CAMERA DEI DEPUTATI - XIII LEGISLATURA
Resoconto della Commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività ad esso connesse


Commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività ad esso connesse

SOMMARIO

Giovedì 17 dicembre 1998


Sulla pubblicità dei lavori. ... 98

Seguito dell'esame ed approvazione della proposta di relazione sulla regione Puglia (relatore: senatore Giovanni Polidoro). ... 98


Commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività ad esso connesse - Resoconto di giovedì 17 dicembre 1998


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Giovedì 17 dicembre 1998. - Presidenza del Presidente Massimo SCALIA.

La seduta comincia alle 14.

Sulla pubblicità dei lavori.

Il Presidente Massimo SCALIA avverte che, non essendovi obiezioni, l'odierna seduta verrà ripresa mediante il sistema televisivo a circuito chiuso; avverte inoltre che verrà redatto e pubblicato il resoconto stenografico della seduta.

Seguito dell'esame ed approvazione della proposta di relazione sulla regione Puglia (relatore: senatore Giovanni Polidoro).

Il Presidente Massimo SCALIA ricorda che la proposta in titolo è stata illustrata dal relatore nella seduta del 19 novembre scorso e che si è proceduto alla discussione nella seduta del 9 dicembre.
Fa presente che entro il termine fissato a ieri, 16 dicembre, non sono pervenute proposte emendative. Chiede quindi al relatore se intenda formulare ulteriori osservazioni.

Il senatore Giovanni POLIDORO, relatore, dopo aver ringraziato il Presidente, gli uffici di segreteria ed i collaboratori della Commissione, ritiene che nella parte relativa alle conclusioni debbano essere apportate alcune lievissime modifiche di carattere formale, che illustra brevemente.
Fa presente che il testo risulta quindi del seguente tenore:

«RELAZIONE SULLA PUGLIA

Premessa.

La Puglia è la seconda regione italiana (dopo la Campania) ad essere interessata da un provvedimento di commissariamento avente come oggetto lo specifico settore dello smaltimento dei rifiuti. La situazione emergenziale, perdurante dal 1994, ha indotto la Commissione a dare priorità alla 'indagine' ricognitiva in quel territorio regionale; peraltro la Commissione già era in possesso di ulteriori elementi, ivi compresi illeciti connessi al ciclo dei rifiuti, in merito alla gestione dei rifiuti industriali e in merito a particolari situazioni di emergenza ambientale.
Al fine di offrire un quadro unitario delle complesse ed articolate situazioni, alcune delle quali hanno generato inchieste e procedimenti di natura penale, sono state deliberate audizioni e visite sopralluogo per verificare l'attuale stato dell'azione dei pubblici poteri in tema di rifiuti, le questioni pendenti aventi riflessi di carattere penale, i comportamenti delle


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imprese impegnate nel settore, gli impatti sull'ambiente derivanti dalle politiche sui rifiuti e dai comportamenti dei soggetti interessati, gli interessi di natura economica e le eventuali infiltrazioni della criminalità comune ed organizzata nell'affaire rifiuti.
L'attività della Commissione - e questa relazione - vuole essere un momento di riflessione rispetto a quanto svolto dai pubblici poteri e offrire - per quanto possibile - utili indicazioni per agevolare, per quanto possibile, il superamento di questa lunga fase di emergenza.

1. L'attività conoscitiva della Commissione.

1.1. Le audizioni e le missioni riguardanti la Puglia.

Una delegazione della Commissione, composta dal Presidente onorevole Scalia, dall'onorevole Iacobellis e dal senatore Specchia si è recata in missione in Puglia nei giorni 15 e 16 gennaio 1998. Il 15 gennaio la delegazione ha effettuato sopralluoghi presso la discarica Ines sud in località Contrada Formica (Brindisi), presso l'impianto Enichem di Brindisi, presso l'ex stabilimento Fibronit di Bari e presso l'ex gazometro di Bari. La delegazione si è quindi recata presso la prefettura di Bari dove si sono tenute le audizioni del prefetto Giuseppe Mazzitello, dell'assessore all'ambiente della regione Puglia, Mattia Mincuzzi, del subcommissario delegato all'emergenza rifiuti in Puglia, Biagio Ciuffreda, del coordinatore del settore smaltimento rifiuti della regione Puglia, Salvatore Sechi, del coordinatore dell'ufficio del commissario all'emergenza rifiuti in Puglia, Luca Limongelli, del sostituto procuratore della Repubblica presso la pretura di Bari, Roberto Rossi, dell'assessore all'igiene e all'ambiente del comune di Bari, Giuseppe Mirizzi, del presidente della commissione ambiente della Confindustria-Federpuglia, Giovanni Pluchino, del consulente dell'Assoindustria di Bari, Francesco Messa; del rappresentante dell'associazione Anarres, Gianluigi Cesari; del legale dell'associazione Anarres, Salvatore Sparapano; del presidente di Legambiente Puglia, Domenico Lobaccaro; del presidente dell'Abap, Massimo Blonda; della vicepresidente di Ambiente e/è vita della provincia di Foggia, Valeria Caniglia Sannoner; del rappresentante di Italia Nostra in Puglia, Enzo Cancellara; della rappresentante del WWF-Puglia, Gabriella Fagioli. Il 16 gennaio la delegazione si è recata presso la prefettura di Foggia dove si sono svolte le audizioni del prefetto Benedetto Fusco, del sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Lucera, Antonio La Ronga, dell'assessore all'ambiente della provincia di Foggia, Antonio Lapollo, e del dirigente dell'ufficio ambiente della provincia di Foggia, Franco Nardelli. La delegazione ha quindi effettuato un sopralluogo presso l'impianto della Geovis Green a Trinitapoli (Foggia).
La Commissione ha proceduto poi all'audizione, in sede di adunanza plenaria il 12 novembre 1998, del presidente della giunta regionale della Puglia e commissario delegato per l'emergenza socio-economico ambientale, Salvatore Distaso; del presidente della commissione scientifica per l'emergenza socio-economico-ambientale, Walter Ganapini; del subcommissario per l'emergenza socio-economico-ambientale, Biagio Ciuffreda; del coordinatore dell'ufficio del commissario delegato, Luca Limongelli.

1.2. Quadro di sintesi delle audizioni relative alla Puglia.

La Commissione nel corso della missione svolta in questa regione e delle audizioni ad essa dedicate ha inteso incontrare quei soggetti che - per via dei loro incarichi - meglio potevano fornire il quadro dell'attuale situazione. In questa sede si fornisce il quadro di quanto rilevato dalle persone audite. Tale quadro è stato successivamente aggiornato grazie alla continua acquisizione di materiali fatta dalla Commissione.
La situazione regionale illustrata dal prefetto di Bari ha denunciato l'esistenza


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di un sostanziale oligopolio, che gestisce la quasi totalità delle discariche pugliesi. Ciò influenzerebbe, tra l'altro, il regime tariffario, non rispondente ai normali criteri di mercato; tale situazione è agevolata da una sostanziale assenza di un sistema pubblico di impianti di smaltimento e soprattutto dal fatto che i rifiuti solidi urbani continuano ad avere come destinazione pressoché unica la discarica.
Una situazione di fatto confermata dai rappresentanti della regione e del commissariato all'emergenza rifiuti, che hanno fatto anche notare che le ordinanze con le quali dal 1994 la Puglia veniva sottoposta a tale regime non fornirono al commissario poteri per la gestione dell'emergenza stessa, ma gli imposero unicamente la messa a punto di una strategia per un ritorno alla normalità e soprattutto per l'adeguamento alla normativa nazionale. Ne consegue - secondo i rappresentanti della regione e del commissariato - che nessuno è stato (ed è) in grado di governare l'esistente e ciò ha determinato (e determina) l'impossibilità di gestire la fase di crisi che da anni caratterizza il ciclo dei rifiuti in Puglia.
Anche i rappresentanti delle associazioni ambientaliste hanno confermato che l'emergenza è stata fino a questo momento affrontata con strumenti provvisori, inadeguati a porre termine al perdurante stato di crisi. Sono stati, in particolare, criticati quei provvedimenti che hanno consentito alle discariche esistenti di ampliare le loro volumetrie: ciò, da un lato, ha lasciato il sistema di smaltimento nelle mani dei pochi privati operanti nel settore, dall'altro ha determinato ulteriori ritardi nell'attivazione della gestione integrata dei rifiuti.
Le associazioni ambientaliste hanno, inoltre, segnalato gravi situazioni di inquinamento, sulle quali la Commissione ha effettuato anche opportuni approfondimenti sentendo anche i rappresentanti del comune di Bari e dell'autorità giudiziaria.
Particolare attenzione è stata dedicata alla situazione in provincia di Foggia: dai documenti e dagli esposti acquisiti tale territorio risulta da sempre infatti caratterizzato da una situazione gravemente deficitaria per quanto riguarda gli impianti di smaltimento; e in provincia si era verificato - nei giorni precedenti la visita della Commissione - un grave episodio di violazione dell'ordinanza commissariale regionale che vieta l'introduzione di rifiuti da altre regioni italiane. Di quest'episodio specifico si dirà in seguito; per quanto riguarda invece la situazione relativa allo smaltimento sia il prefetto che i rappresentanti della provincia hanno evidenziato la difficoltà a reperire siti idonei, anche per la scarsa disponibilità mostrata dai comuni. Va tuttavia detto che anche in questo caso l'attenzione dell'ente locale è risultata centrata essenzialmente sulla ricerca di nuove discariche, anziché sulla proposizione di una gestione fondata sul recupero del materiale.
La delegazione della Commissione ha inteso valutare le informazioni giunte in merito a episodi di presunta contaminazione radioattiva in alcuni siti della provincia. L'autorità giudiziaria audita ha però al riguardo fornito informazioni sufficientemente dettagliate, in base alla quale la radioattività rilevata era da attribuire essenzialmente alla conformazione geologica del territorio e dei materiali che erano stati rinvenuti.
Infine, il commissario delegato ha dettagliatamente illustrato alla Commissione le iniziative assunte in merito all'emergenza rifiuti in Puglia nel corso dell'ultimo anno. Il commissario delegato e gli altri rappresentanti della struttura commissariale hanno tuttavia, anche in tale occasione, evidenziato difficoltà di diversa natura sulla strada del ritorno ad una situazione di normalità nella gestione dei rifiuti solidi urbani in Puglia; in particolare, sono state segnalate difficoltà per le provincie di Foggia, Taranto e Brindisi, nonché nel sistema della raccolta differenziata che stenta a trovare una sua collocazione, soprattutto a causa del deficit di impianti di recupero. L'avvio delle procedure per la realizzazione di tali


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impianti nella regione - così come ricordato dal commissario - dovrebbe consentire di superare anche tale ostacolo.

2. La normativa regionale e lo stato di attuazione. L'azione delle pubbliche amministrazioni.

2.1. La legislazione d'emergenza ed il piano degli interventi.

La prima pianificazione regionale in tema di rifiuti si è avuta in Puglia nel 1993, con il piano per lo smaltimento dei rifiuti urbani. Il testo suddivideva la regione in 18 bacini di utenza, ripartiti nelle provincie nel seguente ordine: 5 bacini nelle provincie di Bari e Foggia, 3 bacini nelle provincie di Lecce e Taranto, e 2 bacini in provincia di Brindisi. Secondo il piano, i rifiuti dovevano avere tre destinazioni principali: inceneritori, impianti di compostaggio e discariche, con una distribuzione omogenea degli impianti nei diversi bacini di utenza. Lo strumento normativo tuttavia risultava del tutto privo di specifiche indicazioni in merito alle possibili localizzazioni degli impianti di smaltimento, contenendo quindi in sè la base per il suo sostanziale fallimento.
In effetti, nel novembre 1994 un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dichiarava lo stato di emergenza socio-economico-ambientale della regione Puglia, affidando al prefetto di Bari i compiti di commissario delegato a tutto il 1995. Dal giugno 1996 l'incarico di commissario delegato per l'emergenza rifiuti è stato affidato al presidente della giunta regionale, decisione confermata dalle ordinanze con le quali lo stato di emergenza in tema di rifiuti è stato reiterato per il 1997 ed il 1998.
Per quanto riguarda il piano del 1993, va posto in evidenza che nessuna delle previsioni in esso contenute vennero realizzate. In particolare, non si costituì nessuno dei diciotto bacini di utenza previsti, non si realizzò alcun nuovo impianto e non si attivò nella regione la raccolta differenziata. In pratica, lo stato d'emergenza intervenne su una situazione di fatto identica a quella precedente l'emanazione del piano.
La struttura commissariale varò un primo programma d'emergenza nel dicembre 1996, successivamente rivisto alla luce dell'emanazione del decreto legislativo n. 22 del 1997 e ripubblicato il 28 luglio 1997. È opportuno, in questa sede, riportare la fotografia delle situazioni di crisi preesistenti all'emanazione del programma d'emergenza del 1997, così come riportate dallo stesso testo.
Per la provincia di Foggia si segnala una situazione di emergenza definita «cronica» dallo stesso programma, con il ricorso da parte di oltre il 50 per cento dei comuni dell'area a soluzioni di smaltimento in base all'articolo 12 del decreto del Presidente della Repubblica 915/82, alcune delle quali attive addirittura all'interno del parco nazionale del Gargano. In provincia di Bari la situazione di maggiore crisi è determinata dal territorio meridionale, che in gran parte smaltisce presso impianti localizzati in provincia di Taranto. Secondo il programma, anche la provincia di Brindisi presenta aspetti di grave preoccupazione, con l'approssimarsi dell'esaurimento delle discariche esistenti nell'area. Difficile la situazione anche in provincia di Taranto, dove il programma segnala il funzionamento di due soli impianti, a Massafra e Castellaneta, impegnati anche a ricevere rifiuti provenienti dalla provincia di Bari. Solo la provincia di Lecce, secondo il testo commissariale, non presenta situazioni di crisi immediate, anche se prevedibili nel medio termine.

2.1.1. Il nuovo piano regionale d'emergenza e i bacini di utenza.

Il programma d'emergenza realizzato dalla struttura commissariale - così come il piano regionale del 1993 - suddivide il territorio regionale in 18 bacini di utenza, nella maniera sottoindicata provincia per provincia:
Provincia di Foggia, 5 bacini di utenza.


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Bacino Fg1, area Gargano settentrionale. Ne fanno parte 18 comuni, che conferiscono presso la discarica controlla di Vieste. La produzione di rsu è di 187 ton/giorno.
Bacino Fg2, area Sub Appennino occidentale. Ne fanno parte 14 comuni; non esiste alcun impianto di smaltimento di bacino. La produzione di rsu è di 156 ton/giorno.
Bacino Fg3, area Gargano meridionale-Foggia-Sub Appennino sud occidentale. Ne fanno parte 14 comuni, che conferiscono presso le discariche di Foggia e Manfredonia. La produzione di rsu è di 310 ton/giorno.
Bacino Fg4, area Tavoliere. Ne fanno parte 8 comuni; non esiste alcun impianto di smaltimento di bacino. La produzione di rsu è di 161 ton/giorno.
Bacino Fg5, area Sub Appennino meridionale. Ne fanno parte 10 comuni, che conferiscono presso la discarica di Panni. La produzione di rsu è di 31 ton/giorno.

La situazione relativa alle capacità di smaltimento, secondo il programma, è la seguente: la discarica di Vieste ha una volumetria utile residua di 60.000 mc; la discarica di Foggia ha una volumetria residua di 7.000 mc, con una richiesta di ampliamento pari a 63.000 mc; la discarica di Manfredonia è in fase di esaurimento, con un progetto di ampliamento approvato per ulteriori 46.000 mc; la discarica di Panni ha una volumetria residua di 10.000 mc.
Nella provincia il programma di emergenza prevede, nel breve termine, il completamento delle attrezzature per la raccolta differenziata; la realizzazione di 3 centri di selezione a Carpino (per il bacino Fg1), a Foggia (per i bacini Fg2 e Fg3) e a Cerignola (per i bacini Fg4 e Fg5).
Gli interventi programmati per il medio termine riguardano: impianti per la selezione del rifiuto tal quale residuale della raccolta differenziata, da realizzarsi in testa alle discariche; un centro per la produzione di Rdf da realizzarsi a Foggia; tre linee di compostaggio da realizzarsi a Carpino, Lucera e Cergnola; il potenziamento dei tre centri di selezione, da realizzarsi nel programma di breve periodo.
Secondo il programma, nella provincia di Foggia la raccolta differenziata dovrà essere attivata grazie alla creazione di isole ecologiche nelle aree costiere del Gargano, alla dislocazione di campane per il vetro e la plastica, ed all'individuazione di centri di raccolta per la carta. Si prevede, inoltre, lo sviluppo di un progetto di lavori di pubblica utilità per la raccolta porta a porta nel centro storico di Foggia.
Provincia di Bari, 5 bacini di utenza:
Bacino Ba1, area nord barese. Ne fanno parte 9 comuni, che conferiscono presso le discariche di Andria e Trani. La produzione di rsu è di 515 ton/giorno.
Bacino Ba2, area Bari e comuni prima cintura. Ne fanno parte 5 comuni, che conferiscono presso la discarica di Bitonto. La produzione di rsu è di 537 ton/giorno.
Bacino Ba3, area sud barese. Ne fanno parte 16 comuni; non esiste un impianto di smaltimento di bacino. La produzione di rsu è di 270 ton/giorno.
Bacino Ba4, area Murgia. Comprende 6 comuni, che smaltiscono presso la discarica di Altamura. La produzione di rsu è di 157 ton/giorno.
Bacino Ba5, area sud-est barese, Valle d'Itria. Ne fanno parte 12 comuni, che smaltiscono presso la discarica di Conversano. La produzione di rsu è di 297 ton/giorno.

L'attuale sistema di smaltimento in provincia di Bari, secondo il programma, ha una capacità così suddivisa: Andria, con una volumetria residua di 55.000 mc; Trani, con una volumetria residua di 120.000 mc, per la quale è stato autorizzato un ulteriore ampliamento; Bitonto, con una volumetria residua di 150.000 mc;


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Altamura, con una volumetria residua di 92.000 mc; Conversano, con una volumetria residua di 50.000 mc.
Nella provincia di Bari, il programma di emergenza prevede, nel breve termine, il completamento delle attrezzature per la raccolta differenziata; la realizzazione di quattro centri di selezione a Molfetta o Trani (per il bacino Ba1 e per tre comuni del bacino Ba4), a Bari (per il bacino Ba2), ad Acquaviva delle Fonti (per il bacino Ba3), a Conversano (per il bacino Ba5 e per tre comuni del bacino Ba4); l'attivazione dell'impianto di compostaggio di Molfetta, a servizio del bacino Ba1.
Nel medio termine, il programma di emergenza prevede l'attivazione di quattro linee di compostaggio a Bari (per il bacino Ba2), Grumo Appula (bacino Ba3), Gravina di Puglia (bacino Ba4) e Gioia del Colle (bacino Ba5); la creazione di centri di selezione in testa alle discariche per il rifiuto tal quale residuale della raccolta differenziata; la realizzazione di tre linee per la produzione di RDF a Bisceglie o Trani (bacino Ba1), a Bari (bacino Ba2) e Gioia del Colle (bacino Ba5). Infine, il potenziamento dei quattro centri di selezione previsti nel breve termine.
Secondo il programma, nella provincia di Bari la raccolta differenziata dovrà essere attivata grazie alla dislocazione di campane per il vetro e la plastica ed all'individuazione di centri di raccolta per la carta. Si prevede, inoltre, lo sviluppo di un progetto di lavori di pubblica utilità per la raccolta porta a porta nel comune di Bari.

Provincia di Brindisi, 2 bacini di utenza:
Bacino Br1, area fascia costiera. Comprende 11 comuni, che conferiscono presso le discariche di Brindisi, Torchiarolo e S.Pietro Vernotico, nonché presso l'impianto di compostaggio di Brindisi. La produzione di rsu è di 309 ton/giorno.
Bacino Br2, area interna. Ne fanno parte 9 comuni, che conferiscono presso la discarica di Villa Castelli. La produzione di rsu è di 151 ton/giorno.

Il sistema di smaltimento precedente il programma poggia sulla linea di compostaggio di Brindisi, con una potenzialità di 100 ton/giorno; sulla discarica di Brindisi, con un volume residuo di 105.000 mc; sulle discariche di S.Pietro Vernotico, Torchiarolo e Villa Castelli, tutte in via di esaurimento.
Il programma prevede, nel breve termine, il completamento delle attrezzature per la raccolta differenziata; l'attivazione di due centri di selezione a Brindisi (per il bacino Br1) ed a Francavilla Fontana (bacino Br2); l'adeguamento dell'impianto di compostaggio di Brindisi.
Nel medio termine, il programma prevede la realizzazione di impianti di selezione del rifiuto tal quale residuale della raccolta differenziata in testa alle discariche; la realizzazione di una linea di produzione di RDF a Brindisi; il completamento della linea di compostaggio di Brindisi; il potenziamento dei due centri di selezione da realizzare nel breve termine.
Secondo il programma, nella provincia di Brindisi la raccolta differenziata dovrà essere attivata grazie alla creazione di isole ecologiche nelle aree costiere, alla dislocazione di campane per il vetro e la plastica ed all'individuazione di centri di raccolta per la carta. Si prevede, inoltre, lo sviluppo di un progetto di lavori di pubblica utilità per la raccolta porta a porta nel comune di Brindisi.

Provincia di Lecce, 3 bacini di utenza:
Bacino Le1, area nord. Comprende 27 comuni, che conferiscono presso la discarica di Lecce. La produzione di rsu è di 437 ton/giorno.
Bacino Le2, area centro. Comprende 46 comuni, che conferiscono presso la discarica di Nardò. La produzione di rsu è di 357 ton/giorno.
Bacino Le3, area sud. Ne fanno parte 24 comuni, che conferiscono presso la discarica di Ugento. La produzione di rsu è di 238 ton/giorno.


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Secondo il programma, queste sono le disponibilità degli impianti in esercizio: la discarica di Lecce ha una volumetria residua di 51.500 mc; la discarica di Nardò ha una capacità ulteriore di 113.000 mc; la discarica di Ugento ha una capacità residua di 175.000 mc.
Nel breve periodo, si prevede il completamento delle attrezzature per la raccolta differenziata; la realizzazione di tre centri di selezione a Campi Salentina (bacino Le1), a Melpignano (bacino Le2) ed Ugento (bacino Le3); la realizzazione di una linea di compostaggio a Lecce, a servizio del bacino Le1.
Nel medio termine, il programma prevede la realizzazione di due linee di compostaggio a Melpignano (bacino Le2) ed Ugento (bacino Le3); di impianti di selezione del rifiuto tal quale residuale della raccolta differenziata in testa alle discariche; la realizzazione di un centro per la produzione di CDR a Lecce e di un centro, sempre a Lecce, per la prima lavorazione dei materiali provenienti dalla raccolta differenziata.
Secondo il programma, nella provincia di Lecce la raccolta differenziata dovrà essere attivata grazie alla creazione di isole ecologiche nelle aree costiere di rilevante interesse turistico, alla dislocazione di campane per il vetro e la plastica ed all'individuazione di centri di raccolta per la carta. Si prevede, inoltre, lo sviluppo di un progetto di lavori di pubblica utilità per la raccolta porta a porta nel centro storico di Lecce.

Provincia di Taranto, 3 bacini di utenza:
Bacino Ta1, area Arco Jonico occidentale. Comprende 7 comuni, che conferiscono presso le discariche di Massafra e Castellaneta. La produzione di rsu è di 171 ton/giorno.
Bacino Ta2, area settore centrale. Ne fanno parte 5 comuni e non ha impianti di smaltimento di bacino. La produzione di rsu è di 359 ton/giorno.
Bacino Ta3, area Arco Jonico orientale. Comprende 17 comuni e non ha impianti di smaltimento di bacino. La produzione di rsu è di 284 ton/giorno.

Le capacità di smaltimento sono le seguenti: la discarica di Massafra ha una volumetria residua di 80.000 mc ed è in fase di ampliamento per ulteriori 100.000 mc; la discarica di Castellaneta ha una capacità di 25.000 mc ed è in fase di ampliamento per ulteriori 290.000 mc.
Nel breve termine, il programma prevede il completamento delle attrezzature per la raccolta differenziata; la realizzazione di un centro di selezione a Taranto (bacino Ta2); la realizzazione di un centro per la selezione del rifiuto tal quale residuale della raccolta differenziata in testa alla discarica di Manduria; l'attivazione della discarica di Manduria; l'attivazione di una linea di termodistruzione con recupero d'energia a Taranto.
Nel medio termine, il programma prevede la realizzazione di due sistemi integrati di selezione e compostaggio a Castellaneta e Massafra (entrambi nel bacino Ta1); il completamento delle linee di compostaggio e termodistruzione a Taranto; la realizzazione di un impianto di selezione del rifiuto tal quale residuale della raccolta differenziata, in testa alla discarica del bacino Ta2; una linea di compostaggio a Manduria; un centro per la produzione di CDR a Taranto.
Secondo il programma, nella provincia di Taranto la raccolta differenziata dovrà essere attivata grazie alla creazione di isole ecologiche nelle aree costiere dell'arco jonico-salentino, alla dislocazione di campane per il vetro e la plastica ed all'individuazione di centri di raccolta per la carta. Si prevede, inoltre, lo sviluppo di un progetto di lavori di pubblica utilità per la raccolta porta a porta nel comune di Taranto.
Le indicazioni del programma d'emergenza sin qui descritte sono accompagnate da una serie di tabelle, anche queste suddivise per provincia, con le previsioni numeriche in merito agli obiettivi di raccolta differenziata. A questo proposito va detto che non risulta convincente il fatto che le previsioni risultano identiche in


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tutte le provincie, con un avviamento a smaltimento valutato al 51,04 per cento del totale dei rifiuti prodotti: si tratta di un obiettivo senz'altro soddisfacente, ma ottenuto applicando su tutto il territorio regionale gli stessi calcoli di previsione, senza cioè tenere conto delle differenze naturalmente esistenti. Lo schema matematico non viene insomma ritenuto sufficiente dalla Commissione se non accompagnato dalle obiettive differenze esistenti tra le diverse province.

2.2. La congruità dell'azione dei pubblici poteri e le situazioni di crisi in Puglia.

Si è detto che lo stato di emergenza è stato dichiarato per la regione Puglia nonostante l'emanazione, nel 1993, di un piano regionale per la gestione dei rifiuti. In effetti, si è riscontrato che sulla base di detto piano era stata avviata una serie di interventi, tuttavia non risolutivi. È quindi opportuno dare conto in questa sede delle realizzazioni in corso sulla base della «normale» attività programmatoria della regione.

Provincia di Foggia:
realizzazione della discarica di Cerignola per il bacino Fg4;
costruzione a Foggia di un impianto di termovalorizzazione dalla potenzialità di 300 ton/giorno, a servizio diretto del bacino Fg3 e a servizio derivato degli altri 4 bacini provinciali;
realizzazione sulle isole Tremiti di un impianto di condizionamento per gli rsu;
realizzazione a Troia di una stazione di trasferimento per i materiali provenienti dalla raccolta differenziata.

Provincia di Bari:
realizzazione di un impianto di compostaggio a Molfetta con una potenzialità di 85 ton/giorno, per il bacino Ba1;
progettazione a Bisceglie di un impianto di termovalorizzazione dalla potenzialità di 300 ton/giorno, per il bacino Ba1;
progettazione a Bari di un impianto di termovalorizzazione dalla potenzialità di 400 ton/giorno, per il bacino Ba2;
realizzazione di una discarica ad Acquaviva delle Fonti, per il bacino Ba3.

Provincia di Brindisi:
realizzazione di una discarica a Francavilla Fontana, per il bacino Br2;
progettazione di una discarica a Brindisi, per il bacino Br1.

Provincia di Lecce:
realizzazione di una discarica a Poggiardo, con una volumetria di 130.000 mc, per il bacino Le2;
progettazione di un impianto di termodistruzione, con la potenzialità di 300 ton/giorno, da porre al servizio diretto del bacino Le1 e a servizio derivato per gli altri due bacini provinciali;
realizzazione di una discarica a Cavallino, con una volumetria di 91.000 mc, a servizio del bacino Le1.

Provincia di Taranto:
realizzazione di un impianto di termodistruzione a Taranto, con una potenzialità di 200 ton/giorno;
realizzazione di un impianto di compostaggio a Taranto, con una capacità di 80 ton/giorno;
realizzazione di una discarica a Manduria, con una volumetria di 69.000 mc.

Come si è già avuto modo di rilevare, gli interventi sopra descritti non hanno però consentito alla Puglia di evitare uno stato di crisi nel ciclo dei rifiuti tale per cui si è dovuti ricorrere alla nomina di un commissario delegato per affrontare la


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difficile situazione. Del resto, gli interventi eseguiti o in corso di realizzazione sulla base delle indicazioni del piano regionale sono in buona parte riconducibili a quel modello di smaltimento centrato sulle discariche, oggi non solo contrario ai dettati della legge ma anche inadeguato a gestire l'intero ciclo dei rifiuti.
L'azione del commissario, invece, ha portato all'emanazione di un programma d'emergenza sufficientemente dettagliato, ma che rischia di essere attuato troppo tardi: la situazione rilevata in Puglia, infatti, è già oggi di grave difficoltà, con interi bacini di utenza che non hanno possibilità di smaltimento. Stante questa condizione, la Commissione esprime la sua riserva sull'attività della regione Puglia che ha consentito l'allargamento ed il cosiddetto sopralzo delle discariche in esercizio, senza una contestuale decisa azione in favore della raccolta differenziata, in particolare di quella secco/umido, che consente in tempi ragionevolmente brevi di raggiungere importanti quote di raccolta. Va sottolineato che la riserva della Commissione non riguarda tanto il fatto che siano state ampliate le discariche, bensì l'assenza di adeguate iniziative contestuali.
Tuttora la gestione dei rifiuti in Puglia continua ad avere come destinazione praticamente unica la discarica; infatti, nel giugno e nel luglio 1998, il commissario ha emanato due successive ordinanze in merito alla destinazione dei rifiuti solidi urbani prodotti nella provincia di Foggia. Nei richiamati testi lo smaltimento viene reso possibile nelle discariche di Vieste, Panni, Manfredonia e Cerignola, con evidenti conseguenze negative sulle previsioni contenute nel programma di emergenza.
Le ordinanze del commissario in merito all'attivazione della raccolta differenziata sono anch'esse sufficientemente dettagliate, anche se risentono evidentemente del fatto che impongono il conferimento dei materiali da destinare al recupero in centri di stoccaggio ancora da realizzare. Esiste insomma, dal punto di vista della normativa, una situazione che consentirebbe di guardare con tranquillità al futuro del ciclo dei rifiuti in Puglia; tuttavia gli obiettivi da realizzare, se in termini relativi debbono considerarsi di breve-medio periodo, nello specifico caso pugliese rischiano di essere funzionali in un tempo troppo lontano. La Commissione ribadisce, a questo proposito, che solo l'immediata e convinta adesione delle amministrazioni comunali ad una forma di raccolta centrata sulla differenziazione secco/umido consentirà di allontanare una prospettiva di nuova emergenza e di facilitare una seconda fase (ancora più incisiva) di raccolta differenziata.
Per quanto riguarda in particolare la gestione della raccolta differenziata, il commissario delegato all'emergenza rifiuti ha in corso di definizione un protocollo d'intesa con il Consorzio nazionale degli imballaggi (CONAI) per facilitare l'utilizzo dei materiali raccolti ai fini del recupero. Risultano anche avviate le procedure per la realizzazione dei centri di raccolta, prima lavorazione e stoccaggio dei materiali provenienti dalla raccolta differenziata di Conversano (Ba) e Cerignola (Fg), nonché l'adeguamento della linea di compostaggio di Taranto.
Infine, è da rilevare come la struttura commissariale abbia anche avviato iniziative per la messa in sicurezza e la bonifica delle discariche esaurite e delle discariche abusive, utilizzando le strutture dell'ANPA, del CNR, dell'ENEA e del politecnico di Bari.

3. La produzione dei rifiuti solidi urbani in Puglia.

Le problematiche relative alla gestione dei rifiuti solidi urbani in Puglia sono state affrontate nel precedente capitolo di questa relazione. In questa sede è tuttavia opportuno riportare l'attuale situazione relativa alla produzione degli rsu suddivisa su base provinciale e sulla base dei nuovi ambiti territoriali ottimali di smaltimento, per offrire nel dettaglio un quadro il più completo possibile:


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4. Le attività illecite nel ciclo dei rifiuti in Puglia.

La Commissione ha raccolto le prime notizie in ordine al rapporto intercorrente fra traffico illegale di rifiuti e criminalità organizzata dalla viva voce di vari magistrati, che hanno avuto modo di occuparsi della questione nel corso delle inchieste attinenti alle società criminali operanti in Campania, nel Lazio ed in Basilicata. Le inchieste più indicative riguardano traffici di rifiuti pericolosi prodotti nel nord dell'Italia, trasportati da aziende vicine alla criminalità organizzata, smaltiti in maniera illecita e distribuiti anche su altre aree del territorio nazionale. Il quadro generale è stato fornito dalla procura nazionale antimafia.
Per ciò che riguarda la Puglia, è stato pertanto appreso che in parti del territorio al confine con la Campania, la Basilicata e l'Abruzzo sono state sversate ingenti quantità di rifiuti di varia tipologia, con conseguente avvelenamento di falde acquifere e distruzione del territorio circostante.
L'indagine più rilevante che la Commissione ha avuto modo di conoscere è quella relativa alla Fibronit di Bari, impianto del quale si riferisce (dal punto di vista tecnico) in altra parte di questa relazione. La procura presso la pretura di Bari si è interessata della Fibronit dal punto di vista della qualificazione giuridica dell'amianto come rifiuto e per gli effetti che le fibre di tale materiale hanno sulla salute umana. Rispetto al primo problema, anche se con i limiti posti dalla normativa vigente, l'autorità giudiziaria ha rilevato che, dopo la cessione dell'attività produttiva avvenuta nel 1985, la Fibronit ha compiuto numerose violazioni della normativa sui rifiuti. Anche a produzione cessata, infatti, molti degli scarti della produzione sono stati smaltiti illegalmente dopo quella data. Risulta, dalle testimonianze di numerosi operai, che sono stati sotterrati rifiuti e che sono stati spostati enormi quantitativi di cemento-amianto friabile, rotto: di tali fatti, però, non vi è traccia sui registri di carico e scarico.
Il secondo aspetto - affrontato in sede d'indagini per omicidio colposo in danno degli operai che per tanti anni sono stati alle dipendenze della Fibronit e, pertanto, hanno prestato la propria opera all'interno dell'area contaminata - sembra quello più inquietante, atteso che si afferma l'esistenza di numerosissimi decessi dovuti all'asbesto e che, più in generale, è nota la presenza di altri siti inquinati dall'amianto nel territorio nazionale.
In ordine alle altre inchieste, si possono esprimere solo alcuni dati, non essendo agli atti situazioni specifiche di particolare interesse. La magistratura pugliese ha compiuto una verifica puntuale di tutte le discariche esistenti, utilizzate dai comuni per i rifiuti solidi urbani; si è operata un'ulteriore verifica di quelle che presentavano, di là dai problemi autorizzatori, i problemi più rilevanti e se n'è disposto il sequestro. Al riguardo, è stato posto in evidenza che contrasti giurisprudenziali hanno portato al dissequestro di alcune discariche, data la possibilità da parte del sindaco di ricorrere all'articolo 12 del decreto del Presidente della Repubblica 915/82.
Il sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Lucera ha tracciato un quadro complessivo del territorio della Capitanata, in particolare del territorio che confina con il Molise. Il circondario comprende territori di grande interesse turistico tra Peschici e Vieste. In detto territorio da parte della procura, nel corso del 1996, sono state portate a termine diverse indagini in materia di smaltimento di rifiuti, in particolare circa le discariche comunali di Peschici e di Cagnano Varano.
È emerso in dette indagini che l'approccio da parte degli organi di polizia giudiziaria è piuttosto superficiale, mancando una conoscenza specifica di una materia così complessa. Sempre il sostituto procuratore della Repubblica di Lucera ha messo in evidenza un approccio semplicistico al problema anche da parte delle pubbliche amministrazioni, evidenziando la necessità di un dovuto contemperamento delle esigenze di smaltimento


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dei rifiuti con quelle di tutela dell'ambiente o della salute pubblica. Contemperamento completamente trascurato da una parte della pubblica amministrazione periferica. Le discariche di Peschici e di Cagnano Varano ne sono un esempio: esse non erano autorizzate dalla regione ma erano state create in base all'articolo 12 del decreto del Presidente della Repubblica n. 915 del 1982, con provvedimenti risalenti, rispettivamente, al 1985 ed al 1992. In entrambi i casi è stata riscontrata una totale noncuranza anche per le prescrizioni minime che si dovrebbero in ogni caso osservare. Le indagini, ai fini giudiziari, hanno avuto buon esito, perché si sono chiuse con l'esercizio dell'azione penale e, nel corso delle stesse, hanno visto confermato il sequestro del GIP con provvedimenti del tribunale per il riesame di Foggia.
In particolare, è emerso che nella discarica ubicata in località «Tavole di pietra» del territorio comunale di Peschici, nelle immediate vicinanze di un comprensorio boscoso, i rifiuti venivano sottoposti a combustione con conseguente immissione nell'aria di ingenti quantità di fumo maleodorante, ed in ogni caso dannoso all'ambiente ed alla salute pubblica. È stato inoltre rilevato che la discarica era priva di qualsiasi tipo di sorveglianza e che la mancata, prevista, periodica copertura dei rifiuti con inerti comportava la diffusione dei rifiuti leggeri fuori dalla discarica, con grave pregiudizio per l'area circostante. La zona ricade nel parco nazionale del Gargano e tali irregolarità hanno causato, nel passato, l'incendio della vegetazione attigua alla discarica.
La Commissione, poi, al di fuori delle audizioni ed a seguito di richiesta inoltrata alle forze di polizia delegate al controllo del territorio (in specie il comando del nucleo regionale di polizia tributaria di Bari), ha avuto modo di accertare l'esistenza di ulteriori procedimenti, che hanno interessato aziende già note ed operanti in campo nazionale ed altre meno note operanti nel settore dei trasporti o agricolo: queste ultime, per le problematiche che pongono meritano certamente un ulteriore approfondimento, sia da parte della magistratura - alla quale il caso è già segnalato - sia da parte della Commissione stessa.
Un'ulteriore indagine di cui la Commissione è venuta a conoscenza riguarda il presunto smaltimento illecito di rifiuti radioattivi in un deposito di materiali situato in agro di Poggio Imperiale; la segnalazione aveva naturalmente destato un certo allarme ed era stata oggetto di attenzione particolare nell'indagine della procura della Repubblica di Lucera. I risultati delle analisi sui rifiuti accumulati, effettuate presso l'unità sanitaria locale 7 di Ancona hanno escluso pericoli, affermando che trattasi di «radionuclidi di origine naturale in concentrazioni inferiori ai valori previsti dal decreto legislativo n. 230 del 1995 e pertanto non soggetti alle disposizioni previste dal suddetto decreto in tema di detenzione, impiego e smaltimento di materie radioattive».
Ad analoga conclusione si è giunti per un'altra indagine, sempre in materia di rifiuti radioattivi, rinvenuti in questo caso in agro di San Nicandro Garganico e di Lesina. Queste indagini hanno sostanzialmente (e fortunatamente) smentito il clima di allarme che si era creato e si sono concluse con una richiesta di archiviazione. Esse, però, hanno posto in luce una qualche difficoltà, da parte degli organi inquirenti (sia polizia giudiziaria che magistratura), nell'individuazione e nel conseguente reperimento degli organi tecnici cui affidare le indagini stesse.
Si deve infine osservare che la questura di Brindisi ha avviato, sotto la direzione della procura della Repubblica presso il tribunale di Brindisi, un'indagine di un certo rilievo relativa all'attività delle società Beraud Santino & Mario e Beraud sud Spa, operanti nel polo chimico di Brindisi. L'inchiesta ha preso avvio da un esposto inviato alla procura della Repubblica presso il tribunale di Brindisi dall'organizzazione sindacale FIOM-CGIL, con il quale si denunciavano le morti per cancro di alcuni dipendenti, ed ha portato al sequestro dei cantieri delle citate società


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nonché all'emissione di avvisi di garanzia nei confronti di dieci amministratori delle ditte coinvolte.
Le indagini hanno evidenziato l'inquinamento ambientale derivato da lavorazioni pericolose e fuori norma, anche con amianto e derivati. Sono tuttora in corso rilievi mirati ad accertare la natura e l'entità delle alterazioni prodotte nel sottosuolo, nelle acque e nell'atmosfera, con la collaborazione di consulenti tecnici nominati dal pubblico ministero procedente.
La Guardia di finanza ed i carabinieri hanno eseguito nel corso del 1997 operazioni nel settore rifiuti, con particolare riguardo ai rifiuti speciali provenienti dall'esercizio delle attività di autodemolizione, denunciando alle competenti autorità giudiziarie alcune ditte esercenti tali attività. Per tutte si sono ipotizzati, a seconda dell'epoca dei fatti, reati previsti dal decreto del Presidente della Repubblica 915/82 e, successivamente, del decreto legislativo 22/97, procedendosi al sequestro dei luoghi di ricovero e del materiale.
Dalle indagini citate si evidenziano gli stessi limiti normativi che già sono stati oggetto del documento XXIII n. 5 approvato da questa Commissione nella seduta del 26 marzo 1998, relativo all'introduzione nel codice penale del titolo VI-bis, «Delitti contro l'ambiente», ed a disposizioni sostanziali e processuali contro il fenomeno criminale dell'«Ecomafia».
Una qualche osservazione si può, però, aggiungere ed è relativa alla necessità di introduzione di un sistema che, oltre al comportamento delittuoso, tenga nel debito conto e sanzioni la situazione personale di soggetti e società implicate nei delitti ambientali: è emersa la necessità di avere un quadro preciso delle ditte, delle società e delle persone coinvolte nei «delitti contro l'ambiente», con la predisposizione di una tipologia di misure di prevenzione che sia idonea ad evitare che soggetti in un qualche modo «implicati» nei predetti delitti possano continuare ad operare nel «settore».
A tale scopo, si ritiene che potrebbe essere utile introdurre nella cosiddetta «legge antimafia» (legge 31 maggio 1965, n. 575, «Disposizioni contro la mafia») un riferimento, da inserire nell'articolo 1 della predetta legge, ai responsabili dei delitti contro l'ambiente o, quanto meno, ai responsabili dei delitti previsti agli articoli 452-sexies e septies del ricordato documento approvato dalla Commissione
Viene, infine, in luce un problema di non poco peso specifico, sia per la prevenzione che per l'accertamento: la necessità di una più vasta e capillare specializzazione, sul tema dei reati ambientali, delle forze di polizia che operano a livello diffuso sul territorio (ci si vuol riferire sia ai militari operanti nelle singole stazioni dei carabinieri, che ai vigili urbani ed a tutti gli altri organi di polizia giudiziaria che operano a livello locale), per i quali, oltre ad una necessaria opera di sensibilizzazione, occorre un'inizializzazione alla normativa ed alla tecnica delle prime indagini in materia.

4.1. La criminalità organizzata.

I clan della criminalità organizzata pugliese, allo stato degli accertamenti operati dalla magistratura, dalle forze dell'ordine e dalla stessa Commissione, non risultano direttamente interessati al controllo del ciclo dei rifiuti nella regione. Esiste però un quadro generale di illiceità che rende preoccupante la situazione pugliese, nonché una situazione contingente che la espone ad elevati rischi: infatti, i territori confinanti della Campania - come la Commissione ha appreso dalla direzione distrettuale antimafia di Napoli - sono al momento poco 'utilizzabili' dai clan camorristici operanti nel settore, il che rende probabile il coinvolgimento di altre regioni, anzitutto la Puglia. Inoltre, sono emersi collegamenti con attività illecite in Puglia (Taranto e Bari) nel corso delle indagini condotte dalla procura circondariale di Matera, anche se gli stessi non sembrano collegati ad attività di tipo mafioso, sebbene a fenomeni illeciti di smaltimento transregionali.


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5. L'attività ispettiva della Commissione.

5.1. Enichem di Brindisi.

L'impianto petrolchimico, situato nell'agglomerato industriale a sud-est della città, occupa una superficie di circa 5 Kmq. Presso l'area si svolgono diverse attività, quali la produzione di butadiene, di metilen-difenil-isocianato, l'evaporazione di cloro e la produzione di ossido di carbonio.
Tra gli impianti accessori vanno segnalati quello per la produzione di acqua demineralizzata e chiarificata, un parco di stoccaggio di serbatoi per prodotti liquidi e gas liquefatti, un pontile di carico e scarico prodotti, un impianto di depurazione biologica (portata di 400 mc/ora), un sistema di pensiline di carico e scarico dei prodotti ed alcuni magazzini per lo stoccaggio di prodotti e materie prime.
Nell'area vengono prodotti rifiuti pericolosi e non Per lo smaltimento dei primi vengono utilizzate discariche interne autorizzate dalla regione Puglia, mentre la gran parte dei non pericolosi viene smaltita in discariche esterne autorizzate.
I dati del 1996 prodotti dall'Enichem mostrano un trend di produzione annua di rifiuti decrescente rispetto al 1994: in particolare, lo smaltimento di pericolosi nel 1996 è stato di 51 tonnellate (rispetto alle 96 tonnellate del 1994), quello di speciali in discarica interna di 104 tonnellate (contro le 4649 tonnellate del 1994) e di 2.331 in discarica esterna (rispetto alle 1.267 tonnellate del 1994). Solo una tonnellata di speciali è stata sottoposta a trattamento nel 1996.
La gestione dei rifiuti presentata in occasione del sopralluogo della Commissione si rifà ad una procedura del 1985 ormai obsoleta, anche perché non riflette i contenuti del decreto legislativo 22/97. La nuova procedura del luglio 1998 - definita «procedura di sicurezza» - aggiorna e sostituisce la precedente, riflette nell'impostazione i contenuti del decreto legislativo 22/97, ma è molto vaga e notevolmente carente sulla parte che la Commissione ritiene più delicata, cioè la qualifica delle ditte esterne e dei siti di smaltimento che con la procedura comunque è connessa. Essa inoltre, il che è ancora più grave, non fa riferimento alcuno ai trattamenti che avvengono all'interno dello stabilimento. A questo proposito, va comunque segnalato che l'azienda, nella dichiarazione ambientale del 1996, ha inserito una serie di iniziative che prevedono la raccolta differenziata all'interno degli impianti (imballaggi di vario genere), la totale eliminazione di PCB/PCT ed una gestione ottimizzata dei residui derivanti dalle operazioni di fermata degli impianti.
Le tipologie di rifiuti pericolosi più rilevanti prodotti dall'impianto sono: amianto, PCB, catalizzatori esausti, fondami di serbatoi. In riferimento allo smaltimento dell'amianto, non sono state fornite notizie alla Commissione. Per quanto riguarda i PCB, l'Enichem si affida alla ditta francese Tredi, che - secondo quanto dichiarato - smaltirebbe sia la carcassa del trasformatore che l'olio PCB in esso contenuto.
Qualche perplessità suscita anche la modalità di trattamento interno dei fondami oleosi di serbatoio: per come è stata descritta, non è stato infatti possibile ottenere un punto fermo in merito alla possibile diluzione dei rifiuti pericolosi ed all'utilizzo delle miscele per combustione.
Il problema più rilevante rimane tuttavia, data anche la quantità (102.000 tonnellate), quello delle salamoie della produzione di caprolattame, sia dell'impianto di Brindisi che dell'impianto di Manfredonia, poi anch'esse trasferite a Brindisi. Lo stoccaggio è iniziato nel 1991 e sono stati effettuati test di trattamento per lo smaltimento di tale materiale, oltre ad essere stato ipotizzato l'invio ad impianti di trattamento. L'azienda, il 10 aprile 1998, ha presentato istanza alla provincia di Brindisi per ottenere l'autorizzazione all'esercizio di un deposito preliminare nonché l'autorizzazione all'esercizio di un impianto di trattamento. La questione è stata rimandata dall'amministrazione provinciale ad un'apposita conferenza di servizio, i cui lavori sono in


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corso. Detto delle forti proteste da parte della popolazione locale, che ha anche temuto lo scarico a mare di tali residui, la Commissione ritiene comunque doveroso sollevare dubbi in merito alle condizioni di sicurezza dei serbatoi di stoccaggio.
Inoltre, appare assai rilevante la contaminazione delle aree di Manfredonia e di Brindisi, e non risulta che il management dell'azienda abbia programmato interventi di bonifica, che la Commissione ritiene urgenti e prioritari.

5.2. Ex gazometro di Bari.

L'area dell'ex gazometro si trova nella parte settentrionale della città di Bari, all'interno di quartieri densamente popolati. L'ex impianto di produzione di gas di città che si sviluppa su una superficie di circa 10.000 mq tra capannoni e contenitori metallici, è abbandonato ormai da decine di anni. Le strutture si presentano fatiscenti ed i rischi ad esse connessi sono numerosi, per la presenza di amianto in fiocchi - chiaramente visibile - applicato in passato come coibente sulle pareti del forno di combustione del coke. Il rischio di rilascio di fibre libere cancerogene respirabili è pertanto assai elevato.
Oltre all'amianto, un altro elemento di rischio è costituito dalla presenza di strutture metalliche (serbatoi, linee, camminamenti, eccetera) malcerte ed instabili. Ancora: i «contenitori a campana» dell'impianto contengono liquidi in concentrazioni di piombo, rame, cromo e cadmio tali da conferire al rifiuto caratteristiche per farlo classificare «speciale pericoloso», ai sensi del decreto legislativo 22/97.
Durante il sopralluogo è stata poi rilevata la presenza di alcuni tombini di chiusura di vasche sotterranee in cemento, dove si trovano i residui di lavorazione dell'impianto. In considerazione del ciclo produttivo (combustione del coke in difetto d'aria e produzione di gas di città) che si effettuava, è quindi da presumere la presenza in tali vasche di sostanze catramose, peciose, di liquidi azotati (piridine) ed aromatiche (fenoli, benzene, toluene, xilene ed omologhi superiori), tutte classificabili come rifiuti pericolosi ai sensi del decreto legislativo 22/97, che possono costituire gravi rischi di contaminazione per la falda idrica sottostante in caso di fessurazione delle vasche in cemento.
Il sito necessita, quindi, di un'immediata messa in sicurezza con protezione delle aree dove è presente amianto, nonché di un'attenta analisi dei residui sotterranei e monitoraggio della falda, con rimozione dei liquidi e delle sostanze catramose nelle vasche sotterranee e loro successivo smaltimento per termodistruzione. Non sono poi da escludere ulteriori interventi, come la bonifica del terreno sottostante alle vasche e del sito nella sua globalità, nonché la bonifica della falda. Per quanto riguarda l'amianto, questo va naturalmente rimosso e smaltito, con una successiva bonifica delle strutture dalle fibre residue.

5.3. Fibronit di Bari.

Lo stabilimento occupa una superficie di circa 100.000 mq e sorge su un'area a forte urbanizzazione, all'interno di tre quartieri densamente popolati. Dal 1935 al 1985 (anno della dismissione dello stabilimento) vi sono stati prodotti milioni di manufatti in cemento-amianto e cemento.
La situazione presentata dalla Commissione è di particolare gravità, perché in pratica tutta l'area dello stabilimento dove sono stati installati capannoni successivamente all'insediamento iniziale è terreno di riporto, costituito in prevalenza da rifiuti di lavorazione dell'amianto. Peraltro, l'amianto è anche presente come copertura dei capannoni dello stabilimento (lastre di eternit), alcuni dei quali fatiscenti ed in certi punti parzialmente crollati. La quantità di rifiuti nel sottosuolo è stimata essere intorno a 37.000 mc di miscele cemento-amianto frammiste a terreno. La dispersione di fibre libere nell'ambiente circostante, sui pavimenti dei capannoni e su terreni agricoli adiacenti, è stata documentata da indagini analitiche. Un'ulteriore preoccupazione è data dalla presenza di una falda a 5-6 metri dal piano di campagna.


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Anche all'interno dei capannoni è ampia l'estensione della contaminazione per la presenza di fibre sulle pareti e di ammassi di asbesto (materia prima per la lavorazione) un po' ovunque. La stima dei materiali contenenti amianto presenti in totale nell'area è di 1218 tonnellate da smaltire, di cui 70 tonnellate classificabili come «rifiuti pericolosi».
La situazione generale dell'impianto appare assai grave dal punto di vista della salute pubblica e, ad avviso della Commissione, è quanto mai necessario procedere alla bonifica integrale del sito: gli interventi, sollecitati anche con diverse ordinanze sindacali, non avvengono però con l'organicità e l'urgenza che la situazione richiede. Per questo motivo la Commissione ritiene che il comune di Bari - avvalendosi del comma ...... dell'articolo 17 del decreto legislativo 22/97 - dovrebbe assumere la titolarità della bonifica, con successiva rivalsa nei confronti dei responsabili. È comunque da sottolineare il fatto che tra le difficoltà che la bonifica incontrerà vi è l'assenza sul territorio di discariche di tipo 2C e l'inidoneità delle pochissime esistenti di tipo 2B. Esiste insomma una scarsa capacità di smaltimento, che renderà ancora più ardua l'opera di bonifica.

5.4. Geovis Green di Trinitapoli (Foggia).

L'impianto di compostaggio di Trinitapoli, realizzato dalla società Geovis Green, è stato oggetto di un sopralluogo dopo che la Commissione ha avuto notizia del suo sequestro da parte della magistratura; presso l'impianto erano infatti giunte diverse tonnellate di frazione organica del rifiuto provenienti dalla raccolta differenziata effettuata in provincia di Milano. Era stata in questo modo violata l'ordinanza del commissario delegato all'emergenza rifiuti che vieta l'introduzione in Puglia di rifiuti provenienti da altre regioni.
Va anzitutto rilevato che l'impianto era stato autorizzato dalla provincia senza alcun sopralluogo sul sito da parte dell'autorità di controllo; una procedura anomala, resa ancora più singolare dal fatto che l'impianto non era previsto né nel piano regionale del 1993, né nel programma di emergenza del luglio 1997.
Durante il sopralluogo della Commissione all'impianto sequestrato, si è evidenziato che l'impianto - nonostante già ricevesse la frazione organica - era ancora incompleto poiché mancava di alcune parti rilevanti, quali, ad esempio, il secondo sistema di vagliatura ed il sistema di deodorizzazione delle aree «critiche».
Il progetto complessivo dell'impianto ha senz'altro le caratteristiche richieste per la produzione di un composto di qualità; secondo la Commissione, però, è necessario accertare l'anomalo iter autorizzatorio e valutarne il suo inserimento nel generale sistema delineato dal programma d'emergenza. Evidentemente, un impianto già pronto all'uso potrebbe essere utile per procedere con maggiore decisione sulla strada della raccolta differenziata secco/umido almeno nell'area di bacino. Al momento, infatti, all'impianto potrebbe giungere un materiale inutilizzabile alla produzione del compost. L'eventuale autorizzazione straordinaria a ricevere frazione organica extra regionale potrebbe invece rappresentare un pericoloso precedente, in grado di inficiare le previsioni di sistema contenute nel programma d'emergenza.

6. Conclusioni.

L'insieme delle problematiche sin qui affrontate offre un quadro che evidenzia il permanere di difficoltà sotto diversi profili, in particolare quello gestionale e criminale. La Puglia permane in una fase emergenziale per quanto concerne lo smaltimento dei propri rifiuti e gli interventi attuati sinora non consentono di superare in maniera definitiva tale fase.
A tale proposito, la Commissione ritiene di dover porre in evidenza due elementi: anzitutto la centralità assegnata alla termovalorizzazione dei rifiuti, prevista senz'altro dal decreto legislativo 22/97, che però assegna alla raccolta differenziata


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destinata al recupero dei materiali un ruolo preminente. In merito, la Commissione si impegna ad affrontare i motivi per i quali - comunque - il ciclo del recupero dei materiali in Italia non riesca ad assorbire quanto il mercato offre, imponendo di fatto un sempre più consistente ricorso alla termovalorizzazione.
Inoltre, la Commissione rileva negativamente le resistenze opposte dagli enti locali in merito ad un'allocazione dei rifiuti che risulti effettivamente corretta e programmata: esiste, insomma, il rischio che per la diffusa non disponibilità ad accogliere sul proprio territorio impianti di recupero o smaltimento tali territori permangano nell'attuale situazione di emergenza, con ciò favorendo peraltro le attività illecite e la penetrazione sempre più aggressiva dell'economia criminale in tale settore. La Commissione ritiene che in ogni caso, nei programmi dell'amministrazione regionale e delle amministrazioni locali soggette agli obblighi di legge, debba esservi una reale fattibilità degli obiettivi, sia sotto il profilo dei contenuti che sotto quello dei tempi necessari a raggiungerli.
La Commissione deve infatti notare che attualmente è sempre la discarica la destinazione quasi univoca dei rifiuti solidi urbani in Puglia, con province (come Foggia e Brindisi) che paiono alla vigilia di una fase emergenziale ancor più drammatica; le discariche esistenti sono sature e non esistono ancora alternative disponibili. In tale situazione appare quanto mai urgente un massiccio e diffuso ricorso alla raccolta differenziata secco/umido: in tal modo si potrebbe realizzare un compost di qualità, che avrebbe senz'altro mercato in una regione a forte vocazione agricola come la Puglia; inoltre, si darebbe una sicura base di partenza anche alla raccolta multimateriale.
Altrettanta preoccupazione si nutre per l'emergenza ambientale derivante dalla creazione di un numero imprecisabile di discariche abusive o irregolari nel territorio pugliese, in particolare nella provincia di Foggia. A questo proposito, la Commissione valuta positivamente le iniziative assunte dalla struttura commissariale in materia di bonifica e messa in sicurezza delle discariche esaurite o abusive esistenti sul territorio.
Peraltro, le acquisizioni assunte dalla Commissione portano ad affermare come gli enti di ricerca italiani interessati dalla struttura commissariale abbiano dotazioni di strumenti di rilevamento all'avanguardia a livello internazionale: tali strutture - utilizzate nelle aree interessate - consentiranno le operazioni di monitoraggio propedeutiche agli interventi di bonifica. L'avvio di questa fase conoscitiva, supportata dagli enti di ricerca scientifica, sta a significare un'importante inversione di tendenza, perché fornisce prime positive risposte alle domande delle popolazioni e degli enti locali interessati, che richiedono effettivi recuperi ambientali del territorio.
La Commissione ritiene altresì necessario impegnare la gestione commissariale e le amministrazioni locali ad esercitare con la massima attenzione un controllo il più possibile efficace sui carichi di rifiuti in entrata nei porti pugliesi, destinati sia allo smaltimento nel territorio regionale sia al transito verso altre regioni o verso altri Paesi; in tal modo, oltre ad avere la possibilità di verificare il contenuto dei carichi di rifiuti, potrà essere possibile contrastare le azioni illecite compiute dalle organizzazioni criminali.
Appare invero debole il cosiddetto controllo di tipo giudiziario sulle attività connesse al ciclo dei rifiuti. Trova conferma anche in questa regione il fatto che - nonostante la pregevole attività svolta da parte di alcune procure, attività di cui si è dato conto in altra parte di questa relazione - da parte della magistratura e degli organi di polizia giudiziaria preposti l'attenzione sui problemi ambientali non ha trovato riscontro in adeguate iniziative ed ipotesi processuali atte a portare a sbocchi positivi le pur gravissime aggressioni al territorio generate da illecite attività compiute nel settore rifiuti.
Si deve in ogni caso - e nuovamente - osservare che l'asse della lotta alla criminalità ambientale va spostato sull'osservazione di parametri diversi da quelli meramente


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giudiziari, ponendo al centro dell'attività di contrasto i controlli amministrativi, gli accertamenti fiscali e la corretta lettura dei fenomeni economici, ivi comprese le condizioni della libertà del mercato degli appalti. In sintesi, si deve spostare l'osservazione prioritaria dal campo penale a quello economico ed uscire finalmente dall'equivoco che il giudice penale sia titolare e vicario di una funzione di controllo anche di natura amministrativa, a prescindere dalla necessità di dotare il magistrato penale di strumenti più idonei di quelli di cui al momento dispone.
Per quanto concerne la presenza nel campo dell'illecito ambientale di fenomeni riferibili alla criminalità organizzata, i pur forti segnali di presenza hanno trovato scarsi riscontri giudiziari. Vi sono deboli riscontri anche per quanto riguarda le connessioni tra attività imprenditoriali, fenomeni di corruzione della pubblica amministrazione e criminalità organizzata. In definitiva, un quadro che «ufficialmente» denuncia come inesistente una situazione ed intrecci di interessi che invece, unanimemente e da tutte le realtà, sono stati segnalati come fortemente presenti su tutto il territorio regionale. È l'effetto principale dello «strabismo» con il quale, sia da parte del legislatore, sia da parte degli amministratori locali, sia da parte della magistratura è sempre stato considerato il fatto ambientale.
Le denunce giunte a questa Commissione anche dal commissario delegato all'emergenza rifiuti sulla presenza della criminalità organizzata nel settore meritano la massima attenzione, proprio perché provenienti da fonte così autorevole. La Commissione auspica, pertanto, un sempre più attivo controllo da parte degli organi a questo preposti e sollecita nuovamente l'introduzione nel codice penale della nozione di delitto ambientale, in modo da poter fornire agli operatori giudiziari gli strumenti necessari a combattere tale forma di criminalità fino ad oggi, anche in Puglia, pressoché incontrastata.
La Commissione osserva infine che le preoccupazioni espresse in merito alla situazione relativa alla regione Puglia sono trasferibili anche ad altre regioni italiane, in specie quelle meridionali, e su questo sarà opportuno che il Parlamento ed il Governo svolgano le necessarie riflessioni. È anche importante sottolineare che dovrà essere comune lo sforzo per conferire alle gestioni commissariali decise dal Governo nel settore dei rifiuti un limite temporale, al fine di tornare al più presto ad una situazione di normalità».

Il Presidente Massimo SCALIA ringrazia il relatore per aver portato a termine felicemente la relazione su una regione, come la Puglia, che presenta caratteristiche assai diversificate.
Non essendo state presentate proposte emendative, passa alla votazione del documento nel suo complesso.

Il senatore Giuseppe SPECCHIA, rifacendosi a quanto affermato nella seduta del 9 dicembre scorso, auspica che le strutture commissariali, preposte nelle regioni al settore dei rifiuti, possano essere dotate al più presto delle risorse finanziarie necessarie ad espletare pienamente il compito ad esse affidato.

Il senatore Giovanni LUBRANO DI RICCO, riferendosi alla seduta del 9 dicembre scorso, auspica che la Commissione si occupi nelle prossime settimane anche della destinazione finale del materiale proveniente dalla raccolta differenziata dei rifiuti, nonché dei contratti stipulati in materia a livello locale.

Il Presidente Massimo SCALIA assicura il senatore Specchia che informerà i ministeri competenti della necessità di dotare gli organi commissariali preposti nelle regioni al settore rifiuti delle risorse finanziarie previste, anche al fine di contribuire al ritorno in tempi brevi ad una situazione di normalità.

Pone quindi in votazione il documento nel suo complesso, che viene approvato all'unanimità.

La seduta termina alle 14,40.

N.B. Il resoconto stenografico della seduta sarà pubblicato in un fascicolo a parte.