di consocenza dei rischi da parte dei soggetti incaricati allo smaltimento, sia i livelli di controllo del fenomeno e sotto l'aspetto della salubrità ambientale e sotto quello epidemiologico.
5.
Gerardini.

Al paragrafo 2.2, a pag. 5, al primo capoverso, aggiungere infine il seguente periodo: Più problematica invece - come segnalato dalle autorità regionali - è


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l'interazione con la sezione regionale dell'Albo dei gestori di rifiuti, la quale in parte per motivi scarsa chiarezza nella normativa e in parte per carenze professionali nell'organico della sezione non riesce a esprimersi su livelli soddisfacenti nell'esame istruttorio delle richieste di iscrizione all'albo.
6.
Gerardini.

Sostituire il titolo del paragrafo 4 con il seguente: L'attività ispettiva della Commissione sulle situazioni particolari.
7-bis.
Gerardini.

Al paragrafo 4.3, a pag. 31, al secondo capoverso, aggiungere infine il seguente periodo:
Al proposito va anche osservato che non ha contribuito positivamente a una soluzione della situazione la condizione patrimoniale dell'AMNU di Parma, la quale - anche in ragione di partecipazioni assunte per motivi che rimangono da acclarare nella società Riciclaggio Plastiche Eterogenee - non gode di florida salute.
1.
Copercini.

Al paragrafo 4.3, a pag. 32, al primo capoverso, al terzo periodo, sostituire le parole da Più attendibile sino a emiliana - con le seguenti: Si noti invece che l'ARPA ha ipotizzato.
8.
Gerardini.

Al paragrafo 4.3, a pag. 32, al terzo capoverso, aggiungere infine il seguente periodo:
Peraltro, occorre ricordare che in altra sede parlamentare (cfr. la risoluzione n. 8-00046 approvata dalla XIII Commissione Agricoltura della Camera dei deputati in data 24 marzo 1999) è stata anche sottolineata l'inopportunità di ubicare discariche in luoghi vicini a siti delle produzioni agro-alimentari di origine protetta. Nella provincia di Parma, in particolare, la questione si pone per la produzione del prosciutto, i cui operatori hanno più volte sollecitato una maggiore attenzione alle esigenze della tutela dei prodotti di qualità e ai luoghi di tale produzione che dovrebbero essere qualificati come zone di preminente interesse agricolo.
1.
Gerardini e Copercini.

Riunire in un unico paragrafo i paragrafi 5.1. e 5.2.

Conseguentemente sostituire il titolo del paragrafo 5.1 con il seguente: Episodi criminosi e rinumerare il paragrafo 5.3. con il numero 5.2.
9.
Gerardini.

Al paragrafo 5.1, al primo periodo, aggiungere infine le seguenti parole: , spesso in territori sotto lo stretto controllo della criminalità organizzata, come l'area vesuviana o la Calabria. Esistono peraltro - come le indagini dell'autorità giudiziaria hanno evidenziato - soggetti che in questa regione hanno dato vita a vere e proprie organizzazioni, le quali hanno lucrato sulla gestione illecita e truffaldina del ciclo dei rifiuti.
1.
Scalia e Gerardini.

Al paragrafo 5.2, a pag. 33, al terzo capoverso, aggiungere infine il seguente periodo: Dai dati dell'ARPA si evince inoltre che gli impianti autorizzati sono prevalentemente depositi temporanei per conto terzi di rifiuti speciali e che sono circa 2000 le autorizzazioni riferite a singole tipologie di rifiuti e non v'è pertanto corrispondenza tra il numero di autorizzazioni rilasciate e il numero degli impianti.
10.
Gerardini.

Al paragrafo 6, a pag. 38, premettere al primo capoverso il seguente:
Si può complessivamente asserire che, nel campo del trattamento dei rifiuti, la regione Emilia-Romagna denota un


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discreto livello di conformità alla legislazione statale vigente e di accortezza gestionale.
11.
Gerardini.

Al paragrafo 6, a pag. 38, dopo il quinto capoverso aggiungere il seguente:
Al riguardo è da rilevare che sarà necessaria un'attenta verifica e una descrizione delle attività di smaltimento in relazione alla messa in custodia protettiva passiva, nonché lo smantellamento dei sistemi e dei componenti che produrranno una quantità significativa di materiali non radioattivi di contenuto tossico-nocivo. Si segnala, infatti, come anche in questa regione - come già per il Piemonte - la Commissione ha prestato attenzione alla carenza di siti per lo smaltimento di tali materiali, carenza che peraltro caratterizza l'intero territorio nazionale.
7.
Gerardini.

Coordinamento formale

In seguito all'approvazione degli emendamenti Gerardini.7bis e 9, apportare le conseguenti modifiche dell'indice.
Sostituire, ovunque ricorra, la parola emiliano con le seguenti emiliano-romagnolo.

L'emendamento Gerardini.10 è da intendersi coordinato nel modo seguente:

Al paragrafo 5.2, a pag. 33, al terzo capoverso, aggiungere infine il seguente periodo: Dai dati dell'ARPA si evince inoltre che gli impianti autorizzati sono prevalentemente depositi temporanei per conto terzi di rifiuti speciali e che sono circa 2000 le autorizzazioni riferite a singole tipologie di rifiuti e non v'è pertanto corrispondenza tra il numero di impianti autorizzati e le tipologie di rifiuti autorizzate.
10.
Gerardini.