X Commissione - Mercoledì 11 marzo 1998


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ALLEGATO

Disposizioni in materia di attività produttive (4231).

EMENDAMENTI AGLI ARTICOLI 2 E SEGUENTI

ART. 2.

Sopprimerlo.
*2. 1.
Mario Masiero, Gastaldi, Di Comite, Deodato.

Sopprimerlo.
*2. 12.
Manzoni, Rasi, Mazzocchi, Cuscunà, Landi, Pezzoli, Messa.

Sostituire il comma 1 con il seguente:
1. Sono escluse dai benefici di cui al decreto-legge 20 giugno 1994, n. 396, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 1994, n. 481, le imprese sottoposte alle procedure concorsuali di cui al regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e al decreto-legge 30 gennaio 1979, n. 26, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 aprile 1979, n. 95, e successive modificazioni e integrazioni.
2. 2.
Masiero, Gastaldi, Di Comite, Deodato.

Al comma 1 sostituire le parole: è ulteriormente prorogato al 28 febbraio 1998 con le seguenti parole: è ulteriormente prorogato al centoottantesimo giorno dopo la pubblicazione della presente legge nella Gazzetta Ufficiale.
2. 8.
Il Relatore.

Al comma 1 aggiungere, in fine, il seguente periodo:
Le somme di cui alla presente legge, non erogate alla predetta data del 28 febbraio 1998, sono trasferite al fondo di cui all'articolo 14 della legge 17 febbraio 1982, n. 46. Il Ministro del tesoro è autorizzato ad apportare, con proprio decreto, le occorrenti variazioni di bilancio.
2. 5.
Masiero, Gastaldi, Di Comite, Deodato.

Al comma 2 sostituire le parole: è prorogato al 28 febbraio con: è prorogato al centoottantesimo giorno dopo la pubblicazione della presente legge nella Gazzetta Ufficiale.
2. 9.
Il Relatore.

Sostituire il comma 3 con il seguente:
Il termine per la presentazione delle domande di concessione di contributi relativamente ai programmi di reinvestimento, con relativa documentazione integrativa, è prorogato al sessantesimo giorno dopo la pubblicazione della presente legge nella Gazzetta Ufficiale per le sole aziende che hanno già ottenuto l'approvazione da parte della Commissione dell'Unione europea.
2. 10.
Il Relatore.


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Sopprimere i commi 4 e 5.
2. 13.
Manzoni, Rasi, Mazzocchi, Cuscunà, Landi, Pezzoli, Messa.

Sostituire il comma 4 con il seguente:
4. Il comma 5 dell'articolo 1 del decreto-legge 20 giugno 1994, n. 396, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 1994, n. 481, è sostituito dal seguente:
5. Il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, dopo aver accertato le ragioni della mancata attuazione di quanto disposto dai periodi secondo e terzo del comma 2, adotta i provvedimenti amministrativi di sua competenza, compresa la trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica per gli eventuali profili di natura non amministrativa, e, con proprio decreto, ripartisce il residuo importo di cui al comma 1 tra le finalità di cui alle lettere a) e b) del medesimo comma 2.
2. 3.
Masiero, Gastaldi, Di Comite, Deodato.

Sostituire il comma 4 con il seguente:
Il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato è autorizzato a erogare con proprio decreto gli importi di cui al comma 5 del decreto-legge 20 giugno 1994, n. 396, nella sola misura equivalente a soddisfare le domande di cui al comma 3 del presente articolo.
2. 11.
Il Relatore.

Dopo il comma 4 aggiungere il seguente:
4-bis. Al secondo periodo del comma 2, dell'articolo 1 del decreto-legge 20 giugno 1994, n. 396, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 1994, n. 481, sopprimere la parola «preferenziale».
2. 6.
Barral, Chiappori, Galli, Pittino, Stefani.

Al comma 4, all'alinea, aggiungere, in fondo il seguente periodo: Gli eventuali importi eccedenti la ripartizione sono assegnati ai soggetti che hanno ottenuto l'approvazione dei programmi di cui alle lettere a) e b) del comma 2.
2. 7.
Barral, Chiappori, Galli, Pittino, Stefani.

ART. 4.

Sopprimerlo.
4. 11.
Barral, Chiappori, Galli, Pittino, Stefani.

Sostituirlo con il seguente:
Le disposizioni in materia di giudizio di conto di cui all'articolo 10 della legge 15 maggio 1997, n. 127, sono estese ai rendiconti degli agenti contabili delle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura.
4. 12 (Riformulato).
Governo.

Dopo il comma 1 aggiungere il seguente:
Il personale delle Camere di Commercio, industria, artigianato e agricoltura che ha mantenuto il trattamento di quiescenza costituito dai fondi di previdenza e capitalizzazione di cui alla legge 7 febbraio 1951, n. 72 è iscritto, con effetto a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, all'INPDAP, gestione autonoma ex-CPDEL. Con decreto del Ministro dell'industria, commercio e artigianato sono stabilite le modalità per la


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liquidazione, in favore degli interessati, del trattamento maturato alla suddetta data.
4. 2 (Inammissibile).
Ostillio.

Dopo il comma 1, aggiungere il seguente:
Per facilitare l'attività di accertamento dei redditi prodotti dalle attività economiche, i soggetti di cui all'articolo 2222 del codice civile che non esercitano attività economiche organizzate in forma di impresa, purché non obbligati all'iscrizione in albi tenuti da ordini e collegi professionali, nonché gli enti e gli organismi che esercitano attività economiche non a titolo principale sono iscritti nel Repertorio Economico Amministrativo (REA) istituito dall'articolo 9 del decreto del Presidente della Repubblica 7 dicembre 1995, n. 581, ai sensi dell'articolo 8 della legge 29 dicembre 1993, n. 580. Con decreto del Ministro dell'industria, commercio e artigianato, d'intesa con il Ministro delle finanze, sono stabilite le modalità semplificate per l'iscrizione e l'aggiornamento utilizzando i dati degli archivi di cui all'articolo 9, comma 3 del decreto del Presidente della Repubblica 7 dicembre 1995, n. 581, prevedendo in ogni caso che la prima iscrizione venga effettuata entro il 30 ottobre 1998.
* 4. 3 (Inammissibile).
Ostillio.

Dopo il comma 1, aggiungere il seguente comma:
Per facilitare l'attività di accertamento dei redditi prodotti dalle attività economiche, i soggetti di cui all'articolo 2222 del codice civile che non esercitano attività economiche organizzate in forma di impresa, purché non obbligati all'iscrizione in albi tenuti da ordini e collegi professionali, nonché gli enti e gli organismi che esercitano attività economiche non a titolo principale sono iscritti nel Repertorio Economico Amministrativo (REA) istituito dall'articolo 9 del decreto del Presidente della Repubblica 7 dicembre 1995, n. 581, ai sensi dell'articolo 8 della legge 29 dicembre 1993, n. 580. Con decreto del Ministro dell'industria, commercio e artigianato, d'intesa con il Ministro delle finanze, sono stabilite le modalità semplificate per l'iscrizione e l'aggiornamento utilizzando i dati degli archivi di cui all'articolo 9, comma 3 del decreto del Presidente della Repubblica 7 dicembre 1995, n. 581, prevedendo in ogni caso che la prima iscrizione venga effettuata entro il 30 ottobre 1998.
* 4. 8 (Inammissibile).
Servodio, Molinari.

Dopo il comma 1, aggiungere il seguente:
Per facilitare l'attività di accertamento dei redditi prodotti dalle attività economiche, i soggetti di cui all'articolo 2222 del codice civile che non esercitano attività economiche organizzate in forma di impresa, purché non obbligati all'iscrizione in albi tenuti da ordini e collegi professionali, nonché gli enti e gli organismi che esercitano attività economiche non a titolo principale sono iscritti, senza oneri a carico di tali soggetti, nel Repertorio Economico Amministrativo (REA) istituito dall'articolo 9 del decreto del Presidente della Repubblica 7 dicembre 1995, n. 581, ai sensi dell'articolo 8 della legge 29 dicembre 1993, n. 580. Con decreto del Ministro dell'industria, commercio e artigianato, d'intesa con il Ministro delle finanze, sono stabilite le modalità semplificate per l'iscrizione e l'aggiornamento utilizzando i dati degli archivi di cui all'articolo 9, comma 3 del decreto del Presidente della Repubblica 7 dicembre 1995, n. 581, e prevedendo in ogni caso che la prima iscrizione venga effettuata entro il 30 ottobre 1998.
* 4. 10 (Inammissibile).
Il Relatore.


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Dopo il comma 1, aggiungere il seguente:
2. Gli agenti contabili delle camere di commercio, industria, artigianato, agricoltura, salvo che la Corte dei Conti lo richieda, non sono tenuti alla trasmissione della documentazione occorrente per il giudizio di conto di cui al testo unico delle leggi sulla Corte dei Conti, approvato con regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214.
4. 4.
Ostillio.

Dopo il comma 1 inserire il seguente:
2. Il comma 4, dell'articolo 7 della legge 29 dicembre 1993, n. 580 è sostituito dàl seguente:
«4. Lo stato giuridico e il trattamento economico dei dipendenti dell'Unioncamere sono disciplinati da contratti di diritto privato stipulati secondo le norme statutarie, nel rispetto dei princìpi contenuti nel Titolo I del Decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 e nei limiti delle disponibilità di bilancio».
4. 5 (Inammissibile).
Ostillio.

Dopo il comma 1, aggiungere il seguente:
2. Al comma 8 dell'articolo del decreto-legge 23 settembre 1994 n. 547 convertito nella legge 22 novembre 1994 n. 644 sono aggiunte le seguenti parole: «Per i dipendenti delle Camere di Commercio che alla data del 12 lugilo 1982 possedevano - secondo il precedente ordinamento - la qualifica di capo servizio, l'inquadramento definitivo avviene nella qualifica funzionale ottava-bis.
4. 6 (Inammissibile).
Ruggeri.

Aggiungere il seguente articolo:

Art. 4-bis.

1. Le disposizioni dell'articolo 3, comma 8, del decreto-legge 23 settembre 1994, n. 547, così come convertito in legge 22 novembre 1994, n. 644, si interpretano nel senso che i funzionari delle Camere di Commercio che alla data del 12 luglio 1982 rivestivano la qualifica di capo servizio ai sensi del Regolamento-tipo per il personale delle Camere di Commercio, Industria e Artigianato sono inquadrati, con decorrenza dal 16 ottobre 1984, nella qualifica funzionale VIII-bis.
4. 9 (Inammissibile).
Guarino.

Dopo il comma 1, aggiungere il seguente:
2. All'articolo 46 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, come sostituito dall'articolo 3 del decreto legislativo 4 novembre 1997, n. 396, al comma 3, lettera a), dopo le parole: «rispettivamente rappresentati» sono aggiunte le seguenti: nonché dell'Unioncamere, per le autonomie funzionali rappresentate».
4. 7 (Inammissibile).
Servodio, Manzini, Molinari.

ART. 5.

Sopprimerlo.
* 5. 2.
de Ghislanzoni Cardoli.

Sopprimerlo.
* 5. 3.
Il Relatore.


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Sostituirlo con il seguente:

Art. 5.
(Disposizioni per la politica agricola ed agroindustriale).

1. Entro 60 giorni dall'entrata in vigore della presente legge il Ministro per le politiche agricole, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, e sentito il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, presenta per l'approvazione al CIPE il Piano agricolo, agroindustriale e forestale nazionale.
2. Per l'attuazione del Piano di cui al comma 1, per il triennio 1998-2000, sono destinate lire 1.964,9 miliardi, di cui lire 391 miliardi per l'anno 1998, lire 748,4 miliardi per l'anno 1999 e lire 825,5 miliardi per l'anno 2000, nonché i fondi che le regioni iscrivono autonomamente nei propri bilanci, anche in attuazione di quanto stabilito dall'articolo 3, comma 8, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, quelli erogati dal Fondo di Rotazione, di cui all'articolo 5 della legge 16 aprile 1987, n. 183, per l'attuazione dei regolamenti comunitari a fini strutturali, quelli recati annualmente dalla legge finanziaria e destinati in particolare al settore dell'irrigazione, dell'agroindustria e del riordino fondiario per l'attuazione di programmi di intervento nei settori specifici.
3. Il Piano di cui al comma 1, previa indicazione dei vincoli posti dalla politica agricola dell'Unione Europea è costituito:
a) dai programmi di sviluppo rurale ed agroindustriale predisposti da ogni singola regione e provincia autonoma;
b) dai programmi interregionali o azioni comuni riguardante l'insieme delle regioni e delle province autonome;
c) dalle attività realizzate dal Ministero per le politiche agricole nei limiti previsti dal decreto legislativo 4 giugno 1997, n. 143.

4. Con il Piano di cui al comma 1 si provvede anche ad attribuire gli stanziamenti annuali, specificamente previsti dallo stesso comma 1, ai programmi ed alle attività di cui alle lettere a), b) e c) del comma 3.
5. Il Ministro per le politiche agricole, avvalendosi del Gruppo di Supporto Tecnico, di cui alla legge 4 giugno 1984, n. 194, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano e sentito il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, presenta annualmente al CIPE un rapporto sullo stato di attuazione del Piano agricolo, di cui al comma 1, nonché sullo stato dell'Agricoltura italiana.
6. All'onere derivante dall'attuazione del presente articolo, determinato in lire 391 miliardi per l'anno 1998, lire 748,4 miliardi per l'anno 1999 e lire 825,5 miliardi per l'anno 2000, si provvede mediante riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1998-2000, nell'unità previsionale di base di conto capitale «Fondo speciale» iscritta nello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica per l'anno 1998, all'uopo utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero per le politiche agricole. Il Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
5. 1.
Il Governo.


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ALLEGATO

Indagine conoscitiva sul settore dell'energia

DOCUMENTO CONCLUSIVO APPROVATO DALLA COMMISSIONE

SOMMARIO

Parte Prima
QUESTIONE ENERGIA IN EUROPA

1. Politiche energetiche
1.1. Aspetti giuridici
1.2. Cenni storici
1.3. Situazione generale
1.4. Obiettivi e problemi settoriali
1.4.1. Carbone e altri combustibili solidi
1.4.2. Idrocarburi
1.4.3. Energia e combustibili nucleari
1.4.4. Fonti rinnovabili
1.4.5. Ricerca sviluppo e azioni dimostrative
1.4.6. Mercato interno
1.4.7. Effetto serra e cooperazione internazionale

2. Prospettive
2.1. Premessa
2.2. Tendenze emergenti
2.3. Mercato comunitario
2.4. Disponibilità e preoccupazioni

Parte Seconda
QUESTIONE ENERGIA IN ITALIA

3. Situazione generale
3.1. Dipendenza
3.2. Fabbisogno e domanda

4. Mutamenti e nuovi modelli
4.1. Strategie d'internazionalizzazione
4.2. Offerta internazionale
4.3. Domanda variabile dipendente
4.4. Superamento del modello nazionale
4.5. Evoluzione degli strumenti

5. Prospettive e problemi delle fonti non tradizionali
5.1. Energia da rifiuti
5.2. Fonti rinnovabili e alternative
5.3. Nucleare da fissione
5.4. Fusione termonucleare

6. Sistema integrato ed effetti ambientali e climatici
6.1. Effetti ambientali
6.2. Effetti climatici

7. Ruolo dell'ENEA

Parte Terza
ASPETTI DELLA QUESTIONE ELETTRICA

8. Ruolo dell'ENEL
8.1. Cenni storici e organizzativi
8.2. Scenari del sistema elettrico
8.3. Strategie aziendali
8.4. Problema eccedenze autoproduttori
8.4.1. Termini della questione
8.4.2. Motivi della sospensione

9. Ruolo delle imprese elettriche degli enti locali (IEEL)

10. Riferimenti ulteriori per il progetto del Governo
10.1. Direttiva CEE
10.2. Documento Carpi
10.3. Parere dell'Antitrust su Carpi

11. Conclusioni
11.1. Volontà parlamentari
11.2. Osservazioni varie

12. Bibliografia


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Parte Prima
QUESTIONE ENERGIA IN EUROPA

1. Politiche energetiche.

Senza dubbio la questione energetica è sempre stata così importante che la troviamo all'origine del l'Unione europea.

1.1. Aspetti giuridici.
I fondamenti della Politica energetica EUROPEA si ritrovano nei trattati CECA ed EURATOM (relativi rispettivamente alle politiche sovranazionali delle fonti d'energia quali il carbone, l'acciaio e il nucleare), i trattati CEE, l'Atto Unico Europeo (AUE) e il Trattato sull'Unione Europea (TUE) (Cfr: Associazione ex parlamentari, L'Italia nell'Unione Europea: problemi e prospettive, Atti del Convegno svoltosi presso il Cnel il 24 maggio 1996, Camera dei Deputati, Roma 1998). Tuttavia e in particolare, in quest'ultimo trattato non c'è un capitolo dedicato all'energia a sé stante, ma è solo inserito nell'elenco degli obiettivi (Cfr: TUE, articolo 3, lettera t) La giustificazione è che l'energia rientra nel mercato interno e, quindi, non è necessaria una regolamentazione a livello di trattato. Il tema dell'energia è stato inserito nel Titolo ambiente (Cfr: TUE, articolo 130 S, paragrafo 2) in cui si affrontano due problemi specifici: quello della scelta tra fonti energetiche diverse e quello della struttura dell'approvvigionamento. Inoltre nel TUE si parla di reti transeuropee nei settori delle infrastrutture dei trasporti, delle telecomunicazioni e dell'energia per rafforzare la coesione economica e sociale della Comunità. Il TUE «conferma dunque che il campo d'azione della Comunità abbraccia anche il settore dell'energia; tuttavia emerge chiaramente che non tutti gli stati membri sono già disposti a trasferire alla Comunità competenze rilevanti in materia di politica energetica. In conformità del principio della sussidiarietà sancito dal trattato, la politica energetica va quindi sostanzialmente considerata compito degli stati membri» (Cfr: doc. 9, p. 241). Sempre in tema di recepimento della direttiva europea, «questa direttiva forse fa troppo ricorso al principio di sussidiarietà per cui ogni Paese può decidere un recepimento della direttiva molto diverso da quello del suo vicino e quindi in parte l'obiettivo che era quello di creare un grande mercato unico europeo dell'energia elettrica, rischia di non essere facilmente raggiunto» (De Paoli Luigi, in Associazione Italiana Consumatori Energia di Processo (AICEP), i Grandi consumatori elettrici di fronte alla liberalizzazione del mercato in Italia ed in Europa, Atti del Convegno, Milano 3 luglio 1997, Roma ottobre 1997, p. 19).

1.2. Cenni storici.
Nella Comunità europea, fino alla fine degli anni '70, c'era un accordo di principio sugli obiettivi politici della politica energetica. Ruolo fondamentale era riservata all'energia nucleare per risolvere, nel futuro, il problema dell'approvvigionamento dell'Europa. Ma non ci fu mai un ampio consenso nella Comunità specie sui problemi della sicurezza e dell'«effetto serra», ancora oggi irrisolti. In base alla decisione del Consiglio della Comunità del settembre 1986 sugli obiettivi della politica energetica fino al 1995, «gli Stati membri sono tenuti a favorire e portare avanti il processo di ristrutturazione nell'ambito della politica energetica» (Cfr: doc. 9, p. 241). La Commissione, nel gennaio e nel dicembre del 1995 ha predisposto rispettivamente un Libro verde e un Libro bianco, per una politica energetica dell'Unione, puntando agli obiettivi di lungo periodo, individuati nella riduzione della dipendenza energetica, nella sostituzione del petrolio greggio e nel risparmio energetico e nell'impiego razionale dell'energia.

1.3. Situazione generale.
Rispetto agli obiettivi della politica energetica, pur nella persistenza di notevoli differenze tra gli stati nel tendere a realizzarli, alcuni risultati di rilievo sono


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stati raggiunti. Dal 1975 è stato possibile ridurre la dipendenza della Comunità dalle importazioni d'energia e soprattutto di petrolio greggio. Questo è stato possibile, grazie ad una maggior produzione di greggio nel Regno Unito e ad un modesto aumento dei consumi interni lordi d'energia.

1.4. Obiettivi e problemi settoriali.
1.4.1. Carbone e altri combustibili solidi.
La Comunità si pone come obiettivo quello di favorire il consumo di carbone estratto in Europa e il consumo dei combustibili solidi. Attualmente i paesi europei produttori di carbone sono la Gran Bretagna, la Germania e la Spagna, ma si importano notevoli quantitativi di carbone, anche perché i prezzi del carbone importato sono nettamente più favorevoli di quelli interni. Per questo differenziale di prezzo, la Comunità sovvenziona il settore, specie in Germania e in Spagna. Si discute se tali sovvenzioni debbano continuare anche oltre il 2000 e quali debbano essere le quote di produzione da autorizzare ai paesi produttori di carbone.
1.4.2. Idrocarburi.
La Comunità raccomanda la riduzione dell'importazione di petrolio e la sua sostituzione con altre forme d'energia, attraverso la promozione delle prospezioni (off-shore). Altro importante obiettivo è la sicurezza degli approvvigionamenti che viene ricercata attraverso la diversificazione delle fonti d'acquisto e le disposizioni in materia di riserva dei maggiori gruppi di prodotti petroliferi (90 giorni di consumo dell'anno precedente).
1.4.3. Energia e combustibili nucleari.
Nonostante il nucleare sia un obiettivo di primo piano, dopo la catastrofe verificatasi a Chernobyl nell'aprile del 1986, il settore ha subìto un grande rallentamento nella Comunità. Proprio l'incidente di Chernobyl ha rivelato che - nonostante il trattato EURATOM - la Commissione, l'organismo competente a livello comunitario, non dispone affatto di poteri adeguati, specie in materia di sicurezza ed emissioni, procedure di consultazione per le centrali vicine ai confini, disposizioni chiare per il deposito e il trasporto di combustibili e scorie nucleari, norme sulla radioprotezione e l'inesistenza di un sistema comunitario d'informazione e di controllo in caso d'incidenti nucleari e piani per far fronte alle catastrofi.
1.4.4. Fonti rinnovabili.
L'obiettivo comunitario è quello di aumentare la loro quota sul consumo totale (ora corrisponde a circa il 2-3 per cento).
1.4.5. Ricerca, sviluppo e azioni dimostrative.
Sono previsti numerosi e diversi programmi, tesi a promuovere le energie tradizionali, l'energia nucleare, le energie alternative e a favorire il risparmio energetico e l'uso razionale dell'energia.
1.4.6. Mercato interno.
L'obiettivo principale è quello di completare il mercato interno attraverso l'abbattimento di ostacoli e restrizioni alla concorrenza e agli scambi commerciali, il ravvicinamento delle politiche fiscali e dei prezzi e delle normative in materia ambientale e di sicurezza. In questo quadro si sono deliberate le direttive sul transito di energia elettrica e di gas naturale.
Dunque, l'obiettivo è la liberalizzazione del mercato interno dell'elettricità e del gas naturale per creare una vera integrazione del mercato. Per questo, l'Unione europea stabilisce una serie di obblighi per la libertà di stabilimento, la libera circolazione delle merci, la trasparenza di mercato e le norme di efficienza energetica. Così, saranno continuate ed ampliate azioni specifiche, quali:
«l'applicazione del trattato e il buon funzionamento del mercato interno;
l'applicazione del diritto comunitario, in chiave di trasparenza, nelle relazioni annuali sul mercato interno;
la messa a conoscenza del pubblico di tutte le misure nazionali di attuazione per facilitare l'applicazione delle normative comunitarie;


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il processo di codificazione e consolidamento iniziato nel 1995 con il regolamento (Cee) n. 1056 del 1972 ed altri atti in materia di energia continuerà, contemporaneamente al riesame della legislazione in vigore» (Cfr: doc. 9, p. 255; Libro Bianco, punto 53).
Per quanto riguarda il controllo del mercato, se la tendenza è quella di intervenire meno sul mercato dell'energia, dovrà assumere più importanza un efficiente strumento di controllo per analizzare e capire gli sviluppi di mercato, affinché non siano conflittuali rispetto alle finalità della politica energetica.
1.4.7. Effetto serra e cooperazione internazionale.
Sono materie su cui non si è fatto molto. Nel dicembre 1994 è stata sottoscritta a Lisbona la Carta europea dell'energia. Attualmente si discute di una cooperazione con i paesi dell'Europa orientale nel campo della politica energetica ed ambientale. La Commissione, con i programmi Phare, Tacis, Thermie e Synergy, ha avviato la creazione di diversi centri dell'energia con obiettivi e strutture diversi, comunque tesi a sviluppare la cooperazione dentro e fuori la Comunità. (Cfr: doc. 9, pp. 241-243, 267, 268; Libro Bianco, punti 97-102).

2. Prospettive.

2.1. Premessa.
La globalizzazione dei mercati «un solo mondo» e la dimensione esterna sono le due caratteristiche principali dell'economia moderna. La sicurezza dell'approvvigionamento energetico e gli scambi internazionali di prodotti energetici sono i connotati strategici dei mercati dell'energia.
In questo quadro, l'obiettivo principale della Comunità è quello di «garantire che l'industria europea, compresa l'industria energetica, sia strutturalmente e tecnologicamente idonea a far fronte all'accresciuta concorrenza ed in grado di sfruttare le opportunità derivanti dalla globalizzazione» investendo ed innovando. (Cfr: doc. 9, p. 247, Libro bianco).
E poiché ogni azione energetica ha impatti ambientali locali e globali, la politica energetica deve essere inserita in ogni politica di protezione ambientale, tanto che la chiave della politica energetica è il raccordo fra energia e ambiente per conseguire lo sviluppo sostenibile, ravvicinando sempre più le questioni della competitività, della creazione dei posti di lavoro e dell'ambiente.
Ulteriore problema riguarda la definizione del ruolo della Comunità, degli Stati membri, delle regioni e degli organismi locali. Così è stato deciso che debba valere e prevalere il principio di «proporzionalità» (Cfr: doc. 9, p. 249; Libro Bianco; COM (95), 26 luglio 1995. - Relazione della Commissione concernente una revisione della legislazione comunitaria in materia di energia -). È stato deciso che le normative siano limitate allo stretto necessario e non siano proposte se il mercato già funziona. Inoltre si deve rispettare il principio di «sussidiarietà». (Cfr: doc. 9, p. 249; Libro Bianco; SEC (92), 27 ottobre 1992). Principio in base al quale la Comunità può intervenire per conseguire un vero valore aggiunto nelle politiche nazionali.

2.2. Tendenze emergenti.
La Commissione ha svolto numerosi e approfonditi studi per supportare scientificamente il Libro Bianco. Da questi studi emergono alcune tendenze strategiche per la politica energetica comunitaria, quali quelle che:
«l'Europa aumenterà fortemente la sua dipendenza dall'energia di importazione;
il gas sarà in concorrenza con il petrolio come componente principale del mix di combustibile;
i consumatori europei diventeranno sempre più dipendenti dall'energia fornita dalla rete;


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la configurazione finale del futuro mix di combustibile è improntata ad una notevole flessibilità» (Cfr: doc. 9, p. 251; Libro Bianco, punto 37; SEC (92) European Energy to 2000: A Scenario Approach. Commission Services Working Paper. December 1995).
La Comunità prevede che il consumo mondiale di energia continui a crescere del 2 per cento l'anno, come media rispetto all'1 per cento previsto in Europa e a circa il 6 per cento in alcune economie emergenti. L'uso di energia, dagli attuali 8,5 milioni di tonnellate equivalente petrolio (Mtep) salirà a 13 Mtep nel 2020 senza particolari problemi dal lato dell'offerta e della disponibilità fisica di energia.
In particolare si prevede che: il petrolio e le relative forniture energetiche resteranno abbordabili pur con prezzi volatili; il carbone manterrà ancora la sua quota nell'approvvigionamento globale grazie ai suoi vantaggi di prezzo; il gas, invece, sana il combustibile che, nel medio termine, registrerà la crescita più rapida raddoppiando nel 2020. Per vantaggi ambientali e costi d'impianto, il gas costituirà la scelta prioritaria in diversi settori, specie nella generazione di energia elettrica. Il nucleare nell'energia dipenderà dalle decisioni dei governi, comunque in Asia le prospettive di crescita sono considerevoli e sono dell'ordine del 5,6 per cento, specie in Cina, Corea, India, Pakistan, Filippine e Indonesia. (Cfr: doc. 9, p. 251).

2.3. Mercato comunitario.
«La Comunità registrerà una costante crescita della domanda energetica, con un consumo interno lordo in aumento, di poco meno l'1 per cento l'anno» (Cfr: doc. 9, p. 252; Libro Bianco, punto 40). La domanda del settore industriale si stabilizzerà ai livelli attuali, quella del terziario domestico registrerà una flessione leggera, mentre la domanda che continuerà a crescere, consumando più energia, sarà quella dei trasporti.
«Dal lato della domanda, il consumo di gas naturale registrerà il maggiore aumento di volume. La domanda raddoppierà come minimo, soprattutto per la generazione di energia. La generazione di energia elettrica mediante impianti alimentati a gas, potrebbe infatti raggiungere quasi la metà della capacità termica totale, con la maggior parte di essa in impianti a ciclo combinato. Il carbone e il nucleare dovrebbero invece vedere la propria quota di mercato ridursi. Si profila un grado di decentramento nella generazione di energia e il costo marginale di produzione di elettricità dovrebbe essere leggermente inferiore ai livelli attuali. Per soddisfare la domanda delle centrali, occorrerà raddoppiare la capacità di gasdotti e quella GNL» (Cfr: doc. 9, p. 252; Libro Bianco, punto 41).
In Europa si prevede, quindi, in termini di quote di mercato, una crescente penetrazione dell'elettricità e del gas.
Per quanto riguarda la produzione comunitaria di energia (cioè l'Offerta) «sembra destinata a declinare, probabilmente di un quinto nel 2020. Anche se, grazie al progresso tecnologico, fosse possibile differire questa tendenza, la crescente domanda di energia abbinata ad un eventuale declino della produzione interna provocherebbe una maggiore dipendenza da paesi terzi. La dipendenza dalle importazioni, attualmente prossima a metà del consumo lordo, potrebbe salire a tre quarti nel 2020» (Cfr: doc. 9, punto 45, p. 253).
Gli obiettivi più importanti, per orientare la politica energetica, sono individuati nuovamente fra quelli generali dell'integrazione del mercato, della crescita economica sostenibile, della creazione di posti di lavoro e della prosperità dei cittadini, sono:
«competitività globale
sicurezza dell'approvvigionamento energetico
protezione ambientale» (Cfr: doc. 9, p. 253; Libro Bianco, punto 46).


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2.4. Disponibilità e preoccupazioni.
C'è una questione di fondo che siamo tenuti ad affrontare, ossia la disponibilità di fonti energetiche e la stabilità dei loro prezzi. C'è chi pensa che, nel prossimo futuro, la questione energetica sarà un problema non principale per la sua tranquillità, mentre c'è chi, come il World Energy Council, prevede un forte aumento della domanda di energia dei paesi come la Cina e l'India, che faranno aumentare le tensioni sul mercato internazionale (Cfr: doc. 5, Allegato, p. 357).
In realtà, «si può dire che l'esaurimento delle risorse di combustibili fossili è ancora relativamente lontano. Il rapporto tra riserve accertate e consumi annuali si mantiene circa costante o addirittura in leggero aumento: intorno a 40 anni per il petrolio, 65 anni per il gas, oltre 200 anni per il carbone» (Cfr: doc. 5, Allegato, p. 357). Ciò significa che le disponibilità compensano i consumi, pur rimanendo incontestato il fatto che le risorse sono fisicamente limitate nel tempo.
Permangono, tuttavia, diverse preoccupazioni relative a tre ordini di problemi.
a) il primo riguarda il petrolio e il gas naturale. Si tratta dell'instabilità politica o della potenziale fragilità delle istituzioni in alcuni dei paesi maggiori produttori. «I pericoli fondamentalisti non sono certo diminuiti nel Medio oriente, nell'Africa del Nord - segnatamente in Algeria e in alcune repubbliche centro asiatiche. Le possibilità di crisi in questi paesi che dovessero interrompere i flussi più importanti di petrolio (dall'Arabia Saudita) o di gas (da Algeria e Russia), rimane concreta con ripercussioni potenzialmente non inferiori a quelle del 1973 e 1979» (Cfr: doc. 5, Allegato, p. 357);
b) il secondo tipo di problemi è di natura logistica e riguarda il gas naturale. La domanda è prevista aumentare all'anno: in Europa dell'1,5 per cento, negli altri paesi Ocse del 2 per cento, mentre in Cina, Corea, India, Pakistan, Filippine, Indonesia del 5-6 per cento. Nel 2020 si prevede un aumento consistente dei consumi energetici rispetto a quelli attuali, che va da un minimo del 50 per cento ad un massimo del 100 per cento. Sotto il profilo della «logistica», mentre per il petrolio le infrastrutture di trasporto sono sufficienti, per il gas naturale non lo sono. Questo, anche perché il gas naturale (con riserve molto grandi in Siberia, in altri paesi ex Urss e in Iran) richiede, per il trasporto, infrastrutture complesse e costose. In Europa, la domanda di gas naturale è prevista raddoppiare nel 2020. Già oggi, più della metà della domanda si concentra nel settore termoelettrico. Le nuove tecnologie turbogas e dei cicli combinati offrono notevoli vantaggi in termini di bassi costi d'impianto, di alti rendimenti e modesti impatti ambientali. Se, nel breve termine, il problema dell'approvvigionamento è assicurato dagli impegni contrattuali in essere, nel lungo termine si prevedono difficoltà e incertezze che riguardano la distanza dei centri di produzione. Senza necessari adeguamenti della rete di trasporto del gas è possibile che tra una decina d'anni o poco più si crei un eccesso di domanda sull'offerta con inevitabili ripercussioni sull'aumento dei prezzi. «La liberalizzazione del mercato energetico porta a una riduzione degli orizzonti temporali su cui si basano le decisioni settoriali. La mancanza di una strategia di lungo termine da parte di molti operatori, potrebbe portare sul lungo termine a crisi strutturali, se non vi fossero opportuni correttivi da parte dei Governi» (Cfr: doc. 5, Allegato, p. 358);
c) infine, il terzo ordine dei problemi riguarda la necessità di ridurre i consumi. Infatti, in futuro, diverrà sempre più urgente limitare i consumi di combustibili fossili per ridurre le emissioni di anidride carbonica al fine di non sovvertire la stabilità del clima globale. Fra i combustibili che più incidono sul mutamento del clima, il carbone è quello più aggressivo. difatti, a parità di energia prodotta, il carbone emette il doppio di anidride carbonica rispetto al gas naturale e il 50 per cento in più rispetto al petrolio. (Cfr: doc. 5, Allegato, pp. 357-359; doc. 6, Miegati; doc. 7, Allegato).


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Parte Seconda
QUESTIONE ENERGIA IN ITALIA

3. Situazione generale.

3.1. Dipendenza.
L'Italia per soddisfare il proprio fabbisogno energetico dipende quasi interamente dall'estero. In termini percentuali, attualmente, importa circa l'80 per cento di risorse energetiche e circa l'80 per cento di idrocarburi. Il petrolio viene consumato soprattutto nei settori «trasporti» ed «elettrico». In quest'ultimo, il 60 per cento del petrolio serve ancora a produrre energia elettrica. (Cfr: doc. 5, Allegato, p. 360).

3.2. Fabbisogno e domanda.
Per quanto riguarda, in particolare, il gas naturale, il fabbisogno è in continua e rapida crescita. Nel 1990 rappresentava, sul totale del fabbisogno energetico, il 23,9 per cento e già nel 1996 era aumentato al 26,9 per cento. Il maggiore utilizzo del gas è dovuto a maggiori e nuove convenienze economiche rispetto al petrolio ed anche ad indubbi vantaggi di tutela ambientale. La domanda domestica tende sempre più a consumare gas in sostituzione del gasolio per il riscaldamento domestico. La domanda energetica industriale consuma più gas soprattutto per la produzione di energia elettrica. Questa domanda è alimentata dai produttori indipendenti per l'uso dei cicli combinati, dagli autoproduttori attraverso la cogenerazione, dalle aziende produttive che tendono a sostituire l'olio combustibile e, infine, dalle industrie che convertono i propri impianti produttivi ormai obsoleti. (Cfr: doc. 5, Allegato, p. 360; doc. 6, Allegati).
Le previsioni sulla domanda energetica complessiva, elaborate nell'ultimo Piano Energetico Nazionale (PEN) del 1988, sono state sostanzialmente rispettate dai dati storici del '90 e del '96. La domanda energetica complessiva è ammontata a 163 Mtep (Milioni tonnellate equivalenti petrolio) nel 1990, e a 172 Mtep nel 1996. Le previsioni sono di 180 Mtep nel 2000 e di 193 nel 2010. Le previsioni, quindi, indicano che la crescita della domanda sarà nei prossimi anni abbastanza moderata proprio perché è funzionale alle previsioni di una crescita moderata della nostra economia. (Cfr: doc. 5, Allegato, p. 359).
Per quanto riguarda il gas naturale, il fabbisogno totale attuale (pari a 46,5 Mtep) è coperto dalla produzione interna per il 35 per cento (pari a 16,4 Mtep) e il resto dalle importazioni dall'Algeria per il 33,2 per cento (15,4 Mtep), dalla Russia per il 23,7 per cento (11 Mtep) e dall'Olanda per l'8,1 per cento (3,7 Mtep).
Le previsioni dell'andamento della domanda di gas indicano una crescita consistente e rapida, tanto che nel 2015 la domanda di gas quasi raddoppierà e, rispetto alla domanda complessiva di energia, raggiungerà il 40 per cento contro l'attuale 27 per cento. (Cfr: doc. 5, Allegato, p. 360; doc. 6, Allegati).
Per l'energia elettrica, si prevede che la domanda crescerà ad un tasso medio annuo di poco inferiore al 2 per cento. Dalla quantità di energia elettrica del 1996 di 263 TWh (miliardi di KWh - chilovattora -) richiesta in rete, si passerà a quella del 2010 di 340 TWh. La domanda di energia elettrica aumenterà, così, di circa il 40 per cento, assumendo un rilevante e strategico peso nel sistema energetico complessivo. (Cfr: doc. 5, Allegato, pp. 360, 361; doc. 2, Tatò, p. 76).
Su quest'ultimo tema, relativo al fabbisogno elettrico, si registra un netto contrasto di valutazione fra l'Enel e l'Unapace. Su domande specifiche del Presidente Nesi (Cfr: doc. 2, Nesi, p. 75; doc. 3, Nesi, p. 130, 131), l'UNAPACE ha dichiarato che: «Dal 1993 ci siamo trovati in una posizione di contrasto continuo con l'Enel sulle stime in ordine al fabbisogno di impianti e di potenza elettrica in Italia; da quell'anno in poi l'Enel ha costantemente dichiarato che il sistema elettrico italiano si trovava in situazione di sovracapacità produttiva, ad un orizzonte progressivamente spostato dal 2001 al 2005» (Cfr: doc. 3, Gatti Giuseppe,


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Presidente dell'Unapace, p. 122). Al 2010 «in Italia occorrerà una potenza complessiva non inferiore a 105 mila megawatt (attualmente sono 71 mila), con un incremento - al netto delle dismissioni necessarie, pari a 24 mila megawatt per non avere un parco vetusto - di 58 mila megawatt rispetto alla potenza attuale» (Cfr: doc. 3, Gatti, p. 122; Allegati Unapace per un approfondimento tecnico del fabbisogno).
Anche l'Authority, a richiesta (Cfr: doc. 4, Presidente onorevole Nesi, p. 281; onorevole Rasi, p. 284, 285), è intervenuta su questo contrastato problema. La previsione dello sviluppo del sistema elettrico dipende sia dalla domanda che dall'offerta. Dal lato della domanda, la sua espansione appare bassa, se la si confronta con quella di altri paesi industrializzati, come sostiene l'Enel. Tuttavia, visto che in Italia la penetrazione elettrica è a livelli bassi, è possibile invertire la tendenza. Per sviluppare questa penetrazione sarebbe opportuno attivare misure tariffarie, che oggi sfavoriscono l'uso di elettricità, rispetto ad altre fonti, specie da parte delle piccole e medie imprese. Dal lato dell'offerta, ci sono quattro elementi nuovi da considerare. Il primo è che le importazioni di energia, che erano rimborsate a piè di lista, ora non lo sono più e, quindi, sono già penalizzate; il secondo è che circa il 40 per cento dei contratti di importazione scade nel 1999 e, quindi, è da percorrere la politica del non rinnovo e della rinegoziazione degli altri; il terzo elemento è lo stato di obsolescenza degli impianti nazionali. Pur con le dovute verifiche, si può ritenere che circa un terzo degli impianti termoelettrici dell'Enel sia da rinnovare entro il 2000 o il 2005; il quarto è che si deve fare anche un confronto tra le diverse fonti, con particolare attenzione a quelle di tipo termico: gas naturale, olio combustibile e carbone. Per queste fonti esistono problemi di vulnerabilità all'approvvigionamento. Inoltre lo sviluppo tecnologico sta privilegiando gli elevati rendimenti del gas naturale. Accanto all'offerta di energia è pure importante considerare il sistema della trasmissione perché la sua eventuale inefficienza si ripercuote sui prezzi dell'energia stessa. (Cfr: doc. 4, Garribba Sergio, Componente dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas, p. 294, 295).
Il Governo sul problema dell'evoluzione della domanda di energia elettrica, ha dichiarato che i tassi pensabili sono quelli compatibili con l'andamento del PIL; che ci sarà una nuova e aggiuntiva potenza derivante dall'applicazione del CIP 6 e che sarà difficile, nel breve periodo, ribaltare i consumi del gas e della benzina a favore dell'elettricità. (Cfr: doc. 8, Bersani, pp. 620, 621).
In tema di domanda di prodotti petroliferi, l'Unione Petrolifera stima che nei prossimi 10-15 anni i consumi rimarranno ai livelli del 1996. (Cfr: doc. 7, De Simone Pietro, Direttore Generale dell'Unione petrolifera, p. 593; Allegato). Fortissima, invece, è la critica fatta alle soluzioni di liberalizzazione della distribuzione dei carburanti (Decreto legislativo sulla ristrutturazione della rete carburanti), perché non si è rispettata l'autonomia contrattuale delle parti. (Cfr. doc. 7, De Vita, p. 590, 591).

4. Mutamenti e nuovi modelli.

4.1. Strategie d'internazionalizzazione.
Il processo economico dell'internazionalizzazione delle aziende e dell'economia era, sino a poco tempo fa, limitato alla capacità di aumentare le esportazioni dei propri beni e servizi. Gli scambi internazionali dei prodotti erano il parametro per misurare il grado di inserimento nell'economia internazionale sia di singole aziende che di interi paesi. Oggi è superato questo concetto di internazionalizzazione e oltre gli scambi di petrolio, carbone, gas naturale ed anche elettricità (oggi l'Italia importa il 15 per cento del fabbisogno elettrico), si pesano la presenza all'estero in termini di impianti sia di produzione che di trasformazione, di reti commerciali, di attività di ricerca e progettazione. Il processo di internazionalizzazione


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è, quindi, il processo di integrazione fra le economie. Di fronte a questi mutamenti, in cui le relazioni e interrelazioni fra tutte le variabili micro e macroeconomiche di tutti i paesi del mondo rappresentano pure l'altro fenomeno moderno della globalizzazione, le risposte aziendali devono adeguarsi. La competizione globale impone la ricerca e l'adozione di nuove strategie per intraprendere le vie del cambiamento, della sopravvivenza, dello sviluppo e del progresso. Tre sono le strategie che riguardano oggi il settore energetico. La prima è la necessità di trasformare i soggetti produttivi in vere imprese multinazionali, che inventano e sperimentano anche ogni forma associativa con altre imprese; la seconda è il proprio riorientamento verso nuovi mercati o segmenti di mercato dove maggiore è, e può essere, la domanda di energia. Oggi i paesi che consumano maggiormente energia, perché le loro economie sono in rapido sviluppo, si trovano in Estremo Oriente e nell'Europa dell'Est. Ad esempio, già da tempo, più del 60 per cento della produzione dell'industria elettromeccanica è rivolta all'estero in aree extraCee; la terza strategia riguarda la capacità di poter vincere le gare internazionali e aggiudicarsi commesse e contratti di fornitura. Poiché la domanda di energia riguarda paesi che stanno compiendo una grande accelerazione della propria economia, ma che hanno anche problemi più finanziari che economici, diventa fondamentale integrare l'offerta tecnologica con pacchetti di servizi e soprattutto pacchetti finanziari. (Cfr: doc. 5, Allegato, p. 367).
Per penetrare nei mercati internazionali non serve tanto essere forti nella Distribuzione, quanto nel fare centrali, nel creare le reti e gestirle. È indispensabile possedere capacità finanziarie e di montaggio finanziario, in quanto nessuno investe mezzi propri. (Cfr: doc. 3, Gatti, p. 134).

4.2. Offerta internazionale.
Se nel recente passato l'industria nazionale di impianti energetici era solamente funzionale alla domanda del Programma Energetico Nazionale, oggi la domanda ha una dimensione internazionale. Le risposte, quindi, impongono la necessità di calibrare l'offerta in funzione della struttura, della dinamica, della quantità e qualità del fabbisogno internazionale. Il successo dipende dalla riuscita di alleanze aziendali che possano affrontare i nuovi e più svariati rischi imprenditoriali con adeguate coperture finanziarie ed assicurative. (Cfr: doc. 5, Allegato, p. 367).

4.3. Domanda variabile dipendente.
In questi ultimi anni è superato anche il modello energetico che considerava la domanda energetica come la variabile indipendente del sistema. Tutti i problemi erano relativi al come soddisfare la domanda. Oggi la centralità dei problemi è quella di modificare e influenzare proprio la domanda, per avere gli stessi servizi e impiegare minori quantità di energia. È mutato il concetto di efficienza energetica, passando dal mero soddisfacimento quantitativo della domanda ad un mix di politiche di risparmio energetico e nuovo uso dell'energia. Questo processo indica l'esistenza di margini di aumento molto elevati dell'efficienza e a costi che risultano addirittura negativi. Infatti, il risparmio di energia compensa rapidamente gli investimenti attuati per aumentare l'efficienza d'uso d'energia. (Cfr: doc. 5, Allegato, pp. 368, 369).
Inoltre, le politiche che tendono a spostare le fonti energetiche di importazione verso fonti di energia basate sullo sviluppo della tecnologia e sul contenimento della domanda conseguono non solo benefici effetti ambientali del ciclo energetico, ma anche nuovi posti di lavoro.
L'Enea ha valutato che ogni Mtep importato comporta una spesa verso l'estero di duecentocinquanta milioni di lire (1Mtep = 250 mil. \P). Se investiamo per migliorare l'efficienza energetica o per produrre energia da fonti rinnovabili, si può supporre che il costo della manodopera


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ammonti a circa il 60 per cento di tale spesa (150 mil. \P). «Questo corrisponde a regime a coprire stabilmente circa 2500 posti di lavoro, a costo di 60 milioni annui ciascuno, per ogni Mtep di cui si risparmia l'importazione, senza altri aggravi finanziari. Considerando che importiamo circa Mtep all'anno, questa dipendenza ci costa complessivamente circa 350 mila posti lavoro. Più concretamente, un piano che permettesse di spostare gradualmente (dell'ordine del 2 per cento all'anno) le spese dall'importazione di fonti energetiche alla produzione interna o al risparmio, creerebbe poco meno di 10 mila posti di lavoro all'anno». (Cfr: doc. 5, Allegato, p. 372).

4.4. Superamento del modello nazionale.
Gli ammodernamenti delle aziende e delle economie nazionali rispondono solo alle esigenze attuali relative alla competizione internazionale. Da questo punto di vista, i mutamenti che ogni paese deve programmare ed attuare, non sono dettati, quindi, dalle varie direttive Cee. Con o senza le direttive Cee i grandi cambiamenti devono comunque essere accelerati e governati, pena il non sviluppo. Da questo punto di vista, la costruzione del sistema Europa è un fatto strumentale per creare più efficienza ed efficacia competitive nelle nostre aziende. A conferma di tutto questo, oggi si constata la caduta di una politica energetica concepita e praticata solo nella dimensione nazionale per due grandi ragioni. La prima, consiste nella poderosa spinta dell'operare in un mercato globale mondiale affinché tale mercato sia il più libero possibile. Il regime di libera e leale concorrenza, in cui i prezzi sono determinati da una domanda e da una offerta, in ognuna delle quali non ci sono posizioni dominanti fra i più soggetti che le compongono. Se i mercati non funzionano con questo regime, le distorsioni sono devastanti nella produzione e distribuzione della ricchezza; così come sta ancora avvenendo nel mondo.
La spinta verso un mercato energetico di libera concorrenza conduce, anche in Europa, ad eliminare barriere ed ostacoli creati a difesa dei monopoli sia pubblici che privati. Sino ad oggi questo processo si sta attuando in diverse forme nei vari paesi europei. In Italia siamo nella fase iniziale e i problemi riguardano la presenza monopolistica di due grandi enti energetici di proprietà pubblica: l'Enel e l'Eni. Nel passato, si è costruito il sistema energetico italiano sul concetto essenziale di pubblica utilità». Quest'ultimo veniva garantito e concretizzato nell'obbligatorietà delle forniture e delle tariffe per tutti i consumatori. (Cfr: doc. 5, Allegato, p. 370).
La seconda grande ragione, per la quale è superato il modello nazionale energetico, è relativa al processo di decentramento regionale iniziato col Governo Prodi. La Legge n. 59 del 1o marzo 1997 prevede, infatti, anche il trasferimento alle Regioni dei compiti in materia di Produzione, Trasporto e Distribuzione di energia, che non abbiano rilievo nazionale. Sono, quindi, prevedibili anche competenze regionali per svolgere funzioni e compiti amministrativi, specie per l'uso razionale dell'energia, il risparmio energetico e lo sviluppo delle fonti rinnovabili. (Cfr: doc. 5, Allegato, pp. 370, 371).
Da questo processo di decentramento, nasce l'ulteriore necessità di progettare un nuovo PEN, da parte del Ministero dell'Industria, per raccordare la dimensione europea e quella dei previsti Piani Energetici Territoriali. Questi ultimi saranno gli strumenti fondamentali programmatori per adempiere ai nuovi compiti energetici.
Il nuovo PEN da progettare da parte del Ministero dell'Industria, dovrà infatti occuparsi della programmazione generale del fabbisogno degli investimenti relativi alla generazione e trasmissione di energia per soddisfare la domanda della rete e assicurarne la fornitura. (Cfr: Cee, Direttiva 18 dicembre 1997, Energia elettrica, premessa punto 14 e articolo 2 punto 21).

4.5. Evoluzione degli strumenti.
In Italia si passa dai Piani Energetici Nazionali (PEN) (mai attuati), che si


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basavano sugli strumenti operativi dell'ENI e dell'ENEL alle politiche di indirizzo del mercato, attraverso normative, regolamentazioni, incentivi e sgravi fiscali. Oggi, i Piani energetici sono richiesti anche alle Regioni e ai Comuni come strumento conoscitivo che aiuti ad indirizzare nelle scelte di competenza degli Enti locali, senza essere strumento attuativo e vincolante. (Cfr: doc. 5, Allegato, pp. 371, 372).
Sull'importanza che anche in futuro si predisponga un nuovo e attuale PEN (Cfr: doc. 4, Presidente onorevole Nesi, p. 281; onorevole Ruggeri, p. 289), l'Authority ha ricordato che, nel passato, il PEN, elaborato dal Governo, è stato il modello a cui tutti gli operatori del settore hanno ispirato le loro azioni in questi anni (Cfr: doc. 4, Ammassari Giuseppe, Componente dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas, p. 293).
Così anche l'Unione petrolifera pensa che, sebbene sia superato il modo di programmare nello specifico del passato, rimanga la necessità di creare un coordinamento tra i vari soggetti, soprattutto per l'approvvigionamento e la distribuzione del petrolio. (Cfr: doc. 7, De Vita Pasquale, Presidente dell'Unione petrolifera, p. 587).

5. Prospettive e problemi delle fonti non tradizionali.

5.1. Energia da rifiuti.
Di particolare importanza per i suoi aspetti grandemente potenziali è la valorizzazione energetica proveniente dai Rifiuti Solidi Urbani (RSU). In un moderno «sistema di gestione integrata» dell'energia (Cfr: Decreto legislativo n. 22, 5 febbraio 1997), sviluppando questo settore, si possono ottenere, sotto ogni profilo, risultati di grande importanza. Il recupero possibile dei rifiuti per produrre energia ha uno spazio potenziale molto elevato, essendo, oggi, poco praticato sia per quanto riguarda i Rifiuti Solidi Urbani (RSU) (meno del 7 per cento viene sottoposto a combustione) che i Rifiuti Speciali e Pericolosi di origine industriale. (Cfr: doc. 5, Allegato, pp. 374, 375).
«La potenziale fonte energetica costituita dai RSU ed assimilabili corrisponde a 5,5 Mtep se il nostro paese si portasse a livelli di recupero energetico dell'ordine del 35-40 per cento, che caratterizza altri grandi paesi europei, l'energia elettrica rinnovabile sarebbe sufficiente a coprire circa il 10 per cento dei consumi elettrici per usi domestici» (Cfr: doc. 5, Allegato, p. 374). Per l'importanza di questi dati, ricordiamo che secondo l'Enea, come indicato in precedenza, 1Mtep/annuo importato in meno equivale a 2500 posti di lavoro in più. (Cfr: doc. 6, Allegati).

5.2. Fonti rinnovabili e alternative.
Altro pilastro per costruire un vero sistema di gestione integrata è senza dubbio quello delle fonti rinnovabili. Visto che il nostro Paese importa più dell'80 per cento delle risorse energetiche (e dipende per oltre l'80 per cento dagli idrocarburi), un obiettivo importante e strategico è la diversificazione delle fonti, specie puntando su quelle endogene e non inquinanti. Infatti, un moderno sistema energetico, oltre a rispondere alle esigenze della diversificazione delle fonti, della sicurezza dell'approvvigionamento e della salvaguardia ambientale, non può non sviluppare le fonti rinnovabili per il loro impatto ambientale quasi nullo e la loro alta modularità. Quest'ultima connotazione è una peculiarità specifica delle fonti rinnovabili che consente di produrre energia presso l'utente finale, in quanto è legata al fabbisogno e all'impiego di risorse disponibili a livello locale. Questo processo di produzione locale di energia integra quello tradizionale che comporta il trasporto di combustibile alle centrali di produzione e la trasmissione dell'energia anche molto lontano dal luogo di produzione con conseguenti complessi ed onerosi problemi logistici. (Cfr: doc. 5, Allegato, p. 376).
Nel 1996 in Italia, le fonti rinnovabili (escluse le biomasse) hanno prodotto circa


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10 Mtep. Di questi sono stati prodotti circa 9 da fonti idroelettriche e circa 1 da fonte geotermica. (Cfr: doc: 5, Allegato, p. 376).
Altre fonti rinnovabili contribuiscono a produrre energia, ma per valori molto più limitati, come ad esempio i biocombustibili (con lo 0,1 Mtep), l'eolico (0,007) e il fotovoltaico (0,004). (cfr: doc. 5, Allegato, p. 377; doc. 6, Allegati).
«Attualmente sono in corso o in programma un significativo numero di iniziative da fonti rinnovabili attivate grazie al provvedimento Cip 6/92, che prevede incentivi per lo sviluppo di tali fonti: attraverso questo provvedimento sono stati approvati finora circa 3700 MW di cui circa 1200 dell'Enel e 2500 di terzi produttori. Le principali iniziative riguardano l'idroelettrico (circa 1200 MW), l'eolico (circa 700 MW), i rifiuti (660 MW), le biomasse e biogas (circa 600 MW) e il geotermico (circa 500 MW). Oltre 1000 MW sono stati già realizzati: di questi circa 600 MW riguardano l'idroelettrico, di cui il 10 per cento inferiore a 10 MW, circa 300 MW la geotermica, un centinaio di MW rifiuti e biomasse e circa 60 MW l'eolico. È stimabile che entro i primi anni 2000 tali nuove realizzazioni consentano di produrre ulteriori circa 3 Mtep. Circa altrettante iniziative sono state individuate e proposte, anche se non sono state ammesse alla cessione alla rete ed ai contributi previsti dallo stesso provvedimento». (Cfr: doc. 5, Allegato, p. 377).
Nel campo delle fonti rinnovabili esistono fonti energetiche che si possono definire «alternative». Il loro sviluppo dipende soprattutto dai progressi della tecnologia:
la tecnologia per il fotovoltaico non è ancora competitiva e necessita di tempo per ulteriori ricerche. In Italia questo settore è rappresentato da imprese per lo più pubbliche, l'Eurosolare (gruppo Eni) e l'Anit (gruppo Ansaldo-Finmeccanica);
la tecnologia per l'utilizzo delle biomasse, sembra prospettare tempi di attesa più brevi per arrivare ad una sostanziale convenienza attraverso la compressione dei costi. La produzione da biomasse riguarda l'energia termica ed elettrica, carburanti e combustibili solidi e liquidi. Il loro sviluppo è legato oltre a quello della tecnologia anche a quello dell'impiantistica e al contenimento dei costi relativi alla raccolta di quantità adeguate di materie prime. In Italia esistono numerose imprese che producono impianti e componenti. Di rilievo è il progetto di 400 miliardi (Cmld) di lire, predisposto dal Gruppo Marcegaglia in joint-venture con una società americana, per produrre 6 impianti per smaltire tra le 50 e le 230 mila tonnellate di biomassa, da localizzare in diverse zone d'Italia;
la tecnologia per l'uso del solare termico a bassa temperatura è ancora troppo poco sviluppato, nonostante il clima italiano favorevole. Lo sviluppo è legato soprattutto a problemi di ordine normativo, infatti i livelli tecnologici sarebbero già adeguati ad un rapido sviluppo, visto che negli anni 1970 e 1980 l'Italia aveva una posizione di primo piano in europa per produzione e vendita di pannelli solari;
la tecnologia per l'eolico è ancora in ritardo ed anche le nostre imprese fanno fatica a competere soprattutto con quelle della Germania e della Danimarca. Abbiamo due presenze aziendali che, fra le altre, sono significative: la West (gruppo Ansaldo-Fimeccanica) e la Riva-Calzoni. (Cft: doc. 5, Allegato, pp. 378-380; doc. 6. Allegati).

5.3. Nucleare da fissione.
Le situazioni mondiale ed europea sono di sostanziale stasi, rispetto ai ritmi di sviluppo del passato. Le tendenze indicano che si compenseranno le dismissioni di impianti obsoleti con il completamento di nuove centrali. In particolare, in nord America e in Europa si registrano solo dei completamenti di costruzione di impianti e precisamente per 1200 MW negli Usa e 6400 MW in Francia. Mentre, c'è un notevole sviluppo dell'energia nucleare da fissione nell'area asiatica, specie in Cina e in India. Questi paesi, infatti,


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sono in forte sviluppo economico e carenti di capacità endogene di produzione di energia elettrica e di risorse energetiche. Le nuove capacità elettronucleari che risulterebbero ordinate al gennaio 1997 risultano: in Cina di 6000 MW, in India di 900 MW, in Corea del Sud di 650 MW, in Taiwan di 2700 MW, in Giappone di 1650 MW e in Russia di 3400 MW. (Cfr: doc. 5, Allegato, p. 381)
Sempre a livello mondiale, attualmente, l'energia nucleare copre circa il 18 per cento del totale di produzione elettrica, pari a 2400 Mld di KWh su 13500. Questa copertura aumenta nei paesi industrializzati: negli Usa l'energia nucleare copre il 22 per cento della produzione elettrica, in Canada il 16 per cento, nell'Unione Europea il 36 per cento e in Francia oltre l'80 per cento. In Italia, invece, il ruolo dell'energia nucleare è del tutto marginale. (Cfr: doc. 5, Allegato, p. 381, 382).
I motivi dell'attuale non decollo dell'energia nucleare da fissione sono soprattutto, al contrario del passato, più di ordine economico e finanziario che di sicurezza. Infatti, «la concorrenza di impianti modulari a gas naturale, con bassissimi costi di investimento (anche se con più alti costi di operazione) è vincente nella massima parte dei casi» (cfr: doc. 5, Allegato, p. 382).

5.4. Fusione termonucleare.
Le prospettive di sviluppo di questa fonte energetica, rimangono promettenti ma anche molto lontane nel tempo. Dipendono dallo sviluppo del programma europeo e internazionale cui l'Italia partecipa tramite l'Enea. (Cfr: doc. 5, Allegato, p. 383).

6. Sistema integrato ed effetti ambientali e climatici.
Il problema della questione energetica non è più solo la disponibilità dell'energia ma anche le conseguenze del suo utilizzo sull'ambiente e sul clima. Il Cuore del problema, visto in termini moderni, sistemici e integrati è l'energia in collegamento con l'ambiente, il clima, la competitività e l'occupazione. (Cfr: doc. 5, Allegato, p. 361; doc. 6, Allegati).

6.1. Effetti ambientali.
L'impatto sull'atmosfera delle attività energetiche, viene affrontato a livello internazionale, specie in ambito Un-Ece (Commissione Economica per l'Europa delle Nazioni Unite), con la convenzione di Ginevra del 1979. Anche l'Italia si è impegnata alla riduzione delle emissioni atmosferiche di ossidi di zolfo e di azoto e di composti organici volatili. Da poco tempo c'è pure l'impegno a ridurre emissioni di ammoniaca, di metalli pesanti e di composti organici persistenti. (Cfr: doc. 5, Allegato, p. 361).
«L'Italia ha firmato tutti i trattati legalmente vincolanti che prevedono la riduzione delle emissioni di specifici inquinanti, e che sono in sintesi:
protocollo sulla riduzione delle emissioni di ossido di zolfo (30 per cento di riduzione entro il 1993 rispetto al 1980, Helsinki 1985, ratificato nel 1988 dall'Italia);
protocollo sul contenimento delle emissioni di ossidi di azoto (stabilizzazione entro il 1994 rispetto al 1987, Sofia 1988, ratificato nel 1992);
protocollo sulla riduzione delle emissioni di composti organici volatili (30 per cento riduzione entro il 1999 rispetto al 1990, Ginevra 1991, ratificato nel 1995);
protocollo sulla ulteriore riduzione delle emissioni di ossido di zolfo (rispetto al 1980 riduzione del 65 per cento entro il 2000 e del 73 per cento entro il 2005, Oslo 1994, in corso di ratifica)» (cfr: doc. 5, Allegato, p. 362).
Inoltre nel 1992 col DPCM 23 aprile 1992 sono definiti i limiti di esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici alle basse frequenze usate nelle reti di distribuzione dell'energia elettrica e nelle abitazioni.


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6.2. Effetti climatici.
A causa delle emissioni atmosferiche nell'uso di energia, gli effetti climatici trovano anch'essi la loro normativa in accordi internazionali.
L'obiettivo generale è quello della stabilità del clima globale. L'Italia ha ratificato, con legge n. 65 del 15 gennaio 1994, la convenzione quadro sui cambiamenti climatici adottata a Rio de Janeiro nel giugno 1992. Tale legge vuole stabilizzare le concentrazioni in atmosfera di anidride carbonica (Co2), che costituiscono circa il 95 per cento delle emissioni totali. Si tratta di contenere l'«effetto serra», per prevenire interferenze antropogeniche pericolose al sistema climatico relative alle presenti e future generazioni. È una lotta contro i cambiamenti climatici e i conseguenti effetti negativi. L'Italia, tramite il Ministero dell'Ambiente ha organizzato a Roma nel dicembre 1995 la sessione plenaria del Comitato intergovernativo sui cambiamenti climatici, con più di 80 paesi, che ha prodotto un importante rapporto. Questo documento riguarda l'aumento della temperatura della superficie terrestre e l'aumento dei livelli medi dei mari. Individua, inoltre, una serie di gravi conseguenze sulla salute della popolazione con l'estremizzazione di fenomeni naturali quali: precipitazioni, alluvioni, desertificazioni, siccità, turbamenti nell'ecosistema, malattie infettive, eccetera.
Infine, l'Italia ha formulato una serie di impegni e opzioni, proposti successivamente a Kyoto ai primi di dicembre 1997, per mitigare l'offerta di energia, la riduzione dei consumi nei trasporti, nell'industria, nel residenziale, in agricoltura e nelle foreste, tramite anche la raccolta dei rifiuti e il trasferimento tecnologico internazionale. (Cfr: doc. 5, Allegato, pp. 365, 366; doc. 6, Allegati; doc. 7, Allegato e Rapporto Ambientale 1996, Unione Petrolifera, Roma settembre 1997, per ulteriori informazioni e dati sui prodotti petroliferi e l'ambiente; l'Enel e l'Ambiente, Enel, Roma settembre 1997, per approfondire i rapporti fra le attività dell'Enel con l'ambiente).

7. Ruolo dell'Enea.

L'Enea è l'Ente pubblico che è sorto per occuparsi dello sviluppo dell'energia nucleare e delle energie alternative (intendendo quest'ultime come le fonti energetiche diverse dal petrolio). Nel tempo ha assunto nuove funzioni e ha svolto nuovi compiti. Oggi è il più importante ente pubblico che si dedica allo sviluppo delle fonti rinnovabili, è l'Ente per le Nuove tecnologie l'Energia e l'Ambiente (cfr: legge n. 282, 25 agosto 199l).
La strategia degli interventi è di tipo «verticale» ossia copre tutte le fasi che vanno dalla ricerca alla certificazione, dallo sviluppo alla dimostrazione.
Svolge una gamma di attività estremamente estesa, tanto che: «È possibile identificare la missione dell'Enea come finalizzata da un lato alla ricerca e innovazione per lo sviluppo sostenibile e dall'altro a fornire supporto tecnico-scientifico alle politiche governative orientate in tale direzione. L'Enea resta infatti l'unico ente pubblico a carattere energetico, a disposizione del Governo e delle autorità locali per l'appoggio alla formulazione e all'applicazione di politiche energetiche» (cfr: doc. 5, Allegato, p. 384).
L'Enea, attualmente, «conta circa 4000 dipendenti, dei quali circa 1550 ricercatori, 1615 tecnici e altro personale di supporto per le attività tecnico-scientifiche, 615 unità addette ad attività funzionali, centrali e di supporto, è presente in tutto il territorio nazionale con 9 grandi centri di ricerca e altre più ridotte aree di attività» (cfr: doc. 10, p. 73).
Se oggi la dimensione culturale d'approccio alla questione energetica è quella sistemica e integrata che lega l'energia con l'ambiente, il clima, la competitività e l'occupazione, anche la missione nuova dell'Enea rientra in questa nuova cultura d'approccio alla questione energetica. In questo senso, l'Enea rielabora e trasforma conoscenze scientifiche e tecnologiche per il loro diretto impiego al fine di contribuire al progresso sociale ed economico.


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L'Enea elabora ricerche, studi, indagini, rapporti, censimenti, progetti e programmi relativi a molte tematiche, fra cui elenchiamo:
emissioni atmosferiche,
mappe sulla tollerabilità degli ecosistemi alle deposizioni,
effetti sull'ambiente, l'uomo e le altre specie biologiche,
conseguenze dei campi elettromagnetici sulla salute della popolazione,
effetti dell'uso di ogni fonte energetica sul territorio,
impatto dell'uso di energia sull'ambiente urbano,
effetti dell'inquinamento dell'aria e di quello acustico,
conseguenze dell'inquinamento causato dalle infrastrutture industriali, di trasporto e di produzione di energia,
impatto ambientale e sanitario sulla popolazione dovuto alle emissioni generate da autotrazione con conseguenze tossicologiche e cause di mortalità,
emissioni di anidride carbonica e problemi di stabilizzazione del clima e effetti dei suoi cambiamenti globali, compreso l'«effetto serra»,
diffusione di metodi di controllo dell'offerta e della domanda di energia con aumento della sua efficienza d'uso,
protocolli d'intesa con le regioni nei settori dell'energia e dell'ambiente e programmi di ricerca, sviluppo, adattamento, trasferimento e diffusione di servizi avanzati (previsti e finanziati dalla legge Bersani),
progettazione, pianificazione, monitoraggio e valutazione impatti di cicli energetici che trattano i rifiuti, preparazione di piani territoriali per il trattamento e lo smaltimento termico dei rifiuti solidi urbani, speciali e pericolosi,
gestione di progetti che riguardano le fonti rinnovabili, collegati allo sviluppo dei lavori socialmente utili (Lavori di Pubblica Utilità) e relativi al fotovoltaico, all'ecolico, alle biomasse e alla diffusione e trasferimento di Know how tecnologico verso i Paesi in Via di Sviluppo (Pvs), ad esempio la Cina,
presidio del «nucleare» tramite collegamenti con Università, istituti di ricerca ed industrie Studi per la soluzione dei rifiuti radioattivi, ereditati dal passato programma elettronucleare, e di quelli derivati da attività di medicina che utilizzano sostanze radioattive, nonché attività legate allo smantellamento di impianti nucleari dismessi,
insieme con l'istituto Nazionale di Fisica Nucleare, sviluppo di un programma per lo studio della fattibilità di un progetto proposto dal prof. Carlo Rubbia. Si tratta di un sistema sottocritico a fissione alimentato da acceleratori di particelle,
programma di attività legate allo sviluppo della fissione termonucleare nell'ambito dell'Associazione Enea-Euratom,
ricerca e innovazione tecnologica dei processi di produzione di energia,
diffusione delle fonti rinnovabili,
diagnostica di componenti e sistemi,
interventi per l'innovazione tecnologia presso le imprese, specie le piccole e le medie (Pmi), eccetera.

(Cfr: doc. 5, Allegato, pp. 362-366, 369, 371, 375, 377-379, 382-385; doc. 6, Allegati (specie le risposte di Cabibbo Nicola, Presidente dell'Enea alle domande esposte in doc. 5 dagli onorevoli Mazzocchi Antonio p. 347, Giovine Umberto p. 348, Possa p. 349, Rossi p. 349, Migliavacca p. 350, Rasi p. 350-352, Molinari p. 352, Penna Renzo p. 353 ed anche in doc. 6 dagli onorevoli Penna p. 389, Faggiano p. 390, Raffaelli p. 393, Ostillio p. 394 e Ruggeri p. 396); Relazione del Presidente dell'Enea sulle attività 1996, Enea, Roma settembre 1997, per un approfondimento sulle molteplici attività dell'Ente).


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Una voce di chiarimento sulla questione delle competenze, delle attività e del ruolo dell'Enea, è venuta dal Governo. Il Ministro Bersani ha precisato: «ho chiesto ai presidente dell'Enea, tramite una lettera, di organizzare una conferenza nazionale sull'energia, la prima dopo dieci anni, che aiuterà l'Enea ad indicare gli obiettivi concreti per costruire la sua missione» (cfr: doc. 8, Bersani Pier Luigi, Ministro dell'industria, del Commercio e dell'Artigianato, p. 622).

Parte Terza
ASPETTI DELLA QUESTIONE ELETTRICA

8. Ruolo dell'ENEL.

8.1. Cenni storici e organizzativi.
L'Enel nasce nel dicembre 1962 come ente di proprietà pubblica attraverso un processo di nazionalizzazione di circa 1200 imprese elettriche private. Doveva svolgere un servizio di «pubblica utilità», e, quindi, in regime di concessione e monopolio. L'obiettivo era quello di fornire energia con minimi costi al sistema delle nostre imprese. La disponibilità di energia elettrica per quantità e prezzo ha permesso lo sviluppo economico del Paese. Nel 1992, l'Enel ha mutato il suo stato giuridico da Ente pubblico economico a Società per azioni, con unico azionista il Ministero del Tesoro. Oggi la missione originaria di elettrificare il Paese pare conclusa. (Cfr: Enel, p. 5; doc. 1, Allegato).
Nel nostro sistema elettrico si stanno compiendo grandi cambiamenti finalizzati alla sua riforma, ad esempio, la direttiva comunitaria di liberalizzazione del mercato elettrico; l'approvazione della legge che istituisce l'Autorità di regolazione del settore elettrico e del gas; il documento del Comitato dei Ministri per le privatizzazioni (Linee guida per la privatizzazione di Enel Spa e la riforma del settore elettrico nazionale), che rompe la «verticalità» dell'Enel delineando la separazione gestionale delle attività di produzione, trasmissione e distribuzione dell'energia elettrica; il decreto del Ministro dell'industria che approva la concessione del servizio elettrico all'Enel per 40 anni, a partire dal luglio 1992; il mandato nel 1996 dell'azionista a valorizzare l'azienda in attesa della privatizzazione. (Cfr: Enel, p. 13).
Attualmente la nuova organizzazione dell'Enel è composta da una Corporate da tre Divisioni (Produzione, Trasmissione e Distribuzione) con autonomia di gestione e di controllo economico. Le tre Divisioni sono articolate in 41 Direzioni territoriali, da 6 Strutture di Servizio Tecnico gestionale (Ricerca, Ingegneria e Costruzioni, Servizi di Telecomunicazioni, Servizi informatici, Gestione impianti nucleari, Immobiliare e servizi generali). (Cfr: Enel, p. 15, 33-43).
La Divisione produzione ha l'obiettivo di rendere disponibili la potenza e la produzione di energia elettrica. Dispone di un sistema di 608 centrali idroelettriche, 61 centrali termoelettriche e 27 geotermoelettriche con circa 21 mila unità occupate.
La Divisione-trasmissione si occupa del dispacciamento dell'energia, della disponibilità della rete di trasporto e di trasformazione del sistema vincolato e di quello libero in vista della liberalizzazione del mercato. La Divisione-distribuzione fornisce servizi aggiuntivi alla vendita di energia e si occupa della strategia commerciale. (Cfr: Enel, pp. 17, 21, 23,27). L'Enel occupa 90 mila dipendenti con 1090 dirigenti. (Cfr: doc. 1, Franco Tatò, Amministratore Delegato dell'Enel S.p.a., p. 5).
Questa riorganizzazione dell'Enel è iniziata nel settembre-ottobre del 1996 in applicazione, appunto, di tre direttive: quella comunitaria (con obiettivo la liberalizzazione), il documento Cló (con obiettivo la segmentazione) e il mandato dell'azionista di valorizzare e privatizzare l'Ente (ovviamente, mentre l'attività di valorizzazione dell'Enel è compito della Spa, quello della privatizzazione è solo dell'azionista). (Cfr: doc. 1, Tatò, p. 5, 11).


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In merito alle numerose osservazioni su come l'Enel si sta ristrutturando sul territorio e, in particolare sulla non considerazione della risoluzione parlamentare Raffaelli, Molinari ed altri n. 8-00010 del 22 gennaio 1997 (Cfr: doc. 1, on. Molinari Giuseppe, p. 27), la risposta del Presidente Testa è stata secca e significativa: la ristrutturazione e la presenza sul territorio, senza modificare la qualità del servizio, resta strettamente nelle facoltà e nei poteri del management: «Mi scuso, quindi, se non potremo dare seguito alla risoluzione della Commissione, ma riteniamo si tratti di due sfere di competenza e di autonomia non comunicanti, nel caso specifico» (Cfr: doc. 1, Testa, p. 28).

8.2. Scenari del sistema elettrico.
Le previsioni al 2003 sono:
la continua frenata dei consumi elettrici; il loro aumento sarà inferiore a quello del Pil;
la riduzione della quota di mercato dell'Enel. Infatti, in conseguenza della liberalizzazione del mercato del 30 per cento, come ipotizzato dalla direttiva europea, accadrà che l'Enel diminuirà la sua quota dall'attuale 66 per cento al 40 per cento, gli Autoproduttori (privati) aumenteranno dall'attuale 16 per cento al 20 per cento, le Municipalizzate scenderanno dal 4 per cento al 3 per cento (perché perderanno clienti eleggibili), le importazioni diminuiranno dal 14 per cento al 7 per cento (perché scadranno i contratti sottoscritti al momento della rinuncia del nucleare; energia nucleare, che comunque abbiamo sempre importato dalla Francia), ed infine, il Rimanente mercato libero del 7 per cento sarà a disposizione di privati che potranno acquistare energia dalla Polonia, dalla Cecoslovacchia o dalla Francia a prezzi bassi e immetterla sul mercato dei consumatori eleggibili. (Cfr: doc. 1, Tatò, p. 5,6; doc. 1, Allegato).
La trasformazione dell'industria energetica investe soprattutto il settore elettrico a causa di alcuni processi in atto, fra cui:
l'apertura e la liberalizzazione dei mercati (che impone, appunto, l'apertura di quote al mercato libero);
le privatizzazioni che creano nuovi operatori nell'elettricità;
una forte innovazione tecnologica, specie nell'industria del gas (turbine a gas), accelerata anche dall'abrogazione della direttiva comunitaria che impediva di produrre elettricità usando gas negli impianti termonucleari. Da questi processi si stanno delineando nuovi assetti nel mercato elettrico, fra i quali:
l'aumento del numero degli operatori;
una maggiore penetrazione internazionale; lo sviluppo di alleanze fra imprese elettriche con imprese di gas per garantirsi sicurezza di fornitura e competitività nei prezzi di approvvigionamento;
la necessità di diversificare la fornitura di gas poco disponibile in Europa. Oggi le maggiori importazioni provengono dalla Russia e dall'Algeria. Tuttavia altre importazioni provengono dalla Norvegia e fra tre anni dalla Nigeria; mentre in prospettiva anche da Trinidad e da Tobago che stanno sviluppando l'industria del gas (GNL) per l'esportazione in Europa. (Cfr: doc. 1, Bernabé Franco, Amministratore Delegato dell'Eni S.p.a., pp. 34, 35).

Il Governo valuta il momento attuale, come la transizione da un sistema ad un altro, in cui i cambiamenti sono necessari ma anche dolorosi. Comunque esistono già dei punti fermi coi quali si devono fare i conti prima di privatizzare l'Enel. Questi punti sono: le regole di liberalizzazione, il recepimento della direttiva comunitaria, l'attivazione del nuovo sistema entro il 1 gennaio 1999, la consapevolezza che la riforma non avverrà in poco tempo e, infine, la redazione del progetto da parte del Governo. (Cfr: doc. 8, Bersani, p. 620); (Per un approfondimento anche sugli aspetti più generali,


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Rasi Gaetano - a cura di -, La riforma del sistema elettrico italiano, Atti del Convegno di Alleanza Nazionale tenuto il 15 ottobre 1997, Roma dicembre 1997; Flaei-Cisl, il settore elettrico italiano e la liberalizzazione del mercato, Roma ottobre 1977; Camera dei Deputati, Sevizio Biblioteca, Materiali di legislazione comparata, 12, Il settore elettrico in alcuni paesi europei e negli Stati Uniti, Roma giugno 1997).

8.3. Strategie aziendali.
In base agli scenari prospettati e considerando che:
il processo di elettrificazione è stato completato,
ci sarà rallentamento nella crescita dei consumi elettrici,
le quote di mercato si ridurranno come conseguenza dell'applicazione della direttiva europea, con automatica presenza di sovraccapacità produttiva,
la concorrenza internazionale entrerà in gioco,
c'è una necessità urgente di recuperare efficienza, visto che, ad esempio, per gigawatt installato, l'Enel utilizza 260 persone rispetto ai 75 negli USA, e nella distribuzione l'Enel spende 100 lire per cliente rispetto ai 71 della Spagna, le dirette e logiche conseguenze per l'Enel sarebbero:
la riduzione degli investimenti (e questo riguarda anche i privati),
la diminuzione dell'occupazione,
la dismissione degli impianti. (Cfr: doc. 1, Tatò, p. 7).

L'Enel per non creare disoccupazione e dismettere i propri impianti vendendo al miglior offerente oppure per non essere costretta a svenderli ai privati, sta elaborando nuove strategie aziendali di diversificazione e di ricerca di alleanze. La missione di valorizzare l'Enel è appunto interpretata, dagli attuali dirigenti, nell'utilizzare le capacità produttive in altre società separate per rifornire di energia elettrica a basso costo gli utenti eleggibili. Si tratta della costituzione di una joint-venture, per il mercato libero, con altri partners nazionali e stranieri. In quest'ottica, va letto l'Accordo «Eni-Enel» (Memorandum del 5 maggio 1997), primo di una serie, che si pone l'obiettivo di dare vita ad una azienda specializzata a produrre energia a basso costo con cicli combinati a metano. Ciascun partner conferirà alla nuova azienda 2500 megawatt. L'Eni apporterà tale capacità con 12 centrali indirizzate al consumo, ad eccezione di 3 (anch'esse finanziate col Cip n. 6), perché forniscano energia all'Enel come sovvenzione statale. L'intenzione è quella di quotare in borsa la nuova società, detenendone solo la minoranza, sui mercati internazionali, possibilmente a New York e non in Italia. (L'ingresso in borsa, se possibile, dovrebbe coincidere con i tempi della liberalizzazione del mercato - Cfr: doc. 1, Tatò, p. l5).
L'operazione Eni-Enel dovrebbe comportare una serie di benefici, fra cui:
la raccolta di mezzi finanziari pronto cassa,
il rinnovo degli impianti,
l'aumento della capacità produttiva,
la capacità di rifornire energia al mercato libero, a costi decrescenti, e, quindi, competitivi, con l'imminente liberalizzazione del sistema. (Cfr: doc. 1, Tatò, pp. 7,8).

L'integrazione fra industria elettrica e industria del gas si presenta come la necessità e il vincolo per competere nel mercato. Fra le tipologie di accordi che sono praticati nel mondo fra questi due operatori (1. la diversificazione nel gas di industrie elettriche, come nel caso della americana Enron che, nata come società di gas si è diversificata nell'elettricità ed è presente in tutto il mondo; oppure nel caso della Britisch Gas Power Generation che ha realizzato joint-venture in 10 paesi; 2. l'alleanza, specie in Europa. Ad esempio,


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tra la ELF, società francese di petrolio e di gas e la EDF, l'Enel francese. Ad esempio, in Spagna, tra la Repsol Gas Naturai e l'Iperdrola. Ad esempio, in Norvegia, tra la Statoil e la Norskhydro; 3. È una tipologia che prevede accordi occasionali. Capita che all'apertura del mercato elettrico in un paese, la nuova generazione venga messa a gara con un bando pubblico internazionale, come è accaduto in Turchia e in Tunisia. L'Eni, ha sperimentato alleanze solo occasionali e con l'Enel si propone di costruire una nuova società integrata per meglio competere nel mercato internazionale (in Germania, in Inghilterra e in Francia l'energia elettrica ha costi più bassi dell'Italia) e per rinnovare il parco impiantistico. (Cfr: doc. 1, Bernabè, pp. 36-38). La nuova società Bml-Enel comporterà grandi investimenti e un rilancio dell'industria termoelettrica nazionale, infatti, «Nel business plan si prevedono circa 5000 miliardi di investimenti che andranno in larga misura a vantaggio dell'industria termoelettrica nazionale e dei due grandi operatori, localizzati a Firenze e a Genova, vista la necessità dì un rilancio delle commesse» (Cfr: doc. 1, Bernabè, pp. 38, 39).
In particolare, su come verrà affrontata la gestione transitoria della nuova società che immette energia nel mercato, dei suoi rapporti con l'Enel e il rischio che avvengano operazioni di vero cannibalismo (Cfr: Doc. 1, on. Ostillio Massimo, p. 12; on.Manzoni Valentino, p.24; on.Fumagalli Sergio, pp. 26, 27), l'Enel pensa di operare, senza alcuna speculazione, così: «in una prima fase ricompreremo ai nostri attuali prezzi, che sono largamente inferiori a quelli del Cip n. 6; in una seconda fase, appena si creerà il mercato libero, quelle centrali andranno sul mercato libero e quindi il prezzo sarà fatto dal mercato, che ci viene imposto dalla direttiva europea» (Cfr: doc. 1, Testa, p. 12, 25).
Il ricorso alla borsa estera per finanziare la nuova società, rispetto all'idea di ricorrere all'azionariato diffuso (Cfr: doc. 1, on. Acierno Alberto, p. 16), la posizione dell'Enel è di neutralità. La decisione spetta all'azionista e al Parlamento (Cfr: doc. I, Tatò, p. 18). La figura dell'azionista (Cfr: doc. 1, on. Rasi Gaetano, p. 19) è individuata nel Ministero del Tesoro sentito il parere del Ministero dell'Industria (Cfr: doc. 1, Tatò, p. 21).
In risposta ad alcune domande intorno al processo di diversificazione, alle telecomunicazioni e al mercato internazionale (Cfr: doc. 1, on. Raffaelli Paolo, p. 8,9; on. Possa Guido, p. 23), l'Enel ha precisato che:
la strategia aziendale di diversificare, creando nuove società è la strada più conveniente perché si evitano costose chiusure o svendite e si diminuiscono i costi e, quindi i prezzi dell'energia (Cfr: doc. 1, Enrico Testa, Presidente dell'Enel S.p.a, p. 9). La diversificazione, così ricercata tramite il mercato, cioè senza indebitamento, provoca anche una migliore quotazione in borsa nel momento della privatizzazione (Cfr: doc. 1, Tatò, p. 11);
sulle telecomunicazioni, quasi tutte le società europee ed americane elettriche si occupano anche di telecomunicazioni e d'altra parte l'Enel se ne è sempre occupata;
sul mercato internazionale, la questione di fondo è che tutti i paesi indicono gare in cui vogliono prezzi bassi e risorse finanziarie che l'Enel oggi non dispone. Per questa ragione si sta riaffidando la missione internazionale al settore dell'ingegneria e costruzioni di nuovi impianti (Cfr: doc. 1, Testa, pp. 9-11; Tatò, p. 16).

La strategia dell'Enel mirata a contenere i costi di produzione, sia sul mercato libero (30 per cento) che su quello vincolato (70 per cento) in cui operano le piccole e medie imprese (Cfr: doc. 1, on. Migliavacca Maurizio, p. 18), segue due strade: una interna di razionalizzazione per aumentare l'efficienza e una esterna di nuovi investimenti per migliorare i rendimenti (Cfr: doc. 1, Testa, p. 18).


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Uno dei problemi più importanti e delicati è quello del mantenimento dell'occupazione (Cfr: doc. 2, on. Ruggeri Ruggero, p. 83). A tal riguarda l'Enel ha rassicurato che nonostante si richiedesse la riduzione di 30 mila posti di lavoro, a causa della perdita dell'Enel del 30 per cento della quota di mercato e, quindi il 30 per cento delle proprie risorse, appunto l'occupazione, esiste un progetto che consiste nel «non tagliare 30 (mila) posti di lavoro, ma mettere in piedi un piano industriale per non farlo. Quindi la nostra strategia è quella di non tagliare i 30 mila posti di lavoro» (Cfr: doc: 2, Tatò, p. 93).
Sempre in tema di diversificazione e joint-venture, a precise domande del Presidente della Commissione parlamentare Attività produttive on. Nerio Nesi sull'esistenza o meno di nuove alleanze come quella Eni-Enel, per quanto riguarda la produzione di energia elettrica con la Enron, la telefonia fissa e mobile con la Deutsche Telekom, e per l'informatica con la Debis del gruppo Mercedes (Cfr: doc. 1, on. Nesi Nerio, p. 26), l'Enel ha precisato che con la Enron non esiste ancora un accordo anche se in futuro potrebbe esserci, mentre c'è già un memorandum con la Deutsche Telekom, infine che non ci sono trattative ufficiali con la Debis ma solo contatti come quelli con la Eds e l'ibm (Cfr: doc. 1. Tatò, p. 26). Mentre sulla questione dell'affare Nigeria», su richiesta del Presidente Nesi, Testa ha puntualizzato che: «Innanzitutto, il dottor Tatò, il sottoscritto e il consiglio di amministrazione si sono trovati davanti ad un contratto take or pay, lo prendi o lo paghi, con la Nigeria, firmato dai precedenti amministratori, con l'autorizzazione, anzi la sollecitazione - se così possiamo dire - del Governo. Seconda questione: ci siamo preoccupati di fare tutto quello che doveva essere fatto per dare mandato al contratto. La posizione politica di alcuni gruppi politici ha impedito la realizzazione del terminale a Monfalcone e 1500 miliardi di investimento, con il quale il gas sarebbe stato collocato perfettamente e il contratto onorato. A questo punto l'Italia non ha disponibile un terminale, non per scelta dell'Enel, ma per le scelte operate da altri. L'altra possibilità, quella di Montaldo di Castro, è stata fortemente scoraggiata da una serie di avvenimenti, di dichiarazioni e di prese di posizione anche di forze appartenenti a questo Governo e a questa maggioranza. 91 (Cfr: doc. 1, Testa, p. 30). Inoltre, il non aver fatto l'investimento di 1500 miliardi a Monfalcone è stato un gravissimo errore perché oggi avremmo a disposizione un'altra fonte di rifornimento di gas (Cfr: doc. 1, Testa, p. 34).
Eventuali alleanze con partners italiani privati (Cfr: doc. 2, on. Chiappori Giacomo, p. 85, 86), non vengono affatto esclusi dall'Enel, purché entrino con voglia di investire alla pari dell'Enel (Cfr: doc. 2, Tatò, p. 93).
Sotto questo aspetto sono rilevanti le osservazioni dell'Unapace. Mentre sono positive sulla necessità delle joint venture, sono negative sulle procedure seguite. «Il fatto che l'Enel possa proporre un certo numero di joint venture è una iniziativa apprezzabile, ma se proposta in termini trasparenti. Trasparenza in questo caso vuoi dire che non deve essere l'Enel ad individuare il compratore e a fare la trattativa privata» (Cfr: doc. 3, Gatti, p. 132).
Anche l'Authority ha espresso alcune osservazioni sull'operazione Eni-Enel, in particolare:
a) «la dimensione della società congiunta in rapporto alla presumibile dimensione del mercato libero e quindi il rischio che si crei una posizione dominante»,
b) «l'identità tra un operatore di mercato libero e quello del mercato vincolato che può creare commistioni» e
c) «il fatto che possono essere trasferiti impianti di generazione più efficienti in modo da creare una situazione di svantaggio per il mercato vincolato e per l'utente che noi in primo luogo dobbiamo invece proteggere» (Cfr: doc. 4, Ranci, p. 279).


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In relazione alle dismissioni di un certo numero di centrali dell'Enel (Cfr: doc. 1, on. Rossi Edo, pp. 28, 29; on. Faggiano Cosimo, p. 31), «Oggi abbiamo un piano di dismissioni, che è noto; alcune centrali sono vecchissime, e non conviene più rinnovarle, e c'è un piano, sui prossimi due-tre anni, di dismissione di circa 4 mila megawatt» (Cfr: doc.: 1, Tatò, p. 30); inoltre, proprio l'operazione Eni-Enel tenterà di salvare qualche impianto (Cfr: doc. 1, Tatò, p. 32).
Il Governo ha specificato che ha piena fiducia nei dirigenti dell'Enel, che è conscio del ruolo strategico dell'Enel come fulcro del sistema elettrico e al tempo stesso soggetto legato alle regole aziendali. L'Enel sta tentando di entrare sui mercati internazionali anche con operazioni di diversificazione ed alleanze. Nel momento della decisione, sarà l'azionista che si assumerà le valutazioni sui punti di caduta delle operazioni stesse. (Cfr: doc. 8, Bersani, p. 622, 623).

8.4. Problema eccedenze autoproduttori.
8.4.1. Termini della questione.
Un problema ulteriore e per alcuni aspetti ancora non completamente risolto è quello delle eccedenze che gli autoproduttori vendono all'Enel. Col Cip n. 6 sono stati approvati circa 8000 megawatt che quindi entreranno in funzione e creeranno ulteriori problemi. Si tratta di una produzione che viene venduta dai produttori privati all'Enel, per la parte che non viene utilizzata per scopi interni. Così l'Enel, indipendentemente dal mercato, acquista questa produzione eccedente, fermando o attivando impianti a seconda dell'aumento o della diminuzione delle richieste sulla rete. Inoltre, il prezzo è sovvenzionato e copre tutto il costo dell'impianto nei primi 8 anni e sovvenziona la produzione per ulteriori 15 anni. È una situazione che, in vista della liberalizzazione, risulta quantomeno abbastanza stravagante». (Cfr: doc. 1, Tatò, p.6).
Gli autoproduttori o produttori indipendenti si distinguono in due categorie:
A) quelli sovvenzionati dal provvedimento Cip n. 6 che producono attualmente circa 13,5 miliardi di chilowattora, pari al 7 per cento della produzione dell'energia erogata dall'Enel. Questa energia è garantita anche nella potenza. La garanzia dell'energia presuppone l'esistenza di un impianto sempre a disposizione e in perfetta efficienza (quota che rientra pure nella riserva). Il provvedimento Cip n. 6 sovvenziona e sostiene la produzione di energia elettrica con garanzia di potenza e con ritiro obbligatorio. Sono impianti anche e soprattutto di energia alternativa. Gli impianti sono dedicati all'Enel;
B) quelli che producono energia, per loro uso e consumo occasionalmente o continuativamente, in eccedenza rispetto alle proprie necessità. Sono di due tipi: 1) gli autoproduttori industriali e 2) le municipalizzate. Queste ultime occasionalmente registrano una sovrapproduzione, rispetto ai loro bisogni, che viene venduta all'Enel con gli stessi criteri previsti dal Provvedimento Cip n. 6. Nel 1996, l'Enel ha pagato alle municipalizzate 52,5 miliardi di lire. Col meccanismo del Cip 6, le municipalizzate cedono all'Enel energia non garantita a 104-105 lire per chilowattora, mentre ritirano energia garantita dall'Enel a 57 lire per chilowattora. Così le municipalizzate guadagnano nello scambio circa 24 miliardi di lire l'anno. (Cfr: doc. 2, Tatò, pp. 66-68; Allegato). Le eccedenze, relative alla categoria indicata con B) «non hanno garanzia di potenza e, quindi, non hanno ritiro obbligatorio da parte dell'Enel, anche perché non vi è consegna obbligatoria da parte del produttore» (Cfr: doc. 2, Tatò, p. 66). Le eccedenze, nell'ultimo anno sono ammontate al 2 per cento del totale dell'energia erogata dall'Enel, pari a 4,8 miliardi di chilowattora su un totale di 23, 9 miliardi di chilowattora di produzione per autoconsumo (circa il 20 per cento).
8.4.2. Motivi della sospensione.
Tutto inizia con la decisione dell'Authority (Provvedimento n. 70 del 26 giugno del 1977 entrato in vigore il 1o luglio


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1997), di abolizione delle quote di prezzo, cioè, di modifica del meccanismo dei rimborsi all'Enel. Sino a tale data l'EneI godeva di un rimborso a piè di lista per il consumo dei combustibili e per l'energia importata. Si trattava di un rimborso totale durato sino alla decisione dell'Authority, che l'Enel considera «giustissima in termini di principio, con conseguenze però devastanti per un certo aspetto» (Cfr: doc. 2, Tatò, p. 71).
Il nuovo meccanismo prevede un rimborso non più a piè di lista, ma in base ad un calcolo che stabilisce 53 lire a chilowattora come consumo medio. Cioè, se la produzione dell'Enel ha un costo Z inferiore a 53 lire a chilowattora, all'Enel va la differenza (Z-53). Se Z è un valore superiore a 53, l'Enel perde il rimborso. La gravità del problema sta nel fatto che l'Authority ha applicato questo meccanismo, con effetto immediato e preavviso di 24 ore, anche all'energia importata che, per contratti non disdicibili, hanno prezzi superiori. Se il costo dell'energia garantita importata dalla Francia è di 72 lire a chilowattora, 22 sono il costo variabile, mentre le altre 50 lire sono impiegate per pagare l'impianto, cioè le centrali nucleari francesi. I riflessi della decisione del taglio dell'Authority e dell'abolizione delle quote prezzo ricadono direttamente sul bilancio e sulla riduzione dei profitti, e, quindi del valore dell'Enel. (Cfr: doc. 2, Tatò, p. 71). Su quest'ultimo punto è nata una seria polemica fra l'Enel, e l'Authority. (Cfr: doc. 4).
A causa della decisione dell'Authority, l'Enel ha comunicato agli autoproduttori la sospensione del ritiro delle eccedenze. Le motivazioni sono state:
la necessità di ottimizzare l'utilizzo degli impianti dell'Enel,
la creazione di un vantaggio per i consumatori,
il miglioramento della redditività e, quindi, del valore dell'Enel. (Cfr: doc. 2, Tatò, p. 68).

Su specifiche domande, relative alla obbligatorietà o meno del ritiro delle eccedenze (Cfr: doc. 2, onorevole Rasi, p. 69; onorevole Ruggeri, p. 70), l'Enel ha esposto le proprie tesi ed interpretazioni. «La legge parla solo di prezzo; l'obbligatorietà o meno è stata stabilita da una convenzione-tipo, approvata con un decreto ministeriale del settembre 1992. Secondo la convenzione-tipo, non vi è obbligo né per il cedente né per chi deve ritirarla: le eccedenze saranno cedute se e in quanto disponibili in relazione al fabbisogno dello stabilimento», «L'obbligatorietà non è neanche contrattuale; si tratta di una convenzione aperta», «Non esistono al momento, per quanto riguarda le eccedenze, convenzioni in cui risulti un'obbligatorietà del cedente a cedere e dell'Enel a prendere» (Cfr: doc. 2, Poggi Claudio, Direttore Generale dell'Enel S.p.a., p. 69); «Una convenzione è un contratto condizionato: io prendo se tu puoi dare, io prendo se posso ricevere» (Cfr: doc. 2, Poggi, p. 70).
Anche sul tema delle eccedenze, come quello del fabbisogno elettrico, si registra una contrapposizione di vedute ed interpretazioni fra l'Enel e l'Unapace. Per l'Unapace» La normativa vigente non fissa soltanto un sistema di prezzi, ma pone - secondo noi - a carico dell'Enel un obbligo di ritiro delle eccedenze», «Che questo obbligo degli autoproduttori di cedere le eccedenze all'Enel, comporti un simmetrico obbligo - ancorché non esplicitato nella legge - dell'Enel, di ritirarle, non è un'opinione soggettiva dell'Unapace» (Cfr: doc. 3, Gatti, p. 123; doc. 3, Allegati Unapace, per approfondire la questione delle eccedenze).
Inevitabile che sul problema delle eccedenze e di fronte a valutazioni contrastanti fra Enel e Unapace si sia svolto un dibattito serrato (Cfr: doc. 3, onorevoli Rasi, p. 127; Rossi, p. 128; Migliavacca, p. 128; Fumagalli, p. 129; Saonara Giovanni, p. 130; Manzoni, p. 130; Ruggeri, p. 130). L'Unapace ha maggiormente esplicitato che «per quanto riguarda il quadro normativo è quello definito dalla legge n. 9 del 1991, nulla è cambiato ed il comportamento


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dell'Enel è in violazione delle disposizioni legislative» (Cfr: doc. 3, Gatti, p. 131).
Anche la Federelettrica ha giudicato una prevaricazione dell'Enel la sospensione dei ritiri delle eccedenze di energia elettrica anche da fonti rinnovabili. «Infatti, la specificità dei ritiri delle eccedenze delle nostre aziende è legata al fatto che sono aziende che producono energia idroelettrica (che quindi non si ritira) e soprattutto energia derivante dalla combustione di rifiuti solidi urbani. Sono due funzioni fondamentali che occorre garantire comunque» (Cfr: doc. 3, Del Tin Giovanni, Presidente della Federelettrica, p. 136).
L'Autorità per l'energia elettrica e il gas (Authority), ha affermato che la soluzione del problema delle eccedenze dovrà essere ricercata su due fronti, il primo di competenza dell'Authority e il secondo del Ministero dell'Industria. L'Authority dovrà occuparsi della rideterminazione del prezzo delle eccedenze, dove non sia già fissato e immodificabile, quindi applicabile in assenze di contratti in essere. In molte situazioni delle eccedenze, i contratti sono brevi o già scaduti. Il Ministero dovrà prendere misure perché questo prezzo diventi una variabile di mercato, ad esempio aumentando il numero dei compratori. (Cfr: doc. 4, Ranci Pippo, Presidente dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas, p. 278). In particolare, la regolamentazione dei prezzi terrà conto di tre obiettivi:
a) l'incentivazione alla produzione di energia da fonti rinnovabili;
b) la distinzione tra le fonti rinnovabili in senso proprio e quelle assimilate, perché hanno un diverso impatto ambientale;
c) il mantenimento della distinzione tra fornitura in ore piene e ore vuote. Il riferimento generale dovrebbe essere quello del costo evitato, ossia, il costo che l'Enel dovrebbe sopportare per produrre analoghe quantità d'energia. (Cfr: doc. 4, Ranci, p. 279).
Tuttavia, in attesa del nuovo sistema tariffario più ragionevole rispetto al passato e della liberalizzazione del mercato, l'Autority ha precisato: «noi riteniamo che fino a che il mercato non sia effettivamente sperimentato e funzionante sia da riconoscere un obbligo di ritiro; altrimenti si avrebbe la perdita di risorse valide per l'economia nazionale» (Cfr: doc. 4, Ranci, p. 297).
Il punto di vista del Governo è che è ormai finita l'epoca del quieto vivere, in cui le eccedenze si acquistavano a qualsiasi prezzo. L'Enel ha denunciato il problema di un buco normativo che si è in parte coperto col regolamento del Ministero dell'Industria (emanato il 5 agosto 1997). Si deve prendere atto che: la Legge 9 del 1991 è in vigore; l'Enel deve ritirare e che sono previste dalla legge eccezioni per cedere a terzi. (Cfr: doc. 8, Bersani, p. 624).
Per completezza d'indagine sugli effetti della delibera 70/97 dell'Authority sui conti dell'Enel, rimandiamo integralmente al documento inviato dall'Enel alla Commissione Attività produttive. (Cfr: Enel, Documentazione trasmessa dall'Enel S.p.a. sugli effetti della delibera 70/97 dell'Autorità per l'energia, Camera dei Deputati, Commissione Attività Produttive, Roma gennaio 1998).

9. Ruolo delle imprese elettriche degli enti locali (IEEL).

Nel riassetto del sistema energetico, le aziende locali, tramite la Federelettrica, propongono la piena valorizzazione del loro ruolo.
In particolare, fra i punti più significativi, indichiamo:
sulla Produzione, è importante stabilire situazioni di concorrenza e dare la possibilità alle Aziende locali di scambiare energia elettrica fra di loro e con operatori terzi, anche diversi dall'Enel, (un esempio eclatante e paradossale è che oggi un'azienda di un ente locale non può


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ritirare energia da biogas prodotto dalla discarica di cui è proprietario lo stesso ente locale);
sulla Trasmissione e il Dispacciamento è opportuno che vi sia un soggetto neutrale e indipendente da tutti gli altri operatori del sistema, compreso l'Enel;
sull'Acquirente unico, convengono sulla sua creazione purché non sia un fatto burocratico, ma soprattutto operativo;
è necessario superare l'attuale blocco di import-export di energia elettrica e le aziende locali devono essere riconosciute come clienti idonei;
è essenziale che le aree comunali di distribuzione siano ampliate (prima della nazionalizzazione le aziende locali detenevano il 25 per cento del mercato della distribuzione). Le economie di scala si possono trovare con la crescita dimensionale e con i servizi a rete già praticati dalle IEEL (energia elettrica, gas, acqua, rifiuti, eccetera). Un paradosso storico è che mentre le IEEL con la nazionalizzazione sono state obbligate a lavorare all'interno della «cinta daziaria», lo sviluppo industriale si è rilocalizzato proprio fuori da quella «cinta» -;
è opportuno che la concessione dello Stato sia unica per comune, con la possibilità che le IEEL possano acquisire, in qualche forma, gli impianti Enel nelle aree in cui sono compresenti sia Enel che IEEL. In presenza di aziende locali, l'intera distribuzione dovrebbe essere a loro affidata. La gestione integrata ed unitaria delle rete sul territorio è, già di per sé, un vantaggio. Le aree dove oggi c'è compresenza di Enel ed IEEL sono, Roma, Milano, Torino, Verona, Vicenza, Trieste e Parma;
è ormai ora di risolvere la questione della concessione diretta dello Stato alle IEEL, che invece è rilasciata solo all'Enel. Oggi le IEEL possiedono solo uno status storico di concessione.

(Cfr: doc. 3, Del Tin, pp. 136-138; Allegati Federelettrica).

Rispetto all'eventualità di altre soluzioni, accanto a quella indicata di acquisizione da parte delle IEEL di impianti e della rete dell'Enel (Cfr: doc. 3, Presidente onorevole Nesi, p. 143; onorevole Migliavacca, p. 139), la Federelettrica è stata esplicita. Di fronte alle tre possibilità esistenti dell'acquisto della rete, della separazione tra la gestione e la proprietà e quella delle società miste, «Noi preferiamo le prime due opzioni; la terza, per il modo in cui l'Enel si muove attualmente, ci desta qualche preoccupazione» (Cfr: doc. 3, Del Tin, p. 143).
Il Governo pensa che sia possibile che le aziende locali possano attivare collaborazioni, gare ed anche acquisire quote di distribuzione. (Cfr: doc. 8, Bersani, p. 639).

10. Riferimenti ulteriori per il progetto del Governo.

10.1. Direttiva CEE.
La Direttiva Cee (Cfr: DIRCE), si struttura in 8 capitoli che sviluppano le norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica: I, Campo d'applicazione e definizioni dei termini usati; II, Norme per organizzare il settore; III, Disciplina della Generazione o Produzione di energia; IV, Gestione della rete di trasmissione; V, Gestione della rete di distribuzione; VI, Separazione e trasparenza della contabilità; VII, Organizzazione dell'accesso alla rete; VIII, Disposizioni finali con data 19 febbraio 1999 entro la quale gli stati membri devono recepire la direttiva.
I punti più salienti sono:
l'accettazione della prospettiva di conseguire un mercato dell'energia concorrenziale. (Cfr: DIRCE, articolo 3, comma 1),
la possibilità che lo stato membro imponga alle imprese obblighi di servizio pubblico per garantire la sicurezza, compresa


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quella di approvvigionamento, la regolarità, la qualità e il prezzo delle forniture nonché la protezione dell'ambiente. A tal scopo lo Stato membro può attuare una programmazione a lungo termine. (Cfr: DIRCE, articolo 3, comma 2),
per costruire nuovi impianti di generazione o produzione di energia lo Stato può scegliere due strade quella dell'autorizzazione oppure della gara d'appalto. (Cfr: DIRCE, articolo 4). Se lo Stato sceglie il sistema delle autorizzazioni, le procedure sono individuate all'articolo 5, mentre se opta per le gare d'appalto, le procedure sono indicate nell'articolo 6,
lo Stato designa o richiede alle imprese proprietarie di reti di trasmissione di designare un gestore della rete in una data zona (Cfr: DIRCE, articolo 7, comma 1). Il gestore della rete (attività di trasmissione) deve essere indipendente, almeno sul piano della gestione, dalle attività di generazione e distribuzione. (Cfr: DIRCE, articolo 7, comma 6). Il gestore della rete di trasmissione è responsabile del dispacciamento degli impianti di generazione situati nella sua zona e dell'impiego dei dispositivi di interconnessione con altre reti (Cfr: DIRCE, articolo 8, comma 1),
lo Stato può obbligare il gestore della rete, di distribuzione e di trasmissione, di dare la precedenza agli impianti di generazione che impiegano fonti energetiche o rifiuti rinnovabili, o che assicurano la produzione mista di calore e di energia elettrica (Cfr: DIRCE, articolo 8, comma 3, articolo 11, comma 3),
le imprese elettriche integrate devono tenere, nella loro contabilità interna, conti separati per le loro attività di generazione, trasmissione e distribuzione per imprese con integrazione verticale) e conti consolidati per le loro attività non elettriche (per imprese con integrazione orizzontale), (Cfr: DIRCE, articolo 14, comma 3),
se lo Stato decide di optare per l'Acquirente Unico e designa AU un'impresa elettrica verticalmente integrata o parte di essa, stabilisce disposizioni per separare la gestione dalle altre attività di generazione e distribuzione dell'impresa (Cfr: DIRCE, articolo 15, comma 1),
l'articolo 19 disciplina le quote di mercato e l'apertura progressiva del mercato unico,
infine, all'articolo 27, si prescrive che entro il 19 febbraio 1999, lo Stato deve mettere in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla Direttiva comunitaria. (Cfr: DIRCE).

10.2. Documento Carpi.
Il Documento finale della Commissione Carpi suggerisce un possibile schema di recepimento della Direttiva comunitaria. Le innovazioni più eclatanti sono l'istituzione di un triplo mercato dell'energia e lo smembramento verticale ed orizzontale dell'Enel. (Cfr: CARPI).
In particolare fra i punti più interessanti, segnaliamo:
l'istituzione dell'Acquirente Unico (AU) per garantire la disponibilità di energia e la tariffa unica nel mercato dei clienti vincolati,
la creazione reale di un triplo mercato dell'energia:
Mercato consumo con acquirente unico (Au): Quota 70 per cento; Vincolato; Tariffa unica; Clienti vincolati ad Au.
Mercato ingrosso (Mei): Quota 30 per cento; Libero; Prezzo libero; Clienti con idoneità.
Fonti rinnovabili e assimilate non dispacciabili.
la difesa del cliente va ricercata con l'attivazione di:
1) obblighi di servizio pubblico,
2) concorrenza nella Produzione, con obbligo di separazione delle società integrate,


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3) nella Distribuzione, se non è possibile la concorrenza diretta, ricorso alla concorrenza comparativa (confronto prestazioni di imprese operanti in aree diverse),
in funzione del triplo mercato, l'Enel, già da ora, dovrebbe separare le sue tre fasi di attività (Produzione, Trasmissione e Distribuzione) e procedere alla creazione di un certo numero di società che, in parallelo al numero delle Direzioni, potrebbe essere di quattordici. Questa modifica può avvenire in due fasi. Nella prima l'Enel si trasforma in holding che controlla più società di produzione, distribuzione e servizio; nella seconda fase, attua una progressiva privatizzazione della distribuzione: in quelle aree in cui operano contemporaneamente l'Enel ed altri soggetti, è necessario favorire le aggregazioni e, tramite le concessioni, stabilire un solo concessionario per ciascuna area comunale,
il Mercato Energetico all'Ingrosso (MEI), funzionerebbe come una BORSA ENERGETICA, con le vesti di una società unica nazionale pubblica, che avrebbe anche il ruolo di gestore della rete di trasmissione e dispacciamento.
(Cfr: CARPI).

10.3. Parere dell'antitrust su Carpi.
Mentre sui principi di fondo di apertura progressiva del mercato elettrico alla concorrenza, di considerare pubblico il servizio elettrico, di garantire l'universalità, la sicurezza e il rispetto ambientale sono tutti d'accordo, sull'acquirente unico, suggerito da Carpi, L'Antitrust ha sollevato dure critiche. L'Antitrust osserva che se l'acquirente unico è istituito per soddisfare la duplice garanzia della disponibilità d'energia per la domanda «vincolata» e della tariffa unica su tutto il territorio nazionale, la creazione dell'Au è superflua e non necessaria. Infatti: - sul problema della garanzia della disponibilità, anche le singole società di distribuzione lo possono fare. Inoltre è il Mei che identifica la domanda vincolata e informa il mercato circa il fabbisogno e la dislocazione della generazione; - sul problema della tariffa unica, questa è garantita non dalla esistenza di un Au ma dall'obbligo previsto di servizio pubblico, definito con convenzioni per perequare i costi diversi dei vari distributori, che hanno l'esclusiva di vendita. (Cfr: Antitrust).

11. Conclusioni.

11.1. Volontà parlamentari.
1. La risoluzione Raffaelli-Molinari si concentra sulla riorganizzazione dell'Enel e, in data 22 gennaio 1997, impegna il Governo affinché l'Enel «proceda ad una organizzazione territoriale del servizio che privilegi una vicinanza tra utenza e servizio (zone, agenzie) come peculiare punto di forza nei confronti della concorrenza, nel rispetto delle professionalità disponibili anche in sede locale ed in coerenza col disegno regionalista costituzionale, dando contenuto alla dimensione regionale della struttura di distribuzione o, nei casi di regioni di grande dimensione, definendo un corretto fattore dimensionale delle strutture medesime» (Cfr: Risoluzione Raffaelli-Molinari).
2. La risoluzione Migliavacca riguarda soprattutto i principi della liberalizzazione del sistema elettrico. i punti più significativi, di impegno al Governo, sono:
considerare pubblico il servizio elettrico,
garantire tramite il servizio, l'universalità, la qualità e la sicurezza,
l'applicazione della tariffa unica nazionale nel mercato vincolato,
l'istituzione dell'acquirente unico per garantire la disponibilità della capacità produttiva necessaria, la gestione dei contratti, la fornitura e la tariffa unica,
stabilire che il gestore della rete debba essere anche il dispacciatore con garanzia e neutralità del servizio pubblico e con accesso paritario a tutti gli utilizzatori,


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sperimentare la concorrenza comparativa nella distribuzione con unicità di concessione nello stesso comune e con sviluppo di aggregazioni fra i soggetti operanti nel locale,
sostegno alle energie rinnovabili, al risparmio energetico e alla riduzione di anidride carbonica,
ed infine, a riferire al Parlamento prima delle decisioni fondamentali in materia, sulle linee guida del piano industriale e del riassetto dell'Enel, nonché sulle interrelazioni con i nuovi assetti del mercato. (Cfr: risoluzione Migliavacca).

3. Anche l'approvazione della «legge comunitaria» da parte della Camera dei deputati ha dato un ulteriore impulso, con l'articolo 37, che descrive le norme per il mercato dell'energia elettrica, alle indicazioni più importanti della Risoluzione Migliavacca. (Cfr: Comunitaria).
4. Infine riportiamo le comunicazioni del Governo, con l'impegno del Presidente del Consiglio dei ministri, Romano Prodi del 9 ottobre 1997 alla Camera dei deputati.
Questa volontà del Governo è il paletto attorno al quale dovrà ruotare la privatizzazione dell'Enel, con buona pace dello smembramento suggerito dal documento Carpi.
Prodi, nel momento politico più delicato di mantenimento della maggioranza che sostiene il suo Governo, si è così impegnato a nome del Governo stesso: «Siamo assolutamente disponibili ad entrare nel merito anche delle questioni più generali poste in tema di privatizzazioni, particolarmente con riferimento all'Enel. Nel disegno di riforma del sistema elettrico che stiamo perseguendo in attuazione delle direttive comunitarie, l'apertura pluralistica del sistema si accompagnerà ad una presenza sicuramente maggioritaria dell'Enel nella generazione di energia, ad una presenza largamente maggioritaria nella distribuzione (che potrà essere gestita in forma unitaria) ad una partecipazione dell'Enel alla trasmissione e al dispacciamento dell'energia con soluzioni che garantiscano la neutralità della gestione». «Il processo di privatizzazione dovrà essere coerente con questi obiettivi industriali. Aggiungo tuttavia che per un arco di tempo certamente non breve, non mi pare realistico il venir meno del controllo pubblico della società e delle società che racchiuderanno il core business dell'Enel. Ciò significa che ci sarà una ampia possibilità di verificare tempi e limiti del processo di privatizzazione con il Parlamento e, in particolare, con la maggioranza che sostiene il Governo». (Cfr. Prodi, p. 10).

11.2. Osservazioni varie.
1. È essenziale specificare un'anima nella politica energetica attuale, che non sia quella miope del solo mercato e che sposi la questione attuale della democrazia economica sul piano nazionale ed internazionale. La nazionalizzazione dell'energia elettrica e la nascita dell'Enel nel 1962, col Governo di centrosinistra Fanfani erano lo strumento individuato per rispondere a due necessità. La prima era di carattere internazionale, cioè per ragioni etiche di giustizia sociale ed economiche, l'Italia tentava di uscire, con grandi personalità fra cui Lombardi, Mattei, Nenni e Vanoni, dalla morsa delle «sette sorelle», chiedendo più concorrenza internazionale per uno sviluppo più equo fra i popoli. La nazionalizzazione interna era un rafforzamento per meglio competere sui mercati internazionali dell'energia. Così l'Enel e l'Eni furono i caposaldi di quella politica. La seconda necessità era quella di fornire di energia a prezzi bassi soprattutto le piccole e medie imprese che, accanto alle nascenti grandi imprese pubbliche, costituivano l'inizio dell'esperienza italiana dell'economia mista.
2. La politica energetica nazionale dovrebbe rientrare fra gli strumenti cardine dello sviluppo interno ed internazionale per colmare il divario fra aree povere e ricche.
3. L'approvvigionamento delle fonti di energia costituisce ancora un problema vitale da affrontare con culture globali di


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reciproco sviluppo. Le tensioni politiche crescenti in aree come l'Iraq e l'Algeria ripropongono la necessità di rapporti pacifici ed anche economicamente equi e solidali fra i popoli.
4. Se il cuore di un sistema moderno integrato di energia è l'interrelazione fra energia-ambiente-sviluppo economico sostenibile-occupazione, se il fabbisogno di energia, punto di partenza della politica energetica, è ancora oggetto di valutazioni contrastanti, se la politica energetica deve assumere una dimensione attiva e propulsiva di indirizzo ed autoresponsabilizzazione, diventa essenziale la predisposizione di un Piano Energetico per governare il 2000. Quindi un PEN, oltre il 2000, diverso dal passato e luogo di raccordo, riferimento e governo del sistema integrato Energia della dimensione territoriale europea e locale.
5. Nel diverso PEN oltre il 2000, un caposaldo dovrà essere la riduzione delle importazioni di energia attraverso la razionalizzazione dei consumi interni e lo sviluppo di tutte le fonti rinnovabili e alternative endogene. L'attenzione su queste ultime fonti è un fatto di maggior rispetto dell'ambiente, di sviluppo occupazionale ed anche di preoccupazione per il futuro. In tempi lunghi, oltre i dieci anni, le previsioni sulle disponibilità delle fonti energetiche tradizionali sono incerte ed esiste il rischio che il riequilibrio fra la domanda crescente e l'offerta limitata si scarichi sull'innalzamento dei prezzi.
6. Gli investimenti nelle fonti rinnovabili e alternative, che il mercato energetico non può considerare per la loro non attuale redditività, devono essere al primo posto per il Paese. Nel futuro sistema elettrico è necessario chiedere all'acquirente unico di acquistare in via prioritaria l'elettricità prodotta da queste fonti.
7. Sempre in tema di fonti energetiche rinnovabili, è opportuno che l'Italia chieda l'istituzione comunitaria di fondi strutturali per investire in questo settore e si attivi a programmare una serie di misure ed interventi diretti e specifici, anche in coordinamento coi piani energetici regionali, come ben suggerito dal Cnel (Cfr: CNEL).
8. È urgente definire norme nazionali per contenere gli effetti negativi dei campi elettromagnetici.
9. Per quanto riguarda la distribuzione, è opportuno che il nuovo sistema energetico ed elettrico nazionale tenga conto della esistenza delle aziende degli enti locali, perché i loro servizi integrati, compresi quelli derivanti dalle fonti rinnovabili, possono garantire responsabilità, efficienza e sicurezza per i consumatori finali. Un passo importante è legalizzare il «fatto storico» delle concessioni. Occorre favorire la unicità della gestione.
10. È importante che lo Stato risolva in modo equo la questione delle eccedenze e soprattutto si attivi per rivedere condizioni e prezzi dei contratti di importazione d'energia.
11. Nel PEN oltre il 2000, un ruolo insostituibile spetta alla ricerca. Diventa sempre più pressante la necessità di razionalizzare e programmare tutta l'attività della ricerca in Italia, compresi gli strumenti per una attività sistematica di valutazione, che oggi non esiste. Di particolare importanza è un programma di coordinamento delle attività di ricerca in campo energetico di trasferimento tecnologico al sistema delle imprese, in opportuni e peculiari parchi scientifici e tecnologici. Propulsore di questo programma, parte del PEN oltre il 2000, non può che essere l'Enea riorganizzato, rimotivato e rifinanziato e il servizio Ricerca dell'ENEL.
12. È opportuno inserire gradualmente la concorrenza nel mercato energetico nazionale, ed evitare uno smembramento societario dell'Enel, verticale ed orizzontale, al fine di consentirle di meglio diversificarsi e competere sui mercati internazionali.
13. È auspicabile che la Conferenza governativa sull'energia, che si terrà nel 1998, sia organizzata per rispondere ai molti problemi che quest'indagine parlamentare ha posto in luce e sia il luogo per l'inizio dell'avvio del PEN oltre il 2000.


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14. È opportuno prevedere la partecipazione delle competenti Commissioni di Camera e Senato alle varie fasi di preparazione e svolgimento della conferenza governativa sull'energia.
15. Vista l'importanza della questione energetica, è auspicabile che in tempi rapidi si costituisca, all'interno della Commissione attività produttive, un Comitato permanente sull'energia.
16. L'Italia, in coerenza con gli impegni della conferenza di Kyoto sull'ambiente e il clima, dovrebbe perseguire l'obiettivo di riduzione dell'anidride carbonica adottando anche misure di ambientalizzazione degli impianti di generazione d'energia elettrica.
17. È urgente approntare un progetto organico di dismissione delle centrali e degli impianti nucleari esistenti, predisponendo un sistema nazionale di smaltimento delle scorie radioattive finalizzato esclusivamente alle esigenze del Paese.
18. Nel progetto del Governo sulla liberalizzazione del mercato dell'energia elettrica, potrebbe trovare soluzione anche la situazione monopolistica del mercato del gas naturale.

12. Bibliografia.

Doc. 1: Commissione X (Attività produttive, commercio e turismo), Indagine conoscitiva sul settore dell'energia,
n. 1, Audizione di rappresentanti dell'Enel s.p.a., Audizione di rappresentanti dell'Eni s.p.a., Atti Parlamentari XIII Legislatura, Camera dei Deputati, Roma 27 maggio 1997.

Doc. 2: Commissione X (Attività produttive, commercio e turismo), Indagine conoscitiva sul settore dell'energia,
n. 2, Audizione di rappresentanti dell'Enel s.p.a., Atti Parlamentari XIII Legislatura, Camera dei Deputati, Roma 10 settembre 1997.

Doc. 3: Commissione X (Attività produttive, commercio e turismo), Indagine conoscitiva sul settore dell'energia,
n. 3, Audizione di rappresentanti dell'Unapace, Audizione di rappresentanti della Federelettrica, Atti Parlamentari XIII Legislatura, Camera dei Deputati, Roma 16 settembre 1997.

Doc. 4: Commissione X (Attività produttive, commercio e turismo), Indagine conoscitiva sul settore dell'energia,
n. 4, Audizione dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas, Atti Parlamentari XIII Legislatura, Camera dei Deputati, Roma 24 settembre 1997.

Doc. 5: Commissione X (Attività produttive, commercio e turismo), Indagine conoscitiva sul settore dell'energia,
n. 5, Audizione di rappresentanti dell'Enea, Atti Parlamentari XIII Legislatura, Camera dei Deputati, Roma 22 ottobre 1997.

Doc. 6: Commissione X (Attività produttive, commercio e turismo), Indagine conoscitiva sul settore dell'energia,
n. 6, Seguito dell'Audizione di rappresentanti dell'Enea, Atti Parlamentari XIII Legislatura, Camera dei Deputati, Roma 29 ottobre 1997.

Doc. 7: Commissione X (Attività produttive, commercio e turismo), Indagine conoscitiva sul settore dell'energia,
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