CAMERA DEI DEPUTATI - XIII LEGISLATURA
Resoconto della Commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività ad esso connesse


Commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività ad esso connesse

SOMMARIO

Giovedì 4 marzo 1999


Sulla pubblicità dei lavori. ... 123

Audizione del dottor Giuseppe Rolandi e del dottor Piero Risoluti, dirigenti dell'ENEA. ... 123

Seguito dell'esame ed approvazione della proposta di relazione sulla regione Abruzzo (relatore: senatore Franco Asciutti). ... 126

Comunicazioni del Presidente. ... 165


Commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività ad esso connesse - Resoconto di giovedì 4 marzo 1999


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Giovedì 4 marzo 1999. - Presidenza del Presidente Massimo SCALIA.

La seduta comincia alle 13.

Sulla pubblicità dei lavori.

Il deputato Massimo SCALIA, presidente, avverte che, non essendovi obiezioni, l'odierna seduta verrà ripresa mediante il sistema televisivo a circuito chiuso; avverte inoltre che verrà redatto e pubblicato il resoconto stenografico della seduta.

Audizione del dottor Giuseppe Rolandi e del dottor Piero Risoluti, dirigenti dell'ENEA.

Il deputato Massimo SCALIA, presidente, invita i rappresentanti dell'ENEA a dar conto alla Commissione delle complesse problematiche attinenti alla localizzazione del sito nazionale di deposito per i materiali ed i rifiuti radioattivi, anche in relazione ai lavori svoltisi in merito presso il dipartimento della protezione civile.

Il dirigente dell'ENEA, Giuseppe ROLANDI, si sofferma diffusamente sull'unità dell'ENEA, da lui diretta, relativa alla sistemazione dei rifiuti radioattivi ed alla disattivazione degli impianti: espone i compiti del consigliere scientifico per la normativa nucleare e l'audit, dell'unità di committenza, del supporto amministrativo e gestionale, della divisione relativa alla gestione ed alla disattivazione degli impianti, in particolare quelli di Saluggia, della Trisaia e della Casaccia, del laboratorio relativo alla caratterizzazione dei rifiuti radioattivi, nonché della task force che si occupa della localizzazione del sito nazionale di deposito dei materiali radioattivi, il cui coordinamento è affidato al dottor Risoluti.

Il dirigente dell'ENEA, Piero RISOLUTI, premesso che la task force da lui coordinata è stata costituita nel 1996 per dar seguito alle indicazioni della commissione nazionale grandi rischi, precisa che essa è stata incaricata di intraprendere le


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azioni di natura progettuale dirette all'individuazione e qualificazione di un sito idoneo ad ospitare il deposito, incluso quello per l'immagazzinamento temporaneo di lungo periodo dei rifiuti ad alta attività, nonché alla progettazione complessiva del sistema: obiettivo a medio termine della task force è di preparare il rapporto preliminare di sicurezza del deposito.
Riassumendo le attività svolte fino al 31 dicembre scorso, rende note le azioni della task force dirette alla caratterizzazione dei rifiuti radioattivi, da considerare fondamentali per giungere ad una corretta identificazione delle dimensioni quantitative e qualitative dell'inventario nazionale. I dati di tale inventario sono fondamentali per la determinazione della capacità recettiva delle strutture del deposito e per la definizione dei criteri di accettabilità e della capacità radiologica del sito.
Per quanto riguarda le azioni dirette alla caratterizzazione delle barriere artificiali di confinamento dei rifiuti radioattivi, osserva che esse rivestono particolare rilevanza in quanto l'analisi di sicurezza del sistema costituente il deposito si basa in gran parte sulla valutazione dell'affidabilità di tali barriere messe in opera per l'isolamento dalla biosfera.
Ricorda che gli elementi costitutivi delle barriere artificiali sono il manufatto prodotto dal condizionamento dei rifiuti, le pareti in calcestruzzo delle unità o celle di smaltimento e le pareti esterne del sistema di deposito, con le opere accessorie di impermeabilizzazione e di difesa; a tale proposito, rileva che, per un deposito definitivo di rifiuti radioattivi a vita breve, il periodo durante il quale deve essere garantito l'isolamento dalla biosfera è dell'ordine di circa trecento anni, corrispondenti a dieci volte il tempo di decadimento degli isotopi a vita più lunga.
Per quanto concerne il calcestruzzo, si limita a precisare che si tratta di individuare una sua corretta formulazione per assicurare al materiale le migliori prestazioni e la durata nel tempo: la progettazione del deposito comporta pertanto la trattazione degli aspetti legati sia alla tecnologia del calcestruzzo sia al dimensionamento degli spessori e delle armature.

Il deputato Massimo SCALIA, presidente, chiede al dottor Risoluti di meglio precisare alcune informazioni relative all'utilizzo del calcestruzzo nonché alla riduzione dei tempi del decommissioning.

Il dottor Piero RISOLUTI, dopo aver fornito ulteriori dati sulla sperimentazione connessa all'utilizzo del calcestruzzo, passa ad esporre alcuni dati connessi alla progettazione concettuale dell'intero deposito, con l'inclusione del sistema di immagazzinamento temporaneo dei combustibili irraggiati e dei rifiuti condizionati di terza categoria.
Obiettivo di tale attività è la definizione, oltre che dell'intero sistema costituente il deposito nazionale, anche dell'impegno richiesto in termini di superficie e quindi di sistemazione urbanistica del sito: si tratta pertanto di un elemento di giudizio non secondario anche per l'identificazione dell'area idonea alla localizzazione del sistema.
Riassunte le caratteristiche dei siti spagnolo e francese oggetto nei mesi scorsi di una visita della Commissione, osserva che la localizzazione, sullo stesso sito di deposito definitivo dei rifiuti a vita breve, del sistema di immagazzinamento del combustibile irraggiato e dei rifiuti condizionati di terza categoria non comporta problemi di natura tecnica o di altro tipo. Tuttavia, la strategia di immagazzinamento di lungo periodo del combustibile irraggiato richiede, anche nella fase di concezione del sistema di stoccaggio, di tener conto dello smaltimento definitivo del combustibile e delle operazioni che può comportare.
Successivamente, visualizza con una serie di proiezioni i passaggi necessari ad individuare le diverse tipologie di aree.
Sottolinea, in particolare, che è stata avviata una vasta indagine geografica estesa a tutto il territorio nazionale, diretta ad individuare aree potenzialmente idonee per la localizzazione del deposito.


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Le principali azioni intraprese, e tuttora in corso, da parte della task force, nelle quali sono state investite notevoli risorse, sono la realizzazione di un sistema informativo geografico finalizzato all'individuazione di aree potenzialmente idonee, sulla base di determinati requisiti, quali la superficie topografica, gli aspetti idrogeologici, le vie di comunicazione, il reticolo idrografico, la distribuzione della popolazione, le attività socio-economiche, l'uso del suolo, nonché aspetti relativi alla sismicità ed alla climatologia.
Rende noto che verrà predisposta una carta nazionale delle aree idonee la quale, su supporto informatico, permetterà un elevato grado di elaborazione ed anche un rapido ed agevole aggiustamento in caso di modifica dei parametri di selezione. Per la realizzazione del sistema informativo geografico, obiettivo di grande rilevanza mai usato in Italia per la ricerca di siti, sono state attivate collaborazioni con qualificate strutture nazionali pubbliche e private, tra cui il servizio sismico nazionale ed il servizio geologico nazionale, che dispongono di dati geografici estesi ed informatizzati: essi costituiranno un prezioso strumento scientifico sia per fornire assistenza alle amministrazioni regionali in caso di candidature, sia per eventuali iniziative a livello nazionale.
Dà poi conto dell'indagine per l'individuazione di aree idonee alla localizzazione del deposito nazionale per i rifiuti a bassa attività, svolta in collaborazione con l'università «La Sapienza» di Roma e con primarie società nazionali esperte in indagini territoriali: tale indagine è stata integrata con i risultati in parte già acquisiti tramite il sistema informativo geografico, ciò che ha permesso di pervenire ad una lista di aree da ritenere in via preliminare idonee alla localizzazione del deposito.
Fa conoscere anche i criteri di performance assessment in vista della loro applicazione alle situazioni tipologiche individuate per una verifica preliminare della rispondenza agli standards di sicurezza radiologica, attività in corso che sarà completata presumibilmente entro la fine del 1999.
Conclude ricordando che la task force sta predisponendo un video ed un CD-ROM multimediale interattivo sul tema dello smaltimento dei rifiuti radioattivi, al fine di diffondere informazioni di base in particolare su quello che si intende realizzare, sulle finalità, sulle caratteristiche tecniche, sugli impianti analoghi esistenti all'estero e le relative legislazioni, nonché sui criteri di sicurezza.
Tali strumenti saranno realizzati in modo da poter essere utilizzati da un pubblico il più ampio possibile, anche se i destinatari principali saranno gli amministratori e le forze politiche, soprattutto a livello locale, le associazioni ambientaliste, gli opinion makers e le scuole: il loro completamento è previsto per la fine del prossimo mese di maggio.

Il deputato Massimo SCALIA, presidente, ritiene che la notevole mole di informazioni fatta conoscere alla Commissione nell'odierna seduta debba essere attentamente valutata e che quindi potrebbe rendersi necessaria, nelle prossime settimane, un'ulteriore audizione sulle tematiche affrontate.

Il dottor Giuseppe ROLANDI si sofferma sull'attività dell'unità radioprotezionistica nonché sulle azioni volte alla disattivazione degli impianti nucleari, precisando che le relative notizie tecniche, assai esaurienti, sono contenute negli atti della conferenza sull'energia e sull'ambiente svoltasi di recente.

Il dottor Piero RISOLUTI ritiene che, al fine di diffondere le informazioni in materia, rivesta particolare importanza anche l'organizzazione di visite ai depositi esteri di rifiuti radioattivi per tutti coloro che, in modo diretto o indiretto, saranno interessati alle procedure di scelta del sito.

Il senatore Franco ASCIUTTI (FI) pone alcune domande sui rischi attuali per la


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popolazione in rapporto al momento in cui sarà funzionante il deposito dei rifiuti radioattivi, nonché sulle procedure ed i criteri per l'individuazione del sito.

Il deputato Massimo SCALIA, presidente, chiede di precisare alcune notizie di natura tecnica testé fornite.

Rispondono diffusamente il dottor Giuseppe ROLANDI ed il dottor Piero RISOLUTI, i quali precisano fra l'altro che i rifiuti radioattivi condizionati presentano un livello di rischio inferiore rispetto agli altri.

Il deputato Massimo SCALIA, presidente, ringrazia gli intervenuti e li congeda, invitandoli a far pervenire alla Commissione ogni possibile integrazione a quanto riferito nell'odierna seduta.

Seguito dell'esame ed approvazione della proposta di relazione sulla regione Abruzzo (relatore: senatore Franco Asciutti).

Il deputato Massimo SCALIA, presidente, ricorda che nelle scorse settimane il relatore ha illustrato la proposta di relazione in titolo, sulla quale successivamente sono intervenuti alcuni commissari; ricorda altresì che le osservazioni formulate nel corso della discussione sono già state inserite dal relatore nel testo. Esso risulta del seguente tenore:

«RELAZIONE SULL'ABRUZZO

Premessa.

In prosecuzione del programma a suo tempo deliberato di effettuare, nelle varie regioni, visite sopralluogo finalizzate - oltre che all'esame generale dello stato di applicazione delle normative riguardanti i diversi profili che interessano il problema dei rifiuti nelle singole realtà locali - a conoscere le eventuali attività imprenditoriali illecite connesse all'operare nel ciclo, ivi compresi l'azione delle pubbliche amministrazioni interessate nell'attività gestionale e di controllo ed il fenomeno dell'eventuale presenza della criminalità organizzata nel settore, la Commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti, dopo le regioni Liguria, Piemonte, Campania, Sicilia, Lazio, Puglia e Calabria, ha deliberato di recarsi in Abruzzo.
A tale indicazione programmatica, la Commissione è pervenuta anche in considerazione della necessità di approfondire alcuni elementi di conoscenza acquisiti agli atti nel corso di questa e della scorsa legislatura.
In attuazione di quanto sopra, nei giorni 23 e 24 febbraio 1998 una delegazione della Commissione composta dal Presidente, onorevole Massimo Scalia, dai deputati Franco Gerardini e Nino Sospiri e dai senatori Giovanni Polidoro ed Angelo Staniscia, si è recata a Pescara e L'Aquila, dove ha incontrato rappresentanti delle istituzioni, nazionali e locali, nonchè delle forze sociali, operanti nel territorio regionale.
In particolare, a Pescara, nella sede della prefettura, ha incontrato: il prefetto di quel capoluogo, dottoressa Concetta Gabriella Sorbilli Lasco; il sostituto procuratore della Repubblica di Rimini, dottoressa Elena Vezzosi; il sindaco del comune di Spoltore, Donato Lorenzetti; gli assessori all'ambiente delle province di Pescara, Giuseppe de Dominicis, e di Chieti, Leo Brigante; il presidente del consorzio comprensoriale smaltimento rifiuti del Frenteno, Guglielmo Palmieri; il procuratore della Repubblica presso la pretura di Chieti, dottor Nicola Trifuoggi; il procuratore della Repubblica presso il tribunale di Pescara, dottor Enrico di Nicola.
A L'Aquila, nella sede della prefettura, la Commissione ha incontrato: il prefetto, dottor Guido Iadanza; l'assessore regionale all'urbanistica ed ai beni ambientali, Stefania Pezzopane; l'assessore all'ambiente della provincia di Teramo, Mario Mazzoni; l'assessore all'ambiente della provincia di L'Aquila, Umberto Murolo; il sindaco di l'Aquila, Antonio Centi; il procuratore della Repubblica di Avezzano,


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dottor Brizio Montinaro;i rappresentanti delle associazioni ambientalistiche (Antonio Ricci di Legambiente; Fernando Ferrara di Ambiente e/è Vita; Dante Caserta e Antonio Fiucci del WWF; Antonio D'Onofrio, di Italia Nostra; il rappresentante del comitato "No alle discariche", Domenico Leone); nonché il rappresentante della Confindustria - Abruzzo Antonio Cappelli.
Unitamente alle audizioni, la Commissione ha proceduto anche a sopralluoghi a vari siti ed impianti. Sono stati visitati gli impianti di Scurcola Marsicana (AQ), l'impianto di Sogeri a Tollo (CH), la discarica di Cerratina (CH), l'area dell'IRA a Pineto (TE) e la discarica abusiva di Ancarano (TE).
Nel corso delle audizioni, sono stati consegnati note e documenti acquisiti agli atti della Commissione.
Le varie audizioni, la documentazione acquisita, gli atti processuali attinenti ai procedimenti giudiziari in corso e definiti aventi ad oggetto attività connesse ai rifiuti, i sopralluoghi effettuati in alcuni degli impianti esistenti nel territorio regionale, l'analisi della normativa regionale e degli enti locali competenti, raffrontata con le indicazioni ed i precetti contenuti nella legislazione nazionale, hanno consentito alla Commissione di avere una quadro sufficientemente definito sullo stato delle tematiche che interessano la regione Abruzzo. Ciò anche se lo stato delle conoscenze delle varie problematiche presenti nella regione appare eccessivamente frammentario, in quanto le autorità preposte alla programmazione ed alla gestione dei diversi profili, che attengono alla tematica in esame, appaiono possedere visioni parziali del complesso ed articolato fenomeno; conoscenze che, pur se consentono di seguire l'attività dei singoli segmenti di cui si compone il fenomeno medesimo, tuttavia non mettono in grado di porre in essere strategie unitarie che permettano di aggredire efficacemente i diversi aspetti e di cogliere le connessioni tra l'operare normativo delle pubbliche amministrazioni, l'attività di controllo, l'imprenditoria di settore e gli accertamenti dell'autorità giudiziaria.
Trovano, pertanto, conferma, anche per la regione Abruzzo, i rilievi già registrati per altre realtà regionali, cioè che manca all'interno della regione un soggetto istituzionalmente competente e culturalmente attrezzato che si faccia carico dell'osservazione dell'intero ciclo e che quindi possa suggerire i rimedi più congrui e le strategie più adeguate. In carenza del corretto operare di tale realtà, che la Commissione ritiene non possa che istituzionalmente risiedere ed operare all'interno delle stesse competenze regionali raccordate con quelle delle locali ARPA, al di là di ogni giudizio di valore che può essere mosso nei confronti di ciascun soggetto titolare di funzioni connesse al ciclo dei rifiuti, le singole, ancorchè condivisibili, iniziative non sembrano risolutive del complesso e delicato problema, che trova implicazioni, oltre che negli equilibri di natura ambientale messi in discussione da gravi aggressioni al territorio (purtroppo non sempre dovute ad attività abusive o non autorizzate), anche nella presenza di interessi illeciti che normalmente favoriscono l'espandersi della criminalità organizzata, nonché intrecci di interessi tra questa, l'imprenditoria deviata e quella pubblica amministrazione che è corrotta o collusa.
Una più intelligente attenzione sul settore rifiuti si risolve, invece, secondo le esperienze raccolte in realtà che hanno maturato diversi processi cognitivi e prese di coscienza più forti, in una maggiore capacità di contrasto alla criminalità comune ed organizzata, in un risanamento dell'ambiente ed in un più corretto agire delle pubbliche amministrazioni operanti nel territorio. Tenuto conto della realtà osservata nella regione Abruzzo, la Commissione confida che presto anche in questo territorio venga posta in essere un'azione di governo incisiva e diretta alla radicale lotta al fenomeno. E ciò anche se si deve fin d'ora rappresentare che, in considerazione degli interessi che attualmente ruotano intorno all'economia regionale in ragione anche della particolare


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collocazione geografica della regione sita al centro del crocevia dei traffici tra il nord ed il sud del Paese, non appare sufficiente la sola azione del governo regionale, essendo invece necessaria un'azione coordinata dei governi locali e nazionali, delle forze dell'ordine e della magistratura. Allo stato attuale, il problema del coordinamento appare il più centrale e deve impegnare con responsabilità, pur nel rispetto delle autonomie locali, le forze politiche ed il legislatore nazionale.
Il primo segnale di attenzione sul ciclo rifiuti è rappresentato, com'è evidente, dalla predisposizione degli strumenti normativi e dal loro concreto operare. Pertanto, ancor prima di dare conto delle varie audizioni, si ritiene opportuno scorrere nel dettaglio la normativa regionale che regolamenta il settore rifiuti e verificare l'adeguatezza di tale normativa con le previsioni generali da ultimo dettate con il «decreto Ronchi». Peraltro, al fine di meglio comprendere la complessità dei fenomeni registrati nella regione Abruzzo, non è apparso sufficiente fermarsi alla sola normativa vigente nell'ultimo periodo, ma è sembrato più corretto ricostruire la politica ambientale regionale nel settore rifiuti nell'arco dell'ultimo decennio. Si è ritenuto pertanto, in questa sede di referto al Parlamento, di offrire un quadro adeguato dell'operato degli amministratori regionali avviando le analisi dalla legge che per prima ha dato impronta ed ha determinato l'attuale assetto di diritto e di fatto, la legge regionale n.60 del 1985.

Parte I - La normativa regionale in tema di rifiuti e lo stato di attuazione degli impianti nella regione.

1) Normativa regionale.

La regione Abruzzo ha predisposto, nell'arco di undici anni, dal 1985 al 1996 varie normative per il settore rifiuti. Sono tre le leggi principali, di seguito elencate: a) legge regionale 23 maggio 1985, n. 60, pubblicata due anni dopo il decreto del Presidente della Repubblica 915/82; b) legge regionale 8 settembre 1988, n. 74, con la quale è stato approvato il piano regionale di organizzazione dei servizi di smaltimento dei rifiuti, cosiddetto "piano SNAM"; c) legge regionale 30 agosto 1996, n. 73, che ha adeguato, con alcune novità, il precedente piano.
Altri sei interventi normativi si riferiscono ad aspetti particolari del problema rifiuti ed hanno progressivamente modificato ed adeguato le tre normative «quadro».
Il risultato di tale diffuso legiferare è stato, anche per tale regione, quello di una frammentazione del contesto legislativo di riferimento, con norme a volte tese al solo contenimento delle urgenze e delle emergenze.
Delle leggi citate un maggiore approfondimento viene dedicato al piano regionale di organizzazione dei servizi di smaltimento dei rifiuti del 1988, attraverso il quale è possibile verificare quanto poi è stato realizzato in termini di impianti nell'ambito regionale.
Per ciascuna normativa si è ritenuto opportuno riportare, in allegato, anche gli articoli di legge principali.

1.1) Legge regionale 23 maggio 1985, n. 60 - Interventi della regione in materia di smaltimento dei rifiuti, in attuazione del decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1982, n. 915.

Approvata circa tre anni dopo il decreto del Presidente della Repubblica 915/82 rappresenta il primo intervento normativo significativo attraverso il quale la regione ha cercato di mettere a punto i princìpi e gli indirizzi relativi al settore dell'organizzazione dei servizi di smaltimento dei rifiuti.
Si divide in due titoli. Uno per la pianificazione regionale e l'altro per il sistema autorizzativo allo smaltimento dei rifiuti e la delega di funzioni alle province, ed interviene riguardo: a) i princìpi di salvaguardia del territorio e dell'ambiente regionale; b) il catasto regionale dei rifiuti articolato su base provinciale; c) l'organizzazione


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dei servizi di smaltimento dei rifiuti; d) il controllo sulle attività di smaltimento dei rifiuti affidato alle province; e) la procedura di esecuzione immediata di interventi urgenti ed indifferibili di risanamento e bonifica attivata ai sensi degli articoli 9 e 12 del decreto del Presidente della Repubblica 915/82; f) la clausola di salvaguardia delle autorizzazioni già rilasciate o da rilasciare in attesa dell'approvazione del piano regionale; g) le disposizioni finanziarie.
Nell'allegato n. 1 vengono sinteticamente riportate le norme più significative della legge sopra menzionata.

1.2) Legge regionale 8 settembre 1988, n. 74 - Piano regionale di organizzazione dei servizi di smaltimento dei rifiuti solidi urbani, tossici e nocivi.

Tale normativa riguarda l'adozione del piano commissionato dalla regione Abruzzo alla Snamprogetti e realizzato dalla stessa, e rappresenta a distanza di circa dieci anni lo strumento di pianificazione regionale dei servizi di smaltimento dei rifiuti, ancora in vigore attraverso le diverse modifiche adottate. In considerazione del fatto che esso è lo strumento principale di riferimento per le diverse scelte assunte nell'ambito regionale, esso viene illustrato in dettaglio nell'allegato n. 2.

1.3) Legge regionale 1 agosto 1991, n. 43 - Modifiche ed integrazioni alle leggi regionali 23 maggio1985, n. 60, e 8 settembre 1988, n. 74, concernenti lo smaltimento dei rifiuti.

La legge regionale n. 43 del 1991 ha adottato delle modifiche alla legge regionale 60/85 ed a quella 74/88. In particolare, viene prorogata la fase di attuazione del piano di smaltimento a breve e medio termine prevista dall'articolo 3, primo comma, della legge regionale 74/88. Tale termine viene prorogato fino all'attivazione degli impianti comprensoriali previsti dal piano.
Nell'allegato n. 3 sono sinteticamente riportati i punti più salienti di tale intervento normativo.

1.4) Leggi regionali 10 settembre 1991, n. 64, ed 8 settembre 1988, n. 74. Piano regionale di organizzazione dei servizi di smaltimento dei rifiuti solidi urbani, tossici e nocivi. Istituzione del sub comprensorio di Vasto, con sede a Gissi, per le attività di smaltimento dei rifiuti solidi urbani.

La legge regionale n. 64 del 1991 riguarda modifiche ed adeguamenti relativi al punto 4 «Soluzioni di smaltimento a lungo termine», sub 4.1 «provincia di Chieti», lettera c) del rapporto conclusivo allegato alla legge regionale 8 settembre 1988, n. 74 impianto di Vasto.

1.5) Legge regionale 7 luglio 1992, n. 54 - Modifiche ed integrazioni alle leggi regionali 8 settembre 1988, n. 74, e 1 agosto 1991, n. 43 (smaltimento rifiuti).

La legge regionale n. 54 del 1992 modifica le leggi regionali 74/88 e 43/91. In particolare, viene previsto che la riserva della quota pari al 5 per cento della potenzialità complessiva delle discariche realizzate dai privati (articolo 7, comma 2, della legge regionale 74/88) venga applicata anche alle discariche realizzate dagli enti di cui all'articolo 5, primo comma, della legge regionale 8 settembre 1988, n. 74 (comuni, consorzi di comuni e comunità montane), e potrà essere utilizzata, ove occorra, a mezzo di ordinanze contingibili ed urgenti, ai sensi dell'articolo 12 del decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1982, n. 915.
Inoltre, viene previsto che per le discariche attualmente in funzione e non autorizzate e che siano in possesso di determinati requisiti di salvaguardia dell'ambiente circostante e degli aspetti sanitari della popolazione, i sindaci dei relativi comuni possano chiedere alla giunta regionale l'autorizzazione provvisoria sino al 30 giugno 1993, previa domanda opportunamente documentata. La


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giunta regionale, su parere della conferenza, di cui al punto 3 bis della legge 29 ottobre 1987, n. 441, rilascia al comune la predetta autorizzazione provvisoria.
Nell'allegato n. 4 vengono riportati, in sintesi, i punti più salienti della legge.

1.6) Legge regionale 12 luglio 1994, n. 47 - Ulteriori modifiche ed integrazioni alla legge regionale 7 luglio 1992, n. 54 (smaltimento rifiuti).

Si limita alla proroga dei termini delle autorizzazioni provvisorie per la continuazione di attività delle discariche di cui all'articolo 3 della legge regionale 7 luglio 1992, n. 54, già prorogate dall'articolo 1 della legge regionale 21 luglio 1993 n. 27 che viene prorogato fino all'attivazione delle discariche comprensoriali da realizzare nell'ambito dei consorzi istituiti ai sensi della legge regionale 8 settembre 1988, n. 74 e, comunque, non oltre un anno.

1.7) Legge regionale 5 gennaio 1996, n. 2 - Disposizioni urgenti in materia di smaltimento dei rifiuti.

Le disposizioni contenute nelle leggi regionali 18 novembre 1994, n. 86, e 27 aprile 1995, n. 71 sono estese ai consorzi comprensoriali costituiti in attuazione dell'articolo 6, secondo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1982, n. 915, che si trovano in situazioni di emergenza.

1.8) Legge regionale 30 agosto 1996, n. 73 - Disposizioni per l'adeguamento del piano di organizzazione dei servizi di smaltimento dei rifiuti.

Adegua il piano di organizzazione dei servizi di smaltimento dei rifiuti del 1988. Gli aspetti maggiormente innovativi rispetto alla legge regionale 74/88 sembrano riflettere i nuovi indirizzi dettati nel settore dello smaltimento dei rifiuti, quali: a) il contenimento della produzione dei rifiuti; b) raccolta differenziata, riciclaggio e trattamenti idonei alle singole tipologie di rifiuti, divieto di stoccaggio definitivo in discarica delle frazioni recuperabili dei rifiuti provenienti dalla stessa raccolta differenziata; c) recupero di materiali e di energia anche nella fase di smaltimento finale; d) progressiva riduzione dello smaltimento indifferenziato dei rifiuti urbani, nonché della quantità e pericolosità delle frazioni non recuperabili da avviare allo smaltimento finale; e) progressivo raggiungimento dell'obiettivo dell'autosufficienza del sistema di smaltimento dei rifiuti a livello regionale; f) contenimento dei costi delle fasi di smaltimento dei rifiuti; g) individuazione di nuove tecnologie per il raggiungimento delle finalità di cui ai precedenti punti.
Nell'allegato n. 5 sono riportate le norme, con un breve commento, più significative.

1.9) Legge regionale 5 dicembre 1996, n. 122 - Disposizioni urgenti per fronteggiare la situazione di emergenza dello smaltimento dei rifiuti solidi urbani nei comuni facenti parte del consorzio comprensoriale dell'area pescarese.
Riguarda specificatamente i problemi relativi all'emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti solidi urbani per il comprensorio dei comuni dell'area pescarese. Nel paragrafo dedicato alla situazione degli impianti vedremo come i problemi relativi a questa provincia continuino a permanere.
Nell'allegato n. 6 sono sintetizzati gli articoli più significativi.

1.10) Da ultimo, nella seduta del 4 novembre 1998, la giunta regionale ha approvato la delibera n. 2882 recante le linee guida del nuovo piano regionale di gestione dei rifiuti, sulla base di uno studio affidato, con precedente decisione del dicembre 1997, alla società Ambiente Italia di Milano. L'esigenza della predisposizione di un nuovo piano, rispetto a quello del 1989, era stata prevista, come è stato riportato nei paragrafi precedenti, già dalla legge regionale 30 agosto 1996, n. 73. Tale adempimento si è reso non più rinviabile, dopo l'entrata in vigore del


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decreto legislativo 22/97. Dei tre «scenari» relativi alla gestione dello smaltimento dei rifiuti della regione che lo studio ha delineato, la giunta regionale ha adottato una tipologia di trattamento che prevede la raccolta differenziata, la selezione dei rifiuti non intercettati dalle raccolte differenziate, la successiva stabilizzazione della componente umida, l'invio a discarica della componente secca residua e degli scarti derivati dalle raccolte differenziate e dai trattamenti. Questa tipologia di gestione dei rifiuti dovrebbe rivelarsi meno onerosa rispetto alle altre due individuate, in quanto permette di sfruttare gli impianti già esistenti di riciclaggio-compostaggio. In tale ambito di pianificazione vengono valorizzati i princìpi del "decreto Ronchi", in tema di individuazione degli ambiti territoriali ottimali (ATO), di riduzione della produzione di rifiuti, di raccolta differenziata e recupero dei materiali. Entro due mesi dall'adozione di tale delibera, l'assessorato competente ha il compito di predisporre gli atti necessari alla successiva redazione del piano.

2) Gli impianti (programmazione e proposte).

Si riporta ora, con un commento, uno stralcio del rapporto conclusivo, facente parte integrante della legge 74/88. Si tratta di un documento di grande importanza, in quanto in esso sono evidenziati gli aspetti più significativi entro i quali si articola la programmazione degli impianti di rifiuti della regione; peraltro, contiene il censimento degli impianti esistenti e di quelli da realizzare.
La regione Abruzzo, nell'ottica di razionalizzare gli interventi nel settore della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti solidi urbani e con l'obiettivo di assicurare il perseguimento di una concreta politica di tutela dell'ambiente anche con riferimento alle problematiche relative ai rifiuti solidi urbani, si è posta l'esigenza di disporre di un progetto di piano che possa rappresentare un quadro di riferimento idoneo alla congruità delle singole richieste di intervento nel settore dello smaltimento dei rifiuti solidi urbani e di uno strumento di pianificazione che, sulla base di una valutazione dei costi di investimento e di gestione, definisca un sistema ottimale di raccolta e di smaltimento dei rifiuti solidi urbani congiuntamente a quello per i rifiuti speciali, tossici e nocivi.
L'incarico è stato affidato alla Snamprogetti per la redazione di una proposta di piano regionale per lo smaltimento dei rifiuti solidi di origine urbana che ha presentato nel dicembre 1986 la sua proposta che prevedeva per le singole province soluzioni anche alternative. La regione, nella riunione del consiglio del 29 luglio 1987, approvava il piano presentato da Snamprogetti effettuando la scelta tra le soluzioni prospettate ed individuando quale principale obiettivo la definizione di un razionale sistema di raccolta e di smaltimento dei rifiuti solidi urbani relativo all'intero territorio regionale, formulato sulla base sia della situazione socio-economica dei singoli comuni (dimensione demografica, produzione unitaria di rifiuti solidi urbani) che delle tecnologie di smaltimento più idonee in relazione ai volumi da trattare ed alle possibilità di collocamento dei prodotti ottenibili. Ciò al fine di porre a disposizione degli organi regionali competenti un utile quadro di riferimento, per la formulazione di proposte di intervento per lo smaltimento, da sottoporre all'approvazione delle strutture territoriali competenti e per la verifica della congruità di eventuali proposte di intervento formulate da singoli comuni o da un insieme di comuni. Inoltre, la valutazione dei costi di investimento e di gestione relativi alle opere di smaltimento individuate, formulate sulla base della praticabilità tecnica, rappresenta un utile elemento di valutazione da adottare nella programmazione degli interventi. Per il conseguimento di tale obiettivo, lo studio è stato articolato in due fasi fondamentali: raccolta delle informazioni di base e formulazione degli interventi.


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2.1) Soluzione di smaltimento «a breve termine».

Dal momento che gli interventi formulati nel piano di smaltimento dei rifiuti solidi urbani della regione potranno divenire integralmente operativi non prima di qualche anno, in considerazione dei tempi decisionali, organizzativi e costruttivi necessari per arrivare alla funzionalità degli impianti, si è posta la necessità di formulare una soluzione «a breve termine», per dare adeguate risposte ai problemi immediati. È stata formulata una soluzione di smaltimento con discariche controllate, la cui ubicazione è stata individuata in aree considerate geologicamente idonee. Per la realizzazione di tale piano sono stati presi in considerazione gli elementi di seguito specificati, in modo che le soluzioni relative alla fase a breve, medio e lungo termine potessero essere reciprocamente sinergiche.

a) Il piano a lungo termine considera impianti di smaltimento di diverso tipo e dimensione (ristrutturazione di impianti di incenerimento, costruzione di impianti di riciclaggio, in generale, e compostaggio, in particolare). La realizzazione di tali impianti presuppone tempi lunghi, per autorizzazioni, finanziamenti e costruzione vera e propria, che vanno dai due ai tre anni;

b) il piano a lungo termine prevede, per ogni punto di smaltimento proposto, la costruzione a lato o nelle vicinanze di una discarica controllata. Per la costruzione di una discarica controllata i tempi previsti (prevedendo anche il lavoro a stati di avanzamento modulari) sono molto più brevi (sei mesi dall'autorizzazione);

c) la necessità di ridurre al massimo le spese relative alla soluzione a breve e medio termine, considerando la sua validità di non più di tre anni, termine entro il quale dovrà entrare in vigore il piano a lungo termine;

d) la necessità di anticipare, per lo meno parzialmente, l'organizzazione dei trasporti comprensoriali, previsti per il piano a lungo termine, per facilitare, in quello a medio termine, lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani;

e) la necessità di non esaurire nel piano a breve e medio termine le discariche previste in quello a lungo termine.

Si tralascia la descrizione, provincia per provincia, del piano a breve e medio termine per descrivere più nel dettaglio quella che era la previsione del piano «a lungo termine», in considerazione del tempo trascorso, dodici anni circa, dalla redazione di tale piano.

2.2) Soluzione di smaltimento «a lungo termine».

Di seguito viene descritta per ogni provincia la soluzione «a lungo termine» individuata. È da ricordare che, essendo il presente un piano, l'analisi e le proposte non hanno interessato il sistema organizzativo di raccolta e di trasporto dai centri di produzione, ma ci si è occupati specificatamente degli aspetti della pianificazione, dell'organizzazione dei sistemi di trasporto e di smaltimento per ambiti, comprendenti più centri di produzione.
Sono stati tralasciati i riferimenti relativi ai costi degli impianti, che facevano parte integrante del piano, in quanto non più attuali rispetto agli anni in cui tale pianificazione fu predisposta, ed i riferimenti relativi alle stazioni di trasferimento mobili.

Provincia di Chieti.

La soluzione prevedeva tre impianti di smaltimento collocati a Chieti, Lanciano e Vasto, costituiti da un impianto di compostaggio con inceneritore ed annessa discarica a Chieti e da due impianti di compostaggio con annessa discarica, localizzati rispettivamente a Lanciano e Vasto.
Gli abitanti da servire (residenti + turisti), al 1996, nel comprensorio di Chieti risultano 120.213, per un totale di rifiuti prodotti (solidi urbani + assimilabili) pari a 30.842,5 t/anno. Infine, nel


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comprensorio di Vasto gli abitanti da servire risultano essere 138.989, per una produzione totale di rifiuti pari a 28,652 t/anno.
Bacino di utenza.
L'impianto di Chieti serve i comuni di: Francavilla al Mare, S. Giovanni Teatino, Torrevecchia Teatina, Miglianico, Ripa Teatina, Chieti, Villamagna, Tollo, Crecchio, Giuliano Teatino, Canosa Sannita, Ari, Vacri, Bucchianico, Casalincontrada, Roccamontepiano e Fara Filiorum Petri (comprensorio di 5 comuni), per un totale di 84,5 t/g.;
l'impianto di Lanciano serve i comuni di: Ortona, San Vito Chietino, Rocca San Giovanni, Treglio, Frisa, Poggiofiorito, Arielli, Filetto, Orsogna, Lanciano, Fossacesia, Santa Maria Imbaro, Mozzagrona, Torino del Sangro, Paglieta, Castel Frentano, S. Eusanio del Sangro, Perano, Casoli (comprensorio di 13 comuni), Archi, Atessa, Bomba, Tornareccio, Colledimezzo (comprensorio di 16 comuni), Pennapiedimonte e Guardiagrele, per un totale di 99,3 t/g;
L'impianto di Vasto serve i comuni di Villalfonsina, Casalbordino, Pollutri, Scerni, Vasto, Monteodorisio, Cupello, San Salvo, Lentella, Carunchio (comprensorio di 13 comuni comprendente: Carunchio, Schiavi d'Abruzzo, Castelguidone, S. Giovanni Lipioni, Torrebruna, Celenza sul Trigno, Castiglione Messer Marino, Fraine, Tufillo, Palmoli, Dogliola, Roccaspinalveti, Montazzoli). Inoltre, nello stesso comprensorio di Vasto, è previsto un sub comprensorio, con sede a Gissi (che utilizza la discarica di quest'ultimo comune), che serve i comuni di: Gissi, Liscia, San Buono, Furci, Guilmi, Carpineto Sinello, Casalanguida e Fresagrandinaria.

Impianti.

Per Chieti risulta essere in via di avviamento un impianto di incenerimento della capacità di 60 t/g con le seguenti principali attrezzature: 4 forni statici da 15 t/g cadauno, con un condotto per i fumi che vengono convogliati, dopo miscelazione con aria fredda, ad un elettrofiltro e ad una torre di lavaggio.
Per Lanciano, poiché per l'impianto di compostaggio è prevista una durata di venti anni, anche la discarica annessa a detto impianto verrà dimensionata per lo stesso numero di anni. Essendo la quantità di rifiuti da smaltire pari a 36.244,5 t/anno, l'impianto avrà una potenzialità tale da poter trattare una quantità di circa 120 t/g. La discarica invece verrà dimensionata in modo da poter trattare i soli sovvalli e l'intera quantità dei rifiuti nei periodi in cui l'impianto, per cause ordinarie o straordinarie, risultasse non atto ad assolvere le sue normali funzioni. La quantità di rifiuti da smaltire in discarica risulterà quindi essere la metà: circa 18.200 t/anno, al peso specifico di materiale compresso di 0,8 t/mc, pari ad un volume di circa 460.000 mc.
Per Vasto l'impianto di compostaggio è prevista una durata di venti anni, anche la discarica annessa a detto impianto verrà dimensionata per lo stesso numero di anni. Essendo la quantità di rifiuti da smaltire pari a 28.652 t/anno, l'impianto avrà una potenzialità tale da poter trattare una quantità di circa 100 t/g. La discarica invece verrà dimensionata in modo da poter trattare i soli sovvalli e l'intera quantità dei rifiuti nei periodi in cui l'impianto, per cause ordinarie o straordinarie, risultasse non atto ad assolvere le sue normali funzioni. La quantità di rifiuti da smaltire in discarica risulterà quindi essere la metà: circa 14.500 t/anno che, al peso specifico di materiale compresso di 0,8 t/mc è pari a un volume di circa 380.000 mc.

Provincia de L'Aquila.

La soluzione prevede quattro impianti di smaltimento, a L'Aquila, Avezzano, Sulmona e Castel di Sangro. Gli impianti di smaltimento sono costituiti da una discarica, a L'Aquila, e da tre impianti di compostaggio, con annessa discarica, ad Avezzano, Sulmona e Castel di Sangro. Gli abitanti da servire (residenti + turisti) al 1996 nel comprensorio de L'Aquila risultano 165.677, per un totale di rifiuti prodotti (solidi urbani + assimilabili) pari


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a 31.098 t/anno. Nel comprensorio di Avezzano gli abitanti da servire risultano 201.407 per un totale di rifiuti prodotti pari a 39.894 t/anno. Nel comprensorio di Sulmona gli abitanti da servire risultano 80.699 ed i rifiuti prodotti 17.739 t/anno. Infine nel comprensorio di Castel di Sangro gli abitanti da servire, sempre al 1996, risultano 105.727, per un totale di rifiuti prodotti pari a 9.526 t/anno.

Bacino di utenza.

L'impianto de L'Aquila serve i comuni di: Campotosto, Pizzoli, Barete (comprensorio di 4 comuni), Scoppito, L'Aquila, Tornimparte, Lucali, Rocca di Mezzo (comprensorio di 3 comuni), Ocre, Fossa, Sant'Eusanio Forconese, Poggio Picenze, Barisciano, Santo Stefano di Sessanio, Prata d'Ansidonia, San Pio delle Camere, Carapelle Calvisio, Castelvecchio Calvisio, Calascio, Castel del Monte, Villa Sant'Angelo, San Demetrio ne' Vestini, Fagnano Alto, Fontecchio, Tione degli Abruzzi, Caporciano, Navelli, Collepietro, San Benedetto in Perillis, Ofena, Capestrano e Villa Santa Lucia, per un totale di 75,3 t/g.;

l'impianto di Avezzano serve i comuni di: Carsoli (comprensorio di 4 comuni), Tagliacozzo, Sante Marie, Massa d'Albe, Magliano dei Marsi, Scurcola, Cappadocia, Castellafiume, Capistrello, Canistro, Avezzano, Celano, Pescina (comprensorio di 9 comuni), Civitella Roveto (comprensorio di 5 comuni), Luco dei Marsi, Trasacco, Collelongo e Villavallelonga, per un totale di 84,6 t/g.;

l'impianto di Sulmona serve i comuni di: Castelvecchio S. (comprensorio di 6 comuni), Vittorito, Goriano Sicoli, Raiano, Corfinio, Prezza, Cocullo, Anversa degli Abruzzi, Bugnara, Introdacqua, Roccacasale, Pratola Peligna, Sulmona, Pacentro, Cansano, Campo di Giove, Pettorano, Rocca Pia e Scanno, per un totale di 45,9 t/g.;

l'impianto di Castel di Sangro serve i comuni di: Pescasseroli (comprensorio di 3 comuni), Villetta Barrea, Civitella Alfedena, Barrea, Scontrone, Alfedena, Castel di Sangro, Pescocostanzo, Rivisondoli, Roccaraso e Ateleta, per un totale di 25 t/g.

Impianti.

Per L'Aquila, poiché è prevista per la discarica una durata di dieci anni, la quantità totale da smaltire è 31.098 t/anno che, al peso specifico di materiale compresso di 0,8 t/mc, comporta la necessità di volume di 400.000 mc. Supponendo l'altezza lorda della discarica in dieci metri, la superficie necessaria risulta essere di 4 ha circa.
Per Avezzano, poiché per l'impianto di compostaggio è prevista una durata di venti anni, anche la discarica annessa a detto impianto verrà dimensionata per lo stesso numero di anni. Essendo la quantità di rifiuti da smaltire pari a 39.894 t/anno, l'impianto avrà una potenzialità tale da poter trattare una quantità pari a 140 t/g. La discarica invece verrà dimensionata in modo da poter trattare i soli sovvalli e l'intera quantità dei rifiuti nei periodi in cui l'impianto, per cause ordinarie o straordinarie, risultasse non atto ad assolvere le sue normali funzioni. La quantità di rifiuti da smaltire in discarica risulterà quindi essere la metà (circa 20.000 t/anno che, al peso specifico di materiale compreso di 0,8 t/mc, corrisponde ad un volume di circa 500.000 mc).
Per Sulmona, poiché per l'impianto di compostaggio è prevista una durata di venti anni, anche la discarica annessa a detto impianto verrà dimensionata per lo stesso numero di anni. Essendo la quantità di rifiuti da smaltire pari a 17.739 t/anno, l'impianto avrà una potenzialità tale da poter trattare una quantità di circa 60 t/g. La discarica invece verrà dimensionata in modo da poter trattare i soli sovvalli e l'intera quantità dei rifiuti nei periodi in cui l'impianto, per cause ordinarie o straordinarie, risultasse non atto ad assolvere le sue normali funzioni. La quantità di rifiuti da smaltire in


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discarica risulterà quindi essere la metà (circa 9.000 t/anno che, al peso specifico di materiale compresso di 0,8 t/mc, corrisponde ad un volume di circa 250.000 mc).
Per Castel di Sangro, poiché per l'impianto di compostaggio è prevista una durata di venti anni, anche la discarica annessa a detto impianto verrà dimensionata per lo stesso numero di anni. Essendo la quantità di rifiuti da smaltire pari a 9.526 t/anno, l'impianto avrà una potenzialità tale da poter trattare una quantità pari a 40 t/g. La discarica invece verrà dimensionata in modo da poter trattare i soli sovvalli e l'intera quantità dei rifiuti nei periodi in cui l'impianto, per cause ordinarie o straordinarie, risultasse non atto ad assolvere le sue normali funzioni. La quantità di rifiuti da smaltire in discarica risulterà quindi essere la metà (circa 4.800 t/anno che, al peso specifico di materiale compresso di 0,8 t/mc, corrisponde ad un volume di circa 120.000 mc).

Provincia di Pescara.

La soluzione prevede due impianti di smaltimento, uno a Spoltore e l'altro a Manoppello, e due stazioni di trasferimento mobili, rispettivamente a Penne ed Alanno. Gli impianti di smaltimento sono costituiti da un impianto di recupero e di riciclaggio ed annessa discarica controllata da realizzarsi nella zona di Spoltore ed una discarica controllata nel comune di Manoppello. Gli abitanti da servire (residenti più turisti), al 1996, nel comprensorio di Spoltore, risultano 260.100, per un totale di rifiuti prodotti (solidi urbani più assimilabili) pari a 65.372 t/anno, mentre, nel comprensorio di Manoppello, gli abitanti da servire risultano 53.816, per un totale di rifiuti prodotti pari a 13.395 t/anno.

Bacino di utenza.

L'impianto di Spoltore serve i comuni di: Penne (comprensorio di 5 comuni), Loreto Aprutino, Elice, Picciano, Moscufo, Pianella, Cepagatti, Cappelle sul Tavo, Spoltore, Città S. Angelo, Colle Corvino, Montesilvano e Pescara per un totale di 179,1 t/g.;

l'impianto di Manoppello serve i comuni di: Abbateggio, Alanno, Bolognano, Bussi sul Tirino, Caramanico Terme, Castiglione a Casauria, Salle, S. Eufemia a Maiella, S. Valentino in A.C., Scafa, Serramonacesca, Tocco da Casauria, Torre de' Passeri e Turrivalignani per un totale di 36,7 t/g.

Impianti.

Impianto di riciclaggio in zona Spoltore. L'impianto di riciclaggio dovrà prevedere, con una tecnologia avanzata, il recupero dei seguenti materiali: carta, plastica, vetri, ferro e compost raffinato pellettizzato in sacchi. Qualora fosse ben organizzata la raccolta differenziata di vetro, carta e plastica, il riciclo a monte porterebbe notevoli maggiori rientri economici, perché il materiale recuperato "pulito" ha un prezzo certo, il materiale recuperato "non pulito" ha prezzo incerto e per certi periodi si possono trovare notevoli difficoltà di vendita. Nessuna difficoltà si riscontra, invece, per la vendita di ferro e compost pellettizzato in sacchi. Poiché per l'impianto di riciclaggio è prevista una durata di venti anni, anche la discarica annessa a detto impianto verrà dimensionata per lo stesso numero di anni. Essendo la quantità di rifiuti da smaltire pari a 65.372 t/anno, l'impianto avrà una potenzialità tale da poter trattare una quantità pari a 180 t/g. La discarica invece verrà dimensionata in modo da poter trattare i soli sovvalli e l'intera quantità di rifiuti nei periodi in cui l'impianto, per cause ordinarie o straordinarie, risultasse non atto ad assolvere alle sue normali funzioni. La quantità di rifiuti da smaltire in discarica risulterà quindi essere la metà (circa 32.000 t/anno che, al peso specifico di 0,8 t/mc., corrisponde ad un volume di circa 400.000 mc.). Supponendo un'altezza media di 10 metri., la superficie necessaria risulta essere di 4 ha circa.


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Discarica di Manoppello. Poiché è prevista per la discarica una durata di dieci anni, la quantità totale da smaltire risulta di 13.395 t/anno che, al peso specifico di materiale compresso di 0,8 t/mc, comporta la necessità di un volume di circa 200.000 mc. Supponendo l'altezza lorda della discarica di dieci metri, la superficie necessaria risulta essere di 2 ha circa.
Provincia di Teramo.
La soluzione prevede quattro impianti di smaltimento a Teramo, Pineto, Tortoreto e Notaresco. Gli impianti di smaltimento sono costituiti da due discariche in Pineto e Tortoreto, un'impianto di compostaggio, con annessa discarica in Notaresco, un impianto di compostaggio a Tortoreto, ed infine un impianto di compostaggio, con incenerimento ed annessa discarica, in Teramo. Gli abitanti da servire (residenti + turisti) al 1996 nel comprensorio di Pineto risultano 151.898, per un totale di rifiuti prodotti (solidi urbani + assimilabili) pari a 15.826 t/anno. Nel comprensorio di Tortoreto gli abitanti da servire risultano 88.270 per un totale di rifiuti prodotti pari a 15.848 t/anno. Nel comprensorio di Notaresco gli abitanti da servire risultano 151.115 ed i rifiuti prodotti pari a 21.260 t/anno. Infine nel comprensorio di Teramo gli abitanti da servire, sempre al 1996, risultano 107.644, per un totale di rifiuti prodotti pari a 27.062 t/anno.

Bacino di utenza.

L'impianto di Pineto serve i comuni di: Pineto, Silvi Marina, Atri e Montefino (comprensorio di 5 comuni), per un totale di 42,6 t/g.;

l'impianto di Notaresco serve i comuni di: Bellante, Mosciano S. Angelo, Giulianova, Notaresco, Morro d'Oro e Roseto degli Abruzzi, per un totale di 58,3 t/g.;

l'impianto di Tortoreto serve i comuni di: Civitella del Tronto, S. Egidio alla Vibrata, Ancarano, Controguerra, Colonnella, Martinsicuro, Torano Nuovo, Nereto, Corropoli, Alba Adriatica, Tortoreto e S. Omero, per un totale di 42,3 t/g.;

l'impianto di Teramo serve i comuni di: Valle Castellana, Campli, Rocca S. Maria, Torricella Sicura, Teramo, Castellalto, Canzano, Cortino, Crognaleto, Montorio al Vomano, Tossicia (comprensorio di 7 comuni) e Cermignano (comprensorio di 4 comuni), per un totale di 74,2 t/g.

Impianti.

Discarica di Pineto. Poiché la quantità totale di rifiuti da smaltire in discarica risulta di 15.826 t/anno ed è prevista per essa una durata di dieci anni, al peso specifico di 0,8 t/mc, il volume previsto risulta di 200.000 mc.
Discarica di Tortoreto. Poiché la quantità totale di rifiuti da smaltire in discarica risulta di 15.826 t/anno ed è prevista per essa una durata di dieci anni, al peso specifico di 0,8 t/mc, il volume previsto risulta di 200.000 mc.
Impianto di Notaresco. Poiché per l'impianto di compostaggio è prevista una durata di venti anni, anche la discarica annessa a detto impianto verrà dimensionata per lo stesso numero di anni. Essendo la quantità di rifiuti da smaltire pari a 21.260 t/anno, l'impianto avrà una potenzialità tale da poter trattare una quantità pari a 80 t/g. La discarica invece verrà dimensionata in modo da poter trattare i soli sovvalli e l'intera quantità dei rifiuti nei periodi in cui l'impianto, per cause ordinarie o straordinarie, risultasse non atto ad assolvere le sue normali funzioni. La quantità di rifiuti da smaltire in discarica risulterà quindi essere la metà (circa 10.600 t/anno che, al peso specifico di materiale compresso di 0,8 t/mc, corrisponde ad un volume di circa 280.000 mc).
Impianto di Teramo. La soluzione proposta per il recupero dell'impianto di incenerimento esistente a Teramo prevede la costruzione di un impianto di compostaggio dotato di biodigestori collegato con tale inceneritore e la realizzazione di una discarica di servizio. Essendo la quantità


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di rifiuti da smaltire pari a 27.062 t/anno, l'impianto avrà una potenzialità di 90 t/g. All'incenerimento andrebbe la totalità dei sovvalli prodotti dall'impianto di compostaggio.

2.3) Le soluzioni di intervento proposte per lo smaltimento dei rifiuti speciali.

In base agli accertamenti effettuati, attualmente nella regione Abruzzo esistono i seguenti centri di rottamazione:

provincia di Chieti19
provincia de L'Aquila6
provincia di Pescara13
provincia di Teramo15
------ totale53

Tali centri comportano, da un punto di vista ecologico, una grave deturpazione dell'ambiente, con pesanti e negativi riflessi igienici, perché tali depositi divengono automaticamente discariche di rifiuti e ricettacolo di animali nocivi. Occorre pertanto provvedere ad una bonifica integrale di tutti i centri di rottamazione. Tale bonifica, oltre a realizzare un risanamento ecologico, ha per obiettivo il recupero di notevoli quantità di materiali ferrosi e di altri metalli, in armonia con le direttive CEE e con l'articolo 15 del decreto del Presidente della Repubblica 915/82.

2.4) Rifiuti tossici e nocivi.

La soluzione di smaltimento dei rifiuti tossici e nocivi è stata individuata mediante una specifica indagine sull'«attuale stato dell'arte» nel settore dello smaltimento dei rifiuti tossici e nocivi, facendo riferimento alle realizzazioni esistenti in Italia, ed in particolare all'estero, dove diversi anni di esperienza hanno consentito di acquisire una notevole ed interessante mole di informazioni e di documentazione. Con particolare attenzione, sono stati evidenziati per le varie tecniche: le implicazioni di natura ambientale, i vincoli di carattere geologico, i riflessi sulla salute pubblica, i parametri di costo relativi agli investimenti ed alla gestione.
Dall'analisi dei rifiuti industriali, tossici e nocivi emerge quanto segue:

a) rifiuti assimilabili ai rifiuti urbani. Tra i rifiuti industriali sono stati individuati i rifiuti assimilabili ai rifiuti solidi urbani, di cui si suggerisce di massima il recupero. Non esistono però problemi per il loro interramento in normali discariche controllate;

b) rottami e sfridi di ferro, e rifiuti ferro-acciaio. Per i materiali si suggerisce il recupero integrale, pur non essendovi problemi per l'interramento in normali discariche controllate;

c) oli esausti. Tali minerali dovranno essere smaltiti attraverso il consorzio obbligatorio per gli oli esausti.

Conclusivamente, per le tre categorie sopra considerate, si evince che, in esito ai calcoli ed alle valutazioni dei tecnici regionali, detratta la quantità dei materiali dal totale di tonnellaggio annuo della regione Abruzzo, restano 3812,30 t/a di cui: 1006,8 t/a di liquidi e 2805,5 t/a di solidi. Dei liquidi 675,751 t/a sono costituite da bagni di fissaggio e recupero, di cui si consiglia il recupero e lo smaltimento a parte. Dei rimanenti rifiuti liquidi almeno l'80 per cento richiederebbe preferenzialmente un trattamento chimico-fisico, mentre il 20 per cento restante richiederebbe come trattamento preferenziale l'incenerimento. Per i rifiuti solidi il 35-40 per cento richiederebbe come trattamento potenziale l'incenerimento, mentre il restante 60-65 per cento dovrebbe andare nella discarica speciale per tossici e nocivi. Quale soluzione, l'elaborato di cui si parla propone, in considerazione della modesta quantità di rifiuti tossici e nocivi prodotti in Abruzzo (3812,3 t/a, poiché la vicina regione Molise non ha realizzato centri di smaltimento dei rifiuti tossici e nocivi), che la regione potrebbe realizzare un centro interregionale di smaltimento di tali rifiuti da ubicarsi ai


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confini con la regione Molise. Inizialmente tale impianto dovrebbe identificarsi solamente in una discarica controllata per tossici e nocivi, come previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 915/82. In un secondo tempo, anche in relazione al tipo di rifiuto proveniente dall'altra regione, potrebbero prevedersi installazioni di macchinari per il trattamento chimico-fisico e l'incenerimento di alcuni materiali.

3) Situazione relativa agli impianti principali presenti nella regione.

La regione sta attualmente utilizzando ancora il vecchio piano del 1988, che prevedeva una serie d'interventi, alcuni dei quali poi effettuati in collaborazione con gli enti locali, mentre altri non sono stati realizzati. Recentemente la giunta regionale ha affidato un incarico per la definizione di un nuovo piano regionale di smaltimento dei rifiuti solidi urbani. Nella fase attuale di predisposizione del nuovo piano si stanno ancora realizzando le vecchie previsioni con un notevole intervento anche finanziario, posto in atto attraverso le risorse dei piani operativi plurifondo (POP), anni 1994-1996 ma anche 1990-1993 (interventi del vecchio piano operativo plurifondo), e attraverso il piano triennale. Per la realizzazione degli interventi relativi agli impianti di smaltimento e di raccolta, nonché per le piattaforme per la raccolta differenziata, sono impiegate attualmente risorse per circa 40 miliardi. Mentre alcuni impianti di smaltimento e di raccolta sono in fase di realizzazione, riguardo alle piattaforme ci sono difficoltà. Anche per alcune discariche esistono difficoltà, legate al fatto che le procedure amministrative incontrano diversi ostacoli. In Abruzzo esistono attualmente 58 discariche rsu autorizzate, così suddivise per le quattro province della regione: Aquila n. 25, Pescara n. 8, Teramo n. 6 e Chieti n. 19. Si evidenzia di seguito la situazione relativa agli impianti di maggiore significatività presenti per ciascuna provincia.

3.1) Provincia di Chieti.

Discarica di Cerratina. Il consorzio Lanciano comprende 53 comuni, con circa 150-160 mila abitanti. È un consorzio obbligatorio e gestisce la discarica situata in località Cerratina. Il consorzio comprensoriale per lo smaltimento dei rifiuti di Lanciano è stato costituito, attraverso la legge regionale 74/88, nel 1989, con lo scopo di gestire il servizio di raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti dei comuni consorziati. Il consorzio, non riuscendo a reperire adeguate risorse finanziarie dai comuni consorziati, dalla regione e dallo Stato, a seguito della decisione dell'assemblea consortile, decise di procedere ad un affidamento in concessione del servizio. Svolte tutte le procedure, la concessione fu affidata al consorzio Servizi Ecologici del Frentano, costituito dalla Ecologica Sangro srl di Lanciano e dalla Conscoop di Forlì. Il concessionario, tramite la sua consorziata Ecologica Sangro srl, incaricata della realizzazione dell'impianto in località Cerratina e della sua gestione, ha realizzato l'impianto e precisamente il primo lotto funzionale (discarica). A lungo termine è previsto l'impianto di compostaggio. La discarica consortile di Cerratina si estende su una superficie di circa 10 ettari ed ha una volumetria di circa 2 milioni di metri cubi, divisi in due lotti quasi di pari ampiezza, ed è prevista la durata complessiva di venti anni. La capacità netta della discarica è di circa 1.845.000 metri cubi, per 1.476.000 tonnellate di rifiuti. Dal 1995 ad oggi sono state smaltite circa 304.000 t. di rifiuti. Il 75 per cento dei rifiuti è rsu ed il 25 per cento è assimilabile. I prezzi sono di 77 lire al Kg. per i 53 comuni del comprensorio del Sangro, mentre per i comuni della provincia de L'Aquila e di Pescara è di 100 lire al Kg. In realtà, smaltiscono nella discarica quasi la metà dei comuni della regione Abruzzo, con notevoli problemi per la relativa gestione; nella provincia di Chieti si riesce a fare una raccolta differenziata dell'1 per cento. La discarica di Cerratina (CH)


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produce 350 metri cubi/giorno che si vorrebbero utilizzare quale biogas per trattare il percolato e risparmiare quindi sui costi di trattamento del percolato stesso.
Discarica di San Salvo. È l'unica discarica per rifiuti pericolosi ed è gestita dal CONIV, che è un consorzio misto fra privati ed il consorzio del nucleo industriale vicino Vasto. L'Abruzzo produce 80.000-85.000 tonnellate di rifiuti pericolosi. Nel 1986 la giunta regionale ha rilasciato, a favore del consorzio per l'area di sviluppo industriale del vastese (COASIV), un'autorizzazione per la realizzazione e gestione di due discariche di seconda categoria, tipo B e C, da ubicare in località Bosco Mottice del comune di San Salvo (CH). L'autorizzazione è stata successivamente rinnovata per tre volte, nel 1991, nel 1993 e nel settembre 1996. Con il provvedimento del 1991 è stata disposta l'autorizzazione alla gestione degli impianti a favore della CONIV Ecologia e Servizi spa di Vasto, partecipata a maggioranza dal COASIV, quale concessionaria per la gestione di ambedue le discariche. La scadenza dell'attuale autorizzazione è fissata al 4 settembre 2000. Al momento dell'ultima autorizzazione nel 1996 una delle vasche della discarica di tipo 2/C e quella di tipo 2/B erano quasi esaurite e vicine ad essere chiuse. All'ottobre 1998 l'altra vasca di tipo 2/C ha un volume residuale di circa 8.000 mc.
Altri impianti: consorzio comprensoriale del chietino (Tollo), discarica nel comune di Chieti; consorzio CIVETA (Cupello), discarica ed annesso impianto di compostaggio nel comune di Vasto.

3.2) Provincia de L'Aquila.

Da oltre quindici anni si dibatte riguardo l'idonea localizzazione del sito per la realizzazione della discarica a servizio dell'intero comprensorio aquilano di 36 comuni. Tra essi L'Aquila rappresenta circa l'80 per cento in termini di popolazione e quantitativo di rifiuti prodotti. Fino al 1993 i rifiuti sono stati collocati nella ex cava La Cona in modo non programmato e senza alcun piano di coltivazione; fino al 1995 i rifiuti sono stati smaltiti con successive ordinanze sindacali a norma dell'articolo 12 del decreto del Presidente della Repubblica 915/82. Solo con la realizzazione della discarica controllata, all'interno de La Cona, per 80.000 metri cubi, il comune de L'Aquila si è dotato di un impianto a norma; lo stesso impianto è stato utilizzato dai comuni limitrofi nei casi di emergenza sanitaria ed ambientale. Attualmente i rifiuti continuano provvisoriamente ad essere stoccati nella discarica La Cona, in quanto il sito alternativo individuato in precedenza, quello di Monte Manicola, è soggetto ad un iter di approvazione difficile, per un ricorso al TAR legato alla procedura di appalto ed anche per l'opposizione della popolazione. Perdurando questa situazione, sono a rischio anche i finanziamenti concessi per la realizzazione della piattaforma per la raccolta differenziata, già approvata dalla regione sul medesimo sito di Monte Manicola, e quelli per la realizzazione della discarica comprensoriale, in corso di progettazione e finanziata con i proventi del piano triennale per l'ambiente. Nel 1990 il consiglio comunale ha localizzato un sito da adibire a discarica provvisoria di rsu nella cava Teges in località Aquilentro sino all'attivazione di quella definitiva e comunque per un periodo massimo di cinque anni.
In provincia de L'Aquila esiste anche la discarica dell'Alto Sangro, che funziona nel rispetto delle norme di legge, mentre quasi tutte le altre discariche sono state autorizzate dai sindaci in maniera non regolare. Per l'impianto comprensoriale di Sant'Egidio in Val Vibrata, che riguarda 12 comuni, esistono problemi legati alla definizione delle procedure amministrative. La procedura è conclusa, la gara d'appalto è iniziata, ma è stato avanzato un ricorso al TAR de L'Aquila. Si deve ricordare che il comune de L'Aquila ha cominciato la raccolta differenziata e che nella provincia rimane pressante il problema della localizzazione delle discariche abusive.


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Altri impianti: consorzio comprensoriale marsicano (Avezzano), discarica comunale di Avezzano; consorzio COGESA (Sulmona), impianto di compostaggio e discarica di servizio nel comune di Sulmona, stazione di trasferimento nel comune di Castelvecchio Subequo.

3.3) Provincia di Pescara.

La provincia di Pescara conta 46 comuni. Nel capoluogo non vi è un impianto di smaltimento dei rifiuti, per cui quelli prodotti vengono smaltiti a Lanciano (CH) e nella discarica di Atri (TE). La discarica di Colle Cese, sita nel comune di Spoltore (PE), nel 1993 è stata chiusa: la gestione della discarica ha avuto un iter complesso a causa del verificarsi di diverse irregolarità amministrative, per rilievi riguardanti l'idoneità del sito e per numerosi ricorsi al tribunale amministrativo regionale. La precedente Commissione monocamerale d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti aveva già rilevato, nella missione dell'11 dicembre 1995, che il sito scelto per la realizzazione della discarica era da ritenersi non idoneo in quanto: a) non era stato rispettato il decreto del Presidente della Repubblica 915/82, poiché non esistevano le distanze di sicurezza previste per le discariche di prima categoria (rsu) dall'alveo di piena dei corsi d'acqua, dai centri abitati e dai sistemi viari di grande comunicazione; b) non era stato rispettato il vincolo paesistico previsto dalla «legge Galasso» (legge 431/85); c) non si era tenuto conto del «piano SNAM», che prevedeva per tale area un impianto di riciclaggio per il recupero di carta, plastica, vetro, ferro e compost raffinato, pellettizzato in sacchi; d) non era stato rispettato il vincolo idrogeologico previsto dalla legge «forestale» n. 3267 del 1923.
Per questi motivi il comune di Pescara e quello vicino di Montesilvano hanno sempre avuto notevoli difficoltà per la gestione della problematica relativa allo smaltimento dei rifiuti, dovendo usufruire di impianti localizzati nelle province limitrofe. Tali difficoltà sono state analoghe anche per numerosi altri comuni, costretti a ricorrere ad impianti vicini. Dunque è particolarmente sentita l'esigenza di una programmazione a lungo termine, tale da consentire agli enti locali di fare affidamento su impianti che possano soddisfare le esigenze in maniera continuativa e definitiva.
Sotto il profilo dei costi, i 17 comuni del bacino di utenza pescarese che fanno riferimento all'impianto di Spoltore spendono 400-500 milioni in più, in considerazione del fatto che gli rsu devono essere trasportati in diversi luoghi dell'Abruzzo e fuori regione, prima ad Atri, poi nel foggiano, oggi nella discarica di Cerratina. Si spende una media di circa 5-6 miliardi l'anno soltanto per il trasporto, con la conseguenza di un aumento dell'ICI, come effettuato dal comune di Montesilvano. Il piano regionale prevedeva Spoltore come discarica a medio termine; come soluzione a lungo termine era stato previsto un impianto di riciclaggio che avrebbe dovuto realizzare il compost ed esso ha avuto una vicenda complessa, anche perché esistevano dei problemi per la collocazione sul mercato. L'impianto non ha mai funzionato. Vi è stata una controversia fra la provincia ed alcune aziende ricorrenti, le quali sostenevano che la provincia non potesse essere l'ente appaltante; recentemente è intervenuta una sentenza del Consiglio di Stato, con la quale è stato confermato che l'iter seguito dall'amministrazione provinciale era stato corretto. Per tale discarica sono state emanate più di dieci ordinanze contingibili ed urgenti (dall'agosto 1991) dal presidente della giunta regionale, avvalendosi dei poteri attribuitigli dall'articolo 12 del decreto del Presidente della Repubblica 915/82 e dall'articolo 2, comma 7, della legge regionale 74/88.
La discarica di Popoli è satura e nel febbraio 1997 è stata chiusa la discarica di Manoppello, che produceva humus attraverso un impianto di lombricoltura. I comuni della provincia di Pescara sono 43. Di questi, 24 sono riuniti nel consorzio Val Pescara ed i rimanenti 19 nell'altro consorzio che fa riferimento alla discarica di Colle Cese (CH).


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All'epoca in cui non vi era una normativa di settore esistevano nella provincia di Pescara 46 discariche abusive. Una volta intervenute le normative regionale e nazionale, le discariche sono state poste sotto controllo e tutte quelle abusive sono state chiuse. Attualmente, circa il 50 per cento delle discariche abusive è stato bonificato.
Il consorzio della Val Pescara ha finalmente individuato nel comune di Abbateggio il sito nel quale localizzare una discarica consortile. Anche in questo caso sono emerse resistenze delle popolazioni interessate, anche se quindici comuni hanno deliberato in senso favorevole all'accettazione della nuova dislocazione. Quanto agli altri 46 comuni, si continua ad operare in una situazione di emergenza, in considerazione del fatto che non sono state attivate le discariche consortili.

3.4) Provincia di Teramo.

La provincia di Teramo sta predisponendo il piano provinciale per i rifiuti: attualmente si sta facendo la ricognizione dei siti. Vi sono discariche il cui utilizzo è quasi terminato e se ne stanno prevedendo altre, da gestire in maniera differente; alcune discariche devono essere utilizzate soltanto per i sovvalli.
Sta invece per iniziare l'attività l'impianto del CIRSU di Giulianova, che è l'unico consorzio attualmente funzionante nella provincia; l'impianto accoglie anche i rifiuti di altri comuni. Esso tuttavia non è molto grande, per cui è necessario reperire risorse perché ne sia garantita l'operatività, altrimenti si rischia un rapido esaurimento anche di questa struttura. È necessario quindi, anche per questa provincia, che la regione ponga in essere il nuovo piano regionale per le discariche consortili, atteso che quello esistente è ormai superato e poco aderente alle mutate realtà territoriali.
Per l'impianto comprensoriale di Sant'Egidio in Val Vibrata, che riguarda 12 comuni, esistono dei problemi legati alla definizione delle procedure amministrative. La procedura è conclusa, la gara d'appalto è iniziata, ma è stato accolto un ricorso al TAR de L'Aquila, avanzato dalla regione Marche, relativamente alla localizzazione dell'intervento, per cui il consorzio è alla ricerca di un sito alternativo.
Altri impianti: consorzio area Piomba-Fino (Atri), discarica di Atri; consorzio CORSU (Teramo), quattro discariche comunali.

4) Valutazione sulla situazione degli impianti.

Ad esclusione dell'impianto di San Salvo in provincia di Chieti, che è l'unica discarica per rifiuti pericolosi presente in Italia, da un rapido confronto fra le previsioni del piano regionale del 1988 e le principali realizzazioni attualmente presenti nel territorio regionale, si evidenzia in maniera chiara l'estrema precarietà, in termini di quantità e qualità, delle strutture di smaltimento dei rifiuti a servizio della collettività abruzzese.
Il piano aveva previsto, quale soluzione a lungo termine, tre impianti per la provincia di Chieti, quattro per L'Aquila, due per Pescara e quattro per Teramo.
A distanza di circa dieci anni esiste nella regione un solo impianto per lo smaltimento degli rsu, tecnologicamente idoneo, rappresentato dalla discarica di Cerratina sita nel comune di Lanciano (CH), che prevede successivamente quale secondo lotto la realizzazione contigua di un impianto di compostaggio. Tale struttura è diventata, inevitabilmente, in mancanza delle realizzazioni nelle altre province, quella in cui smaltiscono circa il 50 per cento dei comuni della regione. Le conseguenze sono evidenti: esaurimento più veloce dell'impianto, maggiori difficoltà di gestione, movimentazione dei rifiuti dalle altre province della regione, maggiore incidenza dei costi di servizio che si riversano sui cittadini, mancanza di concorrenza nell'attività di gestione dei rifiuti nell'ambito regionale.
Particolarmente grave appare la situazione nelle province de L'Aquila e di Pescara in quanto, ancora oggi, non sono stati definiti, per problemi relativi a difficoltà


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nelle procedure amministrative ed all'opposizione delle popolazioni, i siti nei quali realizzare gli impianti.
La quasi totalità dello smaltimento dei rifiuti avviene in discarica e la raccolta differenziata è al di sotto del 5 per cento.
Un dato s'intende porre in evidenza. La regione nel 1988, sei anni dopo l'emanazione del decreto del Presidente della Repubblica 915/82, si è dotata del piano per l'organizzazione dei servizi di smaltimento dei rifiuti. Nel 1996, otto anni dopo, ha approvato la legge regionale n. 73 per adeguare, con i nuovi princìpi che intanto erano stati messi a punto nel settore (contenimento della produzione dei rifiuti, raccolta differenziata, riciclaggio, recupero di materiali e di energia, progressiva riduzione dello smaltimento indifferenziato, progressivo raggiungimento dell'autosufficienza del sistema di smaltimento, individuazione di nuove tecnologie), le linee guida per la predisposizione del nuovo piano. Intanto, nel 1998, utilizzando le risorse dei piani operativi plurifondo (POP) anche degli anni 1990-1993, si stanno effettuando le realizzazioni del piano del 1988, mentre si sta definendo il nuovo piano regionale di smaltimento dei rifiuti solidi urbani.
Tali fatti dimostrano come vi sia stata una forte divaricazione fra i tempi di realizzazione degli impianti previsti dal piano e quelli effettivamente attuabili nella realtà.
Diversi i motivi per cui si è verificata questa dilatazione dei tempi: a) difficoltà nel fare accettare alle popolazioni le scelte dei siti stabilite nel piano del 1988, come poi avvenuto nelle provincie de L'Aquila e di Pescara; b) difficoltà nel reperire le risorse finanziarie necessarie. Non è un caso che il consorzio di Lanciano che gestisce la discarica di Cerratina, non riuscendo a reperire adeguate risorse, ha affidato in concessione il servizio ad un consorzio di imprese; c) priorità dello smaltimento in discarica, scelta che molte volte è stata causa delle proteste della popolazione, rispetto ad altre soluzioni che presentano un minore impatto sul territorio. Per la provincia de L'Aquila, il piano aveva previsto la realizzazione della sola discarica ed abbiamo visto in precedenza come da oltre quindici anni si cerca di definire l'idonea localizzazione del sito; d) difficoltà nel realizzare in modo adeguato le scelte effettuate. Per la provincia di Pescara il piano aveva previsto la realizzazione di un impianto di riciclaggio, con recupero della frazione secca e produzione di compost attraverso quella umida. Come documentato in precedenza, non riuscendo a realizzare tale impianto, anche per problemi legati alla qualità ed al prezzo di mercato del compost, si è deciso per la realizzazione della discarica, con i conseguenti problemi sorti circa l'idoneità di un sito prescelto in precedenza, ma non per la realizzazione di una discarica; e) il piano, per scelta programmatica, non ha preso in considerazione il sistema di raccolta e di trasporto dei rifiuti, la cui organizzazione differente per ciascuna provincia si è però inevitabilmente riverberata sulla fase di gestione degli impianti. Per cui, ad esempio, senza l'attuazione di un'efficace raccolta differenziata, prima o dopo la raccolta dei rifiuti, gli impianti di compostaggio, pur previsti dal piano in numero di nove su tredici impianti totali per le quattro province, non possono funzionare efficacemente; f) insufficiente azione amministrativa. Si pensi al caso della provincia de L'Aquila, che nonostante l'emergenza causata dalla mancanza del sito di smaltimento solo nel 1993 ha predisposto il piano di coltivazione della ex cava La Cona.
La normativa (come abbiamo visto al paragrafo 1, rappresentata, solo per le leggi regionali, da ben nove interventi in undici anni) ha cercato di prevedere, aggiornare e rimediare, con le ordinanze contingibili ed urgenti previste dall'articolo 12 del decreto del Presidente della Repubblica 915/82 (ben dieci per la sola discarica di Colle Cese di Spoltore e con le numerose deroghe di tempo concesse), ai problemi ed alle emergenze relativi alla situazione dello smaltimento dei rifiuti nella regione.


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A conclusione di questo specifico punto, la Commissione deve constatare che anche nella regione Abruzzo, così come nelle altre realtà regionali, la difficoltà e l'insufficienza nel governo, nella gestione e nel coordinamento dei processi relativi al settore dello smaltimento dei rifiuti generano servizi non idonei, una perdurante conflittualità fra i soggetti sociali, una presenza di soggetti imprenditorialmente non idonei al corretto esercizio dei servizi, nonchè infiltrazioni di interessi illeciti nella gestione del ciclo.
In ogni caso appare necessario che, in sede di predisposizione del nuovo programma regionale di armonizzazione con il decreto legislativo 22/97, il legislatore regionale rimanga aderente alla realtà del territorio e ponga in essere uno strumento non solo corretto ed idoneo, ma anche concretamente realizzabile.
È indispensabile quindi, sin dall'immediato futuro, una decisa ed incisiva azione degli organi politici ed amministrativi della regione, al fine di colmare nel «bilancio ambientale» il divario attualmente esistente tra esigenze della collettività e servizi offerti per la tutela del territorio e delle risorse naturali della regione.

Parte II - Gli elementi emersi dalle audizioni e dai sopralluoghi.

1) Audizioni.

Come già accennato, nel programmare la visita sopralluogo a Pescara, la Commissione, consapevole della difficoltà di affrontare in un arco di tempo così ristretto e con un campione da osservare così limitato una complessa realtà qual è quella della regione Abruzzo, geograficamente sita all'ideale snodo dei traffici tra nord e sud, ed economicamente ancora non sufficientemente forte per selezionare le nuove iniziative e le nuove occasioni d'investimento che si presentano, si è proposta un esame indirizzato soprattutto a verificare l'azione dei pubblici poteri nei confronti delle attività aventi ad oggetto il ciclo dei rifiuti, con particolare riguardo sia allo stato della legislazione regionale, sia all' attività di controllo posta in essere dagli amministratori. In considerazione, peraltro, del proprio specifico compito istituzionale, la Commissione non poteva mancare di verificare la presenza di attività illecite nel settore e di acquisire elementi di informazione e giudizio sull'azione di contrasto della magistratura e dei pubblici poteri. Hanno anche trovato spazio nelle audizioni le voci dei soggetti sociali ed economici maggiormente interessati al fenomeno, cioè quelle delle imprese di settore e quelle degli utenti.
I soggetti auditi, quindi, sono stati amministratori locali, magistrati e prefetti, nonchè rappresentanti degli imprenditori e delle associazioni ambientalistiche.
Nel corso delle audizioni ha trovato conferma il fatto che il territorio regionale da qualche tempo è considerato di particolare interesse dalla criminalità organizzata la quale, nello specifico settore dei rifiuti, appare avere spostato il flusso dei traffici dalle rotte tirreniche nord-sud a quelle adriatiche interessando, per l'appunto, la regione Abruzzo. All'interrogativo posto dal Presidente della Commissione circa la possibilità che detto traffico fosse limitato al solo transito attraverso il territorio regionale, ovvero anche allo smaltimento in loco dei rifiuti pericolosi provenienti dal nord, i rappresentanti delle forze dell'ordine e la stessa magistratura hanno riferito di avere colto l'interesse della criminalità organizzata nei traffici. Tuttavia, nonostante l'esternazione di molti indizi, tutte le audizioni sembrano denunciare una carenza di metodologia di controllo che consenta di leggere i singoli segmenti di attività che concretizzano, consentendo l'avvio di inchieste giudiziarie, ipotesi di traffico. Tale circostanza rivela, a parere della Commissione, che nel contesto regionale manca una cultura volta a promuovere un'indagine complessiva del fenomeno, tale da consentire letture più ampie ed analisi più approfondite. Ad esempio, sembra mancare, ovvero non è stato fatto cenno agli strumenti di controllo del territorio che


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possono essere attivati mediante il coinvolgimento della polizia municipale e soprattutto della polizia stradale. Le indagini condotte in loco sembrano essere dirette soprattutto all'individuazione dei siti abusivi ed alla loro chiusura o regolarizzazione.
Pur trattandosi, indubbiamente, di un'attività di grande rilievo e meritoria di essere proseguita e potenziata, tuttavia, senza l'individuazione dei meccanismi e degli interessi che muovono il dispendioso e ricchissimo traffico di rifiuti, non sembra si possano raccogliere gli elementi utili per effettuare una vera e radicale azione di contrasto. Sul punto la Commissione ritiene, dunque, che le carenze riscontrate nelle indagini, più che attenere all'impegno dei singoli soggetti in esse impegnati, sembrano essere addebitabili alla mancanza di chiare ed efficaci strategie di indagine.
Peraltro, occorre considerare che gli stessi organi di polizia giudiziaria sembrano soffrire, per quanto riguarda l'Abruzzo, di un'organizzazione che richiede verifiche e se del caso aggiustamenti. Ad esempio, il nucleo operativo ecologico dell'Arma dei carabinieri che opera in Abruzzo dipende dalla sezione operativa centrale di Roma. Parimenti, per il Corpo forestale dello Stato, i cui compiti di polizia giudiziaria si vanno sempre più ampliando, occorre verificare che la propria organizzazione interna assicuri non solo una pronta e professionale attività di supporto all'autorità giudiziaria, ma anche lo sviluppo di autonome e fitte indagini rivolte a tutti i variegati aspetti che interessano il ciclo dei rifiuti.
Sotto altro profilo, dalle audizioni è emerso anche che l'attenzione dei cittadini utenti dei servizi di raccolta e smaltimento rifiuti sembra rivolta più ad evitare che le discariche non vengano allocate in zone limitrofe ai propri abitati che a richiedere un efficiente e trasparente servizio, che renda meno appetibili gli interessi della criminalità organizzata e comune. Anche nelle varie zone dell'Abruzzo, infatti (vedasi per tutte il caso della discarica di Abbateggio), i programmi di localizzazione delle discariche vengono avversati indiscriminatamente dai residenti, bloccando di fatto ogni iniziativa. Così grandi comuni, quali quelli di Pescara, Città Sant'Angelo e Montesilvano, non sanno dove sversare i rifiuti che producono. Non rinunciano, tuttavia, a lamentare i costi elevati che debbono affrontare per smaltire i rifiuti in zone più lontane. Nè, secondo quanto è emerso dalle audizioni e dai dati acquisiti, il processo per la raccolta differenziata appare avviato con soddisfacente celerità. Si registrano ritardi non sempre dovuti a mancanza di finanziamenti o a fattori di obiettiva difficoltà; manca ancora, a parere della Commissione, una cultura programmatoria generale in grado di invertire le vecchie politiche e di dirigere i nuovi processi raccogliendo le indicazioni e gli stimoli derivanti, da ultimo, dalle prescrizioni del «decreto Ronchi», sulla cui attuazione la regione appare essere in ritardo.
Peraltro, il ritardo culturale sopra denunciato si è palesato anche sotto il profilo più generale dell'impatto ambientale della politica connessa ai rifiuti. I dati forniti dagli amministratori locali sembrano avere rinviato ogni giudizio ed ogni valutazione, sulle ricadute ambientali delle modalità di gestione del problema rifiuti, alla magistratura penale, come se l'organizzazione e la tutela del territorio fosse un problema avente soltanto implicazioni penali. Certo, non sfugge alla Commissione che gli amministratori locali si trovano di fronte ad un problema di difficilissima soluzione perchè, a parte gli interessi illeciti esistenti su tale attività, che inquinano fortemente la stessa azione delle pubbliche amministrazioni, occorre fare coniugare interessi realisticamente non sempre coincidenti, quali quello di assicurare un efficiente servizio a congrui prezzi, quello di assicurare un congruo compenso agli operatori per la regolare resa del servizio, quello di localizzare le discariche in località lontane dagli abitati e quello di preservare e non compromettere l'ambiente.


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È impressione della Commissione che, in presenza dei conflitti sociali cui sopra si è fatto cenno, sia proprio quest'ultimo interesse, la cui tutela appare essere relegata al solo campo penale, a rimanere il più delle volte sacrificato.
In estrema sintesi, gli elementi emersi dalle audizioni mostrano il seguente quadro:

per quanto concerne l'azione degli amministratori regionali e locali, occorre prendere atto che la pur apprezzabile ed intensa attività posta in essere in questi ultimi anni (gli amministratori auditi hanno riguardato in sostanza tutte e quattro le provincie) è valsa forse a superare la sola fase dell'emergenza delle tante piccole discariche seminate nel territorio regionale, che sono state segnalate all'autorità giudiziaria ed, in alcuni casi, bonificate, ma ancora si è ben lungi dall'avvio di quel sistema articolato e sinergico di ottimizzazione delle attività di prevenzione e di recupero, nonchè di riduzione dell'attività di smaltimento che il decreto legislativo 22/97 pone di conseguire nell'anno 2000. Allo stato delle cose, la sola discarica di Cerratina appare essere l'unico esempio di funzionale gestione dei rifiuti nella regione;

relativamente agli incontri con le autorità istituzionali centrali operanti nel territorio regionale, sia i prefetti che i rappresentanti degli uffici giudiziari della regione hanno denunciato che nel territorio interessato sono presenti contemporaneamente tutti e tre i livelli di violazioni che normalmente si registrano nel settore dei rifiuti e cioè: micro violazioni (assai diffuse), dovute per lo più ad inosservanze di norme regolamentari e dirette a conseguire minori costi nell'attività di smaltimento delle imprese; reati di natura contravvenzionale e delittuosa, aventi ad oggetto violazioni a normative primarie poste a tutela dell'ambiente e per regolamentare le attività produttive; veri e propri fatti di criminalità organizzata, collegati a traffici di rifiuti e ad altre attività connesse al ciclo. È emerso, altresì, che la debolezza dell'attività di contrasto deriva anche dall'esiguità degli organici della magistratura e delle forze dell'ordine operanti nella regione, nonchè anche dalla scarsità di personale civile in forza negli assessorati all'ambiente delle varie province che, perciò, non possono porre in essere penetranti controlli di natura preventiva ed interdittivi di ulteriori violazioni;

da parte delle associazioni ambientalistiche operanti nel territorio, emerge una grande spinta critica ed una richiesta di maggiore impulso nei confronti degli amministratori locali. Le associazioni, tuttavia, se pure appaiono sufficientemente attrezzate nell'attività di denuncia, il più delle volte assai puntuale e motivata, sembrano soffrire di qualche imbarazzo quando dalla denuncia debbono passare alla fase propositiva. Infatti, le organizzazioni in parola, capillarmente diffuse nel territorio regionale e presenti nei vari settori del ciclo, potrebbero svolgere con autorevolezza un'opera di ricerca di soluzioni adeguate per superare la fase del cosiddetto «conflitto sociale», che si concretizza nella richiesta di adeguati ed economici siti di discarica a fronte del rifiuto di non averli nel proprio territorio. Esigenze difficilmente compatibili.

Sullo specifico punto dei traffici illeciti, la Commissione ha anche ascoltato il sostituto procuratore della Repubblica di Rimini, il quale ha riferito su un'indagine di recente conclusa con una richiesta di rinvio a giudizio. Si tratta, secondo quanto riferito dal citato magistrato, di un procedimento avente ad oggetto un'associazione a delinquere operante nel settore del traffico dei rifiuti, per un'ipotesi di truffa a carico di vari enti pubblici. Sono stati arrestate undici persone componenti di società di trasporto, smaltimento ed intermediazione di rifiuti provenienti per lo più dalla Lombardia e dall'Emilia-Romagna, in particolare dalle provincie di Rimini, Piacenza, Forlì, Parma e Bologna. I camion di rifiuti raccolti in queste zone, nel corso del viaggio, con una semplice alterazione della bolla di trasporto, venivano


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assimilati ad altre tipologie di rifiuti e convogliati in un centro di stoccaggio nei pressi di Piacenza. Alla fine del complesso traffico i rifiuti venivano scaricati in una discarica di Ancarano, vicino Teramo. L'operazione, secondo la stima fatta dal magistrato, ha interessato circa 6 milioni di chilogrammi di rifiuti solidi urbani, per un valore complessivo di circa un miliardo e 600 milioni, che il titolare, tale Savini Marco, avrebbe incassato dai comuni.
A parte le altre implicazioni di carattere penale che riguardano la vicenda, è da osservare che, secondo anche quanto considerato dal magistrato inquirente, è stato possibile conseguire sufficienti elementi per giungere alla richiesta di rinvio a giudizio perchè all'indagine è stato dato un «taglio» fiscale, ciò che ha consentito di esplorare i bilanci societari e di effettuare gli accertamenti patrimoniali. I meccanismi del traffico, infatti, sono assai complicati perchè investono, con intrecci di operazioni apparentemente lecite, rapporti societari di difficile lettura, in quanto si presentano quali soggetti interessati una miriade di società fittizie che, a parte le alterazioni che producono nel sistema degli appalti, emettono una serie di fatture incrociate che rendono molto difficile la lettura delle reali operazioni poste in essere.
Altro profilo di grande interesse che emerge da questa indagine (la quale, al momento, per gli stralci effettuati dalla magistratura di Rimini, ha investito altre procure) è rappresentato dall'ipotesi di reato che, in esito all'inchiesta, è stata formulata dal pubblico ministero. Si tratta, come accennato, di (semplice) reato di truffa ai danni di enti pubblici. Ciò a testimoniare, come in più occasioni la Commissione ha avuto modo di denunciare, l'imbarazzo, di cui tuttora soffrono gli inquirenti, a formulare credibili ipotesi di reati ambientali.

2) Sopralluoghi.

La Commissione si è recata nei giorni 23 e 24 febbraio 1998 per svolgere la missione conoscitiva nella regione Abruzzo. Nei due giorni di permanenza sono stati effettuati sopralluoghi in località e siti significativi. Oltre il Presidente Massimo Scalia ed il Vicepresidente Franco Gerardini, erano presenti il deputato Nino Sospiri ed i senatori Giovanni Polidoro ed Angelo Staniscia.
Il giorno 23 febbraio sono stati effettuati i sopralluoghi. A Scurcola Marsicana (AQ), presso un sito, sede di una presunta attività di compostaggio da parte della società Biolite, oggetto d'indagine dell'autorità giudiziaria; a Tollo (CH), presso l'impianto Sogeri, ove sono state smaltite in modo illecito ingenti quantità di amianto e residui di attività di concerie, anch'esso oggetto d'indagine della magistratura; presso l'impianto di smaltimento di rsu ed assimilati di Cerratina (CH), gestito dal consorzio comprensoriale del Frentano. Il giorno seguente è stato effettuato il sopralluogo presso l'area dell'IRA di Pineto (TE), sede di una precedente attività di produzione di oggetti di pelletteria e di illecito smaltimento di solventi ed altri prodotti, sversati nel terreno sottostante.
I sopralluoghi effettuati nelle località di Scurcola Marsicana (AQ), Tollo (CH) e Pineto (TE) hanno messo in rilievo come in tali casi gli illeciti smaltimenti siano stati attuati nell'assenza di controlli preventivi che avrebbero potuto evidenziare, come nel caso della ditta Biolite di Scurcola Marsicana, che non veniva effettuata nessuna attività volta alla produzione di compost dai fanghi depositati; che, anche nel caso della Sogeri di Tollo, venivano ammassati rifiuti pericolosi provenienti da altre regioni del territorio nazionale, e che, per la ditta IRA di Pineto, venivano smaltiti solventi ed altri rifiuti pericolosi provenienti dalle lavorazioni nel sottosuolo della medesima ditta.
Il sopralluogo presso la discarica di Cerratina (CH), alla presenza dei responsabili del consorzio, ha permesso di verificare la funzionalità dell'unico impianto che, attualmente, è presente nella regione per lo smaltimento degli rsu e degli assimilati. Nell'immediato futuro è in progetto


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il trattamento del percolato prodotto dalla discarica con il biogas proveniente dall'impianto stesso, in modo da abbassare le tariffe di smaltimento per i comuni che usufruiscono dell'impianto, risparmiando sui costi del trasporto e trattamento presso gli impianti di depurazione. Si riscontra, ancora una volta, come tale unico impianto tecnicamente idoneo presente nella regione rappresenti un'anomalia che incide sui costi tariffari dei singoli comuni, cui l'amministrazione regionale dovrà porre soluzione.

Parte III - Presenza della criminalità nel settore rifiuti (fenomeni e procedimenti).

Anche per la regione Abruzzo, trova conferma il dato che le inchieste più indicative riguardano traffici di rifiuti pericolosi prodotti nel nord dell'Italia, trasportati da imprese vicine alla criminalità organizzata, smaltiti in maniera illecita e distribuite anche su altre aree del territorio nazionale.
Si è avuto modo di accertare, infatti, che numerosi rifiuti prodotti in altre zone del territorio nazionale hanno trovato collocazione in questa regione: ne è seguìto, in alcuni casi, l'avvelenamento di falde acquifere, oltre le gravi compromissioni del territorio circostante.
L'attenzione della Commissione per la regione Abruzzo si è notevolmente accresciuta perché, a fronte dei dati acquisiti nel corso della precedente legislatura, la situazione nel settore del ciclo dei rifiuti si è andata evolvendo e caratterizzando con connotati del tutto diversi. Ciò con riferimento non solo alla situazione degli impianti, della loro localizzazione e compatibilità con il territorio ospitante, nè alle politiche gestionali ed ai compiti programmatori degli amministratori locali, quanto piuttosto - come è chiaramente emerso nel corso delle audizioni, non solo quelle di contenuti strettamente giudiziari - per i profili che concernono gli interessi della criminalità, comune ed organizzata, nelle varie fasi che concernono il ciclo dei rifiuti.
Si tratta di un aspetto che si è in particolare manifestato nel corso dell'audizione del prefetto di Pescara, dove è stato reso ostensivo che l'Abruzzo costituisce, ormai, un segmento importante nell'ambito del flusso di rifiuti che, da nord a sud, segue, invece che la tradizionale rotta tirrenica (quella che originariamente era interessata dai trasporti di rifiuti dal nord verso il casertano, la Calabria e la Sicilia), un percorso diverso che, appunto, coinvolge la regione Abruzzo (la così detta «rotta adriatica»).
La regione pertanto diventa, al tempo stesso, sede di traffici illeciti, sotto il profilo dei flussi di rifiuti che la attraversano, e sede di smaltimenti illegali, anche di rifiuti pericolosi. Infatti, la realtà territoriale - non particolarmente estesa e con un numero di abitanti relativamente modesto - si configura, anche dal punto di vista morfologico, come un'area di interesse per un'imprenditoria disinvolta ed a volte persino collusa con la criminalità organizzata, per la produzione e l'organizzazione dei traffici.
Interessante, al riguardo, è la situazione riscontrata direttamente dalla Commissione nel corso della missione alla discarica di Ancarano in provincia di Teramo. Qui sono stati ritrovati depositi abusivi per circa sei milioni di Kg. di rifiuti urbani, per un'operazione del valore complessivo di circa un miliardo e 600 milioni. Pochissimi sono i residui solidi urbani finiti in discariche regolari.
La stessa Commissione ha potuto riscontrare anche la presenza di una situazione di pericolo, rappresentata dallo sversamento di rifiuti quali residui di amianto e di conceria, con epicentro a Tollo; rifiuti presumibilmente provenienti dal nord-est. Tale presenza è stata confermata dagli organi inquirenti. Sotto altro profilo, gli accertamenti eseguiti, sia nel corso della missione sia a seguito dell'audizione del sostituto procuratore della Repubblica di Pescara, hanno fornito, dopo il sequestro della discarica, interessanti valutazioni sull'impatto ambientale del fenomeno. Infatti, il sostituto procuratore della Repubblica presso la


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pretura di Pescara ha dichiarato che "in un solo anno sono tornati i pesci nel fiume"; il riferimento è alla situazione riscontrata dopo il sequestro dell'impianto di Montesilvano operato nel corso delle indagini relative a tale impianto. Allo stato della procedura non è neppure stata tentata una valutazione del danno ambientale, aggravato anche dalla vocazione turistica regionale che, tra l'altro, ospita uno dei più importanti parchi nazionali.
Indubbiamente il caso, come è emerso dall'indagine conoscitiva della Commissione, s'inserisce in una problematica più ampia. L'Abruzzo presenta, all'attualità, una particolare appetibilità economica ed è oggetto di attenzione da parte dell'imprenditoria deviata e della criminalità organizzata, che in questo territorio ricercano nuove frontiere per investire il denaro proveniente dalle attività illecite.

1) I procedimenti giudiziari.

Un resoconto eccessivamente analitico dei procedimenti giudiziari in corso non appare opportuno perchè, a parte i problemi connessi al segreto istruttorio, rischia di compromettere una visione unitaria e generale dei fenomeni. È d'uopo, tuttavia, segnalare i seguenti procedimenti giudiziari.

1.1) Procedimento n. 1153/96, reg. mod. 21, della procura della Repubblica presso il tribunale di Rimini.

Emerge uno spaccato del traffico transregionale dei rifiuti coinvolgente anche la discarica di Ancarano (Te) e nel quale si evidenza un collegamento di tipo organizzato tra più soggetti operanti in vaste aree del territorio nazionale. Il traffico, finalizzato principalmente allo smaltimento di rifiuti solidi urbani, interessa anche rifiuti speciali e/o tossico-nocivi, provenienti dalle aree del nord-est. Tutta la vicenda relativa al centro di stoccaggio è riassunta nella richiesta di rinvio a giudizio. Viene posto in evidenza che il centro - che in realtà consiste in una piccolissima piattaforma - convogliava enormi quantità di rifiuti (una vera e propria bomba ecologica). Con un semplice cambio di bolla di accompagnamento, i rifiuti figuravano assorbiti dalla regione Emilia-Romagna; si trattava di rifiuti anche provenienti da altre località come, per esempio, dal comune di Rapallo. Sul centro di stoccaggio sono state convogliate grosse quantità di rifiuti urbani; non venivano tenuti presso il centro i materiali pericolosi più facilmente riconoscibili, ma venivano miscelati direttamente nei mezzi di trasporto non appena questi arrivavano al centro. Un ulteriore giro di bolle, accertato in base alla testimonianza degli autotrasportatori, ha messo in evidenza dove fossero effettivamente gettati i rifiuti. Pochissimi quelli finiti in discariche regolari; in gran parte sono finiti nella discarica di Ancarano, in provincia di Teramo.

1.2) Procedimento denominato «operazione Mori».

Altro procedimento interessante, per le gravi implicazioni sull'ambiente e per i riscontri sulla presenza di organizzazioni criminali volte allo smaltimento illegale di rifiuti anche pericolosi, è quello in carico alla procura della Repubblica di Lanciano: cosiddetta «operazione Mori». Detta indagine, molto delicata e complessa, è ancora in corso di espletamento, sicché può riferirsi ben poco. Emergono, però, con chiarezza sia fenomeni di collusione amministrativa per il rilascio di autorizzazioni alle discariche, sia l'esistenza di collegamenti (mediante i noti meccanismi di smaltimento) tra attività di traffico illecito di rifiuti ed attività di gestione di cave per l'estrazione di materiale inerte per l'edilizia.
Nel centro di smaltimento della ditta coinvolta nelle indagini, localizzato in Cerratina di Lanciano, ove formalmente veniva condotta un'attività di «cava con annesso impianto di frantumazione inerti», è stato accertato che nella parte esaurita della cava, sottoposta al ripristino ambientale, veniva effettuato uno smaltimento illecito di rifiuti miscelato con inerti. Dal sopralluogo è emerso, altresì,


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che i materiali stoccati producevano percolato che attraverso una serie di «laghetti» si immetteva, senza rispettare minimamente gli indici tabellari della legge 319/76, in un vicino rigagnolo affluente del fiume Sangro.

2) Analisi dei procedimenti per procure inquirenti.

Si forniscono ora i dati processuali acquisiti presso i singoli uffici inquirenti.

2.1) Procura della Repubblica presso la pretura di Chieti.

Indagini relative a traffici di rifiuti pericolosi con epicentro a Tollo. Si è già fatto cenno a tale inchiesta. Qui occorre notare che l'ufficio della procura circondariale interessato sembra avere individuato un filone d'indagine che porterebbe a collegamenti tra l'attività di smaltimento illecito di rifiuti e la criminalità organizzata.
Al di là dei profili processuali, occorre poi ribadire (il dato di fatto è stato constatato direttamente dalla Commissione) che la situazione di Tollo evidenzia concreti pericoli derivanti da sversamento di rifiuti contenenti residui di amianto e di conceria. L'indagine è nata da controlli casuali sui documenti di trasporto e correva il rischio di concludersi in un nulla di fatto, atteso che tutti i veicoli che scaricavano i rifiuti erano dotati di bolle apparentemente regolari.
L'intervento dei carabinieri del NOE, che stavano conducendo un'indagine a più ampio raggio, ha messo in luce il traffico indirizzato in Abruzzo perchè i rifiuti, che non si potevano più scaricare in Campania in seguito a vivaci e sanguinosi contrasti fra "famiglie" camorriste (chi aveva il terreno e chi pretendeva il "pizzo" appartenevano a famiglie diverse e dalla guerra di camorra è derivato anche qualche omicidio), dovevano necessariamente trovare uno sbocco.
I fatti erano già noti alla Commissione a seguito dell'audizione del dottor Agostino Cordova, procuratore della Repubblica di Napoli, il quale aveva parlato di rifiuti confluiti nella cava Masci in provincia de L'Aquila e in un'altra località a seguito di sequestri operati in Campania. Successivamente, sequestrati anche questi depositi, i rifiuti erano stati dirottati a Tollo, in provincia di Chieti.
Lo scarico dei rifiuti avveniva ad opera di un unico soggetto, titolare della discarica di Tollo e di terreni limitrofi (tutti sottoposti a sequestro da parte dell'autorità giudiziaria). Lo stesso soggetto, poi, aveva cominciato a scaricare quasi sul greto del fiume Pescara, a Chieti Scalo; infine si è ritrasferito in provincia di Pescara, a Cepagatti, in contrada Aurora.
L'articolata indagine tuttavia, allo stato degli atti, non sembra avere avuto tutti gli esiti che si profilavano. Certo, osserva la Commissione, non ha giovato all'inchiesta penale il fatto che sullo stesso fatto abbiano operato contemporaneamente ed autonomamente due forze di polizia che non hanno trovato il necessario coordinamento. Invero, gli indizi circa alcuni traffici a livello internazionale e nazionale di rifiuti radioattivi provenienti dalla Francia e caricati a bordo di svariati TIR (su tale filone, da tempo, erano in corso operazioni di polizia) non sono stati sviluppati; anzi l'operazione di appostamento e di controllo è stata vanificata dal sequestro del capannone, disposto da un altro organo di polizia che non conosceva l'esistenza e lo stato dei controlli condotti dagli altri inquirenti.
Ciò nonostante, dall'indagine emerge un quadro abbastanza chiaro. I rifiuti che erano scaricati a Tollo erano in gran parte residui di industrie siderurgiche del nord (industrie anche fra le più rilevanti dal punto di vista qualitativo e quantitativo); una volta usciti dalle fabbriche, si procedeva con un collaudato sistema di triangolazione. I trasporti si fermavano una notte a Marghera ed il mattino successivo, con lo stesso camion (senza che neanche fossero stati tolti i laccetti del telone), partivano con una bolla diversa portante la dicitura «residui riutilizzabili».
A corredo dell'intera operazione, vi è il fatto che il titolare aveva un'autorizzazione


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ad un impianto di trattamento di residui riutilizzabili. Nel corso dell'indagine si è altresì messo in evidenza che non si era in grado di dimostrare, a posteriori, che il certificato di analisi che consentiva la declassificazione dei rifiuti fosse falso, atteso che l'intervento di controllo poteva avvenire solo dopo la miscelazione dei rifiuti trasportati. D'altra parte, le attrezzature del presidio multizonale di Chieti non consentivano di valutare la composizione esatta delle sostanze, alcune delle quali erano proprio ai limiti fra il residuo riutilizzabile ed il rifiuto.
Di questo traffico, che ha riguardato varie province, in un primo momento si stavano occupando contemporaneamente tre o quattro procure distrettuali. Successivamente l'inchiesta è stata attratta nella competenza della procura distrettuale di Napoli ed affidata a chi aveva condotto il filone principale, anche per la presenza di reati di omicidio e, quindi, per uno spostamento di competenza.
I reati cosiddetti «minori» sono rimasti, invece, presso le originarie competenze per evitare la prescrizione, atteso che si trattava per la massima parte di contravvenzioni. Le 21 persone coinvolte nella vicenda sono state rinviate a giudizio e la relativa udienza è stata fissata per il 14 novembre 1998. Non si hanno ancora notizie dell'esito del processo.
Nel corso delle indagini relative alla discarica di Tollo è emerso, altresì, l'esistenza di società commerciali svolgenti il compito di mettere in contatto l'industriale produttore dei rifiuti con il trasportatore o lo smaltitore. Queste società prosperano solo a condizione che il produttore sia comunque indotto a fare a loro capo; in ogni caso l'intermediazione produce un aumento dei costi. Inoltre, l'intervento nel ciclo di tali soggetti determina una confusione ulteriore, perché la documentazione trasmigra da una società all'altra, sì da rendere più complessa l'individuazione dei referenti e dei responsabili dei traffici illeciti.
Il meccanismo è ostensivo (quasi di scuola) nel caso dei rifiuti urbani del comune di Milano inviati in Abruzzo. L'azienda municipalizzata di quel capoluogo non smaltiva direttamente in Abruzzo, atteso il divieto fissato da una legge regionale. Con una serie di appalti a società commerciali, dei quali si è interessata la procura presso il tribunale di Milano, incaricava le medesime società di dividere i rifiuti tra secchi ed umidi. Tutti i rifiuti erano, quindi, inviati per il trattamento e per la cernita in Abruzzo; una volta entrati nello stabilimento il rifiuto acquistava «cittadinanza» abruzzese e di conseguenza, per circa il 95 per cento, veniva smaltito come rifiuto in quel sito.

2.2) Procura della Repubblica di Avezzano.

Il maggior numero di procedimenti trattati riguarda la località Cappelle e il nucleo industriale ed artigianale.
Scurcola Marsicana, procedimento n. 131/51/96 NR-PP. L'indagine, cominciata alla fine del 1994, ha avuto uno sviluppo più intenso solo nel corso del 1995, con l'intervento dei carabinieri del NOE; è emerso che a Scurcola si scaricavano fanghi che sarebbero dovuti derivare da insediamenti civili ma che in realtà erano tali solo nella misura dell'1,9 per cento; per quanto riguarda la parte rimanente, il 28 per cento proveniva da pubbliche fognature, il 30 per cento da nuclei industriali ed il 40 per cento da insediamenti produttivi.
A seguito di consulenza tecnica, è emersa la gravità della situazione, perché si è accertata la provenienza dei fanghi da impianti produttivi, da industrie, alcune delle quali anche di tipo farmaceutico, come la Refem di Rovereto e l'Abbott di Latina, e da una serie di altri insediamenti industriali che hanno utilizzato cromo, piombo e zinco. L'esistenza di questi metalli dimostra la pericolosità della situazione. Gli accertamenti hanno denunciato una rilevantissima quantità di materiali sversati: in pratica otto discariche, per un totale di circa 90 mila quintali di materiali depositati. L'indagine ha appurato la sussistenza della simulazione di un impianto di compostaggio; la realtà è


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invece consistita nella creazione di una discarica di fanghi, particolarmente estesa e pericolosa.
L'indagine si sta ora sviluppando anche in altra direzione: verso una ricostruzione dei processi produttivi, per comprendere in che modo (soprattutto per ciò che concerne i fanghi di origine mista derivanti da attività industriali nonchè dagli insediamenti di tipo abitativo e civile) si sia pervenuti allo sversamento presso la Biolite di Montesilvano. L'indagine ha cominciato ad acquisire concretezza verso la metà del 1996 e, in questa ultima sua parte che è sicuramente la più importante e rilevante, non è ancora conclusa. Sui traffici illeciti di rifiuti nella Marsica, si evidenzia ancora che: gli accertamenti, iniziati il 4 dicembre 1996 e coordinati dal sostituto procuratore della Repubblica presso la pretura di Avezzano dottor Stefano Gallo, si sono estesi in Lombardia, Piemonte e Lazio fino a concludersi con il rinvio a giudizio di 22 persone; a seguito di un supplemento di indagine, conclusosi nel marzo 1998, sono state deferite a piede libero ulteriori 14 persone; risulta interessata anche la procura della Repubblica di Milano, perché è stato ipotizzato un reato di associazione per delinquere.

2.3) Procura della Repubblica di Pescara.

Secondo il procuratore della Repubblica di Pescara, la presenza di fenomeni di gestione illecita dei rifiuti in quella provincia non può prescindere dal coinvolgimento della criminalità organizzata. Si tratta di elementi di informazione già a conoscenza della Commissione parlamentare sul fenomeno della mafia ed al comitato provinciale dell'ordine e della sicurezza pubblica, che trova ulteriori conferme sia nel discorso tenuto dal procuratore generale della corte d'appello de L'Aquila il 12 gennaio 1998 in sede di inaugurazione dell'anno giudiziario, sia da alcuni riscontri di indagine in recenti operazioni espletate dalle forze dell'ordine, sia ancora in alcuni procedimenti penali che si sono occupati di criminalità economica.
Al momento, sembra in via di accelerazione il tentativo, da parte della camorra campana e della mafia siciliana, di infiltrarsi nel tessuto economico e politico del territorio per il tramite di società di capitali costituite e rappresentate da interposte persone; ciò fa indubbiamente registrare un salto i qualità da parte della criminalità organizzata locale, che è sempre più presente nel tessuto economico regionale.

2.3.1) Procedimenti trattati dalla procura circondariale di Pescara.

Vanno in particolare segnalati i seguenti procedimenti.
Dei 220 procedimenti aventi per oggetto i reati previsti dal decreto del Presidente della Repubblica 915/82, 150 sono stati già definiti con rinvio a giudizio. Nel corso delle indagini sono stati disposti 33 sequestri.
Vi sono 13 procedimenti aventi per oggetto i reati previsti dal decreto legislativo 22/97, nonchè numerosi procedimenti aventi per oggetto indagini concernenti attivazione di discariche da parte dei comuni in assenza di autorizzazione regionale.
Vi sono poi procedimenti aventi per oggetto indagini concernenti fenomeni di illeciti ambientali legati alla gestione di specifici insediamenti industriali, non connessi ad attività illecite di maggior respiro, e procedimenti aventi per oggetto indagini concernenti scarichi abusivi di rifiuti liquidi da parte di ignoti nei corsi d'acqua (si registra una media di 50/60 episodi annui denunciati).
È presente anche il procedimento avente per oggetto l'indagine denominata «Gambero» sul depuratore di Montesilvano ed altre attività illecite connesse (anni 1997-1998). Tale indagine prende le mosse da una serie di scarichi abusivi di rifiuti liquidi di origine industriale nelle fognature, con compromissione del funzionamento del locale depuratore consortile. È stato accertato che Montesilvano rappresentava il punto di arrivo di rifiuti illeciti di origine industriale provenienti


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da diverse zone d'Italia, in prevalenza stoccati presso un impianto di Forlì e trasportati da un indagato, che nel piazzale di sua proprietà aveva creato un abusivo allaccio alla pubblica fognatura con sversamento direttamente dai mezzi. Tale soggetto era già indagato dalla procura presso il tribunale per false fatturazioni emesse nell'ambito di illecite attività di smaltimento dei rifiuti.
L'indagine «Gambero» vede coinvolte 60 ditte (in prevalenza produttori e trasportatori di rifiuti) ed è coinvolto anche un addetto alle analisi chimiche, sospettato di aver sistematicamente redatto falsi certificati di analisi per consentire classificazioni più «benevole» dei rifiuti e, quindi, smaltimenti a costi meno onerosi. Il magistrato ha disposto lo stralcio per i reati di competenza pretorile (reati ambientali e reati di cui agli articoli 340, 635 e 734 del codice penale) e, con missiva del 18 febbraio 1998, l'invio degli atti alla procura presso il tribunale per competenza in ordine ai reati di cui agli articoli 416, 420, 423 e 434 del codice penale.

2.3.2) Procedimenti trattati dalla procura della Repubblica presso il tribunale di Pescara.

Meritano di essere segnalati alcuni procedimenti riguardanti i delitti di criminalità economica strumentali alla commissione di delitti contro la pubblica amministrazione e di truffa, nonchè altri concernenti associazioni per delinquere, costituite al fine di lucrare su attività connesse al ciclo dei rifiuti. I primi hanno per oggetto reati commessi da pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione in relazione ad appalti per lavori di pulizia a Pescara, alla raccolta, al trasporto ed allo smaltimento di rsu; in relazione ad autorizzazioni rilasciate per l'impianto, la gestione e l'ampliamento di discariche; in relazione all'abuso di ordinanze contingibili ed urgenti emesse in mancanza dei presupposti richiesti dalla legge e, conseguentemente, in relazione agli illeciti penali conseguenti al monopolio di fatto costituito in materia.
Tra questi vanno ricordati: il processo n. 399/93 RGNR nei confronti di un ex deputato al Parlamento, ex sindaci di Pescara, ex assessori e consiglieri comunali di Pescara, ex rappresentanti provinciali di partiti politici, ex assessori regionali, imputati di reati di concussione in danno di imprenditori operanti nel settore dei rifiuti commessi a Pescara (periodo 1987-1992). Il processo si è concluso con applicazioni di pene su richiesta degli imputati; il processo n. 340/92 RGNR nei confronti di un ex presidente e di ex componenti della giunta della regione Abruzzo, ex membri del comitato degli esperti e della conferenza dei servizi del settore ecologia e tutela dell'ambiente della regione Abruzzo, ex assessori della provincia e del comune di Spoltore, un presidente del consorzio comprensoriale per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani dell'area pescarese, imputati, in concorso con un imprenditore titolare di un gruppo di società operanti in Abruzzo, dei reati di interesse privato in atti d'ufficio e falso in atto pubblico, commessi a Pescara, L'Aquila e Spoltore dal 1988 al 1992.
Circa i procedimenti di criminalità economica strumentali alle altre forme di criminalità in esame, si tratta dei procedimenti iniziati per i reati di: false comunicazioni sociali commesse per la costituzione di fondi extracontabili per il pagamento di tangenti necessarie ad ottenere le autorizzazioni; false fatturazioni necessarie per compiere impunemente illecite attività di smaltimento dei rifiuti (tra tali procedimenti emerge il n. 1294/94 nei confronti di un soggetto già citato in relazione all'«operazione Gambero», con le indagini ancora in corso, ma in fase definitiva); procedimenti per associazione a delinquere, costituite al fine di commettere reati di competenza pretoria collegati al ciclo dei rifiuti.

2.4) Procedimenti significativi istruiti presso il tribunale di Pescara.

Soltanto dal 1998 sono pendenti, presso la procura della Repubblica presso il tribunale di Pescara, due complessi


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procedimenti, in fase d'indagine, aventi per oggetto pericolose associazioni a delinquere con sedi, rispettivamente, a Montesilvano e Pescara, operanti in tutto il territorio nazionale e, comunque, a livello interregionale, costituite da tempo al fine di gestire traffici illegali di rifiuti pericolosi controllandone i flussi, per smaltirli abusivamente in Abruzzo.

2.4.1) Procedimento n. 117/98 RGNR.

Riguarda l'indagine denominata «operazione Mori» espletata dalla sezione di polizia giudiziaria dei carabinieri della procura di Lanciano e dal nucleo operativo ecologico dei carabinieri. Il procedimento è pervenuto, per competenza, dalla procura della Repubblica di Lanciano alla procura della Repubblica del tribunale di Pescara in data 10 gennaio 1998. Ha avuto avvio da accertamenti conclusi il 12 marzo 1997 dal nucleo operativo dei carabinieri di Lanciano presso una cava di inerti avente sede a Pescara, con un'estensione di mq. 60.000, in gran parte utilizzata abusivamente, fin dal 1994, per stoccaggio di rifiuti destinati al riutilizzo mediante miscelazione con inerti. Le indagini condotte sulla base di tali primi accertamenti anche dal nucleo operativo ecologico dei carabinieri si sono concluse, a livello investigativo, con l'informativa presentata in data 8 agosto 1997 alla procura di Lanciano (poi trasmessa a Pescara per competenza), con la quale i carabinieri hanno denunciato l'amministratore unico ed altre 11 persone (tra cui gli amministratori unici di altre società) quali responsabili, oltre che di reati contravvenzionali, dei delitti di cui agli articoli del codice penale 416 (associazione a delinquere), 434 (disastro doloso), 482, 476 (falso in atti pubblici) e 640 (truffa alla regione Abruzzo), commessi sull'intero territorio della regione dal 1995 al 1997.
In tale informativa è posto in evidenza, tra l'altro, «come la malavita, direttamente o indirettamente, abbia controllato e controlli tuttora il flusso di varie tipologie di rifiuti, che, prodotti essenzialmente fuori dal territorio della regione Abruzzo, con artificiosi passaggi, sono smaltiti abusivamente come residui riutilizzabili ed impiegati infine come ripristino ambientale della cava, ormai esaurita, in uso alla stessa società. La scelta di effettuare gli smaltimenti dei rifiuti anche in Abruzzo deriva dagli elevati costi di smaltimento presso discariche autorizzate e dal livello di saturazione raggiunto in altre regioni, quali la Campania e la Puglia, tali da rendere difficili ulteriori operazioni, difficoltà quest'ultima acuita dall'accentuata attività repressiva posta in essere dagli organi di polizia nelle predette regioni cui la fenomenologia criminale in trattazione è ben tristemente nota».
Nella stessa informativa, inoltre, sono descritti i percorsi seguiti dai rifiuti (fittiziamente declassificati e fatti passare per residui riutilizzabili modificandone la natura tramite falsa documentazione) sono precisate le intermediazioni commerciali, le attività delle persone e delle società coinvolte nell'affare, e sono rilevati gli accordi iniziali circa le modalità di classificazione dei rifiuti nonchè l'evasione fiscale dell'ecotassa di cui alla legge 549/95, calcolata in oltre 22 milioni di lire. Si evidenzia, infine, anche che lo smaltimento selvaggio, avviene mediante una serie di scarichi non individuati, per mancanza delle indicazioni previste per legge, o mediante il ripristino ambientale della cava esaurita ponendo in esse condotte dalle quali è derivato un pericolo per la pubblica incolumità costituito dal conseguente, persistente e gravissimo inquinamento del sottosuolo e delle falde acquifere, realizzando così un disastro per l'intero ecosistema, con formazione dei «laghetti» all'interno della citata cava.

2.4.2) Procedimento n. 401/98 RGNR.

Riguarda l'indagine denominata «operazione Gambero» espletata dal nucleo operativo ecologico dei carabinieri. È pervenuto il 20 febbraio 1998 alla procura presso il tribunale di Pescara dalla procura presso la pretura circondariale di


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Pescara, per competenza per materia, in ordine al reato di associazione a delinquere (articolo 416 del codice penale) e ad altri reati eventualmente ipotizzabili di competenza del tribunale (articoli 420, 423 e 434 del codice penale). Infatti, detta procura circondariale con la missiva di trasmissione degli atti ha precisato che procede separatamente per i restanti reati di sua competenza.
Le indagini di cui si tratta, iniziate dal nucleo operativo ecologico dei carabinieri fin dal gennaio 1996, con ripetuti accertamenti nei confronti dell'amministratore di alcune società in nome collettivo operanti a Montesilvano, si sono concluse, a livello investigativo, con l'informativa presentata il 14 luglio 1997 alla procura della Repubblica presso la pretura circondariale di Pescara (poi trasmessa anche alla procura della Repubblica presso il tribunale per competenza), con la quale i carabinieri hanno denunciato 60 persone (tra cui amministratori e dirigenti di ben 58 società commerciali con sedi in tutta Italia) quali responsabili, oltre che di reati contravvenzionali e di altri eventuali delitti minori, del delitto di cui all'articolo 416 del codice penale per avere costituito, promosso, diretto ed organizzato un'associazione a delinquere, smaltendo i rifiuti in un impianto a ciò non autorizzato. Con una condotta iniziata nel 1995 sono stati acquisiti la gestione ed il controllo di una vasta attività, anche con l'impiego di capitali provenienti dal riciclaggio degli illeciti guadagni. In tale informativa è posto in evidenza, tra l'altro, che nel corso delle operazioni si é accertato che veniva gestito un traffico illegale di alcune tipologie di rifiuti pericolosi, mediante declassificazione fittizia degli stessi con il sistema del «giro di bolla» o, se si preferisce, della «triangolazione», consistente nel far transitare i rifiuti presso un centro di stoccaggio il quale, dopo averli presi in carico, li fa ripartire con propria bolla ecologica senza apportare alcuna modifica nelle componenti costituenti il rifiuto, ma con altro codice e denominazione.
Nello stesso atto, inoltre, si fa riferimento a tutte le persone e società coinvolte nei traffici illeciti dei rifiuti, occultati dietro intermediazioni commerciali apparenti, nonchè ai sistemi di declassificazione usati, alle analisi di classificazione eseguite da un laboratorio specializzato, a fatti collegati ai traffici stessi (incendio del depuratore di Montesilvano, scarichi abusivi in autostrada, scarichi anomali giunti al depuratore di Montesilvano, trasbordo dei rifiuti a Forlì, perquisizioni e sequestri eseguiti presso società interessate, indagini espletate in altri procedimenti), insomma, ad elementi probatori da cui risulta in modo evidente la rilevanza dell'«affare», consistente in sostanza nel declassificare fittiziamente i rifiuti, facendoli passare per «acque principalmente con inquinanti organici», modificandone la natura tramite la documentazione di accompagnamento delle merci, all'origine presso i produttori o lungo il tragitto verso i luoghi con smaltimento finale effettivo. Dopo intermediazioni commerciali, stoccaggi intermedi ed analisi da approfondire, è avvenuto lo sversamento lungo l'autostrada A14 e/o nella condotta fognaria del comune di Montesilvano.

2.5) Osservazioni sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e sull'azione di contrasto.

Dall'esame degli atti in possesso della Commissione, dalle audizioni sia dei magistrati inquirenti che delle forze di polizia, dalla missione espletata dalla stessa Commissione in Abruzzo, emergono i seguenti elementi generali.
Il traffico dei rifiuti, in parte gestito dalla criminalità anche organizzata a sfondo camorristico, sia per motivi interni alla stessa organizzazione (lotte tra fazioni) sia per l'intervento incisivo delle forze dell'ordine e della polizia giudiziaria che in regioni limitrofe hanno proceduto al sequestro di discariche collettrici di rifiuti, si è spostato negli ultimi anni dalla dorsale tirrenica a quella adriatica, coinvolgendo tutta la fascia abruzzese e, in particolare, tutte le zone limitrofe al percorso autostradale della A14. Il che ha comportato che sono rimaste interessate


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al fenomeno zone tradizionalmente esenti da presenze criminali, organizzate e non, che operano in settori di varie imprenditorie.
L'attività di contrasto svolta dalle forze di polizia e dalla magistratura sembra, in base agli atti ed alle risultanze, essere stata tempestiva e ben diretta; tuttavia, gli organi di controllo non appaiono ancora adeguatamente preparati, nè culturalmente attrezzati, ad affrontare la nuova situazione.
Per altri profili, mentre per un verso occorre prendere atto dell'abnegazione con la quale alcuni organi di polizia giudiziaria (quelli specializzati, in particolare i carabinieri del NOE ed il comando del Corpo forestale dello Stato) hanno seguìto i procedimenti aventi ad oggetto la questione rifiuti, d'altra parte occorre anche porre in evidenza che tutte le indagini sono scaturite da fatti accidentali. Mancano cioè referenti istituzionali capaci di letture dei fenomeni che possano portare a denunzie motivate ad opera delle strutture amministrative di controllo preposte alla verifica della regolarità nelle modalità di conduzione dei traffici. Sembra debole il controllo delle forze di polizia diffuse nel territorio ed aventi anche compiti di carattere amministrativo (vigili urbani, polizia stradale, guardie ecologiche, eccetera), al fine di individuare ed interpretare i traffici e le connesse mistificazioni gestionali.
Assai debole è anche il coordinamento tra le varie forze di polizia, come (fatto ancora più grave, attesa l'esistenza dello strumento processuale di cui all'articolo 117 del codice di procedura penale) tra gli uffici giudiziari inquirenti, spesso costretti ad operare su stralci di inchieste trasmessi una volta effettuati gli accertamenti.
Per quanto concerne questo specifico punto concernente il coordinamento delle indagini fra più uffici di procura (preture, tribunali e procure distrettuali antimafia), la Commissione è del parere che occorra rivisitare la norma di cui all' articolo 50, commi 3-bis e 3-ter, la quale consente l'intervento autoritario di coordinamento unicamente in presenza delle condizioni di cui all'articolo 50, comma 3-bis, del codice di procedura penale e non in altre ipotesi in cui vi potrebbe essere una «convenienza» ai fini delle indagini.
Al riguardo, si possono teorizzare diverse concorrenti soluzioni. Ad esempio, quella indicata dal Consiglio superiore della magistratura con circolare del 14 maggio 1998, punto 5, nella stipula di protocolli di intesa fra vari organi inquirenti, con il coordinamento da parte della direzione nazionale antimafia (si richiamano, a tale proposito, i poteri attribuiti a detto soggetto dall'articolo 70-bis dell'ordinamento giudiziario).
Peraltro, appena entrerà in vigore l'istituto del cosiddetto giudice unico di primo grado (ai sensi delle modifiche da ultimo apportate all'articolo 51, comma 1, lett. A, del codice di procedura penale), l'azione penale sarà esercitata dal pubblico ministero presso il tribunale, sia per i reati di competenza monocratica, sia per quelli di competenza collegiale, sicchè, al di fuori delle ipotesi previste dall'articolo 416-bis del codice penale e di altri gravi reati espressamente indicati, non vi sarà più possibilità di intreccio di competenze tra vari uffici inquirenti. La costituzione di un ufficio unico di procura della Repubblica presso il giudice unico servirà ad eliminare almeno le incongruenze rappresentate dal salto di competenza tra procura presso la pretura e procura distrettuale, riscontrate in più ipotesi ed in più occasioni denunciate dalla Commissione. Appaiono più fondate le critiche circa la dispersione delle competenze acquisite dai magistrati inquirenti presso le procure circondariali; vi sarà invece, a parere della Commissione, una visione più unitaria del fenomeno che, per la sua complessità, implica indagini per reati attualmente attribuiti a competenze diverse.
Altro dato di rilievo anche per i riflessi ambientali, emerso dalle indagini svolte dalla magistratura ed esaminate dalla Commissione, è la diffusa esistenza di fenomeni di «dispersione dei rifiuti» e della loro «declassificazione»; fenomeni accertabili unicamente a posteriori con


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danni gravissimi per l'habitat regionale, sia rispetto al sostanziale inquinamento permanente, sia rispetto alle possibilità di ripristino seguenti l'accertamento delle responsabilità. Tale dispersione dei rifiuti, che si evidenzia in modo macroscopico nell'ipotesi di traffico illecito, sembra essere agevolata da alcune circostanze emerse dalle indagini cui si è fatto cenno. Tali circostanze si concretizzano:

nella mancanza di una specializzazione diffusa da parte degli organi di controllo, che viene anche in evidenza nell'oggettiva mancata organizzazione e sensibilizzazione delle forze dell'ordine operanti in modo diffuso sul territorio rispetto ai fenomeni di traffico che è possibile accertare unicamente attraverso l'intervento di organi specializzati (NOE, Corpo forestale dello Stato e Guardia di finanza);

nella quasi totale carenza di strutture presso i presidi multizonali delle ASL della regione Abruzzo, che causano la mancata tempestività nell'esecuzione di accertamenti (urgenti e preliminari all'inizio delle indagini), ora effettuati in laboratori assai distanti dai luoghi di transito;

nella quasi totale assenza di indagini e/o accertamenti eseguiti a seguito di operazioni di polizia che comportino il controllo e la conoscenza del territorio, o a seguito di segnalazione da parte degli organi preposti ai controlli amministrativi. Dalle inchieste penali e dai dati acquisiti dalla Commissione emerge, infatti, che non risultano effettuati controlli da parte sia delle provincie che delle regioni, e che quindi non vengono attivate le inchieste penali. Peraltro, non risulta venire applicato l'articolo 168 del codice della strada, che prevede un obbligo di segnalazione cartellonistica visiva per il trasporto dei rifiuti;

nell'osservazione che le operazioni di smaltimento illecito, o quanto meno sospetto, sono spesso strettamente collegate all'attività di «cave e torbiere», in particolare alle attività di «risanamento ambientale» delle cave esauste. Quindi, la predisposizione del catasto nazionale delle cave potrebbe rendersi utile per l'individuazione dei siti presumibilmente a «rischio».

Conclusivamente, in ragione delle circostanze e dei fenomeni posti in evidenza, fermo restando che la Commissione giudica che la complessità della situazione della regione Abruzzo richiede ulteriori approfondimenti, in ordine allo specifico punto delle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, può affermarsi che gli elementi acquisiti consentono di valutare positivamente l'azione di mero contrasto della magistratura e delle forze dell'ordine nei confronti degli episodi che sono venuti in evidenza, ma che appare assai in ritardo, se non addirittura mancante, una strategia di prevenzione generale e speciale, nonchè una cosciente ed adeguata "cultura" di controllo e di indagine in materia ambientale. Peraltro, non sempre vengono attivati i pur deboli strumenti legislativi esistenti.
La Commissione, considerando che il processo di infiltrazione della criminalità organizzata nella regione, pur se si manifesta con preoccupanti episodi che testimoniano grande interesse per i fatti economici di quel territorio, non appare ancora troppo fortemente radicato sì da far ritenere che un'accorta e forte azione di contrasto può essere risolutiva ad espungere dalla regione tali organizzazioni malavitose, si impegna a seguire con particolare attenzione la situazione ed a sostenere le iniziative centrali e locali per rafforzare la lotta alla criminalità ambientale.

ALLEGATI

ALLEGATO N. 1 - Legge regionale 23 maggio 1985, n. 60 «Interventi della regione in materia di smaltimento dei rifiuti, in attuazione del decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1982, n. 915».

Titolo I - Pianificazione regionale.

Art. 1 (generalità). La regione Abruzzo in attuazione dell'articolo 6, lettere a) e b), del decreto del Presidente della Repubblica


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10 settembre 1982, n. 915, adotta piani regionali di organizzazione dei servizi di smaltimento dei rifiuti, al fine di: a) evitare ogni danno o pericolo per la salute, l'incolumità, il benessere e la sicurezza della collettività e dei singoli; b) garantire il rispetto delle esigenze igienico - sanitarie ed evitare ogni rischio di inquinamento dell'aria, dell'acqua, del suolo e del sottosuolo, nonché ogni inconveniente derivante da rumori ed odori; c) salvaguardare la fauna e la flora evitando ogni degradamento dell'ambiente e del paesaggio; d) rispettare le esigenze di pianificazione economica e territoriale; e) promuovere, con l'osservanza di criteri di economicità ed efficienza, sistemi tendenti a riciclare, riutilizzare i rifiuti o recuperare da essi materiali ed energia; f) limitare la produzione di rifiuti.

Art. 2 (catasto regionale dei rifiuti e degli impianti di smaltimento). È istituito il catasto regionale dei rifiuti e degli impianti di smaltimento in ottemperanza dell'articolo 6, lettera e), del decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1982, n. 915. La regione, sentiti i comuni, ne cura l'organizzazione anche in riferimento all'acquisizione degli elementi conoscitivi necessari alla redazione dei piani regionali di cui al precedente articolo 1. Il catasto è articolato territorialmente su base provinciale ed è soggetto ad aggiornamenti periodici.

Art. 3 (piano di organizzazione dei servizi di smaltimento). Entro un anno dall'entrata in vigore della legge la giunta elabora e propone al consiglio regionale il piano regionale di organizzazione dei servizi di smaltimento per i rifiuti urbani, speciali, tossici e nocivi nonché le aree destinate alla demolizione di veicoli a motore, rimorchi e simili. La proposta, redatta sulla base di appropriate indagini, sentiti i comuni e le unità sanitarie locali, deve prevedere distintamente per ogni categoria di rifiuti: 1) i tipi e quantitativi di rifiuti da smaltire; 2) gli ambiti territoriali ottimali per la gestione dei servizi di smaltimento nonché criteri per l'organizzazione e riorganizzazione dei servizi pubblici, privilegiando eventuali forme consortili; 3) l'identificazione delle aree idonee alla realizzazione di impianti di trattamento e/o stoccaggio temporaneo o definitivo dei rifiuti, ivi compresi le piattaforme e gli impianti specializzati per i trattamenti dei rifiuti tossici e nocivi; 4) i metodi di trattamento ottimali in relazione ai tipi ed alle quantità di rifiuti nonché alle caratteristiche del territorio; 5) l'individuazione degli obiettivi prioritari e degli investimenti necessari al loro raggiungimento.

Art. 4 (procedure per l'attuazione del piano). I comuni interessati dalle previsioni e dalle destinazioni di zona contenute nel piano regionale di smaltimento dei rifiuti, approvato dalla regione, devono apportare le eventuali varianti ai piani urbanistici. Le varianti devono essere deliberate entro sessanta giorni dalla data di notificazione ai comuni del provvedimento regionale: in caso di inadempienza da parte dei comuni la giunta regionale provvede, nei successivi sessanta giorni, ad indicare i siti idonei in base alle localizzazioni contenute nel piano di cui all'articolo 3 della presente legge. Per quanto altro non espressamente previsto dal presente articolo si applicano le disposizioni di cui all'articolo 2 della legge 5 marzo 1982, n. 62.

Art. 5 (formazione del catasto dei rifiuti ed elaborazione del piano regionale di smaltimento). La giunta regionale è autorizzata ad assumere le iniziative necessarie ad assicurare lo svolgimento delle funzioni attribuite alla regione dall'articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1982, n. 915, con particolare riferimento a quelle di cui alle lettere a) ed e) del medesimo articolo e ad assumere i conseguenti impegni di spesa, promuovere e incentivare la costituzione di consorzi tra comuni. Nell'ambito di tali funzioni la giunta regionale può essere autorizzata, in via eccezionale, previo parere della competente Commissione consiliare, ad affidare ad enti, società, istituti di ricerca e a professionisti di comprovata


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esperienza incarichi di studio, consulenza, rilevazione, organizzazione di dati, anche finalizzati alle attività di pianificazione.

Art. 6 (comitato di esperti). Entro 30 giorni dalla data di pubblicazione della presente legge la giunta regionale, sentita la competente commissione consiliare, nomina un apposito comitato formato da n. 7 esperti ..............

Titolo II - Autorizzazione allo smaltimento dei rifiuti e delega di funzioni alle province.

Artt. 7 - 10 (omissis).

Art. 11 (controlli). Il controllo sulle attività di smaltimento è di competenza delle province che lo effettuano secondo quanto previsto dall'articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica 915/82. I controlli, da effettuarsi con scadenza periodica almeno semestrale, verificano l'osservanza delle disposizioni di legge, delle normative tecniche e delle prescrizioni contenute nei provvedimenti di autorizzazione e successive modifiche, nonché il regolare funzionamento delle attrezzature tecniche e degli impianti. Il primo controllo, da effettuarsi prima dell'inizio dell'attività di smaltimento, deve verificare la rispondenza degli impianti e delle attrezzature alle prescrizioni contenute nell'autorizzazione. Sono altresì sottoposte a controllo le discariche e gli impianti non più funzionanti, onde verificare l'avvenuto ripristino e la riqualificazione ambientale delle aree dismesse. I risultati dei controlli periodici vengono comunicati al settore regionale alla sanità ed al comune interessato.

Art. 12 (interventi di emergenza). Al fine di assicurare l'esecuzione immediata di interventi urgenti ed indifferibili di risanamento e bonifica, motivati da eccezionali necessità di tutela della salute pubblica o dell'ambiente, in relazione ai casi previsti dagli articoli 9 e 12 del decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1982 n. 915, la giunta regionale, sentita la competente commissione, è autorizzata ad attuare le iniziative necessarie, ad approvare i progetti di intervento e ad assumere i conseguenti impegni di spesa. Qualora le necessità di intervento di cui al comma precedente siano causate da eventi od azioni imputabili a terzi la giunta avvia contestualmente le procedure giudiziarie atte ad esercitare il diritto di rivalsa nei confronti dei soggetti penalmente e civilmente responsabili.

Art. 13 (direttive generali e norme transitorie). In attesa dell'approvazione del piano tutte le autorizzazioni già rilasciate o da rilasciare hanno carattere provvisorio. Dopo l'approvazione del piano le autorizzazioni devono comunque uniformarsi entro un anno alle previsioni in esse contenute. Nell'adottare i provvedimenti autorizzativi, debbono essere soppresse le discariche non controllate e limitare i centri di riattamento dei rifiuti al fine di incentivare l'adozione di migliori tecnologie.

Art. 14 (disposizioni finanziarie).

ALLEGATO N. 2 - Legge regionale 8 settembre 1988, n. 74 «Piano regionale di organizzazione dei servizi di smaltimento dei rifiuti solidi urbani, tossici e nocivi».

Con la legge regionale 8 settembre 1988, n. 74, la regione Abruzzo si è dotata del piano di organizzazione dei servizi di smaltimento dei rifiuti solidi urbani, tossici e nocivi. Si evidenziano di seguito brevemente i principali articoli del provvedimento regionale ed il rapporto conclusivo, per poter successivamente analizzare nel paragrafo 3 gli impianti più significativi attualmente realizzati nell'ambito regionale.

Art. 1 (approvazione del piano regionale). Il piano è costituito da un rapporto conclusivo, dalla relazione relativa alla carta dei venti, dalla cartografia relativa ai siti idonei per le discariche di 1a categoria,


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discariche A-B di 2a, per le discariche C di 2a categoria, discariche di 3a categoria ed altre rappresentazioni grafiche.

Art. 2 (metodologia del piano). Esso costituisce atto di integrazione del programma regionale di sviluppo e tiene conto dei vincoli naturalistici, idrogeologici, geofisici, nonché dell'assetto territoriale della regione quale risulta dagli atti di pianificazione già adottati.

Art. 3 (tempi di attuazione del piano). Il piano si articola in due fasi di attuazione:

a) soluzione di smaltimento a breve e medio termine che individua gli interventi necessari fino all'avvio degli interventi definitivi di piano, della durata massima di anni tre dalla data di entrata in vigore della presente legge;

b) soluzione di smaltimento a lungo termine: prevede gli interventi definitivi da avviare entro il termine massimo di anni tre dalla data di entrata in vigore delle presente legge. I soggetti attuatori della presente legge possono anticipare gli interventi previsti nella soluzione di smaltimento a lungo termine.

Le localizzazioni previste dal piano regionale di organizzazione dei servizi di smaltimento hanno carattere obbligatorio ed inderogabile, salvo che i comuni facenti parte dei consorzi per la costruzione e la gestione associata degli impianti di smaltimento comprensoriali, non deliberino, a maggioranza assoluta dei comuni partecipanti al consorzio, di localizzare l'impianto o la discarica in area preventivamente identificata di altro comune facente parte dello stesso consorzio, che dovrà esprimere il proprio consenso preventivo con deliberazione dell'Organo collegiale competente del comune. Sulla nuova localizzazione si esprime la giunta regionale, previo parere tecnico di idoneità dell'area e di coerenza con gli obiettivi del piano espresso dal comitato degli esperti.

Art. 5 (soggetti attuatori). I soggetti attuatori del presente piano sono di norma i comuni, i consorzi di comuni e le comunità montane.

Art. 7 (autorizzazioni ai privati). In ogni caso, la giunta regionale nel caso in cui i comportamenti omissivi degli enti obbligati determinino grave pregiudizio alla tutela della salute pubblica o dell'ambiente, può autorizzare la realizzazione e la gestione di impianti comprensoriali previsti dal piano da parte di privati e limitatamente alle soluzioni di smaltimento «a lungo termine». È previsto che il privato, che realizza una discarica o un impianto, deve riservare ove occorra, una quota, pari al 5 per cento della potenzialità complessiva, alla regione Abruzzo, che potrà utilizzarla per ordinanze contingibili ed urgenti. I rapporti tra comuni ed i privati gestori delle discariche vengono definiti sulla base di convenzioni.

Art. 9 (rifiuti speciali). Riguardo i rifiuti speciali le normative per le modalità di smaltimento degli stessi sono definite con regolamento da adottarsi da parte del consiglio regionale, su proposta della giunta regionale, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge. Per quanto riguarda i materiali ferrosi, la giunta regionale stipula apposita convenzione con un centro privato di rottamazione in grado di assicurare, con idonei impianti, lo smaltimento ed il trattamento di tutto il materiale prodotto in Abruzzo. Le relative determinazioni vengono definite con apposito provvedimento legislativo che assicura la copertura finanziaria dell'intervento. Fino all'approvazione del regolamento di cui al primo comma i rifiuti speciali possono essere smaltiti, previa autorizzazione della giunta regionale, secondo le procedure previste dalla delibera 27 luglio 1984 del comitato interministeriale di cui all'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1982, n. 915.

Art. 10 (rifiuti tossici e nocivi). Per i rifiuti tossico-nocivi la giunta regionale,


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per la realizzazione della soluzione di smaltimento di questi, prevista dal piano, assume gli opportuni contatti con la regione Molise al fine di individuare soluzioni in grado di garantire, oltre alla sicurezza dell'impianto, anche l'economicità dell'intervento. È possibile inoltre la realizzazione di altre discariche oltre quella prevista dal piano, qualora se ne ravvisi la necessità derivante da ragioni ambientali e di economicità.

Art. 11 (attività sanzionatorie - delega). Le attività sanzionatorie, previste dal titolo V del decreto del Presidente della Repubblica 915/82, sono delegate alle province territorialmente competenti, che le esercitano nel rispetto delle disposizioni contenute nel capo I della legge 24 novembre 1981, n. 689. I relativi proventi sono destinati alle province stesse, le quali li destinano al potenziamento delle funzioni di vigilanza, nonché alla promozione di studi e ricerche nel settore della tutela dell'ambiente.

Art. 13 (catasto regionale dei rifiuti e degli impianti di smaltimento). Il catasto regionale dei rifiuti e degli impianti di smaltimento, previsto dall'articolo 2 legge regionale 23 maggio 1985, n. 60, si articola in n. 8 sezioni distinte in: catasto degli impianti esistenti con distinzione degli impianti da bonificare, da adeguare, ovvero esauriti; degli impianti attivi autorizzati; dei progetti approvati e non realizzati; dei rifiuti ospedalieri e relativi centri di produzione; dei rifiuti speciali, tossici e nocivi e relativi centri di produzione; degli autoveicoli fuori uso e relativi centri di raccolta; delle materie secondarie e centri di produzione e di commercializzazione; delle ditte autorizzate alla raccolta e trasporto rifiuti tossici e nocivi. La redazione del catasto è affidata alle province ..........

Art. 14 (provvedimenti straordinari ed urgenti per il comune di Pescara). Uno specifico articolo del piano riguarda la provincia di Pescara ad avvenuto esaurimento delle disponibilità ottenute con la realizzazione delle opere previste nel progetto di discarica di cui alla autorizzazione concessa con delibera della giunta regionale n. 5131 del 15 settembre 1987 e qualora non siano ancora ultimate le procedure di cui agli articoli 5-7 (soggetti attuatori degli interventi) della presente legge, l'amministrazione provinciale di Pescara provvede a reperire, nell'ambito del territorio della provincia, sentiti i sindaci dei comuni interessati, un'area idonea per la localizzazione di una discarica, progettandone la realizzazione, al fine di assicurare lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani per il comune di Pescara per un periodo massimo di anni tre. L'approvazione del relativo progetto da parte della giunta regionale, che avrà luogo con le modalità previste dagli articoli 8-11 della legge regionale 23 maggio 1985, n. 60, sostituisce ad ogni effetto, ai sensi dell'articolo 3-bis, secondo comma, del decreto legge 31 agosto 1987, n. 361, convertito nella legge 29 ottobre 1987, n. 441, visti, pareri, autorizzazioni e concessioni di competenza di organi regionali, provinciali e comunali; costituisce, ove occorra, variante dello strumento urbanistico generale e comporta la dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dei lavori.

ALLEGATO N. 3 - Legge regionale 1 agosto 1991, n. 43 «Modifiche ed integrazioni alle leggi regionali 23 maggio 1985, n. 60, e 8 settembre 1988, n. 74, concernenti lo smaltimento dei rifiuti».

Art. 1 - Modifica dell'articolo 6 della legge regionale 23 maggio 1985, n. 60 (omissis).

Art. 2 - La fase di attuazione del piano di smaltimento dei rifiuti solidi urbani concernente la soluzione di smaltimento a breve e medio termine, di cui alla seconda parte del primo comma dell'articolo 3 della legge regionale 8 settembre 1988, n. 74, è prorogata fino alla data di attivazione degli impianti comprensoriali previsti dal piano. Il dimensionamento


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di ciascuna discarica deve essere comunque rapportato alle effettive esigenze del comune, in base alla popolazione ed alla presumibile utilizzazione della discarica stessa. Le autorizzazioni rilasciate dalla giunta regionale ai singoli comuni per la realizzazione e gestione di discariche di 1o categoria cessano di avere efficacia dopo il novantesimo giorno dell'avvio dell'attività di smaltimento a livello comprensoriale da parte dei competenti consorzi; i comuni competenti presentano subito dopo alla regione i progetti per la bonifica dei siti già interessati alla attività di smaltimento. La giunta regionale può, tuttavia, di intesa con la competente commissione consiliare, disporre l'ulteriore utilizzazione delle predette discariche, fino all'esaurimento totale delle potenzialità autorizzate, per le finalità previste dal successivo articolo 3 o qualora lo richiedano esigenze straordinarie di natura igienico - ambientale. All'articolo 3 della citata legge regionale 8 settembre 1988, n. 74 è apportata la seguente modifica: al primo comma - seconda parte - lett. c - del citato articolo 3 legge 74/1988 dopo le parole «... autorizzati dalla giunta regionale», viene soppressa la locuzione «d'intesa con la competente commissione consiliare», proseguendo, poi, «anche in deroga alle previsioni del piano...». Alla fine del citato articolo 3 della legge regionale 74/88, dopo il primo comma, viene aggiunto il seguente ...........(omissis).

Art. 3 - La commissione di valutazione prevista dall'articolo 8 della legge regionale 74/88, che deve assicurare le esigenze di sicurezza e di salvaguardia dai pericoli dell'inquinamento relativamente alle autorizzazioni per l'attivazione o l'adeguamento degli impianti di incenerimento dei rifiuti solidi urbani, è costituita da apposita sottocommissione, composta da n. 5 membri del comitato regionale inquinamento atmosferico di cui alla legge regionale 28 dicembre 1983, n. 78. Tale sottocommissione è nominata, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, dalla giunta regionale, d'intesa con la commissione consiliare competente.

ALLEGATO N. 4 - Legge regionale 7 luglio 1992, n. 43 «Modifiche ed integrazioni alle leggi regionali 8 settembre 1988, n. 74, e 1 agosto 1991, n. 43 (smaltimento rifiuti)».

Art. 1 - Modifica del primo comma dell'articolo 2 della legge regionale 1 agosto 1991, n. 43... (omissis).

Art. 2 - La riserva del 5 per cento in favore della regione Abruzzo, di cui all'articolo 7 - secondo comma della legge regionale 8 settembre 1988, n. 74, si applica anche alle discariche realizzate dagli enti di cui all'articolo 5 - primo comma - della legge regionale 8 settembre 1988, n. 74 (comuni, consorzi di comuni e comunità montane) e potrà essere utilizzata, ove occorra, a mezzo di ordinanze contingibili ed urgenti, ai sensi dell'articolo 12 del decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1982, n. 915.

Art. 3 - Fermi restando gli ambiti territoriali dei consorzi comprensoriali previsti dal a legge regionale 8 settembre 1988, n. 74, i comuni possono associarsi per realizzare ambiti territoriali di smaltimento sub-comprensoriali, di durata predeterminata, previa verifica della loro congruenza con criteri di economicità e di tutela dell'ambiente. I comuni realizzano le anzidette forme associate di gestione dei servizi di smaltimento mediante appositi consorzi sub-comprensoriali o mediante le convenzioni di cui all'articolo 24 legge 8 giugno 1990, n. 142, previa localizzazione dell'impianto o della discarica in area preventivamente identificata di un comune facente parte dello stesso sub- comprensorio, che dovrà esprimere il proprio consenso preventivo con deliberazione dell'organo collegiale competente. Sulla localizzazione dell'impianto o della discarica sub-comprensoriale si esprime la giunta regionale, previa acquisizione dei


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pareri tecnici di idoneità dell'area, ai fini urbanistici, del settore urbanistica e BBAA, e di coerenza con gli obiettivi del piano espresso dal comitato degli esperti, di cui all'articolo 1 della legge regionale 1 agosto 1991, n. 43. Per le discariche attualmente in funzione e non autorizzate e che siano in possesso dei seguenti requisiti: a) siano a distanza di almeno m. 200 da punti di approvvigionamento di acque destinate ad uso potabile; b) siano distanti almeno m. 150 dall'alveo di piena di laghi, fiumi e torrenti; c) siano in zona compatibile con gli usi previsti dal vigente piano regionale paesistico; d) siano distanti almeno m. 200 da centri abitati e sistemi viari di grande comunicazione; e) siano munite di recinzione di altezza non inferiore a m. 2; f) siano munite di perizia geologica attestante che lo spessore, la permeabilità e la capacità di ritenzione e assorbimento degli strati interposti tra la massa dei rifiuti e le acque superficiali e di falde siano tali da preservare, per il periodo di tempo di applicazione delle disposizioni della presente legge, le acque medesime dall'inquinamento. I sindaci dei relativi comuni potranno chiedere alla giunta regionale l'autorizzazione provvisoria sino al 30 giugno 1993, previa domanda opportunamente documentata. La giunta regionale, su parere della conferenza, di cui al punto 3-bis della legge 29 ottobre 1987, n. 441, rilascia al comune la predetta autorizzazione provvisoria.

Art. 4 - Modifica dell'articolo 1 della citata legge regionale 1 agosto 1991, n. 43, .....(omissis) - Artt. 5 e 6 (omissis).

ALLEGATO N. 5 - Legge regionale 30 agosto 1996, n. 73 «Disposizioni per l'adeguamento del piano di organizzazione dei servizi di smaltimento dei rifiuti».

Art. 1 (adeguamento del piano).
1. La giunta regionale in attuazione dell'articolo 3, primo comma, della legge regionale 5 gennaio 1996, n. 2, elabora la proposta di adeguamento del piano per l'organizzazione dei servizi di smaltimento dei rifiuti di cui all'articolo 6, primo comma, lettera a) del decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1982, n. 915, avvalendosi delle strutture regionali e dell'apporto delle province, dei consorzi istituiti con legge regionale 8 settembre 1988, n. 74 e dei comuni, per il perseguimento delle seguenti finalità: a) contenimento della produzione dei rifiuti; b) raccolta differenziata, riciclaggio e trattamenti idonei alle singole tipologie di rifiuti, divieto di stoccaggio definitivo in discarica delle frazioni recuperabili dei rifiuti provenienti dalla stessa raccolta differenziata; c) recupero di materiali e di energia anche nella fase di smaltimento finale; d) progressiva riduzione dello smaltimento indifferenziato dei rifiuti urbani, nonché della quantità e pericolosità delle frazioni non recuperabili da avviare allo smaltimento finale; e) progressivo raggiungimento dell'obiettivo dell'autosufficienza del sistema di smaltimento dei rifiuti a livello regionale; f) contenimento dei costi delle fasi di smaltimento dei rifiuti; g) individuazione di nuove tecnologie per il raggiungimento delle finalità di cui ai precedenti punti.
2. Per le finalità di cui al precedente comma la giunta, nella elaborazione della proposta, valuta preliminarmente la situazione quali/quantitativa della produzione dei rifiuti sul territorio regionale, mediante l'acquisizione di dati analitici sui rifiuti speciali e sui rifiuti tossici e nocivi, le sue tendenze evolutive e il quadro complessivo delle azioni da attivare ai fini della costituzione di un sistema organico, territorialmente autosufficiente e funzionalmente integrato per la raccolta, il trasporto, il recupero, il trattamento e lo smaltimento dei rifiuti. In particolare: a) determina gli obiettivi quali/quantitativi da raggiungere per l'intero territorio regionale tramite la gestione dei servizi di raccolta differenziata; b) individua gli interventi necessari per ridurre la produzione dei rifiuti; c) individua gli interventi necessari per promuovere ed incentivare il riutilizzo, il riciclo ed il recupero dei materiali provenienti dai processi produttivi, allo scopo di pervenire a significative


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riduzioni delle quote di rifiuti da avviare ad altre forme di smaltimento; d) detta criteri, articolati per categorie di rifiuti, per la scelta delle tecnologie di smaltimenti; e) detta i criteri per l'individuazione dei bacini di utenza, articolati per categorie di rifiuti, in cui programmare il raggiungimento dell'autosufficienza; f) fissa gli indirizzi per la bonifica delle discariche dismesse e, comunque, delle aree inquinate dallo smaltimento; g) indica i flussi e gli strumenti finanziari necessari per realizzare gli interventi previsti.
3. Per l'espletamento dei compiti di supporto alle strutture regionali, la giunta regionale si avvale della collaborazione di istituti, enti o esperti esterni mediante conferimento di appositi incarichi. Per quanto attiene alle modalità di conferimento degli incarichi, i compensi da corrispondere ed i casi di incompatibilità, si applicano le disposizioni di cui alla legge regionale 9 settembre 1986, n. 52, e successive modificazioni ed integrazioni.
4. Il consiglio regionale, su proposta della giunta, provvede all'approvazione dell'adeguamento del piano che entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della regione. I contenuti del piano regionale mantengono la loro validità senza limiti di tempo fino a che non sono modificati dal consiglio regionale con ulteriori aggiornamenti e le relative disposizioni sono vincolanti per le province, per i consorzi, per i comuni e per gli enti pubblici, nonché per i concessionari o affidatari dei pubblici servizi e per i soggetti privati interessati alla produzione, allo smaltimento ed al riutilizzo dei rifiuti.
5. L'articolo 2, secondo comma, della legge regionale 8 settembre 1988 n. 74, è abrogato.

Art. 2 (smaltimento rifiuti speciali e tossici).
1. Fino all'entrata in vigore del nuovo piano regionale di organizzazione dei servizi di smaltimento dei rifiuti di cui all'articolo 1 della legge regionale n. 2/96 le discariche per rifiuti di tipo 2B e 2C attualmente in esercizio cessano la loro attività allo scadere dell'autorizzazione amministrativa di cui sono in possesso alla data di entrata in vigore della presente legge.
2. L'articolo 4 della legge regionale n. 65/93 così come modificato dall'articolo 1 della legge regionale n. 17/94, si applica anche in caso di concessione di autorizzazione di rinnovo e/o ampliamento delle discariche e degli impianti ivi previsti.

Art. 3 (norma finanziaria).

ALLEGATO N. 6 - Legge regionale 5 dicembre 1996, n. 122 «Disposizioni urgenti per fronteggiare la situazione di emergenza dello smaltimento dei rifiuti solidi urbani nei comuni facenti parte del consorzio comprensoriale dell'area pescarese».

Art. 1 - Per l'anno 1996 è autorizzata la spesa di L. 1.900.000.000 per fronteggiare la situazione di emergenza dello smaltimento dei rifiuti solidi urbani e assimilabili dei comuni facenti parte del consorzio comprensoriale obbligatorio dell'area pescarese, costituito in attuazione dell'articolo 6, 2o comma, del decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1982, n. 915. A tal fine, la giunta regionale eroga al predetto consorzio un contributo straordinario di L. 1.900.000.000 per la realizzazione di uno o più impianti di smaltimento dimensionati al fabbisogno emergenziale, nel breve periodo, di tutti i comuni facenti parte dello stesso consorzio. Il consorzio, entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge, approva i progetti degli impianti da realizzare ed effettua, in sede progettuale, la scelta dei siti idonei allo smaltimento dei rifiuti, anche mediante adeguamento o ampliamento di discariche comunali, autorizzate e in esercizio, esistenti nel proprio territorio. Gli impianti indicati nei precedenti commi restano


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soggetti ad approvazione ed autorizzazione secondo la normativa vigente. Qualora il consorzio non provvede nel termine di cui al comma precedente, la giunta regionale, previa diffida, adotta i provvedimenti straordinari previsti e disciplinati dall'articolo 4, secondo comma, della legge regionale 5 gennaio 1996, n. 2, avvalendosi di un commissario ad acta. L'erogazione del contributo è disposta anche per mezzo di acconti in base alla necessità di spesa documentata in corrispondenza dello stato di avanzamento dei lavori.

Art. 2 - I commissari straordinari per la gestione dei consorzi obbligatori comprensoriali, nominati dal consiglio regionale per l'attuazione degli interventi di realizzazione e gestione degli impianti di smaltimento dei rifiuti solidi urbani, previsti dalla legge regionale 8 settembre 1988, n. 74, restano in carica per non più di 90 giorni decorrenti dalla data di entrata in vigore della presente legge ed entro tale termine promuovono gli atti necessari alla ricostituzione degli organi di amministrazione. Decorso il detto termine trovano applicazione le disposizioni di cui al decreto legge 16 giugno 1994, n. 293, convertito nella legge 15 luglio 1994, n. 444.

Art. 3 (oneri finanziari).

Art. 4 (urgenza)».

Invita il relatore Asciutti a prendere la parola.

Il senatore Franco ASCIUTTI (FI), relatore, illustra le proposte emendative presentate.
Una proposta emendativa del senatore Specchia tende a dare menzione, nella premessa della relazione, dell'audizione della dottoressa Mantini, sostituto procuratore della Repubblica di Vasto, svoltasi in Commissione il 28 gennaio scorso.
Una proposta emendativa presentata dal senatore Specchia, dal senatore Cozzolino e dal deputato Marengo tende ad aggiungere, nella parte relativa alle audizioni svolte in Abruzzo dalla Commissione, alcune parole per dare menzione dell'esposto denuncia trasmesso alla Commissione ed alla procura di Teramo dall'associazione Ambiente e/è vita nel gennaio 1998, relativamente a continui smaltimenti per interramento di fanghi industriali provenienti dalla zona di Ancona ed effettuati da alcuni trasportatori nelle cave di ghiaia site in località Risteccio di Civitella del Tronto.
Un'altra proposta emendativa presentata dal senatore Specchia, dal senatore Cozzolino e dal deputato Marengo tende ad aggiungere, al termine della parte relativa ai sopralluoghi svolti dalla Commissione, alcune considerazioni sulla necessità di una specifica indagine sull'attività del consorzio CONIV sito in località San Salvo Bosco Mottice; tale indagine, oltre a chiarire le modalità di gestione dei rifiuti del CONIV, dovrebbe anche chiarire l'origine delle periodiche esalazioni maleodoranti che si presentano sotto forme di nube tossica. Tale nube ha comportato e comporta malori e ricoveri in ospedale degli operai della Vibrosud ad essa esposti, per cui sono stati effettuati studi e rilievi da parte di alcuni enti, come l'ANPA, l'ASL, il CNR ed il comune di San Salvo. L'acquisizione della relativa documentazione potrebbe fornire elementi utili alla Commissione per chiarire le cause all'origine del fenomeno.
Si dichiara favorevole alle proposte emendative testé illustrate.

Il deputato Franco GERARDINI (DS-U) illustra una sua proposta emendativa che tende ad integrare, nelle considerazioni finali del documento, le valutazioni relative al processo di infiltrazione della criminalità organizzata in Abruzzo ed alle azioni di contrasto che si rendono necessarie.

Il senatore Franco ASCIUTTI, relatore, si dichiara favorevole alla proposta emendativa del Vicepresidente Gerardini.


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Il deputato Massimo SCALIA, presidente, ringrazia il relatore, i commissari ed i collaboratori della Commissione per il lavoro svolto. Passa quindi alla votazione.

La Commissione consente sulle modifiche in precedenza proposte ed approva, all'unanimità, il documento nel suo complesso.

COMUNICAZIONI DEL PRESIDENTE

Il deputato Massimo SCALIA, presidente, avverte che la Commissione tornerà a riunirsi giovedì 11 marzo 1999, alle ore 13,30, per ascoltare i rappresentanti della Conferenza Stato-regioni e dell'ANCI.

La seduta termina alle 15.

N.B. Il resoconto stenografico della seduta verrà pubblicato in un fascicolo a parte.